Economia e Gestione delle Imprese Alimentari PDF

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Il documento analizza le differenze tra impresa e azienda, definendo l'impresa come l'esercizio professionale di un'attività economica finalizzata alla produzione e/o allo scambio di beni e servizi e l'azienda come il complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa. Approfondisce inoltre le analisi delle definizioni di impresa e azienda, il ruolo delle imprese nella soddisfazione dei bisogni umani, la creazione di valore e, infine, la teoria della sopravvivenza delle imprese.

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C.I. ECONOMIA DEI SISTEMI PRODUTTIVI ALIMENTARI – Carlucci AZIENDA E IMPRESA I termini ‘’impresa’’ e ‘’azienda’’ sono spesso utilizzati come sinonimi nel linguaggio comune. Tuttavia, da un punto di vista giuridico, i due termini hanno significati differenti, seppure strettamente compleme...

C.I. ECONOMIA DEI SISTEMI PRODUTTIVI ALIMENTARI – Carlucci AZIENDA E IMPRESA I termini ‘’impresa’’ e ‘’azienda’’ sono spesso utilizzati come sinonimi nel linguaggio comune. Tuttavia, da un punto di vista giuridico, i due termini hanno significati differenti, seppure strettamente complementari tra di loro. In particolare, secondo il Codice civile italiano:  per impresa si intende l’esercizio professionale di un’attività economica organizzata al fine della produzione e/o dello scambio di beni e/o servizi (art. 2082)  per azienda si intende il complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (art. 2055) - La definizione di impresa pone quindi l’accento sull’obiettivo da raggiungere specificando che l’impresa è un’attività finalizzata a produrre e/o scambiare beni e/o servizi. - La definizione di azienda pone invece l’accento sugli strumenti o mezzi che vengono utilizzati dall’impresa per raggiungere il proprio obiettivo (stabilimenti, uffici…) Da un punto di vista giuridico, quindi, queste definizioni mettono in evidenza che tra impresa ed azienda sussiste un rapporto di tipo strumentale nel senso che l'azienda è l’insieme dei mezzi strumentali attraverso i quali l'impresa persegue il proprio obiettivo che è quello di produrre e/o scambiare beni e/o servizi. UN’ANALISI DELLA DEFINIZIONE DI IMPRESA Per impresa si intende l’esercizio professionale3 di un’attività economica2 organizzata al fine della produzione e/o dello scambio di beni e/o servizi1 (art. 2082 del C.C.). 1. Per beni e/o servizi si intendono un qualunque mezzo che sia direttamente idoneo a soddisfare uno o più bisogni umani (beni di consumo) oppure che possa essere impiegato per produrre altri beni e/o servizi idonei a tale scopo (beni strumentali o mezzi di produzione o fattori di produzione). Bisogno primario= nutrizione. Si soddisfa attraverso dei beni. - Nello specifico, un bene (o prodotto) è un mezzo materiale, cioè tangibile (ad es. un alimento) mentre - un servizio è un mezzo immateriale, cioè intangibile (ad es. pulizia e disinfezione, guardiania, assicurazione, ecc.). =La funzione delle imprese all’interno di una società organizzata è, quindi, quella di soddisfare i bisogni che vengono espressi dagli individui che compongono la società stessa. -Beni e servizi di consumo= es: alimenti perché vengono impiegati direttamente dai consumatori per i propri bisogni -beni e servizi con funzione strumentale= vengono usati per soddisfare bisogni in maniera indiretta perché utilizzati per ottenere beni di consumo. I semilavorati non possono essere impiegati con il consumo ma per realizzare altri beni per il consumo. Es: olive che vengono utilizzate per olio, in questo caso le olive hanno funzione strumentale. Le imprese contribuiscono a soddisfare i bisogni umani. 2. Un’attività è di natura economica (oppure si svolge in condizioni di economicità) quando il valore dei beni/servizi che vengono prodotti/scambiati (outputs) è superiore al valore dei beni/servizi che vengono impiegati come mezzi di produzione (inputs). Economica se consente di ottenere qualcosa il cui valore è superiore agli imput impiegati (fattori di produzione, =i ricavi devono essere superiori ai costi. Si dice, pertanto, che un’attività economica crea valore oppure genera ricchezza oppure produce reddito. Sia il valore degli outputs (beni/servizi prodotti), sia il valore degli inputs (beni/servizi impiegati come mezzi della produzione) vengono determinati dal mercato attraverso il meccanismo della formazione dei prezzi (domanda e offerta). Es: l’attività di formazione, assistenza sanitaria non sono attività economiche perché producono servizi ma non si può quantificare il valore dell’output. 3. L’esercizio professionale dell’attività di impresa è collegato con il requisito della continuità nel tempo. L’attività di impresa, infatti, si configura esclusivamente come un’attività che viene svolta in maniera continuativa nel tempo. Diversamente, un’attività economica, comunque rivolta alla produzione e/o scambio di beni e/o servizi, se svolta in maniera occasionale e per brevi periodi di tempo, non possiede il carattere dell’esercizio professionale e, di conseguenza, non può configurarsi come una vera e propria attività di impresa. UN’ANALISI DELLA DEFINIZIONE DI AZIENDA Per azienda si intende il complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (art. 2055 del C.C.). Il complesso dei beni organizzati ed utilizzati per l’esercizio di un’impresa è rappresentato da beni strumentali (detti anche mezzi o fattori di produzione) (no beni di consumo). Essi possono essere distinti in due grandi categorie: LAVORO e CAPITALE. Ci devono essere entrambi in combinazione. - Il LAVORO è l’attività svolta dall’uomo (lavoratori) e che concorre, in combinazione con gli altri beni strumentali, a realizzare la produzione e/o lo scambio di beni e/o servizi. Spesso, si distingue un lavoro manuale ed un lavoro intellettuale. Il lavoro manuale comporta prevalentemente uno sforzo fisico da parte del lavoratore (ad es. casaro) mentre il lavoro intellettuale comporta prevalentemente uno sforzo di tipo mentale (ad es. ragioniere). - Il CAPITALE è l’insieme dei beni strumentali di natura materiale, immateriale e finanziaria che concorrono, in combinazione con il lavoro, a realizzare la produzione e/o lo scambio di beni e/o servizi.  Il capitale materiale è rappresentato da beni strumentali tangibili (terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, materie prime, ecc.).  Il capitale immateriale è rappresentato da beni strumentali intangibili come la conoscenza (tecnologie, protocolli di produzione, ecc.), i diritti di proprietà intellettuale (marchi e brevetti), le relazioni consolidate con clienti e fornitori (capitale relazionale).  Il capitale finanziario è rappresentato dalla moneta che è il principale strumento di scambio utilizzato nelle economie evolute e che può essere disponibile in varie forme (liquidità di cassa, conti correnti, crediti verso terzi, ecc.). AZIENDA E IMPRESA COME UNICO CONCETTO Se da un punto di vista strettamente giuridico i termini ‘’azienda’’ e ‘’impresa’’ assumono significati differenti, seppur complementari, nel linguaggio comune, ma anche nel linguaggio tecnico, i due termini vengono utilizzati come sinonimi, associando ad essi uno stesso significato. Una definizione ampiamente condivisa di impresa/azienda è la seguente: ‘’Per impresa o azienda si intende un’istituzione economica che organizza ed utilizza risorse umane (lavoro) e capitali (materiali, immateriali e finanziari), secondo determinate tecnologie, per realizzare prodotti e/o servizi che vengono scambiati sul mercato al fine di creare valore in maniera durevole nel tempo’’. Secondo questa definizione, con i termini ‘’azienda’’ e ‘’impresa’’ ci si riferisce ad un’istituzione, cioè ad un sistema unico in cui non c’è una distinzione tra l’attività (cioè cosa fa questa istituzione) e gli strumenti impiegati (cioè come è fatta questa istituzione). In particolare, l’impresa o azienda viene considerata come:  un sistema complesso perché costituito da un insieme di tanti e diversi elementi interdipendenti tra loro, ciascuno deputato a svolgere una precisa funzione per il raggiungimento di un comune obiettivo finale  un sistema socio-tecnico perché comprende una componente umana (lavoratori) ed una componente tecnica (capitali)  un sistema aperto perché opera all’interno di un ambiente dove vi sono altri soggetti con cui intrattiene relazioni di vario genere (fornitori, concorrenti, clienti, consumatori, Pubblica Amministrazione, ecc.)  un sistema dinamico perché, nel tempo, si evolve per adattarsi ai continui cambiamenti che interessano l’ambiente in cui si trova ad operare (bisogna adattarsi al gusto dei consumatori).  un sistema cognitivo perché, nel tempo, produce ed accumula conoscenza (sostengono anche ricerca e sviluppo). LA FINALITA’ DELL’IMPRESA SECONDO L’ECONOMIA CLASSICA Un tema molto dibattuto tra gli studiosi di economia aziendale e che, di fatto, non ha ancora trovato un’interpretazione condivisa in maniera unanime, riguarda l’individuazione e la definizione della finalità ultima che dovrebbe accomunare tutte le imprese ovvero l’obiettivo generale che tutte le imprese cercano di perseguire (l’obiettivo deve guidare chi gestisce l’impresa). In realtà, è stato già evidenziato come tutte le imprese hanno una comune finalità che è quella di soddisfare bisogni umani producendo e/o scambiando beni e/o servizi nel rispetto delle condizioni di economicità (valore degli outputs maggiore del valore degli inputs). Pertanto, la finalità ultima delle imprese potrebbe essere identificata con la creazione di valore o di ricchezza. Tuttavia, la creazione di valore o di ricchezza appare più come un requisito che le imprese devono necessariamente possedere piuttosto che un obiettivo ambizioso da raggiungere attraverso adeguate e ragionate scelte decisionali. Il fine principale è generare profitto L’economia classica propone come obiettivo principale dell’impresa la massimizzazione del profitto. Il profitto di un’impresa è dato dalla differenza tra i ricavi ottenuti dalla vendita di prodotti e/o servizi (outputs) ed i costi sostenuti per acquisire tutti i fattori della produzione, cioè capitali e lavoro (inputs). Il profitto rappresenta la remunerazione che spetta all’imprenditore, cioè quel soggetto che organizza i fattori della produzione e si assume il rischio di impresa. In altri termini, secondo l’economia classica, l’impresa persegue l’obiettivo di massimizzare l’economicità, cioè la creazione di valore, di ricchezza, di reddito secondo una prospettiva individualistica che è quella espressa dall’imprenditore. N.B. Il principale limite di questa teoria, apparentemente corretta, risiede nel fatto che non considera un elemento estremamente importante, cioè il tempo, ovvero l’orizzonte temporale entro cui perseguire la massimizzazione del profitto. Segue un esempio per spiegare questo concetto. LA ″TEORIA DELLA SOPRAVVIVENZA″ Considerando il fattore tempo, l’impresa viene appunto considerata come un sistema dinamico che ha la necessità di adattarsi continuamente all’ambiente in cui essa opera. L’ambiente esterno all’impresa, infatti, non è statico, nel senso che rimane immutato nel tempo, ma è in continua evoluzione e spesso subisce cambiamenti di vasta portata ed anche piuttosto rapidi. L’impresa come sistema dinamico non può pensare solo all’immediato, cioè avere una prospettiva di breve periodo (1-2 anni), ma deve necessariamente guardare ad un orizzonte temporale di lungo periodo (decenni). In una prospettiva di lungo periodo, può succedere che la massimizzazione del profitto nell’immediato (nel breve periodo) potrebbe non essere la scelta ottimale in quanto potrebbe compromettere i risultati economici nel lungo termine. Ad es. un’impresa ben affermata come Barilla potrebbe abbassare il livello qualitativo dei propri prodotti, riducendo i costi e continuando a vendere ai prezzi attuali; questo permetterebbe sicuramente un incremento dei profitti nell’immediato ma, nel lungo periodo, andrebbe a compromettere irrimediabilmente l’immagine e la reputazione dell’azienda con forti ricadute negative sui profitti futuri. Considerando anche il fattore tempo, cioè considerando l’impresa come un sistema dinamico, è stata sviluppata la cosiddetta ″teoria della sopravvivenza″ secondo la quale il fine ultimo di un’impresa è la durabilità nel tempo cioè la capacità di sopravvivere il più a lungo possibile in un ambiente in continua evoluzione. Pertanto, secondo la teoria della sopravvivenza, si dice che l’obiettivo finale che guida le scelte decisionali delle imprese non è la massimizzazione del profitto bensì la creazione di valore in maniera durevole nel tempo. Per comunicare che è un’azienda affermata sul packaging scrivono da quanto sono presenti sul mercato. EQUILIBRIO DI LUNGO PERIODO Affinché un’impresa possa sopravvivere il più a lungo possibile e possa quindi perseguire il suo fine ultimo che è la durabilità nel tempo in un ambiente in continua evoluzione, è necessario che essa adotti una opportuna gestione (scelte o decisioni) che sia finalizzata al raggiungimento di un equilibrio di lungo periodo che deve simultaneamente comprendere: - equilibrio economico (o reddituale): si riferisce alla differenza tra ricavi e costi cioè alla condizione di economicità; il concetto di equilibrio implica che, temporaneamente, l’impresa può generare sia profitti positivi o utili (ricavi maggiori dei costi), sia profitti negativi o perdite (ricavi minori dei costi) (quindi può succedere che i profitti si concentrano solo in un periodo dell’anno: un esempio è il frantoio che nella maggior parte dei casi non effettua stoccaggio dell’olio ma da novembre a marzo ha dei ricavi elevati; un azienda che sta ristrutturando ha dei costi molto elevati ma nessun ricavo ) è nel lungo periodo che i ricavi devono essere superiori ai costi e si dice che l’azienda sia in equilibrio economico di lungo periodo. Tuttavia, la condizione di equilibrio implica che l’economicità, cioè la generazione di profitti positivi o utili venga rispettata con riferimento al lungo periodo. - equilibrio monetario (o finanziario): si riferisce ai flussi di moneta in entrata ed in uscita e riguarda, nello specifico, la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni di pagamenti (stipendi, forniture di materie prime, affitti, oneri fiscali, ecc.); anche in questo caso, il concetto di equilibrio implica che, temporaneamente, l’impresa può trovarsi nella condizione di non disporre di una sufficiente quantità di moneta (liquidità) per fronteggiare i pagamenti in scadenza; tuttavia, la condizione di equilibrio implica che l’impresa abbia sempre la capacità di ottenere finanziamenti breve termine da soggetti esterni in quantità sufficienti per far fronte ai pagamenti in scadenza. Flussi di moneta: moneta necessaria, ad esempio, per pagare i dipendenti. A volte i flussi in entrata possono non essere sufficienti a coprire i flussi in uscita. Quindi si crea uno squilibrio di natura monetaria. Si chiede un prestito a una banca: l’azienda acquisisce denaro e ha un debito, quindi deve restituire con interessi. La banca prima di fare un prestito capisce se l’azienda sia in grado di saldare il debito. Si dice che l’azienda ha un equilibrio finanziario di lungo periodo. Se c’è uno squilibrio finanziario si va in banca rotta quindi l’azienda esce dal mercato. - equilibrio patrimoniale: si riferisce alle variazioni nella consistenza dell’intero patrimonio aziendale cioè l’insieme di tutti i beni materiali, immateriali e finanziari che, nel tempo, vengono consumati nei processi di produzione; anche in questo caso, il concetto di equilibrio implica che, temporaneamente, il patrimonio aziendale può subire delle perdite (ad esempio, gli impianti di produzione si usurano e diventano obsoleti); tuttavia, la condizione di equilibrio implica che l’impresa abbia sempre la capacità di ottenere finanziamenti a lungo termine da soggetti esterni in quantità sufficienti per ripristinare ed accrescere il proprio patrimonio. Capacità di ripristinare e accrescere il proprio patrimonio. Si fa un finanziamento e si diventa soci oppure si fa un finanziamento a lungo termine (mutuo). Se ha la capacità di ottenere finanziamento si trova in equilibrio patrimoniale. CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE/AZIENDE Esistono infiniti modi di classificare le imprese/aziende utilizzando, di volta in volta, un criterio specifico. Una delle classificazioni più semplici, ma anche molto utilizzata, è quella che prevede la distinzione tra: - AZIENDE DEL SETTORE PRIMARIO: sono aziende la cui attività è basata sullo sfruttamento di risorse naturali, cioè la terra (aziende agricole, forestali, zootecniche), il sottosuolo (aziende estrattive) e le risorse idriche (aziende della pesca e dell’acquacoltura) - AZIENDE DEL SETTORE SECONDARIO: sono aziende che svolgono attività di trasformazione a partire dai prodotti messi a disposizione dal settore primario (materie prime) per ottenere altri prodotti che possono essere direttamente utilizzabili dai consumatori (prodotti di consumo) oppure possono essere suscettibili di ulteriori trasformazioni (semilavorati); queste aziende sono anche chiamate ‘’aziende manifatturiere’’. Le imprese alimentari fanno parte del settore secondario. - AZIENDE DEL SETTORE TERZIARIO: sono aziende che svolgono attività finalizzate alla fornitura di servizi (beni immateriali non tangibili) sia per i consumatori che per altre imprese oppure si occupano dello scambio/commercializzazione di prodotti e/o servizi. es: banche, imprese di consulenza, GDO. Queste sono finalizzate a spostare i beni nel tempo e nello spazio, non fanno trasformazione fisica. Un’altra classificazione molto semplice e largamente utilizzata è quella basata sulla tipologia di output e che permette di distinguere:  AZIENDE DI PRODUZIONE: sono aziende che realizzano prodotti, cioè beni materiali (tangibili) a partire da altri prodotti (materie prime e/o semilavorati) oppure sfruttando le risorse naturali (aziende alimentari, aziende agricole); i prodotti realizzati possono essere direttamente utilizzabili dai consumatori (prodotti di consumo) oppure possono essere suscettibili di ulteriori trasformazioni (semilavorati); le aziende di produzione possono essere ulteriormente classificate in diverse sottocategorie in base alla natura dei prodotti offerti (aziende automobilistiche, calzaturiere, tessili, dell’abbigliamento, alimentari, ecc.; le aziende alimentari possono essere ulteriormente classificate in altre sottocategorie (aziende lattiero-casearie, vinicole, olearie, conserviere, ecc.).  AZIENDE DI SERVIZI: sono aziende che forniscono servizi, cioè beni immateriali (non tangibili) sia ai consumatori che ad altre imprese; ad es. imprese di pulizie, imprese di vigilanza, imprese di assicurazioni, imprese pubblicitarie, ecc..  AZIENDE COMMERCIALI: sono aziende che si occupano dello scambio di prodotti senza operare processi di trasformazione fisica ma agendo essenzialmente sullo spostamento nello spazio (trasporto e vendita) e/o nel tempo (stoccaggio e vendita). Un’altra classificazione molto diffusa delle aziende è quella basata sulla dimensione che viene normalmente misurata in termini di fatturato annuo (ricavi nell’anno) e/o numero di addetti. Secondo la Raccomandazione della Commissione Europea n. 361 del 6 maggio 2003 (NON SERVE SAPERLO), recepita in Italia attraverso il Decreto del Ministero per le Attività Produttive del 18 aprile 2005, le imprese vengono classificate in:  MICRO-IMPRESE: meno di 10 addetti con fatturato inferiore a 2 mln di €  PICCOLE IMPRESE: meno di 50 addetti con fatturato inferiore a 10 mln di €  MEDIE IMPRESE: meno di 250 addetti con fatturato inferiore a 50 mln di €  GRANDI IMPRESE: più di 250 addetti con fatturato superiore a 50 mln di € (si devono verificare entrambe le condizioni) Attraverso questa classificazione vengono individuate le cosiddette Piccole e Medie Imprese (PMI) (Di solito appartengono le micro, piccole e medie imprese) che comprendono tutte le imprese con meno di 250 addetti ed un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di Euro. Verso queste imprese sono spesso indirizzati incentivi economici pubblici di varia natura, pagano meno tasse rispetto alle grandi imprese. Dati dell’ultimo censimento ISTAT 2020. In Italia ci sono 54.000 imprese alimentari di cui 85% ricade nella categoria micro-impresa. Solo lo 0.3% sono grandi imprese. 99,7% sono PMI. FORME GIURIDICHE DI IMPRESA IL SOGGETTO GIURIDICO All’interno di ciascuna impresa è possibile identificare un soggetto giuridico che è: quella persona (o gruppo di persone) che detiene tutti i diritti e tutti i doveri dell’impresa stessa. - In particolare, il soggetto giuridico detiene i diritti di proprietà sul patrimonio dell’azienda (impianti…) e gode del diritto di fare propri i ricavi ottenuti dalla vendita di prodotti e/o servizi. - Per contro, il soggetto giuridico ha il dovere e la responsabilità di onorare tutti gli impegni di pagamento che l’impresa contrae nei confronti di soggetti terzi (ad es. lavoratori, fornitori, finanziatori, Pubblica Amministrazione, ecc.). Il soggetto giuridico, pertanto, si fa carico del cosiddetto ‘’rischio di impresa’’ legato al risultato economico di gestione (differenza tra ricavi e costi) che è assolutamente incerto, cioè non prevedibile a priori. Questo significa che il soggetto giuridico, per un verso, ha il diritto di appropriarsi degli eventuali utili di gestione (nel caso in cui i ricavi siano maggiori dei costi), per altro verso, ha il dovere di farsi carico delle eventuali perdite di gestione (nel caso in cui i ricavi siano minori dei costi). Utile=profitto CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE IN BASE ALLA FORMA GIURIDICA Il soggetto giuridico di un’impresa può assumere caratteristiche diverse per cui si dice che le imprese possono avere una diversa forma (o veste) giuridica; in particolare, la Legislazione Italiana riconosce diverse forme giuridiche di impresa che possono essere classificate come segue: 1. IMPRESA INDIVIDUALE L’impresa individuale (detta anche ditta individuale) è caratterizzata dal fatto che il soggetto giuridico è rappresentato da una sola persona che detiene tutti i diritti e tutti doveri che riguardano l’impresa stessa. In particolare, il titolare di un’impresa individuale è proprietario di tutto il patrimonio di cui dispone l’impresa stessa. Inoltre, l’impresa individuale non gode di autonomia patrimoniale: questo significa che il patrimonio dell’azienda non è distinto e separato dal patrimonio personale del titolare dell’impresa. Pertanto, il titolare di un’impresa individuale è tenuto a rispondere illimitatamente, cioè con tutto il proprio patrimonio (sia quello aziendale ma anche quello personale) nei confronti degli obblighi di pagamento (debiti) che l’impresa contrae nei confronti di soggetti terzi (lavoratori, fornitori, finanziatori, Pubblica Amministrazione, ecc.). La forma giuridica dell’impresa individuale è largamente utilizzata dalle piccole imprese soprattutto nella fase di avviamento perché offre indiscutibili vantaggi: - è facile da costituire (è sufficiente l’iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura – C.C.I.A.A.); - è facile da amministrare (gli adempimenti burocratici e contabili sono semplificati). Per contro, questa forma giuridica presenta anche significativi svantaggi: - il patrimonio personale del titolare è pericolosamente esposto al rischio di impresa; !! - l’impresa ha una scarsa capacità di autofinanziamento perché può contare solo sul patrimonio personale di un singolo individuo (che è pur sempre abbastanza limitato); è difficile soprattutto se c’è un’unica persona. - l’impresa ha una scarsa capacità di acquisire finanziamenti esterni (prestiti dalle Banche) perché può portare a garanzia solo il patrimonio di un singolo individuo (che è pur sempre abbastanza limitato). 2. IMPRESA COLLETTIVA O SOCIETA’ L’impresa collettiva o societaria (detta anche semplicemente società) è caratterizzata dal fatto che il soggetto giuridico è rappresentato da due o più persone (dette anche soci) che, a vario titolo, si suddividono tutti i diritti e tutti i doveri dell’impresa stessa. Le società possono essere di diverso tipo e la distinzione è essenzialmente basata sul diverso grado di responsabilità che i soci si assumono nei confronti degli obblighi che la società stessa contrae nei confronti di soggetti terzi (obblighi o debiti sociali): A. Società di persone: i soci rispondono illimitatamente e solidalmente nei confronti degli obblighi sociali (obblighi dei soci); ‘’illimitatamente’’ significa che ogni socio risponde con tutto il proprio patrimonio (quota sociale + patrimonio personale) nei confronti dei debiti sociali; ‘’solidalmente’’ significa che ogni socio risponde anche della parte di debiti eventualmente non pagati dagli altri soci per insufficienza di risorse personali; pertanto, si dice che le società di persone sono caratterizzate da un’autonomia patrimoniale imperfetta. B. Società di capitali: i soci rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti della quota di capitale conferito da ciascuno di essi; pertanto, si dice che le società di capitali sono caratterizzate da un’autonomia patrimoniale perfetta. In caso di fallimento il patrimonio dei soci viene salvaguardato. C. Società cooperativa: (Quelle che vengono definite “sociali”,) si tratta di una particolare tipologia di società caratterizzata dal fatto di essere senza fini di lucro; la società cooperativa, infatti, non genera utili da suddividere tra i soci (dividendi= sono la quota di utili , se ha ad esempio il 15% avrà la rispettiva quota del capitale) ma persegue uno scopo mutualistico che consiste nel soddisfare un bisogno comune degli stessi soci (consumo, credito, servizi, ecc.). Inoltre, i soci rispondono degli obblighi sociali contratti verso terzi solo nei limiti della quota di capitale conferito per cui anche le società cooperative sono caratterizzate da un’autonomia patrimoniale perfetta: se una società fallisce il patrimonio personale non viene intaccato, soci sono prevalentemente agricoltori -In puglia i frantoi sociali controllano il 50% delle olive prodotte. -La più grande azienda vinicola al mondo è una società cooperativa (quella che produce Tavernello) -COOP e CONAD sono le più importanti società cooperative: lo sconto per i soci è la modalità per il quale la coop mette a disposizione il valore che crea ai soci. =Ha una grande importanza economica. A. SOCIETA’ DI PERSONE Le società di persone si distinguono in:  Società in Nome Collettivo (S.N.C.): tutti i soci rispondono illimitatamente e solidalmente nei confronti degli obblighi sociali; tutti i soci possono assumere le funzioni di amministratore (soggetto a cui viene affidato il potere decisionale e la rappresentanza della società, gestiscono l’azienda) anche se tali funzioni possono essere affidate ad un numero ristretto di soci oppure esclusivamente ad uno di essi (amministratore unico).  Società in Accomandita Semplice (S.A.S.): i soci sono di due tipologie differenti, ovvero:  soci accomandatari: rispondono illimitatamente e solidalmente nei confronti degli obblighi sociali; ad essi è riservato il diritto di assumere le funzioni di amministratore e quindi di esercitare il potere decisionale e la rappresentanza della società; (2 domande su differenza tra accomandatari e accomandanti, cambia qualche parola) “comandano”  soci accomandanti: rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti della quota di capitale conferito alla società; ad essi è precluso il diritto di assumere le funzioni di amministratore e quindi di esercitare il potere decisionale e la rappresentanza della società. Hanno le caratteristiche dei soci delle società capitali, come se fosse ibrida, Hanno un rischio minore ma non possono avere funzione di amministrazione, se c’è una gestione non corretta non possono intervenire. (DI solito sono quelli che hanno a disposizione denaro) Come si costituisce una società di persone? Secondo l’art. 2247 del Codice Civile, ″una società è un ente giuridico che si costituisce in seguito alla stipula di un contratto con cui due o più persone conferiscono beni e/o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. Per costituire una società, quindi, è necessario stipulare un contratto, chiamato Atto Costitutivo, il quale viene sottoscritto da un certo numero di persone, chiamate soci fondatori, quelli che arrivano dopo non sono fondatori. Ci sono due modalità. In particolare, l’Atto Costitutivo di una società di persone può essere stipulato sottoforma di atto pubblico (cioè, redatto e sottoscritto da un notaio) oppure sottoforma di scrittura privata (cioè redatto e sottoscritto esclusivamente dai soci fondatori, si potrebbero scrivere delle cose contro la legge, non c’è il notaio che conosce la legge). Gli elementi essenziali dell’Atto Costitutivo di una società di persone sono:  la ragione sociale (denominazione e tipologia della società, azienda; es. Conserve Puglia S.N.C.);  l’oggetto sociale (la natura dell’attività che la società intende svolgere); (trasformazione di latte in prodotti lattiero- caseari).  il valore dei conferimenti di ciascun socio (capitali e/o lavoro); (alcuni possono anche mettere a disposizione un terreno e non il lavoro)  l’indicazione dei soci che assumono le funzioni di amministratori;  i criteri per la ripartizione degli utili e delle perdite. Le società di persone, inoltre, devono essere iscritte al Registro delle Imprese (presso la C.C.I.A.A. della provincia di competenza) e sono tenute a mantenere le scritture contabili, seppure in una forma semplificata (contabilità semplificata, meno costosa) VANTAGGI E SVANTAGGI Le società di persone sono forme giuridiche largamente utilizzate dalle piccole imprese che si trovano in una fase di crescita successiva a quella di avviamento. I principali vantaggi legati alla scelta di queste forme giuridiche sono: - maggiore capacità di autofinanziamento: rispetto alla ditta individuale, le società di persone possono contare sul patrimonio di più soggetti; - maggiore capacità di acquisire finanziamenti esterni (prestiti dalle Banche): rispetto alla ditta individuale, le società di persone possono contare sulle garanzie offerte dal patrimonio di più soggetti; - facilità di amministrazione: come per la ditta individuale, gli adempimenti burocratici e contabili sono semplificati. Per contro, queste forme giuridiche presentano un indiscutibile svantaggio: - come per la ditta individuale, il patrimonio personale dei soci è esposto a rischi molto elevati con l’aggravio della responsabilità solidale tra i soci (i soci con un maggiore patrimonio personale rischiano di più rispetto a quelli con un minore patrimonio personale). Pertanto, queste società sono in genere caratterizzate da un volume di affari relativamente modesto (bassa rischiosità) e da un ridotto numero di soci i quali sono spesso legati tra di loro da solidi rapporti di fiducia o, addirittura, da rapporti di parentela stretta (genitori e figli, fratelli e sorelle, ecc.). B. SOCIETA’ DI CAPITALI Le società di capitali si distinguono in:  Società a Responsabilità Limitata (S.R.L.): tutti i soci rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti della quota di capitale sociale conferito da ciascuno di essi (quota sociale); l’amministrazione della società è in genere affidata ai soci stessi anche se non è esclusa la possibilità che siano incaricati professionisti esterni (non soci) per l’esercizio delle funzioni di amministratore.  Società Per Azioni (S.P.A.): tutti i soci rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti della quota di capitale sociale conferito da ciascuno di essi; la caratteristica peculiare di una SPA risiede nel fatto che il capitale sociale è suddiviso in azioni cioè quote di capitale di piccolo taglio, tutte uguali in termini di valore e che possono essere oggetto di compravendita in Borsa; l’amministrazione della società è affidata ad un gruppo ristretto di persone (consiglio di amministrazione) che viene eletto dai soci (azionisti).  Società in Accomandita Per Azioni (S.A.P.A.): il capitale sociale è suddiviso in azioni, cioè, quote di capitale di piccolo taglio, tutte uguali in termini di valore e che possono essere oggetto di compravendita in Borsa; tuttavia, i soci azionisti sono distinti in due tipologie differenti:  soci accomandatari: rispondono illimitatamente e solidalmente nei confronti degli obblighi sociali; essi hanno il diritto ma anche l’obbligo di far parte del consiglio di amministrazione;  soci accomandanti: rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti della quota di capitale sociale posseduto; essi però NON possono far parte del consiglio di amministrazione, né possono eleggerne i componenti. COSTITUZIONE Per costituire una società di capitali è necessario stipulare un Atto Costitutivo, il quale viene sottoscritto da un certo numero di persone chiamate soci fondatori. L’Atto Costitutivo di una società di capitali può essere stipulato esclusivamente come atto pubblico (cioè, redatto e sottoscritto da un notaio) e deve essere successivamente depositato presso la Cancelleria del Tribunale di competenza territoriale. Gli elementi essenziali dell’Atto Costitutivo di una società di capitali sono: - la ragione sociale (denominazione e tipologia della società; es. Conserve Italia S.P.A.); - l’oggetto sociale (la natura dell’attività che la società intende svolgere); - il valore dei conferimenti di ciascun socio (capitali e/o lavoro) – solo per le SRL; (SPA solo capitale) - il numero ed il valore nominale delle azioni – solo per le SPA e SAPA; il valore delle azioni parte con un valore nominale e poi possono essere - il numero delle azioni possedute da ciascun socio fondatore; - l’indicazione dei soci accomandatari – solo per le SAPA; - i criteri per la ripartizione degli utili e delle perdite; - la struttura ed il funzionamento del sistema di governo: Sono tantissimi quindi non possono esercitare potere decisionale quindi una volta all’anno si riuniscono e fanno l’assemblea dei soci dove viene eletto un consiglio di amministrazione con dei consiglieri di amministrazione, prende poche decisioni perché sono in tanti, la gestione corrente viene affidata all’amministratore delegato dal consiglio di amministrazione). Anche le società di capitali devono essere iscritte al Registro delle Imprese (presso la C.C.I.A.A. della provincia di competenza). A differenza delle società di persone, le società di capitali sono obbligate a mantenere le scritture contabili in modalità ordinaria che è più complessa e laboriosa rispetto alla contabilità semplificata. La responsabilità è equilibrata I VANTAGGI E SVANTAGGI DELLE SRL I principali vantaggi associati alla forma giuridica della SRL sono: - il patrimonio personale dei soci non è esposto a rischi: diversamente dalle società di persone, i soci di una SRL rispondono degli obblighi sociali solo nei limiti della propria quota di capitale sociale conferito; - procedure amministrative flessibili e snelle (come per le società di persone, gli amministratori delle SRL sono quasi sempre i soci stessi e non sono previsti sovrastrutture amministrative complesse come gli organi sociali che invece sono obbligatori per le SPA e le SAPA). Per contro, i principali svantaggi di questa forma giuridica sono legati alla limitata capacità di ottenere rilevanti finanziamenti esterni, essenzialmente per due motivi: - limitata affidabilità creditizia: per ottenere prestiti dalle Banche, le SRL esibiscono a garanzia esclusivamente il patrimonio aziendale (il patrimonio personale dei soci non è automaticamente incluso nella garanzia); - le SRL non possono emettere titoli di credito privati (obbligazioni) a differenza delle altre società di capitali (SPA e SAPA). Pertanto, la SRL è una forma giuridica largamente utilizzata da imprese di medie dimensioni, già dotate di una buona autonomia finanziaria interna e che vogliono coniugare una buona flessibilità amministrativa con la sicurezza di non esporre a rischi il patrimonio personale dei soci. Questa forma giuridica non è invece adatta per le imprese di grandi dimensioni soprattutto per i limiti connessi con la capacità di reperire rilevanti finanziamenti esterni. I VANTAGGI E SVANTAGGI DELLE SPA e SAPA La SPA e la SAPA rappresentano le forme giuridiche di impresa più sofisticate ed evolute. Tuttavia, mentre la SPA è la forma giuridica in assoluto più utilizzata dalle imprese di grandi dimensioni, la SAPA è, di fatto, una forma giuridica utilizzata pochissimo. Esempi sono Kinder, Ferrero, divella, Barilla. I principali vantaggi associati a queste forme giuridiche sono: - il patrimonio personale dei soci non è esposto a rischi: fatta eccezione per i soci accomandatari delle SAPA, i soci delle SPA ed i soci accomandanti delle SAPA rispondono degli obblighi sociali in misura proporzionale e nei limiti delle quote di capitale sociale possedute (azioni); - capacità di ottenere rilevanti finanziamenti esterni attraverso forme alternative rispetto al prestito ordinario delle Banche, c’è una maggiore resilienza:  possibilità di emettere nuove azioni: le SPA e le SAPA possono costituire nuove quote di capitale sociale di piccolo taglio (azioni) che vengono vendute in Borsa; chi acquista queste nuove azioni diventa a tutti gli effetti socio dell’impresa e può quindi partecipare alla divisione degli utili ma, eventualmente, anche delle perdite (dividendi) (L’azienda acquisisce capitale di rischio perché chi compra le azioni diventa proprietario dell’azienda); va ad allargare la propria compagine personale.  possibilità di emettere ‘’obbligazioni’’: si tratta di titoli di credito privati di piccolo taglio che vengono venduti in Borsa; chi acquista le obbligazioni ha diritto, alla scadenza, alla restituzione del capitale investito maggiorato di un rendimento prestabilito. Possono essere emesse solo dalle società per azioni, chi le acquista non diventa proprietario dell’azienda ma acquisisce il diritto alla restituzione delle obbligazioni con la maggiorazione degli interessi maturati. Il vantaggio è il prestito può avvenire da chiunque e le aziende non devono rivolgersi esclusivamente alle banche, è quindi meno costoso e c’è una maggiore flessibilità. Gli interessi vengono dati semestralmente, il capitale alla fine. Per contro, il principale svantaggio di questa forma giuridica riguarda la maggiore complessità amministrativa: - a causa dell’elevato numero di soci, l’amministrazione delle SPA e delle SAPA è affidata a complessi organi sociali (assemblea dei soci, consiglio di amministrazione, Amministratore Delegato); (il potere decisionale non è affidato a un’unica persona) ci sono dei costi legati alla complessità dell’amministrazione. - nelle SAPA, il patrimonio personale dei soci accomandatari è esposto al rischio di impresa; i soci accomandatari, inoltre, sebbene si riservano il diritto di amministrare la società, non sempre dispongono di adeguate capacità manageriali. 3. LE SOCIETA’ COOPERATIVE (SOC. COOP.) La Società Cooperativa è una particolare forma giuridica di impresa caratterizzata dal fatto di non avere fini di lucro; in altri termini, la Società Cooperativa non genera utili e non distribuisce dividendi. È possibile costituire una cooperativa con un numero minimo di almeno 3 soci. La struttura ed il funzionamento delle società cooperative sono regolati da tre principi fondamentali: - principio mutualistico: la società non ha fini di lucro e quindi non genera utili da suddividere tra i soci (dividendi); la sua attività è finalizzata essenzialmente a produrre beni e/o servizi che vanno a soddisfare particolari bisogni comuni che sono stati espressi dai soci fondatori (consumo, credito, servizi, ecc.); (cooperative di trasformazione degli alimenti nel quale i piccoli agricoltori sono soci e hanno dei bisogni ovvero quello di trasformare i prodotti dato che sono altamente deperibili, hanno scarso potere contrattuale, per ovviare fondano una società cooperativa). Il valore creato dalla cooperativa viene distribuito ai soci in funzione della materia prima conferita. - principio solidale o della “porta aperta”: chiunque può diventare socio della cooperativa purché rispetti le condizioni di ammissione; in particolare, gli aspiranti soci devono dimostrare di avere gli stessi bisogni dei soci fondatori e versare una quota minima di capitale sociale; caratteristica di questa società. Inoltre nella società cooperativa se entra un nuovo socio non bisogna fare un nuovo atto costitutivo. Non è una società chiusa: non può impedire di essere socio. - principio democratico o “una testa, un voto”: tutti i soci hanno lo stesso potere decisionale a prescindere dalla quota di capitale sociale versato; di conseguenza, le decisioni vengono prese con il voto favorevole della maggioranza dei soci, non del capitale conferito. L’art. 45 della Costituzione Italiana riconosce alle cooperative una funzione sociale. Pertanto, le cooperative godono di importanti agevolazioni, soprattutto di natura fiscale, rispetto alle altre imprese con fini di lucro. In Italia, in particolare nel settore alimentare, le cooperative sono abbastanza diffuse e rivestono una notevole importanza: esse controllano il 58% della produzione di vino, il 43% della produzione di formaggi e oltre il 60% della produzione di formaggi DOP (grana padano). Anche in Puglia, le cooperative di trasformazione dei prodotti agricoli sono tradizionalmente molto importanti: le Cantine Sociali, gli Oleifici Sociali ed i Caseifici Sociali trasformano circa la metà delle uve, delle olive e del latte complessivamente prodotti in Puglia. È importante evidenziare che, sebbene le cooperative non possono generare utili e quindi dividendi, esse devono comunque operare secondo il principio di economicità comune a tutte le imprese; la ricchezza prodotta (cioè la differenza tra ricavi e costi) viene trasferita ai soci riconoscendo una sovra-remunerazione delle risorse da essi conferite; ad esempio, le cooperative di trasformazione dei prodotti agricoli (Cantine Sociali, Oleifici Sociali, Caseifici Sociali) riconoscono un sovrapprezzo per le materie prime agricole conferite dai soci (uva, olive, latte). Il principale elemento di debolezza delle società cooperative è la loro ridotta dimensione e, quindi, la loro scarsa attrattività nei confronti di managers altamente qualificati e competenti; solo le cooperative più grandi, infatti, riescono ad essere gestite da amministratori che dispongono di elevate capacità e competenze manageriali (es. COOP e CONAD che operano nel settore della distribuzione alimentare). LA GOVERNANCE DELL’IMPRESA IL SOGGETTO ECONOMICO All’interno di ciascuna impresa, oltre al soggetto giuridico, è possibile identificare un soggetto economico che è quella persona o gruppo di persone che detiene ed esercita il potere decisionale nonché l’autorità di governo (chi comanda) all’interno dell’impresa stessa. (autorità di governo: le decisioni devono trasformarsi in azioni) Il soggetto economico svolge una funzione fondamentale all’interno dell’impresa che è quella di programmare, indirizzare e gestire tutte le attività dell’impresa stessa. È importante sottolineare che, sebbene le performances di un’impresa (risultati economici di gestione) dipendono in larga misura proprio dall’operato del soggetto economico, il rischio di impresa non ricade sul soggetto economico bensì sul soggetto giuridico che invece è il soggetto che si appropria degli utili o delle eventuali perdite di gestione. La specifica configurazione che assume il soggetto economico all’interno di un’impresa va a determinare il cosiddetto Modello di Governance oppure, semplicemente, la Governance dell’impresa (sistema che prende le decisioni) (Il rischio di impresa non ricade sul soggetto economico ma sul soggetto giuridico: il soggetto giuridico e il soggetto economico potrebbero essere anche diversi) MODELLI DI GOVERNANCE In generale, è possibile distinguere tre principali modelli di governance. 1. IMPRESA PADRONALE O A PROPRIETA’ CONCENTRATA L’impresa padronale (o a proprietà concentrata) è caratterizzata dal fatto che il capitale aziendale è di proprietà di una sola persona oppure di poche persone (indicativamente, 2 - 5 soci al massimo) che esercitano direttamente anche il potere decisionale. Nell’impresa padronale, quindi, i proprietari dell’azienda esercitano anche le funzioni di amministratori dell’azienda (potere decisionale) per cui il soggetto economico coincide con il soggetto giuridico. L’impresa padronale è organizzata giuridicamente come ditta individuale, come società di persone (SNC o SAS), come società di capitali (specificatamente, la SRL) oppure come piccola cooperativa (con 3-5 soci al massimo). Nell’impresa padronale, il potere decisionale può essere esercitato da una sola persona (ditta individuale) oppure da pochi soci-amministratori che possono adottare diverse forme di coordinamento: - forma congiuntiva: ogni decisione viene approvata da tutti i soci (es: contratto deve essere firmato da tutti i soci) - forma disgiuntiva: ogni socio può deliberare da solo su singole decisioni, fatta salva la possibilità degli altri soci di porre un veto a posteriori; - delega: i soci delegano l’esercizio del potere decisionale ad uno solo di essi (Amministratore Unico). Più usata L’impresa padronale è il modello di governance più diffuso al mondo perché è quello che meglio si adatta alle caratteristiche delle piccole e medie imprese che sono poi quelle più numerose. Inoltre, questo modello di governance è tipico delle imprese che si trovano nella fase di avviamento.  VANTAGGI I principali vantaggi legati a questo modello di governance sono: - Assenza di conflitti decisionali: nel caso in cui il potere decisionale è esercitato da una sola persona, vi è una totale assenza di conflitti decisionali; nel caso in cui vi siano più amministratori, il livello dei conflitti decisionali è comunque piuttosto limitato sia perché i soci-amministratori sono pochi ma soprattutto perché essi sono normalmente legati da solidi rapporti di reciproca fiducia o, addirittura, da rapporti di parentela stretta (genitori e figli; fratelli e sorelle). - Agilità decisionale: il potere decisionale viene esercitato da una o poche persone senza alcun tipo di ‘’burocratizzazione’’ dei processi decisionali che invece caratterizza gli altri modelli di governance più complessi; senza appesantimenti burocratici, le decisioni possono essere prese con grande rapidità permettendo all’azienda di ottenere un’elevata agilità e dinamicità, cioè una forte capacità di adattarsi tempestivamente alle mutevoli condizioni dell’ambiente esterno (senza aspettare che vengano approvate delle decisioni). - Dedizione all’azienda: i soci-amministratori sono spesso i fondatori dell’azienda ed attribuiscono all’azienda che amministrano e di cui sono proprietari un enorme valore affettivo; di conseguenza, essi prendono sempre decisioni che sono orientate alla crescita ed allo sviluppo dell’azienda e svolgono la propria attività gestionale con grande impegno, dedizione e spirito di sacrificio, vedono l’azienda come motivo di prestigio.  SVANTAGGI Per contro, questo modello di governance presenta alcuni svantaggi: - Debolezza finanziaria: il titolare o i soci di un’impresa padronale sono in genere riluttanti ad integrare nuovi soci a cui dovrebbero cedere parte del proprio potere decisionale; in questo modo, l’impresa rinuncia di fatto alla possibilità di reperire nuovi capitali attraverso l’allargamento della compagine sociale, precludendosi una fonte di finanziamento che è fondamentale ai fini della propria crescita. - Debolezza manageriale: il titolare o i soci di un’impresa padronale, soprattutto i soci fondatori, sono in genere caratterizzati da un grande ‘’intuito’’ imprenditoriale e svolgono l’attività di gestione dell’azienda con grande impegno, dedizione e spirito di sacrificio; tuttavia, non sempre queste persone sono anche dotate di elevate capacità e competenze manageriali che sono indispensabili per amministrare un’azienda, soprattutto di grandi dimensioni; la debolezza manageriale rappresenta quindi un importante limite dell’impresa padronale che ne può condizionare, spesso pesantemente, le opportunità di crescita. - Accentramento dei poteri: il titolare o i soci di un’impresa padronale tendono spesso ad esercitare il potere decisionale e di governo in maniera accentrata, cioè senza farsi supportare da un team strutturato di collaboratori; questo accentramento dei poteri genera una forte dipendenza dell’azienda dal proprio gruppo di comando spesso rappresentato da un unico leader; di conseguenza, nel caso in cui dovessero sopraggiungere per queste persone dei seri e persistenti problemi di salute oppure in occasione di un passaggio generazionale, l’azienda si trova spesso allo sbando cioè senza una guida forte, autorevole ed efficace. 2. IMPRESA MANAGERIALE A PROPRIETA’ POLVERIZZATA (PUBLIC COMPANY) L’impresa Manageriale a proprietà polverizzata (o diffusa), anche chiamata Public Company (non azienda pubblica perché sarebbe di proprietà dello stato, pubblica perché c’è una moltitudine di persone), è caratterizzata dal fatto che la proprietà del capitale aziendale è frazionata tra un numero molto elevato di soci (centinaia o addirittura migliaia) e ciascuno di essi possiede una quota di capitale sociale che può essere considerata minima rispetto al totale (ad es. minore dell’1%). Dato l’elevato numero di soci, ciascuno con una modesta quota di capitale sociale, vi sono oggettive difficoltà affinché il potere decisionale possa essere esercitato in maniera diretta da parte di tutti i soci; per questa ragione, nella Public Company, l’esercizio diretto del potere decisionale viene delegato ad un ristretto numero di persone (managers) che possono anche non essere soci dell’azienda. Il processo di delega del potere decisionale avviene attraverso gli Organi di Governo della Società* chiamati anche Organi Sociali. Pertanto, nella Public Company, il soggetto economico (chi esercita il potere decisionale e di governo dell’impresa) ed il soggetto giuridico (chi detiene i diritti di proprietà dell’azienda) possono essere, almeno teoricamente, perfettamente separati. La Public Company è organizzata giuridicamente come Società per Azioni (SPA) oppure come Società Cooperativa (con un elevato numero di soci, es: coop). =Questo modello di governance è tipicamente adottato dalle GRANDI aziende americane ed inglesi ma anche da tante GRANDI aziende italiane operanti in tutti i settori, compreso quello alimentare (Nestlé, Coca Cola). *ORGANI DI GOVERNO DI UNA PUBLIC COMPANY  Assemblea dei Soci: è un organo collegiale a cui tutti i soci hanno il diritto di partecipare ed in cui tutti i soci possono esercitare il proprio potere decisionale che, tuttavia, si concretizza semplicemente in una espressione di voto; -nelle SPA, ciascun socio ha un potere di voto che è proporzionale al numero di azioni possedute (se ho 1% delle azioni, il mio voto vale 1%), -mentre nelle Cooperative vale il principio democratico ‘’una testa, un voto’’; (anche per la coop funziona così) l’Assemblea dei Soci deve riunirsi almeno una volta all’anno e la sua principale funzione è quella di nominare/confermare/revocare i componenti degli Organi di Governo superiori e devono approvare il bilancio di esercizio.  Consiglio di Amministrazione (CdA): è un organo collegiale ma ristretto a poche persone (il numero dei consiglieri viene stabilito nello Statuto della Società); viene eletto dall’Assemblea dei Soci e dura in carica alcuni anni (3-4-5 anni: dipende dallo Statuto); può essere riconfermato ma può essere anche revocato in qualsiasi momento dall’Assemblea dei Soci che può riunirsi a tale scopo in via straordinaria; il CdA nomina al suo interno un Presidente la cui funzione è quella di convocare le riunioni del consiglio e stabilire l’ordine del giorno cioè le questioni su cui discutere e decidere; il CdA si riunisce periodicamente per prendere solo le decisioni più importanti che riguardano la gestione dell’azienda e quindi si configura come un organo non permanente a cui viene affidato il potere decisionale di tipo strategico. Es: se deve essere lanciato un nuovo prodotto deve essere approvato dal consiglio di amministrazione.  Amministratore Delegato (AD): viene identificato in inglese come Chief Executive Officier (CEO) ed è un’unica persona, nominata dal CdA, a cui viene affidato l’esercizio del potere decisionale di tipo operativo; l’AD, infatti, prende tutte le decisioni che riguardano la gestione corrente (di tutti i giorni) dell’azienda ed è coadiuvato da un team di dirigenti strutturati all’interno dell’azienda; spesso, l’AD è anche Presidente del Consiglio di Amministrazione e quindi concentra nella propria persona sia il potere decisionale di tipo operativo che il potere decisionale di tipo strategico.  PUBLIC COMPANY: VANTAGGI I principali vantaggi legati a questo modello di governance sono: - Elevate capacità e competenze manageriali: nella Public Company, il potere decisionale viene esercitato da pochi Managers professionisti (CdA e AD) i quali vengono selezionati per le loro elevate e comprovate capacità e competenze nella gestione di grandi aziende; il controllo dei Managers viene effettuato dal mercato e, precisamente, dalla Borsa:  se i Managers lavorano bene, la Società genererà utili elevati ed anche i rendimenti delle azioni (dividendi) saranno elevati; molti investitori vorranno acquistare le azioni della Società ed il loro valore (quotazione in Borsa) cresce: in questa situazione, i Managers vengono sicuramente riconfermati al vertice aziendale, in genere, con uno stipendio più elevato;  se i Managers lavorano male, la Società genererà utili modesti ed anche i rendimenti delle azioni (dividendi) saranno bassi; molti investitori vorranno vendere le azioni della Società ed il loro valore (quotazione in Borsa) si riduce: in questa situazione, i Managers vengono sicuramente revocati e se ne cercheranno altri ritenuti più capaci. - Elevata capacità di attrarre finanziamenti esterni: a differenza dell’impresa padronale i cui amministratori sono riluttanti ad integrare nuovi soci per non dover cedere ad essi parte del proprio potere decisionale, la Public Company è molto interessata a promuovere l’allargamento della compagine sociale poiché, in tal modo, può acquisire rilevanti finanziamenti esterni; questo si realizza attraverso l’emissione di nuove azioni che vengono acquistate da piccoli e grandi investitori che saranno interessati esclusivamente al rendimento delle azioni e non all’amministrazione dell’azienda; pertanto, la Public Company rappresenta il modello di governance più adatto per la crescita di un’impresa che intende assumere grandi dimensioni.  PUBLIC COMPANY: SVANTAGGI Per contro, questo modello di governance presenta alcuni svantaggi: - Visione di breve periodo: i Managers di una Public Company sono interessati a conservare il proprio ruolo di comando ed il proprio stipendio (in genere molto alto); a tal fine, essi si sforzano di garantire agli azionisti elevati rendimenti ed una quotazione del titolo azionario in crescita; tuttavia, questo approccio induce a privilegiare decisioni strategiche che siano in grado di generare elevati risultati economici di gestione più o meno immediati nel tempo a scapito di quelle decisioni strategiche che sarebbero invece migliori per la crescita e lo sviluppo dell’azienda nel lungo periodo. - Controllo non tempestivo da parte del mercato: i meccanismi di controllo esercitati dal mercato (quotazione delle azioni in Borsa) sui Managers di una Public Company non sono immediati; spesso, il crollo della quotazione del titolo azionario si manifesta solo quando la situazione dell’azienda è ormai fortemente compromessa; in altri termini, la ‘’sanzione’’ del mercato scatta quando gli errori sono stati già commessi ed è poi difficile trovare dei bravi Managers che siano disposti a guidare un’azienda da ‘’risanare’’. 3. IMPRESA MANAGERIALE A PROPRIETA’ RISTRETTA (IMPRESA CONSOCIATIVA) L’impresa Manageriale a proprietà Ristretta, anche chiamata Impresa Consociativa, è caratterizzata dal fatto che la proprietà del capitale sociale è frazionata tra due tipologie di soci: - soci del nocciolo duro: questi soci sono pochi e possiedono rilevanti quote di capitale sociale; spesso, i soci del nocciolo duro possiedono la maggioranza del capitale sociale e, in tal caso, vengono anche chiamati ‘’soci di maggioranza’’; - soci fluttuanti: questi soci sono molto numerosi e ciascuno di essi possiede una quota di capitale sociale che può essere considerata minima rispetto al totale. =(come se coesistessero public company e impresa padronale) Dato l’elevato numero di soci, anche nell’Impresa Consociativa, vi sono oggettive difficoltà affinché il potere decisionale possa essere esercitato in maniera diretta da parte di tutti i soci; per questa ragione, anche nell’Impresa Consociativa, l’esercizio diretto del potere decisionale viene delegato ad un ristretto numero di persone che possono anche non essere soci dell’azienda. Il processo di delega del potere decisionale avviene attraverso gli Organi di Governo della Società chiamati anche Organi Sociali* Nell’Impresa Consociativa, il soggetto economico (chi prende le decisioni) ed il soggetto giuridico (chi detiene i diritti di proprietà dell’azienda), pur essendo teoricamente separati fra di loro, di fatto, risultano essere strettamente collegati. Tipicamente, l’Impresa Consociativa è organizzata giuridicamente come Società per Azioni (SPA) oppure come Società in Accomandita per Azioni (SAPA). Questo modello di governance è quello più largamente adottato dalle grandi aziende dell’Europa Continentale, Italia compresa. *ORGANI DI GOVERNO DELL’IMPRESA CONSOCIATIVA  Assemblea dei Soci: è l’organo collegiale a cui tutti i soci hanno il diritto di partecipare ed in cui tutti i soci possono esprimere il proprio voto (sia nelle SPA che nelle SAPA, il potere di voto è proporzionale al numero di azioni possedute); -i soci del ’’nocciolo duro’’ sono piuttosto stabili cioè non variano nel tempo perché tendono a mantenere a lungo la proprietà delle azioni, di solito sono i fondatori o gli eredi. - la composizione dei soci ‘’fluttuanti’’ è estremamente variabile nel tempo perché tali soci sono interessati alle azioni della Società solo a scopo di investimento.  Consiglio di Amministrazione (CdA): è composto da un certo numero di Consiglieri stabilito dallo Statuto della Società; - nelle SAPA, i componenti del CdA sono di diritto i soci accomandatari; - nelle SPA, invece, gran parte dei componenti del CdA viene eletta dai soci del ’’nocciolo duro’’ che, spesso, eleggono sé stessi; pertanto, i soci del ’’nocciolo duro’’ normalmente fanno parte anche del CdA; gli altri Componenti del CdA vengono eletti dai soci ‘’fluttuanti’’ e sono in genere soggetti ‘’indipendenti’’ scelti essenzialmente per le loro elevate e comprovate competenze manageriali, non sono soci.  Amministratore Delegato (AD): tipicamente, l’Amministratore Delegato o Chief Executive Officier (CEO) è un Manager professionista che viene scelto dai componenti del CdA che sono l’espressione dei soci del ‘’nocciolo duro’’; accade spesso, tuttavia, che l’Amministratore Delegato sia uno dei soci stessi del ‘’nocciolo duro’’.  IMPRESA CONSOCIATIVA: VANTAGGI I principali vantaggi legati a questo modello di governance sono: - Elevate capacità e competenze manageriali: nell’Impresa Consociativa, come nella Public Company, il potere decisionale e di governo viene esercitato da Managers (CdA e AD) che possiedono elevate e comprovate competenze nella gestione di grandi aziende. - Visione di lungo periodo: i Managers dell’Impresa Consociativa (CdA e AD) sono in buona parte rappresentati dagli stessi soci del ‘’nocciolo duro’’ cioè soci stabili che mantengono a lungo la proprietà delle azioni e che sono anche molto legati affettivamente all’azienda; di conseguenza, questi Managers privilegiano gli obiettivi di crescita e sviluppo dell’azienda nel lungo periodo piuttosto che alti rendimenti delle azioni nell’immediato. - Capacità di reperire finanziamenti esterni: a differenza dell’impresa padronale i cui amministratori sono riluttanti ad integrare nuovi soci per non dover cedere ad essi parte del proprio potere decisionale, nell’Impresa Consociativa, come nella Public Company, la principale forma di finanziamento degli investimenti è l’allargamento della compagine sociale che si realizza attraverso l’emissione di nuove azioni che vengono indirizzate a piccoli e grandi investitori che finiscono nella compagine dei soci fluttuanti.  IMPRESA CONSOCIATIVA: SVANTAGGI Per contro, anche questo modello di governance presenta alcuni svantaggi: - Minore attrattività nei confronti degli investitori: la gestione di un’impresa consociativa è fortemente controllata dai soci del ‘’nocciolo duro’’ che privilegiano gli obiettivi di crescita e sviluppo dell’azienda nel lungo periodo piuttosto che alti rendimenti delle azioni nell’immediato; di conseguenza, quando un’Impresa Consociativa intende raccogliere nuovi capitali attraverso l’emissione di nuove azioni, normalmente, incontra una certa difficoltà a vendere queste azioni ai potenziali investitori i quali già prevedono che tali azioni daranno rendimenti bassi. - Contrasti nel Consiglio di Amministrazione: nel Consiglio di Amministrazione di un’impresa Consociativa sorgono spesso conflitti tra i consiglieri che sono espressione dei soci del ‘’nocciolo duro’’ ed i consiglieri ‘’indipendenti’’ eletti dai soci fluttuanti: i primi, infatti, privilegiano la prudenza nelle scelte strategiche e quindi gli investimenti a basso rischio in modo da non dover mai compromettere la sopravvivenza dell’azienda, mentre i secondi richiedono un maggiore slancio ed un maggiore coraggio nell’intraprendere iniziative più rischiose che potrebbero però garantire maggiori rendimenti agli azionisti; questi attriti e contrasti si traducono spesso in una certa lentezza decisionale o, nelle situazioni più gravi, nell’immobilismo dell’azienda. LE RISORSE AZIENDALI PREMESSA Le risorse di un’azienda sono rappresentate dall’insieme di tutti i beni strumentali di diversa natura (beni materiali, immateriali e finanziari) che sono a disposizione dell’azienda stessa e che vengono impiegati per lo svolgimento della propria attività di produzione. Oltre ad essere indispensabili per lo svolgimento dei processi di produzione, le risorse aziendali rivestono un ruolo fondamentale nel determinare la capacità competitiva di un’azienda ovvero la capacità dell’azienda di conseguire uno o più vantaggi competitivi rispetto ai propri concorrenti. La dotazione di risorse di cui dispone un’azienda viene anche definita come il ‘’patrimonio’’ dell’azienda; la dimensione e la composizione delle risorse aziendali può essere molto differente da un’azienda all’altra (si pensi alle differenze che ci possono essere tra le risorse di un piccolo panificio e quelle di una grande multinazionale come la Nestlè); inoltre, da un’azienda all’altra, cambiano notevolmente anche le modalità attraverso le quali queste risorse vengono combinate tra di loro in funzione delle diverse tecnologie che, a seconda dei casi, vengono adottate. (uniche) La dotazione di risorse di un’azienda costituisce un sistema dinamico: nel corso del tempo, infatti, le risorse di un’azienda si modificano e si evolvono continuamente; in particolare, - le risorse vengono continuamente consumate attraverso le attività aziendali (le macchine si usurano), - ma anche reintegrate; inoltre, le aziende virtuose tendono ad accrescere nel tempo la propria dotazione di risorse attraverso meccanismi di ‘’accumulo’’(nel momento in cui si reintegrano la quantità di risorse è superiore di quelle di consumo) e, soprattutto, tendono ad ‘’innovare’’ le proprie risorse in modo da renderle funzionali all’adozione delle nuove tecnologie che vengono progressivamente messe a disposizione dal progresso tecnico. CLASSIFICAZIONE DELLE RISORSE AZIENDALI Sebbene la dimensione e la composizione delle risorse aziendali cambino, anche notevolmente, da un’azienda all’altra, è possibile distinguere le risorse aziendali in tre grandi categorie: 1. Risorse Materiali 2. Risorse Immateriali 3. Risorse Finanziarie Questa classificazione rappresenta un’utile chiave di lettura attraverso la quale è possibile esplorare la complessità e l’eterogeneità delle risorse di una qualsiasi azienda, a prescindere dalle proprie specificità. 1. LE RISORSE MATERIALI Le risorse materiali sono rappresentate da tutti i beni strumentali (beni usati per la produzione di altri beni) di natura tangibile di cui un’azienda dispone per lo svolgimento delle proprie attività produttive. Le risorse materiali di un’azienda vengono a loro volta distinte in due grandi categorie: A. Beni (o fattori) a fecondità semplice (o a logorio totale) B. Beni (o fattori) a fecondità ripetuta (o a logorio parziale) A. BENI A FECONDITA’ SEMPLICE I beni o fattori a fecondità semplice (o a logorio totale) sono tutti quei beni strumentali che esauriscono la propria utilità in un unico impiego o nel momento in cui vengono impiegati nel processo produttivo non ci sono più. Tipicamente, i beni o fattori a fecondità semplice che vengono impiegati da un’azienda alimentare si distinguono in:  materie prime: sono beni destinati ad essere incorporati fisicamente nei prodotti finiti e di cui ne costituiscono la componente principale (es. uva, olive, latte, carne, ecc.); (formaggio vs latte)  materie sussidiarie: sono beni destinati ad essere incorporati fisicamente nei prodotti finiti e di cui ne costituiscono una componente secondaria come gli additivi (addensanti, emulsionanti, coloranti, conservanti, ecc.) oppure le diverse componenti del packaging (bottiglie, lattine, scatole, incarti, buste, etichette, ecc.);  materie o materiali di consumo: sono beni che non sono destinati ad essere incorporati fisicamente nei prodotti finiti ma che vengono comunque consumati nei processi di produzione (elettricità, acqua, carburanti, lubrificanti, detergenti, sanificanti, ecc.).  Le aziende acquisiscono i fattori a fecondità semplice prevalentemente dall’esterno, attraverso i cosiddetti mercati di approvvigionamento: in questo caso, si dice che i fattori hanno un’origine esogena.  Può succedere, tuttavia, che alcuni fattori a fecondità semplice vengano prodotti internamente all’azienda: in questo caso, si dice che i fattori hanno un’origine endogena. Molte aziende alimentari producono internamente le materie prime che vanno poi a trasformare: ad esempio, alcune aziende vinicole possiedono vigneti per la produzione dell’uva; alcuni frantoi possiedono oliveti per la produzione di olive; alcuni salumifici possiedono allevamenti per la produzione di carne, ecc.. VANTAGGIOSO PERCHE’ SI PUO’ PROGRAMMARE L’ATTIVITA’ DI TRASFORMAZIONE, PUO’ VALUTARE LA QUALITA’ DELLE MATERIE PRIME A. BENI A FECONDITA’ RIPETUTA I beni o fattori a fecondità ripetuta (o a logorio parziale) sono tutti quei beni strumentali che esauriscono la propria utilità solo dopo numerosi impieghi. Poiché i fattori a fecondità ripetuta possono essere anche impiegati per diversi anni, essi vengono anche definiti beni pluriennali oppure beni durevoli. Tipicamente, in un’azienda alimentare, questi fattori sono rappresentati da terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, automezzi, arredi, apparecchiature informatiche, ecc.. I fattori a fecondità ripetuta, nel tempo, perdono progressivamente la propria efficienza sia a causa dell’usura, cioè del logorio fisico dovuto al loro impiego nei processi di produzione, ma anche a causa della cosiddetta obsolescenza tecnica che è invece legata al fatto che il fattore (ad es. un impianto, un macchinario, un’attrezzatura) può essere ‘’superato’’ da un punto di vista tecnologico e, quindi, potrebbe essere molto meno efficiente rispetto ad altri fattori analoghi più moderni e già disponibili sul mercato. La durata dei fattori a fecondità ripetuta può essere molto variabile: ad es. i terreni hanno una durata pressoché illimitata nel tempo mentre i fabbricati hanno una durata limitata ma che può raggiungere diversi decenni; altri fattori, invece, come impianti, macchinari, attrezzature, automezzi, arredi hanno una durata compresa tra i 10 ed i 20 anni; per alcuni fattori specifici, la durata può scendere anche a pochi anni come accade ad es. per le attrezzature informatiche. I fattori a fecondità ripetuta vengono normalmente acquistati sui mercati di approvvigionamento e, quindi, hanno un’origine esogena; l’acquisto di tali fattori comporta per l’azienda esborsi monetari assai rilevanti; inoltre, è importante sottolineare che il denaro impiegato per l’acquisto di beni durevoli è destinato a rientrare in tempi piuttosto lunghi, in genere diversi anni, e quindi rimane vincolato per molto tempo; per questa ragione, si dice che l’acquisto di beni durevoli o pluriennali rappresenta per l’azienda un investimento a lungo termine oppure anche un’immobilizzazione di capitali finanziari. 2. LE RISORSE IMMATERIALI Le risorse immateriali sono rappresentate da tutti i beni strumentali di natura intangibile di cui un’azienda dispone per lo svolgimento delle proprie attività produttive. Le risorse immateriali di un’azienda non sono facili da identificare in maniera intuitiva e, ancor più, non sono facili da quantificare, nel senso che non è facile attribuire ad esse un valore monetario. Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni, l’attenzione nei confronti delle risorse aziendali di natura immateriale è cresciuta notevolmente. Oggi, vi è un’ampia condivisione sul fatto che tali risorse giocano un ruolo cruciale nel determinare i vantaggi competitivi su cui molte imprese fondano il proprio successo. In generale, le risorse immateriali di un’azienda vengono distinte in tre grandi categorie: A. Capitale umano B. Capitale intellettuale C. Capitale relazionale A. CAPITALE UMANO Il capitale umano di un’azienda è una risorsa strettamente legata alle persone che, a vario titolo e con diverse forme di contratto, prestano servizio all’interno dell’azienda fornendo un indispensabile fattore produttivo, cioè il lavoro; spesso, infatti, i lavoratori vengono definiti come le risorse umane dell’azienda. (prima si parlava di costo del lavoro ora di risorsa) Per comprendere la natura del capitale umano inteso come risorsa immateriale, bisogna riflettere sul fatto che il lavoro costituisce un fattore produttivo estremamente differenziato; questo significa che le mansioni svolte da ciascun lavoratore (siano esse di tipo manageriale, dirigenziale oppure operativo) non possono essere svolte da chiunque; ogni lavoratore, infatti, possiede delle specifiche conoscenze, competenze (mettere in pratica le conoscenze) e/o abilità manuali (know-how) che gli consentono di svolgere le proprie mansioni in maniera più o meno efficiente. Ogni lavoratore acquisisce ed ‘’accumula’’ nel tempo un proprio specifico know-how sia attraverso l’attività di formazione (quella di base viene svolta a scuola/università, mentre quella più specifica viene svolta direttamente in azienda con tirocini, stage, corsi di addestramento, perfezionamento, aggiornamento) sia attraverso l’esperienza lavorativa che prevede un meccanismo di apprendimento continuo anche definito ‘’learning-by-doing’’. Il successo di tante aziende è spesso legato al particolare know-how delle proprie risorse umane (si pensi per es. ad un ristorante che si avvale di uno chef stellato e talentuoso oppure ad un’azienda vinicola che dispone di un enologo prestigioso). Il capitale umano di un’azienda è quindi rappresentato dal know-how dei propri lavoratori; si tratta, pertanto, di una risorsa che non è ‘’vincolata’’ strettamente all’azienda stessa bensì ai suoi lavoratori; in altri termini, la possibilità di utilizzare questa risorsa e di trarne i relativi benefici è inscindibilmente connessa all’instaurarsi ed al permanere di un rapporto contrattuale con i lavoratori stessi; poiché si tratta di una risorsa strategica, oggi le imprese dedicano grande attenzione alla selezione del personale ed, in generale, alla gestione delle risorse umane. B. IL CAPITALE INTELLETTUALE Il capitale intellettuale si riferisce all’insieme delle conoscenze, di varia natura, strutturate direttamente all’interno dell’azienda. Diversamente dal capitale umano, il capitale intellettuale è quindi ‘’vincolato’’ all’azienda indipendentemente dal turn-over del personale. In particolare, il capitale intellettuale di un’azienda comprende: - conoscenza formalizzata: è una forma di conoscenza che risulta essere in qualche modo codificata (ad es. in forma scritta); nelle aziende alimentari, essa comprende tutte le procedure operative formalizzate come i protocolli di produzione, il sistema HACCP per la sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti, il sistema di controllo della qualità, i sistemi di certificazione (ISO 9000, BRC, IFS, ecc.); - conoscenza non formalizzata: è una forma di conoscenza sedimentata all’interno dell’azienda attraverso i propri meccanismi di funzionamento (‘’routines’’ o ‘’modus operandi’’) che riguardano l’organizzazione del lavoro, la divisione dei compiti tra i diversi addetti, la collaborazione tra i diversi addetti, i meccanismi di coordinamento tra le diverse componenti dell’azienda, ecc.); ogni azienda, svolgendo la propria attività, elabora dei processi di miglioramento continuo dei propri meccanismi di funzionamento fino a trovare un proprio assetto organizzativo ottimale, ben ‘’rodato’’, che rappresenta appunto un patrimonio di conoscenze e di esperienze che rimane vincolato all’azienda anche se uno o più lavoratori dovessero lasciare l’azienda stessa; - conoscenza formalizzata con protezione legale: riguarda tutte quelle forme di conoscenza che possono essere tutelate legalmente come diritti di proprietà intellettuale (essenzialmente marchi e brevetti). A. IL CAPITALE RELAZIONALE Il capitale relazionale è rappresentato dal sistema di relazioni, basate soprattutto su rapporti di collaborazione e reciproca fiducia, che l’azienda instaura e consolida nel tempo con i diversi soggetti esterni rappresentati da fornitori, consulenti, finanziatori, clienti, istituzioni pubbliche, ecc.. Il capitale relazionale è una risorsa immateriale estremamente importante; infatti, un’azienda che dispone di un ampio e consolidato capitale relazionale è in grado di interagire con i soggetti esterni in maniera molto più rapida ed efficiente; diversamente, in assenza di un capitale relazionale ampio e consolidato, l’azienda è costretta ad interagire con i soggetti esterni in maniera molto più lenta, farraginosa ed, in generale, meno efficiente. Il capitale relazionale è una risorsa che l’azienda costruisce nel tempo attraverso una lunga e paziente attività di selezione dei soggetti esterni con cui rapportarsi e di interazione con gli stessi al fine di creare solidi e stabili rapporti di collaborazione e di reciproca fiducia. Anche il capitale relazionale, come quello intellettuale, è una risorsa che rimane ‘’vincolata’’ all’azienda e non al suo personale, sebbene siano proprio le persone che lavorano in azienda ad essere coinvolte direttamente nei processi rivolti ad instaurare e consolidare le relazioni con i soggetti esterni. 3. LE RISORSE FINANZIARIE Le risorse finanziarie di un’azienda sono rappresentate dal denaro (o moneta) il quale può essere considerato come un bene generico ed indifferenziato. Nelle economie evolute, infatti, il denaro rappresenta il principale mezzo di scambio: esso viene utilizzato dall’azienda per acquisire i fattori produttivi di cui necessita sui mercati di approvvigionamento, ma viene anche accettato in cambio della vendita dei propri prodotti sui mercati di sbocco. Oggi, è molto difficile che un’azienda disponga di denaro sottoforma di banconote e/o monete (la cosiddetta cassa), ma normalmente la gestione del denaro avviene attraverso uno o più conti correnti che vengono aperti presso una o più Banche. - Ogni azienda deve sempre avere a disposizione una certa quantità di denaro che sia adeguata e sufficiente per far fronte ad una serie di impegni di pagamento che, quotidianamente, giungono a scadenza (spese correnti): l’azienda deve, infatti, pagare gli stipendi dei lavoratori, i fornitori di materie prime, materie sussidiarie ed altri materiali di consumo (acqua, energia, ecc.), i fornitori di servizi esterni (consulenze, polizze assicurative, ecc.), i tributi alla Pubblica Amministrazione, ecc.. - Inoltre, periodicamente, ogni azienda ha anche la necessità di disporre di ingenti quantità di denaro da impiegare per l’acquisto di beni durevoli (investimenti) destinati ad accrescere e migliorare la propria capacità produttiva (ad es. realizzare un nuovo stabilimento di produzione, sostituire i vecchi impianti con altri più moderni ed efficienti, acquistare nuovi automezzi per le consegne, investire nella pubblicità, rivolgersi a un mercato più ampio. LE FONTI DI FINANZIAMENTO DELL’AZIENDA Per poter funzionare, ogni azienda deve poter disporre di un’adeguata quantità di risorse finanziarie (denaro) da impiegare sia per le spese correnti che per gli investimenti. Tali risorse finanziarie possono avere diversa origine per cui si dice che l’azienda può avvalersi di diverse fonti di finanziamento. Le risorse finanziarie di un’azienda possono derivare: A. FINANZIAMENTI DI ORIGINE ENDOGENA I finanziamenti di origine endogena sono quelli che l’azienda ottiene a partire da risorse proprie di cui già dispone. La principale fonte di finanziamento di origine endogena per una qualsiasi azienda è rappresentata dai proventi delle vendite; in pratica, l’azienda immette sul mercato i prodotti che realizza e, dalla vendita di questi prodotti, ottiene dei proventi cioè dei pagamenti a proprio favore che generano dei flussi di denaro in entrata nelle ‘’casse’’ dell’azienda (ciò che guadagnano dalla vendita dei prodotti aziendali o sottoprodotti. Ad esempio un frantoio che vendeva la sansa, siero). In particolare, nelle aziende alimentari, i flussi finanziari in entrata legati ai proventi delle vendite possono essere piuttosto irregolari in quanto influenzati da fenomeni di ‘’stagionalità’’ (si pensi per es. ad un frantoio, ad un’azienda vinicola oppure ad un’azienda che produce panettoni solo nel periodo natalizio). Un’altra fonte di finanziamento di origine endogena è quella che deriva da altri proventi cioè pagamenti a proprio favore che però non sono strettamente collegati con la vendita dei prodotti aziendali; molte aziende, infatti, soprattutto quelle più grandi, possono ottenere dei proventi che derivano da attività secondarie diverse da quella principale (core business): ad es., un’azienda alimentare può riscuotere periodicamente dei canoni di locazione per terreni e/o fabbricati ceduti in affitto a terzi oppure può riscuotere periodicamente gli interessi che maturano su Titoli di Stato e/o Obbligazioni possedute oppure può riscuotere i dividendi di altre società partecipate (cioè altre aziende di cui possiede una quota del capitale sociale). (quote di partecipazione ad altre aziende) B. FINANZIAMENTI DI ORIGINE ESOGENA: I finanziamenti di origine esogena sono quelli che l’azienda ottiene da soggetti terzi i quali possono trasferire denaro all’azienda a titolo di capitale di prestito oppure a titolo di capitale di rischio.  CAPITALE DI PRESTITO I finanziamenti a titolo di capitale di prestito (o semplicemente prestiti) vengono concessi dalle Banche (o Istituti di Credito); un prestito consiste in un trasferimento di denaro da un soggetto creditore (ad es. una Banca) ad un soggetto debitore (ad es. un’azienda) il quale si impegna, ad una scadenza concordata tra le parti, a restituire la somma di denaro ricevuta con una maggiorazione di interessi, a titolo di remunerazione per il servizio di prestito; solo le Società per Azioni possono acquisire capitale di prestito attraverso una forma alternativa al prestito bancario che consiste nell’emissione di Obbligazioni (solo società per azioni) La concessione di un prestito da parte delle Banche è subordinato alla verifica di adeguate ‘’garanzie’’ in merito all’affidabilità creditizia del debitore, cioè il soggetto che riceve il prestito deve dimostrare di avere la concreta capacità di restituire il prestito ricevuto alla scadenza concordata e con la maggiorazione degli interessi. L’azienda può richiedere prestiti a breve termine (durata inferiore ai 18 mesi), a medio termine (durata inferiore a 5 anni) oppure a lungo termine, chiamati anche ‘’mutui’’ (durata superiore a 5 anni). - I prestiti a breve termine vengono normalmente richiesti per risolvere temporanei squilibri ‘’di cassa’’ dovuti uno sfasamento temporale tra entrate ed uscite di denaro. - I prestiti a medio-lungo termine vengono invece tipicamente richiesti per effettuare nuovi investimenti destinati ad accrescere la capacità produttiva dell’azienda. La banca chiede garanzie come ipoteca  CAPITALE DI RISCHIO I finanziamenti a titolo di capitale di rischio vengono ottenuti da soggetti esterni i quali trasferiscono denaro all’azienda ottenendo in cambio la proprietà di una quota dell’intero capitale aziendale; in pratica, il soggetto che fornisce all’azienda un finanziamento a titolo di capitale di rischio diventa, a tutti gli effetti, un socio dell’azienda stessa ed avrà quindi diritto a partecipare alla futura distribuzione dei dividendi (quota). Da notare che, in questo caso, il soggetto finanziatore vincola le risorse finanziarie conferite per un periodo di tempo indefinito in quanto: - non è prevista una restituzione del capitale di rischio ad una scadenza concordata; - inoltre, il soggetto finanziatore non riceve una remunerazione certa e prestabilita, bensì acquisisce il diritto di partecipare alla futura distribuzione dei dividendi i quali, però, non saranno né certi, né prestabiliti (ecco perché si parla di finanziamento a titolo di capitale di rischio). Questa forma di finanziamento è quella più utilizzata dalle grandi imprese, tipicamente strutturate in società per azioni, per ottenere ingenti quantità di risorse finanziarie che vengono utilizzate per effettuare nuovi investimenti destinati ad accrescere la propria capacità produttiva. ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PREMESSA L’organizzazione di un’azienda riguarda le modalità attraverso le quali avviene la divisione del lavoro tra i diversi operatori ed il coordinamento degli stessi. All’interno di un’azienda, vengono combinati fra di loro i diversi fattori della produzione che possono essere distinti in due grandi categorie, ovvero il lavoro (fattore produttivo imprescindibile) ed il capitale. Il funzionamento di un’azienda può essere quindi visto come un insieme di molteplici attività, ciascuna delle quali può essere considerata come una combinazione di lavoro e capitali. Il progresso tecnologico e, in particolare, la meccanizzazione e la digitalizzazione dei processi produttivi hanno contribuito a ridurre notevolmente l’impiego del lavoro a vantaggio dell’impiego dei capitali (macchine, impianti, attrezzature, sistemi di automazione, dispositivi dotati di intelligenza artificiale, ecc.). Ciononostante, il lavoro, cioè l’attività umana, rimane un fattore produttivo imprescindibile per lo svolgimento delle attività di una qualsiasi azienda. Inoltre, il lavoro rappresenta il fattore produttivo che pesa maggiormente sui costi di tutte le aziende, in particolare di quelle manifatturiere (come le aziende alimentari). (si è ridotto l’impiego di lavoro ed è aumentato l’impiego di capitali) Pertanto, l’organizzazione di un’azienda, cioè le modalità attraverso le quali viene organizzato il lavoro, è un elemento che contribuisce in maniera rilevante a determinare il livello di efficienza complessivo dell’azienda stessa e riveste quindi un ruolo fondamentale nel determinare la competitività di un’azienda rispetto ai propri concorrenti. DIVISIONE DEL LAVORO E COORDINAMENTO DEI LAVORATORI Affinché un’azienda possa dotarsi di un’efficiente struttura organizzativa (o assetto organizzativo) è necessario che siano affrontate due questioni fondamentali che riguardano: 1. la divisione del lavoro: consiste nella scomposizione (o frazionamento) di tutte le attività aziendali in tante attività elementari (compiti) ciascuna delle quali può essere affidata ad una o più persone (operatori); 2. il coordinamento dei lavoratori: consiste nel definire le modalità attraverso le quali tutte le persone che lavorano in azienda (operatori) interagiscono tra di loro in modo che tutte le attività aziendali possano essere svolte in maniera armonica ed efficiente. 1. LA DIVISIONE DEL LAVORO La divisione del lavoro consiste nella scomposizione (o frazionamento) di tutte le attività aziendali (che possono essere più o meno complesse) in tanti compiti (attività elementari, non può essere scomposta ulteriormente), cioè, attività più semplici, ciascuna delle quali può essere affidata ad uno o più operatori. In particolare, un compito è un’attività elementare che non può essere ulteriormente scomposta (frazionata) ma deve essere necessariamente assegnata ad un singolo operatore. Ad es., ‘’rispondere al telefono’’ può essere considerata un’attività elementare perché deve essere svolta integralmente da un singolo operatore: non è possibile scomporre questa attività in altre sub-attività da assegnare ad operatori differenti. Tuttavia, è possibile che lo stesso compito possa essere assegnato a più operatori a condizione che ciascun operatore svolga integralmente il compito ad esso assegnato (ad es. in un call-center aziendale, è possibile che il compito di ‘’rispondere al telefono’’ sia assegnato effettivamente a tanti operatori). A ciascun operatore è possibile assegnare più di un compito. In particolare, l’insieme dei compiti che vengono assegnati ad un singolo operatore va a definire una mansione (ad es., in un’azienda vinicola, una mansione potrebbe essere quella dell’enologo che comprende un insieme di compiti: controlli sulla materia prima, predisposizione degli uvaggi, analisi dei mosti, predisposizione dei trattamenti per i mosti, analisi del vino, predisposizione dei trattamenti per il vino, ecc.). La stessa mansione può essere attribuita a più operatori in funzione della mole di lavoro che è necessario svolgere. Un insieme di diverse mansioni legate tra di loro da una relazione di complementarietà nel senso che concorrono al raggiungimento di uno stesso obiettivo costituiscono una funzione aziendale. L’insieme degli operatori che sono coinvolti nello svolgimento di una determinata funzione aziendale costituiscono, invece, un reparto o organo o settore aziendale. Tra le principali funzioni aziendali vi sono la funzione ‘’acquisti’’ o ‘’approvvigionamenti’’(insieme di operatori che concorrono all’approvvigionamento di materie prime…), la funzione ‘’produzione’’(coordinamento di azioni di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti), la funzione ‘’vendite’’ che sono affidate ai rispettivi organi o reparti aziendali: reparto ‘’acquisti’’ o ‘’approvvigionamenti’’, reparto ‘’produzione’’, reparto ‘’vendite’’. In tutte le aziende, siano esse grandi o piccole, più o meno complesse, la divisione (assegnare compiti) del lavoro risponde all’esigenza di incrementare il livello di efficienza. L’efficienza di un’azienda dipende dal rapporto tra le quantità di prodotti realizzati e le quantità di fattori della produzione impiegati. In particolare, si dice che un’azienda migliora la propria efficienza quando, a parità di prodotti ottenuti, impiega una minore quantità di fattori della produzione. Nello specifico, una migliore organizzazione del lavoro permette di ridurre notevolmente la quantità di lavoro necessario per ottenere una determinata quantità di prodotti. La divisione del lavoro consente di aumentare l’efficienza. LA SPECIALIZZAZIONE DEL LAVORO La maggiore efficienza che è possibile ottenere attraverso la divisione del lavoro è legata alla cosiddetta specializzazione del lavoro che consiste appunto in un forte incremento della produttività di un operatore che deriva proprio dal fatto di affidare ad esso lo svolgimento di pochi e specifici compiti. Questo comporta, infatti, i seguenti vantaggi: - è possibile selezionare persone più adatte di altre a svolgere certi compiti perché dotate di specifiche conoscenze, competenze ed abilità (know-how) nonché di una maggiore predisposizione a svolgere determinati compiti (ad es., rispondere al telefono richiede una buona dialettica ma anche una buona predisposizione a relazionarsi con altre persone); - svolgere un compito in maniera ripetitiva produce esperienza ed apprendimento che si traducono in un continuo perfezionamento delle proprie conoscenze, competenze e/o abilità nello svolgere quel determinato compito (learning by doing); - svolgere un compito in maniera ripetitiva stimola l’innovazione cioè la ricerca di soluzioni alternative per svolgere un determinato compito in maniera più rapida ed efficace. LA FABBRICA DEGLI SPILLI DI ADAM SMITH Adam Smith (1723-1790) è considerato il padre dell’economia moderna. Nel suo libro più noto ‘’La ricchezza delle Nazioni’’ (1776), Smith introduce i concetti di divisione e specializzazione del lavoro facendo riferimento ad un esempio, poi diventato celebre: la cosiddetta ‘’fabbrica degli spilli’’. … un operaio non addestrato a questa manifattura e che non conosca l’uso delle macchine che vi si impiegano potrà a malapena, impegnandosi al massimo, fare 20 spilli al giorno e forse neanche uno. Ma nel modo in cui si esegue oggi tale manifattura, non soltanto essa è un mestiere speciale ma si divide in tanti rami, ciascuno dei quali è analogamente un mestiere speciale. Un uomo sagoma il filo di metallo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia in parti uguali, un quarto lo appunta ad un’estremità, un quinto lo arrota all’estremità in cui deve farsi la testa; fare la testa richiede altre due o tre operazioni distinte; collocarla è un’altra operazione speciale; lucidare gli spilli è un’altra e un’altra ancora è il disporli dentro la carta. In tal modo, l’importante mestiere di fare gli spilli si divide in diciotto operazioni distinte che, in alcune fabbriche, sono tutte eseguite da operai diversi benché in altre fabbriche lo stesso uomo ne eseguirà anche due e talvolta tre. Ho visto una piccola fabbrica di questo genere che occupava soltanto dieci uomini e nella quale, di conseguenza, ciascuno di loro eseguiva due o tre operazioni diverse. Questi dieci uomini, lavorando assieme, riuscivano a fabbricare circa dodici libbre di spilli al giorno, pari a 48.000 spilli di media grandezza. Si può dunque ritenere che ciascuno di loro, facendo una decima parte, fabbricasse 4.800 spilli al giorno. Se invece essi avessero lavorato separatamente ed indipendentemente l’uno dall’altro, e senza che nessuno di loro fosse stato addestrato a questo mestiere particolare, ciascuno di loro avrebbe potuto fabbricare al massimo 20 spilli al giorno e magari neanche uno…(aveva individuato l’importanza di divere un’attività in tante attività elementari al fine di aumentare la produttività) 2. I MECCANISMI DI COORDINAMENTO La divisione del lavoro, ovvero il frazionamento dell’intera attività aziendale in tante attività elementari (compiti), ciascuna affidata ad uno o più operatori, presuppone la necessità di stabilire delle forme di coordinamento tra i diversi operatori coinvolti affinché tutte le attività aziendali possano essere svolte in maniera armonica ed efficiente. Il coordinamento rappresenta quindi quella componente dell’organizzazione aziendale che permette un collegamento armonico e sinergico tra i vari operatori a cui sono stati affidati gli innumerevoli compiti in cui è stata frazionata l’intera attività aziendale in modo da assicurare un corretto, armonico ed efficiente funzionamento dell’azienda stessa. All’interno di un’azienda possono essere adottati uno o più meccanismi di coordinamento, ciascuno dei quali rappresenta una particolare modalità attraverso cui diversi operatori coinvolti nell’attività aziendale interagiscono tra di loro al fine di lavorare in maniera coordinata. Essi sono: A. ADATTAMENTO RECIPROCO B. SUPERVISIONE DIRETTA C. STANDARDIZZAZIONE DEI PROCESSI D. STANDARDIZZAZIONE DEI RISULTATI ATTESI E. STANDARDIZZAZIONE DELLE CAPACITA’ LAVORATIVE Possono coesistere tutti nella stessa azienda, soprattutto se l’azienda è molto grande, non sono delle alternative (all’interno della stessa azienda un team può utilizzarne uno mentre un altro team uno differente) A. ADATTAMENTO RECIPROCO Questo meccanismo di coordinamento si basa sulla comunicazione interpersonale di tipo informale e sulla collaborazione alla pari tra diversi operatori. In particolare, sebbene vi sia una suddivisione dei compiti tra i diversi operatori, questa suddivisione non è rigida ma piuttosto flessibile. Pertanto, i diversi operatori utilizzano la comunicazione informale per integrarsi nel gruppo di lavoro, adattandosi continuamente al comportamento degli altri, avendo come obiettivo comune il corretto svolgimento delle attività assegnate all’intero gruppo di lavoro. L’adattamento reciproco rappresenta spesso l’unica forma di coordinamento adottata all’interno di piccole aziende a conduzione familiare o, comunque, con pochi operatori ma viene utilizzata frequentemente anche come forma di coordinamento all’interno di piccoli reparti che però fanno parte di aziende anche molto complesse. VANTAGGI E SVANTAGGI I principali vantaggi sono: - flessibilità, cioè la capacità di affrontare facilmente mutevoli situazioni ed esigenze di lavoro; - assenza di sovrastrutture di coordinamento poiché tutti i soggetti del gruppo di lavoro sono impegnati in attività operative e sono quindi produttivi; - autonomia e responsabilizzazione degli operatori, cioè la possibilità di autogestire il proprio lavoro che viene svolto in un clima piacevole e con un approccio pro-attivo cioè rivolto alla continua ricerca di nuove soluzioni che consentano un corretto ed efficiente svolgimento delle attività assegnate all’intero gruppo di lavoro. I principali svantaggi sono: - confusione che si crea inevitabilmente quando il numero di operatori che devono coordinarsi è troppo elevato con ricadute negative sulla produttività dell’intero gruppo di lavoro; - difficoltà nella soluzione dei conflitti che possono generarsi quando i componenti di una stessa unità operativa manifestano incompatibilità caratteriale oppure una scarsa predisposizione a collaborare ed a lavorare in team. B. SUPERVISIONE DIRETTA Questo meccanismo di coordinamento si basa su un sistema di autorità formale di tipo gerarchico. Anche in questo caso, sebbene vi sia una suddivisione dei compiti tra i diversi operatori, questa non è rigida ma piuttost

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