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Questo documento è un testo su elementi di pediatria, scritto da Morrone, che copre argomenti quali lo sviluppo del bambino, l'igiene delle mani, e le macromolecole (carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici).

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ELEMENTI DI PEDIATRIA -MORRONE SLIDE 2 A.1 PEDIATRIA è la scienza medica importante perché si occupa del bambino, della salute del neonato, del lattante, del bambino e dell’adolescente, della crescita e dello sviluppo e di fargli acquisire le potenzialità proprie di un adulto sano. Non ci si occupa...

ELEMENTI DI PEDIATRIA -MORRONE SLIDE 2 A.1 PEDIATRIA è la scienza medica importante perché si occupa del bambino, della salute del neonato, del lattante, del bambino e dell’adolescente, della crescita e dello sviluppo e di fargli acquisire le potenzialità proprie di un adulto sano. Non ci si occupa solo del bambino malato, ma anche di permettere al bambino di crescere in maniera sana. Ambiti della pediatria: il bagaglio essenziale è quello di conoscere le differenti tappe, sia della parte organica che psicologica ed emozionale, del bambino. Il bambino rispetto all’adulto ha molte fasi diverse ed ogni fase ha le sue caratteristiche. Si deve fare anche attenzione all’ambiente sociale e familiare in cui cresce il bambino, perché è un essere vulnerabile. La pediatria va intesa come medicina interna e specialistica del bambino (in analogia con la medicina interna e specialistica dell’adulto). CONCETTI FONDANTI DELLA PEDIATRIA E LE IMPLICAZIONI: il bambino è un soggetto autonomo con propri diritti e doveri e dal punto di vista organico è un essere vivente con specifiche fisiopatologiche proprie che variano con le diverse epoche dell’età pediatrica. 1959dichiarazione delle nazioni unite dei diritti del bambino. Esprime che tutti i bambini hanno fondamentali bisogni e diritti. C’è anche ad esempio il diritto di avere il genitore accanto. L’ambito pediatrico, parliamo di età evolutiva e di caratteristiche che cambiano nel tempo. Quindi ci sono caratteristiche proprie con bisogni proprie. -NEONATO: 0-30 GIORNI DI VITA -LATTANTE: 1-12 MESI -BAMBINO: 1-14 ANNI rispetto alla pubertà, che può avvenire in momenti diversi -ADOLOSCENTE: 15-18 ANNI oggi l’adolescenza potrebbe arrivare anche fino ai 25 anni. L’unità a cui il pediatra a cui deve rivolgere il suo lavoro è il bambino e la sua famiglia. Dal punto di vista sanitario il bambino ha il diritto di essere curato da specialisti propri ed ambienti adeguati ai suoi bisogni di bambino. LAVAGGIO DELLE MANI: è importante fare una corretta igiene delle mani, è una cosa semplice apparentemente può fare la differenza, sia nel contrarre che ne trasmettere una malattia. Prima di mangiare, prima di dare farmaci, per le lenti a contatto ecc.. oggi ancora di più se si starnutisce o tossisce è ancora più importante. Tutte queste norme si trovano sul sito del Ministero della Salute. Con acqua e sapone occorrono 60 secondi mentre con la soluzione alcolica 30 secondi. L'Organizzazione Mondiale della Sanità la riconosce come prima misura per prevenire le infezioni associate all'assistenza e la stessa Regione Toscana l’ha definita come una pratica per la sicurezza del paziente. LE MACROMOLECOLE: CARBOIDRATI, LIPIDI, PROTEINE E ACIDI NUCLEICI MACROMOLECOLA BIOLOGICA Molecole di dimensioni molto grandi e di peso molecolare molto elevato, comuni nei sistemi viventi e costituiscono le componenti principali di tutte le cellule. Le macromolecole sono dei polimeri costituiti da molecole complesse formate da unità ripetute di monomeri. I monomeri sono sostanze semplici che permettono di costruire strutture più grandi e diversificate. I polimeri si formano attraverso l’assemblaggio di monomeri. Le reazioni di condensazione, con liberazione di una molecola di acqua, ne permettono l’assemblaggio mentre le reazioni di idrolisi le separano. Le reazioni di sintesi e di idrolisi avvengono grazie all’intervento di enzimi. 4 tipi di macromolecole: -Carboidrati-monosaccaridi -Lipidi-glicerolo -Proteine- amminoacido -Acidi nucleici-nucleotide Siamo fatti dal 70% di acqua e il resto sono macromolecole. CARBOIDRATI sono usati dagli organismi come fonti di energia immediata e come componenti strutturali. I carboidrati sono formati da carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O), con un rapporto di 1 : 2 : 1. I carboidrati semplici, o zuccheri, possono essere: -monosaccaridi (una singola molecola di zucchero) come il ribosio, che si trovano nel RNA e nel DNA. -disaccaridi (due monosaccaridi) come il saccarosio, lo zucchero bianco, oppure il lattosio. I carboidrati semplici forniscono energia a pronto rilascio. I carboidrati se vengono accumulati causano obesità, quindi diventano lipidi. Il glucosio è un monosaccaride ed è la principale fonte di energia dei viventi; la sua formula molecolare è C6H12O6. Il glucosio può provenire dalla dieta, in quanto tale, o derivare dalla demolizione di carboidrati complessi. Viene metabolizzato per via aerobica o anaerobica, fornendo energia all’organismo. E’ l’unica fonte energetica per i globuli rossi (metabolismo anaerobico) e la principale fonte di glucosio nella dieta è l’amido. Il ribosio (C5H10O5) e il desossiribosio (C5H10O4) sono monosaccaridi importanti in quanto molecole costitutive degli acidi nucleici RNA e DNA. Il saccarosio è un importante disaccaride, si tratta infatti della forma in cui gli zuccheri sono trasportati nelle piante. E’ formato da due monosaccaridi (glucosio e fruttosio) che si uniscono grazie a una reazione di condensazione. Il lattosio è un disaccaride che si trova nel latte; esso deriva dall’unione di una molecola di glucosio e una di galattosio (un isomero del glucosio). I polisaccaridi sono i polimeri dei monosaccaridi. Sono carboidrati complessi con funzioni strutturali e di riserva. Il glicogeno è la forma in cui il glucosio è immagazzinato nelle cellule degli negli animali e nei funghi, l’amido nelle piante. LIPIDI sono un gruppo eterogeneo di composti caratterizzati dalla insolubilità nei solventi polari (es l'acqua: si parla di idrofobicità) e dalla solubilità nei solventi apolari (es. cloroformio, etere: si parla di lipofilicità). Costituiscono il 10% del peso corporeo e svolgono diverse funzioni: funzione energetica, termica e meccanica, strutturale e bioregolatoria. I lipidi forniscono energia e protezione. I composti organici classificati come lipidi sono molto diversificati. La maggior parte dei lipidi è insolubile in acqua a causa delle catene di idrocarburi non polari. I lipidi sono una classe eterogenea di composti di cui fanno parte: -Acidi grassi; -Triacilgliceroli o Trigliceridi -Fosfoacilgliceroli o Fosfolipidi -Sfingolipidi -Glicolipidi -Steroidi. Gli acidi grassi sono i costituenti essenziali di tutti i lipidi ad eccezione degli Steroidi. Gli acidi grassi possono essere saturi o insaturi. Si possono distinguere varie categorie di lipidi: a) lipidi semplici o grassi neutri : TRIGLICERIDI b) lipidi composti: FOSFOLIPIDI, GLICOLIPIDI E LIPOPROTEINE contenenti acidi grassi a catena più o meno lunga combinati con fosforo, azoto o zolfo in misura variabile c) lipidi derivati: STEROIDI, COLESTEROLO, VITAMINA D, ecc. Sono elementi derivati da lipidi semplici e composti. Struttura dei fosfolipidi sono particolari lipidi perché parzialmente solubili. Sono formati dal glicerolo legato a due acidi grassi e un gruppo fosfato. I due acidi grassi si trovano nella parte idrofoba, la coda mentre, il gruppo fosfato e il glicerolo si trovano nella parte idrofila, la testa. I lipidi sono molecole molto energetiche. I fosfolipidi compongono la membrana cellulare. I lipidi sono molecole anfipatiche. Gli steroidi possono avere la funzione di stabilizzare la membrana esterna delle cellule, oppure funzioni ormonali. PROTEIINE sono molecole versatili che svolgono molte funzioni di grande importanza quali: sostegno– in forma di cheratina (nei capelli e nelle unghie) e di collagene (nei legamenti e nei tendini); metabolismo – enzimi che catalizzano le reazioni; trasporto – proteine di trasporto della membrana plasmatica che consentono l’ingresso e l’uscita di sostanze dalla cellula; difesa – anticorpi che distruggono gli agenti patogeni e prevengono le infezioni; regolazione – alcuni ormoni, come l’insulina, sono proteine di regolazione; movimento – l’actina e la miosina sono componenti dei tessuti muscolari Sono lunghi polimeri formati da monomeri di amminoacidi. Dei 20 aminoacidi presenti nelle proteine alcuni sono essenziali. Ogni amminoacido è composto da un atomo di carbonio centrale che forma 4 legami covalenti. Il legame tra due proteine è detto legame peptidico e la catena di amminoacidi che si forma è chiamata polipeptide. Una proteina è un polimero formato da uno o più polipeptidi Gli aminoacidi che il nostro organismo non riesce a sintetizzare e devono essere introdotti dall’esterno sono gli aminoacidi essenziali: Fenilalanina, Isoleucina, Leucina, Lisina, Metionina, Treonina, Triptofano e Valina. Gli aminoacidi sono i blocchi costitutivi delle proteine sono essenzialmente composti da: un atomo di carbonio centrale; un gruppo amminico (-NH2); un gruppo carbossilico (-COOH); un gruppo R, che è variabile e rappresenta il resto della molecola. Le proteine dei viventi contengono una ventina di aminoacidi diversi, combinati in un enorme numero di sequenze possibili. Un polipeptide è una catena di amminoacidi uniti da legami peptidici. I legami peptidici formano l’ossatura portante di una proteina. La sequenza amminoacidica è la struttura primaria di una proteina. La catena proteica si ripiega in una struttura secondaria che può assumere in più parti della proteina la configurazione di alfa elica o foglietto beta. La struttura terziaria di una proteina si fora tramite curvature e ripiegature. La struttura quaternaria di una proteina deriva dal modo in cui due o più catene polipeptidiche, dette subunità, si legano e interagiscono tra loro. ACIDI NUCLEICI DNA e RNA portano informazioni sotto forma di codici. Gli Acidi nucleici sono polimeri composti da monomeri detti nucleotidi. Un acido nucleico è un polimero di nucleotidi. Un nucleotide è un complesso molecolare formato da: un fosfato – l’acido fosforico uno zucchero pentoso una base azotata – guanina, adenina, citosina, timina o uracile. DNA acido desossiribonucleico. Il DNA si trova all’interno del nucleo e contiene l’informazione genetica, è un doppio filamento e ha una struttura a doppia elica. Lo zucchero pentoso del DNA è il desossiribosio. Le basi azotate presenti nel DNA sono la guanina, l’adenina, la citosina e la timina. Il DNA è una molecola autoduplicante, ovvero genera un’altra molecola uguale a se stessa. I due filamenti di DNA parentale si separano e ciascuno serve da stampo per la sintesi di un nuovo filamento complementare la cui sequenza è dettata dalla specificità dell’accoppiamento delle basi. Il processo si chiama replicazione semiconservativa perché un filamento di DNA parentale viene conservato in ogni molecola figlia di DNA. RNA acidi ribonucleici. Differiscono per tre aspetti importanti dal DNA: lo zucchero è il D-ribosio, una delle quattro basi eterocicliche è l'uracile (al posto della timina), molecole di RNA sono costituite da un unico filamento, sebbene possano essere presenti zone a elica, dovute al ripiegamento della catena su se stessa. Il D-ribosio, lo zucchero dell'RNA, è diverso dal 2-deossi-D-ribosio, lo zucchero del DNA, in quanto ha un ossidrile sul C-2. Per il resto i nucleosidi e i nucleotidi dell'RNA hanno strutture simili a quelli del DNA. L’RNA convoglia le informazioni codificate nei geni dal DNA ai ribosomi per la sintesi proteica. Le cellule contengono tre tipi principali di RNA: l'RNA messaggero (mRNA), che presiede alla trascrizione del codice genetico e funge da matrice della sintesi proteica; l'RNA transfer (tRNA), che trasporta al ribosoma gli amminoacidi in forma attivata, pronti per la formazione dei legami peptidici; l'RNA ribosomiale (rRNA), che rappresenta circa l'80% dell'RNA cellulare totale (tRNA=15%; mRNA=5%) ed è il principale componente dei ribosomi. DNA e RNA: Genotipo: Sequenza di nucleotidi nel DNA Fenotipo: L’insieme dei tratti fisici dell’organismo e deriva da una grande varietà di proteine Trascrizione: Trasferimento dell’informazione genetica dal DNA a una molecola di RNA (avviene nel nucleo) Traduzione: trasferimento di un’informazione contenuta nell’RNA a una proteina (avviene nel citoplasma) DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE (Crick 1958) L’RNA convoglia le informazioni codificate nei geni dal DNA ai ribosomi per la sintesi proteica. I nucleotidi dell’RNA sono allineati lungo un unico filamento. Lo zucchero pentoso dell’RNA è il ribosio. Le basi azotate presenti nell’RNA sono la guanina, l’adenina, la citosina e l’uracile. CODICE GENETICO Il codice genetico è ridondante ma non ambiguo: un dato aminoacido può essere codificato da più codoni, ma un codone può codificare un solo aminoacido. Codone: sequenza specifica di 3 nucleotidi (tripletta) lungo l'mRNA che codifica l'informazione per l'inserimento di uno specifico amminoacido durante la sintesi proteica o per la fine della stessa (definito codone di stop). Il codone è alla base del codice genetico. MITOCONDRI I mitocondri sono organelli microscopici presenti in grandi quantità all’interno delle cellule. Sono considerati le centrali energetiche degli organismi. Al loro interno infatti avvengono quei processi biochimici (respirazione mitocondriale) che forniscono alle cellule l’energia di cui hanno bisogno per tutte le loro funzioni vitali. Il più importante tra questi processi è la fosforilazione ossidativa. FUNZIONE PRINCIPALE: CONVERSIONE ENERGIA IN ATP. L’ATPè il trasportatore di energia delle cellule. L’ATP (adenosin-trifosfato) è un ribonucleoside trifosfato composto da tre parti: la base azotata adenina; lo zucchero pentoso ribosio; tre gruppi fosfato legati tra loro da legami covalenti. ATP= Adenosina Trifosfato. Nel trasporto attivo la cellula consuma l’energia per spostare le molecole attraverso la membrana. La fonte di energia usate dalle proteine della membrana per il trasporto attivo è l’ATP. L’ATP è una molecola ad alta energia: la rottura dei legami covalenti dei due gruppi fosfato più esterni da parte di un enzima (idrolisi) libera infatti molta energia. ATP sintetasi un motore molecolare che accoppia il movimento dei protoni alla sintetasi di ATP, tale processo è chiamato “Chemosmosi” I mitocondri producono energia necessaria alla cellula per crescere e riprodursi, attraverso la “RESPIRAZIONE CELLULARE” con consumo di ossigeno e produzione di anidride carbonica. Il glucosio brucia in presenza di ossigeno e l'energia liberata, è immagazzinata sotto forma di ATP. RESPIRAZIONE MITOCONDRIALE PROCESSO METABOLICO. Reazioni ossidoriduttive effettuate da complessi enzimatici che utilizzano gli elettroni derivati dalla degradazione ossidativa di lipidi, carboidrati ed aminoacidi e convertono l’ossigeno molecolare in acqua con un alta produzione di ATP. L'ATP è un composto chimico che può cedere energia e viene quindi utilizzata dalla cellula come "Gettone energetico" in tutte le reazioni cellulari. In assenza di mitocondri molti organismi eucarioti non sarebbero in grado di utilizzare l'ossigeno per ricavare dagli alimenti tutta l'energia necessaria alle loro funzioni vitali. Diversamente dagli organismi aerobi, che non possono vivere in assenza di ossigeno, gli organismi anaerobi prosperano anche, o solo, in assenza di questo gas e le loro cellule sono prive di mitocondri. La produzione di energia nei mitocondri: la produzione di acetil-CoA e il ciclo di Krebs avvengono nella matrice dei mitocondri, mentre la fosforilazione ossidativa si svolge sulle creste della membrana interna. Fosforilazione ossidativa processo biochimico cellulare di trasformazione dell’energia, liberata dall’ossidazione dei trasportatori di elettroni in presenza di O2, in ATP. Quando camminiamo o corriamo le cellule muscolari (cuore, gambe) catabolizzano il glucosio per ottenere energia, mentre le cellule del fegato producono glucosio per via anabolica per soddisfare il fabbisogno dei muscoli. SLIDE 3 A2.1 LA CELLULA EUCARIOTA: struttura e funzione La cellula eucariota rivestita da Membrana Plasmatica è composta da: Citoplasma Citoscheletro Nucleo Ribosomi Reticolo endoplasmatico rugoso Reticolo endoplasmatico liscio Apparato di Golgi Lisosomi Mitocondri Perossisomi La cellula eucariota è delineata da una membrana plasmatica composta da un doppio strato fosfolipidico continuo, con proteine associate al suo interno che possono spostarsi nel suo piano: Modello a mosaico fluido. - Code idrofobe verso l’interno. -Teste idrofile verso l’esterno. La Membrana Plasmatica permette scambio di sostanze tramite: trasporto attivo (+ energia), trasporto passivo (non richiede energia) tramite osmosi, diffusione facilitata e diffusione, esocitosi, endocitosi. Il Nucleo è un compartimento della cellula eucariota delimitato da una membrana con pori. Nel nucleo sono presenti il DNA e il nucleolo che rappresenta il sito di sintesi dell’RNA ribosomiale rRNA). Il DNA è il nostro patrimonio genetico. Nel DNA sono contenuti i geni, ogni gene è un tratto di DNA contenente le informazioni necessarie a produrre una determinata proteina. All’interno del DNA è presente la cromatina (lunghe strutture fibrose). Quando la cellula si prepara per dividersi tutte le fibre di cromatina si addensano e si spiralizzano formando un cromosoma. Ribosomi, Reticolo Endoplasmatico Rugoso e Liscio, Apparato di Golgi: Sintesi e trasporto sostanze. Apparato del Golgi processa i prodotti che arrivano dal reticolo endoplasmatico e li indirizza ai vari apparati cellulari. I mitocondri sono gli organuli deputati alla produzione di energia cellulare. Il loro numero è proporzionale al fabbisogno energetico cellulare. I perossisomi sono organelli responsabili della degradazione degli acidi grassi e di composti tossici. Svolgono processi ossidativi, e contengono l’enzima catalasi che detossifica il H2O2. I lisosomi sono gli organuli deputati alla digestione delle macromolecole. LA REPLICAZIONE CELLULARE: MITOSI E MEIOSI: Mitosi= Divisione cellule somatiche. La replicazione delle cellule somatiche comprende due fasi: la mitosi, la divisione del nucleo; la citocinesi, la divisione del citoplasma. La mitosi è sempre preceduta dalla duplicazione del DNA. E' il processo di replicazione delle cellule somatiche. La mitosi attraverso fasi successive permette, a partire da una cellula somatica diploide (2n), la formazione di due cellule con lo stesso patrimonio cromosomico. Permette l’accrescimento ed il rinnovo dei tessuti degli organismi pluricellulari CICLO BIOLOGICO O VITALE Comprende tutte le fasi di accrescimento e sviluppo di un organismo. Negli organismi che si riproducono per riproduzione sessuata, il ciclo vitale comprende gli eventi dalla fecondazione fino alla produzione dei gameti. Negli organismi che si riproducono sessualmente avviene la meiosi che dimezza il numero di cromosomi dei gameti per evitare che ad ogni generazione il loro numero raddoppi. I geni contenuti nello zigote vengono trasmessi a tutte le cellule somatiche attraverso la mitosi. RIPRODUZIONE SESSUATA Le cellule germinali o gameti sono caratterizzate da corredo cromosomico aploide. Il processo che porta alla formazione delle cellule germinali è la meiosi. A differenza della mitosi, la meiosi è caratterizzata da un’alta variabilità genetica dovuta al rimescolamento dei caratteri materni e paterni, possibile grazie al crossing-over, ossia allo scambio di segmenti fra cromosomi omologhi. Con la fecondazione e l’unione dei due gameti si avrà la ricostituzione del corredo cromosomico diploide (zigote) e la formazione di un nuovo individuo che si accrescerà tramite successive divisioni mitotiche delle sue cellule somatiche. Meiosi= Divisione cellule germinali. E' il processo per mezzo del quale si originano le cellule sessuali i gameti maschili e i gameti femminili che devono contenere la metà dei cromosomi (n) affinché dalla loro unione si possa ripristinare in ogni cellula il patrimonio cromosomico tipico della specie (2n). Il crossing- over porta alla formazione di gameti ricombinanti contenenti alcuni geni di origine materna ed altri di origine paterna. RIPRODUZIONE ASESSUATA CON MITOSI Avviene per mitosi, in assenza di fecondazione. La prole si origina da un unico individuo. Non implica la formazione dei gameti. Non introduce variabilità genetica. In assenza di mutazioni spontanee crea individui geneticamente identici. RIPRODUZIONE SESSUATA CON MEIOSI Avviene per meiosi e fecondazione. La prole si origina da 2 individui tramite la fusione dei loro gameti. Implica la formazione dei gameti. Introduce variabilità genetica. Genera individui geneticamente differenti. SLIDE 4 A2.2 GENETICA E EREDITARIETA’ Il cariotipo è un esame citogenetici che permette di studiare la costruzione, numero, struttura del patrimonio cromosomico di una specie. TRASMISSIONE AUTOSOMICA RECESSIVA entrambe i genitori hanno un gene alterato. Si hanno due geni legati a due cromosomi. La madre porta un gene sano (R) e uno malato (r) e il padre uguale. Quando i due genitori trasmettono spermatozoo e ovociti, avranno di conseguenza uno R grande e uno r piccolo. Se entrambi portano quelli grandi avranno un figlio sano. Sennò si avrà un assetto genico come quello della madre e quindi avremo un portatore. Se la mamma darà r piccolo e babbo R grande sarà portatore. Se entrambi hanno r piccolo il bambino sarà malato. Hanno la probabilità del 25% di generare un figlio malato. Le femmine portatrici hanno il 50% di possibilità di trasmettere il loro gene malato ai loro figli durante ogni gravidanza. I maschi affetti trasmettono la malattia a tutte le loro figlie femmine ma non ai loro figli maschi. Le femmine portatrici possono essere asintomatiche oppure manifestare gli stessi sintomi del maschio grazie alla lyonizzazione. AUTOSOMICA DOMINANTEio manifesto la malattia. Chiunque porta anche solo un gene malato può portare il 50% di affetti e 50% di bambini sani. Alta percentuale di trasmissione. -ETEROPLASMIA (nelle cellule possono coesistere DNAmt mutato e DNAmt WT) -SEGREGAZIONE MITOTICA (quando la cellula si divide il DNAmt mutato e WT si distribuiscono casualmente nelle cellule figlie) -EFFETTTO SOGLIA (occorre un numero minimo di copie di DNAmt mutato per avere un danno funzionale ad un tessuto) EREDITÀ MITOCONDRIALE o prettamente legata alla mamma è solo la mamma che porta l’ereditarietà nei suoi l’ovociti. Nella cellula ci sono i mitocondri che sono organelli complessi con un loro DNA che serve insieme a quello del nucleo a produrre energia. (Manca qualcosa). Per far sì che si manifesti ci devono essere tante copie di DNA mutato sennò non si manifesta. Se ho una malattia mitocondriale gli organi ad alta richiesta energetica li ho nel muscolo e nell’encefalo. Mutazioni nel DNA mitocondriale (mtDNA). LE MUTAZIONI Affinché si manifesti una malattia si ha bisogno di mutazioni perché sono malattie genetiche.  MUTAZIONE GENOMICA: è una variazione del numero del numero dei cromosomi (cioè 3 cromosomi 21). La malattia che si presenta è la trisomia 21 ovvero sindrome di down. Posso avere anche la sindrome di Turner quando manca la seconda X. La Klinefelter quando ho 2 X e 1 Y.  MUTAZIONE CROMOSOMICA: è una modificazione delle macrostrutture codificanti ossia i cromosomi, si può manifestare come riarrangiamento perdita di interi pezzi di cromosoma. Sindrome di CRI-di-chat.  MUTAZIONE GENETICA: è una modificazione strutturale all’interno della molecola del DNA a carico del gene, con un solo gene modificato. Può avere degli effetti e quindi una malattia oppure non avere alcun effetto (polimorfismo). Non tutte sono mutazioni ma polimorfismi cioè abbiamo delle varianti che non portano a malattia. Si hanno varie mutazioni genetiche: mutazioni missense, nonsense e inserzioni/delezioni. Le mutazioni sono cambiamenti ereditari e sono improvvisi, rari, casuali e avvengono durante la replicazione del DNA. Nella cellula il materiale genetico viene replicato in modo fedele e trasmesso inalterato alle successive generazioni, assicurando così nella specie la continuità di ciascun carattere che nel materiale genetico è codificato. Possono però insorgere di tanto in tanto dei cambiamenti “MUTAZIONI” che possono essere trasmessi alla discendenza. MUTAZIONI:  cambiamenti ereditari  sono eventi rari, casuali e improvvisi  avvengono durante la replicazione del DNA I GENI Nel DNA sono contenuti i Geni. I geni non sono altro che DNA. I geni nel loro insieme costituiscono il genoma, cioè l'insieme delle informazioni genetiche di una specie. SLIDE 5B.1 MALATTIE NEUROMUSCOLARI E DISTROFINOPATIE MUSCOLO Il termine muscolo (derivante dal latino musculus) identifica un organo composto in prevalenza da tessuto muscolare, ovvero un tessuto biologico con capacità contrattile. L'insieme dei muscoli costituisce l'apparato muscolare, che fa parte insieme allo scheletro e alle articolazioni all'apparato locomotore. Il muscolo ha quattro funzioni: protegge le ossa, sostiene, muove, riscalda il corpo quando si contrae. Distrofie muscolari: gruppo ampio ed eterogeneo di miopatie geneticamente determinate, caratterizzate da progressivo deficit di forza e trofismo muscolare per un processo degenera/vo primario del tessuto muscolare scheletrico. Miopatie genetiche, ad andamento progressivo, in genere causate da un’alterazione di proteine strutturali di membrana. Sintomatologia: debolezza muscolare con cadute frequenti, alzarsi da una sedia, fare le scale, correre, pettinarsi, lavarsi i denti, trasportare oggetti pesanti. DISTROFINOPATIE La distrofina è una proteina del muscolo localizzata sul versante citoplasmatico del sarcolemma dove interagisce con la F-actina del citoscheletro, la struttura filamentosa di rinforzo della cellula muscolare. Inoltre è strettamente legata ad un complesso di proteine sarcolemmali conosciute come proteine legate alla distrofina (DAPs) e glicoproteine legate alla distrofina (DAGs). La mancanza della distrofina conduce ad una perdita delle DAPs e alla rottura del complesso proteina-distroglicano. Questa rottura rende il sarcolemma suscettibile alla lacerazione durante la contrazione muscolare. DISTROFIA MUSCOLARI DI DUCHENNE (DMD): Prende il nome dal neurologo francese Guillaume Benjamin-Amand Duchenne (17 settembre 1806 - 15 settembre 1875), che la studiò e descrisse nel 1861. Il neurologo britannico Willism Richard Gowers (1845-1915) nel 1879 comprese che si manifestava soltanto nel sesso maschile e ne comprese il carattere familiare. Il neurologo tedesco Wilhelm Heinrich Erb (1840-1921) negli anni 1890-1891 svolse ulteriori e specifici studi su tale condizione. Le distrofie muscolari Xp21 legate (Distrofia di Duchenne e Distrofia di Becker) sono malattie degenerative primarie del muscolo Geneticamente determinate ed a decorso progressivo. La trasmissione è legata alla X, recessiva, per cui i maschi si ammalano mentre le femmine eterozigoti sono normali o solo lievemente affette (anche se portatrici). Diagnosi: Assenza di immunoistochimica della distrofina nei preparati bioptici muscolari Evidenza della delezione nel gene della distrofina ALIMENTI E MALATTIE METABOLICHE: INTOLLERANZA EREDITARIA AL FRUTTOSIO, GALATTOSEMIA METABOLISMO Dal greco μεταβολή = cambiamento, è il complesso delle reazioni chimiche e fisiche che avvengono in un organismo o nelle sue cellule. Comprende 2 fasi:  Catabolismo: degradazione di molecole complesse in molecole più semplici, produzione di energia, eliminazione di scorie.  Anabolismo: produzione di molecole complesse a partire da molecole più semplici. Con il termine metabolismo si indica l’insieme dei processi che l’organismo mette in atto per trasformare le proteine, i grassi e gli zuccheri contenuti negli alimenti, in altri composti utili, oppure in sostanze più semplici allo scopo di ricavarne energia. Le Malattie Metaboliche Ereditarie sono un gruppo fenotipicamente e geneticamente eterogeneo di malattie causate da un difetto in una via metabolica, che porta ad un malfunzionamento del metabolismo con produzione e/o accumulo di metaboliti intermedi tossici. Le Malattie Metaboliche Ereditarie sono causate dall'assenza o dalla carenza di uno degli enzimi intracellulari deputati alla produzione di energia nell'organismo. Le proteine, i grassi e gli zuccheri contenuti negli alimenti vengono modificati nell'intestino in aminoacidi, acidi grassi e glucosio. Questi composti più elementari sono poi ulteriormente ridotti ad acqua ed anidride carbonica all'interno delle cellule attraverso la rottura enzimatica dei loro legami chimici. Quest'ultimo processo libera l'energia necessaria alle cellule per tutte le funzioni biologiche: crescita, contrazione muscolare cardiaca e scheletrica, sintesi di mielina per il sistema nervoso centrale, detossicazione dell'organismo, secrezione ed assorbimento, ecc. Un enzima per essere presente all'interno della cellula in "quantità" e "qualità" sufficiente a svolgere la sua funzione, deve essere "previsto" dal nostro patrimonio genetico grazie alla presenza del DNA del gene corrispondente. Un'alterazione del gene causa l'assenza dell'enzima, con conseguente riduzione della produzione di energia. Per alcune malattie metaboliche il danno è dovuto principalmente alla carenza di un prodotto importante che non viene più sintetizzato. Per altre invece all’accumulo di metabolici che risultano tossici, oppure per entrambi i meccanismi L’intervento nutrizionale rappresenta attualmente una delle principali soluzioni terapeutiche. Dalla terapia dietetica dipende: il mantenimento di un buono stato di salute (equilibrio biochimico della via metabolica alterata) normale crescita sviluppo e crescita delle strutture tissutali e nervose modulazione dei meccanismi fisiopatogenetici che mediano l'instaurarsi del danno organico INTOLLERANZA EREDITARIA AL FRUTTOSIO (HFI): Deficit ALDOLASI B enzima epatico incapacità a metabolizzare il fruttosio. I bambini e gli adulti affetti da HFI non presentano sintomi fin tanto che mantengono una dieta priva di alimenti contenenti fruttosio. Il livello di tollerabilità al fruttosio senza presentare sintomi evidenti varia molto da individuo a individuo. In età pediatrica più è precoce l'inserimento di fruttosio nella dieta del bambino maggiore è la reazione avversa. Nei primi mesi di vita i sintomi che si presentano più frequentemente sono vomito, diarrea, rifiuto dell'alimentazione e ritardo di crescita. Altri sintomi sono ipoglicemia shock e danno epatico. Con una assunzione prolungata di fruttosio gli episodi di ipoglicemia diventano più frequenti ed il danno epatico e renale progredisce. Negli adulti non diagnosticati generalmente non si presentano tutti i sintomi in quanto viene istintivamente seguita una dieta priva di fruttosio dovuta all'avversione verso dolci e frutta. Tuttavia l'esclusione completa del fruttosio è spesso molto difficile, ancor più per chi non è stato diagnosticato e quindi molti pazienti affetti da HFI sviluppano una sindrome da intossicazione cronica di fruttosio caratterizzata da epatomegalia (ingrossamento del fegato), fegato con aspetto steatosico e malattie croniche del fegato e dei reni. Questi pazienti, se non propriamente trattati, possono andare incontro a crisi ipoglicemiche dovute all'effetto di inibizione della sintesi del glucosio, causato dal fruttosio accumulatosi nel fegato, possono soffrire di malesseri vari e spesso le loro relazioni con i familiari sono difficili a causa delle loro abitudini alimentari particolari. Terapia consiste nell'eliminazione dalla dieta di tutte le fonti di: fruttosio, saccarosio e sorbitolo. Il fruttosio è contenuto praticamente in tutta la frutta, ma è presente anche in molti alimenti e soprattutto sotto varie forme in diversi prodotti dietetici industriali o farmaci. Importante è anche evitare il digiuno prolungato, soprattutto nei periodi di stress. I bambini affetti da HFI nei primi anni di vita iniziano a proteggere se stessi eliminando dalla dieta alcuni alimenti. Tale dieta, sebbene sufficientemente ristretta da prevenire i sintomi da intolleranza non impedisce il danno epatico ed il rallentamento della crescita. Per questo motivo, dopo la diagnosi, non ci si può basare sull'avversione del paziente nei confronti di alcuni alimenti, ma deve essere prescritta una dieta. Intolleranza ereditaria al fruttosio: Prognosi. Iniziata la terapia dietetica il decorso clinico è caratterizzato da uno sviluppo intellettivo adeguato all'età e dalla normalizzazione della crescita staturale. I bambini piccoli spesso continuano ad avere epatomegalia per mesi ed anni nonostante una terapia adeguata. La ragione di tale andamento non è chiara ma può essere correlata con un grado di intolleranza particolarmente elevato a fonti nascoste di fruttosio e saccarosio. Con il trattamento dietetico, la prognosi è ottima, con normale crescita, sviluppo intellettivo e aspettativa di vita. GALATTOSEMIA La galattosemia è una malattia metabolica rara, trasmessa per via autosomica recessiva e caratterizzata dall'incapacità di metabolizzare il Galattosio, uno zucchero presente soprattutto nel latte. Latte, Lattosio, Galattosio: Galattosemia. Lo zucchero caratteristico del latte e dei prodotti caseari, il LATTOSIO, è un disaccaride che viene scisso a livello intestinale in GLUCOSIO e GALATTOSIO, grazie alla lattasi (enzima carente nei soggetti intolleranti al latte). Il GALATTOSIO viene assorbito e attraverso il circolo portale viene rapidamente trasportato al fegato dove viene metabolizzato. La conversione del galattosio in glucosio 1-fosfato avviene per merito di tre enzimi, la cui specifica assenza dà origine a tre distinte forme di galattosemia. l galattosio è una fonte di energia fondamentale per l'uomo, ma per essere utilizzata, deve essere metabolizzato a glucosio. Sono tre gli enzimi principalmente coinvolti in questo processo (Leloir pathway): - Galattosio-1- fosfato uridiltransferasi (GALT): Galattosemia classica di tipo I - Galattochinasi (GALK): Galattosemia di tipo II - Uridindifosfato galattosio- 4- epimerasi (GALE): Galattosemia di tipo III Definizione: Sotto il termine di galattosemia viene compreso un gruppo di malattie metaboliche genetiche rare, caratterizzate da difetti a carico del metabolismo del galattosio, che comportano una serie di sintomi variabili, che comprendono:  galattosemia classica, grave potenzialmente fatale  deficit di galattochinasi, forma lieve rara con cataratta  deficit di galattosio epimerasi, forma molto rara di gravità variabile, simile alla forma grave della galattosemia classica Il deficit di ognuno di questi tre enzimi porta ad una conversione difettiva del galattosio in glucosio che risulta in una malattia metabolica ereditaria a trasmissione autosomica recessiva nota con il nome di galattosemia. Generalmente i primi segni della malattia si presentano nel periodo neonatale a seguito dell'ingestione del galattosio con il latte materno. Un regime dietetico restrittivo per il galattosio si rivela un trattamento salvavita. I neonati in genere assumono oltre il 20% del fabbisogno calorico sotto forma di lattosio, un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. In assenza dell’enzima galattosil-transferasi i pazienti non sono in grado di metabolizzare il galattosio-1-fosfato, l’accumulo del quale è il principale determinante del danno epatico, renale, e cerebrale. Il danno può colpire in utero i feti affetti di madri eterozigoti mediante il passaggio transplacentare del galattosio che origina dalla dieta delle madri o mediante produzione endogena di galattosio da parte del feto stesso. LA PREVENZIONE La prevenzione è un insieme di attività, azioni ed interventi attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di salute ed evitare l’insorgenza di malattie. In relazione al diverso tipo e alle finalità perseguibili si distinguono tre livelli di prevenzione:  Prevenzione Primaria  Prevenzione Secondaria  Prevenzione Terziaria PREVENZIONE PRIMARIA La Prevenzione Primaria ha il suo campo d’azione sul soggetto sano e si propone di mantenere le condizioni di benessere e di evitare la comparsa di malattie. In particolare è un insieme di attività, azioni ed interventi che attraverso il potenziamento dei fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie, tendono al conseguimento di uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale dei singoli e della collettività o quanto meno ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose. L’insieme di questi interventi è pertanto finalizzato a ridurre la probabilità che si verifichi un evento avverso non desiderato (riduzione del rischio). Definizione: azione finalizzata alla eliminazione delle cause o dei fattori di rischio prima ancora che abbiano provocato una malattia. Può essere rivolta ad una popolazione o a un singolo individuo. PREVENZIONE SECONDARIA Gli interventi di prevenzione secondaria, anche se direttamente rivolti a singoli soggetti, possono essere attuati a livello di popolazione generale mediante gli SCREENING. Possono essere effettuati a tutte le età dal neonato all’anziano. Con questo termine in medicina si indica l’esecuzione di una indagine di massa. Il vero significato, tuttavia è quello di “vaglio”, cioè di una separazione, di una individuazione dei soggetti che presentano elementi di sicura o almeno probabile esposizione o, in qualche caso, di presenza di malattia, da quelli che non ce l’hanno, trasformandosi in tal modo in strumento di diagnosi precoce. Definizione: si pone l’obiettivo di individuare precocemente una malattia possibilmente in fase pre-clinica al fine di limitarne al massimo le conseguenze; è in sostanza una diagnosi precoce PREVENZIONE TERZIARIA La Prevenzione Terziaria, fa riferimento a tutte le azioni volte al controllo e contenimento dei esiti più complessi di una patologia. Consiste nell’accurato controllo clinico-terapeutico di malattie ad andamento cronico o irreversibili, ed ha come obiettivo quello di evitare o comunque limitare la comparsa sia di complicazioni tardive che di esiti invalidanti. Con prevenzione terziaria si intende anche la gestione dei deficit e delle disabilità funzionali consequenziali ad uno stato patologico o disfunzionale. Si realizza attraverso misure riabilitative e assistenziali, volte al reinserimento familiare, sociale e lavorativo del malato, e all'aumento della qualità della vita. Definizione: si tratta di diagnosi e cura delle malattie e degli interventi riabilitativi finalizzati alla riacquisizione delle funzioni perdute e ad evitare la cronicizzazione delle sequele o un deterioramento funzionale in un individuo in cui l’evento patologico si è già verificato. SCREENING presunta identificazione di una malattia non diagnosticata o di un difetto mediante test, esami o altre procedure di facile e rapida esecuzione. Il test di screening seleziona le persone apparentemente sane che hanno una malattia da quelle che non l’hanno. Il test di screening non è diagnostico necessita di conferma. Il test di screening oltre ad essere accettabile, di facile esecuzione e non invasivo, di costo contenuto, deve avere elevata sensibilità e specificità. SENSIBILITA’: capacità del test (%) di dare un risultato positivo nei soggetti affetti cioè quando la persona esaminata è malata (positivo vero). SPECIFICITA’: capacità di dare un risultato negativo nei soggetti non affetti cioè quando la persona esaminata è sana (negativo vero). VALIDITA’: frequenza con cui il test viene confermato da una procedura diagnostica accettabile. Capacità di separare i soggetti affetti dai non affetti. VALORE PREDITTIVO Il valore predittivo di un test è la capacità che esso ha di segnalare come malato un individuo malato e come sano un individuo sano; il valore predittivo positivo è rappresentato dalla proporzioni di malati tra quelli positivi al test (in sostanza pochi falsi negativi); il valore predittivo negativo è rappresentato dalla proporzione di sani tra i negativi al test (pochi falsi positivi) SCREENNING NEONATALE Lo SCREENING NEONATALE è l'attività di sanità pubblica finalizzata all'individuazione precoce di alcune malattie congenite. Quest’ultime se non riconosciute precocemente, possono causare danni spesso irreversibili soprattutto a carico del sistema nervoso centrale con conseguenti gravi disabilità. L’identificazione di tali patologie nei primi giorni di vita è essenziale per intervenire in tempo e per evitare le conseguenze gravi sulla salute nel neonato. Infatti, la diagnosi precoce di queste malattie permette un intervento terapeutico farmacologico e/o dietetico finalizzato alla prevenzione dei possibili danni all’organismo del neonato. E’ uno dei più importanti programmi di medicina preventiva pubblica. Comporta l’applicazione di test specifici, strumentazione complessa e personale esperto. Permette di identificare patologie per le quali solo con la diagnosi precoce e un tempestivo trattamento si ha una speranza di cura e di vita normale. I trattamenti effettuati dopo la comparsa di segni clinici e dopo episodi di scompenso metabolico, per molte di queste malattie, non sono efficaci e non sono in grado di normalizzare il quadro clinico. L’identificazione precoce in epoca neonatale, la conferma diagnostica e il trattamento di queste patologie possono modificare la prognosi in modo significativo. articolo 38, comma 2, del DPCM 12 gennaio 2017 Sordità congenita Cataratta congenita Screening neonatali su goccia di sangue Screening neonatale esteso (SNE): diagnosi precoce delle *Malattie metaboliche ereditarie SCREENING UDITIVO La sordità neonatale rappresenta il difetto sensitivo ereditario più frequente nei neonati con un incidenza stimata nei paesi occidentali fra 0,5 e1,5 casi ogni mille nati. Se non diagnosticata e trattata precocemente, può determinare gravi deficit fortemente invalidanti in grado di influire negativamente sui processi di sviluppo neurosensoriale, di apprendimento e di inserimento sociale del bambino. L’obiettivo dello screening audiologico alla nascita è quello di identificare i neonati affetti da ipoacusia (sordità) congenita precocemente, in modo tale da effettuare la diagnosi prima dei 3 mesi ed intervenire entro i sei. Lo screening uditivo neonatale viene effettuato nei primi giorni di vita del bambino mediante un’indagine di breve durata e non invasiva, che non necessita della collaborazione del bambino e che si può eseguire durante il sonno spontaneo inviando al bambino stimoli acustici di diversa intensità. Tramite un primo test con otoemissioni si inserisce un sondino nella parte esterna dell’orecchio e si rilevano le risposte della coclea a piccole stimolazioni sonore. Se l’analisi dà esito positivo, si passa a un esame più approfondito con potenziali uditivi evocati automatizzati, per verificare l’attività elettrica del tronco cerebrale. SCREENING VISIVO NEONATALE Le malattie oculari congenite rappresentano gravi affezioni neonatali ad alto impatto sociale in quanto influiscono in maniera determinante sullo sviluppo della capacità di relazione del bambino.. La cataratta congenita ancora oggi rappresenta una delle principali cause di cecità curabile nell’infanzia, con un’incidenza compresa tra 1 e 6 casi su 10.000 nati vivi. Lo screening visivo neonatale previsto dai nuovi Lea per tutti i nuovi nati è rappresentato dal test del riflesso rosso. Si tratta di un esame molto semplice che permette di valutare la presenza o meno del riflesso rosso del fondo oculare: è lo stesso effetto che osserviamo spesso nelle fotografie effettuate con il flash. La mancanza del riflesso rosso o la differenza fra i due occhi in termini di omogeneità sono indicativi di possibili patologie e permettono di indirizzare subito il bambino allo specialista oculista per una diagnosi e una presa in carico tempestiva. SCREENING SU GOCCIA DI SANGUE La storia dello screening come test di popolazione risale agli inizi degli anni '60 negli Stati Uniti d’America quando il biologo Robert Guthrie sviluppò un test di inibizione batterica semplice e poco costoso in grado di identificare l'aminoacidopatia più frequente: la fenilchetonuria. Questo metodo venne progressivamente applicato in quasi tutti i paesi , inclusa l’Italia (lo screening neonatale per la fenilchetonuria nacque in Liguria nel 1973 e venne gradualmente avviato su tutto il territorio nazionale ). Nel decennio successivo prese il via sia negli USA che in Europa, Italia compresa , anche lo screening neonatale per l'ipotiroidismo congenito e, poi quello per la Fibrosi Cistica (attuati con metodiche diverse). Lo screening neonatale per queste tre malattie è diventato obbligatorio per tutti i nati sul territorio italiano con la legge n. 104 del 5 febbraio 1992 e successivi regolamenti attuativi. Screening neonatali:  Ipotiroidismo congenito  Fenilchetonuria  Fibrosi cistica IPOTIROIDISMO CONGENITO L’ ipotiroidismo congenito (IC) è una delle più comuni malattie endocrine, Incidenza 1:3000 nati con un rapporto F:M 2:1. E’ dovuto ad un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei da parte della ghiandola tiroide; tali ormoni sono indispensabili per la crescita e lo sviluppo mentale del bambino; pertanto, se non trattato precocemente causa: ritardo staturale, ritardo neuro-psichico, ritardo del linguaggio, sordità, atassia, pubertà anticipata o ritardata. MALATTIE METABOLICHE EREDITARIE E SCREENING NEONATALE ESTESO (SNE) Lo screening neonatale delle Malattie Metaboliche Ereditarie è generalmente conosciuto come un test biochimico che consente l'identificazione nel neonato di diverse malattie congenite che, se non diagnosticate e trattate tempestivamente, possono causare ritardo mentale e/o di crescita, gravi danni permanenti e in alcuni casi morte. Lo screening neonatale è un programma complesso, integrato e multidisciplinare di prevenzione sanitaria secondaria. Lo scopo del programma è quello di selezionare, su tutta la popolazione neonatale, i soggetti che presentano alterazioni biochimiche indicative di determinate malattie, procedere ad accertamento diagnostico e, in caso di diagnosi confermata, avviare il paziente al trattamento specifico per la malattia da cui è affetto e, quindi, seguirlo nel tempo. È essenziale individuare la malattia prima che si manifestano i sintomi clinici associata dando ai medici la possibilità di avviare il miglior trattamento disponibile e, infine, di avere la migliore prognosi modificando il corso naturale della malattia. Esistono dei criteri universalmente riconosciuti perché una malattia possa essere inserita in un programma di screening neonatale. Quelli più noti, definiti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, risalgono al 1963 e sono conosciuti come criteri di Wilson e Jungner e fanno riferimento alle caratteristiche: a) della malattia: gravità, frequenza, possibilità di trattamento; b) del test/programma di screening, appropriatezza, costi, accettabilità da parte della popolazione. La storia dello screening come test di popolazione risale agli inizi degli anni '60 negli Stati Uniti d’America quando il biologo Robert Guthrie sviluppò un test di inibizione batterica semplice e poco costoso in grado di identificare l'aminoacidopatia più frequente: la fenilchetonuria. Questo metodo venne progressivamente applicato in quasi tutti i paesi, inclusa l’Italia (lo screening neonatale per la fenilchetonuria nacque in Liguria nel 1973 e venne gradualmente avviato su tutto il territorio nazionale). Nel decennio successivo prese il via sia negli USA che in Europa, Italia compresa, anche lo screening neonatale per l'ipotiroidismo congenito e, poi quello per la Fibrosi Cistica (attuati con metodiche diverse). Lo screening neonatale per queste tre malattie è diventato obbligatorio per tutti i nati sul territorio italiano con la legge n. 104 del 5 febbraio 1992 e successivi regolamenti attuativi. Negli anni ’90 lo sviluppo della tecnologia analitica, in particolare la spettrometria di massa tandem con sorgente electrospray, consentì la messa a punto laboratori di chimica clinica di metodiche analitiche versatili, specifiche e sensibili che permettevano di misurare molti biomarcatori in un'unica analisi molto rapida. I ricercatori che lavoravano nel campo dello screening neonatale intuirono che sfruttando questa tecnologia era possibile passare dal concetto di: “un test – una malattia” a quello di “un test – molte malattie” , rivoluzionando di fatto l’approccio allo screening neonatale. I prelievi Guthrie card raccolte vengono inviate tempestivamente al laboratorio centro screening di riferimento che verifica la qualità il prelievo, lo accetta ed esegue i test. Il laboratorio di screening ha anche la responsabilità della gestione dei dati (anche sensibili) del neonato. In caso di alterazione di uno o più biomarcatori, suggestiva di una malattia fra quelle indagate, viene richiesto al punto nascita un secondo prelievo di controllo e, solo in caso di conferma delle alterazioni, il neonato viene riferito al centro clinico di competenza ed al laboratorio diagnostico per le analisi di conferma. SCREENING NEONATALE ESTESO: Le patologie iden7ficate oggi fanno parte di un gruppo di oltre 600 disturbi causa7 da un deficit specifico di una delle vie metaboliche. Queste condizioni cos7tuiscono circa il 10% delle mala&e rare, e possono causare seri problemi di salute a par7re dall’età neonatale o infan7le e sono in cer7 casi potenzialmente letali. La diagnosi e il tra FENILCHETONURIA (PKU) E IPERFENILALANINEMIE (HPA) La PKU o forma grave o classica e la sua forma più lieve HPA sono aminoacidopatie che appartengono ai difetti congeniti del metabolismo degli aminoacidie e provocano accumulo nell’organismo dell’aminoacido essenziale “fenilalanina (Phe)”, che è presente nelle proteine che mangiamo ogni giorno. FENILALANA (PHE): La fenilalanina (Phe) è un aminoacido aromatico essenziale che viene assorbita a livello intestinale e metabolizzata principalmente nel fegato ad opera dell’enzima fenilalanina idrossilasi (PAH) (Figura 1a). La PAH catalizza l’idrossilazione della fenilalanina, aggiungendo un gruppo idrossilico all’anello aromatico della molecola e trasformandola così in tirosina (Tyr). La tirosina, invece, è un aminoacido non essenziale che partecipa alla sintesi di neurotrasmettitori, ormoni e melanina. L’enzima fenilalanina-idrossilasi (PAH) converte l’aminoacido essenziale fenilalanina (Phe) in tirosina (Tyr), a sua volta precursore di un importante neurotrasmettitore cerebrale: la dopamina. Mutazioni nel gene PAH, codificante l’enzima PAH, possono portare a deficit totale o parziale dell’enzima stesso e sono responsabili a seconda della loro gravità delle forme PKU o HPA. La reazione idrossilazione della Phe catalizzata dalla PAH è una reazione limitante. La mancata idrossilazione della Phe a Tyr porta ad un accumulo di Phe a monte della reazione e carenza di Tyr a valle. La Tyr è necessaria per la sintesi di ormoni, neurotrasmettitori e melanina. I difetti del metabolismo della fenilalanina sono malattie genetiche rare del metabolismo aminoacidico. La fenilchetonuria (PKU) e le iperfenilalaninemie (HPA) da deficit dell’enzima epatico Fenilalanina idrossilasi (PAH) causato da mutazioni nel gene PAH è la malattia ad ereditarietà autosomica recessiva più frequenti tra gli errori congenito del metabolismo. Il deficit di PAH primitivo o causato da deficit del Sistema BH4 causa accumulo di Phe nei liquidi biologici e nei tessuti, in particolare nel sistema nervoso centrale ove, oltre un certo livello, esercita un effetto patogeno, soprattutto nelle fasi più precoci di sviluppo postnatale. L’aumento nel sangue di fenilalanina (Phe) provoca in pazienti non trattati: ritardo mentale, comportamento aggressivo ed agitato, ipertonia muscolare sintomi a carico del sistema nervoso, microcefalia, eczema cutaneo I neonati diagnosticati precocemente e trattati in modo appropriato (dieta povera di proteine) non sviluppano alcun sintomo ed anche lo sviluppo psicomotorio risulta normale. Importante per una donna PKU che la gravidanza venga pianificata. IMPORTANTE mantenere dal momento del concepimento e per tutta la gravidanza [Phe] ematica materna range 120- 360 µmol/L. FIBROSI CISTICA «Fibrosi cistica»: dilatazione sacciforme (cistica) dei bronchi e cicatrizzazione del tessuto dei polmoni e del pancreas (fibrosi) caratterizzata da ostruzione e infezione delle vie aeree e disturbi della digestione. «Mucoviscidosi»: malattia del muco denso e vischioso. Malattia multisistemica. Causa principale di pneumopatia cronica severa nei bambini e di insufficienza pancreatica esocrina. Già le mamme romane, 2000 anni fa, riconoscevano il bambino malato per il sapore di mare nel baciargli la fronte. Un antico proverbio tedesco del XVII° secolo così recitava: “morirà presto il bambino, la cui fronte sa di sale se baciata”. In tal modo, la saggezza popolare aveva già anticipato quanto l'osservazione medica avrebbe poi scoperto negli anni '50 e la ricerca scientifica non ancora completamente chiarito indicando nella concentrazione di sali nel sudore, il metodo di diagnosi per la Fibrosi Cistica. È proprio questa caratteristica del sudore particolarmente salato, avvertito dalle madri quando baciavano i bambini affetti, che farà chiamare la Fibrosi Cistica “la malattia del bacio salato”. Vecchia definizione: Malattia genetica a carattere autosomico recessivo, a prognosi severa che porta a morte nella prima decade di vita, caratterizzata da insufficienza pancreatica, broncopneumopatia cronica, livelli elevati elettroliti nel sudore. Definizione: Malattia genetica con esito fatale fino a poco tempo fa. Malattia multisistemica che colpisce bambini e adulti. È caratterizzata da alterazione del trasporto ionico degli epiteli e interessa tutte le ghiandole a secrezione esocrina dell’organismo con conseguenti anomalie delle secrezioni esocrine. È presente pertanto anomala funzione delle ghiandole sudoripare, disfunzioni epatiche e della sfera genitale. La malattia è causata da mutazioni nel gene CFTR che codifica la proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator) che regola la conduttanza transmembrana degli ioni Cl e di altre molecole. Nella FC è presente un ridotto assorbimento di Sodio e Cloro nelle ghiandole sudoripare e abnorme accumulo di muco vischioso (da cui mucoviscidosi), con ostruzione e dilatazione dei dotti ghiandolari e aumentata viscosità delle secrezioni delle vie aeree e digestive con conseguente infezioni respiratorie e malassorbimento. CONSEGUENZE DELL’ASSENZA O MALFUNZIONAMENTO DEL CFTR: Il canale CFTR si colloca sulla membrana cellulare di alcune ghiandole (salivari, pancreatiche e sudoripare), dei vasi deferenti, dell’intestino, delle vie respiratorie e delle vie biliari. Ad esclusione delle ghiandole sudoripare, se il canale è assente o mal funzionante, le cellule epiteliali secernono meno ioni Cl- e riassorbono Na+ in eccesso, determinando di conseguenza una riduzione di acqua. La conseguenza del difetto del canale CFTR è la produzione di secrezioni più asciutte, disidratate, dense e viscose. Nelle vie aeree, il muco più viscoso tende ad accumularsi lungo la parete bronchiale e la clearance mucociliare diventa inefficace, favorendo l’instaurarsi di infezione broncopolmonare e la tendenza al ripetersi di infezioni polmonari. Nelle ghiandole sudoripare, il difetto del canale CFTR comporta invece un’incapacità della ghiandola a recuperare attraverso il suo dotto escretore il cloro e il sodio, che vengono prodotti all’origine in concentrazione uguale a quella del plasma. Ne consegue una secrezione di sudore ad alto contenuto di elettroliti e notoriamente “salato”. Il difetto della proteina CFTR non è uguale in tutti i malati affetti da fibrosi cistica. Può variare dalla totale mancanza della proteina stessa (difetto più grave), alla incompleta maturazione del canale o al funzionamento ridotto. I sintomi della malattia dipendono dal tipo di difetto e quindi dalla funzionalità del canale CFTR. La malattia esordisce in genere durante la prima infanzia. Nelle persone colpite le secrezioni come muco bronchiale o succo pancreatico sono più dense del normale, con effetti dannosi soprattutto a carico degli apparati respiratorio e digestivo. Malattia multisistemica caratterizzata da ostruzione e infezione delle vie aeree e disturbi della digestione. Causa principale di pneumopatia cronica severa nei bambini e di insufficienza pancreatica esocrina. Epidemiologia: La fibrosi cistica è la malattia genetica ereditaria più frequente tra le popolazioni di origine caucasica (Europa e Nord America), con un’incidenza in Italia di un neonato malato ogni 2500- 3000 nati sani. La malattia è meno frequente nelle popolazioni asiatiche. Trasmissione: autosomica recessiva; Nella popolazione generale un individuo su 25 è portatore sano della mutazione del gene FC. Il portatore non sviluppa la malattia né mostra alcun sintomo. In Italia oltre 2 milioni di persone sono portatori sani del gene CFTR. Eziologia: La CF è causata da mutazioni nel gene CFTR, localizzato sul braccio lungo del cromosoma 7, locus q21-3,1. Il gene CFTR è stato clonato nel 1989. Composto da 27 esoni separati da 26 introni, esso codifica la proteina «Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator (CFTR)», costituita dalla sequenza nucleotidica di 1480 amminoacidi, ed ha funzione di: - Regolazione del passaggio degli ioni Cl - Regolazione di altri canali al Cloro - Regolazione dei canali del Sodio La fibrosi cistica è una malattia ereditaria che: – impedisce il trasporto del cloro negli epiteli – altera la conduttanza ionica della membrana plasmatica – causa uno sbilanciamento dei fluidi. Queste alterazioni locali provocano ostruzione polmonare, insufficienza pancreatica, sterilità, e un’alta concentrazione di elettroliti nel sudore. Il muco secreto nei polmoni è molto più denso del normale, quindi le cellule ciliate non riescono a portarlo verso il naso e le bocca facendolo ristagnare nei polmoni dove causa tosse frequente e infezioni polmonari. I dotti pancreatici si ostruiscono determinando la formazione di cisti a livello del pancreas, facendogli assumere un aspetto fibroso. L’intestino non riceve abbastanza enzimi digestivi provocando denutrizione e steatorrea (alta concentrazione di grassi nelle feci). I dotti deferenti maschili si occludono determinando sterilità. I sali espulsi durante la sudorazione non vengono riassorbiti dall’organismo determinando un’aumento della concentrazione di sali nel sudore. La tosse è il sintomo più molesto, spesso accompagnata da espettorato, vomito e disturbi del sonno. Con il progredire della malattia, compaiono rientramenti intercostali, uso dei muscoli respiratori accessori, torace a botte, dita a bacchetta di tamburo e cianosi. L'interessamento delle vie respiratorie superiori determina poliposi nasale e sinusite cronica o ricorrente. Gli adolescenti possono presentare ritardo di crescita, e ridotta tolleranza all'esercizio fisico. Complicanze polmonari: L'eccessiva sudorazione durante un periodo caldo o per febbre può causare episodi di disidratazione ipotonica e insufficienza circolatoria. Nei climi secchi i lattanti possono andare incontro ad alcalosi metabolica cronica. La formazione di cristalli di sale e il sapore salato sulla pelle sono molto suggestivi di FC. Nel 10% dei pazienti adulti si verifica un diabete insulino-dipendente. Nel 4-5% degli adolescenti e adulti si ha una cirrosi biliare con varici e ipertensione portale. La presenza di dolore addominale cronico e/o ricorrente può essere correlata a invaginazione, ulcera peptica, ascesso periappendicolare, pancreatite, reflusso gastro-esofageo, esofagite, patologia colecistica o a episodi di parziale ostruzione intestinale secondaria a feci abnormemente viscose. Diagnosi: -Test del sudore: la diagnosi è confermata da un valore elevato della concentrazione di Cl nel sudore > 60 mEq/l, ottenuto mediante ionoforesi pilocarpinica: si stimola farmacologicamente la parte prescelta, si misura la quantità di sudore e la sua concentrazione di Cl. -L'analisi delle mutazioni (ricerca delle mutazioni della FC) può essere usata per la diagnosi prenatale e per identificare i portatori nelle famiglie di un bambino affetto. -Nei neonati con FC, la concentrazione sierica della tripsina immunoreattiva è elevata (test di screening con sensibilità del 95%) SCREENING NEONATALENumerose considerazioni scientifiche dimostrano che è estremamente importante praticare un test di screening a tutti i neonati per identificare precocemente quelli affetti da FC perché è una malattia che compromette la durata della vita e la sua qualità. Un riconoscimento precoce della malattia FC attraverso i sintomi clinici è a volte difficile perché non sono specifici e apparentemente lievi. Spesso, infatti, i sintomi dei bambini affetti da FC possono essere confusi con quelli di una allergia alimentare, della celiachia, di un'asma bronchiale o di una bronchite recidivante. La diagnosi precoce permette di attuare un programma di prevenzione e cura delle complicanze, ritardando il più possibile l'evoluzione della malattia e quindi il danno irreversibile di organi ed apparati. A tutt'oggi non esiste una terapia farmacologica in grado di correggere il difetto genetico che causa la malattia ma i programmi terapeutici in atto sono in grado di curare il malassorbimento e la conseguente malnutrizione e di ridurre l'evoluzione del danno polmonare attraverso strategie che prevengono e curano l'infezione e l'infiammazione cronica polmonare. Con queste strategie terapeutiche la prognosi per i malati con FC è nettamente migliorata passando da una sopravvivenza media di un anno - come accadeva 50 anni fa - agli attuali 40 anni. Il test di screening si basa sul dosaggio della Tripsina Il test di screening con dosaggio della tripsina, e viene effettuato su gocce di sangue raccolte tramite una piccola puntura sul tallone del neonato, al secondo o terzo giorno di vita. Se il bambino risulta positivo, verrà richiamato per eseguire ulteriori accertamenti. Alcuni centri di screening effettuano la ricerca delle mutazioni CFTR già quando il primo test della tripsina risulta patologico, altri solo dopo la conferma di un dosaggio elevato di questo enzima al secondo prelievo di sangue. SINDROMI GENETICHE SINDROME DI DOWN John L. Down nel 1862 è stato il primo medico a descrivere questa sindrome come forma distinta di disabilità mentale. Nel 1866 la descrisse più dettagliatamente nel «Observations on An Ethnic Classification of Idiots". Down, data la similitudine dei tratti somatici con i bambini di etnia mongola, coniò anche il termine «mongoloide» per descrivere il fenotipo dei bambini affetti dalla sindrome. Quasi un secolo più tardi, nel 1961, diciannove genetisti scrissero all’Editore di Lancet e chiesero di non usare questo termine percè non appropriato e alquanto forviante. Lancet propose di chiamare la sindrome come «Down Syndrome. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) non usa più il termine ufficialmente dal 1965 a seguito di una richiesta formale del proprio delegato mongolo. I gruppi di tutela dei genitori dei bambini affetti dalla sindrome accolsero favorevolmente l'eliminazione della definizione di «mongoloide», ritenuta impropria e discriminatoria. Dal 1975 trisomia21 è il sinonimo riconosciuto della Sindrome di Down. La trisomia 21 libera è caratterizzata dal fago che il cromosoma in più è in tutte le cellule del corpo. Essa è presente nel 92% circa di tutti i bambini con sindrome di Down. La forma con traslocazione non bilanciata del cromosoma 21 è presente in circa il 4% dei casi. Alcuni di questi casi sono familiari, cioè la traslocazione non è comparsa accidentalmente, ma è stata trasmessa da un genitore asintomatico ma con una traslocazione bilanciata. Anche in questi casi è opportuna una consulenza genetica che informi sul rischio di avere un altro figlio con sindrome di Down. La forma a mosaico (contraddistinta dal fatto che solo alcune cellule hanno un cromosoma 21 in più) riguarda il 2-3% degli individui con sindrome di Down. Pur in presenza di dati contrastanti, si può dire che i bambini con la trisomia 21 a mosaico tendono ad avere prestazioni cognitive, linguistiche e sociali migliori degli individui con trisomia libera. La Sindrome di Down è la più frequente causa di ritardo mentale dovuta a mutazione genomica. Interessa maschi e femmine di tutte le etnie. La SD è molto comune: in Italia si stima che le persone affette siano circa 40mila. L’incidenza (o prevalenza alla nascita) è variabile con frequenze che vanno da 1:500 a 1: 1500-2000. Sono notevole le differenze tra le diverse Nazioni Variabili che incidono sono: a) Interruzione di gravidanza b) Età media materna. ASPETTI FISICI E MOTORI  occhi a mandorla con pieghe epicantali agli angoli interni  testa un po' più piccola e piaga nella parte posteriore  viso un po' piago e rotondo con sella nasale larga e appiaYta  bocca e orecchie più piccole, spesso sono assenZ I lobi  lingua grossa e sporgente  collo ampio  mani corte e larghe (mignoli inclinaZ verso l’interno della mano e solco palmare unico in entrambe le mani)  Articolazioni molto flessibili per notevole lassità dei legamenti  statura inferiore alla norma  Il tono muscolare del neonato con sindrome di Down è caratterizzato, di norma, da "rilassatezza". L'ipotonia muscolare è presente in più del 95% dei casi. Un indice di essa nel primo anno di vita si ha quando si solleva il bambino disteso per metterlo a sedere: la testa spesso resta indietro rispetto al corpo Diagnosi: La sindrome di Down può essere identificata durante la Gravidanza attraverso i test di screening prenatale: Amniocentesi o Villocentesi. Ques0 esami vengono propos0 a donne di età superiore ai 37 anni o con altri figli affetti da SD Il Tri-test è un esame del sangue materno, eseguito tra la 15° e la 20° settimana di gestazione, nel quale vengono dosate l’alfafetoproteina, l’estriolo non coniugato e la frazione beta della gonadotropinacorionica. L’elaborazione statistica dei livelli ematici di queste 3 sostanze, combinate con il rischio di Sindrome di Down legato all’età della madre e con altri fattori fornisce una risposta che indica la stima della probabilità che il feto possa essere affetto da Trisomia 21. Il tri-test non è diagnostico. Le persone che si sottopongono al Test Combinato devono essere consapevoli che un risultato positivo non equivale all'accertamento della sindrome di Down ma esprime solo una probabilità che questa possa essere presente. Il risultato dell’esame deve essere interpretato da esperti attraverso una consulenza genetica a seguito della quale potranno essere prescritti successivi approfondimenti. Nel caso in cui sia confermata la sindrome di Down, il genetista potrà fornire alla coppia tutte le informazioni necessarie. SPAN DI MEMORIA VERBALE: Carenza nello span verbale. pan di memoria verbale = capacità di memorizzare cifre presentate verbalmente o parole. Le carenze sul piano verbale non sono dovute solo alle carenze linguistiche. Assenza di effetti o modalità. Effetti o modalità = ad es. le prestazioni sono migliori per gli item presentati uditivamente rispetto a quelli visivi. SPAN DI MEMORIA VISUOSPAZIALE: Lo span visuospaziale (memoria a breve termine) dei bambini Down non differisce da quello dei bambini normodotati di pari età mentale. La memoria visuospaziale costituisce un punto di forza nel profilo della sindrome di Down. BATTERI, VIRUS E PARASSITI MICROBIOLOGIA E MICRORGANISMI La Microbiologia è la branca della Biologia che studia i microrganismi = micros (piccolo), bios (vita) e logos (parola). Microrganismi sono definiti come organismi unicellulari invisibili ad occhio nudo, a volte organizzati in aggregati pluricellulari senza differenziazione in tessuti od organi. Sono coinvolti in importanti cicli della materia, trasformazioni geochimiche e processi biologici. Comparsi sul nostro pianeta oltre 3.5 miliardi di anni fa; costituiscono oltre la metà della biomassa contro il 35% piante e 15% animali. I microrganismi concorrono all’equilibrio biologico sulla Terra. Sono responsabili delle malattie infettive nell’uomo, negli animali e nelle piante. Vengono chiamati in causa nell’insorgenza di alcuni tipi di tumori (HPV). Causa di degradazione degli alimenti. Utilizzati come modelli sperimentali per lo studio della genetica molecolare e della fisiologia cellulare e per la produzione di sostanze utili all’uomo (sieri e vaccini, antibiotici, vitamine ed altre sostanze utili). CELLULA PROCARIOTA: Capsula: involucro di protezione e adesione alle superfici. Parete cellulare: rivestimento rigido di protezione e sostegno; consente il mantenimento della forma. Membrana plasmatica: circonda la cellula e regola il traffico delle molecole. Nucleoide: regione contenente il DNA. Plasmidi: porzioni di DNA che posseggono le proprietà di un cromosoma. Ribosomi: organuli preposti alla sintesi proteica. Pili: strutture per l’ancoraggio. Flagelli: strutture per il movimento. Respirazione: associata alla membrana. PARETE CELLULARE: La parete cellulare dei batteri è una complessa struttura rigida presente solo nei procarioti che conferisce alla cellula batterica la forma, l’integrità, porosità e resistenza alla pressione osmotica (fino a 20 atmosfere) e garantisce la protezione dall'ambiente esterno. La parete dei Gram-positivi (Gram +) è costituita principalmente da uno spesso e stratificato strato rigido di peptidoglicano. Essi assumono una tinta dal blu al porpora. I batteri Gram-negativi (Gram -) hanno uno strato più sottile di peptidoglicano e una membrana esterna. La parete sottile assorbe il colorante rosso, e le cellule assumono una tinta dal rosa al rosso vivo. CRESCITA BATTERICA: Fase di latenza: le cellule aumentano di volume ma non di numero: i batteri si adattano al nuovo ambiente. Fase esponenziale o logaritmica: i batteri si moltiplicano con un tempo di duplicazione che dipende dal ceppo e dall’ambiente. Fase stazionaria: i batteri smettono di crescere per la mancanza di metaboliti e l’accumulo di sostanze tossiche. Fase di morte cellulare: la fase di declino o morte cellulare si manifesta come riduzione lineare del numero di cellule vitale nel tempo. BATTERI: Possono essere classificati per: Morfologia (dimensione, forma): Cocchi, Bacilli, Vibrioni e Spirilli. Caratteristiche di: colorazione, metaboliche e antigeniche. Sulla base dei rapporti che questi contraggono con l'ospite: Saprofiti o Commensali: microrganismi che vivono e si moltiplicano a contatto con l'ospite senza provocare danni; anzi, a volte si può instaurare un rapporto di reciproco beneficio. Patogeni: microrganismi che tendono a provocare malattia. Opportunisti: microrganismi normalmente innocui, ma in grado di provocare malattie, anche gravi, in seguito ad un indebolimento delle difese dell'organismo. Un individuo sano vive in armonia con la flora microbica che lo aiuta a proteggersi dall'invasione degli agenti patogeni. Le specie che costituiscono la flora normale sono influenzate da molti fattori (p.es., dieta, igiene personale, condizioni sanitarie). I lattobacilli sono dei comuni organismi intestinali commensali frequenti nei soggetti con un alto consumo di latticini; L’Haemophilus influenzae colonizza l'albero tracheobronchiale nei pazienti che presentano malattia polmonare cronica ostruttiva (Chronic Obstructive Pulmonary Disease, COPD). I microrganismi patogeni possono a volte far parte della flora normale specialmente nei pazienti le cui barriere difensive sono alterate. BATTERI PATOGENI: In condizioni favorevoli tutti i batteri sono in grado di svilupparsi molto rapidamente, fino a raddoppiare di numero in mezz' ora. In condizioni sfavorevoli muoiono molto facilmente, ma alcuni producono spore (cellule a parete spessa, molto resistente al caldo ed anche all' essicamento), che rimangono inattive fino a che le condizioni non ridiventano favorevoli. I batteri patogeni inducono malattie fondamentalmente in due modi: colonizzano un tessuto e lo danneggiano moltiplicandosi rilasciano delle sostanze chiamate tossine (Esotossine o Endotossine), che riescono a danneggiare anche zone lontane dal punto d' ingresso. endotossine sono contenute nel batterio e rilasciate con la morte; esotossine vengono invece emesse dal batterio vivente I microrganismi patogeni vengono trasmessi di solito per contatto diretto, attraverso il respiro, per contatto con escreti inquinanti o attraverso gli insetti. Nella maggior parte dei casi l' organismo è in grado di difendersi dai batteri pericolosi. Tuttavia, nel caso in cui riescano a stabilire una testa di ponte nell' organismo e a causare una malattia, questo necessita di aiuto da parte di farmaci in grado di uccidere i batteri, o per lo meno di bloccare la loro riproduzione. Questi farmaci sono chiamati battericidi se uccidono i batteri e batteriostatici se ne inibiscono la riproduzione. Gli antibiotici non devono essere usati in maniera indiscriminata, perché se impiegati in modo scorretto possono favorire lo sviluppo di ceppi resistenti. Lo Streptococcus pneumoniae, o pneumococco o Bacillo di Fraenkel, è un batterio gram-positivo appartenente al genere Streptococcus ed è responsabile della polmonite negli adulti. STAPHYLOCOCCUS AUREUS: è il più comune agente eziologico delle infezioni cutanee e dei tessuti molli. Si tratta, in particolare, di infezioni piogeniche (formanti pus), che appaiono come foruncoli o ascessi. L’uso indiscriminato di antibiotici ha portato, come spesso accade, allo sviluppo di ceppi meticillino resistenti e, più recentemente, di altri ceppi a resistenza multipla, sviluppata anche nei confronti della vancomicina, uno dei pochi farmaci, insieme alla teicoplanina, ancora capaci di debellare le infezioni di questo batterio. TUBERCOLOSI: La tubercolosi (o TBC) è un'infezione provocata dal Mycobacterium tubercolosis (o bacillo di Koch) o, più raramente, da Mycobacterium bovis che infetta generalmente i bovini. I bacilli tubercolari si presentano come bastoncelli sottili e dritti(dimensioni di circa 0,4 x 3µm), non è possibile classificarli tra i germi gram-positivi né tra quelli gram-negativi. I micobatteri sono aerobi stretti, non producono alcuna tossina riconosciuta: la malattia viene provocata dallo stabilirsi e dalla proliferazione di microrganismi virulenti e dalle reazioni tra questi e l'ospite. Può colpire tutti gli organi ed essere acuta o cronica. Tuttavia, si insedia più frequentemente nei polmoni. EHEC: si tratta di un ceppo entero-emorragico del batterio Escherichia coli, che causa malattie a trasmissione alimentare. La trasmissione avviene attraverso la via orofecale, e la maggior parte dei casi di malattia sono associati all’assunzione alimentare di cibi crudi o poco cotti, contaminati dalla terra o da acque sporche, o al consumo di verdure inquinate da queste acque. L’infezione porta spesso a diarrea emorragica e, altrettanto spesso, può indurre la sindrome emolitica uremica, caratterizzata da insufficienza renale acuta, anemia emolitica e trombocitopenia, più frequente nei bambini. ESEMPI DI INFEZIONI DA BATTERI PATOGENI: VIRUS Entità biologiche subcellulari. Parassiti endocellulari obbligati. Non possono produrre energia o sintetizzare acidi nucleici e proteine al di fuori di una cellula ospite. Hanno dimensioni piccolissime (sono filtrabili). Virione= particella virale completa ed infettante. Possiedono un solo tipo di acido nucleico (DNA o RNA). Non sono esseri viventi. Per esistere in natura devono essere infettanti. Devono utilizzare i meccanismi della cellula ospite per produrre i propri componenti (mRNA virali, proteine e copie identiche del genoma). Devono codificare proprie proteine specifiche per ogni processo da loro richiesto e non effettuabile dalla cellula. La produzione di nuovi virioni avviene per assemblaggio delle componenti virali. Sono spessi 10 nanometri e quindi visibili solo al microscopio elettronico. CARATTERISTICHE DEI VIRUS: Possiedono un solo Spo di acido nucleico (DNA o RNA) Possiedono un involucro proteico (capside) e, a volte, un involucro lipoproteico (pericapsideo peplos) Presentano in superficie struUure proteiche (anSreceUori) che si legano a specifici receUori della cellula bersaglio Alcuni possiedono propri enzimi complessi ma, senza assistenza, non sono capaci di riprodurre le informazioni contenute nei loro genomi Possono infettare: Piante, Animali e Batteri (virus batteriofagi) VIRUS BATTERIOFAGI: I Virus batteriofagi: sono i virus che attaccano i batteri. Infettano la cellula e i fagi entrano in un ciclo riproduttivo detto ciclo litico oppure seguendo il ciclo lisogeno. FUNZIONE DEI RIVESTIMENTI ESTERNI: Protezione del fragile genoma da danni fisici, chimici, enzimatici. Conferimento della capacità di riconoscimento con il recettore cellulare. Penetrazione del genoma virale nella cellula in una conformazione con la quale può interagire con le strutture cellulari ed iniziare il processo infettivo. MALATTIE VIRALI Le malattie virali causano milioni di morti; esse non rispettano i confini nazionali e mettono a rischio la salute globale. Tra le 10 principali cause di morte per malattia, 4 sono di origine infettiva con: Forte impatto sociale Influsso economico negativo Potenziale di rapida diffusione Influenza sulla sicurezza umana. I virus sono una grande sfida per le scienze mediche, in quanto ne esiste un’ enorme varietà e molti di essi causano gravi malattie nell’uomo. MALATTIE INFETTIVE Le malattie infettive sono patologie causate da un organismo patogeno che penetra all'interno dell'organismo si moltiplica e porta ad una serie di manifestazioni sintomatiche. PARASSITI Gli ospiti indesiderati: pulci, pidocchi, zecche, ossiuri. Organismi che dipendono da altri organismi. PULCI: La maggior parte delle specie di pulci non vive sull’uomo, ad eccezione della Pulex irritans che si nutre del sangue suino e umano. Quelle che vivono sui cani e i gatti hanno bisogno di un fitto manto di pelo per sopravvivere e perciò non ci attaccano quasi mai. Le punture di questo parassita non si vedono in testa solitamente, ma sono più evidenti sulle braccia, sul “collo-piede” e sulle gambe. Esse sono poco rialzate ed è possibile che ce ne siano due o tre ravvicinate. Le pulci tendono a pungere sempre nella stessa zona. Alcuni umani sono allergici alla saliva delle pulci e ciò può formare un alone rosso intorno alla zona punta. Si può percepire una sensazione di prurito sia debole che forte. Il gonfiore è meno pronunciato rispetto ad altre punture d'insetto e il rossore scompare quando viene applicata una pressione in corrispondenza della lesione. In molti casi, una singola pulce punge due o tre volte nella stessa zona alla ricerca di sangue: si possono osservare, infatti, delle piccole papule eritematose disposte in maniera lineare, come una traccia del cammino percorso dalla pulce sulla pelle. Le pulci possono essere vettori di pericolose malattie, come: il tifo murino, la tularemia e la peste bubbonica. Sono, inoltre, responsabili della trasmissione della tenia (Dipylidium caninum) e del batterio che causa la malattia da graffio di gatto (Bartonella henselae). PIDOCCHI: Possono essere: anoplura (pidocchi succhiatori) o mallophaga (pidocchi masticatori). l parassita sopravvive circa un mese sul capo di una persona ma non più di 48 ore sugli oggetti e nell’ambiente. I pidocchi depongono le uova alla radice dei capelli e in particolare sulla nuca, dietro le orecchie e talvolta alla radice della frangia. Le uova del pidocchio possono essere confuse con forfora. Un segnale di allarme per i genitori è certamente il prurito. Un altro sintomo che richiede un controllo accurato è la presenza di arrossamenti e graffi da grattamento nei punti più infestati. Per esaminare i capelli e scoprire l’intruso è necessaria una buona luce naturale. Il Pidocchio è un parassita obbligato: non sopravvive a lungo se non su un essere umano. La specie che infesta i capelli dei bambini (e degli adulti) non è nemmeno in grado di sopravvivere su animali: ha bisogno dell’uomo, del cui sangue si nutre pungendo il cuoio capelluto. Il prurito provocato dai Pidocchi non è dovuto alla sporcizia, bensì proprio alle punture dell’insetto. Non è vero che i Pidocchi infestino le persone con scarsa igiene personale. Anzi, più i capelli sono puliti più è facile che i pidocchi riescano ad ‘attecchire’ e a depositare le proprie uova alla radice degli stessi. I Pidocchi del capo non trasmettono malattie infettive. Se sono numerosi, possono indurre lesioni da grattamento che a loro volta possono infettarsi. In alcuni casi possono comparire anche reazioni allergiche. Pediculosi:  Pediculus humanus capitis (pidocchio del capo)  Pediculus humanus corporis (pidocchio del corpo)  Phthirus pubis (pidocchio del pube) ZECCHE: Ixodidae o Argasidae. Malattia di Lyme. Asintomatica o con sintomi aspecifici (febbre, cefalea, astenia, artromialgie) nel 50% dei casi. Periodo di incubazione: 7-14 giorni (da 3 a 30 gg). 3 stadi clinici successivi: 1- fase precoce con infezione localizzata 2- fase precoce con infezione disseminata 3- fase tardiva. SCABBIA: La scabbia è una ectoparassitosi contagiosa. Si verifica tra gli esseri umani e in altri animali. È causata dall’ acaro Sarcoptes scabiei var homini, un parassita molto piccolo e di solito non direttamente visibile. La scabbia è endemica in tutto il mondo e colpisce persone di tutti i livelli socioeconomici, nei climi diversi e senza distinzione di età o sesso. Rara fino a trenta-quarant'anni fa, è divenuta ovunque nuovamente frequente, tanto da assumere caratteristiche pandemiche. A livello mondiale a partire dal 2009 si stima che si verifichino 300 milioni di casi di scabbia ogni anno, anche se questo dato è molto discusso. Si stima che dall'1 al 10% della popolazione mondiale sia infestata dalla scabbia, ma in alcune popolazioni il tasso di infezione può raggiungere il 50-80%. In Italia il numero dei casi è in aumento. I motivi delle periodiche ricorrenze della scabbia non sono ancora stati compresi, anche se sono noti alcuni fattori che ne favoriscono la diffusione, spesso in modo indipendente fra loro. Nei Paesi occidentali, questi fattori sono costituiti dallo scarso livello igienico, dalla promiscuità, dai viaggi internazionali e infine dalla permanenza presso strutture socioassistenziali (anche se di ottimo livello igienico). L'infestazione è possibile in ogni periodo dell'anno, anche se risulta più frequente in inverno che in estate, per la tendenza al sovraffollamento in luoghi chiusi. La scabbia crostosa (norvegese o ipercheratosica) si riscontra più facilmente in persone con grave immunodepressione o in anziani sottoposti a terapie incongrue protratte (generalmente pomate steroidee). Ciò non è raro, stante l'oggettiva difficoltà di diagnosi precoce in età avanzata sia per l'obiettività clinica atipica frequente, sia per l'irregolare presentazione del sintomo prurito, che può essere presente anche in anziani non infestati e, viceversa, assente o modesto in anziani affetti da scabbia. Il Sarcoptes scabiei, varietà hominis, è un acaro non visibile a occhio nudo scoperto dal medico toscano Cosimo Bonomo alla fine del '600. Il parassita ha un ciclo vitale completo nell'uomo. Dopo l'accoppiamento, il maschio adulto rimane sulla pelle, mentre la femmina scava una galleria nello strato corneo ad una velocità di 2-3 mm al giorno. Nella galleria deposita 1-3 uova al giorno e vive per 4-6 settimane. Le uova si schiudono entro 3-4 giorni, liberando una larva che fuoriesce dalla volta del tunnel scavando brevi cunicoli (tasche di muta) sulla superficie cutanea, dove rimane sino a maturazione. Dalla deposizione delle uova allo stato di acaro adulto passano circa 15 giorni. Contagio diretto: da persona a persona è la principale modalità di trasmissione. La trasmissione è di frequente riscontro nell'ambito del nucleo familiare; tra gli adulti, il contagio avviene prevalentemente per contatto sessuale. Il periodo di incubazione dalla contaminazione alla comparsa dei sintomi varia da 2 a 6 settimane per l'infestazione primaria, ma può essere di sole 24-48 ore in caso di reinfestazione. Contagio indiretto: Il rischio di diffusione tramite indumenti, biancheria da letto, asciugamani e tappezzeria utilizzati dai membri della stessa famiglia o comunità è basso, ma può aumentare se il paziente è affetto dalla scabbia a croste, caratterizzata da una massiccia infestazione da acari. Gli acari, lontano dall’ospite umano possono vivere oltre le 72 ore. È una parassitosi che contagia quasi sempre per contatto interumano prolungato (persone che condividono lo stesso letto o gli stessi indumenti). Una caratteristica fondamentale che rende la scabbia molto riconoscibile sono delle lesioni che si formano sulla pelle chiamate cunicoli scabbiosi, si parla di una sorta di microscopiche gallerie di circa 2-3 millimetri e di colore biancastro che servono ai parassiti femmine per deporre le uova. Le larve attive emergono dopo 3-4 giorni e invadono la cute circostante. I sintomi principali sono causati da una reazione di ipersensibilità nei confronti degli acari presenti nei cunicoli e dei loro prodotti (es. saliva, escrementi). L’infestazione dall’acaro della scabbia si manifesta di solito con eruzioni cutanee pruriginose, dovute alla reazione allergica determinata dall’assorbimento degli escrementi degli acari nei capillari della pelle. Il prurito è generalizzato e avvertito specialmente di notte. Il rash cutaneo e le gallerie degli acari compaiono soprattutto in alcune zone: tra le dita, sui polsi e sui gomiti, ma possono essere rinvenuti sui piedi, sulle caviglie, sui genitali (nei maschi), sui capezzoli e sul palmo delle mani. OSSIURIASI: Parassitosi intestinale, ossiuri. Nel bambino piccolo i vermi parassiti più frequenti sono gli ossiuri che hanno la forma di sottili filamenti bianchi di circa un centimetro di lunghezza, molto mobili. Gli ossiuri crescono nell’intestino e sono facilmente visibili durante le ore notturne o al mattino presto, cioè quando escono dall’ano rilasciando tutte le uova, per poi morire. Il sintomo principale di questa infezione è il Prurito provocato dal movimento dei vermi; Il prurito si fa più intenso quando il bimbo si corica nel letto la sera; oltre al prurito sono possibili anche dolori addominali, insonnia, irritabilità e nelle femmine vaginiti. L’infestazione colpisce prevalentemente i bambini in età prescolare e scolare. L’infestazione da ossiuri avviene per via orale portando alla bocca le mani sporche dopo essere state a contatto con oggetti contaminati. Nei bambini è frequente la reinfestazione: grattandosi il bimbo entra in contatto con le uova e le può ingoiare mettendo le mani in bocca. trasporto delle uova con le dita alla bocca AUTOINFEZIONE Diagnosi: SCOTCH TEST (esame microscopico diretto) Se il bambino presenta l’infestazione è bene consultare il pediatra per la prescrizione della terapia (p.es. mebendazolo, pirantel). La terapia di scelta è rappresentata da una singola dose di mebendazolo, da ripetere a distanza di 14 giorni per eliminare i vermi che nel frattempo sono nati dalle uova ancora presenti nella zona anale. TERAPIA FARMACOLOGICA a tutta la famiglia

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