Economia Aziendale e Gestione delle Imprese Parte 3 PDF
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This document is an outline for the subject of business administration and business strategy. It discusses various concepts such as strategic planning, resource allocation, and competitive analysis. The text covers different levels of strategy and their importance for a business with particular emphasis on the five forces model.
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ECONOMIA AZIENDALE E GESTIONE DELLE IMPRESE PARTE 3 STRATEGIA D’IMPRESA La strategia rappresenta l’attività che consente di indirizzare e coordinare la gestione dell’impresa (insieme delle scelte di fondo co...
ECONOMIA AZIENDALE E GESTIONE DELLE IMPRESE PARTE 3 STRATEGIA D’IMPRESA La strategia rappresenta l’attività che consente di indirizzare e coordinare la gestione dell’impresa (insieme delle scelte di fondo con cui un’impresa cerca di conseguire un predeterminato sistema di obiettivi). Per l’economia aziendale è la definizione di finalità e obiettivi di lungo periodo, la realizzazione delle linee di condotta e l’allocazione delle risorse aziendali. È insomma un processo di continua ricerca dell’armonia (best fit o migliore consonanza) tra le finalità e gli obiettivi imprenditoriali, le risorse aziendali e l’ambiente in cui l’impresa opera à Processo dinamico. I manager agiscono in base alla pianificazione strategica elaborata inizialmente e la strategia è decisa dal cda. La strategia è dunque il fondamento dell’attività gestionale delle imprese, poiché definisce COSA FARE (what), PERCHÉ FARLO (why) e COME SVOLGERE L’ATTIVITÀ D’IMPRESA (how). L’orientamento strategico di fondo (OSF) rappresenta la visione dell’impresa, la sua identità in termini di valori e di filosofia di comportamento. Strettamente legato alla cultura, denota l’identità dell’impresa, la «parte nascosta e invisibile del suo disegno strategico». La pianificazione strategica è fondamentale per le aziende che ambiscono a crescere e svilupparsi. Necessita di aggiornamenti continui. I principali ambiti strategici dei comportamenti imprenditoriali sono: - I fini e gli obiettivi aziendali di fondo (why?); - La scelta del campo di attività (where?); - La filosofia gestionale/Il modo di funzionare (how?). La strategia d’impresa è più articolata e fornisce indicazioni sui comportamenti da attuare rispetto all’OSF. Il concetto di strategia può essere considerato in base a cinque prospettive complementari (Mintzberg, 1987): 1. Strategia come plan; 2. Strategia come ploy; 3. Strategia come pattern; 4. Strategia come position; 5. Strategia come perspective. La strategia nasce difatti come un piano d’azione predisposto anticipatamente. Un piano strategico rappresenta un’attesa di comportamento mentre un percorso strategico è la realizzazione dell’attesa di comportamento. La strategia come posizione è il corso d’azione attraverso cui un’impresa ha impatto sul proprio contesto di riferimento. Quella come prospettiva infine si riferisce alla modalità attraverso cui l’impresa affronta le proprie sfide competitive. ▪ L’obiettivo principale della strategia è far corrispondere le competenze interne dell’impresa alle opportunità L’obiettivo principale offerte della strategia dall’ambiente è far corrispondere esterno le competenze interne dell’impresa alle opportunità offerte dall’ambiente esterno. Sul piano logico e concettuale si distinguono tre livelli di strategia attraverso cui l’OSF si concretizza: - strategia d’impresa (o complessiva o corporate o di gruppo); 5 - strategia competitiva (o d’area strategica d’affari o di business); EAGI - 30060 - strategia di gestione operativa (o funzionale). Come prima cosa, si definisce la strategia d’impresa allocando adeguate risorse e selezionando il dove competere (ovvero le ASA, aree strategiche d’affari); questa strategia riguarda l’impresa nel suo complesso e spetta all’imprenditore/top management/alta direzione definirla à Si avranno imprese monobusiness o multibusiness. Le strategie competitive sono stabilite in base alla propria dotazione di risorse e decidendo come competere (su quali competenze puntare per conquistare un vantaggio competitivo durevole) à Queste strategie sono ad oggi dinamiche eInon varivincolate livellialla didecisione strategiainiziale. Le strategie di gestione operativa coinvolgono i singoli aspetti della gestione (commerciale, operation, finanziaria) à Consentono di realizzare gli obiettivi competitivi. Dove competere in funzione Strategia dell’OSF Corporate Come competere in funzione Strategie competitive delle proprie risorse per realizzare il vantaggio (Strategie d’area d’affari) competitivo Come realizzare gli Strategie funzionali obiettivi competitivi operativamente (strategie di gestione operativa) Il processo di formulazione delle strategie si sostanzia nella definizione dei contenuti7 e delle scelte relative alla collocazione dell’impresa rispetto allo stato della concorrenza e alle condizioni di sviluppo del proprio EAGI - 30060 settore di riferimento, nonché in ragione delle risorse e delle competenze possedute. La formulazione delle strategie poggia dunque sul grado di attrattività del settore (diagnostico esterno), sulla tipologia e sulla qualità delle risorse e sulle competenze di cui si dispone (diagnostico interno/business audit à Individuazione dei punti di forza e di debolezza attraverso un’analisi delle risorse-chiave e delle carenze d’impresa). La formulazione della strategia è un processo, implicito o esplicito, di ricerca delle opportunità di mercato che valorizzano le risorse distintive aziendali: - consentendo il successo di mercato (vantaggio competitivo); - generando valore economico; a formulazione delle strategie - accrescendo il patrimonio tangibile e intangibile; - modificando il portafoglio di risorse disponibili; - attivando nuovi contesti ambientali. Il processo di formulazione delle strategie si sostanzia nella definizione dei contenuti e delle scelte relative alla collocazione dell’impresa rispetto allo stato della concorrenza e alle condizioni di sviluppo del proprio settore di riferimento, nonché in ragione delle risorse e delle competenze possedute. 8 Il livello corporate esiste quando un’impresa opera in più business (business lines o ASA). Per identificarli, è EAGI - 30060 necessario partire dal concetto di combinazione prodotto/mercato, ovvero una certa gamma di prodotti destinati ad un certo mercato. I mercati non sono altro che segmenti di settore o aree geografiche nei quali l’impresa opera. Le singole ASA si individuano attraverso l’analisi di ciascuna combinazione prodotto/mercato e dei concorrenti di riferimento. Le scelte di corporate strategy riguardano: - le scelte relative al portafoglio di business (ivi incluse le modalità di ingresso e di uscita); - la gestione dell’impresa multibusiness e l’impatto sui risultati aziendali; - (la gestione degli stakeholder (stakeholder strategy)). Perché perseguire un’impresa multibusiness? A. Ricerca di una gestione finanziaria equilibrata à Utile trovarsi in fasi differenti del ciclo di vita; B. Diversificazione del rischio tra business differenti; C. Volontà di ricercare significative sinergie di costo o di ricavo. Uno degli strumenti per l’analisi strategica e la definizione della strategia è lo schema delle 5 forze, utilizzato come strumento per la strategia «di portafoglio», cioè per scegliere in quale settore operare a seguito di un’analisi delle sue fonti di profitto. Il sistema competitivo, infatti, si differenzia dai modelli tradizionali di economia industriale perché parte dall’assunto di base che la concorrenza non coinvolge solo le imprese appartenenti allo stesso settore, ma è «allargata» ad altre quattro classi di soggetti. In tale prospettiva, il modello delle 5 forze di Porter è anche chiamato modello della concorrenza allargata, dove il termine «concorrenza» ha un significato molto più ampio, ovvero sta a indicare le «forze» esercitate dalle cinque classi di attori sulle imprese di un settore. Il modello delle 5 forze di Porter Tali forze del modello sono: - la rivalità tra i concorrenti; - il potere contrattuale dei clienti; - le minacce di ingresso dei nuovi entranti; - le minacce provenienti da prodotti sostitutivi. Strumenti La configurazione per delle cinque l’analisi forze determinastrategica a livello la redditività media corporate conseguibile in un settore e, di conseguenza, ilIlsuo modello delle 5 forze di Porter grado di attrattività. 13 EAGI - 30060 Concorrenti attuali L’intensità della concorrenza esistente dipende da: - Tasso di concentrazione del settore (distribuzione delle quote di mercato fra i concorrenti); - Tasso di crescita della domanda; - Differenziazione di prodotto: commodities à molta concorrenza di prezzo; prodotti differenziati à poca concorrenza di prezzo. - Condizioni di costo (struttura dei costi ed economie di scala); - Barriere all’uscita à Elevate barriere all’uscita: alta concorrenza. Fornitori Le variabili chiave per analizzare il potere contrattuale dei fornitori sono: - livello di concentrazione del loro mercato di fornitura (i.e. quello a monte delle imprese del settore) - la minaccia di integrazione a valle (rappresentano dei potenziali entranti nel settore) - il livello di «specificità» dei loro prodotti, ovvero: livello di «criticità» (i loro prodotti sono difficili da sostituire) livello di differenziazione (non è conveniente sostituire i loro prodotti perché sono sviluppati ad hoc). Clienti Le variabili chiave per analizzare il potere contrattuale dei clienti sono: - livello di concentrazione del loro mercato di sblocco (i.e. quello a valle delle imprese del settore); - la minaccia di integrazione a monte (rappresentano dei potenziali entranti nel settore); - il livello di «specificità» dei prodotti che acquistano (i.e. prodotto dalle imprese del settore), ovvero: livello di «criticità» (quanto è facile passare da un fornitore ad un altro); livello di differenziazione (e quindi di «sostituibilità» del prodotto che acquistano). Potenziali entranti Le minacce di ingresso dei nuovi entranti dipendono dalla presenza di barriere all’entrata, ossia di vincoli a operare in un contesto competitivo da parte di imprese che non vi sono inserite, che dipendono da: - Fabbisogno di capitale; - Economie di scala e apprendimento; - Accesso privilegiato alle risorse; - Differenziazione. I prodotti sostituti assolvono a una funzione analoga a quella dei prodotti concorrenti (risposta a un medesimo bisogno), e la minaccia proveniente da tali prodotti dipende dal loro rapporto qualità/prezzo (che impatta sulla sensibilità della domanda al prezzo). Pianificazione strategica e controllo direzionale La pianificazione strategica costituisce una metodologia di lavoro volta a dare ordine e razionalizzare il processo decisionale che deve condurre alla definizione della strategia aziendale. Le economie di scala sono più importanti e l’azienda entrante deve raggiungere quelle dei competitor già nel settore; questi ultimi sono dotati anche di importanti economie di apprendimento. La strategia riguarda le decisioni essenziali, le scelte di fondo di un’impresa, finalizzate al conseguimento di un determinato sistema di obiettivi, la pianificazione attiene all’aspetto procedurale, al processo decisionale che porta alla definizione della strategia. Il processo di pianificazione prende avvio da un orientamento strategico già formulato. Tuttavia, la strategia non ha sempre bisogno della pianificazione, potendosi distinguere tra strategie esplicite e implicite. Le prime sono l’output di un processo formale di pianificazione e sono enunciate in un documento ufficiale, mentre le seconde sono il risultato di un processo decisionale destrutturato, diffuso nell’intera organizzazione à Solo in alcune imprese le strategie sono esplicite. Le imprese devono così porre attenzione quanto accade al loro esterno in modo da poter operare con successo. Quindi, vi è la necessità di formulare strategie coerenti non solo con gli obiettivi e con le risorse disponibili (coerenza interna) ma anche con le minacce e le opportunità che provengono dall’esterno (coerenza esterna). Occorre mettere in luce nel tre momenti, caratterizzati da logiche e finalità differenti ma tra loro fortemente integrati: 1. Pianificazione strategica (si pianifica normalmente a 3 anni, alcune 5, altre in casi particolare ancor di più) à Si occupa della formulazione esplicita delle strategie, ovvero di tutte le fasi in cui si articolerà il cammino strategico dell’impresa. Nelle multibusiness le decisioni sono prese a livello corporate (di capogruppo) à Si ottiene il piano strategico. 2. Programmazione (decisione sulle azioni da implementare) à Minore astrazione e generalità in quanto si definiscono i programmi d’azione, allocazione di risorse finanziarie e i parametri di performance; 3. Processo di budgeting (gli obiettivi sono declinati in termine di base. CE e SP in stato pro forma à Si fa un esercizio prospettico. Il budget, che si può mensilizzare [anche settimanale se non addirittura giornaliero], mostra l’andamento durante l’anno e permette di aggiornarlo) à È il processo che realizza concretamente l’allocazione delle risorse alle singole unità aziendali, mediante la proiezione di costi e ricavi, articolati a livello sia di area d’affari sia di unità gestionali. L’insieme di tutti i budget aziendali viene definitivo master budget, da dividere in fondi operativi/ordinari (mantenimento dell’impostazione strategica in atto) e in fondi strategici (finanziare programmi di sviluppo a lungo termine). 4. Controllo direzione e operativo à Il controllo direzionale è il processo con cui il management assicura che l’impresa metta in atto le strategie in modo efficace ed efficiente. Il controllo operativo invece è diretto a garantire che specifici compiti siano attuati in modo efficace ed efficiente. CASO SETTORE PASTA Nel 2015 il mercato della pasta valeva circa 3 miliardi di euro (1,5 tonnellate di prodotti venduti). Ogni italiano ne consumava in media 25 kg all’anno, con una spesa media pro-capite di 49 euro (numeri nettamente superiori al resto dei Paesi sviluppati). Nonostante gli elevati tassi di consumo, si era registrata una leggera contrazione delle vendite negli ultimi 5 anni à Tasso medio annuo di crescita: -1,25 tra 2010 e 2015 e il dato si stimava sarebbe peggiorato fino al 2020 (giungendo ad un valore di mercato di 2,7 miliardi di euro), nonostante un +1% di vendite nel 2015. Tale riduzione era dovuta alla crisi economica e alla crescente attenzione, soprattutto tra i giovani, all’aspetto poco lavorati e meno raffinati. Era inoltre sempre più diffuso il consumo di cereali. Il settore comprendeva: 1. Pasta à Rappresenta l’88% delle vendite del settore a valore. Si divide in: A. Secca à Pesa per il 70% sulle vendite complessive, è essiccata e con lunghi tempi di conservazione. Comprende prodotti ottenuti dalla lavorazione della semola o semolato di grano duro con acqua. Le varianti si suddividono in: lunga o corta – liscia o rigata – pastine da brodo. Nascono in quel periodo anche delle varianti con farine integrali o prive di glutine (crescono propensione ad ingredienti biologici e intolleranze alimentari). B. Fresca à È ottenuta da un impasto di acqua e farina di grano tenero, unito in alcuni casi a uova e spesso ripieno. Visti i maggiori costi degli ingredienti e la complessità della lavorazione, il prezzo medio era di 5,5 euro al kg (1,5 euro per la pasta secca). Dopo la crisi economica, a partire dal 2011 ha manifestato segni di ripresa. 2. Riso à Nel 2015 valevano in Italia oltre 50 milioni di euro e pesavano per l’11% circa sulle vendite complessive del settore. Il riso bianco manteneva un tasso di crescita stabile e risentiva maggiormente della competizione sul prezzo. 3. Noodles à Pasta dalla forma allungata tipica della cucina asiatica, erano un prodotto particolarmente nuovo per la dieta italiana. Dal 2010 al 2015 si è registrato un incremento delle vendite (+15% in volume) grazie alla crescita della comunità cinese e all’ingresso nel segmento di Nestlé e Star. Il segmento degli instant noodle era cresciuto del 32% nel 2015. Il prezzo, elevato, si attestava sui 5 euro al kg per le versioni da preparare e sui 25 per le versioni pronte al consumo. La filiera della pasta secca La produzione della pasta secca inizia dalla semola di grano duro, ottenuta dalla macinazione del frumento, spesso integrata con grano tenero. L’Italia, non autosufficiente, importa gran parte del grano, con il 30-40% del grano duro proveniente dal Canada (seguono poi Usa, Australia e Siria) e il 50% del grano tenero dai Paesi dell’Est Europa (Ungheria, Romania, Polonia, Russia, Ucraina e Kazakistan). I prezzi del grano sono soggetti a forti fluttuazioni dovute a clima, domanda stagionale e speculazioni, come la crisi del 2007-2008, che vide aumenti dei prezzi fino al 150%. Il processo produttivo prevede l’impasto della semola con acqua, la modellazione attraverso trafile, l’essiccazione per ridurre l’umidità al 12,5% e il confezionamento in materiali di carta o plastica per la distribuzione. La produzione avviene sia a livello industriale, con macchinari automatizzati e vantaggi di scala, sia artigianale, con processi manuali. L’apertura di un piccolo pastificio artigianale richiede un investimento tra 50.000 e 70.000 euro. I principali produttori di pasta in Italia In Italia, i produttori di pasta, riso e noodle si dividono in tre categorie principali: 1. Grandi produttori con marchi affermati, come Barilla, De Cecco e Giovanni Rana, che coprono circa il 55% delle vendite. 2. Produttori di etichette private (private label), che realizzano prodotti per le grandi catene di distribuzione (es. Coop, Esselunga), rappresentando il 30% delle vendite nel 2015. Questi hanno guadagnato quote di mercato tra il 2007 e il 2012 grazie a prezzi competitivi, ma la crescita è rallentata dal 2012. 3. Piccoli produttori locali, concentrati nelle regioni di origine e con una visibilità limitata, che coprono circa il 15% delle vendite nazionali. Nel 2015, i principali attori del mercato erano Barilla, De Cecco, Rana, Colussi, La Molisana, Rummo e Divella. Barilla Leader del mercato italiano della pasta nel 2015 con una quota del 17,5%, realizza circa il 60% del suo fatturato sui mercati esteri, grazie a un’ampia gamma di prodotti che include pasta secca, pasta fresca ripiena, sughi pronti e prodotti da forno. L’azienda ha beneficiato di economie di scala nella produzione e nella pubblicità, che le hanno permesso di mantenere costi unitari bassi rispetto ai concorrenti e prezzi di vendita competitivi, posizionandosi tra i più economici del mercato, dopo le private label. Tuttavia, tra il 2009 e il 2015, ha registrato una riduzione delle vendite in Italia, con una crescita media annua del 7%, attribuita principalmente all’espansione delle private label e alle promozioni aggressive dei concorrenti. Nonostante queste difficoltà, Barilla è riuscita a mantenere nel 2015 una redditività superiore alla media del settore, grazie a una strategia pubblicitaria consistente, incentrata soprattutto sulla televisione, che ha rafforzato la riconoscibilità del brand sia a livello nazionale che internazionale. Questo focus ha portato Barilla a essere tra le aziende italiane con i maggiori investimenti in pubblicità (soprattutto in televisione), insieme a Ferrero. De Cecco Fondata nel 1889 a Fara San Martino (Chieti), si distingue per le sue innovazioni storiche, come il primo impianto di essiccazione artificiale della pasta con aria calda, che le ha valso riconoscimenti alle esposizioni universali di Chicago, Monaco, San Francisco e Anversa. Grazie a questa visibilità, De Cecco ha intrapreso già dal 1904 una significativa espansione internazionale, esportando pasta negli Stati Uniti, che nel 2015 rappresentava circa il 50% del fatturato. Terzo produttore mondiale di pasta di semola nel 2015, De Cecco ha ampliato la sua offerta includendo paste biologiche, sughi pronti, oli e nuovi prodotti come cracker e sostituti del pane, reagendo alla crisi economica diversificando la gamma. Pioniere nella digitalizzazione, nel 2015 ha introdotto un sistema di vendita online con spedizioni gratuite per ordini superiori a 25 kg in Italia e 50 kg all’estero, dimostrando una particolare attenzione ai metodi innovativi di distribuzione. Pastificio Rana Leader in Italia e in Europa nella pasta fresca ripiena, si distingue per l’innovazione tecnologica, che riproduce i movimenti manuali nella lavorazione della pasta, garantendo qualità artigianale. Posizionata nel segmento premium, la pasta Rana viene venduta a circa 13 euro al chilogrammo. L’azienda ha registrato una forte crescita, anche durante la crisi economica, grazie al lancio di prodotti di successo apprezzati dai consumatori. Il 50% del fatturato proviene dall’estero, dove Rana si è affermata con campagne pubblicitarie che celebrano la tradizione italiana, spesso con personaggi storici come Marilyn Monroe e Humphrey Bogart. Oltre ai prodotti a marchio proprio, produce anche per alcune grandi catene di distribuzione come Carrefour e Conad. Colussi Group Fondato nel 1911, il gruppo opera nel settore della pasta, riso, prodotti da forno e pasticceria, realizzando il 40% del fatturato nei mercati europei. Nel segmento della pasta è presente con il marchio Agnesi e produce pasta di semola per Esselunga. Colussi ha annunciato nel 2015 la volontà di posizionarsi nel segmento premium attraverso acquisizioni di pastifici regionali e il rilancio del marchio Agnesi. La Molisana Nata nel 1912 a Campobasso, è specializzata nella produzione di pasta e si è affermata negli anni ’90 grazie a campagne pubblicitarie nazionali. Dopo una crisi che ha portato al fallimento nel 2004, l’azienda è stata rilanciata nel 2011 dalla famiglia Ferro, produttrice di semole di alta qualità. Grazie a investimenti in innovazione e integrazione verticale, l’azienda ha riconquistato mercato, incrementando vendite e fatturato, che nel 2015 è cresciuto del 30%, con particolare successo nei Paesi BRICS. Pasta Rummo Fondata nel 1846, ha registrato nel 2015 un fatturato di 85 milioni di euro, di cui il 25% derivante dall’estero. Specializzata nella produzione di pasta secca con il metodo “Lenta Lavorazione®”, l’azienda punta sulla qualità artigianale e su un posizionamento premium. Nonostante la crescita, nel 2015 ha subito gravi danni a causa di un’alluvione che ha colpito il suo stabilimento di Benevento. Divella Fondata nel 1905 a Rutigliano (BA), nel 2015 è presente anche nei settori della vendita di farina, biscotti, riso, legumi in scatola, olio e passate di pomodoro. Nel 2015 produce circa 2,4 milioni di confezioni di pasta al giorno, vendute sul mercato con un posizionamento di prezzo conveniente. Opera in 130 Paesi e realizza all’estero il 40% del fatturato. Molto dinamica sui mercati internazionali, ha registrato dal 2009, in Italia, un tasso medio di crescita annuo negativo del 9%. Le leve competitive La competizione nel mercato della pasta era tradizionalmente impostata su: 1. Prezzo à Il prezzo medio della vendita della pasta secca si era progressivamente ridotto nel corso degli anni. La riduzione era dovuta ad una vivace politica promozionale promossa dai grandi produttori su scala industriale (vendere di più per saturare la propria capacità produttiva) e ad un’elevata competizione proveniente dai private label. La pasta secca era il segmento maggiormente colpito dalle guerre di prezzo (commoditization del prodotto) e che più degli altri era sensibile al rischio di crescita del costo delle materie prime (il grano incide per il 60% per la pasta secca e per il 39% per la pasta fresca). Allora molte aziende provavano a differenziarsi non con il prezzo ma con l’uso di ingredienti pregiati e particolari processi di lavorazione. Vista la complessità del prodotto, la pasta fresca manteneva prezzi medi di vendita più elevati. Si rivolgeva inoltre ad una nicchia di consumatori meno sensibili al prezzo. 2. Innovazione à L’innovazione è un elemento fondamentale per la competitività delle aziende produttrici di pasta, che si manifesta in diversi ambiti: formati, ingredienti, processi produttivi e packaging. Formati di pasta: Investimenti continui nella creazione di nuovi formati, come il caso dello “spaghetto quadrato” di La Molisana, che ha generato controversie legali. Ingredienti alternativi: Crescente offerta di paste con farine integrali, biologiche, senza glutine o grani speciali per rispondere alla domanda di prodotti “benessere”. Esempi: Barilla (senza glutine, Kamut), La Molisana e Rummo (linee biologiche). Processi produttivi di qualità: Trafilatura al bronzo, essiccatura lenta e legame con il Made in Italy. Prodotti premium come “Fior Fiore” di Coop e “Le Leggendarie” di Rummo evidenziano qualità e tradizione. Packaging: Innovazioni nel confezionamento, come le monodosi di Rana (125g) per consumatori single o confezioni più grandi per promozioni. 3. Attività promozionale e di comunicazione: Promozioni: Dominano le vendite: nel 2014, il 48% della pasta è stato venduto in promozione; nel 2015, l’87% delle vendite avveniva nella grande distribuzione. Cross-category: Promozioni combinate con altre categorie, ad esempio sconti legati all’acquisto di più prodotti dello stesso marchio. Collaborazioni: Accordi con aziende della ristorazione, come Barilla con McDonald e Buitoni con Chef Express. Comunicazione e pubblicità: Strategia mirata a rendere i marchi riconoscibili e promuovere il Made in Italy. Coinvolgimento di fondatori nei messaggi pubblicitari (es. Giovanni Rana). Aumento degli investimenti: De Cecco ha dedicato 10 milioni di euro alla pubblicità televisiva nel 2015, mentre Barilla supera i 100 milioni all’anno, con un focus su canali innovativi e social media. STRATEGIE COMPETITIVE La strategia competitiva (management strategico) ha il compito di valutare la propria dotazione di risorse e decidere «come» competere, a livello di ASA, per raggiungere il vantaggio competitivo. Le strategie sono diverse se l’azienda è differenziata. A monte della decisione di occupare una data posizione nel mercato e di acquisire e sfruttare risorse e competenze, vi è la ricerca di un vantaggio competitivo (elemento fondante della strategia dell’impresa). Definizione Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa a occupare una posizione favorevole nel contesto (mercato o ambiente) in cui opera. È insomma la condizione che consente alle imprese la superiorità dei propri risultati economici. Esprime una posizione relativamente migliore in termini di valore creato per il mercato e i diversi stakeholder, che si traduce in una redditività maggiore a quella media dei concorrenti. MIGLIORARE POSIZIONE COMPETITIVA NEL MERCATO à MIGLIORE REDDITIVITÀ COMPRENDENDO I CLIENTI E RIDUZIONE DEI COSTI DI PRODUZIONE. Ciò è possibile definendo una strategia competitiva coerente in tutti i suoi aspetti à Aumento dei ricavi. Strategia e vantaggio competitivo L’elemento fondante della visione di Porter del vantaggio competitivo risiede nel concetto di catena del valore (value chain), intesa come l’insieme delle attività condotte nell’impresa, ciascuna delle quali, in modo separato, può supportare un vantaggio competitivo di costo o di differenziazione. Le attività dell’impresa, secondo Porter, si dividono in attività primarie (attività operativa nel processo di Il vantaggio A.T.V.) e attività competitivo secondarie o di supporto (Gestione delle risorse umane, ricerca e sviluppo). Da cosa deriva? Il vantaggio competitivo di un’impresa all’interno di un determinato ambito di mercato si costruisce attraverso lo svolgimentoIl di vantaggio competitivo attività in modo unico di(activity-based un’impresa all’interno di un differente view), ovvero determinato ambito di dai concorrenti. mercato si costruisce attraverso lo svolgimento di attività in modo unico (activity-based Ogni attività (primaria view), ovvero e secondaria) differente contribuisce dai concorrenti alla creazione di valore per il cliente e alla formazione dei costi, e alimenta Ogni attività (primaria e secondaria) contribuisce allaad per questo il valore aggiunto del quale l’impresa riesce appropriarsi. creazione di valore per il cliente e alla formazione dei costi, e alimenta per questo il valore aggiunto delAttività classica diriesce quale l’impresa acquisto ad –appropriarsi trasformazione – vendita: 7 EAGI - 30060 Le strategie di base: costo, differenziazione e focalizzazione Secondo l’approccio tradizionale di Porter, se un’impresa vuole costruirsi un vantaggio competitivo sul mercato lo può fare tramite tre alternative strategiche: - Leadership di costo (si punta su un singolo prodotto cercando di ridurre di costi di produzione); ▪ Secondo l’approccio tradizionale di Porter, se un’impresa vuole costruirsi un vantaggio competitivo sul mercato lo può fare tramite tre alternative strategiche: – Leadership di costo - Differenziazione (creare un’offerta differenziata in modo tale che il cliente identifica il prodotto che vuole acquistare–àDifferenziazione Avere un’azienda pluriprodotto capace di rispondere alle esigenze di più consumatori); - – Focalizzazione Focalizzazione (leadership di costo o differenziazione all’interno di una nicchia di mercato). 8 Non scegliere nessuna delle tre e collocarsi in mezzo è per Porter sinonimo di svantaggio (stuck in the middle). EAGI - 30060 La leadership di costo si verifica più facilmente in presenza di prodotti standardizzati, attraverso economie di scala, economie di esperienza ed efficienza del processo produttivo. Un vantaggio competitivo «di differenziazione», che si può attuare unicamente conoscendo i bisogni, le aspettative e i criteri di scelta del consumatore, si basa su un sistema di prodotto differenziato in almeno uno dei seguenti quattro elementi: I. Caratteristiche materiali e gamma di prodotti offerti: Attributi fisici (es: peso), tecnico- funzionali (es: velocità processore) ed estetici (es: design); II. Servizi collegati ai beni offerti: Servizi pre- e post-vendita; III. Caratteristiche immateriali (immagine, reputazione, marca); IV. Prezzo e le altre condizioni contrattuali. Nella realtà odierna non esistono strategie di pura differenziazione o di pura leadership di costo. Risorse come fonti del vantaggio competitivo Negli studi di strategic management è stato formulato un diverso approccio allo studio del vantaggio competitivo, noto come RBV (resource-based view). Secondo questo approccio il vantaggio competitivo di un’impresa non dipenderebbe dall’intensità delle forze settoriali e dalle conseguenti strategie di base individuate da Porter, ma dalle caratteristiche specifiche dell’impresa stessa, ovvero dalle sue risorse. Le risorse sono tutti quei fattori che l’impresa può controllare e utilizzare e si dividono in: materiali - immateriali – finanziarie – umane. Solo le risorse che evidenziano determinate caratteristiche sono in grado di supportare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Si combinano per realizzare le diverse attività aziendali à Capacità di combinazione = Competenze. L’approccio basato sulle risorse parte dal presupposto che le imprese siano diverse fra loro a seguito del proprio bagaglio di risorse, capacità e competenze sviluppate nel tempo. Risorse e rendite: valore, scarsità ed innovatività Le caratteristiche di valore, di scarsità e di innovatività sono i fattori necessari per creare le risorse in grado di generare valore a supporto del vantaggio competitivo, e dipendono da opportunità ambientali e capacità imprenditoriali. Tutte le risorse devono avere un valore per l’impresa, ovvero consentire di cogliere un’opportunità nel mercato à Incertezza necessaria per generare rendite. Quando un’impresa possiede una risorsa dotata di scarsità, si crea eterogeneità nel sistema e l’azienda beneficia di una rendita, definita ricardiana, in quanto, per quella risorsa, l’offerta rimane limitata. Se una risorsa presenta valore e scarsità à Vantaggio competitivo temporaneo. Quando invece un’impresa combina le risorse in modo innovativo in un ambiente rischioso ed incerto, si realizza una rendita schumpeteriana. Capacità manageriale è l’individuazione, prima della concorrenza, di risorse con valore. La sostenibilità del vantaggio competitivo: i meccanismi di isolamento e la capacità di sfruttamento delle risorse Un insieme di risorse non può mantenere all’infinito le condizioni di valore, scarsità e innovazione. Una rendita da scarsità dei fattori si mantiene nel tempo se sussistono dei meccanismi di isolamento formali (brevetti) o informali (asimmetrie informative). Nell’approccio RBV, ciò che può consentire la persistenza delle rendite nel tempo è la natura del processo di generazione delle risorse che hanno generato le rendite. Le caratteristiche che impediscono o rendono più difficoltosa l’imitazione delle risorse che originano rendite sono: - diseconomie di compressione temporale à Fenomeno per cui un imitatore non è in grado di risparmiare tempo semplicemente replicando la risorsa. Deve infatti ripetere parte degli investimenti; - dimensione ottima minima à Fenomeno che si verifica quando incrementare il livello di una risorsa è più semplice quanto maggiore è il livello di partenza della risorsa stessa; - interdipendenza delle risorse à Occorre imitare tutto il network di risorse collegate; - ambiguità causale à Impossibilità di identificare (anche per l’impresa) tutte le determinanti all’origine del successo competitivo; - non mobilità delle risorse. Quando un’impresa è in possesso di un insieme di risorse, con valore, dotato di scarsità e non imitabile, crea le condizioni per una situazione di vantaggio competitivo sostenibile (o latente). La presenza di meccanismi per lo sfruttamento delle risorse è dunque un fattore di aggiustamento e consente all’impresa di beneficiare concretamente di un vantaggio competitivo realizzato e sostenibile nel tempo. Le caratteristiche di non imitabilità e di sfruttamento delle combinazioni di risorse sono fattori necessari per la difesa e la protezione delle condizioni di vantaggio competitivo, e dipendono essenzialmente da: - contesti di mercato (isolano le risorse dai concorrenti); - contesti organizzativi (combinano le risorse internamente e ne sfruttano il potenziale). Secondo l’approccio delle risorse, il vantaggio competitivo dell’impresa dipende dalla qualità e dalla quantità dello stock di risorse e competenze a disposizione dell’impresa. Le caratteristiche delle risorse devono essere: Þ Avere un valore; Þ Essere scarse e generare rendite; Þ Non essere imitabili a seguito di meccanismi di isolamento; Þ Essere inserite in meccanismi organizzativi che ne consentano lo sfruttamento. Risorse come fonti del vantaggio competitivo 14 EAGI - 30060 Competenze dinamiche come fonti del vantaggio competitivo Nei contesti in cui le imprese modificano frequentemente il proprio orientamento strategico, i vantaggi competitivi risultano maggiormente transitori al punto da rendere cruciale lo sviluppo di competenze dinamiche alla base della generazione di valore sostenibile. Le capacità dinamiche (dynamic capabilities) si qualificano come i processi attraverso cui le imprese integrano, sviluppano e riconfigurano le proprie competenze distintive, rinnovando continuamente il proprio assetto strategico. Difficilmente possono essere acquisite dall’esterno. Competenze distintive sono i processi di sviluppo dei nuovi prodotti, le alleanze strategiche, le procedure di pianificazione strategica. Il valore competitivo del capitale intangibile Rispetto agli asset tangibili, come le risorse finanziarie o fisiche, gli intangibili sono meno flessibili, difficili da accumulare ma altrettanto difficili da trasferire dato il loro carattere idiosincratico e spesso tacito. Tali ragioni rendono gli intangibili difficilmente imitabili dai competitor, e fonti di vantaggio competitivo se efficacemente gestiti all’interno dell’organizzazione. Il passo tra sostenibilità e accumulazione del capitale intangibile è breve riconoscendo nel paradigma della sostenibilità l’opportunità concreta, per le imprese, di migliorare la propria capacità di gestire reputazione, identità, immagine di marca, costruendo la propria legittimità sociale in modo da assicurarsi il mantenimento e lo sviluppo delle relazioni nel tempo, un’adeguata conoscenza reciproca e quel potenziale competitivo da cui dipendono crescita dimensionale, produzione di ricchezza e capacità di innovazione à Creazione di valore. Nonostante l’estrema varietà che caratterizza il contesto attuale, gli studi concordano sulla distinzione concettuale del capitale intangibile in tre componenti basilari: Capitale umano: È considerato una commodity. La creazione di valore a mezzo di capitale umano deve essere il risultato dell’esistenza di diverse condizioni organizzative (sicurezza del posto di lavoro, accuratezza nei processi di selezione del personale e decentramento del potere decisionale, percezione di equità, investimento in formazione, trasparenza), pena il vanificare investimenti in formazione e sviluppo. Se esistono tali condizioni, si allineano gli obiettivi individuali ed organizzativi. È assimilato all’insieme di conoscenze, competenze, abilità e attitudini acquisite in vita e messe a disposizione di obiettivi collettivi aziendali. Capitale organizzativo: Il capitale organizzativo è definito come l’insieme delle risorse di conoscenza, delle capacità di apprendimento e dei valori condivisi dai membri di una collettività sociale istituzionalizzata, quale un’impresa. Rientrano in tale definizione gli asset di conoscenza quali lo stock di informazioni, abilità e competenze possedute da un’impresa e le modalità in cui tali informazioni sono tra loro connesse e organizzate. Le risorse di competenza sono in primo luogo quelle di natura tecnologica (ricerca, sviluppo e produzione). Vi è poi la competenza di mercato à Dinamica dei mercati e processi di distribuzione, vendita e consumo. Infine, vi sono le competenze integrative à Meccanismi che coordinano le prime due. Capitale relazionale: Risiede nelle relazioni che ciascuna impresa instaura con le diverse categorie di stakeholder che a vario titolo si interfacciano con essa. Include asset quali la fiducia, le norme di reciprocità e le sanzioni in caso di comportamento disallineato rispetto alle aspettative, le obbligazioni tra le parti à Individua i fattori primari che determinano la qualità delle relazioni tra impresa e fornitori, partner, clienti, comunità locali. Agiscono sulla riduzione dei costi associati allo scambio, stimolando al contempo un senso di attaccamento affettivo e di impegno a contribuire nel perseguimento di obiettivi comuni. Le risorse di fiducia riguardano invece la qualità delle relazioni con gli stakeholder. In sintesi, secondo la teoria delle risorse, il vantaggio competitivo dell’impresa si basa sul possesso di risorse immateriali, di competenza o di relazione, che hanno valore, sono scarse, inimitabili e che risultano concretamente sfruttabili. In sintesi ▪ In sintesi, secondo la teoria delle risorse, il vantaggio competitivo dell’impresa si basa sul possesso di risorse immateriali, di competenza o di relazione, che hanno valore, sono scarse, inimitabili e che risultano concretamente sfruttabili 20 EAGI - 30060 LA GESTIONE STRATEGICA IN CONTESTI DINAMICI Le problematiche di gestione strategica assumono un profilo totalmente diverso a seconda che si consideri un’impresa appena nata, dotata di poche persone, in un mercato in espansione, oppure ci si riferisca a una società operante da tempo, con prodotti maturi, o in un settore tendenzialmente in declino. Tali temi possono essere affrontati applicando il «modello del ciclo di vita». Il modello del ciclo di vita Il ciclo di vita del prodotto rappresenta un modello semplice e molto utile per analizzare la dinamica strategica di un’impresa in diversi contesti ambientali e in diversi momenti della sua storia. Il modello tradizionale ruota attorno al concetto di prodotto e descrive le fasi tipiche di evoluzione della domanda in un contesto concorrenziale. Le quattro fasi del ciclo di vita del prodotto/settore sono: - fase di introduzione à L’impresa costruisce il suo mercato in uno scenario senza (o quasi) concorrenti diretti e in cui il confronto competitivo si esercita verso i produttori di beni succedanei. Il problema prioritario è la creazione di un’organizzazione intorno all’idea imprenditoriale (risorse, personale, canali distributivi, tecnologie); - fase di sviluppo à Nuovi piani di espansione verso un mercato più ampio sono fronteggiati dall’interesse di nuovi concorrenti. Si deve mantenere/conseguire una posizione di leadership. Si adottano politiche di vendita aggressive. Inizia l’internazionalizzazione; - fase di maturità à Si arresta lo sviluppo del settore e l’unico modo per attrarre nuovi clienti è rubarne ai concorrenti. La tensione competitiva elimina i competitor marginali e aumenta così la concentrazione settoriale. Si realizzano forti investimenti pubblicitari. Si cercano nuovi mercati, internazionalizzazione e diversificazione per uscire dalla stagnazione delle vendite; - fase di declino/crisi à È dovuta a nuovi prodotti emergenti e a fronte di un calo strutturale della domanda. È probabileIlchemodello del all’inizio vi sia ciclo di vita un’effimera crescita dovuta all’abbandono del mercato da parte delle imprese più svantaggiate. Le forme di declino sono diverse e variano a seconda di contesti e mercati. 5 EAGI - 30060 Le prime due fasi sono particolarmente dispendiose dal punto di vista finanziario (causa investimenti iniziali in immobilizzazioni e veloce crescita del capitale circolante). Questo modello descrive il rapido cambiamento dello scenario economico e indica che il processo delle strategie d’impresa debba essere almeno altrettanto veloce e flessibile (adattivo) per generare valore. Fase di introduzione - Nascita (1) La crescita economica è un processo essenziale per la crescita economica e l’ammodernamento dei sistemi industriali. L’impresa nasce per effetto della spinta creativa di un imprenditore che genera dal nulla un’organizzazione intorno ad un’idea e alla propria azione personale. È la realizzazione di un’opportunità di miglioramento di prodotti e servizi ma anche un’innovazione che permette di soddisfare in modo migliore i bisogni di clienti e consumatori. Questa opportunità deve ovviamente garantire redditi adeguati agli investimenti. Le opportunità si generano continuamente per effetto di: Þ Progressi e scoperte tecnologiche à Soddisfare in modo diverso bisogni già noti; Þ Cambiamenti demografici à Possono agire sulla domanda per determinati beni o servizi; Þ Mutamenti dei gusti e degli stili di vita; Þ Nuove regole pubbliche o disposizioni legislative. È possibile elencare i passi che ogni nuova impresa deve effettuare: o Cogliere le opportunità à Trovare uno spazio vuoto nel mercato e sapere come riempirlo; o Rifinire l’idea à Adattare l’idea alle esigenze di produzione e dei consumatori. Occorre predisporre prototipi e studiarli e definire una strategia di ingresso sul mercato; o Proteggersi dall’imitazione à Tutelare la riservatezza e l’esclusività delle tecnologie applicate ai prodotti (proprietà industriale e protezione del patrimonio informativo aziendale). Poiché è possibile arginare i brevetti (monopoli temporanei di sfruttamento di prodotti => Diritto di esclusiva e principio di territorialità), si può allora tentare di ostacolare l’ingresso sul mercato. In base ai contesti/mercati, si può verificare la vittoria o dell’innovatore o dell’imitatore; o Costruzione della squadra (teaming); o Start-up à Nuova entità giuridica d’impresa. Ci si giunge spesso tramite un business plan, ovvero un documento che mette in evidenza la mission e la vision dell’impresa, le risorse di cui necessita, il patrimonio (non solo monetario) di cui dispone e le prospettive di crescita. L’orizzonte temporale preso in analisi oscilla tra i 3 e i 7 anni (spesso 5) à Il punto di arrivo è la quotazione in borsa; o Finanziamento à È frequente che le fonti di finanziamento siano assicurate da capitali dello stesso imprenditore. In seguito, si passerà a fonti finanziarie esterne, a titolo di capitale proprio o di debito. Tra i finanziamenti di capitale di rischio (equity), si hanno: § Business Angel => Investitore informale non istituzionale che diviene azionista e assume una qualche carica aziendale. È un investitore a valore aggiunto. Può essere finanziario (investe capitale di rischio senza essere coinvolto nell’attività gestionale) o industriale (partecipano anche all’attività gestionale). L’interesse principale è monetizzare nel medio periodo (3 – 5 anni); § Equity Crowdfunding => Più persone conferiscono somme di denaro (anche piccole) per finanziare un progetto imprenditoriale utilizzando siti internet e ricevendo talvolta una ricompensa; § Fondi di Venture Capital. o Lancio del prodotto à Più facile quando la nuova impresa nasce come spin-off da un’organizzazione esistente. Di solito avviene tramite una promozione attuata direttamente dall’imprenditore presso i clienti e i canali di distribuzione. 90% falliscono, 5/6% sopravvivono a stento, 1/3% hanno successo, solo 1 diventa un’economy. In particolare, la difesa contro l’imitazione dei concorrenti si realizza attraverso due modalità: Il modello del ciclo di vita: fase di introduzione 1. Tutela della riservatezza e dell’esclusività delle tecnologie applicate ai prodotti (proprietà industriale); 2. Strategie di introduzione sul mercato. Se l’innovatore riesce a mantenere un vantaggio di costi, per ▪ Unmediante esempio esempio accorte dipolitiche difesadidall’imitazione prezzo, può imporreèaldato potenziale dal concorrente cosiddetto pesanti perdite di ingresso. ombrello dei prezzi. Un esempio di difesa dall’imitazione è dato dal cosiddetto ombrello dei prezzi: Fase di sviluppo – Crescita (2) 8 EAGI - 30060 Al termine del periodo di nascita la tecnologia, la struttura organizzativa e le strategie di mercato che avranno successo, appaiono chiare al management. È necessario spostare l’attenzione dal prodotto verso l’innovazione di processo così, se il mercato cresce rapidamente, non si ha bisogno di sottrarre clienti ai concorrenti, ma si può ottenere una performance molto alta consolidando la propria posizione sul mercato. Ogni impresa tende a concentrarsi su uno specifico ambito strategico e la sua crescita è legata proporzionalmente a quella del segmento di mercato prescelto. I concorrenti divengono più efficienti a causa principalmente di economie di scala e di apprendimento. La strategia guida così il management a prendere decisioni sulla base della comprensione tanto dell’ambiente esterno quanto degli asset interni all’impresa. Fase di maturità (3) Il rallentamento della crescita della domanda del mercato crea eccedenze di capacità produttiva e in genere si assiste ad una diffusione pressoché completa tra tutti i concorrenti delle tecnologie di base relative ai processi produttivi à Difficile offrire prodotti differenziati. I leader di mercato hanno posizioni consolidate e quote di mercato stabili ó Vantaggio competitivo. I consumatori, che adesso conoscono pienamente i prodotti, sono più in grado di valutarne le caratteristiche ó Minor sensibilità alla comunicazione pubblicitaria. In mancanza di significative differenziazioni, si possono scatenare guerre di prezzo fra i produttori à Spostamento dei processi di sviluppo verso Paesi in via di sviluppo ó Minor costo della manodopera. Nei settori a elevata intensità di capitale, questa situazione scatena una crisi generalizzata à Pochi produttori rimanenti. Infine, nei settori maturi, si manifestano fenomeni di concentrazione anche nell’apparato distributivo => Forme di distribuzione su grandi superfici. Le imprese possono rispondere con: I. Riduzione dei costi unitari: o Curva di esperienza à Maggior grado di conoscenza di un processo ó Minor sforzo nell’attuazione; o Economie di scala; o Ottenimento delle risorse produttive a basso costo à Accesso a particolari risorse a condizioni privilegiate. Le piccole imprese colgono di più questa opportunità grazie alla maggiore flessibilità; o Livelli elevati di efficienza operativa (/produttiva), in tutti gli aspetti della gestione à Eliminazione degli sprechi e contenimento delle spese nelle attività amministrative ó Abbattimento dei costi generali. II. Sfruttamento di particolari “leve”: o Dinamica di nicchia à La stabilità o il declino della domanda complessiva possono nascondere forti oscillazioni riguardanti singoli segmenti di mercato; o Dinamica qualitativa à Domanda stabile quantitativamente ma mutevole a livello qualitativo; o Potenzialità innovativa; o Vuoti di offerta à Abbandono del settore dovuto alla sua scarsa attrattività. La compresenza in molti settori maturi di segmenti ad alta crescita e di segmenti a bassa crescita costituisce una chiara opportunità di rilancio delle vendite. Fase di declino e crisi (4) Il declino è la riduzione della capacità reddituale e l’indebolimento della situazione finanziaria, mentre la crisi è la condizione di perdite economiche forti e strutturali, unite a manifestazioni non occasionali di insolvenza. Le strategie nei settori in declino La fase di declino è caratterizzata da: o eccedenza di capacità produttiva; o assenza di innovazioni; o riduzione del numero di concorrenti; o intensa lotta concorrenziale. Risulta decisiva la capacità di prevedere in anticipo il verificarsi del declino, in modo da: - Ridurre al massimo gli investimenti in capacità produttiva; - Orientare l’organizzazione alla flessibilità; - Diversificare. Si identificano quattro strategie nei confronti dei business in declino: 1. Strategia di quota ó Far acquisire all’impresa una posizione di leadership nel settore, cercando di compensare la caduta complessiva delle vendite con l’aumento della propria quota di mercato à Mettere fuori gioco i concorrenti attraverso guerre di prezzi o l’abbassamento delle barriere per Il modello del ciclo di vita: fase di declino favorire l’uscita dal settore oppure ancora rendendo la permanenza nel mercato più onerosa rispetto all’uscita. La concorrenza è comunque principalmente con i prodotti sostitutivi. La fase 2. Strategia di declino di nicchia è caratterizzata ó Occupazione da: protetto dal declino; di un segmento della domanda 3. Strategia di mietitura ó Ottenere il massimo ritorno finanziario dal business in declino, evitando ▪ nuovieccedenza dimeno investimenti. Infatti, capacità produttiva vendite à flussi positivi di cassa dovuta alla diminuzione del capitale circolante. Allora occorre ridurre il numero di variamenti per il consumatore e innalzare i prezzi di ▪ assenza vendita, distesso cercando allo innovazioni tempo di tagliare tutti i costi per attività non essenziali. 4. Strategia di disinvestimento ó Dismissione dell’attività per destinare le risorse ottenute a nuovi ▪ riduzione del numero di concorrenti business. ▪ intensa La strategia più opportunalotta concorrenziale si definisce in base al modello proposto da Harrigan e Porter. 11 Le crisi di impresa e le cause primarie e secondarie EAGI - 30060 Anche se il declino può costituire il preambolo di una crisi vera e propria, accade spesso che declini temporanei delle performance siano eventi abituali per la maggior parte delle imprese (almeno nei settori caratterizzati da normali forme di competizione) à Il ritorno ad un’adeguata redditività richiede robusti interventi. Numerosi sono i fattori casuali che possono condurre alla crisi. Si possono riassumere in due tipologie: I. Cause primarie: fattori di tipo ambientale o interno che determinano l’incapacità strutturale (anche se non in assoluto irrimediabile) a mantenersi in stabili condizioni di economicità. Si dividono in: o Strategici ó No coerenza fra ambiente e strategie; o Finanziario-societari ó Legati all’assetto di fonti, impieghi e collegamenti societari; o Organizzativi ó Decadere dell’efficienza, della capacità innovativa e della qualità delle prestazioni; o Straordinarie. II. Cause secondarie: moltiplicano gli effetti delle cause primarie, ostacolando la risoluzione della crisi à Affrettano la conclusione negativa. Si fanno risalire all’erosione del sostegno degli stakeholder (i fornitori interrompono/rinegoziano i rapporti d’affari – i clienti rinunciano agli ordini – i finanziatori impongono condizioni più onerose), alle crescenti inefficienze (causa aumento del costo unitario dei prodotti) e al deterioramento del clima interno e dei processi decisionali (Le sindromi organizzative da crisi bastano a giustificare la sostituzione del vertice aziendale ó Rinnovare apparato organizzativo depauperato). La crisi presuppone sempre un errore/una cattiva volontà dei manager e che il fattore umano sia il rischio più grave per la sopravvivenza di un’impresa. Si può recuperare purché siano rimovibili i fattori esaminati, sia possibile reperire risorse per il rilancio e si studino seriamente le cause specifiche della patologia e si analizzi l’effettiva possibilità di rimozione à Superare le altre barriere cognitive e politiche. L’impresa deve essere in grado di sviluppare adeguate strategie di fronteggiamento della crisi, al fine di tornare in condizioni gestionali ordinarie. In particolare, uno degli strumenti operativi maggiormente diffusi è il turnaround, ovvero il cambiamento rapido sollecitato da contesti divenuti difficili; il suo successo dipende dalla rimozione delle cause della crisi. È necessario ricostituire condizioni favorevoli ó Fiducia degli stakeholder, retrenchment (riduzioni dei costi), sostituzione del management. Il piano di risanamento è costituito da tre fasi: 1. Fase di avvio à Ridefinizione del vertice aziendale – Monitoraggio della liquidità – Nuova fiducia; 2. Fase di ristrutturazione à Cambiamento organizzativo e gestionale dovuto alla nuova impostazione strategica; 3. Fase di sviluppo à Ripresa dell’ordinario processo di investimento. La dinamica degli stakeholder nel ciclo di vita dell’impresa La dinamica degli stakeholder si può rappresentare lungo tre dimensioni: - personale, che si realizza quando, pur rimanendo all’interno della stessa categoria, un soggetto modifica i propri atteggiamenti e comportamenti verso l’azienda; - di categoria, quando un soggetto passa da una categoria a un’altra (mutamento di prospettiva); - strategica, quando la relazione stakeholder/impresa cambia nel tempo, a causa di mutamenti nel ruolo della categoria. La dinamica degli stakeholder nel ciclo di vita L’atteggiamento verso i portatori di interesse cambia a seconda della fase del ciclo di vita che l’impresa sta attraversando, indipendentemente dal comportamento degli stakeholder à L’impresa subisce differenti dell’impresa pressioni dall’ambiente esterno in base al momento della sua vita ó I portatori di interesse subiranno rilevanza diversa a seconda del periodo. 14 EAGI - 30060 LE STRATEGIE DI CRESCITA Sono tre le strategie che individuano le traiettorie della crescita: 1. Espansione o concentrazione nei business esistenti; 2. Diversificazione in nuovi business o produttiva; 3. Espansione internazionale. Le opzioni strategiche di sviluppo 1. Espansione nei business esistenti Punta a sfruttare al meglio il patrimonio di competenze ed esperienze già possedute dall’impresa. Si articola in: o Sviluppo orizzontale (monosettoriale) à Obiettivo: Allargare lo spettro operativo. Prodotti e mercati esterni (penetrazione del mercato) + Ampliamento della gamma di beni e servizi esistenti + Acquisizione imprese concorrenti; o Integrazione verticale (espansione della catena del valore) à Allargare lo spettro operativo ó A monte: avvicinamento ai fornitori mentre a valle: avvicinamento ai clienti. 2. Diversificazione in nuovi business Si diversifica per non avere i propri risultati ad una sola tipologia di business, che potrebbe andare in crisi. Può essere di due tipologie: o Correlata à Valorizzare relazioni tra vecchie e nuove aree d’affari; o Non correlata (o conglomerale) à Sviluppo plurisettoriale. 3. Internazionalizzazione. 4. Strategie di focalizzazione core business Sono strategie di rafforzamento o di assestamento ó Maggiore prudenza e difesa. Le modalità di attuazione delle strategie di crescita L’impresa si trova di fronte differenti modalità di attuazione delle strategie di sviluppo, che si possono ricondurre a tre grandi categorie: o crescita (o sviluppo) interna à Si basa su capacità e risorse disponibili in ambito aziendale. È un processo lento; o crescita esterna à Acquisizione di imprese o di organizzazioni già esistenti ed operanti. Ha problemi di integrazione e di stili di direzione di organizzazioni prima separati; o crescita collaborativa o contrattuale à Accordi tra imprese. Le prime due strategie differiscono per natura giuridica e strategica (diverse finalità perseguite) Le direttrici delle strategie di sviluppo a disposizione dell’impresa hanno una natura trasversale rispetto al ciclo di vita. Ciascuna strategia si differenzia dalle altre in funzione degli scopi specifici che si propone. Modalità realizzative delle strategie di crescita CRESCITA CRESCITA CRESCITA INTERNA CONTRATTUALE ESTERNA Processo di sviluppo Basata su accordi Sviluppo mediante all’interno di una fra imprese, acquisizione o struttura societaria mediante la fusione con imprese ben definita. costituzione di joint esistenti. Processo lento in venture o altre Processo più cui l’impresa deve forme di rapido esposto combinare lo collaborazione però al rischio di sfruttamento delle (strategie pagare troppo le opportunità esistenti cooperative). imprese acquisite e con l’esplorazione di di subire difficoltà opportunità nuove successive di integrazione 6 EAGI - 30060 La crescita La crescita interna interna Avviene attraverso un processo di sviluppo delle unità esistenti all’interno di una struttura societaria ben Gli approcci alla determinata. Le sue finalità imprenditorialità sono orientate all’innovazione e alla costruzione di interna nuove competenze distintive. La crescita interna valorizza le competenze interne grazie ad uno sviluppo graduale. Le potenzialità inutilizzate si traducono in tensioni interne verso la crescita organizzativa o si presentano come L’approccio all’imprenditorialità interna dipende da due dimensi opportunità di espansione e miglioramento. Spesso, le imprese sviluppano soluzioni idonee a facilitare lo sviluppo al proprio interno di nuove attività. ▪ LaIl struttura vero vincolo alla delle responsabilità crescita interna risiede nelle difficoltà diinterne percapacità creare e valorizzare lo sviluppo imprenditoriai nell’ambito di organizzazione. ▪ L’autorità sulle risorse da investire sullo sviluppo Approccio all’imprenditorialità interna: https://www.linkedin.com/posts/marco-magagnotti-8453235_startup-snella- La crescita esterna startup-activity-7125994329688391680- EAGI - 30060 Euzc?utm_source=share&utm_medium=member_android Si realizza attraverso operazioni di acquisizione, fusione o altre combinazioni inter-aziendali. Si realizza in tempi brevi ma ha problemi di integrazione. L’acquisizione consiste nel trasferimento di proprietà di un’azienda, ossia del complesso di beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, verso il corrispettivo di un prezzo (in denaro o in natura). La fusione può eseguirsi mediante incorporazione o per consolidamento mediante una nuova società (integrazione di due società già esistenti). È una combinazione più rigida perché l’incorporante subentra in tutte le attività e passività delle società partecipanti. Il leveraged buy-out (LBO) è una tecnica di acquisizione in cui le liquidità dell’impresa target sono usate per finanziare l’operazione ma che restituisce una società molto indebitata. I vantaggi sono: o Rapidità; o Superamento di barriere all’entrata (brand, godimento di brevetti, autorizzazioni o concessioni, tecnologia, competenze manageriali o commerciali). Gli svantaggi invece: o Rischio; o Problemi di integrazione delle attività e degli stili di direzione di organizzazioni prima separate. Strategie e percorsi di crescita e sviluppo Le direttrici delle strategie di sviluppo a disposizione dell’impresa hanno una natura trasversale rispetto al ciclo di vita. Il management è così interessato all’espansione dell’impresa, che si traduce quasi sempre nell’irrobustimento dell’organizzazione (garanzia di sopravvivenza), nell’assunzione di una maggiore forza nei confronti della concorrenza (garanzia di redditività aziendale) e nell’incremento delle retribuzioni. Con lo sviluppo dimensionale si ottengono simultaneamente obiettivi di stabilità, prestigio e miglioramento economico. Ogni strategia si differenzia dalle altre in funzione degli scopi specifici che si propone. Sviluppo orizzontale Lo sviluppo orizzontale è attuabile mediante espansione interna dell’impresa (cioè ampliando la potenzialità degli impianti o creando ex novo altre unità produttive) o acquisizione di imprese similari operanti nello stesso business. È finalizzato al rafforzamento della posizione di impresa (quota di mercato) per mezzo di: - Ampliamento della gamma di beni e servizi esistenti, - Ampliamento del numero di segmenti di mercato, - Espansione geografica. Per raggiungere l’obiettivo di sviluppo orizzontale l’impresa non può trascurare l’esistenza di vincoli tecnologici e di mercato (accade quando avviene per mezzo di sottrazione di quote di mercato/acquisizioni). È un’opzione di crescita dal rischio contenuto e richiede tempi di realizzazione meno lunghi, consentendo di sfruttare risorse già disponibili. Più economico impiego di risorse ó Costo unitario di produzione tende a diminuire al crescere del volume. Espansione nei business esistenti I tangible savings sono risparmi legati all’eliminazione di duplicazione di costi, Sviluppo Sviluppo tramite integrazioneverticale verticale La filiera tecnologica è l’insieme di lavorazioni che devono essere effettuate per passare da un certo ventaglio di materiali grezzi a un prodotto finito. In ogni filiera si collocano più imprese, che decidono in quali fasi della ▪ Ogni azienda deve decidere quanto integrarsi (estendersi) lavorazione specializzarsi. Un’impresa è piùao monte e a valleintegrata a seconda dell’intensità del controllo esercitato sulla filiera meno verticalmente tecnologica cui appartiene. Ogni azienda deve decidere quanto integrarsi (estendersi) a monte e a valle: Fornitori di Fornitori Impresa Distributori Clienti fornitori INTEGRAZIONE A MONTE INTEGRAZIONE A VALLE L’impresa svolge internamente L’impresa svolge internamente attività tipiche di fornitori attività tipiche di propri clienti e intermediari (a monte della propria filiera) (attività a valle della propria filiera) 10 EAGI - 30060 Nella pratica, tali strategie di integrazione si presentano in forme miste. Può avvenire sia per processi di interni che attraverso l’acquisizione di altre imprese legate o meno da relazioni di filiera. I vantaggi dello sviluppo verticale sono: - Tecnici: coordinamento più stretto e razionale delle attività; - Economici: appropriazione dei margini di profitto di clienti e fornitori e riduzione dei costi di transazione; - Concorrenziali: aumento del potere di mercato nei confronti di fornitori e/o clienti, innalzamento di barriere all’entrata e controllo di competenze distintive per costruire il vantaggio competitivo. Gli svantaggi invece: o Innalzamento dei costi burocratici; o Investimenti necessari (talvolta ingenti) per la fase internalizzata; o Dimensioni minime efficienti (probabili diseconomie di scala); o Rigidità e rischi (aumento della rigidità della struttura dei costi e riduzione della flessibilità strategica). I costi di transazione Transazione: si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso un'interfaccia tecnologicamente Espansione nei business esistenti separabile. I costi di transazione – Passaggio tra fasi produttive tecnologicamente separabili svolte internamente o esternamente; – L’insieme delle attività svolte internamente costituisce i confini aziendali. ▪ La tenere Quali transazioni dinamica all'internodei costi di transazione dell'organizzazione e per quali, invece,definisce i operatori? ricorrere ad altri confini dell’attività di impresa o Identificare le attività; o Confrontare i costi dell’internalizzazione con i costi dell’esternalizzazione. Quando ▪ dei La dinamica i costi definisce costi di transazione di transazione nel rapporto i confini dell’attività di impresa. con i fornitori o Quando i costi di transazione nel rapporto con i fornitori o con i distributori sono elevati, l’impresa potrà con i distributori sono elevati, l’impresa potrà decidere di decidere di espandere internamente le funzioni di approvvigionamento o di distribuzione invece di ricorrere al espandere internamente le funzioni di approvvigionamento o mercato (make). di distribuzione Le determinanti invece dei costi di transazione sono:di ricorrere al opportunismo mercatolimitata – razionalità (make). – specificità del bene – frequenza e incertezza. MAKE Vs. BUY Costi di realizzazione Prezzi di acquisto (a monte) interna o prezzi di vendita (a valle) + + Costi di coordinamento Costi di transazione esterna interno 14 Diversificazione EAGI - 30060 La diversificazione è una scelta strategica con cui l’impresa allarga l’ambito di attività in termini di prodotti venduti o di mercati serviti à Aggiunta di attività appartenenti a filiere differenti. Si distingue fra diversificazione correlata (percorso di crescita orizzontale lungo sentieri prossimi a quelli esistenti) e conglomerale (crescita mediante il passaggio a business completamente nuovi per tecnologie e caratteristiche dei clienti serviti). La diversificazione può offrire quattro tipi diversi di economie: 1. Sinergie ó Lo svolgimento congiunto di due o più attività porta a un risultato superiore a quello dato dalla somma dei risultati che si ottengono dalle stesse attività se svolte separatamente; 2. Economie di raggio d’azione (o di scopo) ó Sono costituite da risparmi di costo che derivano dalla presenza contemporanea in più settori di attività. Si hanno quando, nella produzione di due o più output diversi, si realizzano dei vantaggi utilizzando risorse in comune, che possono essere: o Materiali: condivisione di elementi materiali della struttura produttiva (impianti e attrezzature) o della struttura di vendita (canali e reti distributive); o Immateriali (immagine, know-how, risorse manageriali). 3. Economie finanziarie ó Si crea una sorta di mercato finanziario interno nel gruppo complesso si imprese che si è formato. Si creano divisioni che producono e divisioni che assorbono risorse finanziarie; 4. Riduzione del rischio ó Avviene se i settori di attività in cui opera un gruppo differiscono. Focalizzazione sul core business Le strategie di focalizzazione sul core business dovrebbero essere intraprese come opzioni strategiche di rafforzamento o di assestamento dell’impresa. Tali strategie si sostanziano in processi di ristrutturazione improntati a maggiore prudenza nella gestione delle risorse e alla difesa delle posizioni occupate concentrando o rifocalizzando l’attività sul core business, o sulle competenze distintive, cioè su cosa si sa fare meglio. Corporate restructuring & development e outsourcing (esternalizzazione) sono le strategie volte a ridefinire l’organizzazione d’impresa. Dovrebbero essere intraprese come opzioni strategiche di rafforzamento o di assestamento dell’impresa. Tali strategie si sostanziano in processi di ristrutturazione (rightsizing) improntati a maggiore prudenza nella gestione delle risorse e alla difesa delle posizioni occupate, ri-focalizzando l’attività sul core business. Il corporate restructuring § develpement è una forma di radicale intervento sulla struttura organizzativa che punta a razionalizzare i settori di attività di un gruppo diversificato generalmente di grandi dimensioni. Si concentra esclusivamente sui settori ritenuti centrali. Il disinvestimento non solo contribuisce a snellire l’organizzazione e a rifocalizzare i piani di sviluppo ma può anche generare importanti risorse finanziarie, da utilizzare per ridurre l’indebitamento e alimentare nuovi investimenti nel core business. Queste decisioni sono prese in base a parametri numerici di efficienza, quali: - Costi fissi sul totale delle vendite; - Vendite per dipendente; - Utile per dipendente; - Personale di staff in percentuale sul personale complessivo; - Valore aggiunto per addetto. Il benchmarking è un’attività di confronto tra ciò che si fa in azienda e le esperienze più qualificate disponibili nel settore, prese come modello di riferimento. L’outsourcing è la ricerca sistematica di occasioni di affidamento a terzi di processi in precedenza realizzati internamente. Generalmente, sono dedicate all’esterno tutte le operazioni non core. L’outsourcing completo prevede l’esternalizzazione di tutte le operazioni e attività inerenti a una funzione aziendale mentre quello parziale l’esternalizzazione di solo alcune parti dell’intero processo produttivo. Genera dei problemi di coordinamento causati dalle relazioni con le risorse esterne. CASO CALZEDONIA Sandro Veronesi fonda Calzedonia nel 1987 a Verona con l’obiettivo di creare una catena di negozi specializzati in calze (all’epoca si acquistavano in mercerie/supermercati/negozi di abbigliamento). I negozi all’inizio sono in franchising (il contratto di affiliazione commerciale in cui il negoziante distribuisce i prodotti della catena ma mantiene la sua indipendenza) ó Vende calze da donna di altri produttori, soprattutto quelle di Golden Lady (di Nerino Grassi, suo suocero). Ben presto introduce calze di produzione propria, con prezzi competitivi, di buon gusto e attenti al fattore moda. Toglierà spazio, col tempo, anche agli altri marchi. Nel 2002 anche Golden Lady interromperà i rapporti e Calzedonia diventerà definitivamente monomarca. Il picco delle vendite in Italia è stato raggiunto nel 2005 ma in seguito il mercato mostra un costante calo dovuto ai cambiamenti di gusto della clientela femminile (oltre 600 milioni di calze vendute nel 1995. Circa 250 nel 2015). A livello internazionale si osserva il medesimo andamento anche negli USA e nei maggiori mercati europei. La crescita complessiva della domanda mondiale è dovuta esclusivamente ai Paesi emergenti (la Cina è il primo mercato dal 2008). Nonostante il declino del settore, il gruppo Calzedonia non ne risente e anzi, con un fatturato di oltre 1,8 miliardi di euro, si colloca fra le maggiori realtà della moda italiane. Il successo è dovuto a varietà e freschezza dell’offerta, all’ottimo rapporto qualità/prezzo, all’apprezzamento dei marchi e all’esteso radicamento commerciale. Il gruppo conta oltre 4mila negozi in oltre 50 Paesi e i dipendenti superano i 30mila. I marchi del gruppo sono: 1. Calzedonia ó Prodotti attenti alla moda e con buona qualità-prezzo. Assortimento sempre molto vario con i legging che sono diventati una categoria di prodotto importante. Il target della clientela è ampio. Il marchio è sostenuto da investimenti in comunicazione. Nel 2015 propone una linea premium di calze velate; 2. Intimissimió Nasce nel 1996 con negozi incentrati sull’intimo uomo e donna + pigiameria e scelta di abbigliamento femminile in maglia. Qualità-prezzo, clientela e location simili a Calzedonia. Minori investimenti in comunicazione. 2015 = Intimissimi Uomo; 3. Tezenis ó Introdotto nel 2003, propone intimo e maglieria con prezzi più bassi di quelli di Intimissimi à Clientela giovane. Prodotto trendy e di qualità ragionevole. Minimo sostegno pubblicitario. Successo in Spagna, Portogallo e Grecia; 4. Cash§Carry by Calzedonia ó 2 punti vendita all’ingrosso che propongono un assortimento senza marca di intimo, pigiameria e maglieria; 5. Falconeri ó Azienda di maglieria vicentina, con forte tradizione nella produzione di maglieria di cashmere per uomo e donna. Acquistato da Calzedonia nel 2009. Design ricercato, prodotti di qualità, prezzi accessibili. Produzione in tutta Italia con negozi nelle zone più prestigiose delle città. Oltre 50 negozi (anche all’estero); 6. Signorvino ó Catena di enoteche dedicate alla degustazione. Nasce nel 2012 dalla passione personale di Veronesi. 10 punti vendita circa a fine 2015; 7. Agribel ó Azienda Agricola nel Parco Regionale dei Castelli Romani; 8. Atelier Emé ó Produce abiti da sposa e da cerimonia. Storica azienda mantovana con produzione artigianale, rilevata dal gruppo nel 2014 à Rilancio con fasce di prezzo più basse. Calzedonia, Intimissimi e Tezenis rimangono le forze trainanti e sono cresciute parallelamente negli ultimi anni. Hanno un modello di business simile. Vi è una ricerca stilistica accurata e un’attenzione verso i gusti e le tendenze. Produzione svolta in proprio anche se gran parte degli stabilimenti sono in Paesi a basso costo. I negozi hanno un’immagine molto curata. L’e-commerce copre l’1,5% delle vendite (per concorrenti stranieri il 5-6%). In Italia, Calzedonia, Intimissimi e Tezenis hanno la leadership di quota di mercato nei business della pigiameria, dei costumi e dell’intimo mentre Golden Lady è al primo posto nella calza in termine di vendite di gruppo à Calzedonia è il singolo marchio più venduto. Tutte le aree d’affari sono in declino in Italia. Calzedonia ha aumentato molto la sua presenza all’estero e ad oggi il fatturato si ripartisce grosso nodo in quote uguali fra Italia e mercati stranieri ma le vendite di questi ultimi crescono più che velocemente. Il secondo mercato dopo l’Italia è la Russia. Di fatto, il gruppo Calzedonia sta razionalizzando e riducendo la rete commerciale italiana e concentrando le risorse sulle aperture commerciali all’estero. I concorrenti internazionali diretti sono le catene Oysho, Princess Tam-Tam, Triumph ed Etam. Victoria’s Secret si posiziona in una fascia leggermente più alta di mercato. LA GESTIONE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E GLOBALIZZAZIONE L’espansione internazionale può definirsi la strategia diretta ad assicurare in modo sistematico nuovi sbocchi all’estero per le produzioni realizzate nel Paese di origine à Localizzare parte delle proprie attività al di là dei confini nazionali. Tutti i sistemi economici nazionali sono oggi strettamente interdipendenti fra loro e vari fenomeni socio- economici, sviluppatisi a livello mondiale, hanno compresso le distanze spaziali e temporali fra i Paesi e continenti. Un fattore determinante in tale processo di trasformazione è stato lo sviluppo delle transazioni tra le nazioni e la crescente facilità di trasferimento internazionale di beni, servizi, capitali, risorse umane, tecnologie, informazioni e dati. Alla base delle dinamiche della geografia economica troviamo l’evoluzione dei vantaggi comparati, ossia delle caratteristiche rendono un Paese particolarmente efficiente nello svolgimento di una data produzione di beni o servizi à Permettono di esportare competitivamente i propri prodotti in altri mercati ma sono soggetti a incessanti variazioni ó È frequente che un Paese perda il proprio vantaggio e che passi da esportatore ad importatore. Il processo di internazionalizzazione e globalizzazione delle imprese Il processo di internazionalizzazione delle imprese ha natura strategica e si basa sull’interazione di diversi fattori interni ed esterni. La spinta a internazionalizzarsi è interna quando il management vede nella crescita internazionale un mezzo per il perseguimento della missione dell’impresa. La spinta è esterna quando è stimolata da favorevoli condizioni di ingresso in un mercato estero, da un rassicurante contesto macro-ambientale, politico ed economico, da una struttura settoriale già orientata all’internazionalità, da scarse prospettive di sviluppo nel paese di origine. Il processo di internazionalizzazione può condurre a diversi orientamenti d’impresa: Þ Internazionale: si caratterizza per lo sfruttamento delle conoscenze e delle capacità della casa madre ai fini della loro diffusione nei vari Paesi del mondo. Spesso c’è il rischio che il management sottovaluti le differenze internazionali o che sopravvaluti i vantaggi competitivi dell’impresa; Þ Multinazionale: mira a creare una forte presenza locale cercando di rendersi sensibile e adattiva alle differenze nazionali. In genere, entra nei Paesi ospiti mediante l’investimento diretto, internazionalizzando le attività tecnico-produttive e commerciali à Elevati rischi e ingenti risorse finanziarie. L’impresa multinazionale gestisce le proprie attività come un portafoglio di iniziative diverse (al di sopra delle strategie locali si pone pur sempre una strategia multinazionale). Tale modello risulta vincente in quei settori in cui il confronto concorrenziale avviene nazione per nazione; Þ Globale: affronta Paesi differenti, un limitato ambito geografico sovrannazionale o l’intero mondo sviluppato, come se fossero un unico grande mercato indifferenziato. Le decisioni localizzative sono finalizzate alla ricerca di economie di scala e di sfruttamento di differenziali locali di costo e di qualità. Questa strategia abbatte i costi medi mentre le imprese che la attuano tenderanno a rendere globale anche il settore di appartenenza ó Un settore è globale se le imprese che vi operano possono acquisire Orientamenti dell’impresa nelle scelte di significativi vantaggi competitivi integrando le attività su scala mondiale. L’impresa tende a globalizzarsi in virtù di innovazioni che permettono di proporre sul mercato prodotti estensione internazionale universali, graditi cioè a consumatori di Paesi differenti. Orientamenti dell’impresa nelle scelte di estensione internazionale: Le tre A delle strategie di internazionalizzazione 6 Nella strategia globale occorre bilanciare le economie di scala (che spingono a standardizzare le attività EAGI - 30060 internazionali) con l’esigenza di adattamento locale (che spinge a variare le attività internazionali). Le opzioni possibili sono: Þ Adattamento: unità locali (subsidiaries) indipendenti operanti nei vari Paesi, senza sfruttamento delle economie di scala; Þ Aggregazione: centralizzazione delle attività in una o in poche macro-regioni, che servono i vari mercati locali; Þ Arbitraggio: disaggregazione della catena del valore per beneficiare dei vantaggi comparati dei vari Paesi. Strategie di internazionalizzazione Le scelte di internazionalizzazione delle imprese dipendono in primo luogo dalle caratteristiche del settore. Possiamo distinguere nella strategia di internazionalizzazione forme differenti, che ruotano intorno a due elementi: o la realizzazione o meno di produzioni all’estero; o la presenza o meno di investimenti diretti oltre i confini nazionali. Tipologie di internazionalizzazione: I. Operazioni commerciali senza investimenti diretti all’estero ó L’impresa si limita all’esportazione di parte della propria produzione, direttamente o indirettamente; II. Operazioni produttive senza investimenti diretti all’estero ó Si affida la produzione a operatori stranieri. La commercializzazione è a cura dei partner stranieri, con proprio marchio, o del produttore originario, a seconda degli accordi. III. Operazioni commerciali con investimenti diretti all’estero ó L’impresa mantiene nella propria nazione di origine i processi produttivi ma installa all’estero una propria organizzazione commerciale. Si può scegliere fra un investimento completo oppure servirsi di importatori e distributori. IV. Operazioni produttive con investimenti diretti all’estero ó Svolgimento di fasi di lavorazione Strategie di internazionalizzazione o dell’intero ciclo produttivo all’estero. Spesso l’internazionalizzazione avviene mediante un graduale passaggio attraverso tutte le modalità presentate. Una multinazionale deve decidere quali attività della catena del valore svolgere in modo centralizzato in un ▪ e Tipologie solo Paese di internazionalizzazione quali distribuire presso ogni filiale nazionale. Configurazione delle attività delle imprese internazionali Strategie di internazionalizzazione A. Strategia di esportazione con commercializzazione decentralizzata à Si concentrano nel Paese d’origine tutte le attività, soprattutto quelle produttive; 9 B. Strategia multi-domestica EAGI - 30060 à Si disperdono le attività della catena del valore e si lascia alle singole unità locali ampia autonomia: C. Forte investimento all’estero e forte coordinamento delle attività à L’impresa opera in maniera ▪ Configurazione delle attività delle imprese dispersa, decentralizzando il più possibile le attività della catena del valore ma allo stesso tempo si mantiene un forte coordinamento di tutte le filiali, internazionali D. Strategia globale pura à Si realizza una forte centralizzazione delle risorse decisive rispetto ai vantaggi competitivi. 10 EAGI - 30060 LE STRATEGIE COLLABORATIVE Contrariamente ai modelli tradizionali in cui l’accento è posto sulla capacità di ciascuna impresa di imporsi sul mercato (rivalità) ottenendo performance differenziali rispetto ai propri concorrenti, la visione relazionale enfatizza i benefici di modelli cooperativi tra attori operanti nel medesimo settore o in settori differenti. La crescita contrattuale La crescita contrattuale si pone come una modalità «intermedia» tra la crescita interna ed esterna, e comprende un’ampia tipologia di forme di collaborazione e cooperazione con terzi. Negli anni recenti si è visto un moltiplicarsi di accordi fra imprese, come conseguenza della globalizzazione dei mercati e del miglioramento dei mezzi di comunicazione, che facilitano gli scambi informativi necessari per la gestione in comune di attività. In generale, la base economica della collaborazione interaziendale o di un’alleanza strategica risiede nella possibilità di svolgere in modo migliore una o più attività della catena del valore. I vantaggi perseguiti mediante gli accordi si possono classificare in: Þ acquisizione di economie di scala, di apprendimento e di altri vantaggi di costo legati a sinergie (si realizzano in tempi brevi con la massima flessibilità); Þ accesso ad asset esclusivi, messi a disposizione dal partner (Ogni partecipante dispone di risorse esclusive di cui la controparte possa avvantaggiarsi, in una logica di scambio e miglioramento La crescita contrattuale comune); Þ riduzione dei rischi e condivisione degli investimenti finanziari; ▪ La Þ unione delle formazione forze per provare adicambiare un’alleanza deve la struttura essere preceduta da settoriale. un’attenta analisi non soltanto degli obiettivi strategici e La formazione di un’alleanza deve essere preceduta da un’attenta analisi non soltanto degli obiettivi finanziari che possono essere conseguiti, ma anche della strategici e finanziari che possono essere conseguiti, ma anche della compatibilità delle culture compatibilità organizzative chiamate a collaborare. delle culture organizzative chiamate a collaborare. Le forme delle relazioni cooperative ▪ Dal punto di vista strutturale, il vantaggio competitivo relazionale può essere perseguito attraverso diverse forme Le forme delle relazioni cooperative 5 EAGI - 30060 di accordo Dal punto di vista strutturale, e di cooperazione. il vantaggio competitivo relazionale può essere perseguito attraverso diverse forme di accordo ▪e diSecondo cooperazione. tale approccio, le relazioni cooperative si Secondo tale approccio, le relazioni possono cooperative suddividere si possono in due grandisuddividere gruppi: in due grandi gruppi: 1. Relazioni deboli ó Semplice comunanza di interessi; – relazioni deboli 2. Relazioni forti ó Strutture formali, quali contratti o scambio di capitale, legano fra loro i partecipanti. – relazioni forti 6 EAGI - 30060 Relazioni deboli 1. Presenza incrociata di amministratori negli organi di governo di due o più imprese ó Ottenere l’accesso a particolari risorse coinvolgendo nel CdA membri di istituzioni finanziarie, oppure risorse informative e di conoscenza, attraverso la possibilità di fusione di innovazioni tecnologiche; 2. Associazioni di categoria o territoriali ó Si formano, nel settore, società senza scopo di lucro con l’obiettivo di raccogliere e distribuire informazioni commerciali, tecniche, legali alle imprese del settore à Costruire piattaforma per azioni di lobbying verso le autorità governative e l’opinione pubblica; 3. Alleanza ó Accordi che coinvolgono più imprese su base essenzialmente contrattuale e che possono riguardare diversi ambiti dell’attività aziendale. MANCANZA DI INVESTIMENTO DI CAPITALE à Alleanze di natura tecnologica che riguardano le attività di ricerca e sviluppo o la produzione, oppure sono di mercato e coinvolgono il marketing e l’area commerciale; 4. Network stabili di fornitura o di distribuzione ó Accordi realizzati lungo la filiera per ottimizzare le operazioni di acquisto o vendita. Si realizzano tra PMI. Le forme di collaborazione su base locale, in Italia, hanno dato vita a distretti industriali, aggregazioni su base locale di PMI dalle produzioni simili o complementari à Creazione di vere e proprie aree di specializzazione. Relazioni forti Presuppongono strutture formali (nuova entità di impresa) e richiedono un investimento in termini di capitale. A. Consorzio ó Creazione di una nuova società attraverso l’apporto di capitale da parte di una serie di imprese, con lo scopo di raggiungere obiettivi comuni più efficacemente e/o velocemente rispetto all’iniziativa singola; B. Joint venture ó Due imprese realizzano una terza iniziativa, apportandovi capitale e risorse, per scopi comuni, anche in questo caso speso afferenti agli aspetti della ricerca e della commercializzazione. L’investimento delle singole imprese, essendo numericamente poche, è rilevante. [ATI = Associazione Temporanea di Imprese. È meno formale, basta fare una scrittura dove ci si impegna a creare un’associazione temporanea (ha come scadenza la durata del progetto, della gara, del finanziamento).] Motivazioni e risorse coinvolte nella cooperazione Le forme di cooperazione e le alleanze trovano un’importante motivazione se analizzate in una prospettiva resource-based. In tale prospettiva, le forme di cooperazione hanno due motivazioni principali: I. L’ottenimento di risorse à Si realizza con modalità di cooperazione molto diverse da quelle che si possono attivare tramite forme più radicali (nella maggior parte dei casi l’impresa è interessata solo a parte delle risorse del partner à Alleanza); II. La difesa di risorse e competenze; Le risorse coinvolte possono essere di due tipi: 1. Risorse proprietarie: macchinari, brevetti, ecc (con regimi «forti» di difesa); 2. Risorse basate sulla conoscenza: know-how, fiducia, ecc (con regimi «deboli» di difesa). Vi sono due grandi categorie di risorse che possono essere coinvolte in una cooperazione fra aziende: o Risorse proprietarie à Macchinari, brevetti e tutti gli inpu