Economia e Gestione Delle Imprese - PDF

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Questo documento PDF discute le diverse teorie sull'impresa, partendo dalla teoria neoclassica, fino ai modelli dei costi di transazione e dell'agenzia. Viene spiegato come le teorie descrivono le diverse relazioni e le strutture interne all'impresa, e come influenzano i costi e le performance.

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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE TEORIE DELLE IMPRESE (cap.1) 1.​ teoria neoclassica La teoria neoclassica dell’equilibrio economico parziale e generale fornisce la rappresentazione più compiuta del funzionamento dell’economia del mercato (mercato= luogo dove domanda e offert...

ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE TEORIE DELLE IMPRESE (cap.1) 1.​ teoria neoclassica La teoria neoclassica dell’equilibrio economico parziale e generale fornisce la rappresentazione più compiuta del funzionamento dell’economia del mercato (mercato= luogo dove domanda e offerta si incontrano). La teoria neoclassica è la teoria dell’impresa ma senza l’impresa perché essa assume solo un ruolo di agente che determina i prezzi e l’allocazione delle risorse. Modello di Walras→ i principali postulati (ipotesi) della teoria neoclassica sono 3: 1.​ la ricerca di condizioni di equilibrio in situazioni di concorrenza e disponibilità di informazioni perfette e in assenza di progresso delle tecniche 2.​ L’ipotesi della razionalità perfetta degli agenti che, per l’impresa, ha come conseguenza l’obiettivo della massimizzazione del profitto 3.​ La preminenza attribuita all’analisi dello scambio rispetto a quella della produzione (perché i mercati sono efficienti) Quindi: l’analisi dell’impresa è una questione secondaria in quanto in un contesto di concorrenza perfetta e in assenza di progresso tecnico l’impresa ha poca ragione d'essere e le sue funzioni sono circoscritte alla trasformazione. In assenza di ogni incertezza e complessità le imprese sono come scatole nere ridotte esclusivamente ad una funzione di trasformazione. —> la concorrenza perfetta è una convinzione teorica che non si trova nella pratica; secondo la quale esiste un numero n di imprese in cui n è un numero che tende a infinito, più il numero delle imprese tende a infinito più il profitto è uguale a 0. Queste imprese sono tutte uguali e piccole, il proprietario e il manager coincidono, hanno tutte la stessa tipologia di informazione, non c'è interesse di sviluppo, la competizione si gioca sul prezzo, vince chi ha il prezzo più basso su articoli standardizzati. —> la razionalità perfetta è una condizione non esistente in natura secondo la quale noi possiamo prendere decisioni avendo a disposizione un perfetto set di informazioni e quindi di conseguenza avere la perfetta capacità di processarle. L’obiettivo finalizzante è la massimizzazione del profitto ovvero ricavi-costi. L'impresa neoclassica = agente senza spessore, non esiste un’analisi interna all’impresa quale che sia l’attore economico o la reale formula organizzativa. Marshall è il primo economista a sistematizzare il corpo teorico della dottrina neoclassica dell’impresa, solo agli inizi degli anni 30 del 900 si sviluppò un’autentica teoria dell’impresa; prima di ciò la teoria era solo finalizzata essenzialmente alla spiegazione del funzionamento dei mercati come meccanismo di fissazione dei prezzi.(scatola nera) Con Coase si hanno due quesiti: 1.​ perché le imprese esistono? 2.​ che cos’è un’impresa e qual è la sua natura? Coase individua nelle imperfezioni del mercato e più precisamente nell’esistenza dei costi di transazione la risposta alla prima domanda, rimanendo nel contesto della teoria neoclassica—> allocazione di risorse Mercato imperfetto= paghiamo i prodotti più del dovuto Costi di transazione= costi che sostengo per sostenere il mercato quando non funziona Mercato perfetto=quando pago il giusto, la transazione non costa più del dovuto Le imprese esistono quindi per sostituirsi al mercato quando esso non funziona più → piuttosto che sostenere costi di transazione si preferisce integrare all’interno dell'impresa una precisa attività —> qui ci si sta sostituendo ( se il panificio mi costa troppo mi faccio il pane da solo) La risposta al secondo quesito pone le condizioni per ragionare sulla distinzione tra due dimensioni di impresa: ​ impresa come luogo di coordinamento di agenti ​ Impresa come luogo di gestione di conflitti e di interessi degli agenti Porre la questione della natura dell’impresa significa considerare l’impresa come una forma particolare di organizzazione economica, assetto sostitutivo al mercato. Mentre sul mercato gli scambi tra agenti economici si fanno attraverso il sistema dei prezzi, all’interno delle imprese il coordinamento si realizzano attraverso l’autorità dell’imprenditore.—> mercato e impresa sono 2 forme di coordinamento economico. Come si sceglie tra i due? Secondo Coase le imprese esistono perché le transazioni di mercato sono costose e esistono 3 tipi di costi: ​ costi di scoperta dei prezzi adeguati (studiare il fornitore migliore al prezzo adeguato, per farlo aumentano i costi) ​ Costi di negoziazione e di conclusione di contratti separati per ogni transazione (devo pagare 50 ma negozio 45) ​ I costi legati all’incertezza (se la domanda di mercato aumenta e il fornitore non ha la capacità produttiva) Questi costi possono essere ridotti ma non eliminati. Le transazioni ricondotte nell’impresa sono regolate da un contratto —> scambio remunerazione fissa con il dovere di seguire ordini —> così vengono eliminati i costi di transazione di mercato quando esiste incertezza sul futuro del mercato stesso. Coordinamento attraverso l’impresa non si impone in tutte le circostanze e la risposta che fornisce Coase è che il ricorso comporta dei costi: ​ costi di organizzazione ( se mi espando devo coordinare persone nuove e diverse) ​ Spreco di risorse ( molte risorse sono indivisibili) ​ Aumento prezzi degli input All’aumentare della dimensione d’impresa e del numero di transazioni gestite aumentano i costi di coordinamento interno all’impresa sia gli errori dei dirigenti che portano a sprechi di risorse. La scelta tra coordinamento attraverso mercato e impresa si fa dunque a partire dal confronto tra costi di transazione all’interno del mercato e costi di organizzazione interna della transazione 2.​ teoria dei costi di transazione L’abbandono dell’idea di impresa come punto, propria del modello neoclassico, e l’attenzione alla struttura interna dell’impresa e il suo riconoscimento come istituzione del sistema economico comporta una profonda riformulazione della teoria dell’impresa. (Percorso iniziato da Coase e finito da Williamson) In un contesto in cui si effettui una transazione che richiede investimenti specifici o un contesti di elevata incertezza e di elevata frequenza delle transazioni è conveniente passare dal mercato all’organizzazione interna.—> l’organizzazione è la risposta al fallimento del mercato come struttura di governo delle transazioni, si verifica a causa delle incertezza, della razionalità limitata e dall’opportunismo delle parti. L’impresa invece è un’alternativa tanto più efficiente quanto più elevati sono i costi di transazione; il mercato quindi non è una struttura abbastanza stabile per affrontare la complessità delle relazioni tra sistemi specializzati, per contro la gerarchia è una struttura non sufficientemente flessibile. È compito del manager quello di trovare forme miste tra mercato e gerarchie con cui organizzare il mercato e articolare le gerarchie, il manager deve trovare adeguate soluzioni organizzative. Il criterio di scelta rispetto all’alternativa tra integrare ed esternalizzare sono 3: -​ costo -​ Contesto -​ Tipo di transazione La teoria dei costi di transazione propone una variante alla visione contrattuale dell’impresa, per la quale l’impresa si definisce come un sistema di contratti, di forma specifica, tra agenti economici individuali. Si tratta quindi di una spiegazione dell’impresa (intesa come istituzione) che discende dal fallimento del mercato dovuto alle sue imperfezioni e asimmetrie informative. I limiti di questa teoria stanno nel fatto che essa non contempla i costi di agenzia né l’evoluzione dell’impresa, né spiega come dovrebbe aver luogo l’integrazione verticale di fronte a investimenti in capitale umano, non valutabili esternamente e non trasferibili. 3.​ teoria dell’agenzia La teoria dell’agenzia parte dai presupposti della teoria neoclassica e formalizza il problema derivante dall’interazione tra i soggetti in relazione d’agenzia, ossia il principale (proprietario dell’impresa) che da mandato all’agente (manager) di esercitare il potere di amministrazione aziendale cercando di descrivere tale relazione con il contratto. Il principale incentiva l’agente ad agire in modo da conseguire i propri obiettivi e soddisfare i propri interessi partendo dal presupposto che l’agente dispone di un vantaggio informativo. I costi di agenzia derivano da 3 elementi: -​ spese per il controllo e per lo sviluppo di incentivi sostenute dal principale per orientare il comportamento dell’agente. -​ Costi di obbligazione dell’agente tra i quali rientrano le spese sostenute per evitare che l’agente compia azioni lesive degli interessi del principale -​ Perdita residuale che corrisponde allo scarto tra il risultato dell’azione dell’agente per conto del principale e il risultato che si sarebbe determinato se la gestione fosse stata condotta dal principale. L’interazione tra individui impone la definizione di precisi termini contrattuali che ne disciplinano le relazioni e l’individuazione di sistemi di misurazione e di controllo delle loro , nell’ottica di attenuare gli effetti dell’ asimmetria informativa e i comportamenti opportunistici. Ogni organizzazione può essere dunque considerata come un insieme di contratti e proprio per questo, costituiscono delle finzioni legali che servono come nucleo per un insieme di relazioni contrattuali tra individui. Per riassumere, nella teoria dell’agenzia pertanto possono essere evidenziati tre fattori caratterizzanti: ​ l’impresa non ha un’esistenza vera e propria (è una finzione legale),ma diversamente dalla teoria neoclassica non è vista come un individuo orientato dai propri obiettivi e pertanto viene meno l’interesse a definirne gli obiettivi stessi o a interrogarsi sulla presunta capacità a massimizzarli. Né ha molto senso chiedersi chi sia il proprietario dell’impresa. Ci sono solo individui proprietari di fattori che rientrano nei rapporti contrattuali; ​ ha poco senso interrogarsi sulle attività da svolgere all’interno o all’esterno dell’impresa e su quali siano i confini dell’impresa. L’unica certezza è costituita dall’esistenza di relazioni contrattuali complesse; ​ non esiste una vera contrapposizione tra impresa e mercato (in contrasto con la tesi di Coase). Non essendoci che dei rapporti contrattuali, non ha senso contrapporre i modi di coordinamento interni delle risorse a quelli esterni all’impresa. La natura dell’impresa torna a prendere rilevanza, la sola realtà rilevante è quella dei rapporti interpersonali. L’oggetto della teoria è l’analisi dei rapporti contrattuali tra individui. I limiti invece riguardano → difficoltà di definire i meccanismi incentivanti; mancata considerazione dei costi di transazione; mancata considerazione evoluzione impresa 4.​ teoria degli stakeholder La caratteristica principale della teoria è la definizione di verso chi l’azienda è responsabile. Freeman con il termine stakeholder intende un gruppo o un individuo che può influenzare o può essere influenzato dal raggiungimento degli obiettivi dell’azienda; sono portatori di interesse. Ci sono diversi stakeholder: ​ stakeholder primari —> è fondamentale per l’azienda intrattenere con essi una relazione continua poiché da essa deriva la sua sopravvivenza. La relazione deve essere positiva poiché se insoddisfatti potrebbero uscire dal sistema danneggiando l’attività. Sono i clienti, dipendenti e fornitori ​ stakeholder secondari—> gruppi di individui che possono essere indirettamente influenzati dalle attività di impresa. Possono essere i mass media. Ciò che accomuna le visioni ristrette, pur nel loro differenziarsi, è la focalizzazione sul cuore normativo della legittimità delle aspettative degli stakeholder: legittimità che diventa il criterio guida per i manager nella scelta degli stakeholder sui quali concentrarsi. La prospettiva ampia invece parte dalla considerazione che le imprese possono influenzare ed essere influenzate da un numero amplissimo di soggetti le cui aspettative possono essere più o meno legittime. In questo caso diventa più complicato identificare tutti gli stakeholder e porre in essere strategie di gestione in grado di bilanciare equamente una plurima di interessi. La stakeholder theory può condurre a considerazioni, strumenti, metodologie differenti a seconda della modalità nella quale viene adottata: -​ in termini normativi → definisce in modo molto preciso la funzione dell'impresa a partire dalla considerazione che gli stakeholder siano portatori di interessi legittimi nei suoi confronti. Interessi che in quanto tali devono essere tenuti in : da qui deriva una modalità gestionale che non tenga unicamente conto degli interessi della proprietà -​ In termini descrittivi → conduce alla descrizione dell'impresa come sistema di interessi comuni o concorrenti -​ Come teoria strumentale → viene utilizzata per descrivere le implicazioni di determinate modalità di gestione degli stakeholder rispetto al raggiungimento degli obiettivi dell'impresa -​ come teoria manageriale → risulta nella funzione dello stakeholder management e si concentra su pratiche, atteggiamenti, strumenti. Non tanto sulla descrizione del sistema impresa né sulla capacità di predire i risultati di determinati rapporti con i suoi stakeholder, quanto piuttosto sul quotidiano processo di gestione di queste relazioni. 5.​ teoria evoluzionista La teoria evoluzionista è una teoria che, come indica il nome richiama i modelli biologici e i processi di selezione naturale, e di concentra sulle competenze produttive e sui processi e prodotti innovativi. Secondo questa teoria, l’impresa reagisce al cambiamento e crea vantaggio competitivo attraverso il cambiamento. Il nome della teoria richiama la teoria evoluzionista di Darwin: un’organizzazione per sopravvivere deve evolversi. Nella teoria evoluzionista, l’impresa appare come il risultato di una doppia bocciatura delle altre prospettive teoriche relative all’impresa: -​ La prima bocciatura riguarda la teoria neoclassica secondo la quale l’impresa è riconducibile a una combinazione di tecniche questo approccio appare molto restrittivo agli “evoluzionisti” che vedono nella dimensione organizzativa, negata dai teorici neoclassici, un elemento necessario e costitutivo di una teoria generale dell’impresa. -​ La seconda riguarda la teoria dei costi di transazione, che considera l’impresa come un nodo , un’idea di impresa “vuota” per gli evoluzionisti. La domanda fondamentale da affrontare per elaborare una teoria dell’impresa è quella della “coerenza” dell’impresa in termini di composizione e articolazione del portafoglio di attività. Si tratta di definire dei criteri in base ai quali: ​ distinguere un’impresa dall’altra ​ spiegare perché ogni singola impresa si compone di un portafoglio di attività la cui composizione non è aleatoria, bensì risponde a una “coerenza” interna ​ spiegare attraverso quali logiche le imprese evolvono e si trasformano, ossia modificano il portafoglio di attività o l’attività principale. Quest’ultimo quesito è per gli evoluzionisti il più importante: l’evoluzione dell'impresa è segnata sia dal contesto ambientale in cui si trova, sia dall’apprendimento (comportamento motivato e orientato all’acquisizione di conoscenze) e presenta 3 caratteristiche: 1.​ cumulativo—> ciò che di nuovo si apprende si appoggia su quello precedentemente imparato 2.​ Avviene a livello organizzativo—> le competenze individuali sono fondamentali ma il loro valore si esprime dal loro utilizzo in modalità organizzative particolari. 3.​ È legato a routine statiche e dinamiche—>riproducono pratiche già in uso e orientate costantemente verso l’apprendimento di nuove pratiche indotte dalle trasformazioni del mercato (ambiente) Le routine sono quelle spedì ente che permettono all’impresa di essere più efficienti; sono tacite e non codificate, non possono essere trasferite—>apprendimento non trasferibile mercato è un meccanismo di selezione delle imprese migliori (innovative). L’efficienza dinamica (ossia la capacità di innovare) è molto più importante dell’efficienza statica (che riguarda decisioni allocative). CONCETTO DI IMPRESA (cap.2) L’impresa è un’istituzione economica, un sistema aperto e dinamico che organizza e utilizza risorse umane e capitali collegati sia tra loro sia con soggetti esterni, da relazioni orientate alla realizzazione di trasformazioni di tipo economico, finalizzate all’ottenimento di prodotti e servizi e alla loro offerta sul mercato. In quanto tale, il sistema impresa opera in stretto collegamento con altri sistemi (il mercato e l’ambiente) con i quali deve interagire e dai quali dipendono in parte i suoi comportamenti. Il primo e fondamentale connotato dell’impresa è il contenuto economico della sua attività e dei suoi obiettivi. Infatti parliamo di organizzazione economica laddove questa, per sopravvivere, ha la necessità di produrre un reddito (o meglio un risultato economico) positivo. I tratti distintivi di un’impresa sono: ​ Presenza di una organizzazione ​ Svolgimento di processi di produzione ​ Relazione di scambio con entità esterne ​ Produrre reddito I tratti distintivi che abbiamo evidenziato ci consentono di parlare dell’impresa in termini di sistema, perché formata da elementi interdipendenti, ciascuno deputato a svolgere una precisa funzione nell’ambito di un comune obiettivo finale. Quindi impresa= sistema aperto, sistema socio tecnico e sistema cognitivo 1.​ sistema aperto —> L’impresa è un sistema aperto perché, per sopravvivere, deve intrattenere continue relazioni di scambio con altre entità o sistemi esterni.. Più precisamente, queste relazioni possono presentarsi sotto forma di: -​ input: approvvigionamento di risorse necessarie per l’alimentazione del sistema; -​ output: cessione a terzi del prodotto ottenuto con il funzionamento del sistema. La natura dei clienti, concorrenti e fornitori di un’impresa (vale a dire quegli attori con i quali l’impresa si relaziona costantemente) dipende proprio dal settore in cui questa opera. Inoltre, l’azienda in quanto sistema, oltre a relazionarsi con altre entità, si relaziona allo stesso modo con altri sistemi quali il mercato o il suo macro ambiente 2.​ sistema socio tecnico —> L’impresa è un sistema sociale all’interno del quale operano risorse umane e tecniche (mezzi di produzione) scarse (caratterizzate, cioè, da una disponibilità limitata), organizzate e finalizzate al profitto. Il concetto di sistema socio-tecnico evidenzia come nell’azienda siano contemporaneamente presenti: -​ un’organizzazione del lavoro relativa all’impiego del fattore umano (più rilevante); -​ un’organizzazione tecnica costituita da impianti, attrezzature e tecnologie produttive (accessoria). È importante che una risorsa sia scarsa perché se io ho una cosa scarsa, una cosa che gli altri non hanno, acquisto vantaggio su questi—> ciò che è scarso è unico 3.​ sistema cognitivo—> Secondo questa prospettiva, la vera ricchezza dell’impresa non sarebbe costituita dal suo patrimonio materiale o tangibile (impianti, macchinari, attrezzature, fabbricati ecc.) ma dalle sue risorse immateriali o intangibili, connesse con: -​ l’immagine positiva nei confronti dell’ambiente; -​ l’avviamento di mercato; -​ la capacità di produrre innovazioni. Soffermandoci sull’ultimo punto, l’impresa deve essere un centro di innovazioni e queste non sono il prodotto delle macchine, bensì dell’intelligenza —> l’impresa è un sistema di conoscenze atto a produrre nuova conoscenza. La conoscenza presente in azienda deriva: ​ direttamente da quelle conoscenze accumulate nelle routine organizzative mediante processi autopropulsivi sulla base della logica del learning by doing (sapere incorporato); ​ indirettamente dalla professionalità di coloro che operano all’interno dell’organizzazione (sapere degli individui che per essa lavorano). Possiamo ricondurre le diverse specificazioni dell’impresa in un unico sguardo, quello dell’ottica sistemica secondo il quale: -​ sotto il profilo strutturale, l’impresa è un sistema socio-tecnico di tipo aperto; -​ sotto il profilo dinamico, l’impresa è un sistema di produzione e accumulazione di conoscenze. Oltre all’ottica sistemica, è possibile procedere alla definizione dell’impresa a partire da altre due prospettive: le funzioni istituzionali e le finalità che si propone l’imprenditore. In base alle sue funzioni istituzionali l’azienda può definirsi come: ❖​ organizzazione economica: l’impresa è un’organizzazione economica in quanto il suo scopo è il soddisfacimento dei bisogni umani mediante l’utilizzo di risorse non disponibili in natura in misura illimitata. ❖​ sistema sociale: l’impresa è un sistema sociale in quanto si deve agli sforzi dei gruppi sociali operanti al suo interno se essa crea e distribuisce ricchezza, rappresentando così uno strumento per il soddisfacimento delle necessità di chi vi opera. L’impresa, per funzionare, ha bisogno di forza lavoro, di macchinari e di servizi, pertanto deve rivolgersi a lavoratori, finanziatori, fornitori ecc.; ❖​ struttura patrimoniale: l’impresa è una struttura patrimoniale che aggrega un insieme di beni organizzato e orientato allo svolgimento di processi produttivi. La funzione di generare reddito che consenta di mantenere e sviluppare il patrimonio si persegue grazie all’impiego di due fattori: il capitale e la capacità imprenditoriale. In base alle finalità dell’organizzazione, le tre funzioni istituzionali possono assumere priorità diverse. Se si mette in primo piano la capacità di creare valore economico, la funzione dell’impresa che acquista maggiore rilievo è certamente la sua capacità di produrre reddito; se adottiamo invece una visione più ampia, la capacità di soddisfare i bisogni umani è, più in generale, la funzione prioritaria dell’impresa. Secondo la teoria della massimizzazione del profitto, i comportamenti imprenditoriali sono orientati alla massimizzazione del risultato reddituale ottenibile dall’attività aziendale. Tuttavia, questa prospettiva non tiene in considerazione alcune variabili importanti, prima su tutte il tempo. L’imprenditore, infatti, intende ottenere risultati positivi dalla propria attività nel lungo periodo: in questa prospettiva, l’obiettivo di massimizzazione del reddito potrebbe essere accantonato nel breve periodo, per esempio per consentire, attraverso una vendita a costi ribassati, di far conoscere il proprio prodotto a un numero maggiore di clienti. La teoria della sopravvivenza sociale venne sviluppata dagli economisti sociali, secondo i quali la sempre più frequente separazione tra proprietà e governo d’impresa comporta un ridisegno delle finalità della stessa gestione che è attuata dai dirigenti. Questi ultimi diversamente dai proprietari nonché investitori del capitale iniziale si preoccupano della sopravvivenza aziendale prima che della massimizzazione del profitto. Il profitto è interpretato come un mezzo per rafforzare la struttura patrimoniale dell’impresa. L’obiettivo—>massima sicurezza; il profitto è un mezzo non il fine. Creazione e diffusione del valore economico—> la finalità non è la redditività di breve periodo, bensì quella di far crescere il valore economico dell’impresa. Secondo la teoria del valore economico la finalità non è la redditività di breve periodo, bensì quella di far crescere il valore economico dell’impresa→ questo fine non corrisponde solo all’obiettivo del proprietario ma bensì a tutti i partecipanti dell’impresa. Sviluppo dimensionale dell’impresa—> secondo la teoria dello sviluppo dimensionale, l’obiettivo primario dei dirigenti è la crescita del giro d’affari. L’espansione dell’impresa può essere finalizzata a: maggiore stabilità, aumento retribuzioni… Massimizzazione sociale del profitto—> La teoria comportamentistica o dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto pone in rilievo l’aspetto conflittuale e collaborativo dell’organizzazione sociale. La massimizzazione del profitto incontra, infatti, due serie di vincoli: ​ vincoli sociali (di natura interna ed esterna) ​ vincoli di conoscenza. La redditività deriva da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed esterni. La sua misura non è mai liberamente determinabile dall’imprenditore. Il fine del massimo profitto diviene, così, il fine del massimo profitto condizionato. Secondo la teoria del successo sociale, l’obiettivo dell’imprenditore è il conseguimento del successo che consiste nei risultati conseguiti e nel ruolo sociale che tale affermazione produce nella comunità di riferimento. Il successo sociale è riconducibile a tre motivazioni principali ordinate come segue: reddito, posizione sociale e potere Con business ethics, o etica degli affari, si fa riferimento a un filone della letteratura organizzativa e manageriale che, dagli anni Settanta, si concentra sull’analisi della natura della moralità e sui possibili dilemmi di carattere etico, legati alle condotte d’impresa e manageriali. Forme istituzionali d’impresa→ ci riferiamo a: ​ impresa capitalistica → è caratterizzata dalla presenza dell’imprenditore-capitalista, proprietario dei mezzi di produzione e gestore diretto dell’attività produttiva; ​ impresa manageriale → è gestita dal management: essa determina la scissione tra proprietà e controllo, oggetto nella teoria dell’impresa dell’attenzione della teoria dell’agenzia. ​ impresa cooperativa → è finalizzata al conseguimento di uno scopo mutualistico. La funzione imprenditoriale spetta per definizione alla base sociale che conferisce compiti di natura gestionale all’organo amministrativo. A seconda del tipo di cooperativa la mutualità può essere interna (finalizzata al perseguimento del vantaggio per i soci) o esterna (finalizzata a conseguire obiettivi non solo per i soci, ma anche per la comunità); ​ impresa non profit → amministra fiduciariamente i capitali forniti dai donatori- contributori per perseguire i fini sociali. In essa vige il vincolo della non distribuzione degli utili. Sebbene esista un soggetto amministratore, egli non ha il diritto di appropriarsi del profitto generato dalla gestione dell’impresa. In questa impresa non esiste un proprietario o una categoria di proprietari in senso proprio. ​ impresa post-manageriale →essa è caratterizzata dalla cogestione delle risorse e dalla diretta partecipazione di datori di lavoro e lavoratori ai risultati aziendali. Il modello di riferimento di questa forma istituzionale è la co-determinazione diffusa tra le imprese tedesche. Gestire l’impresa comprende quel complesso di attività svolte dall’impresa per raggiungere le finalità dei soggetti coinvolti nella sua operatività: questa definizione considera sia gli aspetti di governo dell’impresa, sia gli aspetti operativi. Possiamo, infatti, distinguere tra: ​ sistema di governo: per il quale è fondamentale stabilire le norme comuni di funzionamento di un complesso articolato di risorse umane, tecniche e finanziarie; ​ sistema operativo: che riguarda le modalità di esecuzione dell’insieme di operazioni proprie dell’attività aziendale e si compone della gestione caratteristica, finanziaria, patrimoniale e straordinaria. La gestione dell’impresa comporta l’assunzione di decisioni di varia natura: -​ scelte strategiche—> legate alla definizione degli obiettivi aziendali -​ Scelte tattiche—> legate alle modalità di impiego delle risorse -​ Scelte operative—> necessarie per procedere all’attuazione delle scelte precedenti L’ordine gerarchico è dovuto al fatto che dalla prima tipologia di scelte, quelle strategiche, dipendono le seconde, quelle tattiche, così come dalle prime due dipendono le scelte operative. Non è possibile, in questo senso, procedere a una scelta di carattere operativo se a monte non sono state prese decisioni strategiche e tattiche. La strategia, infatti, definisce il contesto in cui opera l’impresa, ossia il confine tra l’organizzazione e i mercati con cui l’impresa entrerà in contatto, e dunque determina l’orientamento delle scelte di carattere più operativo. Gestione aziendale si distingue in: ​ gestione strategica: di tipo imprenditoriale, impostata su scelte di fondo riguardanti gli obiettivi e l’impiego delle risorse aziendali; ​ gestione direzionale: riguarda il momento direttivo della gestione, ossia il passaggio dalle decisioni all’esecuzione. La gestione direzionale richiede un’apposita organizzazione (struttura direttiva) e un complesso di procedure (sistemi direttivi). Si articola nelle seguenti fasi: -​ programmazione; -​ organizzazione; -​ conduzione; -​ controllo; ​ gestione operativa: riguarda il momento dell’attuazione delle operazioni necessarie per impiegare effettivamente le risorse al fine di perseguire gli obiettivi stabiliti. La figura chiave dell’impresa è senza dubbio quella dell’imprenditore: questo è il soggetto economico che sostiene l’alea sui capitali investiti e dedica le sue capacità al fine di conseguire gli obiettivi dell’impresa e deve svolgere un’attività di coordinamento tra più soggetti ossia gli stakeholder. Con il termine imprenditorialità si definisce quindi l’attitudine ad assumere decisioni rischiose finalizzate all’innovazione dei comportamenti aziendali. L’imprenditore deve essere capace, dunque, di formulare valutazioni e prendere decisioni differenti da quelle che altri individui potrebbero assumere in circostanze simili. La managerialità, invece, è la capacità di sviluppare le decisioni suddette e di attuarle in modo razionale. Il concetto di imprenditorialità si lega al profilo strategico o innovativo della gestione, mentre quello di managerialità si collega al processo di realizzazione delle strategie imprenditoriali. Stakeholder: individuazione e la valutazione dell’influenza che potrebbero esercitare sulla gestione dell’impresa può essere basata su questi criteri: ​ la forza: il potere che detengono in ragione del ruolo che svolgono nella società; ​ la legittimazione: il riconoscimento della funzione di rappresentanza di particolari interessi; ​ l’attualità dell’interesse che difendono, da cui dipende il grado di urgenza della risposta che si attendono dall’azienda. -​ stakeholder amichevoli (supportive): da cui si può ottenere un sostegno all’attività dell’impresa; -​ stakeholder avversari (non supportive): che generano ostacoli all’attività dell’impresa; -​ stakeholder non orientati (mixed blessing): che, a seconda dei casi, assumono un atteggiamento positivo o negativo; -​ stakeholder marginali: con un peso molto modesto. APPROFONDIMENTO SULLA STRATEGIA La strategia è un insieme integrato di decisioni volte a costruire un vantaggio competitivo sostenibile nel lungo periodo Insieme integrato di decisioni—> ogni decisione dipende da quelle precedenti e condizione a quelle successive soprattutto significa anche che le decisioni devono essere tra loro coerenti. Vantaggio competitivo—> il contesto in cui opera l’impresa è caratterizzato dalla presenza di attori che possono avere obiettivi che vanno ad ostacolare quelli dell’impresa, quindi non sempre si ha la possibilità concreta di fare quello che si ritiene più opportuno Sostenibile nel lungo periodo periodo—> condizione del vantaggio competitivo è che esso accresca il benessere dell’impresa: il risultati competitivi si devono tradurre in risultati economico finanziari e, oggi in misura sempre crescente La strategia non è un programma dettagliato, rappresenta un tema unificatore che conferisce coerenza e unicità di direzione alle azioni e alle decisioni di un individuo o di una organizzazione. Le strategie sono comportamenti prestabiliti per raggiungere il massimo risultato, tenendo conto delle variabili; i successi non possono essere attribuiti esclusivamente alla fortuna, ci sono altri fattori che determinano insuccesso delle organizzazioni: ​ abilità di riconoscere le opportunità ​ Avere una linea guida da seguire ​ La flessibilità che permette di sfruttare le opportunità Inizialmente non si parlava di strategia ma di pianificazione aziendale: le imprese erano specializzate solo su un prodotto e aumentavano le loro dimensioni in modo esponenziale. Grazie alla pianificazione le imprese intraprendono la diversificazione negli anni 70 ci fu una crisi profonda e si passò dalla pianificazione alla direzione strategica ovvero la formulazione di strategie c’è un focus sul posizionamento delle imprese sui mercati. Negli negli anni 80 si inizia a svolgere un’attenta analisi strategica ai fattori esterni all’impresa, si ricercano dunque le fonti del profitto. Negli anni 90 inizia ad essere presente anche un’attenta analisi i fattori interni dell’impresa. Negli anni 2000 arrivano le imprese tecnologiche e l’arrivo di nuovi concetti come la circular economy —> rimpiazzare il sistema economico lineare take-make-dispose con una circolare che prevede: -​ remanufacture -​ reduce -​ reuse -​ recycle; (riduce gli sprechi, ricicla e rigenera prodotti già utilizzati e li trasforma in prodotti finiti dandogli maggiore valore). La strategia viene formulata al vertice della proprietà o dal manager, deve essere recepita a tutti i livelli e soprattutto a quei soggetti che ne sono interessati maggiormente. Esistono 4 tipi di strategia: 1.​ strategy corporate : ci dice in quali settori e mercato competere 2.​ Strategy business : come ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle altre aziende, definisce quali valore unico offrire al settore e come offrirlo. 3.​ Strategia funzionale : le strategie funzionali devono essere coerenti con la strategia di business e contribuire alla sua realizzazione 4.​ Strategia emergente : strategia che emerge inaspettatamente Primo strumento che mette a sistema analisi interna ed esterna è l’analisi SWOT, forze debolezze e derivano dall’ambiente interno opportunità e minacce da quello esterno, l’opportunità è qualcosa che posso sfruttare al mio vantaggio e riesco a riconoscerla perché a determinate caratteristiche. S = STRENGTHS (interno) W= WEAKNESSES (interno) O=OPPORTUNITIES (esterno) T=THREATS (esterno) La strategia dovrebbe tenere in equilibrio punti di forza che sfruttano le opportunità, le opportunità colmano le debolezze, i punti di forza trasformano minacce in opportunità. The 1980s Cola Wars pubblicità comparativa ( solo negli stati uniti, NO in italia) pepsi → campagnia “the pepsi challenge” —> la gente preferisce la pepsi alla cola (blind taste test) → perchè è più dolce/sciropposo la coca cola cambia gusto (coca cola classic - new coke) Sia Coca cola che Pepsi utilizzano cantanti e personaggi famosi nelle loro pubblicità ( es. Pepsi → Michael Jackson) 1982: Diet Coke DEFINIZIONE DI BUSINESS (cap.3) La definizione del business rappresenta il primo passo per l’elaborazione dell’impianto strategico complessivo dell’impresa e costituisce spesso il presupposto per valutare la sua capacità di generare valore. Dato che la strategia è vista come la capacità dell’impresa di collegare le sue competenze con l’ambiente di riferimento, una prima valutazione riguarda l’opportunità di scegliere se operare o meno in un determinato Business. La scelta del business nel quale competere è la prima delle scelte strategiche che un’impresa è chiamata compiere; individuare i confini del proprio business richiede la progettazione di un assetto organizzativo adeguato per competere in un determinato business. La questione della definizione del business non è critica soltanto in fase di start up, ma anche in tutti quei momenti della vita dell’impresa nei quali si rendono necessarie delle modifiche ai comportamenti e alle decisioni strategiche e operative, quando emergono delle difficoltà che spingono le imprese a reagire a una situazione di crisi annunciata o conclamata. Il management è chiamato a concentrarsi sulla definizione del business ogni volta si decide di entrare in un nuovo mercato, diversificando il portafoglio dell’attività o colga l’esigenza di ridefinire i confini del proprio mercato. Rientrano in questa categoria la ridefinizione del proprio posizionamento, l’attivazione di nuovi clienti, l’aggiunta di nuovi nuovi prodotti o l’eliminazione di prodotti esistenti. Per ridefinire il business è necessario analizzare i settori alternativi, i diversi gruppi strategici (insiemi omogenei di imprese dello stesso business che perseguono opzioni strategiche simili), i gruppi di acquirenti, i condizionamenti esercitati dalle tendenze esterne al business, l’offerta di prodotti e servizi complementari e i fattori che possono guidare più efficacemente i processi d’acquisto dei clienti. Una volta che il business viene ridefinito occorre stabilire quali sono i nuovi obiettivi coerenti con la nuova definizione e quali sono le risorse interne da attivare per raggiungere tali fini. Alcuni teorie economico manageriali come l’industrial organization, usa nel settore come unità di analisi per studiare le performance di un’impresa: le caratteristiche strutturali di un settore delimitano la gamma di opzioni strategiche pratiche praticabili dalle imprese e conseguentemente determinano un’elevata o omogeneità tra le imprese che operano in quel settore. Porter considera però questo approccio troppo semplificativo e ritiene che l’unità di analisi più adeguata non sia il settore bensì il gruppo strategico che opera all’interno di un ambito competitivo che non per forza deve coincidere con i confini del suo settore. La dinamica del business, dunque la ridefinizione dei suoi confini e delle sue caratteristiche può avvenire dall’interno: in relazione al modo in cui i membri del settore reagiscono ai cambiamenti provocati da alcuni attori, oppure dall’esterno: in questi casi la ridefinizione è trainata da evoluzione tecnologiche o regolamentari. Capire il proprio business è il presupposto fondamentale per prendere decisioni, per capire chi sono i propri concorrenti, per elaborare una strategia e per valutare l'adeguatezza e la coerenza delle risorse di impresa. Definire il proprio business è il punto di partenza per sviluppare: -​ analisi esterna—> attraverso un modello di Porter basato sulle 5 forze competitive -​ analisi interna—> che deve valutare l’adeguatezza delle risorse e delle competenze dell’impresa per operare in un determinato contesto ambientale e la riflessione sulle strategie che punta a mercati nuovi. La commissione europea ha elaborato il concetto di “mercato rilevante” ovvero un concetto che combina il mercato del prodotto e il mercato geografico: ​ Mercato del prodotto prodotto—> comprende tutti i prodotti e i servizi considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche del prodotto, del prezzo e dell’uso al quale sono destinati ​ Mercato geografico—> comprende l’area in cui le imprese forniscono acquistano prodotti o servizi IL MODELLO DI ABEL (1980): si descrivono i settori, cioè gli ambiti nei quali si svolgono le attività, utilizzando un modello tridimensionale che sostituisce quello bidimensionale prodotto-mercato, in precedenza largamente diffuso nella teoria e nella pratica di mar­keting. I criteri utilizzati da Abell per definire il business appaiono ragionevolmente oggettivi e il modello che ne deriva viene riconosciuto come particolarmente efficace per identificare i gruppi strategici nel business. Le tre dimensioni selezionate da Abell sono comuni ai diversi business; questo ren­de il modello facile e di applicabilità universale, ma comporta inevitabilmente qualche semplificazione in quanto i fattori di omogeneità più significativi per individuare le imprese concorrenti possono essere anche molto diversi in relazione al settore esami­nato. Secondo Abell, il business può definirsi secondo tre dimensioni che individuano degli elementi di omogeneità tra le imprese: ​ gruppi di clienti serviti (gruppi clienti); ​ bisogni da soddisfare (funzioni svolte per i clienti); ​ tecnologie utilizzate (modalità alternative). I gruppi di clienti sono le categorie di clienti interessate a una determinata attività. Per individuare i gruppi di clienti si deve rispondere alla domanda: ​ CHI deve essere servito? Definire i gruppi di clienti significa, dunque, identificare a chi l’impresa, attraverso le proprie attività, offre i propri prodotti o servizi. Le funzioni svolte per i clienti identificano i bisogni dei clienti che vengono soddi­sfatti attraverso i beni o servizi prodotti. Per individuare le funzioni svolte per i clienti si deve rispondere alla domanda: ​ CHE COSA desiderano i clienti? Le modalità alternative sono i diversi modi con cui vengono svolte le funzioni per i clienti, ovvero tutte le possibili modalità con cui possono essere svolte le funzioni per soddisfare i bisogni dei clienti. Per individuare le modalità si deve rispondere alla domanda: ​ COME sono soddisfatti i bisogni dei clienti? Gruppi di clienti da servire, funzioni da svolgere (nella prospettiva della domanda) e tecnologie alternative da impiegare (nella prospettiva dell’offerta) rappresentano le di­mensioni che, a loro volta descritte attraverso una serie di fattori specifici, consentono di individuare il business. L’individuazione dei gruppi di clienti più rilevanti per la definizione di una specifica attività può essere facilitata esaminando una serie di fattori che aiutano a definirne il profilo Le funzioni svolte per i clienti identificano i bisogni dei clienti che vengono vengono soddisfatti attraverso beni o servizi prodotti. I bisogni non sono delle preferenze, il bene è un’esigenza di base è ciò che guida il mio business. Per identificare le funzioni svolte per i clienti bisogna interrogarsi su quali sono i bisogni e le esigenze della clientela da soddisfare. (più ristretto il numero di funzioni più è facile identificare la tecnologia che soddisfa quelle funzioni) Se le funzioni identificate sono più di una, queste possono essere: -​ complementari: due funzioni sono complementari quando una comporta anche lo svolgimento dell’altra. In questo caso, funzioni differenti ma complementari possono anche essere svolte da uno stesso prodotto. -​ Simili: due funzioni possono essere molto simili tra loro e dunque trovare soddisfazione attraverso lo stesso prodotto -​ Disgiunte: quest’ultimo caso si riferisce a quelle situazioni in cui un gruppo di clienti presenti ha bisogni da soddisfare in nessun modo collegati tra loro. Lo stesso gruppo di clienti può essere quindi segmentato in diverse funzioni consentendo una migliore soddisfazione. Le funzioni svolte per i clienti sono distinte dalle tecnologie, ossia dalle modalità con cui le funzioni sono realizzate. Le modalità rappresentano i diversi modi possibili per rispondere alle esigenze dei clienti. Questa dimensione richiede una valutazione complessiva delle principali: ​ Soluzioni tecniche utilizzate per la funzione del prodotto/servizio ​ Tecnologie utilizzate per la realizzazione del prodotto/servizio → questa dimensione e sua natura dinamica: alcune modalità tendono a essere sostituite nel tempo da altre più efficaci o si può modificare la loro capacità di soddisfare i bisogni dei diversi gruppi di clienti. Il modello di Abell consente di elaborare i concetti di: prodotto, business, settore e mercato Prodotto —> va considerato come la manifestazione fisica dell’applicazione di una determinata modalità per soddisfacimento di un certo bisogno per un determinato gruppo di clientela.(Il prodotto può essere anche intangibile) Business —> il business viene definito come una selezione di alcuni gruppi di clienti e di funzioni svolte per i clienti basate su una sola modalità. L’impresa sceglie il business nel quale intendo operare scegliendo tra i possibili gruppi di clienti , A chi si vuole rivolgere… Il concetto di business è inteso tanto per delimitare l’ambito nel quale si determina la dinamica competitiva quanto per definire le strategie della singola impresa Settore —> il settore è un aggregato di più business basati generalmente su una sola modalità.il settore è costituito da tutte le imprese che utilizzano la medesima modalità indipendentemente dai bisogni che soddisfano e dai gruppi di clienti coinvolti. Mercato —> il mercato è dato dall’insieme di alcune funzioni (bisogni) svolte per alcuni gruppi di clienti attraverso tutte le modalità alternative possibili. (all’interno di un mercato ci sono tanti business che appartengono ad un settore) IL SETTORE è IL LUOGO DOVE C'È OFFERTA, DAL MERCATO NE DERIVA LA DOMANDA Differenziazione rispetto al segmenti → misura in cui un'impresa trattata differentemente diversi elementi della propria attività. Differenziazione rispetto ai concorrenti → indica in che misura l'offerta di due o più concorrenti su uno stesso segmento sia differente. Le scelte di differenziazione possono riguardare ciascuna delle tre variabili del modello di Abell e possono essere messe in pratica cambiando le caratteristiche di un prodotto o la strategia di marketing a essa associata. Il cambiamento nella definizione del business può avvenire attraverso due alternative: -​ vendita di prodotti già esistenti su nuovi mercati -​ sviluppo di nuovi prodotti da vendersi sui mercati già presidiati. Seguendo lo schema tre tridimensionale di Abell, si giunge a 7 differenti modalità di possibili per ridefinire il business. La scelta della definizione più opportuna del business, coerentemente con le circostanze nelle quali si trovi l'impresa, è influenzata in modo significativo da una serie di fattori e in particolare da: Comportamento dei clienti, risorse necessarie, andamento dei costi, caratteristiche delle imprese. Comportamento dei clienti→ ci sono in particolare tre elementi che giocano un ruolo chiave nella definizione del business: ​ sensibilità del prezzo → Determina la misura in cui l'impresa può ottenere un effettivo vantaggio di mercato da economie di costo. Vantaggi di costo si possono conseguire quando un'impresa che svolga un'attività definita in modo ampio può utilizzare risorse simili e se al variare del volume di produzione i costi variano in modo sensibile. ​ propensione all'acquisto di una gamma completa o di un sistema →Niente che necessiti di acquistare un sistema integrato di prodotti, potrebbe preferire rivolgersi a un unico fornitore→ definizione ampia del business. ​ misura della differenziazione delle esigenze dei clienti → Rende preferibile una strategia differenziata di business rispetto alle caratteristiche dei prodotti e alle scelte di marketing. Risorse necessarie per competere in un determinato business→ produzione, marketing, vendita, distribuzione e progettazione, R&S, assistenza tecnica. Il grado di differenziazione delle risorse può crescere con l'aumento della differenziazione del prodotto o del marketing. Questo deve essere valutato con riferimento a ciascuna delle tre variabili. Per valutare l'influenza che l'andamento dei costi determina sulle scelte di definizione più opportune del business, bisogna inizialmente considerare le condizioni nel quale è possibile realizzare l'efficienza: -​ Similarità tra le risorse necessarie per i gruppi che clienti, per le funzioni svolte, per le modalità applicate -​ nel caso in cui i volumi di produzione siano piuttosto elevati é necessario considerare gli andamenti costo volume per ciascuna delle risorse rispetto a ciascuna delle tre dimensioni, perché le relazioni tra costi volumi per ciascuna risorsa possono essere determinate da: -​ incidenza relativa dei costi fissi e variabili per la risorsa considerata -​ effetti di esperienza di apprendimento congiunti. Anche le caratteristiche dell'impresa influenzano l'esito che una certa definizione del business potrebbe avere sui risultati → Es. Dimensione dell'organizzazione. ANALISI DI SETTORE (cap.4) Settore: un gruppo di imprese che produce beni interscambiabili tra loro oppure un gruppo di imprese che globalmente realizzano più business ma utilizzando una sola tecnologia, una sola modalità. L’ambiente esterno dell’impresa comprende tutte quelle variabili esterne all’impresa che ne influenzano gli andamenti e dunque anche le decisioni gestionali. 3 livelli ambientali: ​ macro ambiente → l’insieme dei fattori non controllabili dall’azienda, questa può vedere avanzare sia lentamente sia veloce velocemente; le aziende devono saper prevenire tali cambiamenti e devono saperli cogliere per trasformarli in opportunità. il macro ambiente viene ricostruito attraverso l’analisi di tutti quei fattori economici, politici, sociali e tecnologici determinati dall’ambiente naturale e che possono impattare sull’andamento del settore. ​ ambiente settoriale → si compone dell’insieme di relazioni che l’impresa stringe con i propri clienti, con i fornitori e con i concorrenti; è l’ambiente in cui si sviluppa la concorrenza allargata. È molto importante analizzare l’ambito settoriale poiché questo influenza ancora più del macro ambiente in comportamenti e i risultati delle imprese. ​ ambiente specifico → l’ambiente in cui si sviluppa la concorrenza tra le imprese che producono beni che sono tra loro intercambiabili La redditività di un settore coincide con la capacità delle imprese di generare profitti all’interno di un ambito settoriale, tale capacità dipende da: -​ prezzo che i clienti sono disposti a pagare -​ Intensità della concorrenza L’analisi del settore ci permette di comprendere il potenziale di redditività del settore, determinata dalla struttura dello stesso settore. Le caratteristiche strutturali sono le seguenti: ​ Dimensioni del settore (in termini di valore cumulato delle vendite delle imprese del settore) →un settore di dimensioni ampie offre opportunità, ma al tempo stesso può attirare molti concorrenti. ​ Tasso di crescita del settore → un settore a elevata crescita (misurata in termini di evoluzione del volume delle vendite nel tempo) non comporta necessariamente una maggiore attrattività, ma certo orienta i comportamenti delle imprese rivali che inse­guono le possibilità di crescita sostenendo investimenti. ​ Grado di apertura internazionale del settore→ è dato dall’incidenza dell’interscambio di un settore in un determinato mercato rispetto al volume delle vendite totali di quel settore su un determinato mercato. ​ Grado di regolamentazione del settore da parte delle autorità amministrative pubbli­che. ​ Livello tecnologico e dinamiche dell’innovazione. ​ Ruolo svolto dai prodotti e servizi complementari → non è infrequente il caso di settori i cui prodotti necessitano l’impiego di prodotti e/o servizi provenienti da altri settori. L’assetto strutturale di un settore determinato dalle 5 forze competitive di Porter L’intensità competitiva e i livelli di redditività di un settore dipendono secondo Michael Porter dall’interazione di cinque forze competitive, tre delle quali si articolano a livello orizzontale: ​ la minaccia competitiva di nuovi entranti; ​ la minaccia dei prodotti sostitutivi; ​ la concorrenza di produttori già consolidati all’interno di un business. Due forze competitive si articolano a livello verticale: ​ il potere contrattuale dei fornitori; ​ il potere contrattuale degli acquirenti. Porter introduce il concetto di concorrenza allargata per indicare come la posizione competitiva delle imprese in un determinato business sia influenzata dalla presenza di altri attori che l’impresa non può trascurare. Questi attori sono i seguenti: -​ imprese concorrenti; -​ i potenziali nuovi entranti; -​ i prodotti sostitutivi (e le imprese che li propongono); -​ fornitori; -​ clienti. L’intensità della concorrenza è sostanzialmente il fattore che influenza maggiormente la redditività di un settore. La concorrenza tra queste imprese è spesso basata sul prezzo, sulle politiche promozionali, sull’innovazione di prodotto o su altre iniziative che consentano di presentare al mercato degli elementi di unicità nella loro offerta. ANALISI 5 FORZE 1.​ CONCORRENZA DI PRODUTTORI GIÀ CONSOLIDATI ALL’INTERNO DI UN BUSINESS I fattori che influenzano il grado di rivalità tra le imprese concorrenti sono: -​ grado di concentrazione—>Se l’ambito competitivo è “popolato” da molte imprese di dimensioni e risorse analoghe c’è da attendersi un’elevata intensità competitiva. Un altro fattore che accentua l’intensità competitiva si riscontra quando, in un determinato ambito competitivo, le imprese hanno dimensioni, risorse e potere di mercato analoghi. -​ Andamento della domanda del settore—>Quando la crescita di un settore è rallentata e la domanda è stagnante o addirittura quan­do si verifica una contrazione delle vendite, l’intensità competitiva di quel settore au­menta. -​ Struttura dei costi—> Se in un contesto competitivo l’incidenza dei costi fissi è elevata, se le economie di scala sono elevate e se è necessario operare con un magazzino di dimensioni considerevoli, le imprese competono aggressivamente per la quota di mercato e per l’aumento dei volumi di vendita e per aumentarli sono fortemente tentate di ridurre i prezzi. -​ Differenziazione dei prodotti—>Nei business in cui operano numerose imprese che hanno saputo differenziare i loro prodotti/servizi l’intensità competitiva è inferiore rispetto a quei business dove i prodotti/ servizi dei concorrenti sono percepiti come indifferenziati dal mercato. In questi casi le decisioni di acquisto sono essenzialmente orientate dal prezzo. -​ Diversità tra imprese—>I concorrenti che operano in un determinato ambito competitivo possono avere prove­nienze settoriali o geografiche molto diverse questi fattori di diversità tra le imprese am­plificano l’intensità competitiva del settore poiché rendono meno agevole identificare comuni regole del gioco competitivo. -​ Barriere all’uscita —>In alcuni business le imprese continuano a competere anche in presenza di una redditività assai debole o addirittura negativa. Quello che spiega la permanenza di queste imprese all’interno del settore è un complesso di fattori che ne rendono difficile l’uscita. Quando questi fattori, che vanno sotto il nome di barriere all’uscita, sono difficili da superare, la concorrenza all’interno del business s’intensifica. Le barriere all’uscita possono essere ricondotte essenzialmente a cinque fattori: -​ Presenza di immobilizzazioni , -​ alti costi di uscita, -​ elevate interrelazioni, -​ fattori psico-emozionali, -​ pressioni governative 2.​ MINACCIA COMPETITIVA DI NUOVI ENTRANTI I potenziali entranti sono imprese neo costituite o provenienti da altri business che si vanno ad aggiungere alle imprese già operanti all’interno di un determinato ambito compe­titivo, così da modificarne la struttura. Queste imprese introducono capacità produttiva addizionale, maggiori risorse in misura spesso assai significativa e aumentano il numero dei concorrenti diretti che competono per accaparrarsi parte della clientela. A meno che la domanda del settore non sia in crescita, queste nuove entrate produrranno un effetto di riduzione dei prezzi e ridurranno le quote di mercato di alcune delle imprese esistenti. Inoltre, le imprese esistenti saranno spinte ad aumentare i loro investimenti per rendere più costoso e quindi meno agevole e appetibile l’ingresso nel settore. ​ Economie di scala—>Il costo unitario di produzione si riduce all’aumentare delle quantità prodotte in un determinato periodo, per esempio un esercizio. Questo è l’effetto noto come “economie di scala”, che si può applicare, a seconda dei settori, oltre che sulla produzione, sul marketing, sulla ricerca, sulla distribuzione, sui servizi. Se le economie di scala necessarie per operare in un settore sono particolarmente elevate, i potenziali entranti, che pre­sumibilmente avranno all’inizio quote di mercato limitate, devono mettere in conto lo svantaggio di costo che dovrebbero sopportare nei confronti delle imprese consolidate. Quindi, tanto più elevate saranno le economie di scala, tanto meno rilevante sarà la minaccia di nuove entrate nel settore. ​ Differenziazione del prodotto —>Le imprese consolidate dedicano spesso gran parte delle loro risorse a differenziare il proprio prodotto/servizio, talvolta anche solo sul piano della notorietà dei loro marchi. L’effetto che si aspettano di ottenere è quello di far sì che i loro prodotti siano percepiti come unici dal mercato. Questo renderà più difficoltoso e costoso l’ingresso di nuove imprese, a cui spesso non rimarrà che cercare di competere offrendo prezzi particolar­mente contenuti che, presumibilmente, determineranno una redditività bassa se non addirittura negativa. Questa è probabilmente la barriera all’entrata più importante in molti settori del largo consumo. ​ Fabbisogno di capitali—>In alcuni settori il fabbisogno di capitali investiti in impianti, macchinari, magazzino, attività di marketing o altri fattori critici per l’attività, come gli investimenti iniziali in ricerca, è particolarmente elevato. Altri settori richiedono la capacità di finanziare il credito al consumo, il magazzino o semplicemente comportano perdite iniziali che do­vranno essere assorbite con una capacità di finanziamento. Conseguentemente si riduce il numero delle imprese che, pur essendo potenzialmente interessate a entrare in questi settori, dispone delle risorse necessarie. ​ Costi di riconversione —>Le imprese che sono più probabilmente interessate ad accedere a un determinato settore sono quelle che provengono da altri settori nei quali le tecnologie, i canali distribu­tivi, le materie prime, i modelli di marketing sono simili a quelli prevalenti nel settore obiettivo della diversificazione. Tanto minori saranno i costi (detti di riconversione) richiesti per adattare l’attività originaria alle esigenze di quella del settore al quale si vuole accedere, tanto più agevole sarà l’ingresso per queste imprese e più basse queste barriere all’entrata. ​ Accesso canali distributivi—>Il potenziale entrante in un determinato business deve innanzitutto assicurare la com­mercializzazione dei propri prodotti. In molti settori le relazioni esistenti tra le imprese consolidate e i distributori sono talmente salde da rendere improbabile o molto oneroso l’ingresso di nuove imprese. ​ Svantaggio di costo—>In alcuni settori le imprese consolidate beneficiano di vantaggi di costo che non sono riproducibili dai nuovi entranti potenziali → si tratta di tecnologie esclusive, di vantaggi di localizzazione, di condizioni di accesso alle materie prime, di sussidi governativi o più in generale di quei vantaggi di costo che sono noti come economie di esperienza e che sono riconducibili all’apprendimento che le imprese consolidate hanno saputo tradurre in vantaggi pratici nel corso del tempo. ​ Politica pubblica—>Disporre di una concessione governativa è spesso la condizione necessaria per operare in un determinato settore. Più in generale i settori il cui accesso risulta fortemente regola­mentato sono protetti, in virtù della normativa, dall’ingresso di nuove imprese. In alcuni casi le barriere istituzionali e legali possono tradursi in aggravi di costo; altre volte si traducono nell’impos­sibilità legale di operare in mancanza di autorizzazioni. In alcuni settori è possibile prevedere che l’ingresso di nuove imprese provochi una serie di ritorsioni da parte delle imprese consolidate tali da scoraggiare gli entranti po­tenziali. Queste ritorsioni si potrebbero tradurre in drastici tagli dei prezzi, in manovre di diversificazione da parte delle imprese consolidate nei business nei quali operano i nuovi entranti ecc. Gli effetti di queste possibili ritorsioni sono quindi analoghi a quelli costituiti dalle barriere all’entrata. È possibile stimare la probabilità e la pericolosità del­le ritorsioni a partire dai messaggi inviati al mercato dalle imprese operanti nel settore, dalla storia del settore e dalla frequenza di reazioni già attuate in passato da queste im­prese, dall’importanza che tale settore riveste nell’ambito della loro attività e dall’entità delle risorse che possono realisticamente mettere in campo le imprese consolidate per contrastare i nuovi entranti. La minaccia competitiva di nuovi entranti si modifica in relazione ai cambiamenti che possono riscontrarsi sulle barriere all’entrata e in relazione a trasformazioni intervenute in segmenti importanti di un settore, che possono determinare conseguenze sulle barriere all’entrata dell’intero settore. 3.​ MINACCIA PRODOTTI SOSTITUTIVI I prodotti sostitutivi sono beni o servizi che soddisfano bisogni analoghi a quelli dei prodotti o servizi di un determinato settore, utilizzando tecnologie e modalità di realiz­zazione diverse rispetto a quelle dei prodotti concorrenti. La presenza anche solo teorica di sostitutivi costituisce di fatto un vincolo al potenziale di sviluppo di un business e alle politiche di prezzo delle imprese concorrenti.—->Se la minaccia dei prodotti sostitutivi è elevata, la redditività del settore si contrae perché i prezzi diminuiscono mentre i costi aumentano. ​ Rapporto qualità prezzo—> La minaccia proveniente dai prodotti sostitutivi è alimentata principalmente dall’evo­luzione tecnologica che potrebbe consentire di sviluppare beni che hanno un rapporto qualità prezzo più favorevole di quello dei prodotti esistenti. Per valutare la minaccia reale dei sostitutivi è necessario considerare le funzioni soddisfatte dai prodotti del business di riferimento. ​ Costi di riconversione—>La rilevanza dei costi che il cliente deve sostenere rivolgendosi ai prodotti sostitutivi può influenzare la rilevanza della minaccia competitiva degli stessi. ​ Propensione degli acquirenti—> Non tutti i clienti di beni industriali e di beni di largo consumo reagiscono nello stesso modo di fronte alla possibilità di passare a prodotti sostitutivi. Una parte del mercato si comporta da pioniere e anticipa i cambiamenti preferendo al di là di altre considerazioni il prodotto sostitutivo; un’altra parte del mercato si comporta invece in modo diametralmente, resistendo al cambiamento e preferendo i prodotti che conosce meglio e a cui si è sempre affidato. 4.​ POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI I fornitori delle imprese in un determinato ambito competitivo possono esercitare un potere contrattuale sui loro clienti aumentando i prezzi delle loro forniture o riducen­done la qualità. I fattori che determinano la pressione competitiva dei fornitori sulle imprese che operano in un determinato business sono riconducibili al potere contrattuale relativo e alla sensibilità degli acquirenti al prezzo. ​ Grado di concentrazione del settore dei fornitori e dimensione relativa rispetto ai clienti—>Se i fornitori delle imprese che operano in un determinato ambito competitivo sono pochi e di dimensioni maggiori rispetto a quelle dei loro clienti è probabile che essi riescano a imporre il loro potere contrattuale, che si tradurrà in aumenti dei prezzi e/o in riduzione della qualità. ​ Esistenza di prodotti sostitutivi, grado di differenziazione dei prodotti e costi di riconversione —> I fornitori hanno un forte potere contrattuale quando: -​ non esistono prodotti sostitutivi soddisfacenti rispetto a quelli di cui tradizionalmen­te si approvvigionano le imprese che operano in un determinato business. -​ i prodotti che offrono sono fortemente differenziati; -​ il passaggio ad altri fornitori determina elevati costi di riconversione che insorgono quando i clienti sostengono dei costi in seguito al cambiamento di fornitore. Tali co­sti, la cui entità varia da settore a settore, sono talvolta così elevati da rendere molto improbabile che un cliente consideri di rifornirsi da un nuovo fornitore che, per com­pensare il costo di riconversione, dovrebbe offrire un prezzo particolarmente conte­nuto e quindi probabilmente poco o per nulla remunerativo. ​ Diffusione dell’informazione —> Quando il grado di trasparenza del mercato è limitato, le imprese del settore hanno poche informazioni sull’esistenza di fornitori diversi rispetto a quelli da cui si riforniscono tradizionalmente Queste circostanze avvantaggiano i fornitori, i quali potranno praticare condizioni di prezzo e qualità più favorevoli di quanto potrebbero fare se le imprese del business considerato avessero a disposizione più informazioni. 1.​ Incidenza percentuale degli acquisti delle imprese del settore rispetto al volume delle vendite dei loro fornitori —>Se il volume degli acquisti delle imprese del business considerato è modesto rispetto al volume delle vendite dei loro fornitori, questi ultimi avranno un maggiore potere contrattuale. 2.​ Criticità dei prodotti acquistati —>Se le materie prime acquistate dalle imprese del settore influenzano significativamente la qualità dei loro prodotti, i fornitori avranno un elevato potere contrattuale. 3.​ Integrazione verticale —>Se i fornitori possono esercitare una credibile minaccia di integrazione a valle, il loro potere contrattuale ne risulterà aumentato. 5. POTERE CONTRATTUALE DEGLI ACQUIRENTI Se il potere contrattuale degli acquirenti è elevato, la redditività del settore si contrae perché i prezzi diminuiscono mentre i costi aumentano. I clienti delle imprese in un determinato ambito competitivo tendono a massimizzare la loro redditività minimizzando i costi di fornitura. La pressione competitiva dei clienti sulle imprese che operano in un determinato ambito è tanto maggiore quanto più elevato è il loro potere contrattuale. Se le imprese hanno cattive relazioni con i loro fornitori, queste si traducono in un peggioramento della loro redditività. Possiamo quindi dire che la qualità delle relazioni con i clienti è un fattore critico di successo. Fattori critici di successo —>I fattori critici di successo sono gli elementi alla base del vantaggio competitivo che un’impresa può acquisire, rispetto ai suoi concorrenti, in un determinato ambito setto­riale. È dai fattori critici di successo che dipendono l’efficacia potenziale delle strategie, le scelte di posizionamento e le possibilità di sviluppo e sopravvivenza dell’azienda. I fattori critici di successo variano al variare dei settori; solitamente sono ben noti alle imprese che operano da tempo all’interno di un determinato settore, mentre richie­dono una valutazione più attenta a chi si trova all’esterno e sta valutando l’opportunità di ingresso nel settore. Il peso che viene attribuito ai diversi fattori critici di successo dovrebbe riflettere la loro incidenza sulle scelte di posizionamento competitivo dell’impresa all’interno di un determinato settore. Identificazione e valutazione dei fattori critici di successo —>Cosa vogliono i nostri clienti? Cosa deve fare l’impresa per sopravvivere alla concorrenza? La prima domanda richiede che l’impresa s’interroghi sui bisogni reali del mercato e sui comportamenti di acquisto consolidati. È dai clienti e dalle loro scelte che dipende fortemente la possibilità di generare profitto per l’impresa: è, dunque, fondamentale un esame attento dei loro bisogni, dei loro comportamenti di acquisto, e dei fattori che determinano più di altri le loro scelte. La seconda domanda si riferisce a quei comportamenti che consentono all’impresa di sopravvivere e ai quali l’impresa difficilmente potrà sottrarsi se vuole rimanere sul mercato. Pertanto l’analisi della concorrenza può essere utile anche per identificare i fattori critici di successo. I punti su cui sono concentrate le critiche a nostro avviso più fondate al modello di Porter riguardano: ​ la presenza di rapporti di complementarietà, oltre ai rapporti di sostituzione (che fanno parte dello schema delle cinque forze competitive), tra i prodotti; ​ la crescente turbolenza che caratterizza molti settori (come quelli basati sulle tec­nologie più innovative) che renderebbe poco utile la rappresentazione statica della situazione competitiva fornita dallo schema delle cinque forze competitive di Porter; ​ la presenza di rapporti di natura cooperativa o di altra natura (concorrenza dinamica) e non solo competitiva (come Porter tende a ipotizzare) tra le imprese di un settore. ​ S-C-P che sta alla base del modello Prodotti complementari —>ossia i prodotti il cui uso, congiunto a quello del prodotto di riferimento, aumenta l’utilità per il consumatore e determina un valore superiore al valore dato dall’utilizzo disgiunto dei due prodotti. Quando i prodotti complementari tendono a identificarsi con il prodotto complessivo, essi hanno poco valore per i clienti come prodotti separati, in quanto i clienti tenderan­no a valutare l’offerta nel suo insieme. Peraltro, se un’impresa è in grado di proporre congiuntamente dei prodotti comple­mentari, è in grado di rafforzare la propria posizione competitiva e la propria redditività. Secondo i critici di Porter, i prodotti complementari dovrebbero essere considerati come una forza aggiuntiva (la sesta) rispetto a quelle considerate dal suo schema per l’analisi della concorrenza. Essi influenzano la situazione competitiva in maniera oppo­sta rispetto ai prodotti sostitutivi: mentre i sostitutivi riducono il valore del prodotto, i complementari lo aumentano. In realtà, ci pare condivisibile (e lo si può constatare anche analizzando gli esempi forniti) quanto obietta Porter (2008) a questa critica e cioè che il complementare influenza la domanda dei prodotti del settore, ma l’effetto che determina sulla redditività delle imprese del settore dipende dall’impatto che produce sulle cinque forze competitive. Queste argomentazioni sono alla base della decisione, da parte di alcune imprese, di mo­dificare il loro modello di business proponendo ai clienti formule originali di creazione del valore, che le discostano dal modello di business di altre imprese che pure appartengono allo stesso settore e che, in base al modello di Porter, identificheremmo come concorrenti. Instabilità di settore —>Porter sostiene che la struttura del settore determina la concorrenza; Schumpeter e la scuola austriaca ritenevano invece che fosse la concorrenza a trasformare la struttura di un settore. Un settore che preveda un monopolio dell’offerta è molto appetibile e spinge le imprese a entrare, alterandone la struttura originaria. L’osservazione dei settori indica che, in quelli consolidati, le nuove entrate avvengono in maniera lenta e i cambiamenti di struttura del settore non sono così distruttivi e repentini come vorrebbe Schumpeter; tuttavia ci sono alcuni settori, che qualcuno chia­ma “schumpeteriani”, caratterizzati da rapide innovazioni di prodotto e ripide curve di esperienza. Concorrenza dinamica e teoria dei giochi —> Porter non tiene in considerazione delle interazioni tra le imprese: esse non assumono sempre un atteggiamento competitivo, a volte possono essere disponibili a una cooperazione. La teoria dei giochi è un modo per affrontare il tema della concorrenza, la quale è paragonata a un gioco in cui i concorrenti-giocatori possono effettuare delle azioni scegliendo tra alcune opzioni: analizzando tutte le possibili combinazioni di queste opzioni, sarebbe possibile prevedere gli esiti finali e sfruttare queste conoscenze per scegliere le strategie più favorevoli. [teoria dove le imprese (giocatori) hanno delle opzioni di gioco e hanno degli esiti in base ai giochi, devono prendere delle decisioni di conseguenza (Premio nobel a John Nash)] Il dilemma del prigioniero → ci sono 2 persone che vengono portate in carcere perchè forse hanno commesso un reato ​ nessuno dei 2 confessa → pena lieve per entrambi ​ 1 confessa → chi confessa è libero e l’altro viene condannato ​ entrambi confessano → condanna dura (meno dura di quella singola) La situazione dei prigionieri si può paragonare a quello delle imprese che dovrebbero attuare delle azioni di cooperation per evitare un estremo abbassamento dei prezzi co-opetition apple-samsung → schermo apple prodotto dalla samsung gioco a somma zero = quanto io guadagno corrisponde a quanto tu perdi Al contrario, la co-opetition rappresenta un tipo di collaborazione in cui due aziende concorrenti uniscono le proprie forze sulla base di una parziale congruenza di interessi → nella co-opetition le aziende non fingono di non essere in competizione, sanno di essere concorrenti, ma sfruttano reciprocamente la forza del proprio concorrente per prosperare insieme Tra le imprese infatti, non esistono solo rapporti di concorrenza bensì anche di cooperazione, proprio per questo venne coniato il termine “co-opetition”= un misto tra concorrenza e competizione volto a sottolineare che i rapporti tra le imprese hanno un carattere dualistico. In certe situazioni infatti raggiungere un accordo è più conveniente che competere. ES. linkedIn e i reclutatori professionisti →. Il co-fondatore di LinkedIn Reid Hoffman sostiene che permettere ai reclutatori di utilizzare LinkedIn per trovare potenziali candidati e opportunità di lavoro consente infatti di ottenere risultati maggiori rispetto ad agire separatamente sul mercato Servono 3 condizioni: -​ accettare di condividere informazioni, -​ concentrarsi sulla costruzione di qualcosa di nuovo, -​ scegliere una partnership nella quale ciascuno porterà al tavolo qualcosa di diverso Vantaggi? Svantaggi? Essenzialmente le economie di scala, di ogni tipo: Le aziende partner devono fidarsi una dell’altra, approvvigionamento, distribuzione, R&D ambito condividendo competenze e know how. Può essere sensibile ma che rappresenta pur sempre un difficile quando il prodotto o il servizio elaborato investimento significativo sui bilanci delle aziende. insieme è fortemente innovativo, e quindi il futuro dell’azienda può dipendere dai brevetti e dagli accordi presi con il concorrente CATENA DEL VALORE E VANTAGGIO COMPETITIVO (cap.5) La catena del valore è il modo in cui l’impresa svolge le singole attività attuando una certa strategia. Disaggrega l’impresa nelle sue attività strategicamente rilevanti allo scopo di comprendere cosa determina l’andamento dei costi, le fonti e i potenziali di differenziazione esistenti.—> diventa la base per identificare la natura del vantaggio competitivo che l’impresa intende perseguire e conseguentemente selezionare gli elementi per sviluppare la strategia. catena del valore → riassume le attività primarie e di supporto (categorie di competenze) → strumento che permette di organizzare le competenze Ogni attività contiene altre sottocategorie al suo interno La catena del valore rappresenta graficamente il valore totale generato dall’attività dell’impresa in un determinato business e mette in evidenza: ​ attività generatrici di valori → attività fisicamente e tecnologicamente distinte svolte dall’impresa; ​ Margine → l’indicatore della redditività che l’impresa ha saputo generare grazie a un’originale combinazione delle attività che hanno consentito di produrre un valore riconosciuto dal mercato in termini competitivi il valore è la somma che i compratori sono disposti a pagare per quello che l’impresa fornisce loro; → la misura del valore è il ricavo totale; Nel perseguire un vantaggio competitivo l’impresa deve guardare al valore, e non al costo, che può aumentare per consentire di spuntare prezzi più elevati. Per costruire la catena del valore di un’impresa è necessario: -​ identificare le attività generatrici di valore; -​ definire i contenuti in relazione al settore nel quale l’impresa opera; -​ evidenziare i legami verticali e orizzontali tra le diverse attività della catena del valore. Con la catena del valore è possibile rappresentare l’attività di un’impresa distinguendo tra: ATTIVITÀ PRIMARIE: consistono: -​ movimentazione delle materie prime e dei componenti e nella creazione fisica del prodotto/servizio; -​ nel marketing, nella distribuzione e nella vendita dei prodotti e nel loro trasferimento al compratore; -​ nell’assistenza post-vendita e nei servizi in generale offerti alla clientela. Si tratta quindi delle attività che consentono di creare fisicamente i prodotti o servizi che saranno destinati ai clienti. Tra queste Porter distingue: ​ la logistica in entrata, che riguarda le attività di ricevimento, magazzinaggio, movimentazione, gestione magazzino, controllo scorte, programmazione vettori e restituzione delle merci ai fornitori. ​ le attività operative, che consistono nella lavorazione, assemblaggio, imballaggio, manutenzione dei macchinari ​ la logistica in uscita, che riguarda il magazzinaggio dei prodotti finiti, gestioni vettori di consegna, gestione scadenzario ordini, evasione ordini ​ il marketing e le vendite, che consistono in pubblicità, gestione forza vendita, offerte, selezione dei canali di distribuzione, gestione rapporti con canali di distribuzione, politica dei prezzi ​ i servizi, che includono installazioni, collaudi, corsi di formazione, fornitura dei ricambi, assistenza, aggiornamento software ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Sostengono le attività primarie aumentandone l’efficienza e l’efficacia, costi e ricavi di questa categoria ricadono sulle attività prime, in base a quale settore appartengono Consistono: ​ nel procurare gli input necessari per alimentare le attività di base e infrastrutturali; ​ nell’innovare e migliorare i prodotti e i processi; ​ nel gestire gli aspetti organizzativi e le risorse umane; ​ nell’assicurare i servizi di amministrazione e controllo a tutta l’impresa. Tra queste Porter distingue: -​ Gli approvvigionamenti intesi come le attività che consentono l’acquisto degli input utilizzati nei diversi processi dell’impresa. -​ Lo sviluppo della tecnologia, che riguarda l’insieme delle attività volte a migliorare i prodotti e i processi. -​ la gestione delle risorse umane, che si articola nelle attività che riguardano la ricerca e la selezione del personale e le procedure di assunzione, di amministrazione, di addestramento e di mobilità del personale -​ le attività infrastrutturali, che comprendono l’insieme delle attività di direzione e controllo dell’impresa, dalla contabilità alla finanza, dalla gestione dei sistemi informativi alla pianificazione e alla direzione a livello di business e di corporate. Attraverso la catena del valore, Porter intende elaborare uno strumento universale che si applichi indipendentemente dal settore nel quale opera l’impresa. Le catene di valore di imprese che operano in settori diversi, saranno diversi, perché diverse sono le attività chiave per operare in diversi settori è utile per confrontare diversi modelli di business nello stesso settore Es. Zara → fa cose al suo interno H&M → tutto fuori, fa solo un po’ di design e gestiscono i punti vendita Pertanto raffigura uno schema nel quale le attività di base e quelle di supporto hanno una dimensione equivalente. La catena del valore non evidenzia attività tra loro indipendenti, bensì attività interdipendenti legate tra loro in termini di risorse allocate e competenze necessarie. utilizzo catena di valore: ​ disgregazione dell’impresa in attività separate ​ determinazione importanza relativa sul costo totale del prodotto ​ identificazione dei fattori che influenzano la determinazione dei costi delle diverse attività, e loro importanza relativa ​ identificazione legami esistenti tra attività della catena ​ accertamento margine di riconducibilità dei costi I legami tra attività sono dati dalle relazioni che si determinano tra il modo in cui viene svolta una categoria di attività e il costo di un’altra. → i collegamenti = fonte del vantaggio competitivo. Collegamenti: attraverso l’ottimizzazione o il coordinamento - attraverso l’ottimizzazione—>i collegamenti spesso rispecchiano il trade-off tra le varie attività allo scopo di ottenere lo stesso risultato globale - Attraverso il coordinamento—> i collegamenti possono anche riflettere la necessità di coordinare le attività. Per esempio, l’obiettivo di effettuare consegne puntuali può esigere che si coordinino le attività operative, la logistica in uscita e i servizi. Essere in grado di coordinare i collegamenti spesso riduce i costi o enfatizza la differenziazione. La catena del valore è coinvolta in un flusso più ampio di attività e di imprese che si articola verticalmente per successivi livelli di trasformazione; definito da Porter “sistema del valore”. La creazione e la sostenibilità del vantaggio competitivo dipendono non solo dalla comprensione della catena del valore di un’impresa, ma anche dall’interazione che questa impresa è in grado di assicurare con tutti gli altri attori che contribuiscono a creare valore per il cliente. Il business system rappresenta l’impresa come un insieme di gruppi di attività strettamente collegati. In questo caso l’analisi del valore è stata applicata all’evidenziazione delle conseguenze dei collegamenti tra attività primarie dell’impresa. Business system della McKinsey & Company → consente di illustrare la molteplicità dei fattori su cui un’impresa può far leva per creare valore, talvolta in modo del tutto originale, almeno finché non intervenga un adattamento imitativo, rispetto a quanto realizzato dai concorrenti ANALISI INTERNA VS ANALISI ESTERNA 1 struttura del settore 2 posizionamento competitivo strumenti di analisi 5 forze vantaggio competitivo catena del valore focus dell’analisi driver di redditività del settore attività distintiva della singola azienda l’analisi spiega redditività media del settore redditività dell'azienda relativamente al suo settore Il successo di un’impresa dipende dalla sua capacità di creare e mantenere nel tempo un vantaggio competitivo rispetto alle imprese avversarie. Il vantaggio competitivo si definisce come il fattore alla base di migliori performance dell’impresa in termini di redditività rispetto ai suoi concorrenti nel settore di riferimento, in un arco temporale medio-lungo. Il vantaggio competitivo di un’impresa è altresì il risultato di un rapporto favorevole tra prezzi relativi e costi relativi. Le dimensioni dell’ambito competitivo che influenzano la catena del valore sono le seguenti: ​ ambito del segmento, che determina il profilo dei prodotti/servizi realizzati e degli acquirenti serviti; ​ grado di integrazione, che dà la misura di quanta parte delle attività sia realizzata all’interno dell’impresa piuttosto che attraverso il ricorso al mercato o alle collaborazioni; ​ ambito geografico, che indica l’ampiezza dei mercati serviti dall’impresa; ​ ambito di settore, che indica l’ampiezza dei settori correlati nei quali l’impresa compete con una strategia coordinata. Il vantaggio competitivo consiste proprio nella capacità di superare gli avversari svolgendo attività strategicamente importanti in modo più economico o più efficace. Un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi concorrenti quando ottiene in modo continuativo livelli di redditività superiori. Spostando l’attenzione sulle modalità attraverso le quali le imprese conseguono vantaggio competitivo è possibile identificare: -​ il vantaggio di costo: l’impresa ottiene un vantaggio di costo fornendo un prodotto o servizio simile a quello dei concorrenti a un prezzo inferiore; -​ il vantaggio di differenziazione: l’impresa ottiene tale vantaggio differenziando il prodotto o servizio in modo tale che il cliente sia disposto a pagare un differenziale di prezzo superiore al costo addizionale che questa offerta eventualmente comporta. LEADERSHIP DI COSTO: Quando un’impresa applica la strategia di costo produce prodotti non facilmente riconoscibili con caratteristiche di base. Tale prodotto è ottenuto attraverso l’ottimizzazione della catena del valore—> attraverso la minimizzazione dei costi a tutti i livelli della catena rendendola così efficiente. Fattori che mi garantiscono il perseguimento di una leadership di costo: 1.​ economia di scala: le economie di scala sono quelle economie che si ottengono quando il costo unitario di produzione si riduce all’aumentare delle quantità prodotte in una determinata unità di tempo. Le economie di scala sono utili soprattutto nel caso di prodotti omogenei, ma i mercati sono sempre più differenziati. 2.​ L’aumento delle dimensioni dell’impresa alla ricerca dell’efficienza può, oltre una certa soglia, causare l’insorgere di diseconomie. 3.​ I concorrenti possono introdurre innovazioni tecnologiche che vanificano il vantaggio di costo conseguito con le tecnologie tradizionali 4.​ L'eccessiva enfasi sui costi potrebbe tradursi in un’impossibilità al cambiamento e all’innovazione - economie di apprendimento: sono quei risparmi di costo che si hanno quando le persone o i macchinari sono bravi a fare ciò che devono fare, sono economie che si realizzano grazie all’apprendimento basato sull’esperienza dei membri di un’organizzazione. Quando si opera sui costi (riducendoli) delle attività della catena del valore si ottiene un aumento del margine. Si deve operare su tutte le attività. È importante disaggregare le attività per comprendere dove ci sia un potenziale di riduzione. Limiti economie di scala e rischi associati a leadership di costo: -​ Differenziazione di prodotto: se l’impresa ha un target di clientela che ricerca la differenziazione conviene affidarsi all’ottenimento del premium price; -​ Flessibilità (contesti dinamici e mutevoli): la specificità di certi impianti impedisce la flessibilità nella produzione in casi di fluttuazione della domanda, di cambiamenti nei gusti e nelle preferenze, di cambianti della tecnologia; -​ Difficoltà di gestione e coordinamento -​ Motivazione: difficoltà legate alla gestione di grandi impianti e di unità di grandi dimensioni (costi di supervisione, costi smaltimento dei rifiuti); inoltre i livelli di motivazione sono più bassi, tipici delle grandi imprese (solitamente burocratizzate e impersonali). DIFFERENZIAZIONE: Per poter attuare con successo una strategia di differenziazione è necessario agire tanto sulle attività materiali quanto su quelle immateriali dell’offerta. Il concetto di base è fare qualcosa di unico e differente rispetto agli altri, il gioco è differenziarsi in maniera però diversa perché se tutti si differenziano sulla stessa dimensione non conviene La ricerca dei fattori di differenziazione può essere facilitata dall’utilizzo della catena del valore come strumento che individua dove l’impresa dispone di vantaggi competitivi e dove può creare il valore maggiore per il mercato. L’ampliamento del margine in questo caso, si ottiene grazie al maggior valore riconosciuto dal mercato. L’uso della catena del valore nell’individuare le opportunità di conseguire vantaggio competitivo consiste nell’operare 4 fasi: 1.​ costruire le catene del valore valore per le imprese per il cliente 2.​ Individuare i fattori determinanti di unicità per ogni attività 3.​ Selezionare le variabili di differenziazione più vantaggiose 4.​ Identificare i collegamenti tra le catene del valore delle imprese e del cliente Anche nelle strategie di differenziazione ci sono dei rischi: ​ proporre un inferenziale di costo troppo alto rispetto ai concorrenti.il mercato potrebbe non giustificare questa differenziazione e puntare sul prezzo più basso ​ Puntare su un fattore di differenziazione al quale il mercato non dà più rilevanza ​ In settore maturi la limitazione dei concorrenti annulla i fattori di diversificazione Quando si opera sul valore (aumentandolo) si fa pagare un prezzo superiore e, con un incremento di costi delle attività non proporzionale, si ottiene un aumento del margine. Si deve operare su tutte le attività → è importante disaggregare le attività per comprendere dove ci sia un potenziale di riduzione. Rischi differenziazione: -​ Prezzo troppo alto rispetto ai concorrenti -​ Fattore di differenziazione non importante per il mercato -​ Imitazione della fonte di differenziazione da parte di concorrenti RISORSE E COMPETENZE (cap.6) Quando alcune competenze consentono all’impresa di operare meglio dei concorrenti si è di fronte a capacità organizzative che fanno conseguire all’impresa posizioni di vantaggio competitivo. Le competenze distintive di un’impresa sono il risultato di un processo di armonizzazione di skill e risorse uniche e sono in grado di creare vantaggio competitivo in diversi mercati. L’unicità della formula attiva un vantaggio di differenziazione. Nei mercati turbolenti e imprevedibili le risorse e le competenze diventano la principale bussola per orientarsi nella competizione → identificare stabilmente segmenti di mercato attrattivi e adottare strategie concorrenziali efficaci è sempre più difficile a causa dei fenomeni di globalizzazione e deregolamentazione PIÙ CHE IMITARE CONTA DIFF

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