Lupus e Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi PDF

Summary

Questi appunti medici riguardano il lupus e la sindrome da anticorpi antifosfolipidi. Il documento descrive i concetti di base dell'immunologia, le malattie autoimmuni e delle varie manifestazioni del lupus come caso clinico. Un caso clinico di una donna di 22 anni con rash al viso e sintomi di astenia è presentato in dettaglio.

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Argomento: lupus, sindrome da anticorpi antifosfolipidi Data: 18.10.2024 Sbobinatori: Valentina Mariani, Sofia Giunchi...

Argomento: lupus, sindrome da anticorpi antifosfolipidi Data: 18.10.2024 Sbobinatori: Valentina Mariani, Sofia Giunchi Revisore: Simone Albicini Docente: Elisa Fabbri Ripasso lezione precedente La volta scorsa avevamo ripreso dei concetti di immunologia di base ed introdotto alcune malattie del sistema immunitario di base, tra cui le immunodeficienze (dove c’è un deficit di funzione immunitaria) e le alterazioni della risposta immunitaria, che risulta dunque inappropriata (in questo gruppo di malattie rientrano quelle autoimmuni: caratterizzate dalla perdita di tolleranza verso il self, ovvero la capacità del sistema immunitario di riconoscere cellule e tessuti propri dell’organismo, perciò quando viene meno la tolleranza verso il self si ha una risposta inappropriata verso l’ospite, e quindi l’insorgenza di malattie autoimmuni). Le malattie autoimmuni sono tantissime e si dividono in: - Organi specifiche: quando il risultato della risposta immunitaria inappropriata è un danno nei confronti di un determinato organo (es. tiroidite di Hashimoto dove si ha una risposta inappropriata diretta contro le cellule tiroidee, mediata da specifici autoanticorpi, che porta all’ipofunzione della ghiandola tiroide); - Sistemiche: si ha sempre alla base una risposta inappropriata contro il self, tuttavia in questo caso il danno avviene a livello di più tessuti (es. lupus, connettiviti). Nella scorsa lezione si era parlato anche del fatto che le malattie autoimmunitarie si caratterizzano per famigliarità, ovvero più individui nella stessa famiglia possono presentare malattie autoimmuni. È molto importante dunque raccogliere non solo l’anamnesi del paziente ma anche quella famigliare. Anche nello stesso soggetto con malattia autoimmune se ne possono sviluppare altre nel corso della vita. Ripasso terminato Caso clinico Donna di 22 anni, di etnia Afro-Americana, accede in PS perché da 3 mesi lamenta astenia ingravescente, dolori muscolari diffusi e comparsa di rash al volto. Nelle ultime 2 settimane si è assistito ad un peggioramento dell’astenia, comparsa di febbricola e dispnea per sforzi minimi. I parametri vitali sono: PA 100/50, FC 115 b/min, FR 18 atti/min, SaO2 100% AA, T 38°C (essendo febbrile ci spieghiamo la leggera tachicardia ed ipotensione). EO (esame obiettivo): a livello polmonare murmure vescicolare (MV) normotrasmesso, non rumori aggiunti; toni ritmici tachicardici, non soffi; addome trattabile, non dolente, non segni di peritonismo, non masse palpabili; cute normoidratata, non edemi; rash eritematoso a livello delle guance. Non c’è pancitopenia perché le piastrine sono normali, tuttavia è presente leucopenia (prevalentemente linfopenia) ed anemia normocitica. Funzione renale ed epatica nella norma. Lieve aumento della VES, ma PCR nei limiti di norma. Presenta ipoalbuminemia, ed agli esami delle urine proteinuria e microematuria. ECG: tachicardia sinusale. Rx torace nei limiti. Come dovremmo agire? Che esami potremmo chiedere? Il rash al volto è caratteristico del lupus, anche se non è presente nel 100% dei pazienti, ed interessa generalmente il dorso del naso e le guance ed è fotosensibile, perciò compare dopo l’esposizione ai raggi solari. Inoltre lamentando dolori muscolari ed articolari bisogna capire quali sono le articolazioni coinvolte (bisogna approfondire dove si localizza: in teoria dovrebbe presentarsi alle estremità). Agli esami di laboratorio presentava leucopenia ed anemia. Nonostante la funzione renale fosse nei limiti erano presenti alterazioni agli esami delle urine come proteinuria e ipoalbuminemia, condizioni non sempre presenti nel lupus ma che quando sussistono influenzano gravemente la prognosi. La signora tuttavia è stata messa sotto antibiotico per sospetto di IVU (infezioni vie urinarie). Ma dal momento che la febbre persisteva, e durante la degenza della signora sono arrivati gli esami delle emocolture ed urinocolture negative, si erano ricercati anche gli autoanticorpi, i quali hanno mostrato positività degli anticorpi anti-nucleo (elevati in molte malattie autoimmuni sistemiche). La proteinuria era peggiorata. Perciò alla fine la paziente è stata diagnosticata con LES. Dopo questa piccola introduzione, tratteremo il lupus in maniera approfondita. LUPUS Definizione È una malattia infiammatoria cronica, sistemica (perché sono interessati più organi ed apparati), a patogenesi autoimmune, caratterizzata da produzione di autoanticorpi e manifestazioni cliniche polimorfe (cioè a carico di più organi come: coinvolgimento di cute, articolazioni, sangue, cuore, rene, SNC e sierose). Prevalenza Colpisce circa 3.4 milioni di persone nel mondo, di cui 3 milioni sono donne, quindi ha prevalenza femminile con un rapporto F:M=9:1. L’etnia afroamericana è la più colpita. Il picco d’incidenza è tra i 10 e 40-50 anni. Perciò le più colpite sono le donne giovani. Patogenesi C’è un coinvolgimento sia dell’immunità innata che adattativa. I meccanismi eziopatogenetici non sono ancora completamente compresi, tuttavia pare ci sia una predisposizione genetica, la quale è una condizione necessaria ma non sufficiente per sviluppare il lupus. I soggetti geneticamente predisposti, in seguito a trigger ambientali, sviluppano la malattia; tuttavia soggetti geneticamente predisposti possono anche non sviluppare la malattia, infatti alla predisposizione genetica devono sommarsi dei trigger costituiti dai fattori ambientali (esposizione solare, raggi UV, Epstein Barr virus, fumo di sigaretta…). È stato ipotizzato che gli ormoni femminili o maschili rispettivamente predispongano alla malattia o fungano da fattori protettivi nei confronti del lupus, data l’enorme differenza epidemiologica. È necessario monitorare l’evoluzione clinica di questi pazienti. Perciò dopo l’attivazione della risposta immunitaria inappropriata vengono prodotti autoanticorpi e vengono rilasciate citochine pro-infiammatorie, che vanno a determinare il danno d’organo a carico dei vari organi coinvolti. Non è detto che un paziente con lupus manifesti inizialmente la malattia in un organo preciso, la patologia nella sua storia naturale può accumulare danni d’organo in diverse sedi. La risposta in ogni organo tuttavia è la stessa: infiammazione con autoanticorpi. Recentemente è stato scoperto anche il ruolo delle alterazioni epigenetiche, cioè quei meccanismi che influenzano l’espressione genica senza alterare la sequenza del DNA; il meccanismo principe è la metilazione del DNA. Quindi in soggetti geneticamente predisposti tutti questi trigger ambientali determinano alterazioni epigenetiche, le quali portano ad una perdita della tolleranza verso il self, e quindi la genesi di una risposta immunitaria inappropriata, con produzione di autoanticorpi, citochine autoinfiammatorie e cellule immunitarie autoreattive che confluiscono verso il danno tissutale, il quale è responsabile delle manifestazioni cliniche del paziente. Manifestazioni cliniche Il lupus ha una grande variabilità clinica. Quasi in tutti i pazienti troviamo i sintomi costituzionali legati all’infiammazione cronica: febbre o febbricola, astenia, anoressia, malessere… C’è un interessamento polimorfo soprattutto con l’avanzare della malattia, infatti solitamente all’esordio viene interessato un solo organo. Il lupus è molto variabile non solo per la quantità di organi e apparati coinvolti, ma anche per la gravità delle manifestazioni: può andare da forme lievi ed intermittenti a forme più gravi. Il decorso della malattia alterna fasi di quiescenza ed esacerbazione/acutizzazione. L’interessamento del SNC e renale si associano alla prognosi peggiore. C’è interessamento articolare, ematologico, renale, cutaneo, SNC e sono presenti anche sierositi. Manifestazioni articolari Le manifestazioni articolari interessano più del 90% dei pazienti, si presentano con artralgie simmetriche migranti (colpite soprattutto le articolazioni interfalangee prossimali, metacarpofalangee, polsi e ginocchia). Meno frequentemente si ha una franca artrite (con tumefazione e versamento articolare), infatti si ha più frequentemente artropatia non deformante non erosiva. Manifestazioni cutanee RASH MALARE o ERITEMA A FARFALLA Il rash al volto colpisce circa il 50% dei pazienti. Compare dopo esposizione solare (è fotosensitivo), si presenta sul dorso del naso e sulle guance, mentre tende a risparmiare i solchi naso-labiali. LUPUS SUBACUTO CUTANEO Un’altra manifestazione cutanea è data dal lupus subacuto cutaneo, dove si hanno lesioni eritematose ad anello che tendono alla desquamazione. LUPUS DISCOIDE Nel lupus discoide si hanno lesioni eritematose ben definite, le quali nella porzione centrale tendono alla cicatrizzazione con perdita di annessi, perciò sono molto sfiguranti. LUPUS PROFUNDUS Il lupus profundus interessa gli strati profondi del tessuto sottocutaneo con la produzione di placche. Si ha anche la presenza di ulcere o afte nella mucosa orale o nasale. Si può presentare l’alopecia a chiazze. LIVEIDO RETICULARIS La livedo reticularis: ha un aspetto cutaneo marmorizzato, come se formasse una rete, ed è caratteristica generalmente della sindrome da anticorpi antifosfolipidi che si associa al lupus. Quindi a livello cutaneo si ha un pattern di manifestazioni molto variegato. Manifestazioni renali Per quanto riguarda le manifestaizoni renali, l’interessamento clinico del rene in corso di LES si ha nel 40% dei pazienti, e viene definito nefrite lupica. Il meccanismo patogenetico è la deposizione di immunocomplessi nella membrana basale glomerulare. Clinicamente si ha spesso un esordio subdolo poiché può presentarsi con anomalie urinarie isolate (es. proteinuria e microematuria come nel caso clinico visto), e può arrivare a quadri di sindrome nefritica, sindrome nefrosica ed insufficienza renale cronica. Il coinvolgimento renale è una delle manifestazioni più gravi del LES con prognosi negativa, perché l’insufficienza renale cronica è una delle cause principali di morte nei pazienti con lupus. La diagnosi viene eseguita seguendo le linee guida: proteinuria > 0.5 gr /24 ore o nelle urine spot proteine/creatinina >0.5 + biopsia renale. Esiste una classificazione istologica dei quadri che si possono verificare effettuando una biopsia renale in corso di LES: comprende 6 classi, di cui la classe 4 è la più importante (o glomerulonefrite proliferativa diffusa): interessa almeno il 50% di tutti i glomeruli, con proliferazione cellulare e depositi mesangiali; è la forma istologica più frequente perché si trova nel 50% delle biopsie, ed è la forma più severa e con prognosi peggiore proprio perché la glomerulonefrite proliferativa diffusa tende ad evolvere, se non trattata, verso l’insufficienza renale cronica terminale in pochi anni. Manifestazioni neurologiche Interessa più il SNC che il SNP. I sintomi sono molto variegati: cefalea, psicosi, stato confusionale acuto, convulsioni, crisi epilettiche, deterioramento cognitivo (problemi di memoria e ragionamento), fino ad arrivare ad eventi ischemici acuti creando una positività per gli anticorpi antifosfolipidi che predispongono ad eventi trombotici. Nell’immagine è possibile vedere una risonanza di una donna di 41 anni con storia di LES di lunga durata che ha sviluppato cefalea con disturbi cognitivi (senza deficit motori), ed alla RM è osservabile una lesione ischemica a livello della sostanza bianca periventricolare. Dà prognosi negativa come l’interessamento renale. Manifestazioni cardiache La più comune è la pericardite (25% dei pazienti), ma possono essere presenti anche miocardite ed endocardite di Libman-Sacks (caratterizzata da vegetazioni verrucose a livello della valvola mitrale, che di per sé è asintomatica ma può complicarsi con insufficienza valvolare, endocardite infettiva o fenomeni trombo- embolici). Si ha un rischio aumentato di infarto miocardico (anche in conseguenza all’infiammazione cronica) e si ha un quadro di aterosclerosi accelerato (quindi un rischio cardiovascolare nettamente aumentato). Manifestazioni polmonari Il sintomo più frequente è la pleurite (fa parte delle sierositi come ad es. anche pericardite), mentre più rara è la fibrosi interstiziale polmonare. Manifestazioni ematologiche Leucopenia, linfopenia, anemia normocromica, normocitica (tipico dell’infiammazione cronica), anemia emolitica autoimmune (se si ha la produzione di autoanticorpi antieritrociti), trombocitopenia. Autoanticorpi nel LES I primi autoanticorpi che vanno ricercati in caso di sospetto LES sono gli anticorpi ANA (anticorpo antinucleo) che sono presenti in oltre il 90% dei pazienti. Sono anticorpi molto sensibili, perché presenti nella maggior parte dei pazienti con LES, ma poco specifici poiché la positività per gli anticorpi antinucleo si ritrova in realtà anche in numerose altre malattie autoimmuni sistemiche, quali la sindrome di Sjogren, varie connettiviti, l’artrite reumatoide, la tiroidite, l’epatite autoimmune e talvolta anche in pazienti sani. Si tratta, quindi, di un reperto non sufficiente a permettere una diagnosi definitiva di LES, motivo per cui sarà necessaria la ricerca di altri autoanticorpi specifici per questa malattia autoimmune. Gli autoanticorpi specifici per il LES sono: Anti-dsDNA (anticorpi anti-doppia elica del DNA): sono meno sensibili poiché si riscontrano nel 70% dei pazienti affetti, ma altamente specifici per il lupus. Questi anticorpi hanno, quindi, sia un significato diagnostico che prognostico poiché elevati livelli di anti-dsDNA sono associati ad un rischio aumentato di nefrite lupica e conseguentemente a prognosi peggiore. Oltre a questo, sono utili anche nel monitoraggio dell’attività della malattia, quindi nel follow up dei pazienti affetti poiché il loro titolo tende ad oscillare durante le varie fasi della malattia: aumentano durante le acutizzazioni, mentre si riducono nei periodi di quiescenza; Anti-Smith: presenti solo nel 20-40% dei pazienti affetti da LES per cui non correlano con l’attività di malattia; Anti-Ro (SS-A) e anti-La (SS-B): di solito caratteristici della sindrome di Sjogren ma è possibile riscontrarli anche in pazienti con LES. Antifosfolipidi: sono essenzialmente tre: LAC (lupus anticoagulant), anticardiolipina e anti-Beta 2 Glicoproteina 1 (B2GP1). Si trovano circa nel 50% dei pazienti con LES e sono caratteristici della sindrome degli anticorpi antifosfolipidi. Questa sindrome si caratterizza per la positività per questi autoanticorpi e la presenza di fenomeni trombotici. Anti-eritrociti e anti-piastrine: dal momento in cui tra le alterazioni ematologiche riscontrabili in caso di LES possono esserci forme di anemia e trombocitopenia su base autoimmune. Secondo gli ultimi criteri diagnostici sviluppati da EULAR (società europea di reumatologia) nel 2019, il criterio di ingresso per considerare una diagnosi di lupus deve essere la positività per gli anticorpi antinucleo ANA con un titolo superiore ad almeno 1/80. Solo in seguito vengono ricercati gli autoanticorpi specifici per il LES. ANA Si identificano con tecniche di immunofluorescenza indiretta: su linee cellulari umane (cellule HEp-2), fissate e permeabilizzate, viene aggiunto il siero dei pazienti con sospetto LES e se, all’interno del siero, sono presenti gli autoanticorpi antinucleo allora il nucleo si colorerà con una colorazione a pattern omogeneo caratteristico. La concentrazione degli autoanticorpi verrà valutata poi indicando la diluizione progressiva del siero a cui l’esame risulta ancora positivo. Per considerarlo un criterio diagnostico deve essere maggiore o uguale a 1/80. Tanto più elevato sarà il titolo anticorpale, tanto maggiore sarà la specificità (es. 1/80 à specificità = 70%). Autoanticorpi anti-dsDNA Si identificano anch’essi con metodiche di immunofluorescenza indiretta utilizzando il substrato flagellato: Crithidia luciliae. Aggiungendo il siero del paziente, se presenti gli autoanticorpi anti-dsDNA, si andrà a colorare un anello di DNA presente al di fuori del nucleo, nel citoplasma. Linee guida eular 2019: criteri diagnostici di les Il criterio di ingresso è la positività agli anticorpi antinucleo ANA: se il paziente risulta negativo agli ANA viene esclusa la diagnosi di LES; se, invece, gli autoanticorpi sono positivi, per poter confermare la diagnosi si deve calcolare un punteggio di almeno 10 punti secondo la tabella stilata da EULAR. La tabella si articola in criteri clinici e alterazioni immunologiche; dei 10 punti necessari alla diagnosi, almeno 1 criterio clinico deve essere soddisfatto. Criteri clinici: Sintomi costituzionali: febbre; Manifestazioni renali: proteinuria > 0.5 g/24h (4 punti), biopsia renale che mostra un quadro istologico compatibile al LES (da 8 a 10 punti); Manifestazioni cutanee: alopecia, ulcere orali, LES subacuto, LES discoide, LES acuto (rush a farfalla); Interessamento delle sierose: versamento pleurico, pericardico, franca pericardite acuta; Manifestazioni ematologiche: leucopenia, trombocitopenia, manifestazioni emolitiche autoimmuni; Coinvolgimento articolare; Manifestazioni neuropsichiatriche: delirium, manifestazioni psicotiche, crisi epilettiche e convulsioni; Alterazioni immunologiche: Consumo di C3 e C4: nelle fasi di attività del lupus sono riscontrabili bassi livelli di C3 e C4 come conseguenza alla deposizione di immunocomplessi, la quale porta all’attivazione della cascata del complemento ed al suo consumo; Presenza di anticorpi specifici per il LES: anti-dsDNA, anti-Smith; Presenza di anticorpi antifosfolipidi: anticardiolipina, anti-Beta 2 Glicoproteina 1 e LAC. Monitoraggio dell’attività di malattia Una volta eseguita la diagnosi di LES, essendo una patologia dalla quale il paziente non guarisce, il compito del medico è quello di minimizzare il più possibile l’attività di malattia e, nel migliore dei casi, indurre la remissione clinica. Qualora si riesca a raggiungere la remissione clinica, i pazienti devono essere comunque monitorati nel tempo per escludere un’eventuale ripresa di malattia. Gli esami necessari al monitoraggio dei pazienti durante il follow up sono: 1) Anti-dsDNA, i quali correlano con l’attività di malattia 2) C3 e C4, i quali risultano consumati nelle fasi di attività della malattia Paziente con storia o sospetto di LES che presenta: alto titolo di anti-dsDNA e C3 e C4 consumati à LES attivo Gestione e terapia 1. In caso di LES è fondamentale riuscire ad intercettare la malattia nelle fasi precoci poiché, più precoce è la diagnosi, più precoce è l’intervento terapeutico e quindi migliore sarà la prognosi. 2. Il follow up, come anticipato, risulta importante sia per valutare la ripresa di attività della malattia, che per monitorare attentamente il possibile coinvolgimento di nuovi organi. Es: il paziente alla diagnosi iniziale presenta manifestazioni articolari e cutanee, ma nell’arco della sua storia naturale si sommano il coinvolgimento renale e di altri organi. 3. L’obiettivo è la remissione clinica, quindi minimizzare il più possibile l’attività di malattia. 4. Fondamentale è, come in tutte le malattie croniche, l’aderenza alla terapia da parte del paziente per una buona riuscita del trattamento stesso. Risulta, quindi, importante spiegare al paziente il motivo della terapia e favorire il più possibile la sua compliance. Terapia non farmacologica La terapia non farmacologica si basa su interventi sullo stile di vita, quindi su quei determinati fattori che possono andare a triggerare l’esacerbazione di malattia. Tra questi: Abolizione del fumo di sigaretta; Protezione solare; Alimentazione sana e dieta varia; Vita attiva con esercizio fisico regolare. Terapia farmacologica Obbiettivi: Minimizzare l’attività di malattia fino ad arrivare alla remissione clinica, intervenendo il più precocemente possibile nell’esordio di malattia Prevenire le riacutizzazioni Monitorare e ridurre il danno d’organo Ridurre gli effetti avversi della terapia farmacologica Migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita del paziente Il pilastro nel trattamento del LES (quindi lo standard care) in tutte le tipologie di pazienti, dalle forme più lievi a quelle più gravi, e indipendente dall’organo colpito è l’idrossiclorochina (Plaquenil). Nasce come farmaco antimalarico ma, avendo un effetto immunomodulante è diventato il farmaco di prima scelta in caso di LES. Si può utilizzare in monoterapia nelle forme più lievi, oppure in combinazione ad altri farmaci tra cui corticosteroidi, FANS ed immunosoppressori nelle forme più severe. Come principale effetto collaterale da tenere monitorato in caso di terapia con Plaquenil è la retinopatia. Generalmente i pazienti devono fare una visita oculistica di screening prima di iniziare la terapia e in seguito, durante il trattamento, continuare un follow up oculistico con cadenza variabile a seconda di quelli che sono i fattori di rischio del singolo paziente circa la possibilità di sviluppare retinopatia. L’idrossiclorochina è quindi il farmaco di prima scelta per tutti i pazienti con LES, salvo i casi in cui risulta controindicata (pazienti allergici o con diagnosi di retinopatia all’anamnesi). Un’altra categoria di farmaci che viene utilizzata in terapia per il LES sono i glucocorticoidi. Sono farmaci molto utili nelle forme moderato/severe di LES, in concomitanza dell’acutizzazione della malattia, poiché hanno lo scopo di andare a spegnere l’infiammazione che caratterizza la malattia stessa e, quindi, di controllare l’attività di malattia. In genere viene prescritta una dose di carico, con alto dosaggio per qualche giorno, per poi essere modificata in terapia di mantenimento. L’obbiettivo è quello di portare il paziente, durante la fase di mantenimento, ad assumere la minor dose possibile di farmaco in modo da minimizzare gli effetti avversi importanti della terapia steroidea (es: aumentato rischio di infezioni, aumento della glicemia…). Sono farmaci quindi molto utili nelle fasi di acuzie, che in cronico però vanno limitati il più possibile in termini di dosaggio. Un metodo per evitare di prescrivere dosi troppo elevate di glucocorticoidi è quello di associare farmaci immunosoppressori ed immunomodulatori (quali: Azatioprina, Metotrexato e Micofenolato) durante la fase di mantenimento per controllare la malattia. Nell’ultimo decennio sono stati introdotti nuovi farmaci biologici per il trattamento del LES: il Belimumab (approvato nel 2011) e l’Anifrolumab (approvato nel 2021) che sono degli anticorpi monoclonali. Meccanismo del Belimumab Il Belimumab è un anticorpo monoclonale diretto contro la proteina solubile Blys; quest’ultima si lega ai recettori presenti sia sulle cellule B normali che sulle cellule B autoreattive, promuovendone la sopravvivenza, la proliferazione e la differenziazione in cellule capaci di produrre anticorpi. Mentre il linfocita B normale si trasforma in plasmacellula e produce immunoglobuline normali, il linfocita B autoreattivo produce gli autoanticorpi che sono alla base della patogenesi del lupus, i quali vanno a sostenere il processo infiammatorio cronico che poi causerà il danno d’organo. Il Belimumab si lega alla proteina solubile Blys, inibendola. In questo modo viene inibita la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule B, sia quelle normali che, soprattutto, quelle autoreattive, le quali vanno incontro ad apoptosi. Viene ripristinata così la tolleranza immunologica verso il self. La proteina Blys si ritrova significativamente aumentata nei pazienti con LES ed i suoi livelli, in particolare, si correlano con le varie fasi di malattia. Tornando alla terapia farmacologica, nei casi refrattari (quindi che non rispondono alla terapia standard) è indicato, come farmaco off-label, il Rituximab. Infine, una terapia proposta nel corso dell’ultimo anno per il trattamento del LES, sempre nei casi refrattari, è la terapia genica con le cellule CAR-T. Questa terapia nasce come trattamento delle malattie oncologiche di tipo ematologico, quindi leucemie e linfomi. Durante questo tipo di trattamento vengono prelevate le cellule T direttamente dal paziente, geneticamente modificate e rinfuse al paziente stesso. Le cellule T modificate vanno così ad inibire selettivamente i linfociti B autoreattivi che sono coinvolti nel processo patogenetico del LES. Non si tratta ancora di una tecnica terapeutica standard, ma di una tecnica innovativa che comunque sta prendendo sempre più piede sia in campo oncologico che immunologico. Recap della terapia farmacologica per il LES: Lupus da farmaci Il lupus da farmaci è una variante del lupus con sintomi simili, tra cui: febbre, coinvolgimento muscolo- scheletrico e sierosite, che insorgono in seguito all’esposizione continua (di almeno un mese) a determinati farmaci. Generalmente nel lupus da farmaci il coinvolgimento renale e del SNC sono poco frequenti. Come tutte le reazioni avverse ai farmaci, si risolve con la sospensione del farmaco. Anche nel caso di lupus da farmaci si riscontra la positività agli anticorpi ANA; al contrario però non è presente la positività agli anticorpi anti-dsDNA. Il paziente risulta positivo agli anticorpi anti-istone. Risultano ugualmente colpiti sia i maschi che le femmine e generalmente la prognosi è più favorevole rispetto al LES. Caso clinico (ripresa del caso a inizio lezione) La paziente era stata dimessa con terapia a base di idrossiclorochina e corticosteroidi. Dopo 3 settimane, si ripresenta in pronto soccorso con: cefalea, emiparesi sinistra e disartria. Le viene fatta una TC encefalo in urgenza che però risulta negativa. Alla risonanza magnetica, invece, viene segnalato: infarto midollare laterale sinistro e trombosi dell’arteria vertebrale sinistra nel tratto distale; si tratta di un evento ischemico. Al profilo autoanticorpale risulta: Anti-dsDNA > 400 à viene confermata così la diagnosi di LES attivo; C3 e C4 bassi; LAC positivo à si associa al LES una sindrome da anticorpi antifosfolipidi. La terapia necessaria in questo caso, con l’aggiunta della sindrome da anticorpi antifosfolipidi, è la scoagulazione. SINDROME DA ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è una condizione a patogenesi autoimmunitaria, la quale si caratterizza per la positività agli anticorpi antifosfolipidi (LAC, anticardiolipina e anti-beta 2 Glicoproteina 1). Questa sindrome si può o associare ad altre malattie autoimmuni sistemiche, come il LES (sindrome da anticorpi antifosfolipidi secondaria) oppure essere riscontrata in maniera isolata (sindrome da anticorpi antifosfolipidi primaria). La positività agli anticorpi non equivale alla malattia. Si definisce la diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi quando è presente sia la positività anticorpale che i sintomi, e quindi le manifestazioni cliniche: Trombosi venosa profonda degli arti inferiori; Trombosi in sedi atipiche: trombosi in vena cava superiore, inferiore, trombosi a livello dei seni venosi cerebrali o a livello delle vene sovraepatiche (sindrome di Budd-Chiari); Trombosi arteriose: eventi ischemici cerebrali (stroke, TIA), eventi ischemici cardiaci (meno frequenti); Tromboembolia polmonare; Trombocitopenia da consumo piastrinico; Livedo reticularis a livello cutaneo: aspetto marmorizzato della cute; Ulcere; Lesioni gangrenose; Complicanze ostetriche: si può sospettare in giovani donne che hanno storie di aborti ripetuti, parti prematuri. Si può sospettare, quindi, una sindrome da anticorpi antifosfolipidi in caso di: Trombosi non spiegabile con dei fattori di rischio ben definiti; Trombosi in sedi atipiche; Presenza di aborti ripetuti; Complicanze ostetriche. La conferma viene data poi dal dosaggio degli anticorpi antifosfolipidi. Terapia Il trattamento è utilizzato è il trattamento anticoagulante. È fondamentale, dal punto di vista terapeutico, individuare la positività autoanticorpale e quindi fare diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi poiché varia la scelta del farmaco da utilizzare. Mentre nella maggior parte dei casi come farmaco viene impostato il NAO, in caso di sindrome da anticorpi antifosfolipidi viene scelto il Warfarin come trattamento, poiché le evidenze per questo tipo di patologia sono a favore del Coumadin rispetto ai NAO. Oltre al tipo di farmaco varia anche la durata del trattamento: in un paziente con sindrome da anticorpi antifosfolipidi la durata del trattamento dovrà essere prolungata a tempo indeterminato, o comunque ad un periodo molto più lungo rispetto a quello a cui è sottoposto un paziente, ad esempio, con un fattore di rischio modificabile (fumo, intervento chirurgico). Nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi il rischio pro-trombotico persiste anche dopo i 6 mesi di trattamento.

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