Malattie Infettive I Appunti PDF
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Questi appunti trattano le malattie infettive, analizzando l'interazione tra ospite e microrganismi patogeni. Descrivono la risposta immunitaria innata e le diverse tipologie di recettori, come i TLR, coinvolti nel processo di difesa. La comprensione di questi meccanismi è fondamentale per affrontare le malattie infettive.
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MALATTIE INFETTIVE I Con il termine di malattia infettiva si intende il risultato dell’interazione tra un ospite ed un microorganismo responsabile di malattia e trasmissibile da un ospite all’altro attraverso diverse modalità. Non tutti i microorganismi sono pa...
MALATTIE INFETTIVE I Con il termine di malattia infettiva si intende il risultato dell’interazione tra un ospite ed un microorganismo responsabile di malattia e trasmissibile da un ospite all’altro attraverso diverse modalità. Non tutti i microorganismi sono patogeni e la natura dell’interazione dipende dalla combinazione di numerosi fattori: - Resistenza dell’ospite - Virulenza del microorganismo - Immunocompetenza dell’ospite: i microorganismi opportunisti risultano patogeni solo nel caso in cui la risposta immunitaria dell’ospite sia alterata. e-specific distributions of bacterial phyla in healthy humans. Si osserva che numerosi microorganismi stabiliscono una interazione positiva con l’ospite e benefica per lo stesso. Sono un esempio la flora ruminale o ciecale che consente agli erbivori la digestione della cellulosa. Questa classe di microorganismi simbiotici viene indicata con il termine di commensali, i quali tendono a coevolversi con l’ospite riducendo la loro patogenicità al fine di preservare l’ospite in quanto necessario per la loro sopravvivenza. Inoltre, i microorganismi commensali preservano l’ospite competendo con i patogeni per l’occupazione delle diverse nicchie e favorendo la detossificazione dei comporti prodotti da quest’ultimi. Infatti, il trattamento prolungato con antibiotici in specie che albergano C. tetani (cavallo e coniglio) nel loro apparato digerente comporta l’insorgenza di gravi infezioni (clostridiosi) a seguito dell’eliminazione dei batteri commensali. L’ospite fornisce quindi una serie di nicchie (pelle, intestino, tratto respiratorio superiore e urogenitale) che vengono colonizzate da popolazioni microbiche favorevoli. Altre nicchie (organi interni e tratto respiratorio inferiore) sono invece mantenute sterili negli individui immunocompetenti. The Immune System is the Third L’interazione tra l’ospite ed i microorganismi è il risultato dell’equilibrio che si instaura tra l’attività del sistema immunitario del primo ed i fattori di virulenza del secondo. Line of Defense Against Infection o Sistema immunitario La prima linea di difesa aspecifica dell’ospite è rappresentata dalle barriere fisiche che isolano il compartimento interno ed impediscono l’ingresso dei microorganismi. In questa categoria ricadono la cute, le mucose e le relative secrezioni. Nel caso della cute si può osservare come i cheratinociti, essendo scarsamente vitali, non costituiscono un bersaglio ideale per la replicazione dei microorganismi patogeni, i quali possono penetrare solo in presenza di soluzioni di continuo. La seconda linea di difesa comprende meccanismi più complessi ma comunque aspecifici: - Proteine antimicrobiche (complemento e peptidi antimicrobici) - Risposta infiammatoria - Fagociti: monociti, macrofagi e cellule dendritiche - Cellule NK riconoscono in modo aspecifico le cellule infette e le uccidono il granzima. L’efficacia della immunità innata dipende dalla possibilità delle cellule di riconoscere in maniera aspecifica. Ciò si realizza mediante una famiglia di recettori detti PRRs (Pattern recognition receptors) presentati dalla quasi totalità delle cellule dell’organismo e che sono caratterizzati da una certa specificità verso elementi conservati e invarianti dei patogeni detti PAMPs (pattern recognition receptors). Si osserva che i PRRs sono comuni a una grande varietà di organismi anche molto diversi tra loro. Ciò indica che l’immunità innata è una caratteristica evolutivamente poco recente. Al contrario, l’immunità specifica è una prerogativa esclusiva dei vertebrati. Una tipologia di PRRs particolarmente importante è la famiglie dei TLR (Toll-like receptors), scoperti a seguito dell’osservazione di mutanti di Drosophila nell’ambito di esperimenti di mutegenesi random: alcuni individui presentavano una particolare suscettibilità alle infezioni fungine a causa della mutazione a carico del gene codificante per una famiglia di proteine di superficie cellulare. Poiché la Drosophila è sprovvista di una risposta immunitaria specifica si è concluso che quelle proteine diTLR Signaling superficie dovevano Pathways essere coinvolte nella difesa dell’organismo da parte dei patogeni. Esperimenti successivi nel topo hanno confermato questa ipotesi. TLR2/TLR1 TLR2/TLR6 TLR3 TLR4 Cell membrane MAL MyD88 TRIF MAL MyD88 TRIF TRAM H+ H+ H+ H+ H+ H+ TLR3 TLR7 TLR8 TLR9 H+ H+ NF- B H+ H+ H+ H+ IRF3 Endosome TRIF MyD88 Interferon Pathway IRF7 Inflammatory Cytokines NF- B TLR1 Si tratta di proteine di superficie espresse dalla maggior parte delle cellule, anche durante la vita TLR2 embrionale, in grado di riconoscere diverte tipologie di PAMPs e di dare avvio ad una cascata di TLR4 trasduzione del segnale. L’evento finale è rappresentato dall’attivazione del fattore NF-KB che entra nel TLR6 nucleo e modula la trascrizione di geni che codificano per citochine ed altre proteine di difesa. TLR3 Si tratta di PRRs contenuti all’interno di endosomi la cui attivazione comporta l’avvio di una cascata di TLR7 trasduzione che si conclude con l’attivazione del fattor IRF7 che attiva poi il NF-KB, il quale entra nel TLR8 nucleo e modula la trascrizione di proteine coinvolte nel processo di difesa. TLR9 L’attivazione dei TLR comporta quindi la produzione di diverse tipologie di proteine, ad esempio: - Citochine che attivano e stimolano le cellule del sistema immunitario. - Interferoni che stimola ed attiva le cellule del sistema immunitario. - Chemochine che richiamano le cellule immunitarie attraverso chemiotassi. - COX2 che consente la produzione di prostaglandine e trombossani. o Determinanti riconosciuti dal sistema immunitario innato Questi fattori consentono di attivare la risposta infiammatoria e dare avvio all’attivazione della Il sistema rispostaimmunitario immunitaria innato ha ampi modelli molecolari e risponde ad una enorme varietà di specifica. patogeni, ma con risposte più leggere e meno efficaci. In questo caso, la risposta è innescata da unaI classe PAMPsdisono molecole prodotte molecole dal patogeno fortemente conservate denominate tra i diversi PAMPs patogeni(Pathogen-Associated che possono essere Molecular Pattern). Queste molecole legano recettori specifici riconosciute dai PRRs dando avvio alla risposta difensiva innata. tipici del sistema immunitario innato dette PRRs (Pattern Recognition Receptors). Biological Biological PAMP PRR Consequence of PAMP PRR Consequence of Interaction Interaction Microbial cell wall Complement Opsonization; Double stranded TLR-3 Production of components Complement RNA interferon activation (antiviral) Mannose- Mannose-binding Opsonization; LPS TLR-4 Macrophage containing protein Complement (lipopolysaccharide activation; carbohydrates activation of Gram– bacteria Secretion of inflammatory Polyanions Scavenger receptors Phagocytosis cytokines Lipoproteins of TLR-2 (Toll-like Macrophage Flagellin (bacterial TLR-5 Macrophage Gram+ bacteria receptor 2) activation; flagella) activation; Yeast cell wall Secretion of Secretion of components inflammatory inflammatory cytokines cytokines Le PRRs sono in grado di riconoscere anche una categoria di molecole endogene denominate Le diverse tipologie di patogeni sono quindi in grado di stimolare diverse tipologie di TLR a DAMPs (Patterns Molecolari associati al Danno) liberate dalle cellule dell’ospite durante un danno seconda dei PAMPs che presentano. o la morte cellulare. - L’LPS di P. aeruginosa attiva il TLR4 - Sistema LcrV immunitario di Yersinia viene riconosciuto da TLR1 e 2 È l’insieme di molecole, cellule e tessuti che garantiscono l’immunità, ovvero la caratteristica di resistenza allesono I patogeni malattie spessoedinin modo grado di particolare a quelle evadere questi di natura meccanismi infettiva. La sequenza di riconoscimento in diversidimodi: reazioni che insorge una volta avvenuto l’incontro tra queste cellule/molecole e l’agente infettante viene definita- risposta immunitaria. Modificazione La funzione del target molecolare fisiologica che attivadel sistema immunitario la segnalazione è quella TLR-mediata comedinel prevenire caso le infezionidie/o di eradicarle una volta stabilitesi nell’ospite individuando e distruggendo il P. aeruginosa. microorganismo patogeno. È importante che il sistema immunitario si attivi e rivolga le sue azioni - Interferenza nei confronti con la cascata del solo invasore, di trasduzione evitando della segnalazione di danneggiare TLR-mediata le cellule dell’ospite. Ciò come nel casoche presuppone di Y. Pestis. vi sia la capacità di discriminare tra self e non-self. Le patologie in cui il sistema immunitario rivolge le sue azioni verso componenti self sono dette malattie autoimmuni. - Espressione di proteine che facilitano l’invasione dei macrofagi (Shigella e Listeria) I meccanismi difensivi dell’ospite prevedono l’immunità innata (naturale o congenita e sempre attiva nel soggetto sano) che media un’iniziale protezione nei confronti delle infezioni, e l’immunità acquisita (adattativa o specifica) che si sviluppa più lentamente (fase di latenza) e che media una fase più tardiva ma anche maggiormente efficace della difesa nei confronti degli agenti infettivi pur riconoscendo anche sostanze non microbiche definite antigeni. o Cellule del sistema immunitario Le cellule del sistema immunitario prendono origine e spesso raggiungono la maturazione nel midollo osseo. Quindi migrano per operare un continuo controllo dei tessuti circolando per via ematica e in un sistema specializzato di vasi denominato sistema linfatico. Cellule Granulociti Basofili mieloidi Neutrofili Eosinofili Monociti Macrofagi Istiociti (macrofagi residenti) Cellule Cellule T linfoidi Cellule B Mastociti § Fagociti Le cellule fagocitarie (o fagociti) si distinguono in: macrofagi, che si differenziano a seconda del tessuto in cui si trovano; monociti, che sono i macrofagi che si trovano in circolo ed assumono una conformazione diversa da quella che hanno nei tessuti, granulociti neutrofili (polimorfonucleati), che aumentano notevolmente di numero nelle infezioni batteriche. Tutti derivano dalle cellule staminali del midollo osseo, e poi migrano nei tessuti; sono capaci di legarsi all'agente patogeno (antigene), rinchiuderlo nel citoplasma ed ucciderlo con diversi sistemi, che se eccessivamente violenti possono intaccare i tessuti vicini. Per uccidere i patogeni, le cellule fagocitarie utilizzano intermedi reattivi dell'ossigeno e dell’azoto ed enzimi lisosomiali che vengono rilasciati nelle vescicole in cui sono stati interiorizzati i batteri. Granulociti Presentano un nucleo con forma caratteristica presentante più lobi Marker: CD66 neutrofili (polimorfonucelati) e numerosi granuli neutrofili. Hanno spiccata capacità fagocitaria e di uccisione intracellulare dei patogeni grazie ai diversi granuli: - Granuli azzurrofili: Contengono idrolasi acide, mieloperossidasi, proteasi neutre, NADPH-ossidasi, lisozima e proteine cationiche. - Granuli specifici: Contengono fosfatasi alcalina, lisozima, lattoferrina e collagenasi. I granuli sono di fondamentale importanza per espletare la funzione fagocitaria a livello tissutale dove vengono richiamati da sostanze ad azione chemiotattica. Macrofagi Sono cellule mononucleate con capacità di fagocitosi e meccanismi di Marker: CD14 uccisione dei patogeni sia intracellulare che extracellulare. Sono coinvolti nel processo di rimodellamento tissutale e secernono citochine con attività pro- infiammatoria. Inoltre, hanno l’importante funzione di presentare l’antigene ai linfociti T-helper (Antigen Presenting Cell). Riconoscono i microrganismi grazie a diversi recettori di membrana. Questi comprendono i recettori per i residui di mannosio ed i peptidi contenenti N-formilmetionina, prodotti dai batteri, ma non dalle cellule dell’ospite, ed una famiglia di recettori omologhi ad una proteina di Drosophila chiamata Toll. Diversi recettori Toll-like (TLR: toll like receptors) risultano coinvolti nelle risposte a differenti microrganismi. Dopo aver identificato la struttura microbica, il TLR invia il segnale, attraverso una via comune, che conduce all’attivazione di fattori di trascrizione, soprattutto NF-kB (nuclear factor kB). NF stimola la produzione di citochine e di varie proteine responsabili dell’attività battericida dei fagociti. Nei mammiferi sono stati identificati 10 differenti TLR. TLR Ligando Microorganismo TLR2 - Lipoproteine - Batteri Gram- - Peptidoglicano - Leptospira - LPS - Miceti - Zymosan TLR3 - DS RNA - Virus TLR4 - LPS - Batteri Gram- - Clamidia TLR5 - Flagellina - Batteri flagellati La funzione dei fagociti si esprime maggiormente a livello tissutale dove queste cellule vengono richiamate grazie a particolari sostanze chemiotattiche. Queste possono essere prodotte direttamente dal patogeno o possono essere rilasciate dopo la formazione dell’immunocomplesso per intervento del complemento oppure possono essere rilasciate dai linfociti attivi richiamati nel sito di infezione. Questo meccanismo è molto evidente durante le infezioni da Escherichia coli nel suinetto (enteriti proprie dello svezzamento). Le sostanze chemiotattiche inducono l’espressione di molecole di adesione a livello endoteliale (endotelio vasale) denominate ICAM (Intracellular Adhesion Molecules) che interagiscono con i recettori dei neutrofili formati da selectine e integrine. I neutrofili aderiscono alle cellule endoteliali e lasciano il comparto capillare attraverso un meccanismo di diapedesi. Una volta giunti a livello tissutale migrano seguendo il gradiente di concentrazione dei fattori chemiotattici e vanno a fagocitare il microrganismo. Questo meccanismo prevede la formazione di un, fagosoma creatosi dall’invaginazione della membrana dei neutrofili che si andrà a fondere con i granuli formando il cosiddetto fagolisosoma. Il processo è completato dalla degranulazione dei neutrofili che, liberando gli enzimi idrolitici e proteolitici, creano un ambiente acido utile alla digestione e in grado di determinare l’eliminazione del patogeno fagocitato. Con il termine diapedesi si intende il passaggio di elementi cellulari del sangue attraverso le pareti intatte dei vasi capillari e delle venule: si tratta per lo più di elementi a funzione fagocitaria, che, dopo aver aderito all’endotelio, si insinuano mediante movimenti ameboidi nello spessore delle pareti vasali, le superano e si portano nell’intimo dei vari tessuti. L’adesione e i movimenti attivi delle cellule in diapedesi sono possibili per l’attività dei microtubuli e dei microfilamenti contrattili del citoplasma. È particolarmente intensa negli stati infiammatori. L’opsonizzazione corrisponde al rivestimento di un antigene o di una particella (agente infettivo) con una sostanza quale un anticorpo o componenti del complemento che favoriscono la cattura della particella esogena da parte delle cellule fagocitarie. Si dice opsonina una macromolecola in grado di favorire la fagocitosi. Questa si lega alla superficie di un batterio che a questo punto può essere riconosciuto da recettori di membrana espressi dai neutrofili e dai macrofagi, potenziando in questo modo l’efficienza della fagocitosi. Fungono da osponine gli anticorpi IgG ed i frammenti del complemento C3b e C4b. Le cellule fagocitiche come i neutrofili, i monociti e i macrofagi distruggono i microorganismi fagocitati producendo il fagolisosoma, un tipo speciale di fagosoma dove sono rinchiusi e distrutti per mezzo di composti per essi tossici. Questi composti si producono attraverso due vie, una indipendente dall'ossigeno (es. lisozima e lattoferrina) e un'altra dipendente dall'ossigeno, nella quale si producono le specie reattive di quest'ultimo. Il termine esplosione respiratoria si utilizza solitamente per designare la liberazione di queste specie reattive dell'ossigeno da parte delle cellule fagocitiche del sistema immunitario, come ad esempio neutrofili e monociti quando entrano in contatto con tipi differenti di batteri o funghi. L'esplosione respiratoria gioca in ruolo molto importante nel sistema immune, è una reazione cruciale che avviene nei fagociti dove è utilizzata per uccidere e degradare i microrganismi fagocitati. Si caratterizza per un aumento molto violento della domanda di ossigeno e del consumo di energia a livello cellulare. Il meccanismo mediante il quale le cellule producono specie reattive dell'ossigeno implica l'azione di un enzima chiamato NAD(P)H ossidasi; tale enzima è in grado di impiegare l'NADPH come riducente per ridurre l'ossigeno libero a superossido, il quale si combina spontaneamente con altre molecole per produrre radicali liberi molto reattivi, tra i quali si trovano tra gli altri gli anioni idrossido, perossido, ipoclorito, ipoiodito e il monossido di azoto. I composti che mediano l’uccisione ossigeno-indipendente nel fagolisosoma sono i seguenti. Molecola effettrice Funzione Proteine cationiche (es. catepsine) Induzione di un danno nelle membrane microbiche. Lisozima Idrolisi della parete batterica. Lattoferrina Sequestro del ferro che diventa meno disponibile per i batteri. Proteasi Digestione dei microorganismi uccisi. § Granulociti eosinofili Rappresentano il 2-4% dei globuli bianchi e presentano un recettore per le IgE. Aumentano nelle infezioni parassitarie e nelle reazioni allergiche. Nel caso delle infezioni parassitarie sono preposti all’uccisione dei parassiti ricoperti da anticorpi. § Mastociti I mastociti intervengono nella genesi delle reazioni allergiche, di ipersensibilità e anafilattiche. Vengono oggi considerati gli attivatori della flogosi acuta (infiammazione). Quando i mastociti vengono attivati rapidamente secernono il contenuto dei granuli (degranulazione). Una volta che i mastociti sono già stati sensibilizzati contro uno specifico antigene, sulla loro superficie rimangono, legate ai recettori, le IgE specifiche per quell'antigene, in questo modo quando si verifica una seconda esposizione allo stesso antigene il riconoscimento è immediato ed avviene la veloce ed efficace degranulazione (svuotamento dei granuli citoplasmatici con fuoriuscita dal corpo cellulare di mediatori chimici quali istamina e serotonina). È sufficiente che due IgE contigue contraggano il legame con l'antigene per scaturire la risposta biologica dei mastociti. § Cellule dendritiche Le cellule dendritiche (Dendritic Cell, DC) sono cellule APC specializzate nella cattura di antigeni (Ag). Le DC possono internalizzare l'antigene e processarlo per la sua presentazione ai linfociti T, oppure mantenerlo sulla loro superficie in forma nativa e disponibile ai linfociti B specifici per quel determinato antigene. Le cellule dendritiche sono presenti in piccole quantità nei tessuti a contatto con l'ambiente esterno, principalmente la pelle (dove si trova un particolare tipo di cellula dendritica chiamata cellula di Langherans e il rivestimento interno del naso, polmoni, stomaco e intestino. Una volta attivate, migrano nei tessuti linfoidi dove interagiscono con le cellule T e le cellule B per dare avvio e configurare la risposta immunitaria adattativa. § Cellule NK e K Nella classe delle cellule killer aspecifiche (agiscono uccidendo i bersagli riconosciuti come estranei o self alterati), oltre ai macrofagi ed agli eosinofili, si ricadono anche alcune cellule con attività citotossica aspecifica. Esse ricoprono un ruolo importante anche nell’uccisione di cellule self alterate. Cellule NK Sono una classe di cellule citotossiche del sistema immunitario, particolarmente importanti CD56+ e LAK nel riconoscimento e distruzione di cellule tumorali o infette da virus con un meccanismo CD16+ d'azione che viene definito "naturale" poiché riconoscono il target aspecificamente e senza CD3- l'ausilio di molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), provocando così la lisi o l'apoptosi delle cellule bersaglio. Se stimolate con particolari citochine della classe degli interferoni, come gli INFɣ, Interleuchina 2 (IL-2) sono in grado di aumentare il loro potere citotossico diventanto LAK (lymphokine activated cell). A differenza dei linfociti T citotossici le cellule NK riconoscono come non-self le cellule con bassa espressione di MHC-I o che non presentano questo complesso come le cellule tumorali, inducendone la lisi; infatti le NK non trovando i giusti recettori self liberano intorno alla cellula estranea o modificata le perforine e i granzimi, le prime formano dei pori nella membrana plasmatica e i secondi, entrando attraverso questi pori, inducono la cascata caspasica e quindi la morte della cellula per apoptosi. Cellule con alta espressione di MHC-I sono resistenti alla citotossicità mediata dalle cellule NK perché queste ultime posseggono sulla loro superficie una famiglia di recettori inibitori (KIRs) che, ingaggiati nel legame con il complesso MHC-I, mediano una cascata di segnali che prevengono il rilascio dei granuli citotossici. Cellule K o Sono cellule morfologicamente indefinite che possiedono recettori con elevata affinità per la ADCC porzione Fc delle immunoglobuline grazie ai quali riconoscono le cellule bersaglio. La loro attività è definita ADCC (citotossicità cellulare anticorpo dipendente). o Cluster differenziativi Tutte le cellule della linea leucocitaria derivano da un unico progenitore staminale totipotente riconoscibile dalla molecola CD34 (la cellula esprimente la proteina è indicata come CD34+). Successivamente viene creata una cellula staminale linfoide. Vi sono tuttavia delle patologie in cui questa maturazione non va a buon fine come per esempio le immunodeficienze combinate. I linfociti maturi sono riconoscibili in quanto esprimono 5 famiglie di recettori: 1. Recettori per l'antigene, 2. Recettori MHC (complesso maggiore di istocompatibilità), 3. Recettori per fattori di crescita, 4. Recettori Homing (consentono al linfocita di essere indirizzato verso un organo linfoide secondario oppure verso un organo specifico in cui vi è proliferazione di patogeni), 5. Recettori di interazione tra cellula e cellula. Il cluster di differenziazione, solitamente abbreviato in CD, è un protocollo usato per identificare le molecole di adesione cellulare e che permette l'immuno-fenotipizzazione delle cellule. Fisiologicamente le molecole CD possono agire in numerosi modi, come recettori o come ligandi, spesso dando origine o giocando un ruolo nella segnalazione cellulare. ! Immunità specifica È la capacità di un organismo di riconoscere e difendere sé stesso da specifici agenti patogeni o antigeni innescando una risposta immunitaria, ovvero la terza linea di difesa dell’organismo a cui prendono parte i linfociti specializzati e la produzione di anticorpi. Questo tipo di immunità viene sviluppata durante la vita dell’organismo e non è trasmissibile geneticamente ma può essere acquisita sia naturalmente che artificialmente (vaccini). Gli organi linfoidi contengono un numero elevato di linfociti che interagiscono con cellule non- linfoidi. Queste interazioni sono fondamentali per il loro sviluppo, per l’attivazione della risposta immunitaria acquisita come pure per la loro sopravvivenza. Si riconoscono: - Organi linfoidi centrali o primari dove vengono generati i linfociti (midollo osseo e timo). Sia i linfociti B che T originano nel midollo osseo ma soltanto i linfociti B vi giungono a maturazione perché i precursori dei linfociti T migrano nel timo dove avviene la loro definitiva maturazione. Entrambi, una volta maturi entrano nel circolo sanguigno per raggiungere gli organi linfatici periferici. - Organi linfoidi periferici o secondari presso i quali ha inizio la risposta immunitaria acquisita e dove vengono ospitati i linfociti. Essi sono specializzati nel catturare le cellule dendritiche ricoperte di Ag, dare inizio alla risposta immunitaria acquisita ed infine fornire i segnali necessari per mantenere la circolazione dei linfociti. o Maturazione dei linfociti Nel differenziamento linfocitario si possono individuare principalmente due fasi: una fase antigene-dipendente e una antigene-indipendente. Nella fase antigene-indipendente, che avviene negli organi linfoidi primari (midollo osseo e timo), vengono inizialmente prodotti linfociti provvisti di tutti i recettori per ogni tipo di antigene; successivamente, alla fine di questo processo, sono isolabili linfociti maturi che sono considerabili come "vergini" o “naive” in quanto saprebbero riconoscere l'antigene ma non lo hanno mai incontrato direttamente. Nella fase antigene dipendente che si svolge negli organi linfoidi secondari (milza, linfonodi, ecc.) vi è l'incontro tra l'antigene e il linfocita che possiede il recettore adatto. A questo punto si formano due categorie di cellule: Cellule della memoria: un pool di cellule capaci, in caso di rimanifestarsi dell'attacco patogeno, di velocizzare moltissimo (per scatenare una risposta linfocitaria adatta a contrastare un attacco patogeno sono necessari dai 3 ai 5 giorni circa) la risposta adattativa da affiancare alla risposta innata. Cellule effettrici: in grado esse stesse di combattere e distruggere il patogeno (es. linfocita B à plasmacellule). I linfociti B e T, raggiunta la maturazione rispettivamente nel midollo osseo e nel timo, ma che non hanno ancora incontrato il loro Ag specifico, vengono identificati come linfociti naïve. Queste cellule circolano continuamente tra sangue e tessuti linfoidi periferici nei quali penetrano grazie ad interazioni con particolari cellule endoteliali denominate “high endothelial venules” (HEV). Quindi, attraverso i vasi linfatici, i linfociti vengono riportati nel sangue oppure, nel caso della milza, entrano direttamente in circolo. Quando un’infezione origina in un distretto periferico, una grande quantità di antigeni viene catturata dalle cellule dendritiche e dai macrofagi (APC), che dal sito d’infezione vanno attraverso i vasi afferenti nei linfonodi drenanti. Nei linfonodi queste cellule presentano l’antigene ai linfociti T circolanti e lì favoriscono anche l’attivazione dei linfociti T antigene-specifici. Anche i linfociti B che incontrano l’Ag passano attraverso i linfonodi dove vengono fermati ed attivati anche grazie alla collaborazione di alcune cellule T attivate. Una volta che i linfociti hanno avviato il loro processo proliferativo e si sono differenziati, divengono cellule effettrici e lasciano i linfonodi attraverso i vasi linfatici efferenti. o Immunità. Maria Cristina Ossiprandi umorale L’immunità umorale prevede la produzione di anticorpi (Ac) indirizzati verso antigeni estranei. La produzione di anticorpi è a merito di un pool di linfociti chiamati Cellule B, le quali sotto opportuna stimolazione vengono attivate prendendo il nome di Plasmacellule. Gli anticorpi si rinvengono sia nei fluidi extracellulari che sulla superficie delle cellule B stesse. Essi svolgono una azione difensiva nei confronti di batteri, tossine batteriche e virus che circolano liberamente nei fluidi corporei prima di fare loro ingresso nelle cellule. Gli anticorpi sono molecole monomeriche di natura proteica a forma di Y, esse sono costituite dall’unione di 2 catene pesanti e 2 catene leggere tramite ponti di solfuro che conferiscono particolare stabilità. Essi sono in grado di riconoscere e legare antigeni specifici. Regioni variabili Rappresentate da due segmenti alla fine dei due bracci. Contiene i siti di legame per l’antigene (antigen binding fragment). Sono Identici sullo stesso anticorpo ma variabili da un anticorpo ad un altro. Regioni costanti Rappresentate dal gambo del monomero. Regione Fc O frammento cristallizabile. Non lega l’antigene ma conferisce ai deversi Ac alcune attività biologiche importanti: la fissazione del complemento, il passaggio transplacentare, il legame ad alcune cellule. Ogni virus o batterio possiede più determinanti antigenici che vengono riconosciuti specificatamente da diversi anticorpi. La valenza di un anticorpo è il numero di siti di legami per l’antigene disponibili, la maggior parte sono bivalenti. Tuttavia, la produzione di anticorpi richiede che vi sia stata una precedente esposizione ad un antigene e che questo venga riconosciuto dalle cellule preposte che quindi vengono attivate. Cellula Epitopi riconosciuti Linfociti B I linfociti B sono in grado di riconoscere Ag solubili o nella loro forma nativa siano essi di natura proteica oppure polisaccaridica. Gli epitopi possono essere sia lineari che conformazionali. Linfociti T I linfociti T riconoscono Ag proteici soltanto quando questi vengono precedentemente processati (frammentati) ed associati alle molecole MHC, esposte sulla superficie delle cellule presentanti l’Ag (APC) o delle cellule autologhe alterate. Gli epitopi possono essere soltanto lineari. § APC Le cellule che presentano l’antigene sono cellule dell’organismo con la capacità unica di catturare l’antigene presente nei tessuti e svolgerne la processazione, ovvero di donargli le caratteristiche strutturali adatte a legarsi alle molecole MHC e quindi di esporlo sulla superficie cellulare. Esempi di APC sono le cellule dendritiche, i macrofagi ed i linfociti B. Le prime sono le più efficaci e le uniche capaci di spostarsi nei linfonodi una volta catturato l’antigene e di presentarlo ai linfociti T per attivarli. Vengono definite APC solo le cellule specializzate nella presentazione di antigeni legati a molecole MHC di classe II dal momento che le MHC di classe I sono presenti su tutte le cellule nucleate. Esistono fondamentalmente due tipi di processazione dell’antigene che dipendono dalla posizione di quest’ultimo all’interno della APC. Prodotti di origine Vengono espressi in associazione al MHC I e determinano l’attivazione dei linfociti T CD8+, citoplasmatica ovvero i linfociti T citotossici. Prodotti di origine Vengono espressi in associazione al MHC II e determinano l’attivazione dei linfociti T CD4+, extracellulare ovvero i linfociti T helper. Questa apparente sottile differenza è alla base di una iniziale specificità di risposta che dipende dalle diverse funzioni effettuate dai linfociti T che legano una o l’altra classe di MHC. Il linfocita T viene attivato grazie al legame dell’antigene con il TCR (T cell receptor) presente sulla membrana cellulare. § Attivazione del linfocita B Le cellule B prendono origine da cellule staminali presenti nel midollo osseo del soggetto adulto (fegato nel feto). A maturazione avvenuta migrano verso gli organi linfoidi periferici dove incontrano l’antigene che induce la loro selezione clonale: quando una cellula B incontra un antigene lo riconosce e si divide in diversi cloni chiamati plasmacellule che, attivamente, secernono anticorpi. Ciascuna cellula B produce anticorpi che andranno a riconoscere in modo univoco soltanto un solo determinante antigenico. Il linfocita B può incontrare antigeni T-dipendenti (presentati dalle cellule T helper), oppure antigeni T-indipendenti (riconosciuti direttamente). Nel caso degli antigeni T-indipendenti, in particolare polisaccaridi, lipidi e acidi nucleici, con epitopi ripetuti, il legame diretto con i linfociti B fa si che vengano prodotte solo IgM, perché la plasmacellula per effettuare uno switch di classe necessita della cooperazione con i linfociti T helper. In questo caso il legame con l’antigene è mediato dal BCR (B cell receptor). Il recettore delle cellule B o BCR (B-Cell Receptor) è una proteina recettoriale transmembrana situata sulla superficie esterna delle cellule B. La frazione legante del recettore è composta da un anticorpo ancorato alla membrana che, come tutti gli anticorpi, ha un sito legante l'antigene unico e determinato casualmente. Quando una cellula B viene attivata dal suo primo incontro con un antigene che si lega al suo recettore, la cellula prolifera e si differenzia per generare una popolazione di plasmacellule B che secernono l'anticorpo e cellule B di memoria. Sul linfocita B è presente anche il recettore CD40 in grado di legare il recettore CD40L esposto dai linfociti T helper, una volta riconosciuto l'antigene. Questo legame permette lo switch di classe e quindi la produzione delle altre classi di immunoglobuline (anticorpi) da parte delle plasmacellule derivata dalla selezione policlonale del linfocita B attivato. o Classi di immunoglobuline § IgG Struttura Struttura monomerica bivalente Percentuale nel siero 80% Localizzazione Sangue, linfa ed intestino. Emivita nel siero 23gg Fissazione del complemento Si, a seguito della formazione dell’immunocomplesso Ag-IgG. Trasferimento trans-placentare Si. Funzioni - Stimolazione della fagocitosi. - Neutralizzazione delle tossine e dei virus - Protezione del feto e del neonato La porzione Fc delle immunoglobuline G svolge diverse funzioni biologiche rilevanti: - Media il trasferimento trans-placentare. - Attiva il complemento. - Promozione della fagocitosi mediante il legame con i fagociti. - Promozione della citotossicità delle le cellule NK - Promozione dell’opsonizzazione § IgM Struttura Struttura pentamerica con 10 valenze. Tuttavia, a causa dell’ingombro sterico solo 5 valenze sono funzionali. Percentuale nel siero 5-10% Localizzazione Sangue, linfa e superficie delle cellule B. Emivita nel siero 5gg Fissazione del complemento Si. Trasferimento trans-placentare No. Funzioni Costituiscono i primi anticorpi prodotti nel corso dell’infezione e coinvolti nella risposta primaria. Sono efficaci nei confronti di batteri e antigeni agglutinanti (corpuscolati, non solubili). § IgA Struttura Dimerica con 4 valenze. Percentuale nel siero 10-15% Localizzazione Secrezioni (lacrime, saliva, muco, intestino e colostro), sangue e linfa. Emivita nel siero 6gg Fissazione del complemento No Trasferimento trans-placentare No Funzioni Svolge una funzione di protezione localizzata a livello delle mucose. Conferisce l’immunità al tratto digestivo del neonato. Tuttavia, il loro assorbimento è possibile solo nelle prime ore di vita del neonato, in quanto solo in questo momento le giunzioni cellulari dell’epitelio intestinale sono sufficientemente aperte. § IgD Struttura Monomerica bivalente. Percentuale nel siero 0,2% Localizzazione Superficie delle cellule B, sangue e linfa. Emivita nel siero 3gg Fissazione del complemento No. Trasferimento trans-placentare No. Funzioni La loro funzione nel siero è ignota. Sulle cellule B danno inizio alla risposta immunitaria. § IgE Struttura Monomerica bivalente. Percentuale nel siero 0,002%, aumentano in caso di reazioni allergiche, parassitosi ed intolleranze. Localizzazione Legate ai mastociti ed ai basofili mediante la porzione Fc e nel sangue. Emivita nel siero 2gg Fissazione del complemento No. Trasferimento trans-placentare Solo nel caso in cui la loro concentrazione sia aumentata nella madre. Funzioni Reazioni allergiche e possibili lisi di parassiti. I mastociti trovano, nelle diverse specie, delle localizzazioni particolari rappresentate dai c.d. organi da shock. - Uomo: Vie respiratorie - Coniglio: Cuore destro - Cavallo: Fegato Le principali caratteristiche dell’immunità acquisita, che la distinguono dall’immunità innata/naturale, sono la fine specificità per antigeni strutturalmente differenti e la capacità di sviluppare memoria nei confronti di una precedente esposizione all’antigene. § Specificità Il sistema immunitario è in grado di discriminare più di un miliardo di antigeni o porzioni antigeniche diverse. Ciò è chiaramente dimostrato dal fatto che una precedente esposizione ad uno specifico antigene comporta una risposta più intensa in occasione di un successivo incontro con lo stesso antigene, ma non con antri antigeni anche strutturalmente molto simili. In altri termini il repertorio linfocitario è estremamente diversificato in virtù del fatto che i linfociti esprimono recettori per l’antigene clonalmente distribuiti (selezione clonale). § Memoria Il sistema immunitario sviluppa risposte più intense ed efficaci in seguito ad esposizioni ripetute allo stesso antigene. La risposta immunitaria attivata nei confronti della prima esposizione viene definita risposta primaria e risulta mediata da cellule chiamate linfociti vergini: cellule immunologicamente “inesperte” (che incontrano per la prima volta l’Ag verso il quale mostrano specificità). Un successivo incontro con quello stesso Ag induce quella che viene definita risposta secondaria: solitamente più rapida ed intensa rispetto a quella primaria, si dimostra estremamente più efficiente nell’eliminare l’antigene. Le risposte secondarie sono il risultato dell’attivazione delle cellule B memoria, linfociti della memoria, cellule a lunga vita generate nel corso della risposta primaria che nel caso di una seconda esposizione producono un gran numero di plasmacellule. La memoria immunologica ottimizza la capacità del sistema immunitario di combatter infezioni ricorrenti o persistenti; infatti ogni successivo incontro con uno stesso Ag/batterio genera un numero sempre maggiore di cellule B memoria ed attiva le cellule della memoria generate nel corso della risposta precedente. Quando un ospite viene in contatto con uno specifico antigene l’anticorpo verso quell’antigene può essere evidenziato a livello sierico (titolo anticorpale) dopo alcuni giorni o settimane in funzione della natura e dose dell’antigene nonché della via di somministrazione. La concentrazione degli Ac nel siero continua ad aumentare per diverse settimane e poi diminuisce (scendendo anche a valori molto bassi). Nella risposta primaria dapprima si formano le IgM (4-5 giorni) seguite dalle IgG (7-10 giorni). I livelli di IgM, in ogni caso, tendono a diminuire più rapidamente di quelli delle IgG. Nella situazione di un secondo incontro con lo stesso antigene (o con uno “cross-reattivo” strettamente correlato) mesi o anni dopo la risposta primaria, la risposta anticorpale è estremamente più rapida e raggiunge livelli più alti di quelli riscontrati nel corso della risposta primaria (cellule B memoria). Durante la risposta secondaria la quantità di IgM prodotte è simile a quella del primo contatto con l’Ag mentre vengono prodotte molte più IgG ed il loro livello sierico persiste più a lungo che nella risposta primaria; si possono produrre anche altre classi di Ig. Inoltre, gli anticorpi tendono a legare l’Ag con maggiore solidità (maggiore affinità). § Strategie d’azione degli anticorpi Neutralizzazione È il modo più semplice e diretto attraverso il quale gli Ac proteggono dai microrganismi o dai loro prodotti (tossine) consiste nel legame tra l’anticorpo e l’agente patogeno, bloccandone, in questo modo, l’accesso in cellule che potrebbero essere infettate o distrutte (virus). Opsonizzazione Il legame con l’anticorpo, da solo, non è sufficiente ad impedire la replicazione dei batteri all’esterno delle cellule. In questo caso, il compito degli anticorpi è quello di aiutare i fagociti ad ingerire e distruggere il microrganismo. Questa strategia risulta particolarmente importante per parecchi batteri che non sono riconosciuti direttamente dalle cellule fagocitarie. I fagociti riconoscono la regione costante (Fc) dell’Ac legato al batterio. Attivazione del complemento La terza funzione svolta dagli anticorpi è quella di attivare il sistema di proteine plasmatiche conosciuto come complemento. § Attivazione del complemento Il complemento è costituito da un complesso sistema multifattoriale costituito da oltre 20 proteine sieriche. Le sue funzioni biologiche possono essere riassunte in: Distruggere i batteri mediante lisi cellulare. Distruggere i batteri attraverso il processo della fagocitosi. Il complemento amplifica, per così dire, le funzioni battericide dei fagociti ed è così chiamato proprio perché è complementare all’attività degli anticorpi. L’esito finale della cascata complementare, sia essa attivata per via classica che per via alternativa o lectinica, è la lisi cellulare. Via classica Attivata dall’interazione tra l’immunocomplesso oppure tra Ig aggregate o denaturate ed il primo componente il C1q. Via alternativa Attivata dalla presenza di particolari prodotti di origine batterica (es. LPS) o virale che (properdinica) interagiscono con il componente C3, C3b (via innescata in assenza di anticorpi). Via lectinica Attivata dall’interazione tra una proteina della fase acuta detta MBL (lectina legante il mannosio) e i residui di mannosio presenti nelle glicoproteine o carboidrati della superficie dei microrganismi. Il complemento svolge differenti attività biologiche: 1. Capacità di lisi delle membrane cellulari, batteriche e dell’involucro lipoproteico di alcuni virus (complesso litico C5b-C9). 2. Stimolazione della risposta infiammatoria mediante liberazione di sostanze ad azione anafilattica (vasoattiva) e chemiotattiche che richiamano localmente i fagociti (C3a e C5a). 3. Osponizzazione (C3b e C4b). 4. Rimozione degli immunocomplessi. § Immunità cellulo-mediata Gli Antigeni che stimolano questo tipo di risposta sono principalmente intracellulari. Questi antigeni vengono riconosciuti specificatamente dai linfociti T mediante il loro TCR quando vengono associati al MHC sulla superficie delle APC. ! Cellule T Helper (TH) La maggior parte presentano il marcatore CD4+, riconoscono l’antigene sulla superficie delle cellule presentanti l’antigene (es. macrofagi), successivamente svolgono e seguenti azioni: - Inducono la formazione delle cellule T citotossiche. - Stimolano le cellule B a produrre anticorpi. - Attivano i macrofagi. ! Cellule T citotossiche (LTC) La maggior parte è CD4 - e CD8+, riconoscono gli antigeni presenti sulla superficie di tutte le cellule e successivamente svolgono le seguenti azioni: - Uccidono cellule dell’ospite infettate da virus o batteri. - Riconoscono ed uccidono cellule cancerogene. - Riconoscono e distruggono tessuti trapiantati. - Rilasciano una proteina chiamata perforina che forma pori nella cellula bersaglio, inducendo la lisi delle cellule infettate. - Subiscono apoptosi una volta indotta la stimolazione dell’antigene. Nella immunità cellulo-mediata prendo parte anche cellule killer aspecifiche come i macrofagi e le cellule NK. Inoltre, in questo tipo di risposta, assumono un ruolo fondamentale le citochine, messaggeri chimici sfruttati dalle cellule immunitarie. - Interleuchine: comunicazione tra linfociti. - Interferoni: protezione nei confronti delle infezioni virali. - Chemochine: attraggono i globuli bianchi nelle aree di infezione. § Relazione tra immunità umorale e cellulo-mediata Antigeni T-dipendenti Antigeni T-indipendenti In questo caso la produzione di anticorpi richiede La produzione non richiede la mediazione delle cellule T l’assistenza dei linfociti T helper, le quali riconoscono helper. Le molecole antigeniche sono rappresentate da sui macrofagi gli antigeni. Successivamente le stesse polisaccaridi o lipopolisaccaridi costituiti da subunità cellule T helper stimolano cellule B specifiche per ripetute. Si innesca una risposta immunitaria più debole l’antigene a diventare plasmacellule. In questo caso gli se comparata a quella dovuta ad antigeni T-dipendenti. antigeni sono rappresentati da proteine presenti sulla membrana di virus, batteri ed eritrociti non self. Le cellule target vengono quindi ricoperte da anticorpi lasciando sporgere la porzione Fc. Le cellule NK aspecifiche che possiedono recettori specifici per la porzione Fc vengono quindi stimolate ad uccidere la cellula bersaglio. Il microorganismo target viene quindi lisato da sostanze secrete dalle cellule. Si parla quindi di citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. § Selezione clonale La selezione clonale, proposta da Burnet nel 1957, rappresenta il dogma dell’Immunologia e fornisce spiegazioni alle principali caratteristiche del sistema immunitario: diversità, specificità e memoria immunologica. I principi su cui si fonda la teoria della selezione clonale sono: - Linfociti B e T riconoscono e rispondono in modo univoco ad un solo Ag - Linfociti acquisiscono questa capacità prima di incontrare l’Ag nel corso della loro maturazione - In periferia l’Ag seleziona le cellule B e T, legandosi ai loro recettori specifici - Le cellule B e T selezionate dall’Ag si clonano e si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria (cellule a lunga vita) § Tipi di immunità acquisita Naturale Attiva È dovuta ad antigeni o patogeni naturalmente penetrati nell’ospite che inducono una risposta immunitaria. In questo caso l’immunità può durare per tutta la vita o per un periodo più limitato. Passiva È dovuta al passaggio di anticorpi dalla madre al feto per via trans-placentare o attraverso il colostro. Ha generalmente una durata di settimane o mesi, ovvero fino a quando il sistema immunitario del neonato si sviluppa. Artificiale Attiva Immunizzazione dovuta all’introduzione di vaccini per i quali l’organismo genera una risposta immunitaria. L’immunità può durare per tutta la vita dell’organismo oppure essere temporanea (es. vaccino antitetanico). Passiva È dovuta all’introduzione di anticorpi per via parenterale (sieri). La durata dell’immunità è legata alla resistenza degli anticorpi nell’organismo dell’ospite, è quindi di durata breve. Non vi è risposta immunitaria e nemmeno risposta. - Sieri omologhi: prodotti ed utilizzati nell’ambito della stessa specie. Inducono una immunità di durata relativamente maggiore (3 settimane in media) e non sono associati a reazioni di ipersensibilità. - Sieri eterologhi: sieri prodotti ed utilizzati nell’ambito di specie diverse. Inducono un’immunità di durata minore e possibili shock anafilattici (alla seconda somministrazione). Complesso maggiore di istocompatibilità Su tutte le cellule presenti nei vari tessuti sono presenti alcune molecole (antigeni) che risultano coinvolte nella discriminazione tra self/non self e nel riconoscimento dell’antigene da parte dei linfociti T. Gli antigeni che determinano se un trapianto è immunologicamente compatibile sono denominati molecole o antigeni di istocompatibilità. Sono codificati da un gruppo di geni strettamente uniti detti: Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC). MHC è un termine generico che assume, per ogni specie, una denominazione specifica: nell’uomo viene definito HLA (Human Leukocyte Antigens) in quanto questi Ag sono presenti oltre che su tutte le cellule dei vari tessuti anche sui leucociti. I linfociti T riconoscono solo antigeni estranei di natura proteica, non in forma libera o solubile, ma soltanto se frammentati ed associati alle molecole MHC presenti sulla superficie di altre cellule mediante il TCR (recettore della cellula T). Nell’uomo il complesso maggiore di istocompatibilità è localizzato nel braccio corto del cromosoma 6 (cromosoma 17 nel topo) occupando un esteso spazio di DNA (3500Kb). Risulta suddiviso in tre regioni che, partendo dal centromero, sono: classe II, classe III e classe I. Classe II la regione di classe II contiene i loci DP, DQ e DR che codificano per gli Ag di classe II. Classe III Si tratta, ad esempio, dei geni che codificano per le frazioni C2 e C4 del complemento e per il TNF (TNF-a e TNF-b). Classe I La regione di classe I contiene i loci A, B e C che codificano per gli Ag o molecole di classe I. Ag Le proteine endogene ai linfociti TH derivate da un’infezione virale oppure da un processo neoplastico endogeni sono associate alle molecole MHC di classe I e presentanti ai linfociti T citotossici dalle stesse cellule bersaglio. Ag Gli Ag esogeni (ovvero proteine estranee o batteri extracellulari) vengono fagocitati dalle APC e esogeni presentati in associazione alle molecole MHC di classe II. Queste due tipologie antigeniche vengono processate attraverso due distinte che coinvolgono differenti organuli. Ciclo Gli Ag virali o neoplastici (endogeni) sintetizzati dalla cellula stessa e quindi presenti nel citoplasma citosolico vengono processati (frammentati) nel citoplasma dove avviene il taglio della proteina in frammenti di 8-10 aa (ad opera di un organulo definito proteosoma corrispondente ad un complesso enzimatico proprio del citosol) che in seguito vengono associati alle molecole MHC I (grazie all’intervento di due proteine poste sulla membrana del reticolo endoplasmatico TAP-1 e TAP-2). TAP (Trasportatore Associato alla processazione dell’Ag). Il complesso MHC-peptide viene trasportato verso la superficie della membrana citoplasmatica in vescicole di esocitosi. Ciclo Le proteine e i microrganismi fagocitati dalle APC vengono processati negli endosomi ad opera degli endocitico enzimi proteolitici. Il processo inizia con l’endocitosi dell’Ag che viene poi degradato all’interno di vescicole acidificate. La molecola MHC II sintetizzata all’interno dl reticolo endoplasmatico migra verso la superficie cellulare in vescicole di esocitosi che si fondano con le vescicole contenenti i peptidi processati. Il complesso MHC-peptide viene trasportato verso la superficie della membrana citoplasmatica. Durante questi due processi le cellule T acquisiscono il fenotipo e la maturità funzionale. Si formano cellule T mature così caratterizzate: 1. CD3+CD4+CD8-: cellule T helper 2. CD3+CD4-CD8+: cellule T citotossiche Una volta raggiunta la maturità funzionale, i linfociti T Helper e Citotossici escono dal timo e migrano verso i tessuti linfoidi periferici, dove, una volta incontrato l’Ag estraneo, si cloneranno e daranno origine alle cellule effettrici e della memoria. § Cellule T helper Vengono distinte due tipologie cellulari: le TH1 e le TH2. Le TH1 sono responsabili dell’attivazione dei macrofagi (grazie all’interazione CD40-CD40L ed alla produzione di IFN-g). Le cellule TH1 inducono la secrezione di diverse citochine quali attraverso le quali risultano capaci di attivare i macrofagi ed altre cellule fagocitiche. - IFN-g (interferon gamma) - GM-CFS (granulocyte-macrophage colony stimulating factor) - TNF-a (tumor necrosis factor-a) L’interazione bidirezionale tra macrofagi e linfociti T rappresenta un eccellente esempio di cooperazione tra cellule proprie dell’immunità innata e cellule dell’immunità acquisita. I macrofagi che hanno fagocitato i batteri producono IL-12. Questa stimola la differenziazione dei linfociti TCD4+ vergini in cellule TH1; interagendo con i peptidi microbici associati ai macrofagi le cellule TH1 producono IFN-g (favorita in ciò anche dall’IL-12); IFN-g attiva i fagociti ad uccidere i microrganismi inglobati. Le TH2 interagiscono con i linfociti B stimolando la produzione di anticorpi e favoriscono un tipo di infiammazione che coinvolge gli eosinofili ed adempie anche alla funzione di controllare, limitandole, le conseguenze dannose dell’attivazione macrofagica. Le cellule B mature sono rivestite da Ac che fungono da recettori per l’Ag. Tuttavia, quando un Ag si lega a questi recettori, la cellula B non produce immediatamente anticorpi, ma si comporta come una cellula che presenta l’Ag (APC) e va ad interagire proprio con le cellule TH2. Più precisamente, dopo il suo legame, l’Ag viene fagocitato per endocitosi dalle cellule B che in seguito provvedono alla sua degradazione. Gli antigeni peptidici che si vengono a formare verranno presentati da proteine MHC di classe II alle cellule TH2. Le cellule TH2 rispondono attraverso la produzione di IL-4 ed IL-5, citochine che vanno ad agire direttamente sulle cellule B. Tale evento rende le cellule B capaci di produrre e secernere anticorpi solubili. In altri termini la cellula TH2 è una cellula “helper” capace cioè di attivare la produzione di anticorpi da parte delle cellule B. § Linfociti T citotossici I CTL a fenotipo CD8+ riconoscono complessi tra peptidi microbici e molecole MHC di classe I espressi sulla membrana delle cellule infettate, e svolgono quindi la funzione di eliminare i serbatoi di infezione. I peptidi derivano da antigeni proteici sintetizzati nel citoplasma o da antigeni proteici di batteri fagocitati che siano riusciti a sfuggire dal compartimento vescicolare nel citosol. I CTL CD8+ differenziati riconoscono i complessi peptide-classe I espressi sulla membrana delle cellule infettate attraverso il TCR ed il corecettore CD8. I CTL aderiscono intimamente alle cellule bersaglio attraverso l’interazione delle integrine espresse sulla loro membrana e i relativi ligandi espressi sulle cellule bersaglio. Tra le sostanze liberate dai granuli ve ne sono alcune che inducono la formazione di “pori” sulla membrana della cellula bersaglio (ad opera della proteina perforina) ed altre che penetrando all’interno della cellula bersaglio innescano un processo di frammentazione del DNA (granzimi che penetrano attraverso i pori ed attivano caspasi) con conseguente morte apoptotica. In entrambe le situazioni la cellula bersaglio viene uccisa. Pertanto, i linfociti T CD8+ per divenire effettrici ossia cellule citotossiche funzionali devono legare: - Una cellula bersaglio che esprima un peptide antigenico estraneo associato al MHC di classe I oppure una cellula bersaglio che esprima molecole MHC di classe I estranee. - Le citochine quali IL-2 e IFN-g prodotte dai linfociti TH1 attivati dallo stesso antigene presentato dalla APC. In questo modo i linfociti acquisiscono la capacità di uccidere le cellule bersaglio inducendo un fenomeno apoptotico. o Tubercolosi Si tratta di una malattia infettiva a carattere cronico che in Italia è stata endemica fino agli anni 70. Può interessare sia l’uomo che gli animali ed ha un carattere zoonotico (M. bovis), ma anche antropo-zoonotico (M. tuberculosis). L’agente eziologico della tubercolosi è stato isolato ed identificato per la prima volta da Robert Koch (1843-1910), di cui si ricordano anche i postulati che consentono di associare un microorganismo ad una specifica malattia: 1. Possibilità di isolare il microorganismo dalle lesioni del soggetto malato. 2. Possibilità di coltivare in purezza il microorganismo isolato. 3. Inoculando il suddetto microrganismo in un animale sano questo deve indurre la comparsa delle stesse lesioni e della stessa malattia. 4. Possibilità di isolare nuovamente dall’animale inoculato lo stesso microorganismo. Tra gli animali sensibili all’infezione ritroviamo specie in cui la malattia non compare e che quindi fungono da ottimi serbatoi (es. Meles meles). Oggi la tubercolosi interessa, con incidenza variabile, tutto il mondo. In Africa, oltre il 90% della popolazione è positivo al test intradermico della tubercolina; Inoltre, l’elevata prevalenza di infezioni da HIV fa si che i casi di malattia siano molti. Inoltre, altre prerogative tipiche del continente africano hanno un ruolo significativo nell’epidemiologia della tubercolosi: - L’80% della popolazione vive in un contesto rurale e dipende fortemente per il suo sostentamento dal bestiame, il quale vive in stretto contatto con la fauna selvatica. - Il 90% del latte prodotto in Africa viene consumato crudo o solo inacidito. - L’85% dei bovini e l’82% delle popolazione vive in aree in cui la tubercolosi è solo parzialmente controllata. Global distribution 8 million new cases / year ~3 million deaths / year 1/3 of people are infected and have latent or active tuberculosis Over 90% of people in Africa have been exposed to the TB bacilli 75% 86% HIV HIV and TB 80% of global TB is an ancient case load in contagious disease, developing discovered in 5000 B.C countries L. Blanc et al, 2002 Benché la forma respiratoria della tubercolosi sia la più nota le forme extra-polmonari rappresentano il 9,4% dei casi globali: le lesioni si sviluppano lentamente ed interessano diversi organi, rendendo il trattamento di questa patologia infettiva particolarmente difficile. In caso di assunzione alimentare (es. latte) del bacillo della tubercolosi si sviluppa la c.d. forma alimentare che si esprime con lesioni localizzate a livello dell’apparato digerente. Un altro fattore complicante il trattamento della tubercolosi è l’esistenza di stipiti multi-resistenti ai trattamenti antibiotici. § Famiglia Mycobacteriacee All’interno della famiglia delle micobatteriacee il genere di principale interesse medico è quello dei Micobatteri accomunati tra loro da alcune caratteristiche fondamentali quali la lenta crescita che caratterizza l’andamento cronico delle patologie provocate e l’acido resistenza conferita dalla particolare parete cellulare ricca di particolari lipidi. Mycobacterium tuberculosis complex Mycobacterium africanum Mycobacteriaceae Mycobacterium bovis Mycobacterium bovis AF2122/97 Mycobacterium bovis BCG Mycobacterium canettii Mycobacterium microti Mycobacterium pinnipedii Mycobacterium tuberculosis Mycobacterium tuberculosis 210 Mycobacterium tuberculosis C Mycobacterium tuberculosis CDC1551 Mycobacterium tuberculosis F11 Mycobacterium tuberculosis H37Ra Mycobacterium tuberculosis H37Rv Mycobacterium tuberculosis KZN 1435 Mycobacterium tuberculosis KZN 4207 Mycobacterium tuberculosis KZN 605 Mycobacterium tuberculosis str. Haarlem Mycobacterium tuberculosis subsp. tuberculosis MOTT Mycobacterium avium complex (MAC) Mycobacterium avium Mycobacterium avium 104 Mycobacterium avium subsp. avium Mycobacterium avium subsp. hominissuis Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis Mycobacterium avium subsp. Silvaticum Mycobacterium marinum Mycobacterium marinum DL240490 Mycobacterium marinum M Mycobacterium phlei Mycobacterium farcinogenes M. tuberculosis - M. tuberculosis agente eziologico della tubercolosi nell’uomo e trasmissibile agli animali. complex - M. bovis agente della tubercolosi nel bovino e trasmissibile all’uomo. - M. africanum agente di tubercolosi sia nell’uomo che negli animali MOTT Mycobacteria other than tubercle bacilli: - M. avium complex che causano la tubercolosi negli avicoli. In questa classe è incluso anche M. paratuberculosis che causa la Paratubercolosi nel bovino. - M. marinum che causa malattia nei cetacei ed è occasionalmente zoonotico M. leprae Agente eziologico della lebbra che non ricade negli altri gruppi. Non è coltivabile di comuni terreni di crescita. Genomics Inizialmente, si è ritenuto of tubercle che il M. tuberculosis bacilli potesse originare da mutazioni di M. bovis acquisite nella trasmissione all’uomo. Grazie alle moderne tecnologie di sequenziamento e di allineamento di genomi si è potuto confutare questa ipotesi e costruire l’albero filogenetico della famiglia delle micobatteriacee. M. tuberculosis complex M. M. M. M. M. M. tuberculosis africanum canettii microti bovis bovis BCG H37Rv Shotgun Shotgun Shotgun AF2122/97 BCG-Pasteur CDC1551 In progress finished 4.32 Mb 4.31Mb K- strain 4.41 Mb Si osserva che il genoma di M. bovis è più piccolo di quello di M. tuberculosis e ciò rende improbabile l’evoluzione del secondo a partire dal primo poiché l’acquisizione di materiale genomico è un evento evolutivo piuttosto infrequente. Le più comuni fonti di diversità genomica: - Delezioni: sono la tipologia maggiormente frequente. - SNPs (single nucleotide polimorohism) - InDels (inserzioni) - Rapid ID of TB bacilli Traslocazioni da un punto ad un altro RDcan M. canettii ance al TbD 1 RD 9 m de n katG 463 CTG CGG M. tub. RD9 - gyrA 95AGC ACC RD 7 RD 8 RD 10 M. africanum mmpL6 551AAC AAG RDmic M. microti RDseal oxyR n285 G A seal-isolates RD 12 oryx-isolates RD 13 pncAc57CAC GAC goat-isolates RD 4 M. bovis cla ical RD 1 BCG Tokyo RD 2 BCG Pasteur RD 14 Tutte le specie del M. tuberculosis complex derivano da un progenitore comune e possono essere differenziate sulla base delle differenze genomiche (generalmente delezioni) che si sono accumulate durante la filogenesi. - La delezione RDcan contraddistingue M. canetti - La delezione tbD1 contraddistingue M. tuberculosis - La delezione RD9 caratterizza diverse specie tra cui M. bovis, M. bovis BCG ed africanum M. bovis BCG (bacillo di Calmette e Guérin) è uno stipite attenuto utilizzato per la produzione di vaccini contro la tubercolosi. § Struttura Tutti i micobatteri, ad eccezione di qualche antigene, hanno una struttura parietale piuttosto simile, come i Gram + possiedono un a singola membrana cellulare a doppio strato fosfolipidico, la parete cellulare ha uno spessore più comparabile con quella dei Gram- formata da I peptidoglicani (NAM e NAG,Lipid-Rich acido D-glutamico,Cell Wall of Mycobacterium acido diaaminopimelico amminoacidi come L e D alanina). Mycolic acids CMN Group: Unusual cell wall lipids (mycolic acids,etc.) (Purified Protein Derivative) La prerogativa strutturale fondamentale dei micobatteri è la presenza di uno strato esterno alla parete cellulare costituito da diverse tipologie di zuccheri e lipidi complessi che conferiscono le caratteristiche di patogenicità a questi microorganismi: - Acidi micolici conferiscono resistenza ad alcol ed acidi. (micolato acilato in superficiale) - Cere D che conferiscono resistenza ad alcol ed acidi. - Arabinogalactani - Lipoarabinomannani: lipidi associati ad arabinosio e mannosio L’elevato contenuto lipidico (Cere D e acidi micolici) della parete dei micobatteri fa si che per la loro colorazione sia utilizzato il calore per favorire la penetrazione del colorante (carbofuscina) nella cellula (colorazione di Ziehl-Neelsen). Una volta che il colorante penetra nella cellula e lega l’acido micolico questo non è più rimovibile con l’utilizzo di alcol (alcol-acido resistenza). Una successiva colorazione con blu di metilene funge da colorazione di contrasto. penetrabili dai coloranti ed una volta colorati difficilmente decolorabili anche mediante l’uso di acidi. Colorazione di Ziehl-Neelsen Organismo acido- Organismo non acido-resistente resistente Batteri sospesi in SF e fissati sul vetrino Carbol-fucsina e fenolo 3 min e sciacquare con H2O Decolorare con HCl 3% in alcool 70% 2min e sciacquare con H2O Blu di metilene 30 sec sciacquare con H2O e asciugare 5 La colorazione di diverse Sono possibili Zihel-Neelsen fa apparire i micobatteri come strutture filiformi aggregate di vie d’infezione: colore rosso su fondo blu. La particolare disposizione spaziale dei micobatteri è dovuta ad un - parete fattore di Infezione congenita detto fattore(ombelicale) cordale. per trasmissione ematogena dalla madre al feto - Via digerente nei vitelli allattati dalla madre, nell’uomo e nelle altre specie animali. - Via respiratoria che è quella prevalente nel bovino. Nella porzione esterna della parete cellulare si hanno numerosi peptidi che fungono da antigeni - Via genitale (PPD purified - Viaprotein derivative) percutanea in caso diverso le quali soluzioni si sviluppa di continuo la risposta della barriera immunitaria dell’ospite e che cutanea. vengono utilizzati nelle metodiche diagnostiche indirette. Micobatteri hanno dimensioni intorno al micron e quindi superano facilmente le difese aspecifiche § delColtivazione dei micobatteri polmone. I macrofagi alveolari (PAM) fagocitano i micobatteri; questi sopravvivono all'interno dei fagosomi La maggior parteimpedendo la formazione dei micobatteri del fagolisosoma crescono grazie ai (medium su terreni semplici solfolipidi di checoltura), ne caratterizzano ma poiché la la membrana. La moltiplicazione endocellulare del bacillo induce produzione di citochine replicazione è molto lenta l’osservazione di colonie richiede molto tempo a seconda della tipologia pro- infiammatorie e chemochine: di terreno utilizzato. 1. Le APC (macrofagi o cellule dendritiche) presentazione dell'antigene a livello linfonodale - Lowenstein-Jensen: (nonlinfociti dove si selezionano selettivo) terreno reattivi solidotubercolari. agli antigeni a base di agar e uovo con aggiunta di verde malachite per scongiurare la crescita di batteri contaminanti. La crescita avviene in 18-24h. 2. Presentazione dell’antigene ai linfociti T selezione di Th1 (IL-12). Segue il richiamo di - monociti Middlebrook dal sangue e(non 7H10/7H11 l’attivazione dei amacrofagi selettivo) (IFN-g). base agar, la crescita avviene in 12-14 gg. 3. Formazione del granuloma a seguito del tentativo dell'organismo di confinare i - Media selettivi: consistono in una miscela di uno dei due media precedenti a cui sono micobatteri: al centro sono presenti i macrofagi con i micobatteri fagocitati, attorniati da addizionati agenti cellule antimicrobici epitelioidi, a cuipolinucleate cellule giganti il micobatterio (tipo èLanghans resistente con (verde nucleo amalachite, ferro di cavallo), cicloexamide, acido nalidixico). linfociti citotossici ed Th1. Il tutto viene circoscritto da fibroblasti (FGF, PDGF, TGFb). Non si assiste ad angiogenesi per impedire la diffusione dell’infezione per via linfo-ematogena. Le colonie di M. tuberculosis su terreni solidi hanno un aspetto ruvido-cerebroide, consistenza mucosa e colore biancastro. In generale, le condizioni di crescita ottimali sono atmosfera a 5-10% di anidride carbonica e temperatura di 35-37°C. Gli organismi estratti dalle lesioni cutanee dei cetacei crescono a temperature di 30-33°C. È possibile l’impiego di terreni liquidi in cui il micobatterio cresce con maggiore velocità. Tali terreni contengono generalmente albumina e Tween 80. § Fattori di virulenza dei micobatteri Il fattore cordale (tetralosio 6,6 dimicolato) è un glicolipide responsabile della crescita in forma di filamenti di corda ed è anche uno dei principali fattori di virulenza: - Tossica per linfociti - Alterazione attività mitocondriale - Anti-chemiotattico - Azione granulomatogena - Attività siderofila (captazione del ferro) importante per la sopravvivenza nei fagociti. I sulfolipidi sono fattori di virulenza di importanza fondamentale nella patogenesi della tubercolosi, essiClassification inibiscono la fusione del of in terms fagosoma con i lisosomi consentendo al micobatterio di pathogenicity sopravvivere alla fagocitosi operata dai macrofagi. § Tubercolosi bovina La tubercolosi bovina è una malattia infettiva ad andamento cronico caratterizzata da diffusione globale vista la difficoltà che si riscontra nell’eradicazione (Categoria B dell’OIE). Esiste da tempo un piano di eradicazione europeo che però non si è completamente realizzato anche a causa della Routes of Transmission presenza di serbatoi tra gli animali selvatici. La prevalenza di tubercolosi bovina in Italia è molto bassa ed alcune aree sono completamente indenni. 1 Oral; 2 Aerosol; 3 Passive; 4 Derivative Product; 5 Vertical; 6 Horizontal; 7 Predation § Patogenesi della tubercolosi Il micobatterio sfrutta diverse possibile vie d’ingresso per penetrare nell’organismo - Trasmissione orale: nel caso dell’uomo anche attraverso i prodotti derivati da animali infetti. - Trasmissione respiratoria - Abrasioni cutanee - Trasmissione sessuale quando vi è localizzazione uro-genitale del micobatterio - Trasmissione verticale per via onfalogena. Dopo l’ingresso il micobatteri si deposita sulla superficie epiteliale dove viene riconosciuto dalle cellule circostanti evocando una reazione immunitaria innata a carattere infiammatorio con attivazione delle APC, che in genere sono rappresentate da macrofagi residenti e cellule dendritiche. Nella prima risposta si ha anche una partecipazione delle cellule NK. Se l’infezione è sostenuta da un numero esiguo di micobatteri la fagocitosi riesce ad eliminali efficacemente ed in certi casi, a seguito dell’esposizione in associazione con il MHC, anche ad indurre una memoria immunitaria specifica. Quando la dose infettante è elevata il microorganismo riesce a sopravvivere alla risposta innata dell’organismo. Ciò è reso possibile dai lipidi di parete che conferiscono resistenza alla fagocitosi impedendo la formazione del fagolisosoma (sulfolipidi). Inoltre, viene impedita l’acidificazione del fagolisosoma grazie ad ureasi prodotte dal micobatterio che consentono la produzione di ammoniaca (deaminazione dell’urea) che tampona l’acidità (pH = 6,4) ostacolando l’azione delle idrolasi acide. Anche nel caso in cui le idrolasi acide riuscissero ad agire la parete cellulare del micobatterio è particolarmente resistente. In questo caso il micobatterio resiste ed è in grado di replicare all’interno del macrofago determinando la progressione della patogenesi. Penetrazione La patogenesi della tubercolosi si divide in un periodo primario ed un del periodo post-primario (secondario). In ogni momento della patogenesi microorganismo può presentarsi il c.d. collasso delle resistenze con diffusione sistemica del microorganismo che esita nella morte dell’animale. Il periodo primario segue all’ingresso e alla replicazione del microorganismo Periodo primario all’interno del macrofago che si accompagna ad una reazione Periodo primario infiammatoria con il richiamo di altre cellule infiammatorie Generalizzazione (soprattutto monociti successivamente attivati in macrofagi). Può linfo-ematogena verificarsi il trasferimento del macrofago al linfonodo distrettuale con conseguente esposizione degli antigeni ai linfociti Th1 ed attivazione di una risposta immunitaria specifica con attivazione di linfociti CD4+ e Periodo post primario CD8+ (risposta cellulo-mediata). Questa fase della patogenesi si o secondario caratterizza per la presenza del c.d. complesso primario: - CP incompleto: lesione solo al linfonodo distrettuale - CP completo: lesione al linfonodo e all’organo tributario Le lesioni osservabili sono granulomi che originano dal richiamo di Collasso numerose cellule macrofagiche e dal successivo incapsulamento delle resistenze fibroso. Esse tentano di arginare la diffusione del microorganismo anche mediante una necrosi di tipo caseoso a livello centrale. Le lesioni granulomatose possono avere successo nell’arginare l’infezione con due possibili esiti: - Sterilizzazione con eliminazione del microorganismo e sviluppo della memoria immunitaria. - Forma latente in cui i microorganismi persistono in forma quiescente. Nel caso in cui le lesioni granulomatose non siano in grado di arginare la diffusione del microorganismo può seguire la diffusione linfo-ematogena (generalizzazione precoce) dello stesso che esita nella formazione di numerose lesioni disseminate a livello di diversi organi: - Piccole lesioni di dimensioni uniformi caratterizzano la c.d. forma miliare acuta in cui la diffusione del micobatterio è avvenuta in una unica ondata. - Lesioni di dimensioni eterogenee sono tipiche della generalizzazione precoce-protratta in cui la diffusione del micobatterio è avvenuta in ondate successive. Nei soggetti meno immunocompetenti o deperiti la generalizzazione precoce può esitare nel collasso delle resistenze e quindi nella morte dell’animale. Spesso le necrosi caseosa che caratterizza il centro delle lesioni può determinare l’apertura dei granulomi all’interno di strutture canalicolari di diversi organi (es. bronchi, utero, rene, mammella etc.) in una forma detta TBC aperta che porta alla diffusione del microorganismo anche verso l’ambiente esterno (escrezione). Questa evenienza in genere interessa il periodo post-primario della TBC. Il periodo post-primario della TBC è tipico della specie bovina e umana, mentre nelle altre specie si assise in genere direttamente al collasso delle resistenze. Questo periodo della patogenesi è caratterizzato dalla rivirulenza del micobatterio contenuto in lesioni primarie apparentemente guarite. Le lesioni tipiche di questo periodo sono: - Focolai acinosi ed acino-nodosi - Bronchite caseosa a seguito della diffusione canalicolare del microorganismo - Caverne bronco-ectasiche e/o da fusione - Forme intracanalicolari epatiche, renali, testicolari, uterine e della mammella. In questa fase, caratterizzata da diffusione intracanalicolare, in genere le lesioni linfonodali sono assenti. Il collasso delle resistenze segue alla TBC organica-cronica (generalizzazione tardiva) nel bovino ed alla generalizzazione precoce nelle altre specie- Essa si caratterizza per due quadri anatomo- patologici fondamentali: - TBC acinosa galoppante: rapida ed estesa progressione focolai caseosi in tutto il parenchima polmonare con sviluppo di una broncopolmonite tubercolare. - TBC lobulare caseificante: focolai acinosi confluenti e caseificazione di interi lobuli. Nell’ambito del collasso tardivo delle resistenze si ha la massiva diffusione per via ematogena con rapida riacutizzazione delle lesioni anche a livello linfonodale. § Immunopatogenesi del granuloma Le lesioni granulomatose sono l’espressione del tentativo della risposta immunitaria di ostacolare la diffusione del micobatterio. La formazione di queste lesioni segue una successione ben precisa: To the site of infection 1. Il micobatterio viene fagocitato dal macrofago nell’ambito della risposta immunitaria innata, questo produce diverse citochine e chemochine (TNF-a, IL-1a, IL-1b, IL-8). 2. L’IL-8 comporta il richiamo nel sito flogistico di neutrofili che attivano attraverso un meccanismo di feedback positivo i macrofagi (TNF-a) e determinano il richiamo di monociti che verranno successivamente attivati in macrofagi. 3. Si ha l’accumulo di macrofagi nel sito la tempesta citochinica-chemochinica 4. Si ha il reclutamento e l’attivazione di cellule dell’immunità specifica quali Th1, CTL e linfociti B. Queste cellule riconoscono antigeni esposti sulla superficie del macrofago dando avvio ad una risposta di tipo cellulo-mediato attraverso la produzione di INF-g (la risposta umorale in genere è tardiva e poco significativa nella patogenesi). Nella risposta immunitaria prendono parte anche cellule dendritiche e cellule NK. 5. I linfociti Treg producono citochine ad attività antinfiammatoria ed immunomodulatrice (IL-10 e TGF-b). Si ha il richiamo di fibroblasti responsabili della formazione di una capsula connettivale che isola la lesione dei tessuti circostanti. § Sintomi clinici della tubercolosi La sintomatologia clinica della tubercolosi bovina è molto aspecifica: - Emaciazione - Riduzione dell’appetito - Febbre fluttuante (febbricola) Una grande parte degli animali si presentano asintomantici. È quindi estremamente importante l’utilizzo di strumenti diagnostici per l’identificazione degli animali infetti anche prima che questi manifestino sintomi. Ciò è importante perché l’escrezione del patogeno può iniziare anche molto prima della comparsa del corteo sintomatologico. § Diagnosi Ante-mortem - Clinica (molto difficile) - Diretta tramite l’isolamento del micobatterio. - Indiretta tramite l’osservazione di una risposta immunitaria nei confronti del micobatterio. Post-mortem Consiste nell’individuazione delle lesioni caratteristiche, spesso è guidata dalla diagnosi ante- mortem a seguito dell’abbattimento dell’animale. I metodi impiegati per la diagnosi diretta sono: - Isolamento del micobatterio: si può operare su latte, urina o espettorato ma