I Rischi Psicosociali PDF
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Università degli Studi di Torino
Monica Molino
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Questo documento presenta una panoramica dei rischi psicosociali sul luogo di lavoro. Vengono elencati i quattro principali gruppi di fattori di rischio, inclusi quelli di tipo fisico, chimico, biologico e organizzativo. Il documento analizza lo stress lavoro-correlato, le sue cause e conseguenze, con un'attenzione particolare alla prevenzione e alle strategie di gestione dello stress.
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Psicologia del lavoro – canale A Chiara Ghislieri e Monica Molino Università degli Studi di Torino Dipartimento di Psicologia AA 2024/2025 I rischi psicosociali Monica Molino D.lgs. n.81 del 9 aprile 2008 «…migliorare la sicurezza e la salute nei luogh...
Psicologia del lavoro – canale A Chiara Ghislieri e Monica Molino Università degli Studi di Torino Dipartimento di Psicologia AA 2024/2025 I rischi psicosociali Monica Molino D.lgs. n.81 del 9 aprile 2008 «…migliorare la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, ridurre i rischi. Il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress lavoro correlato». 3 I fattori di rischio al lavoro Il rischio è la probabilità che si verifichi un evento dannoso. Il "fattore di rischio" è la causa che può determinare un simile evento. In ambito lavorativo possono essere classificati quattro gruppi principali di fattori di rischio. 4 Primo Fattore di Rischio 1. rischi di tipo fisico: rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, illuminazione, pressione barometrica, etc. 5 Secondo Fattore di Rischio 2. rischi di tipo chimico e biologico: i rischi chimici sono a loro volta suddivisi secondo lo stato fisico (solidi, liquidi e gassosi, polveri, fumi, nebbie, gas e vapori); secondo l'origine (naturali e sintetici); secondo la composizione (sostanze organiche ed inorganiche); secondo il loro effetto sull'organismo (irritanti, allergizzanti, tossici, cancerogeni, mutageni, ecc). Al rischio di natura biologica sono riconducibili virus, batteri, protozoi, parassiti. 6 Terzo Fattore di Rischio 3. rischi legati alla fatica fisica: i rischi legati alla fatica fisica sono suddivisi in rischi di "fatica dinamica" (spostamento manuale di carichi, movimenti anomali) e rischi di "fatica statica" (posture incongrue obbligate). 7 Quarto Fattore di Rischio 4. rischi legati all'organizzazione del lavoro: Si tratta di rischi legati ad aspetti di progettazione, di organizzazione e di gestione del lavoro (carichi di lavoro, responsabilità, ecc.). I fattori di rischio psicosociale sono riconducibili a questo quarto gruppo di rischi. 8 Rischi psicosociali I rischi psicosociali sono definiti: dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, 1986) come l’esito dell’interazione tra contenuto del lavoro, gestione ed organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e organizzative da un lato, competenze ed esigenze dei lavoratori dall’altro; da Cox e Griffiths nel 1995 come i fattori che riguardano oltre agli aspetti di progettazione del lavoro e organizzativi anche i contesti ambientali, sociali e relazionali a questi legati che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici in modo diretto ed indiretto. 9 Rischi psicosociali Una definizione più estesa (Bisio, 2009) include nei rischi psicosociali: 1. I rischi che la situazione sociale faciliti prestazioni di sicurezza ridotte, quali comportamenti a rischio, scarsa partecipazione alle iniziative di sicurezza, una comunicazione non funzionale al lavoro sicuro. 2. I rischi che la situazione sociale favorisca l’insorgenza di stress, burnout, ma anche altri comportamenti negativi quali mobbing o molestie di diverso tipo. 3. I rischi che la situazione sociale non consenta di cogliere le opportunità di crescita e di sviluppo delle persone in organizzazione. 10 Rischi psicosociali Fattori di STRESS rischio psicosociale Antecedenti dello stress: influiscono negativamente sulla salute e sulla sicurezza dell’individuo. 11 Stress (Selye) Sindrome generale di adattamento: «tentativo dell’organismo di far fronte a una minaccia attraverso una risposta». Termine preso dal lessico fisico: effetti subiti dai materiali metallurgici sottoposti a forte pressione. 12 Stress (Selye) Negli anni ’30, Selye inietta quotidianamente una sostanza a dei ratti per testarne gli effetti, e riscontra poi tra questi topi ulcere peptiche, atrofia dei tessuti del sistema immunitario e un notevole ingrossamento delle ghiandole surrenali. Gli stessi sintomi si potevano tuttavia riscontrare anche in quei ratti in cui era stata iniettata quotidianamente una soluzione fisiologica! Quindi i sintomi potevano essere una risposta dell'organismo alle sollecitazioni esterne. 13 Sindrome generale di adattamento 1. Prima reazione di allarme: affrontare o scappare? 2. Seconda di resistenza: risorse aggiuntive per mantenere l’equilibrio 3. Terza di esaurimento: risorse non più disponibili. 14 Fonti, cause ed effetti Stressor: la fonte di stress, ciò che lo ingenera. Stress: la somma di tutte le influenze che provengono da fonti esterne e interferiscono con la persona sino a condizionarla mentalmente e/o fisicamente. Distress: fallimento adattivo della risposta. Eustress: energia ben utilizzata. Strain: l’effetto immediato (non di lungo termine) dello stress, lo sforzo psicologico e psicofisiologico di un individuo a fronte di un’alta domanda ambientale. 15 Stress occupazionale / lavoro correlato Un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore (NIOSH). Lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste (OSHA-EU). Lo stress è dovuto alla disarmonia fra se stessi e il proprio lavoro, a conflitti tra il ruolo svolto al lavoro e al di fuori di esso, e da un grado insufficiente di controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita (EU Commission). 16 Conseguenze Se la risposta allo stress è inadeguata o eccessiva possono esserci conseguenze di diverso tipo: Piano fisiologico: alterazione del funzionamento dei sistemi endocrino, immunitario e nervoso, patologie cardiovascolari, insorgenza di diabete, sindromi metaboliche e obesità... Piano psicologico: insoddisfazione lavorativa, ansia, disturbi dell’umore… Piano comportamentale: disfunzioni alimentari, abuso di alcol, fumo, sostanze, azioni sociali negative… Piano organizzativo: calo produttività, aumento infortuni, assenteismo… 17 Le reazioni fisiche Palpitazioni Secchezza in bocca e in gola Sudorazione Disturbi apparato urinario Disturbi intestinali Disturbi digestivi Aumento o diminuzione dell’appetito Cefalea da tensione Dolori apparato muscolo-scheletrico Tremori, tic 18 Le reazioni psicologiche e comportamentali Ansia, irrequietezza, stato d'allarme Depressione Perdita della gioia di vivere Senso di stanchezza Senso di debolezza, di vertigine o di irrealtà Incapacità di attenzione e di concentrazione Disturbi del sonno Aumentato consumo di sigarette Aumentato consumo di tranquillanti o di stimolanti Consumo di alcol o di droghe 19 Le reazioni sul lavoro Assenteismo Presentismo Turnover Richieste di trasferimento Abbandono della postazione di lavoro Richieste di inabilità alle funzioni Problemi disciplinari, contenziosi Scarsa performance Comunicazione aggressiva tra il personale e con l’utenza Bassa qualità del servizio reso Maggiore frequenza degli infortuni 20 Antecedenti organizzativi dello stress Carico di lavoro Contenuto del lavoro Orario di lavoro Controllo sul lavoro / autonomia Ruolo nell’organizzazione Cultura organizzativa Sviluppo di carriera Qualità delle relazioni Giustizia organizzativa RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 21 Carico di lavoro Le richieste che il lavoro pone al lavoratore, in termini quantitativi e qualitativi Sovraccarico di lavoro: eccessiva quantità di compiti da svolgere nel tempo a disposizione o eccessiva complessità del lavoro rispetto alle proprie abilità. Sottocarico di lavoro: carenza di attività di lavoro, può portare a demotivazione e insoddisfazione lavorativa. 23 Contenuto del lavoro Il lavoro può generare stress anche quando è monotono, ripetitivo e non permette di utilizzare le proprie capacità, oppure quando manca un feedback sull’adeguatezza della prestazione fornita. 24 Contenuto del lavoro… quali domande? Di tipo cognitivo: richiedono l’elaborazione di informazioni. Può portare a una risposta da stress caratterizzata da fatica mentale. Di tipo fisico: riguardano lo sforzo scheletrico- muscolare. Può portare stanchezza fisica. Di tipo emotivo: richiedono la gestione delle relazioni interpersonali e il controllo delle emozioni manifestate. 25 Orario di lavoro Lavoro a turni, di notte: può influire negativamente sulla salute psicofisica, altera i ritmi circadiani. Lavoro prolungato (più di 48 ore settimanali): sensazione di fatica fisica, disturbi del sonno, ansia e depressione. Rigidità dell’orario di lavoro o sua imprevedibilità (lavoro su chiamata). Dall’orario dipende la possibilità di conciliare il lavoro con gli impegni familiari. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 27 Controllo sul lavoro/Autonomia Scarso controllo sul lavoro: impossibilità di prendere decisioni su come, quando e dove lavorare. Riduce la soddisfazione lavorativa e può portare all’insorgenza di sintomi psicosomatici se non addirittura di problemi cardiovascolari. Cosa accade se si lavora a distanza (smart working o telelavoro)? Nuove opportunità e nuovi stressors. 28 Ruolo lavorativo Il ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione genera delle aspettative nei confronti dei colleghi, dei superiori e dei collaboratori. Conflitto di ruolo (aspettative non compatibili): Quando i valori e le credenze del lavoratore non sono congruenti alle aspettative dell’organizzazione Quando vi è un sovraccarico di lavoro: non è possibile soddisfare tutte le aspettative nel tempo a disposizione perché sono troppo numerose o eccessivamente complesse. Quando vi è conflitto lavoro-famiglia: il ruolo familiare interferisce con quello lavorativo o viceversa. 29 Ruolo lavorativo Ambiguità di ruolo: Quando le aspettative rivolte al lavoratore non sono chiare: scarsa demarcazione dei confini dei propri compiti e funzioni o scarsa consapevolezza dei compiti e delle funzioni assegnate. Il conflitto e l’ambiguità di ruolo possono suscitare intense emozioni negative e portare a mettere in atto comportamento controproducenti. 30 Qualità delle relazioni professionali Carenza di supporto sociale da parte dei colleghi e del superiore: determina un aumento della percezione di pericolosità degli altri fattori. Stili di leadership: Stile passivo o laissez-faire genera ambiguità di ruolo e può portare all’insorgere di conflitti interpersonali tra i lavoratori. Stile abusante o punitivo: il leader si mostra aggressivo, punisce i lavoratori senza ragione, ne sottolinea gli errori e li minaccia. Genera ansia, depressione e alienazione. 31 Giustizia organizzativa Percezione del lavoratore di essere trattato in maniera equa/ingiusta. Giustizia retributiva: percezione di ricevere dall’organizzazione un’adeguata retribuzione, possibilità di promozione, carico di lavoro. Giustizia procedurale: equità del processo decisionale (modalità e criteri utilizzati per prendere decisioni). Giustizia relazionale: riguarda il modo in cui le decisioni vengono comunicate al lavoratore (con rispetto, cortesia e onestà). 32 Gestione organizzativa Influenza il comportamento di coloro che fanno parte dell’organizzazione. Fattori di rischio: Modalità di gestione del cambiamento: se i lavoratori non vengono informati sulle ragioni del cambiamento, sull’impatto che questo avrà sul modo di lavorare e non vengono adeguatamente formati, ma anzi i cambiamenti vengono imposti dall’alto in modo rigido. Mancanza di comunicazione. Carenza cronica di personale. 33 Sviluppo di carriera Progressione nella gerarchia lavorativa all’interno della stessa organizzazione o della medesima professione. Il lavoratore che ritiene di non avere possibilità di promozione, né di accedere a momenti di apprendimento e sviluppo personale, avrà la sensazione di essere intrappolato in una data posizione lavorativa e di non poter aggiornare le proprie conoscenze. Anche l’insicurezza lavorativa è un importante fattore di rischio, che si riferisce alla percezione soggettiva di poter perdere il lavoro e diventare disoccupati. 34 Ulteriori fattori di stress esterni al lavoro Eventi di vita: perdita di persone care malattie cambiamenti esistenziali Condizioni di vita: Interdipendenza dei familiari fattori individuali, economiche lavorativi, organizzativi, sociali abitative pendolarismo Interazioni/Conflitti “casa-lavoro” 35 Caratteristiche individuali Possono influire sulla capacità, di un dato fattore di rischio, di rispondere allo stress. Conoscerle permette di orientare l’intervento preventivo verso i gruppi di lavoratori che risultano maggiormente a rischio. Caratteristiche demografiche: genere, età, etnia e cultura. Caratteristiche disposizionali: tipo A, alessitimia, affettività negativa e nevroticismo. 36 Genere Le donne riportano un peggiore stato di salute mentale rispetto agli uomini, in particolare manifestano una prevalenza di disturbi d’ansia e depressivi e una più alta incidenza di esaurimento emotivo. Spiegazione biologica: differenze ormonali e genetiche legate al genere, si tratta tuttavia, di una spiegazione con basso potere esplicativo. Fattori disposizionali: tendenza delle donne a rimuginare sugli stati emotivi negativi, che vengono inoltre sperimentati con maggiore intensità o sul maggiore ricorso a strategie di coping focalizzate sulle emozioni. 37 Genere Fattori esterni: le donne lavorano prevalentemente nel settore sanitario. Relazioni sociali: viene loro riconosciuto minore potere; devono occuparsi contemporaneamente della carriera e della famiglia; subiscono più discriminazioni sul lavoro; sono più soggette a maltrattamenti e abusi sessuali. 38 Età Lavoratori di mezza età (40-50 anni): subiscono maggiormente pressioni familiari, economiche e lavorative. I lavoratori più giovani sono maggiormente esposti ai fattori di rischio fisico, al lavoro a turni, nei weekend e con un orario irregolare. I lavoratori più anziani presentano una notevole variabilità individuale: molti sanno utilizzare strategie per compensare il decadimento fisiologico e cognitivo. 39 Comportamento di tipo A Senso di urgenza del tempo, competitività, rabbia/ostilità, aggressività e ambizione. Se livelli elevati: tendenza patologica valutato da MMPI-2. Comportamento che può ricevere rinforzi dall’organizzazione: la persona lavora più a lungo, problemi nelle relazioni interpersonali per via dell’incapacità di ascoltare gli altri e dell’egoismo. Rabbia e ostilità favoriscono comportamenti come il consumo di alcol e tabacco e l’isolamento sociale: aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. 41 Comportamento di tipo A Possibili effetti nella relazione con il lavoro: Overcommitment: ipercoinvolgimento nel lavoro. Workaholism: dipendenza dal lavoro. Si lavora molto più di quanto sia necessario, al punto da trascurare le altre aree della vita; ci si sente in colpa se non si sta lavorando. Lavoro eccessivo e lavoro compulsivo. Ossessione nei confronti del lavoro. 42 Alessitimia Difficoltà a identificare le proprie e altrui emozioni e ad esprimerle in parole ed è legata a una ridotta capacità introspettiva. È un fattore di vulnerabilità perché la persona non riesce a identificare le proprie risposte emotive e quindi ad agire nei confronti dello stimolo che le provoca. È probabile che l’individua rimanga esposto all’agente stressante per un periodo più prolungato. 43 Le strategie di coping Il concetto di coping, che può essere tradotto con “fronteggiamento”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi”, indica l'insieme di strategie mentali e comportamentali che sono messe in atto per fronteggiare una certa situazione. Possono facilitare una interpretazione degli eventi maggiormente adattiva o al contrario ostacolare l’elaborazione di un evento (disadattiva) (Zani e Cicognani, 1999). 50 Le strategie di coping Coping attivo: intraprendere azioni per rimuovere o aggirare lo stress, ad esempio pensare come aumentare il numero di opzioni possibili per affrontare una situazione. Focalizzate sul Focalizzate sulle problema emozioni 51 Pianificare Pensare a come affrontare lo stress identificando i passaggi della situazione che si presenterà, pianificare gli sforzi, le energie, organizzare il tempo a disposizione. 52 Supporto strumentale Chiedere aiuto, cercare assistenza, informazioni o consigli su cosa fare, come affrontare un problema, una situazione vissuta con disagio o preoccupazione. 53 Supporto emotivo Suscitare sentimenti positivi negli altri, cercare una persona che empaticamente entri in relazione e capisca il disagio vissuto, con cui confidarsi, sentirsi accolti e accogliere a propria volta. 54 Religione Maggiore impegno nelle attività religiose, nella preghiera, nell’affidare i propri stati emotivi cercando una consolazione, un senso al disagio che si sta vivendo. 55 Ristrutturazione positiva Cercare di vedere il lato positivo della situazione, pensare che si è fatto del proprio meglio. 56 Accettazione Accettare il fatto che l'evento stressante sia avvenuto ed è reale, non è più possibile modificarlo, accettare i sentimenti che questo ha provocato. 57 Espressione Consapevolezza della propria sofferenza emotiva e una contemporanea tendenza a esprimere o a scaricare quei sentimenti. 58 Umorismo Attraverso l’ironia (ma non il cinismo…) e lo humour si ride di se stessi. L’autoironia è considerata uno dei principali fattori di resilienza dopo un trauma. 59 Negazione Tentativo di rifiutare la realtà dell'evento stressante, non se ne parla, si nega la sofferenza e le sue conseguenze. 60 Disimpegno comportamentale Rinunciare a raggiungere l'obiettivo con cui il fattore di stress interferisce, non si prendono in carico alcuni compiti/mansioni, ci si sottrae. 61 Abuso di alcool, farmaci, droghe Tentativo di obnubilare, di ottenere un effetto di ottundimento delle facoltà sensoriali, psichiche o mentali. 62 Distrazione Disimpegno psicologico, attraverso la creazione di una realtà fantasmatica, ci si proietta in un futuro che non arriva mai, disinteressandosi del presente. 63 Auto-accusa Si pensa di essere la causa del proprio problema, da cui non si vede una via d’uscita, la responsabilità di quanto accade viene vissuta come propria. 64 ULTERIORI RISCHI PSICOSOCIALI 65 Comportamenti non civili Comportamenti aggressivi «a bassa intensità» con un intento di danneggiare il bersaglio. I comportamenti incivili sono tipicamente sgarbati e non rispettosi, ma ci si può giustificare: «Non l’ho fatto apposta» «Non prendertela per così poco!» «Non intendevo offenderti…» RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 66 Il comportamento violento nei luoghi di lavoro Include violenza sia fisica, sia psicologica. Episodi dove il personale viene maltrattato, minacciato o aggredito in circostanze connesse al lavoro (compresi momenti per recarsi al lavoro da casa e viceversa). Tali episodi ledono la sicurezza, il benessere e la salute del lavoratore. La violenza sul lavoro può essere: senza relazioni (es. rapina in banca) relazione con cliente/utente/familiare relazione tra colleghi o capi strutturale (es. lavoratore «fuori ruolo»), di tipo psicologico che può sfociare nel fisico. 67 Il comportamento violento nei luoghi di lavoro Professioni a rischio più elevato: sanità servizi sociali istruzione commercio trasporti pubblica amministrazione difesa alberghi e ristoranti 68 69 Il mobbing To mob: assalire, malmenare (un soggetto da parte di una folla); affollare, accalcarsi. Ad utilizzare il termine per la prima volta fu l’etologo Konrad Lorenz (1961) per indicare gli attacchi tra individui della stessa specie (in particolare uccelli) e finalizzati all’esclusione di un membro dello stesso gruppo. Leymann (anni ’80): insieme di comportamenti distruttivi presenti all’interno degli ambienti di lavoro. 70 Il mobbing Mobbing al lavoro significa molestare, offendere, escludere socialmente qualcuno o influenzarne negativamente i compiti lavorativi. Per poter definire mobbing una particolare attività, interazione o processo è necessario che esso si verifichi regolarmente o ripetutamente, per esempio settimanalmente e in un periodo di tempo di almeno sei mesi. È un processo progressivo nel corso del quale una persona si trova a essere in una posizione di inferiorità ed è bersaglio di sistematiche azioni sociali negative. 71 Il mobbing Il mobbing non è un comportamento stabile, bensì un processo che necessita di evolvere attraverso differenti stadi. Harald Ege, che ha realizzato ricerche anche nel contesto italiano, ha proposto di descriverlo mediante un modello a 1 + 4 fasi. Condizione zero: conflittualità fisiologica. Fase 1: conflitto mirato. Fase 2: inizio del mobbing. Fase 3: errori e abusi dell’HR. Fase 4: esclusione dal mondo del lavoro. 72 Azioni mobbizzanti Obiettivo: compromettere la possibilità di svolgere il lavoro, ledere l’immagine del lavoratore, arrecare danni alla salute. ostacoli allo svolgimento dell’attività lavorativa e/o professionale emarginazione e isolamento sociale aggressione all’immagine inibizione della possibilità di espressione ostacoli al normale svolgimento della vita privata aggressioni alla salute intimidazioni e aggressioni fisiche 73 La vittima di mobbing La vittima mostra sintomi della malattia, è colpita da stress, si definisce passiva, dichiara di non avere colpa ma crede di sbagliare sempre tutto, non ha fiducia in se stessa, rifiuta ogni responsabilità per la situazione che si è venuta a creare oppure si accusa distruttivamente. Tipologie di persone: una persona sola (l’unica donna in un gruppo di lavoro) una persona strana (ad es. appartiene ad una minoranza) una persona che ha successo (suscita gelosia) una persona nuova (ha qualcosa in più: è più giovane, è più qualificata…) 75 Il mobber Assume comportamenti aggressivi, intensifica e prosegue il conflitto, non mostra senso di colpa e tende a colpevolizzare gli altri. Istigatore: mette in atto comportamenti aggressivi pianificati nei confronti di una vittima, scelta come bersaglio per sfogare il malumore o perché crede in questo modo di ottenere dei vantaggi. Collerico: non controlla i sentimenti di collera che sfoga verso le persone che lo circondano, il comportamento risulta imprevedibile a causa dei repentini cambiamenti di umore. 76 Gli spettatori Persone chiave del conflitto. Non intervengono: Per strategia di difesa Per opportunismo 77 Stalking Il termine stalking deriva dal verbo inglese to stalk e significa inseguire, fare la posta, cacciare in appostamento. Esso definisce l’insieme dei comportamenti fastidiosi, assillanti, intrusivi o di veri e propri atti persecutori attraverso i quali un molestatore (stalker) ne affligge un’altra (vittima) in modo ripetuto nel tempo. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 79 Stalking Nei contesti di lavoro, lo stalking può essere: tra colleghi, da parte del capo verso i collaboratori, da parte dei collaboratori verso il capo, da parte di clienti/utenti verso l’operatore, da parte di candidati all’assunzione verso il selezionatore, ecc. Alta incidenza nelle professioni di aiuto. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 80 Stalking Dal contesto lavorativo lo stalking invade anche la vita privata. Il fenomeno si può manifestare attraverso: contatti indesiderati con i quali lo stalker cerca di avvicinarsi in modo molto insistente alla vittima; comunicazioni non gradite rivolte insistentemente alla vittima e/o in alcuni casi a suoi familiari; la messa in atto di comportamenti aggressivi per creare un danno economico e/o psicologico alla vittima (ad esempio pettegolezzi oppure sabotaggi o furti per «segnalare» la propria presenza, ecc.). RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 81 Sexual harassment Con sexual harassment s’intende ogni forma di approccio sessuale che non rispetta il diritto soggettivo della persona alla propria autodeterminazione, attraverso forme: verbali (commenti, allusioni, battute, …) non verbali (fischi, sguardi maliziosi, occhiate insistenti, rumori imbarazzanti, immagini o gesti osceni, …) fisiche (abbracci, strofinamenti, palpeggiamenti, …). RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 82 RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 83 RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 84 La traumatizzazione vicaria «L’insieme dei comportamenti e delle emozioni derivanti dalla conoscenza di eventi traumatici vissuti da altri significativi. Si tratta dello stress derivante dall’aiutare o dal voler aiutare persone traumatizzate o in sofferenza» RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 85 La traumatizzazione vicaria RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 86 La traumatizzazione vicaria Rappresenta una potenziale fonte di disagio psicologico specifica per coloro che operano in particolari settori occupazionali. Tutti coloro che, in forma professionale o volontaria, si occupano di prestare soccorso a persone che vivono o hanno vissuto situazioni d’emergenza esposti a eventi di carattere traumatico. Le condizioni lavorative: potenziali fattori di rischio per la salute sia fisica (si pensi al contesto ambientale spesso ostile e non fisiologico tipico delle situazioni d’emergenza) sia psicologica: lo stress occupazionale derivante dalla gestione di eventi critici può generare effetti negativi sul benessere psicologico. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 87 STRESS LAVORO- CORRELATO E PREVENZIONE RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 91 La prevenzione La prevenzione primaria è l’insieme di tutte le attività che mirano a ridurre o eliminare i fattori di rischio per una data malattia, in ambito lavorativo consiste nel modulare tutti quei fattori che risultano maggiormente associati allo strain. La prevenzione secondaria è un intervento sui segnali subclinici della malattia e ha come obiettivo quello di modificare il modo individuale di reagire alle situazioni stressanti per ridurre l’esperienza di stress. La prevenzione terziaria consiste nel trattamento delle patologie che ormai si sono manifestate, con lo scopo di ripristinare un adeguato livello di funzionamento della persona. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 92 Prevenzione primaria Sia la struttura formale dell’organizzazione che quella informale o sociale. Sviluppo di carriera Management partecipativo Riprogettazione dell’ambiente fisico di lavoro Job redesign Orario di lavoro flessibile Supporto sociale Gestione della diversità Goal setting Analisi e chiarimento del ruolo Team building Limite: richiede forte commitment, è costosa e richiede tempi lunghi. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 93 Prevenzione secondaria: stress management Aumentare la consapevolezza delle cause e delle conseguenze dello stress e favorire una partecipazione attiva dell’individuo alla promozione della propria salute. Imparare a riconoscere i sintomi dello stress e a sviluppare strategie per gestire le situazioni stressanti in modo funzionale. Attenzione alle strategie adattative e disadattive. Oppure influenzare gli stressor (solo se c’è controllo). Ad es. declinare richieste irragionevoli o negoziare le proprie responsabilità con i colleghi e il superiore. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 94 Prevenzione secondaria: stress management Quando non è possibile influire sulla fonte di stress agire sulla propria reazione allo stressor. Strategie focalizzate sulla sfera fisica e/o sulla sfera emotiva: Attività fisica Tecniche di rilassamento Massaggi terapeutici Limite: effetto a breve termine, non modificano le condizioni organizzative che sono causa dello stress, sono a carico del singolo individuo, risultano più efficaci nell’attenuare i sintomi dello stress. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 95 Prevenzione secondaria: stress management L’abbraccio della farfalla https://www.youtube.com/watch?v=cN IhqJPn3cU Le guide di Headspace RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 96 Prevenzione terziaria: interventi di tipo psicosociale e medico Interventi psicosociali: terapia psicologica, counseling. Breve termine e di tipo supportivo, gratuiti e nel rispetto della riservatezza, utilizzati per problemi che interferiscono con l’attività lavorativa. Per problematiche di maggiore entità è necessario rivolgersi alle strutture presenti sul territorio. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 97 Prevenzione terziaria: interventi di tipo psicosociale e medico Interventi di tipo medico: medico competente dell’organizzazione. Responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori, valuta la situazione ed eventualmente dispone ulteriori accertamenti specialistici. Conosce sia il contesto di lavoro che la storia clinica del soggetto. Ha l’obbligo di denunciare le patologie che hanno un’origine lavorativa, non informarlo è controproducente Limite: non influisce sulle cause delle patologie stress correlate. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 98 Approcci individuali alla gestione dello stress DIETA: meglio consumare frutta e verdura (scura e colorata) ed evitare cibi ad alto contenuto di zuccheri semplici (cioccolata, farina non integrale, riso bianco, … Rath, 2013). ESERCIZIO FISICO: aerobico, anaerobico, stretching, camminare almeno 30 minuti ogni giorno (American Heart Association, 2015). SONNO: gli adulti necessitano di almeno 7-8 ore di sonno per notte. Regolare i ritmi andando a dormire e svegliandosi sempre alla stessa ora, fare esercizio durante il giorno, evitare gli schermi prima di andare a dormire, limitare la caffeina di pomeriggio e sera. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 99 A chi segnalare? In genere ci si può rivolgere al proprio diretto responsabile (se non coinvolto nelle condotte da segnalare) e/o alla funzione Risorse Umane (HR). Se disponibile in azienda → WHISTLEBLOWING Strumento preventivo che consente alle organizzazioni di ridurre il rischio di abusi e irregolarità. Le persone possono «fare una soffiata» per segnalare condotte irregolari, in forma anonima o non. Le organizzazioni che prendono sul serio il Codice di Condotta predispongono meccanismi quali un sicuro sistema di whistleblowing aziendale e una policy o delle linee guida. RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 100 A chi segnalare? In UNITO → CONSIGLIERA DI FIDUCIA «È la persona incaricata istituzionalmente di fornire informazioni, consulenza ed assistenza gratuita ai/alle componenti della comunità universitaria (dipendenti, studenti e studentesse) oggetto di discriminazioni, molestie e lesioni della dignità o mobbing (art. 6 del Codice di comportamento dell'Università degli Studi di Torino)». https://www.unito.it/ateneo/organizzazione/organi-di- ateneo/comitato-unico-di-garanzia/consigliera_e-di-fiducia Per situazioni di malessere, stress, disagio → MEDICO COMPETENTE RISCHI PSICOSOCIALI – CORSO FORMAZIONE SICUREZZA 101