Teoria dell'Intermediazione Finanziaria + Inquadramento Rischi PDF

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Università degli Studi di Cagliari

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Il documento fornisce una panoramica di teoria dell'intermediazione finanziaria e un inquadramento dei relativi rischi. Si analizzano le tipologie di scambio e i costi di transazione, toccando gli aspetti di incertezza e asimmetrie informative.

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Perché esistono gli intermediari? (1/3) Gli intermediari finanziari possono essere definiti come gli operatori specializzati che facilitano gli scambi di flussi finanziari fra operatori economici all’interno del sistema finanziario. LE TIPOLO...

Perché esistono gli intermediari? (1/3) Gli intermediari finanziari possono essere definiti come gli operatori specializzati che facilitano gli scambi di flussi finanziari fra operatori economici all’interno del sistema finanziario. LE TIPOLOGIE DI SCAMBIO Scambio diretto e autonomo datori e prenditori non ricorrono ad alcun intermediario per concludere lo scambio Valori mobiliari Scambio diretto e assistito datori e prenditori sono controparti dirette ma sono assistiti da soggetti con funzione di mediazione Scambio indiretto il trasferimento di risorse tra datori e prenditori avviene attraverso un soggetto intermedio che svolge una funzione Intermediari di intermediazione creditizi Perché esistono gli intermediari? (2/3) Perché esistono gli intermediari? (3/3) I Principali approcci teorici: costi di transazione In primo luogo occorre rilevare che il trasferimento di risorse, dalle unità in avanzo a quelle in disavanzo, non può realizzarsi se non al prezzo del sostenimento di oneri di transazione di varia natura da parte degli operatori finali. Gli oneri o costi di transazione in oggetto, possono essere individuati, essenzialmente, nelle seguenti categorie: – costi collegati alla divisibilità finita degli strumenti finanziari, riguardanti la difficoltà di poter conciliare le esigenze di controparti che esprimono diverse preferenze in ordine alle quantità di risorse scambiate attraverso gli strumenti finanziari; – costi di ricerca della controparte che risultano particolarmente elevati quando il richiedente fondi è poco conosciuto o la richiesta di fondi presenta caratteri di eccezionalità; – costi contrattuali. È attraverso la definizione di specifiche clausole contrattuali che le controparti cercano di tutelarsi rispetto a comportamenti che possono compromettere la conclusione dello scambio di risorse nel tempo; – costi informativi sostenuti nell’acquisizione delle informazioni rilevanti per la conclusione dello scambio, nella valutazione della controparte al momento dell’investimento iniziale (screening) e, successivamente, per avere conferma, o meno, di eventuali variazioni del grado di rischio dell’operazione I Principali approcci teorici: costi di transazione COSTI DI TRANSAZIONE: Gli IF non solo hanno un maggiore incentivo a raccogliere le informazioni rispetto ai singoli investitori, ma hanno anche la possibilità di farlo a costi inferiori (economie di scala) I Principali approcci teorici: costi di transazione I Principali approcci teorici: l’incertezza Poiché la conclusione delle transazione è spesso ostacolata dall’incompatibilità, in termini di rischio «desiderato», tra creditore e debitore, l’intervento dell’intermediario è volto a comporre tali divergenze sfruttando la propria capacità di trasformazione dei rischi attraverso l’esercizio della funzione creditizia. Attraverso appropriate scelte di dimensione e di composizione dell’attivo e del passivo di bilancio, associate al mantenimento di un coerente grado di capitalizzazione, gli intermediari della specie sono in grado di attuare una trasformazione dei rischi e, quindi, di offrire alle unità in avanzo, opportunità d’impiego caratterizzate da un livello di aleatorietà inferiore sia a quello medio delle proprie attività, sia a quello degli strumenti diretti emessi dai prenditori finali di fondi. Quest’ultimi sono peraltro disposti a pagare un costo più elevato pur di ottenere, dagli intermediari, crediti in linea con le proprie esigenze di finanziamento. Anche i prestatori finali, per effetto della trasformazione delle scadenze, possono accedere a impieghi dotati di un elevato grado di liquidità. I Principali approcci teorici: l’incertezza I Principali approcci teorici: le asimmetrie informative La terza condizione che consente di spiegare l’esistenza degli intermediari finanziari è quella della presenza di asimmetrie informative. Lo stato d’informazione, in genere, non è omogeneo, poiché non tutte le fonti sono ugualmente accessibili a tutti i soggetti. Vale a dire che l’informazione disponibile è distribuita in modo ineguale, o asimmetrico, tra i diversi agenti economici. Tra questi, gli intermediari finanziari, sempre per la natura di operatori specializzati, sono, generalmente, in posizione migliore e, quindi, di vantaggio rispetto ad altri soggetti I Principali approcci teorici: le asimmetrie informative Asimmetrie informative: nei contratti e negli strumenti finanziari l’informazione non è equamente distribuita tra datore e prenditore di fondi dal momento che quest’ultimo è in possesso di maggiori e migliori elementi per poter valutare la propria affidabilità. Adverse selection (selezione avversa): è l’asimmetria informativa che caratterizza il momento precedente la conclusione del contratto poiché il prezzo pagato dal prenditore non corrisponde al prezzo che si determinerebbe se il datore di fondi fosse a conoscenza di tutti i fattori di rischio (in questo caso si parla di market for lemons). Moral hazard (rischio morale): è l’asimmetria informativa che caratterizza il contratto finanziario nel corso del suo svolgimento, in quanto il prenditore può, in base alle informazioni a sua disposizione, condizionare a proprio vantaggio l’evoluzione e la conclusione del finanziamento I Principali approcci teorici: le asimmetrie informative I Principali approcci teorici: i costi di agenzia TEORIA DEL RAPPORTO DI AGENZIA: comporta una delega da parte di un soggetto (principal o mandante), proprietario di un’attività, a un soggetto (agent o mandatario), gestore dell’attività medesima, nel presupposto che la funzione gestoria venga svolta con maggiore efficienza. Tuttavia la natura del rapporto di mandato determina il sorgere di problemi connessi al comportamento dei mandatari rispetto agli interessi dei mandanti. CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI INTERMEDIARI FINANZIARI: OPERATORI SPECIALIZZATI PROFESSIONALMENTE NELLA PRODUZIONE E NELLO SCAMBIO DI STRUMENTI E SERVIZI FINANZIARI. Gli intermediari finanziari sono accomunati da quattro caratteristiche fondamentali: a) le componenti essenziali del loro bilancio sono le attività e le passività finanziarie; b) i costi e ricavi di tali intermediari originano dalla produzione e dallo scambio di attività finanziarie e sono rappresentati da interessi e da commissioni; c) la loro attività è soggetta a una serie di rischi tipici delle attività finanziarie d) sono soggetti a particolari forme di regolamentazione * ATTENZIONE AL MATERIALE DISTRIBUITO IN AULA!!! CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI 1. SVOLGIMENTO DELLA FUNZIONE MONETARIA intermediari monetari (le banche) / non monetari (tutti gli altri) 2. SPECIFICITÀ ISTITUZIONALE intermediari bancari / intermediari non bancari 3. MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ E FINALITÀ DEL CONTROLLO Investitori delegati / imprese di investimento 4. PER ATTIVITÀ Intermediari del canale diretto/Intermediari del canale indiretto CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI I rischi dell’intermediazione finanziaria Il rischio è generalmente associato alle condizioni di incertezza nelle quali vengono prese le decisioni e, conseguentemente, ai risultati (attesi) che da queste derivano. I rischi dell’intermediazione finanziaria: tassonomia (1/2) In base agli effetti dell’evento: Manifestazione - rischi puri (o assicurativi): del rischio effetti oggettivamente negativi (la cui gestione è oggetto specifico dell’attività assicurativa); Effetti Effetti - rischi finanziari (o speculativi): esclusivamente potenzialmente effetti sia positivi sia negativi (la negativi anche negativi cui gestione è oggetto specifico dell’attività creditizia e mobiliare). RISCHI RISCHI PURI FINANZIARI (assicurativi) (speculativi) I rischi dell’intermediazione finanziaria: tassonomia (2/2) In relazione alla loro natura, i rischi possono essere distinti anche in: - rischi sistematici: che traggono origine sia da situazioni relative al contesto generale sia dall’andamento delle variabili di mercato a prescindere dunque dalla situazione specifica del singolo intermediario; - rischi non sistematici: che traggono origine da fenomeni che, pur di diversa natura, dipendono dalle peculiarità La classificazione dei rischi: l’approccio delle Autorità di Vigilanza La classificazione dei rischi: l’approccio delle Autorità di Vigilanza RISCHIO DI CREDITO= incapacità del soggetto finanziato di far fronte alle obbligazioni assunte nei confronti della banca, con riferimento sia al pagamento degli interessi sia al rimborso della quota capitale RISCHIO DI MERCATO= variazioni avverse e inattese dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e/o dei prezzi azionari RISCHIO OPERATIVO= è riconducibile alla possibilità che inadeguatezze nei processi, comportamenti umani illegali o inappropriati, carenze tecnologiche e/o fattori esterni possano generare una riduzione dei ricavi o un aumento inatteso dei costi La classificazione dei rischi: l’approccio delle Autorità di Vigilanza RISCHIO DI TASSO= impatto delle variazioni dei tassi di interesse sulla raccolta e sugli impieghi RISCHIO DI LIQUIDITÀ= incapacità/impossibilità di far fronte, tempestivamente ed economicamente, ai propri impegni di pagamento ALTRI RISCHI= rischi di natura diversa considerati anche sulla base delle specifiche caratteristiche dell’intermediario. La classificazione dei rischi: fonti interne ed esterne RISCHI ESTERNI: Rischio di provvista, rischio di controparte, rischi di mercato, rischio di regolamentazione, rischio di liquidità RISCHI INTERNI: Rischio operativo, rischio strategico, rischio reputazionale La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI PROVVISTA Il rischio di provvista (o anche di «approvvigionamento» o di «funding») è legato alla capacità dell’intermediario di raccogliere continuativamente, presso le diverse controparti, le risorse finanziarie necessarie (depositi dalla clientela al dettaglio, obbligazioni collocate sul mercato, depositi interbancari, capitale proprio dagli azionisti) per quantità e a prezzi (tassi di interesse) compatibili con gli obiettivi prefissati. Il RISCHIO DI PROVVISTA dipende dal mantenimento della capacità dell’intermediario di raccogliere le risorse finanziarie Ogni intermediario, pertanto, deve essere in grado di mantenere e rinnovare sia la RACCOLTA IN ESSERE («raccolta effettiva») sia di attivare operazioni integrative «RACCOLTA POTENZIALE»). La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI PROVVISTA Il peggioramento della capacità di raccolta può essere legato a una situazione di crisi diffusa o a fattori contingenti (dubbi sull’affidabilità) elementi che possono innescare, molto velocemente, reazioni negative da parte dei depositanti, ma soprattutto delle controparti del mercato interbancario portandole a limitare o bloccare le usuali transazioni e inaridendo le fonti della liquidità dell’intermediario con effetti immediati sulla sua solvibilità. Le banche sono particolarmente esposte al rischio di provvista (e quindi al rischio di liquidità) Poichè un intermediario è liquido finché ha la capacità di far fronte alle proprie poiché il loro passivo è caratterizzato da una rilevante quota di depositi a vista. Un ritiro di obbligazioni con tempestività e senza compromettere la propria solvibilità prospettica, il depositi improvviso e di dimensioni rilevanti rispetto alla norma (la cosiddetta «corsa agli costante mantenimento della capacità di raccolta riduce il «rischio di illiquidità» sportelli») imporrebbe all’intermediario di reperire velocemente le risorse necessarie per far fronte alle richieste della clientela. La classificazione dei rischi: fonti esterne I RISCHI DI CONTROPARTE I rischi di controparte (di regolamento e di credito) sono legati ai rapporti che gli intermediari intrattengono con la propria clientela e derivano dall’eventualità che alcuni soggetti possano risultare, entro un determinato intervallo temporale, inadempienti Il RISCHIO DI REGOLAMENTO Il RISCHIO DI CREDITO è legato rappresenta il rischio di insolvenza della all’attività di finanziamento e concerne la controparte contrattuale obbligata a possibilità che la controparte debitrice non consegnare una certa somma di denaro a sia in grado di far fronte ai propri impegni di fronte di determinati strumenti finanziari pagamento o che si riduca il suo livello di o viceversa affidabilità nel mantenere gli impegni presi (pagamento degli interessi e restituzione del capitale prestato). La classificazione dei rischi: fonti esterne I RISCHI DI CONTROPARTE / IL RISCHIO DI CREDITO Secondo Sironi (2005) «con il termine rischio di credito si indica la possibilità che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione creditizia generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria» Altri elementi qualificanti il RISCHIO DI CREDITO sono: 1) la circostanza che la perdita possa riguardare sia il capitale sia gli interessi; 2) Il mancato rispetto della scadenza contrattuale, per cui non possono essere effettuate azioni di recupero prima di questo termine; 3) L’indeterminatezza della perdita fino a quando non vengono definitivamente chiuse le azioni di recupero La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI CREDITO La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI CREDITO La classificazione dei rischi: fonti esterne I RISCHI DI MERCATO I RISCHI DI MERCATO derivano dall’impatto delle possibili variazioni delle condizioni dei mercati sul valore delle attività detenute e delle passività emesse 1. RISCHI DI INTERESSE 2. RISCHI DI CAMBIO 3. RISCHI DI PREZZO La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI LIQUIDITÀ Incapacità di far fronte ai propri impegni di pagamento Il rischio di liquidità è collegato alle difficoltà della banca di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di cassa. Presupposto: esercizio dell’intermediazione finanziaria! Effetti estremi: perdita della fiducia, corsa agli sportelli La banca è liquida finché ha la capacità di onorare le proprie obbligazioni con tempestività e senza compromettere la propria solvibilità prospettica (criterio della sostenibilità). Il costante mantenimento della capacità di raccolta riduce la probabilità che la “capacità di pagamento” venga meno determinando l’interruzione effettiva o prospettica dei pagamenti anche a prescindere da uno stato di insolvenza. La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI LIQUIDITÀ La crisi ha messo drammaticamente in evidenza le conseguenze sistemiche del rischio di liquidità, la cui manifestazione era stata sottovalutata negli anni precedenti; infatti: 1. Basilea 1 e 2 avevano posto l’accento quasi esclusivamente sulla redditività-solvibilità delle banche piuttosto che sulla liquidità; ciò di fatto sottintendeva che la capacità di provvista fosse garantita dal loro standing (redditività-solvibilità); 2. i regolatori avevano implicitamente assunto l’ipotesi forte di mercati quasi perfetti, la cui esasperata volatilità è, invece, di per sé sintomo di imperfezione; 3. la teoria economica dei mercati, muovendo anch’essa da ipotesi di perfezione degli stessi, ne sottostimava la potenziale imperfezione e, quindi, l’eventualità di una generalizzata crisi di liquidità Al rischio di liquidità è strettamente connesso il rischio di leva finanziaria o leverage (rapporto patrimonio-mezzi di terzi). La classificazione dei rischi: fonti esterne IL RISCHIO DI REGOLAMENTAZIONE I rischi di regolamentazione riguardano effetti sull’operatività sia dell’introduzione di nuove norme (rischio legislativo), sia di errori e inadempienze di varia natura nel rispetto del complesso delle regole (rischio di compliance). Rischio legislativo - Possibilità che una Rischio di compliance (non conformità alle nuova normativa determini aggravio norme) – possibilità di incorrere in dei costi e/o riduzione dei ricavi. sanzioni giudiziarie o amministrative, subire perdite rilevanti o danni di Il rischio legale concerne la corretta reputazione in conseguenza del mancato applicazione della normativa, a prescindere rispetto di leggi, norme dalle sue conseguenze economiche. amministrative, autoregolamentazione. Il rischio legislativo è analizzato ex post Non avendo natura finanziaria è stimando l’effetto prodotto. difficilmente misurabile. La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale Il rischio operativo riguarda il funzionamento dell’impresa in generale. Nel caso specifico degli intermediari finanziari, si fa riferimento a possibili perdite legate al malfunzionamento dei sistemi operativi e a quelli di controllo interno, a catastrofi naturali, ad incapacità e/o infedeltà del personale. Tra queste tipologie di rischio non va sottovalutato il rischio di frode, che ha determinato, in periodi diversi anche recenti, casi clamorosi di crisi bancarie/finanziarie La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale Il rischio operativo è definito come il rischio di perdite derivanti da disfunzioni a livello di procedure, personale e sistemi interni, oppure da eventi esogeni, includendo il rischio giuridico ed escludendo il rischio strategico e reputazionale (Comitato di Basilea). Sono CAUSE del rischio operativo: - I processi produttivi e la loro organizzazione; - Le risorse umane e i loro comportamenti; - La tecnologia e la sua applicazione; - Gli eventi esterni che hanno un impatto sull’operatività interna dell’intermediario La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale Il rischio strategico è il rischio che si manifesta attraverso le perdite subite da un intermediario in conseguenza di: - Cambiamenti del contesto operativo; - Decisioni aziendali errate o attuate in modo inadeguato; - Scarsa capacità di reazione della struttura organizzativa al nuovo contesto competitivo (Banca d’Italia, 2006) Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale Il Rischio Reputazionale è definito dalle Autorità come «il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da parte dei clienti, delle controparti, degli azionisti, degli investitori o delle Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia, 2006). La classificazione dei rischi: fonti interne Rischio Operativo Rischio Strategico Rischio Reputazionale Il Rischio Reputazionale dipende da una molteplicità di fattori. Ne sono esempi: - l’adozione di strategie dannose per l’immagine esterna; - Scelte che violano/disattendono le aspettative del mercato/ambiente; - Comportamenti scorretti o non pienamente trasparenti nei confronti della clientela Risk Management La ‘sana e prudente gestione’ di una banca richiede un approccio globale e integrato alle differenti tipologie di rischio coinvolgendo l’intera struttura organizzativa con particolare riferimento al sistema dei controlli interni Il risk management è un processo formalizzato articolato in fasi: 1. identificazione e classificazione dei rischi (mapping) e attribuzione a specifici processi e attività; 2. misurazione per comprendere intensità dell’esposizione, opportunità di forme di gestione e copertura, urgenza di eventuali interventi correttivi; 3. monitoraggio dell’andamento dell’effettiva manifestazione degli eventi negativi e analisi degli scostamenti; 4. gestione e mitigazione attraverso la definizione delle scelte strategiche e operative; 5. gestione e allocazione del capitale economico Risk Management Il risk management nasce per i rischi di mercato per poi estendersi a tutte le tipologie di rischio, progressivamente affiancato da: 1. CRM (Credit Risk Management), che si occupa del controllo della gestione del rischio di credito e il cui contributo ha valenza sia interna (verifica della fondatezza della politica di gestione del credito e valutazione dei suoi effetti sul bilancio) sia esterna (coerentemente con la metodologia di quantificazione del rischio di credito adottata); 2. ORM (Operational Risk Management), tipicamente caratterizzato da tre dimensioni rilevanti: sociale (cultura, comportamenti ecc.), tecnico-organizzativa (misurazione, impatto ICT ecc.), interna-esterna (management e personale). COSA STUDIARE? Per i soli corsisti: - Paragrafo 3.2 (Rischi puri/rischi finanziari; Figura 3,2; Rischi sistematici/non sistematici); - Paragrafo 3.4 (tutto il paragrafo); - Paragrafo 3.4.1 (pag. 83/84) - Paragrafo 3.4.2 (I rischi di controparte, pag. 86/87); - Paragrafo 3.4.3 (I rischi di mercato, definizioni di rischio di interesse, rischio di cambio, rischio di prezzo); - Paragrafo 3.4.4 (Rischio di liquidità, pag. 97); - Paragrafo 3.4.5 (tutto il paragrafo); - Paragrafo 3.4.6 (tutto il paragrafo) - Paragrafo 3.5 (tutto il paragrafo) - Paragrafo 3.6 (tutto il paragrafo) - Paragrafo 3.7 (tutto il paragrafo) * Per i non corsisti è da considerarsi l’intero programma

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