Patologie delle Ghiandole Salivari PDF

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Università di Milano - Bicocca

Riccardo Coppola, Francesca Beretta

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anatomia patologie ghiandole salivari otorinolaringoiatria

Summary

Questo documento è una nota sulla patologia delle ghiandole salivari, spiegando i tipi di ghiandole, ubicazione, anatomia, fisiologia e ruolo della saliva nell'organismo. Contiene una varietà di informazioni sulla funzione delle ghiandole, su come sono influenzate da fattori come il sistema nervoso autonomo e le malattie autoimmuni, inclusi i vari sintomi e trattamenti.

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Pagina 1 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari Otorinolaringoiatria #6 Patologie delle ghiandole salivari Prof. Galluzzi – 12/11/...

Pagina 1 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari Otorinolaringoiatria #6 Patologie delle ghiandole salivari Prof. Galluzzi – 12/11/21 – Autore: Riccardo Coppola Revisore: Francesca Beretta Le ghiandole salivari si dividono in: - Maggiori: parotide, sottolinguale, sottomandibolare; sono tutte ghiandole pari e simmetriche - Minori: sono piccole ghiandole, distribuite a livello delle vie aeree digestive superiori: cavo orale, orofaringe, rinofaringe, laringe. 1. Anatomia 1.1. Loggia parotidea È lo spazio anatomico in cui è localizzata la ghiandola parotide. Ha una forma di piramide triangolare ed è caratterizzata da due prolungamenti: uno si porta medialmente verso la faringe (faringeo) e uno si porta anteriormente (masseterino). Pareti: - Laterale: cute, fascia parotidea superficiale - Posteriore da esterno sterno- cleido-mastoideo, il ventre posteriore del muscolo digastrico, il processo stiloideo e i muscoli stiloidei, spazio laterofaringeo - Superiore: porzione retroarticolare della fossa mandibolare, vero alla regione che sta tra l’ATM, il condotto uditivo esterno e la mandibola - Inferiore: spazio tra angolo della mandibola il muscolo sterno- cleido-mastoideo. Anteriormente, nella porzione inferiore, la loggia parotidea è in stretta comunicazione con la loggia sottomandibolare, dove si trova la ghiandola omonima; tra le due ghiandole c’è un setto interghiandolare, che è dovuto a un ispessimento della fascia parotidea. Contenuto della loggia parotidea: - Gh parotide - N. faciale (VII) che ha un decorso particolare: fuoriesce dal tronco dell’encefalo, entra nella rocca petrosa della mastoide, attraversa il condotto uditivo esterno, fa un percorso vicino all’orecchio medio, attraversa la mastoide, esce dal forame stilo-mastoideo, entra nella ghiandola parotide e la divide in due porzioni: superficiale e profonda. Era della ghiandola, inoltre, si divide nei suoi rami. Tale nervo consente il movimento della muscolatura mimica della faccia. - N. Auricolo-temporale (ramo del trigemino) - Carotide esterna, che nella loggia parotidea si divide nei suoi rami terminali, ovvero arteria mascellare interna e temporale superficiale - Vena faciale posteriore, che si continua nella giugulare esterna - Linfonodi: auricolari inferiori e parotidei profondi. 1.2. Loggia sottomandibolare Limiti: - Sup-lat: mandibola, che ha una fossetta sottomandibolare, in corrispondenza a dove si appoggia la ghiandola omonima - Sup-med: muscolo miloioideo anteriormente e posteriormente il muscolo ioglosso; a questo livello c’è una comunicazione con la loggia sottolinguale - Inf-lat: cute, sottocute, platisma, fascia sopraioidea - Ant: c’è una convergenza tra le varie fasce Pagina 2 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari - Post: setto interghiandolare della parotide Contenuto: - Gh sottomandibolare - Tronco tireolinguofaciale (vaso venoso) posteriormente - A. faciale, sottomentale, sottomandibolare e linguale - V. faciale e linguale - Linfonodi sottomentonieri e sottomandibolari - N. ipoglosso (XII), motorio per la lingua: se viene danneggiato, si avrà un deficit motorio della lingua - N. miloioideo - N. linguale: ramo del trigemino, porta la sensibilità linguale 1.3. Loggia sottolinguale È una cavità che separa la lingua dalla mandibola Limiti: - Ant: sinfisi mentoniera, muscolo genioglosso - Sup: mucosa orale - Ant-lat: mandibola - Post-med: muscolo ioglosso - Inf: muscolo miloioideo - Post: comunica con la loggia sottomandibolare Contenuto: - Gh sottolinguale - Prolungamento gh sottomandibolare - Dotto di Wharton (dotto della sottomandibolare) (dotto di Stenone è della parotide, mentre la sottolinguale ha 10/15 dotti, dei quali il principale è quello di Rivino) - A. e V. sottolinguale - N. linguale - Tessuto adiposo 1.4. Ghiandole salivari minori Sono circa 450-700 non uniformemente distribuite: decresce progressivamente da mucosa buccale, labiale, palatale e linguale. Si possono trovare anche a livello orofaringeo e a volte anche a livello ipofaringeo. 1.5. Funzione Le ghiandole salivari sono delle ghiandole esocrine. Hanno un parenchima che è costituito da acini (cellule secretrici sierose e mucose, cellule mioepiteliali, che servono a favorire il deflusso del secreto attraverso il sistema dei dotti verso il dotto centrale, sistema duttale arboriforme). La ghiandola parotide è una sierosa pura, la sottomandibolare è una mista sierosa, la sottolinguale una mista mucosa. Tali ghiandole producono la saliva. Dalle cellule secretrici viene prodotta una saliva primaria, che cambia composizione via via che viene immessa nei dotti, diventando secondaria, che è quella immessa nel cavo orale. La saliva all’inizio è isotonica e quando è secondaria diventa ipotonica. Composizione salivare: - Mucina (az lubrificante) - Alfa-amilasi (inizio digestione) - IgA e lisozima (parte sistema immunitario) - pH intorno a 7 (ottimale per la catalizzazione dell’enzima alfa amilasi, tampona il reflusso dei succhi gastrici nell’esofago) - Bassa concentrazione di NaCl ed è quindi ipotonica (questo aspetto garantisce la funzionalità dei recettori del gusto durante il pasto) La frequenza di secrezione di saliva varia da 0,1 a 4 ml/min (=0,5-1,5 l/die). La secrezione è strettamente correlata al contenuto liquido del nostro corpo. Il riflesso stimolante la saliva si verifica nelle ghiandole salivari maggiori ed è controllata dal sistema nervoso vegetativo: simpatico e parasimpatico. Gli stimoli (olfatto, gusto, tatto, masticazione, nausea…) danno il via alla salivazione. Ci sono due neurotrasmettitori diversi che danno origine a un due tipologie diverse di saliva: Pagina 3 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari - Noradrenalina: saliva molto viscosa con alta concentrazione di mucine - Acetilcolina: saliva con alto contenuto di acqua enzimi salivari, contrazione delle cellule mio epiteliali attorno agli acini. È chiaro allora come, a seconda che si attiva il sistema simpatico o parasimpatico, si avrà una diversa produzione di saliva. Le funzioni della saliva sono: - Umidificazione delle strutture del cavo orale e della faringe, si contribuisce alla formazione del bolo, specialmente con i cibi secchi, raffreddamento i cibi caldi - Gustativa, in quanto solubilizza le sostanze alimentari e interagisce con i recettori del gusto - Difensiva meccanica, poiché permette la corretta formazione di un film idrolipidico che riveste tutta la superficie delle mucose, e difesa immunologica per la presenza di IgA, lisozima, perossidasi - Digestiva tramite le alfa-amilasi, che scindono il glucosio, e le lipasi, che scindono gli adipociti - Tampone, l’elevato contenuto di ioni bicarbonato mantiene il pH orale costante (alterazioni del pH possono permettere la proliferazione di microrganismi, ad esempio alcuni saprofiti) - Microbiologica: controlla la proliferazione batterica selezionando i saprofiti - Anticariogena: ha un ruolo nel metabolismo di calcio, cloro e fosfati e mantiene intatto lo smalto dentario Quando è prodotta, la saliva è sterile: la contaminazione avviene nel cavo orale. 2. Patologia 2.1. Sintomi Se un paziente avesse una patologia che interessa le ghiandole salivari, potrebbe avere uno dei seguenti sintomi: - Disturbi della deglutizione: deficit, a volte anche aspecifico, che il paziente lamenta durante l’atto deglutitorio - Dolore a livello delle ghiandole salivari maggiori e minori - Xerostomia - Disgeusia (alterazione del gusto) - Scialorrea - Comparsa di tumefazioni Di fronte a un paziente che ha un sintomo sospetto per una patologia delle ghiandole salivari, bisogna mettere in atto un percorso diagnostico prima che terapeutico. L’anamnesi è essenziale in prima battuta, e dev’essere completa: bisogna chiedere al paziente come è comparso il sintomo, da quanto tempo lo lamenta, dove è localizzato il dolore, se ha associata una sintomatologia similflogistica, se ha avuto infezioni prima di un’eventuale tumefazione, se prende dei farmaci che possono interferire con la produzione di saliva, se ha problematiche nutrizionali, se ha altre comorbidità, se c’è un’associazione dei sintomi ai pasti (esistono delle patologie delle ghiandole salivari che si esprimono durante il pasto, poiché esso è lo stimolo per la secrezione salivare), se ha subito trattamenti chirurgico-radiologici testa-collo. Dopo aver eseguito l’anamnesi approfondita, si va a visitare il paziente: la prima parte comporta un’ispezione tramite orofaringoscopia, lo studio dello sbocco dei dotti delle salivari maggiori, l’individuazione di eventuali tumefazioni a livello del volto, regione parotidea, cervicale, sottomandibolare… Si va inoltre a verificare la funzionalità di quei nervi che si sa che decorrono vicino alla ghiandola che si suppone sia malata: se la tumefazione interessa la ghiandola parotide, si andrà a valutare la funzionalità del nervo faciale, come se la tumefazione interessa la ghiandola sottomandibolare, si andrà a valutare la funzionalità del nervo ipoglosso. Ci sia mente si eseguirà una palpazione delle tre ghiandole, attraverso anche una palpazione transorale mono o bimanuale, dei dotti escretori (potrebbero esserci calcoli, stenosi, secrezioni purulente dopo la palpazione della ghiandola fuoriescono attraverso il dotto) e del collo, per eventuali coinvolgimenti linfonodali o fasciali. 2.2. Diagnostica strumentale La diagnostica strumentale si è evoluta nel corso degli anni. All’inizio esistevano soltanto le radiografie, oggi non vengono più utilizzate (erano utili per la rilevazione di calcoli, ma solo con l’utilizzo di particolari proiezioni). Anche la scialografia veniva fatta con l’rx, mentre oggi si usa la scialorisonanza. Il gold standard iniziale per lo studio delle ghiandole salivari è l’ecografia: un esame operatore dipendente, facilmente fruibile, non invasivo, permette di studiare bene la parotide e la sottomandibolare (la sottolinguale no poiché c’è la mandibola). Questo esame permette di individuare bene eventuali alterazioni del parenchima della ghiandola, se ci sono della dilatazione dei dotti e a volte si può anche visualizzare il contenuto, come cono d’ombra, se ci sono dei calcoli; permette, inoltre, di studiare la vascolarizzazione se si fa un doppler. Un altro strumento molto utile per l’indagine delle ghiandole salivari è la tac, può essere eseguita con o senza mezzo di contrasto in base a ciò che si vuole studiare: se interessa Pagina 4 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari andare a vedere dov’è localizzato il calcolo, si può fare senza mezzo di contrasto (indicato dalla freccia in figura), se, invece, si vuole andare a studiare una neoformazione o una raccolta flogistica, si utilizza il mezzo di contrasto. È un esame di veloce esecuzione e quindi facilmente fruibile. La risonanza magnetica è molto più utile della tac per lo studio del parenchima della ghiandola salivare, in T1 per i tessuti molli e in T2 per fluidi. Anche in questo caso si può utilizzare il ganadolinio come mezzo di contrasto. La scialorisonanza sfrutta la secrezione salivare è come se fosse un mezzo di contrasto: sì dà al paziente una caramella da succhiare, questo induce la secrezione di saliva e intanto si fa la risonanza, che di fatto è funzionale e permette di vedere se ci sono alterazioni. La scintigrafia, invece, non è un esame radiologico diagnostico che viene richiesto sulle ghiandole salivari, ma quando viene effettuato per altre ragioni, può essere che ci sia una captazione, che di solito è caratteristica nel tumore di Whartin e nell’oncocitoma. La PET sulle ghiandole salivari non è un esame particolarmente utile, E poiché un tessuto salivare normale presenta un’attività metabolica all’esame; quindi, non è facile dirimere tra un tumore benigno, un tumore maligno e il parenchima. Molto importante è invece l’ago aspirato (esame citologico): non si eseguono le biopsia delle ghiandole salivari maggiori, poiché c’è un altissimo rischio di insemenzamento. Ho aspirato, inoltre, non si rischiano danni al nervo e permette di comprendere, in funzione del risultato, se c’è un sospetto di malignità o di benignità in modo abbastanza rapido e preciso (specificità 94-100%). 3. Quadri patologici 3.1. Patologie congenite Sono le più rare 3.1.1. Aplasia e ipoplasia Assenza o presenza di una ghiandola di ridotto volume, con quindi una funzionalità assente o ridotta. Può essere associata a quadri malformativi. Quando sia questa condizione, ci sono delle conseguenze importanti anche ad esempio a livello del cavo orale: tutte le mucose, tutti gli elementi dentali, non essendoci saliva sufficiente, possono avere delle problematiche anche importanti (es: demineralizzazione dello smalto). Nella sindrome di Melkersson-Rosenthal c’è un’ipoplasia parotidea che è legata a un’atrofia secondaria alla disfunzione parasimpatica. In questa sindrome è associata anche una paralisi del faciale. 3.1.2. Cisti e fistole congenite Le cisti salivari congenite sono delle pseudocisti di ritenzione derivante da un’atresia canalicolare. Possono essere anche a livello gengivale o intramandibolare. Le fistole, invece, sono associate a malformazioni complesse delle fessure branchiali. Nell’embriogenesi, un’alterazione dello sviluppo della formazione nel riassorbimento di queste strutture branchiali può determinare la presenza di residui di queste strutture dalle quali possono nascere delle patologie congenite, come le fistole. Le anomalie del primo solco branchiale (a ogni arco corrisponde un solco) sono strettamente correlate all’alterazione della parotide. Il trattamento è chirurgico. 3.1.3. Distopia Per distopia si intende la presenza di tessuto salivare ectopico. In particolare, l’inclusione salivare nella mandibola è detta lacuna di Stafne: è una forma asintomatica e non prevede nessun tipo di trattamento (figura). Il problema è, quando presente, sapere che è una cosa di cui non preoccuparsi: è importante fare la diagnosi differenziale con altri tipi di patologie. Tessuto salivare ectopico può essere localizzato anche in altre sedi: tonsille, sterno-cleido-mastoideo, orecchio medio, ATM… È importante sottolineare questo aspetto poiché può insorgere una patologia tipica delle ghiandole salivari in una regione che normalmente non presenza ghiandole salivari. 3.1.4. Emangiomi della parotide Sono dei tumori benigni della parotide più comuni nei bambini. Di solito in questa situazione non si fa nulla: la situazione si risolve spontaneamente. Eventualmente esiste un trattamento con il propanololo, che è un antipertensivo, che è stato scoperto avere un’azione terapeutica sugli emangiomi. Il trattamento steroideo sembra non avere così tanta efficacia. Pagina 5 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari 3.1.5. Malformazioni artero-venose Possono interessare sia le ghiandole salivari maggiori che minori; di solito sono presenti alla nascita ma si possono rendere manifeste anche in adolescenza o dopo (è sensibile agli stimoli ormonali). Spesso sono confusi con gli emangiomi, crescono lentamente e non tendono alla regressione spontanea. La terapia può essere una scleroterapia o una laser terapia o chirurgica. 3.1.6. Linfangiomi Queste patologie possono regredire spontaneamente e fino al 10-15% dei casi, ma possono anche aumentare di volume. Esistono quelli macrocistici e microcistici; possono interessare anche le ghiandole salivari (ad esempio si possono trovare all’interno della ghiandola parotide perché c’è del tessuto linfatico all’interno della loggia parotidea). La terapia è exeresi chirurgica o scleroterapia con OK 432 che è una sostanza sclerosante: respira il contenuto della macrocisti e si inietta questa sostanza sclerosante che manda in involuzione la cisti stessa. 3.2 Patologie disfunzionali Interessano la produzione della saliva. 3.2.1. Iposcialia e xerostomia L’iposcialia indica una riduzione del flusso salivare patologico del 50%; se è più grave si parla di xerostomia. La prevalenza arriva quasi al 40%, in aumento nei paesi sviluppati dato che aumentano la sopravvivenza e le politerapie croniche. La patologia disfunzionale è più frequente nelle donne. Tra le cause le più rappresentate sono le farmacologiche, in cui la fanno da padrone gli antipsicotici e gli antidepressivi, che comportano una riduzione di secrezione salivare. Anche le patologie autoimmunitarie (sindrome di Sjogren) possono dare interessamento alle ghiandole salivari con scialoadenite cronica su base autoimmune, che può dare un’alterazione della funzionalità della ghiandola con ipoproduzione di saliva. Altre cause sono riconducibili a patologie sistemiche (soprattutto diabete e nefropatie), a situazioni di stress, ansia e depressione. La radioterapia del distretto testa-collo danneggia le ghiandole: 30Gy danno una fibrosi ghiandolare, quindi, un residuo di secrezione salivare; è 60/70Gy di solito il dosaggio che viene fatto per un trattamento radicale testa-collo, che comporta una distruzione ghiandolare, con assenza di produzione di saliva. Per questi pazienti vengono prescritti prodotti lubrificanti e saliva artificiale poiché hanno una xerostomia francamente marcata. I farmaci che agiscono sul sistema simpatico vanno ad alterare la secrezione salivare. I segni clinici legati alla xerostomia sono: - Carie - Incapacità digestiva - Saliva scarsa, densa o assente - Gengiviti - Lingua fissurata - Ulcerazioni della mucosa orale - Stomatiti ricorrenti Le strategie terapeutiche non sono moltissime: se il danno è reversibile, si cerca di stimolare la ghiandola, se è irreversibile la manovra è inutile. La stimolazione delle secrezioni salivari è fatta con dei farmaci parasimpaticomimetici (pilocarpina, amifostina), che vengono dati solo in casi selezionati (s. di Sjogren o post radioterapia) dato che hanno degli effetti collaterali molto importanti: disturbi gastrointestinali, aumento della diuresi, sechezza nasale, epifora, aritmie, deficit visivi, ipersudorazione. Molto più spesso vengono utilizzate delle salive artificali, ma che purtroppo sono efficaci solo per alcune ore. Sono dei palliativi per lubrificare e umidificare la mucosa contenenti glicerina e limone. In via del tutto sperimentale, ci sono delle elettrostimolazioni che cercano di arrivare a stimolare la produzione salivare, ma non ci sono sufficienti dati per introdurle effettivamente come terapia. 3.2.2. Iperscialia e scialorrea L’iperscialia è molto rara, cioè è molto raro che sia la ghiandola ad aumentare la sua produzione di saliva: avviene se il paziente prende determinati farmaci, attraverso stimoli ormonali, ad esempio nel primo trimestre di gravidanza, flogosi acute oppure pazienti con reflusso gastroesofageo. Molto più frequente è la scialorrea, che non è l’aumentata produzione di saliva, ma è legata a un’incapacità della gestione della secrezione salivare: le ghiandole producono la saliva, ma la disfagia del paziente (incapacità deglutitoria Pagina 6 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari e riduzione dell’efficienza dell’atto deglutitorio) determina un accumulo di saliva. La saliva può anche fuoriuscire a livello orale. La scialorrea è presente in tutti i bambini con deficit dell’età evolutiva, soprattutto le paralisi cerebrali infantili e i deficit oromotori. Nell’adulto la disfagia del pz è causata da patologie neurovascolari (ictus ischemico o emorragico) oppure patologie degenerative (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, Parkinson). Un’altra causa può essere dovuta chirurgia orofaringea: il chirurgo decide di trattare un paziente e si hanno delle menomazioni funzionali conseguenti all’intervento, quindi il danno è iatrogeno. Quanto riguarda le strategie terapeutiche, se è possibile, si interviene sull’eziologia, con interventi su motricità e sensibilità degli organi coinvolti nella fase orale. I logopedisti sono i riabilitatori di testa-collo, quindi cercano di migliorare la gestione delle secrezioni tramite tecniche comportamentali e tramite stimolatori intraorali. Un’altra terapia prevede l’utilizzo di farmaci anticolinergici, che riducono la secrezione salivare, ma che hanno molti effetti collaterali (il loro uso è molto ristretto). Si può procedere, inoltre, all’iniezione di tossina botulinica: se iniettata sotto guida ecografica a livello parotideo e sottomandibolare può aiutare a ridurre la secrezione salivare; il problema è che ha un effetto transitorio, quindi bisogna fare più sedute, ma ha una certa valenza. Vengono proposti anche degli interventi chirurgici, effettuati raramente data la dubbia efficacia, su pazienti molto selezionati soprattutto in età pediatrica, che consistono nella trasposizione di dotti sottomandibolari (se il dotto di Wharton sbocca a livello della pelvi, esso viene deviato tramite un tunnel alla base della lingua di modo che la saliva vada posteriormente), nella legatura dei dotti di Stenone (intervento che non ha un’efficacia completa e porta all’atrofia ghiandolare) e nella scialoadenectomia (asportazione ghiandolare). 3.3 Anomalie di origine “traumatica” 3.3.1. Fistole salivari Sono legati a traumi, ma esistono anche post infettive o da irradiazione. Spesso sono dovute a complicanze di interventi chirurgici sulle ghiandole salivari. Esistono delle fistole endorali, a livello ad esempio del dotto di Wharton, cutanee, che possono essere, ad esempio, in sede sottomandibolare a seguito di un’infezione cronica delle ghiandole sottomandibolari, e parotidee che, a seconda della sede, sono pretragiche (anteriori al trago), masseterine o geniene. La fistola salivare è un problema, poiché si ha la secrezione salivare che fuoriesce a livello di questo tramite: si mantiene pervia la struttura e si formano percorsi patologici. 3.3.2. Mucocele e ranula Extravasazione di muco o saliva nei tessuti del cavo orale con formazione di pseudocisti. Le cause sono: ostruzione del dotto escretore della ghiandola salivare, chirurgia orale minore, lesioni intraorali traumatiche. In base alla loro sede vengono definiti ranule o mucocele/scialocele: il primo si riferisce a questa formazione nel pavimento orale, il secondo in qualsiasi punto della mucosa orale. Nel 50% dei casi si tratta di mucocele del labbro inferiore, principalmente di origine traumatica, anche a causa di apparecchi ortodontici. Si tratta di una piccola tumefazione arrotondata azzurrognolo, poiché contenente saliva, che evolve fino a che una rottura la svuota del suo contenuto e poi rimane silente, oppure si riforma (come nella maggior parte dei casi). Il trattamento è l’exeresi chirurgica: bisogna asportare anche la ghiandola associata e anche le ghiandole vicine. Solitamente queste lesioni non sono legate a calcoli, poiché i calcoli creano ostruzione, specialmente nelle ghiandole salivari maggiori, si ha una dilatazione del dotto e interessa il parenchima ghiandolare; il mucocele, invece, è extraghiandolare. Il mucocele della faccia ventrale della lingua si chiama ciste di Blandin-Nuhn che deriva da un trauma meccanico di una ghiandola salivare accessoria per morsicatura. È molto fastidiosa, soprattutto dopo la riduzione, perché rimane la cicatrice. La rana del pavimento orale è solitamente una lesione monolaterale, da un danno traumatico della ghiandola sottolinguale o del dotto di Warthon. Se la ranula è complessa, potrebbe anche penetrare sotto il muscolo miloioideo e andare a livello cervicale; sì casi, non è detto che si riesca a fare l’operazione transorale, magari è necessario un accesso Pagina 7 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari cervicotomico. Se a livello orale non si vede nulla bisogna capire da dove arriva la tumefazione del collo, anche se è difficile che non ci sia la tumefazione a livello orale. Dal punto di vista diagnostico, si può utilizzare un’rm che mostra bene la reazione del tessuto iperintensa. La tac di solito non viene utilizzata, salvo che ci siano delle controindicazioni alla rm; anche l’ecografia non è così utile, poiché non da una visione complessiva della lesione. Il trattamento chirurgico può essere di due tipi: exeresi chirurgica completa, ovvero si toglie tutta la lesione, a volte anche la ghiandola (scialoadenectomia), oppure una semplice marsupializzazione, più conservatia, si lascia la lesione in sede e si crea una specie di nuovo dotto della deformazione. 3.4 Scialiti Scialite indica una patologia infiammatoria delle ghiandole salivari, del parenchima o del dotto; scialoadenite ha un interessamento prevalentemente del parenchima; scialodichite prevalentemente del dotto. Le cause di scialoadeniti sono virali, batteriche o allergico-tossiche, mentre le cause di scialodochiti sono megacanale, scialolitiasi e calcinosi salivare (ndr: le cause sono state prese dalle slide). 3.4.1. Parotite Scialoadenite di originale virale; è la più frequente delle infezioni salivari pediatriche (esiste un vaccino). Causata dal paramoxivirus, che ha uno spiccato tropismo per la ghiandola salivare e per il tessuto nervoso. Prima dell’introduzione della citazione era endemica ed era una di quelle malattie esantematiche che si facevano in infanzia. Ha un’incubazione di 24-36 ore e poi ha una fase incubazione silente. La sintomatologia prevede una tumefazione a livello della regione parotidea, di solito bilaterale, dolente; viene chiamata orecchioni poiché la tumefazione solleva il lobo dell’orecchio. È presente solitamente un’iperpiressia, un’algia masticatoria, secchezza orale ed eritema periostale. La diagnosi di solito è clinica, però è possibile isolare il virus a livello salivare, oppure fare una diagnosi sierologica. La vaccinazione introdotta poiché questa patologia può dare complicanze gravi: sterilità (orchite, ooforite), pancreatite, tiroidite, ipoacusia neurosensoriale e localizzazioni neuromeningee. Se non si verificano queste complicanze la risoluzione spontanea e senza rischi: non si dà nessun tipo di antivirale, si curano semplicemente i sintomi. Nel paziente immunodepresso e nelle donne gravide si danno delle gammaglobuline specifiche, perché il virus della parotite, se preso in stato di gravidanza, può dare delle gravissime malformazioni fetali. 3.4.2. Citomegalovirus È un virus che può dare tanti quadri clinici, tra cui una manifestazione anche a livello delle ghiandole salivari, quasi sempre inapparente (il 50-80% degli adulti presenza sieroreazione: vengono trovate IgG specifiche per questo virus, a indicare il fatto che il pz ha avuto l’infezione). A volte può dare scialoadenite. Non è previsto alcun tipo di trattamento. 3.4.3. Scialoadeniti virali Anche altri virus possono dare interessamento alle ghiandole salivari: coxackie, virus dell’influenza, mononucleosi… queste infezioni possono associarsi a una parotite subacuta con tumefazione parotidea. Ma le parotiti batteriche sono più frequenti. 3.4.4. Parotiti acute nell’adulto (scialoadeniti batteriche piogene) Nella figura si nota il dotto di Stenone a livello della papilla, con una secrezione purulenta che vi esce: questo vuol dire che a monte è tutto pieno di pus. Se si preme a livello parotideo dallo sbocco del dotto di Stenone esce il pus; favorire la sua uscita è molto importante (è doloroso, ma poi il pz ha sollievo), poiché se si blocca l’ostio si può avere un ascesso parotideo. Finché spurga all’esterno è positivo. Principali batteri coinvolti in parotite acute nell’adulto sono stafilococchi e streptococchi; l’infezione per la maggior parte delle volte viene presa per via canalare retrograda (i germi erano nel cavo orale: si comprende l’importanza di una corretta igiene che garantisca un determinato pH). I pazienti di solito hanno questa condizione facilitata da malattie sistemiche, disidratazione o alterazioni strutturali ghiandolari (es: dotti tortuosi) Clinicamente si può avere una tumefazione in regione parotidea con cute infiammata, dolente; la paralisi del nervo faciale è molto rara, e se si verifica è transitoria. Il trattamento è antibiotico, di solito per bocca, associato a terapia cortisonica che è essenziale sulle ghiandole salivari perché favorisce la disostruzione. Se l’antibiotico per bocca non è sufficiente, si ricovera il pz e le terapie si fanno endovena. Eventualmente si fa anche un’infusione elettrolitica per risolvere lo stato di disidratazione. La complicanza più grave l’ascessualizzazione. A volte serve un drenaggio chirurgico. Pagina 8 di 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorino #6 – prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari Esistono anche delle parotiti post operatorie, che sono delle condizioni rare causate da premedicazioni anestetiche e dalla disidratazione post operatoria (si manifestano frequentemente dopo chirurgia addominale o ginecologica). 3.4.5. Parotiti recidivanti nel bambino Quadro clinico abbastanza frequente, con prevalenza nel sesso maschile tra 3 e 6 anni e sembra che i responsabili siano i germi commensali a livello dell’orofaringe. Prima della vaccinazione erano scambiati per parotite epidemica, solo che recidivavano. Non si capisce bene quale sia la causa per la quale questi bambini vanno incontro a recidive, forse è un’alterazione strutturale dei dotti, che non può però essere dimostrata, oppure ci sono teorie legate a una conformazione particolare del dotto escretore della ghiandola, per cui la masticazione sembra influenzare il drenaggio patologico del dotto e quindi predisporre a insorgenze di parotiti ricorrenti… clinicamente i bambini hanno tumefazioni dolorose della parotide che durano alcuni giorni, rispondono alle terapie steroidee, rischiano di sovrainfettarsi (si può dare antibiotico) e dal punto di vista diagnostico si fanno delle ecografie e alcune volte la rm (se recidiva con sovrainfezione). Ci sono degli studi che prevedono dei lavaggi intraghiandolari con il cortisone utilizzando la scialoendoscopia: si incanula il dotto di Stenone e si inietta il cortisone nel parenchima. Si può anche esplorare il dotto e le varie ramificazioni (diagnosi e terapia: posso anche raccogliere calcoli). Non esiste una terapia vera e propria. La guarigione clinica si ha alla pubertà (possibile ruolo ormonale). È una diagnosi complessa, poiché al primo episodio non si fa la diagnosi (malattia ricorrente) e necessita di un follow up e di una valutazione clinica continua. Importante è la diagnosi differenziale. 3.4.6. Parotiti croniche nell’adulto Possono essere conseguenti a episodi di ritenzione salivare ripetuti a parotiti recidivanti del bambino che perdurano oltre la pubertà e a scialoadeniti autoimmuni. Dal punto di vista clinico hanno delle crisi acute e tumefazione con dolore moderato a livello parotideo, di solito viene data una terapia antibiotica orale e si possono prevenire le recidive con i lavaggi canalari con soluzioni saline o antibiotiche. 3.4.7. Altre scialoadeniti batteriche Sono sifilitiche (esistono ma sono molto rare) e tubercolari. I micobatteri possono essere tubercolari tipici (danno la classica patologia polmonare) oppure atipici. Entrambi possono dare interessamento alle ghiandole salivari (in particolare parotideo, poiché nel parenchima sono presenti dei linfonodi). Purtroppo, danno tumefazioni di grande entità, violace, possono fistolizzare e vi fuoriesce del materiale caseoso biancastro. Il trattamento delle scialoadeniti tubercolari tipiche è antibiotico, ma 6 mesi di terapia con 4 tipi di antibiotici (è il tipico trattamento della tubercosoli). Le scialoadeniti da micobatterio atipico (sono clinicamente uguali alle altre) si trattano con un drenaggio chirurgico e si può evitare il trattamento medico. Si discrimina tra le due tramite un esame colturale. 3.4.8. Scialoadeniti allergiche e scialiti tossiche Le prime sono dovute a presenza di tessuto linfoide all’interno del parenchima parotideo. Gli allergeni possono essere alimentari, pneumici, farmacologici. Si presenta con una tumefazione ghiandolare che persiste o recidiva senza suppurazione con una scialorrea. Assumono spesso l’aspetto di parotiti perché febbrili e dolorose. Si nota un’eosinofilia ematica importante (tipica delle allergie) e di solito i test intradermici all’allergene sono positivi. Le scialite tossiche sono spesso di origine professionale; per individuarle è necessario fare l’anamnesi. Un esempio è il saturnismo (intossicazione da piombo), ma è attualmente raro.

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