Riassunto Tributario PDF

Summary

Questo documento è un riassunto completo di diritto tributario, adatto a studenti dell'Università di Trento. Copre la nozione di tributo, le differenze tra imposte, tasse e contributi, e le fonti del diritto tributario italiano. Il documento include anche considerazioni sulla riserva di legge nell'ordinamento italiano e la relazione con il diritto dell'Unione Europea.

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lOMoARcPSD|7890677 Tributario (finito) - riassunto completo Diritto tributario (Università degli Studi di Trento) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Benny.S Unitn (benedetta.si...

lOMoARcPSD|7890677 Tributario (finito) - riassunto completo Diritto tributario (Università degli Studi di Trento) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 ISTITUZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO Capitolo 1 I TRIBUTI 1 la nozione di tributo Nel nostro ordinamento non esistono definizioni legislative né del tributo né delle sue specie. Nelle prime elaborazioni dei giuristi la nazione di tributo è influenzata dagli studi di scienza delle finanze: questi studi concepivano le entrate tributarie in termini di scambio, distinguendole in relazione al tipo di spese pubbliche che servivano a finanziare. Sui giuristi italiani ha operato anche l’influenza della dottrina tedesca del diritto pubblico dopo aver adottato il cosiddetto metodo giuridico. Elemento fondamentale della nozione di tributo è l’essere un’entrata coattiva o autoritativa ossia un’entrata la cui obbligo autorità è imposta con un atto dell’autorità senza che vi concorra la volontà dell’obbligato. In primo luogo, il tributo è caratterizzato da coatti ossia è sempre imposto con un atto dell’autorità. L’ente pubblico impositore è quindi necessariamente provvisto di poteri autorizzativi allo scopo di regolare il rapporto tributario e per imporre il pagamento. La co attività è però carattere tipico ma non esclusivo del tributo, infatti, possono esservi entrate pubbliche imposte coattivamente che non hanno carattere tributario ma alla base del tributo vi è sempre un atto dell’autorità. il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione o un’altra forma di decurtazione patrimoniale, e va aggiunto che su effetti sono definitivi, irreversibili: in ciò si distingue dei prestiti forzosi. Il tributo è destinato a finanziare spese di interesse generale, infatti, il gettito di tributi non ha una destinazione per prestabilita, vi possono essere però attributi con destinazione specifica i cosiddetti tributi di scopo. Il destinatario finale di un tributo può anche essere un soggetto di diritto privato se svolge servizi di interesse generale. Un tributo può essere istituito per fini fiscali ma anche per fini extra fiscali. 2 imposte, tasse e contributi Muto a termine che indica un genere comprendente imposte, tasse e contributi a cui taluni aggiungono anche i monopoli fiscali. La distinzione tra imposte e tasse e elaborata dai giuristi, corrisponde alla distinzione della scienza delle finanze che collega all’entrate e al tipo di spese pubbliche che servono a finanziarie. le entrate destinate a finanziare le spese indivisibili sono imposte, quelle destinata a finanziare spese divisibili sono tasse. L’imposta è il tributo per eccellenza all’interno del genere dell’entrate tributarie la caratterizzazione di specie diverse è possibile in ragione del tipo di presupposto a cui si collega il tributo. Il presupposto dell’imposta è un fatto con l’unico posto in essere verso Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 soggetto passivo senza alcuna relazione specifica con una determinata attività dell’ente pubblico; è un evento cui sono estranee l’ente e l’attività pubblica. le imposte sono dovute a titolo di solidarietà e sono commisurate alla dimensione economica del presupposto. La tassa ha come presupposto un atto un’attività pubblica ossia l’emanazione di un provvedimento oppure lo svolgimento di un servizio pubblico specificatamente riguardanti un determinato soggetto la tassa è un istituto di confine essendo prossima da un lato ai proventi di diritto pubblico di natura non tributaria, e dall’altro ai corrispettivi di diritto privato. La distinzione tra servizi pubblici la cui prestazione collegato al pagamento di una tassa e servizi pubblici per i quali è dovuto il pagamento di corrispettivo non dipende dalla natura del servizio ma dal suo regime giuridico: la prestazione imposta coattivamente è una tassa se invece a base contrattuale ha natura privatistica. Nella tassa non vi è un rapporto sinallagmatico o di corrispettivamente tra prestazione pecuniaria e attività pubblica. Ciò spiega perché ci sono tasse che sono dovute anche in casi in cui il servizio non è concretamente utilizzato come ad esempio la tassa sui rifiuti. ci sono canoni, tariffe, prezzi, diritti che devono essere corrisposti da chi fruisce di un servizio pubblico ma non sono tasse. Sono entrati diritto pubblico non a 20 natura fiscale. Nella lingua comune il termine contributo indica ciò che si dà per il raggiungimento di un fine il quale concorrono più persone. Linguaggio giuridico è usato per designare sia istituti tributari sia istituti non tributari. Nel diritto tributario è denominato con tributo il tributo che ha come presupposto l’arricchimento che determinate categorie di soggetti ritraggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto. Sono inoltre denominati con contributi alle prestazioni dovute a determinati enti per il loro funzionamento o per i loro fini istituzionali come il contributo annuale degli avvocati. Taluni includono tra le entrate tributarie anche quelle derivanti dei monopoli fiscali, ciò che si paga per l’acquisto in genere di monopolio non è un tributo in realtà ma il corrispettivo di un normale contratto di compravendita. La nozione di monopolio fiscale è presente nel trattato sul funzionamento di Unione Europea che sottopone alle regole della concorrenza anche l’imprese che hanno carattere di monopolio fiscale articolo 106. 3 Nozioni in giurisprudenza Il concetto di tributo non è uno soltanto e ci possono essere più concetti riferiti alle diverse norme a cui deve essere applicato. Nella giurisprudenza costituzionale con riguardo l’articolo 75, che vieta il referendum abrogativo delle leggi tributarie, si afferma che la nozione di tributo è caratterizzata dalla ricorrenza di due elementi essenziali: da un lato l’imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio; dall’altro la destinazione del gettito allo scopo di prestare i mezzi del Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 fabbisogno finanziario necessario a coprire le spese pubbliche. Importanti sono anche gli articoli 14 in tema di tutela di domicilio e articolo 20. La giurisprudenza ordinaria adotta una nozione di tributo piuttosto ampia ma non tanto da comprendere le prestazioni previdenziali essendo quest’ultime da qualificare come prestazioni patrimoniali dirette esclusivamente a contribuire agli oneri finanziari del regime previdenziali dei lavoratori. Sono considerate tributarie tutte le prestazioni imposte in via coattiva ossia senza il consenso dell’obbligato purché non rappresentino il corrispettivo sinallagmatico di una prestazione dell’ente impositore e sino destinate a finanziare le spese pubbliche in genere o una determinata spesa pubblica. Il definire l’ambito di applicazione dell’articolo nove del codice di procedura civile in materia di giurisdizione residuale del tribunale per le cause in materia di imposte e tasse la giurisprudenza considerato tributi il canone radiotelevisivo e i contributi dovuti ai consorzi di bonifica. Il nomen iuris, di conseguenza, non è determinante ai fini dell’inclusione di un prelievo nella categoria dei tributi ma occorre sempre riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o no in presenza di un tributo. La fattispecie tributaria postula il riscontro di più requisiti: ⁃ Una disciplina legale diretta a provocare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo svincolata da un rapporto sinallagmatico ⁃ La natura coattiva del prelievo che si esprime in primo luogo nel diritto alla riscossione forzosa ⁃ La destinazione delle risorse a concorrere alle spese pubbliche derivanti dal prelievo coattivo. In altri termini il tributo deve essere finalizzato al concorso alle spese pubbliche e posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva; tale indice deve esprimere l’idoneità di ciascun soggetto a adempiere all’obbligazione tributaria. 4 Il diritto tributario e le sue partizioni interne Il diritto tributario è quel settore dell’ordinamento che disciplina i tributi. esso è un settore autonomo e fa parte del diritto finanziario che a sua volta fa parte del diritto amministrativo. Nell’insieme di norme che regolano un tributo possiamo distinguere una disciplina sostanziale e una disciplina formale: Per disciplina sostanziale si intende il complesso di norme che disciplinano il presupposto di un tributo, le esenzioni, i soggetti passivi, la misura. Questa disciplina è un corpo normativo autonomo rispetto agli altri settori del diritto. ricordiamo inoltre che dove non dispongono norme tributarie valgono quelle del Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 sistema generale di cui fanno parte le norme tributarie. vi sono insomma un nucleo autonomo del diritto tributario e vi sono norme che appartengono a più settori disciplinari. Capitolo 2 Le fonti 1 Riserva di legge L’articolo 23 della costituzione dispone che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. È così riprodotto e ampliato un principio classico delle democrazie liberali risalenti alla Magna carta libertarum del 1215. Al principio espresso nell’articolo 23 della costituzione la dottrina tradizionale e la giurisprudenza costituzionale attribuiscono la funzione di tutelare la libertà e la proprietà dei singoli nei confronti del potere esecutivo. Ma la riserva di legge oltre che garanzia per i singoli e soprattutto espressione della democrazia rappresentativa. La disciplina delle entrate imposte non può essere attribuita all’organo del parlamento cioè quello più direttamente rappresentato della volontà popolare che è titolare della funzione di indirizzo politico. In altri termini nella costituzione l’imposizione tributaria è vista quale aspetto e strumento di coesione sociale e di redistribuzione del reddito per cui la disciplina delle prestazioni imposte è riservata al parlamento in quanto direttamente rappresentativo della volontà popolare. Il termine legge è assunto nell’articolo 23 per indicare non soltanto la legge statale ordinaria ma anche gli atti 20 forza di legge, nonché le leggi regionali. La riserva di legge non impedisce che in materia tributaria possono esservi fonti dell’Unione Europea, infatti, quando si parla dell’articolo articolo 23 ci si connota anche a tutte quelle norme che hanno diretta applicabilità e hanno effetti diretti. I regolamenti comunitari operano in un proprio ambito perché appartengono all’ordinamento proprio della comunità: il diritto di questa e il diritto interno dei singoli Stati membri possono configurarsi come sistemi giudici autonomi e distinti ancorché coordinati secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantiti dal trattato; pertanto l’emanazione di regolamenti contenenti l’imposizione di prestazioni patrimoniali non importa deroga la riserva di legge sancita all’articolo 23 della costituzione poiché questa disposizione non è formalmente applicabile alle norme comunitarie, emanazione di una fonte di produzione autonoma proprio di un ordinamento distinto da quello interno. Ciò vuol dire che le fonti dell’Unione Europea non si pongono in contrasto con la riserva di legge. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 La riserva di legge non riguarda tutte le norme tributarie ma soltanto quelle di diritto sostanziale. Oggetto della riserva di legge sono solo le norme impositrice cioè le norme che definiscono i soggetti passivi, il presupposto, la base imponibile e la misura del tributo non le norme formali. La riserva di legge è assoluta se la disciplina di una determinata materia è rimessa in modo esclusivo alla legge; sono invece relative se la legge limitasse di disciplinare le linee fondamentali della materia rimettendone completamento a norme di rango inferiore. La riserva dell’articolo 23 è relativa, è richiesta infatti soltanto una base legislativa e non è necessario che la prestazione imposta sia regolata interamente dalla legge ma la legge deve avere un contenuto minimo. Secondo la giurisprudenza costituzionale la legge deve stabilire i soggetti passivi, il presupposto e la misura del tributo. La legge deve anche fissare la base imponibile e la aliquota ma l’articolo 23 rispettato anche quando la legge non indica la base imponibile o l’aliquota o le misure massime minime dell’aliquota ma fissa criteri limiti idonei a delimitare e orientare le scelte fatte con fonti regolamentari. La legge può anche determinare un modulo procedimentale con concorso di organi tecnici che dei limiti la discrezionalità dell’autorità governativa. L’articolo articolo 23 non concerne solo i tributi ma tutte le prestazioni personali e patrimoniali imposte che categorie più ampia del concetto di tributo. Essa, infatti, comprende sia le prestazioni imposte in senso formale, vale a dire imposte con un atto autoritativo i cui effetti sono indipendenti dalla volontà del soggetto passivo, sia le imposizioni in senso sostanziale cioè le prestazioni di natura non tributaria aventi funzioni di corrispettivo, quando, per i caratteri e il regime giuridico dell’attività resa appare prevalente l’elemento dell’imposizione. Una prestazione è quindi da considerare imposta nei casi in cui l’obbligazione costituisca con corrispettivo di un servizio pubblico che soddisfa un bisogno di essenziale e si è reso in regime di monopolio. Il cittadino è formalmente libero di stipulare o non stipulare contratto ma questa libertà è solo astratta perché si riduce la possibilità di scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l’accettazione di obblighi e condizioni unilateralmente e autoritativamente prefissati. Infine, la corte considera compresa nell’articolo 23 non solo i tributi ma anche corrispettivi di fonte contrattuale, in tutti i casi in cui vi siano dei profili autoritativi nella disciplina delle contrapposte e prestazioni e quando è corrispettivo fissato unilateralmente ed al privato è rimessa solo la libertà di chiedere o non richiedere la prestazione. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Qualsiasi prestazione richiesta per l’uso dei beni comuni deve considerarsi coperta dalla riserva di legge. 2 leggi tributarie statali Fonti del diritto tributario sono le leggi e gli altri atti aventi forza di legge. Nessuna peculiarità presentano la formazione e l’approvazione delle leggi ordinarie dello Stato quando contengono norme di imposizione tributaria: si applicano infatti gli articoli 70 70 e seguenti della costituzione ma le leggi tributarie non possono essere abrogate con un referendum popolare perché i referendum abrogativi dei tributi si prestano ad operazioni facile demagogia con ripercussioni sull’equilibrio del bilancio. Le leggi che contengono disposizioni tributarie di favore devono essere autorizzate dalla commissione europea. L’articolo 108 paragrafo tre del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea prevede che i progetti diretti a istituire o modificare aiuti siano previamente comunicati alla commissione in tempo utile perché presenti le sue osservazioni. La commissione se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno inizia la procedura di controllo. Di conseguenza lo Stato membro non può dare esecuzione alle misure progettate prima che la procedura sia aggiunta alla decisione finale. 2.1 lo statuto dei diritti del contribuente Importanti disposizioni in materia tributaria sono contenute nello statuto dei diritti del contribuente approvato con la legge del 27 luglio del 2000 numero 212. Le disposizioni vanno distinti in due gruppi, il primo concernente le fonti, ossia la legge tributaria ed il secondo disciplina i rapporti fisco contribuente. L’articolo uno contiene tre auto qualificazioni: stabilisce che lo statuto si pone in attuazione delle norme della costituzione, dei principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e della convenzione europea dei diritti dell’uomo ed è portatore dei principi generali dell’ordinamento tributario e di criteri di interpretazione della legislazione tributaria. Inoltre, stabilisce predisposizione della presente legge si applica a tutti i soggetti del rapporto tributario. Lo statuto è una legge ordinaria e le sue norme non sono norme interposte tra le fonti di natura costituzionale e le norme ordinarie. Le norme dello statuto sono criteri guida vincolanti per l’interprete. L’articolo articolo uno comma uno secondo periodo prevede che le disposizioni della presente legge possono essere derogato o modificate solo espressamente Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 e mai da leggi speciali. Vi è infatti una deroga all’articolo 15 delle preleggi. Lo statuto è una legge come le altre non è quindi invalida una deroga allo statuto contenuto in un atto con forza di legge. Una legge ordinaria. Non può rafforzare l’efÏcacia delle proprie disposizioni e limitare così la funzione legislativa. 2.2 decreti-legge I decreti-legge sono provvedimenti provvisori con forza di legge che possono essere adottati in casi straordinari di necessità di d’urgenza, hanno efÏcacia dal giorno della pubblicazione e perdono un’efÏcacia retroattivamente se non sono convertiti in legge entro 60 giorni dalla pubblicazione ma legislatore può disciplinare i rapporti giuridici sorti da decreti-legge non convertiti. Secondo l’articolo quattro dello statuto non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di contribuenti. Le ragioni dell’uso delle decreti-legge in materia fiscale sono tante: se si istituisce o si aumenta un tributo sui consumi è necessario un provvedimento celere non preannunciato per evitare l’accaparramento dei generi colpiti; la stessa esigenza si avverte quando si introducono norme antielusione per evitare la corsa all’attuazione dei comportamenti presi di mira. Sovente i decreti leggi non erano convertiti e il governo li reiterava; per questo motivo la corte costituzionale nel 1995 a censurato tali prassi e allora è divenuto più frequente il ricorso alla legge di delega. 2.3 decreti legislativi Il parlamento può delegare al governo l’esercizio della funzione legislativa con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato per oggetti definiti. Il parlamento si limita a fissare nella legge di delega principi e criteri direttivi mentre l’esecutivo predispone il decreto delegato. 2.4 testi unici e codificazione Il testo unico non è un tipo di fonte ma un testo normativo caratterizzato da un particolare contenuto ossia la raccolta e la riunificazione di norme relative alla stessa materia ma contenute in più testi. Dal punto di vista del contenuto i testi unici possono essere meramente compilativi oppure innovativi. Di solito i testi unici sono oggetto di decreti legislativi. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 La delega del 1971 per la riforma tributaria aveva previsto decreti legislativi e testi unici. Me nella legge delega numero 111 del 2023 è previsto il riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema tributario mediante la redazione di testi pubblici organizzati per settori omogenei. Il comando dell’articolo 21 ci dice che le disposizioni vigenti del diritto tributario devono essere raccolte in un codice, articolate in una parte generale recante la disciplina unitaria degli Stati comuni del sistema fiscale e una parte speciale contenente la disciplina delle singole imposte, al fine di semplificare il sistema tributario e accrescere la chiarezza e la conoscibilità delle norme fiscali, la certezza dei rapporti giuridici e l’efÏcienza dell’operato dell’amministrazione finanziaria. La disciplina della parte generale, il comma tre dell’articolo 21 prevede i seguenti principi e criteri direttivi: a) recepimento dei principi contenuti nello statuto del diritto del contribuente b) previsione di una disciplina unitaria per tutti i tributi del soggetto passivo, dell’obbligazione tributaria, delle sanzioni e del processo c) previsioni di un monitoraggio periodico della legislazione tributaria codificata. 3 regolamenti statali La produzione di norme strade generali può essere compiuta anche dal governo ed altre autorità amministrative con atti regolamentari che nella gerarchia delle fonti sono subordinate alle leggi. i regolamenti non possono essere in contrasto con norme di legge; se sono infatti contrari alla legge sono in illegittimi e possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicata dagli altri giudici. Regolamenti non sono oggetto di giudizio di costituzionalità e se sono contrari a norme costituzionali sono annullati o disapplicata come nel caso in cui siano contrari alla legge. La potestà regolamentare è disciplinata la legge del 23 agosto 1988 numero 400. L’articolo 17 di quella legge considera innanzitutto i regolamenti governativi che disciplinano alcune materie. Nei casi indicati sopra (libro) il governo dispone di una potestà regolamentare generale esercitabile anche senza specifica autorizzazione legislativa. Il comma 2 dell’articolo 17 contempla i regolamenti delegati attraverso i quali si trova attuazione il fenomeno dell’cosiddetta delegificazione. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Secondo tale disposizione il governo è titolare di una potestà esercitabile previa autorizzazione legislativa nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge; le leggi autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari. Dato che il diritto tributario sostanziale è oggetto di una riserva relativa di legge si possono avere di conseguenza: ⁃ Regolamenti esecutivi che possono essere emessi anche in assenza di una norma autorizzativa ⁃ Regolamenti delegati che possono essere messi in base ad una norma espressa purché la legge sia la disciplina di base della materia come richiesta dell’articolo 23 della costituzione. I regolamenti attuativi e integrativi non sono ammissibili diritti tributario per le materie coperte da riserva di legge; in queste materie una norma di legge che si limiti ad indicare solo dei principi e non la disciplina richiesta dall’articolo 23 non potrebbe essere integrata o attuata da un regolamento. Nella materia coperta dalla riserva di legge dell’articolo 23 non sono ammessi regolamenti indipendenti. I regolamenti ministeriali sono adottati nelle materie di competenza di un singolo ministro quando la legge espressamente conferisca a tale potere. Se la materia è di competenza di più ministri sono adottati regolamenti interministeriali con decreto del presidente del consiglio. Non di rado leggi autorizzano il ministro ad emanare decreti non aventi valore regolamentare, in questo modo non viene seguita la procedura prevista per i decreti con valore di regolamento e non è infrante la norma costituzionale che limita il potere regolamentare dello Stato alle sole materie di legislazione esclusiva. 4 riparto tra Stato e regioni L’articolo articolo 117 comma uno della costituzione la potestà legislativa esercitata dallo Stato delle regioni nel rispetto della costituzione nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi di internazionale. Lo Stato possiede potestà legislativa esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato e di perequazione delle risorse finanziarie. La potestà legislativa regionale assume due connotazioni: essa è potestà concorrente e potestà residuale. Nelle materie di legislazione concorrente la potestà legislativa delle regioni trova un limite nei principi fondamentali fissati dalle leggi dello Stato; nella legislazione regionale concorrente è compreso il Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario c’è della finanza e dei tributi regionali e locali. Allo Stato è dunque riservata la fissazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente. L’articolo 117 non indica in modo esplicito la potestà legislativa regionale in materia di tributi regionali locali. Ciò vuol dire che si tratta di materie attribuite alla competenza regionale residuale anche se nella competenza residuale ricadono le materie che non sono riservate alla competenza esclusiva dello Stato. L’articolo 119 ha introdotto la cosiddetta autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti territoriali. Essa prevede se gli enti locali e le regioni stabiliscono e applicano tributi propri in armonia con la costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Il termine “stabilire” o “disciplinare” ha però valenza diversa a seconda che sia riferito alle regioni o agli enti locali perché solo le regioni sono dotate di potestà legislativa. Le regioni possono legiferare in materia di tributi regionali locali ma nell’ambito segnato dei principi fondamentali e dei principi di coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario fissati da legge statali. le regioni, di conseguenza, coordinano il sistema tributario o le regionale e locali con legislazione regionale concorrente soggetta ai principi fondamentali fissati dallo Stato. Nella costituzione italiana non vi è la ripartizione dei tipi di tributi riservati allo Stato centrale e dei tipi di tributo riservato agli enti sub-centrale. Spetta allo Stato il compito di stabilire per leggi principi fondamentali e il coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario e quindi definire i tributi o tipi di tributo, regionali e locali. Lo Stato ha il compito di indicare quali oggetti imponibili e quali tributi possono essere oggetti di legislazione regionale. Le fonti di finanziamento ordinario per gli enti regionali sono triplici. Essi oltre a stabilire e applicare tributi ed entrate propri dispongono di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibile al loro territorio e di un fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Lo Stato può destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico la coesione e la solidarietà sociali, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni (comma 6). Le norme di attuazione sono emanate dal governo con decreto legislativo in forza della competenza riservata a queste regioni in via esclusiva dagli statuti Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 speciali e secondo una procedura che ne prevede l’istruttoria e il parere, o l’intesa, da parte di commissioni paritetiche di cui membri sono designati dal governo e dalla rispettiva regione. L’articolo 116 comma terzo della costituzione ha previsto l’attribuzione attraverso legge speciale dello Stato di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia riconoscendo quella speciale, ordinaria e differenziata. Il regionalismo differenziato deve comunque essere esercitato nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119 della costituzione. In materia di tributi locale non vi è una riserva espressa a favore dello Stato delle regioni. Possono esservi quindi i tributi locali creati disciplinati da leggi statali e tributi locali creati disciplinati da leggi regionali. Si possono in astratto concepire situazioni di discipline normativa sia a tre livelli che a due livelli. Possono darsi tributi locali ideati da leggi statali, seguite da leggi regionali e da regolamenti comunali, e leggi statali o regionali con norme primarie seguite da regolamenti comunali attuativi. Le norme costituzionali in materia di fiscalità regionali locale sono attuate dalla legge delega contenuta nella legge del 5 maggio 2009 numero 42. Il decreto legislativo del 6 maggio 2011 numero 68 68 ha disciplinato le entrate nelle regioni a statuto ordinario e delle province e la determinazione dei costi del fabbisogno standard nel settore sanitario. ci sono infatti tre tributi regionali: quelli propri derivati, le addizionali e tributi propri. Con riguardo agli enti locali la delega è stata attuata dal decreto legislativo 14 marzo 2011 numero 23. 5 Regolamenti di regioni, province e comuni La legge deve avere un contenuto minimo come prevede l’articolo 23 ossia deve disciplinare almeno le caratteristiche basilari del tributo nei suoi profili soggettivi e oggettivi demandando solo l’ulteriore disciplina la fonte secondaria espressione dell’autonomia dell’ente locale. La riserva di legge in materia di prestazioni imposte non è solo riserva di legge statale riserva di legge statale e regionale. Le regioni hanno potestà regolamentare generale possono dunque emanare regolamenti anche in materia tributaria. Gli enti locali non avendo potestà legislativa possono disciplinare con regolamenti tributi propri ma in via secondaria, con norme attuative o integrative delle norme primarie, contenute in leggi statali o regionali. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Data la ricerca di legge ex articolo 23 gli enti locali non possono disporre in materia di fattispecie imponibili, soggetti passivi e aliquota massima. 6 il diritto dell’Unione Europea L’Italia ha trasferito all’Unione Europea in base all’articolo 11 della costituzione l’esercizio di poteri normativi nelle materie oggetto dei trattati. Secondo la corte di giustizia il diritto dell’Unione Europea e gli ordinamenti nazionali sono un unico sistema nel quale le norme dell’Unione Europea prevalgono sull’norme nazionali che non devono essere applicate. Per la Corte costituzionale i sistemi sono distinti ma coordinati; le norme dell’Unione Europea rimangono estranee al sistema delle fonti interne ma i giudici nazionali deve applicare la norma dell’unione e non applicare la norma interne. Le basi del diritto dell’Unione Europea sono poste dal trattato sull’Unione Europea dal trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il diritto europeo derivato è costituito dagli atti normativi emessi dagli organi dell’unione (regolamenti, direttive, decisioni, sentenze) ma anche dalla cosiddetta soft law (raccomandazioni e pareri). I regolamenti sono l’equivalente delle leggi negli ordinamenti statali e sono direttamente applicabili. A norma dell’articolo 288 del trattato sul funzionamento i regolamenti hanno portata generale; sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri. La diretta applicabilità vuol dire che i regolamenti entrano immediatamente in vigore in tutti gli Stati dell’unione rendendo non più applicabili le norme nazionali. Le direttive vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere mentre era rimessa la discrezionalità dei singoli Stati l’adozione degli strumenti e dei mezzi per raggiungerlo. Le direttive non hanno portato a generale ma si rivolgono solo agli Stati membri e sono dunque uno strumento di legislazione indiretta. se però gli Stati non adottano norme di recepimento viene riconosciuto alle direttive il cosiddetto effetto diretto quando contengono disposizioni precise e incondizionate la cui applicazione non richiede l’emanazione di disposizioni ulteriori. Le decisioni sono atti dell’Unione Europea che riguardano casi specifici; sono simili ai provvedimenti amministrativi hanno effetto diretto e sono obbligatori per i destinatari in esse indicati. Anche le sentenze della corte di giustizia hanno effetto diretto negli ordinamenti degli Stati membri. Le raccomandazioni e i pareri non sono invece vincolanti. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 7 convenzioni internazionali e CEDU Nei diritti internazionali pubblico ci sono norme tributarie che derivano da convenzioni l’atti ratifica a norma dell’articolo 80 della costituzione deve essere autorizzata con la legge. Per effetto della legge che ne autorizza la ratifica e ne ordina l’esecuzione le norme della convenzione diventano norme interne di legge. Secondo l’articolo 117 uno della costituzione il legislatore deve rispettare i vincoli derivanti dell’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Le norme di legge che non rispettano gli obblighi derivanti dalle convenzioni non sono disabili ma incostituzionali per violazione dell’articolo. Le convenzioni internazionali in materia tributaria riguardano soprattutto la doppia imposizione dei redditi, di patrimoni e delle successioni nonché i dazi. di regola le norme della convenzione in quanto speciali prevalgono sulle norme interne. La CEDU è un trattato internazionale a cui dirigono tutti i 47 paesi del consiglio d’Europa e a partire dalle sentenze gemelle numero 348 e numero 349 del 2007 si ritiene che essa costituisca parametro interposto di legittimità costituzionale delle leggi. Tuttavia, la Corte costituzionale mantiene sempre il potere di verificare se la norma della convenzione, nell’interpretazione data dalla corte non si pone in conflitto con altre norme conferenti della nostra costituzione riservando su un margine di apprezzamento e adeguamento che le consente di tenere conto delle peculiarità dell’ordinamento in cui l’interpretazione della corte europea è destinata ad inserirsi. Inoltre, ha statuito che il sistema di garanzie approntato dalla convenzione è rivolto a garantire una soglia minima di tutela comune in funzione sussidiaria rispetto alle garanzie assicurate dalle costituzioni nazionali. 8 EfÏcacia delle norme tributarie nel tempo Occorre però distinguere l’entrata in vigore o inizio della obbligatorietà dall’efÏcacia nel tempo. Di regola la data di entrata in vigore e anche la data dalla quale inizia l’efÏcacia. Vi possono essere però casi nei quali entra in vigore ed efÏcacia non coincidono; si tratta di casi in cui il momento dell’entrata in vigore indica soltanto con testo normativo e vale come tale ma i suoi effetti sono differiti o retroagiscono. L’articolo 11 comma uno delle preleggi recita: la legge non dispone che per l’avvenire essa non ha effetto retroattivo. Questo vuol dire che salva le norme di interpretazione autentica le disposizioni tributarie non si applicano a retroattivamente. La regola generale è dunque l’irretroattività, si tratta però di Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 una regola posta da una legge ordinaria che può essere derogata da altre norme di legge. Invece, in regolamenti non possono derogare l’articolo 11 e possono essere retroattivi solo se una norma di legge lo consente espressamente. Una volta individuato il momento in cui inizia l’efÏcacia di una legge può essere dubbio quale sia il trattamento giuridico di fatto o situazioni che avvengono in parte sotto l’impero di una legge in parte sotto l’impero della legge successiva. Ciascuna legge regola i fatti che si verificano dopo la sua entrata in vigore. Le norme procedimentali e processuali sono di regola norme ad applicazione immediata e cioè norme che si applicano anche i procedimenti e i processi in corso di svolgimento al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme anche se il procedimento o processo riguarda fatti accaduti in precedenza. Talvolta le nuove leggi procedimentali si applicano solo i fatti successivi dall’entrata in vigore della legge. Nel caso di overruling, cioè in caso di mutamento giurisprudenziale di un orientamento consolidato, occorre distinguere tre interpretazioni di norme sostanziali e processuali. La nuova interpretazione di norme sostanziali vale anche per i fatti pregressi invece, la nuova interpretazione di norme processuali non può avere effetto su atti compiuti in precedenza per il principio secondo cui le regole del processo non possono cambiare durante il suo svolgimento. Le leggi cessano di essere efÏcaci quando sono abrogate, quando sono dichiarate incostituzionali e quando scade il termine previsto. Abrogazione di una legge può venire in tre modi: per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’interna materia già regolata da legge anteriore ex articolo 15 delle preleggi. Con l’abrogazione l’efÏcacia della legge abrogata cessa ex nunc: essa continua a regolare i fatti avvenuti nell’arco temporale che va dalla sua entrata in vigore alla sua abrogazione. Invece la dichiarazione di incostituzionalità di una legge ne cessare l’efÏcacia ex tunc: dopo la pronuncia della corte la legge giudicata illegittima è da considerare come mai esistita e tutti gli effetti della legge dichiarata in costituzionale sono da considerare come mai venuti ad esistenza. Le norme nazionali pur rimanendo normalmente vigenti cessano di essere applicabili quando la materia è regolata dalle norme dell’Unione Europea direttamente applicabili o dotate di effetti diretto. Le leggi tributarie non possono essere abrogate con il referendum. Tra le leggi tributarie sottratte al referendum sono comprese non solo le leggi sostanziali ma anche quelle strumentali. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 9 (vedi libro) Capitolo 3 Interpretazione e Integrazione In primo luogo, la legislazione tributaria non è ancora stata sistematicamente raccolta in un testo unitario ossia non c’è né un codice né un testo unico comprensivo di tutta la materia o delle basi della materia. solo lo statuto dei diritti del contribuente pone dei principi qualificati come principi generali dell’ordinamento tributario. Il diritto tributario è stato definito poli-sistematico per il fatto che all’ordinamento tributario afferiscono produzioni normative non coordinate e spesso inquadrate in microsistemi settoriali che rendono particolarmente difÏcili l’individuazione di principi generali. Le fonti non sono disposte in modo ordinato e organico, infatti, quasi mai un testo contiene tutta la disciplina di una determinata materia. Il primo problema dell’interprete è quello di individuare la disciplina che regola una data materia verificando che il testo individuato sia vigente e applicabile ratione temporis. Un secondo motivo è legato alla iper-azione ed alla instabilità che caratterizzano questo settore dell’ordinamento, il legislatore produce con continuità norme per motivi di gettito e per adeguare la legislazione alle nuove realtà economiche. Le leggi tributarie sono continuamente ritoccate e modificate per individuare nuovi oggetti imponibili e nuove fonti di entrata per ta tappare lacune e perfezionare tecniche. Occorre quindi controllare sempre che una norma sia tuttora vigente e non sia stata modificata. Questo motivo le norme tributarie nascono per far fronte a situazioni di emergenza. Sono poi frequenti in materia tributaria le leggi a termine: leggi che concedono un’agevolazione ma solo per incentivare investimenti posti in essere entro una certa data. Leggi tributarie richiedono una conoscenza di nozioni e discipline estranee alla formulazione culturale tipica del giurista. Altre difÏcoltà interpretative sono legate alla tecnica legislativa. tutta la legislazione presenta difetti tecnici. Data la complessità e estensione della legislazione tributaria quando vengono emanate nuove norme è difÏcile che legislatore operi su di un terreno vergine, quasi sempre infatti l’intervento deve tener conto di testi normativi preesistenti nei quali le nuove norme si inseriscono con aggiunte, sostituzioni, cancellature: l’interprete deve dunque mettere a confronto più testi per verificare quale sia Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 quello finale. Per questo motivo le nuove disposizioni non prefigurano dei comportamenti ma modificano testi precedenti. Nell’articolo due dello statuto, dedicato alla chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie, sono formulati alcuni precetti di tecnica legislativa: ⁃ Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionare l’oggetto del titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni contenute ⁃ Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima, etc. 2 l’interpretazione delle leggi tributarie sostanziali L’interpretazione della legge tributarie è tema che merita di essere esaminato con riguardo alle norme tributarie sostanziali che disciplinano l’an ed il quantum dei tributi; per le altre norme non si pone alcun problema peculiare. Discussioni e dibattiti sull’interpretazione della legge tributaria hanno infatti sempre riguardato le norme sostanziali dell’imposizione non le norme formali o procedurali. Oggi nessuno più sostiene che la legge tributaria deve essere intesa fisco o contro il fisco. Non esiste alcun canone che imponga di sviluppare l’interpretazione delle norme tributarie in modo da pervenire ad un’estensione o restrizione della materia imponibile. ciò vale sia per norme impositive sia per le norme che prevedono esenzioni o agevolazioni. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che le norme che accordano esenzioni agevolazioni in quanto deroghe ad una regola generale siano da interpretare sempre restrittivamente. 3 interpretazione letterale L’interpretazione inizia dal testo della legge cui deve essere attribuito il senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. Il dato letterale presenta problemi di vario tipo: semantici, sintattici e logici. Il legislatore usa termini della lingua corrente e termini tecnici e tecnicizzati. Se viene usato un termine tratto dalla lingua ordinaria di cui non si è data la definizione del legislatore l’interprete deve attenersi al significato corrente. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Ricordiamo che secondo la dottrina dell’interpretazione elaborata dei giuristi tedeschi del XIX secolo l’interprete si avvale di quattro elementi: l’elemento letterale, l’elemento logico sistematico, storico e teleologico. Il significato che l’interprete deve attribuire ad un termine può derivare da una definizione data dal legislatore, talvolta nell’incipit di un testo legislativo sono poste le definizioni dei termini e delle espressioni usate in quel testo. Di uno stesso termine possono esservi più definizioni. I testi normativi dell’Unione Europea devono essere interpretati tenendo conto delle diverse versioni linguistiche perché tutte fanno ugualmente fede per raggiungere un risultato uniforme. La fattispecie delle norme tributarie può essere formata da istituti e termini di altri settori dell’ordinamento. In tal caso l’interprete deve attribuire ai termini usati nella legge tributaria lo stesso significato che nel settore giuridico di provenienza. Non si può dunque sostenere che in virtù dell’autonomia del diritto tributario sia necessario attribuire a quei termini un significato diverso proprio del diritto tributario. Occorre dunque muovere dal presupposto tra legge tributaria accoglie la medesima nozione che di un atto o istituto è delineata nel settore giuridico di provenienza ossia che il legislatore tributario usa i termini con il significato che hanno nel settore di origine. C’è un esclude che possono essere i casi particolari in cui ad un termine si debba attribuire un significato e caratteri diversi da quelli del settore cui appartiene. 3.1 interpretazioni sistematiche Le singole disposizioni devono essere interpretate come componenti di sistema: sistema in senso lato comprensivo del sistema normativo di cui fa parte e di ogni elemento extra testuale che possa essere utile all’interprete. Occorre cioè ricorrere ad altri elementi e criteri. Da ciascuno di essi possono essere tratti argomenti a sostegno di un determinato risultato interpretativo. E quando il testo è chiaro può essere opportuno o necessario confrontare e convalidare l’interpretazione letterale con quella sistematica. E talvolta l’interpretazione desunta dalla ratio della legge può prevalere su quella letterale. Occorre dunque tener conto della volontà del legislatore storico e del legislatore in astratto. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Considerare secondo le regole comuni dell’interpretazione lati legis significa che l’interprete di legge tributarie deve dare rilievo alla ratio del tributo. Deve cioè tener conto dello specifico fenomeno economico che legislatore ha avuto di mira e che esprime la ratio del tributo, ogni operazione interpretativa deve essere coerente con la ratio del tributo. Occorre tener conto della funzione delle leggi tributarie e valutare la sostanza economica dei fatti passati considerando che legislatore li eleva a presupposto dei tributi in quanto li considera indici di capacità contributiva. Ogni norma deve essere collocata interpretata nel sistema normativo di cui è parte. 3.2 interpretazione antielusiva Nell’interpretazione sistematica rientra anche l’interpretazione che le interpreta in chiave antielusiva. Secondo l’articolo 10 bis dello statuto delusione è costituita da operazioni prive di sostanze economica che pur nel rispetto formale delle norme fiscali realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. L’elusione comincia la dove finisce l’interpretazione. in base all’interpretazione larga della fattispecie imponibile il comportamento elusivo viene tassato in modi ordinari e non come comportamento elusivo. L’interpretazione antielusiva va dotata quando il contribuente si avvale di strumenti che appaiono formalmente conformi alla fattispecie di una norma impositiva ma che vi possono rientrare tenendo conto della ratio della norma fiscale e del risultato economico avuto di mira dal legislatore. La nozione di elusione rimanda infatti ad una duplice possibile interpretazione della disposizione fiscale. 3.3 interpretazione conforme Anche l’interpretazione conforme è una forma di interpretazione sistematica. Dall’ordinamento gerarchico delle fonti deriva il principio per cui nell’interpretare un testo normativo si deve privilegiare l’interpretazione conforme al testo gerarchicamente sovraordinato. Le leggi devono essere interpretati in modo da risultare conformi alle norme costituzionali. Sono frequenti le sentenze con cui la corte costituzionale dichiara inammissibile una questione perché il giudice remittente la sollevata senza aver accertato l’impossibilità di soluzione interpretativa conforme alla costituzione. Le leggi devono essere interpretate in conformità alle norme dell’Unione Europea, le disposizioni di diritto europeo interpretate in modo conforme ai Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 trattati, le leggi nazionali in modo conforme alle convenzioni internazionali e via dicendo. 3.4 bilanciamento Bilanciamento è una tecnica argomentativa alla quale si ricorre quando ad una data fattispecie sono applicabili più norme o principi in conflitto, in tal caso, l’interprete deve stabilire quale norma o principio sia assiologicamente prevalente e da applicare. 4 leggi interpretative Anche il legislatore si fa interprete quando, data una disposizione di dubbio significato, ne impone una determinata interpretazione. Le leggi interpretative riguardano di solito una disposizione di incerto significa; dato tale presupposto in legislatore dettando le norme interpretativa impone una determinata interpretazione. Il testo interpretativo resta immutato ma sono normativamente eliminate, tra le due o più norme potenzialmente contenute nel testo originario, le interpretazioni considerate errate e ne sopravvive una soltanto. L’esistenza di dubbi e controversie sul senso di una disposizione non è però un presupposto indeclinabile delle leggi di interpretazione autentica che possono essere adottate dal legislatore anche per rimediare ad interpretazione giurisprudenziale di divergenti con la linea del diritto perseguita. Le leggi interpretative non sostituiscono la disposizione interpretata, si hanno così due disposizioni coesistenti, quella interpretata e quella interpretativa. Non sia invece una legge interpretativa quando una norma viene sostituita da un’altra norma formulata in modo da eliminare le ambiguità di significato presenti in quella abrogata. Le disposizioni interpretative sono retroattive. Il loro scopo è stabilire il significato di una precedente disposizione e sarebbe illogico che la disposizione interpretata su un dato significato solo a partire dall’entrata in vigore della legge interpretativa. Perciò è importante distinguere tra disposizioni interpretative e disposizioni innovative. Tutte le volte che la disposi disposizione preesistente è sostituita da una nuova disposizione non siamo in presenza di una disposizione interpretativa perché la disposizione interpretativa si giustappone a quella interpretata. Una disposizione che si auto qualifica come interpretativa, ma detta una interpretazione non riconducibile ad una dell’alternativa potenzialmente desumibile dal testo della disposizione interpretata, non è propriamente Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 interpretativa ma bensì innovativa. Lo scopo della nuova norma non è tanto quello di rendere chiaro un testo oscuro ma di modificare retroattivamente una data disciplina. Prevale nella giurisprudenza della corte l’orientamento secondo cui il legislatore può usare l’interpretazione autentica per correggere un diritto vivente politicamente sgradito. Nulla quaestio sei una legge si autodefinisce interpretativa ma in realtà è una legge che modifica la norma che dice di interpretare. Vi sono però limiti costituzionali che le leggi interpretative devono rispettare. Anche le leggi interpretative incontrano i limiti della retroattività. L’irretroattività della legge costituisce fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell’ordinamento al quale il legislatore deve via di principio attenersi astenendosi dall’emanare disposizioni retroattive che non trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza, o che si pongono in contrasto con valori e interessi costituzionalmente protetti tra cui l’afÏdamento del cittadino nella certezza del diritto. L’articolo 53 della costituzione è un limite alla retroattività delle leggi tributarie in quanto richiede che la capacità contributiva sia attuale. Valgono per leggi interpretative gli stessi limiti alla retroattività che la corte ha affermato per le ordinarie leggi impositive. Una legge interpretativa che mira a modificare un orientamento giurisprudenziale non lede le attribuzione del potere giudiziario perché l’attività del legislatore pur se diretta a stabilire il significato di una norma preesistente opera su un piano diverso dall’interpretazione in senso proprio del giudice in quanto mentre la prima interviene sul piano generale ed astratto del significato delle fonti normative, quella del giudice opera sul piano particolare come premessa per l’applicazione concreta della norma alla singola fattispecie sottoposta al suo esame. Il legislatore incontra il limite dei giudizi in corso se risulti la legge sia maliziosamente diretta orientare l’esito di alcuni specifici processi o annullare decisioni passati in giudicato. Per delimitare l’adozione di legge interpretati il legislatore nell’articolo uno comma due dello statuto oppone tre precetti secondo cui le norme interpretative in materia tributaria sono ammesse solo in casi eccezionali, solo con legge ordinaria e qualificando come tali le disposizioni di interpretazioni autentica. 5 i testi interpretativi e le circolari L’interpretazione delle leggi è presente sia nei testi istituzionalmente interpretative sia nei testi applicativi. Le leggi sono interpretate dalla dottrina e dagli operatori pratici, le interpretazioni sostenute negli atti processuali sono Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 influenzate dall’interesse della parte di difesa. Chi fornisce pareri in materia fiscale deve preoccuparsi di additare soluzioni non rischiose o risparmi di imposta non elusivi. L’amministrazione finanziaria svolge quotidianamente opera di interpretazione e di solito all’emanazione di una nuova legge fa seguire una circolare con la quale ne illustra agli ufÏci periferici il significato. Le interpretazioni dell’amministrazione non provengono da un organo imparziale ma dalla parte interessata a che le questioni dubbi siano risolte su favore. Le circolari infatti sono atti interne all’amministrazione, non sono fonti di diritto e quindi non sono vincolanti nell’ordinamento giuridico e generale ma solo all’interno dell’ordinamento amministrativo. Le circolari non sono vincolanti né per i contribuenti né per i giudici, essendo atti interni non a rilievo neppure la loro violazione da parte dell’amministrazione finanziaria. Le circolari ministeriali sono fonti di legittimo afÏdamento del contribuente in ordine al comportamento da tenere nell’applicazione delle leggi tributarie. L’amministrazione finanziaria fornisce supporto ai contribuenti nell’interpretazione ed applicazione delle disposizioni tributarie mediante: circolari interpretative applicative; consulenza giuridica; interpello; consulenza semplificata. Vedi art 10-septies/octies 6 interpretazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni Nel modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni l’articolo tre prevede che i termini della convenzione devono essere intesi secondo la legge interna dello Stato alle cui imposizioni la convenzione deve essere applicata. Le convenzioni internazionali devono essere interpretate secondo la convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati, l’articolo 31 prevede che i trattati devono essere interpretati secondo buona fede alla luce del contesto, dell’oggetto e dello scopo. 7 norme di rinvio Ci sono da distinguere in insiemi di norme autonome e insiemi non autonomi. Settori non autonomi sono le discipline relative ai procedimenti, al processo e alle sanzioni. I settori non autonomi sono settori speciali rispetto ad altre parti dell’ordinamento, ciò che non è previsto dalle norme tributarie è regolato dalle norme del settore generale. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 8 Analogia L’articolo 12 delle preleggi indica due forme di analogia: l’applicazione di norme dettate per casi simili o materie analoghe e il ricorso ai principi generali dell’ordinamento. L’articolo 12 comma due delle preleggi dispone che sia una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato. L’analogia non è ammessa per le leggi penali e per quelle che fanno eccezioni a regole generali o ad altre leggi. Il diritto tributario o la giurisprudenza considera eccezionale le norme di favore escludendo perciò l’analogia. All’analogia si ricorre porre rimedio ad una lacuna, deve però trattarsi di una lacuna tecnica cioè che non permette di applicare una legge. Dove non sono prospettabili lacune in senso tecnico non sono necessarie integrazioni mediante analogia. Non è ammissibile l’integrazione analogica delle fattispecie imponibili perché non sono ammesse aggiunte. Per alcuni il divieto di analogia deriva dall’articolo 23 della costituzione ma quest’argomentazione non è da condividere, per molti il divieto deriva dall’essere norme ha fattispecie esclusiva. Le norme tributarie imposi non possono essere integrate analogicamente perché non possono presentare alcun senso tecnico; se una norma tributaria o mette di tassare una fattispecie simile a quelle previste come tassabili la lacuna è ideologica non tecnica mancando perciò i presupposti dell’analogia. Ciò che è stato detto per le enormi imposizioni vale anche per le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni, le quali si pongono come norme di deroga rispetto alle norme impositrice. Anche tali norme forniscono un catalogo persona natura completo sicché non è ammessa alcuna possibilità di integrazione. Una parte della dottrina afferma che le norme di esenzione essendo ispirate ad un principio di ordine superiore possono essere estese a casi previsti. L’analogia postula che vi siano lacuna tecnica ma se è passato un caso simile a quello esentato la lacuna non è tecnica ma ideologica. È dunque vietata l’analogia per norme che indicano che cosa è tassabile, quale è la misura del tributo e chi è il debitore d’imposta; non è invece da escludere a priori e in generale l’integrazione analogica quando si riscontrano lacuna in altre discipline tributarie. In simili ipotesi, ossia quelle di lacune tecniche, l’interprete è autorizzato a ricorrere all’analogia riferendosi ai casi simili e alle materie analoghe cioè ai tributi simili. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Anche nel diritto tributario si applicano i principi del diritto dell’Unione Europea i principi generali dell’ordinamento. Ci sono principi generali desumibili dal Codice civile ma applicabili anche in campo tributario come diritto alla ripetizione dell’indebito. Il principio di buona fede non è solo un principio generale del diritto civile ma anche un principio generale del diritto tributario come previsto espressamente dallo statuto. Secondo l’articolo uno dello statuto le disposizioni della presente legge costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario applicabili a qualsiasi istituto del diritto tributario. Sono infine da ricordare i principi generali sanciti nel diritto tributario per un’imposta o per alcune imposte ma non per altre. Capitolo 4 I PRINCIPI I - I principi costituzionali L’articolo 53 della costituzione pone un principio di capacità contributiva che deve informare tutto il sistema giuridico tributario italiano. Esso dispone che tutti sono tenuti a concorrere le spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è informato ai criteri di progressività. Nella Repubblica democratica sono riconosciuti e garantiti secondo l’articolo articolo uno i diritti inviolabili dell’uomo ma è anche richiesto secondo l’articolo due l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Il dovere di concorrere alle spese pubbliche specificate dall’articolo 53 è uno di questi doveri di solidarietà. All’articolo due si collega anche il principio di progressività. Il singolo deve contribuire alle pubbliche spese non in rapporto a ciò che riceve dallo Stato ma per il fatto stesso di essere membro della collettività in ragione della sua capacità contributiva. Nella concezione accolta nella costituzione il singolo non deve contribuire in ragione di ciò che riceve ma in ragione delle sue capacità, questo spiega anche perché il sistema tributario deve essere improntato ai caratteri della Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 progressività; il singolo deve infatti contribuire non la ragione proporzionale ma in ragione progressiva rispetto alle sue potenzialità economiche. Il tributo secondo il concetto funzionale della finanza pubblica deve essere utilizzato non solo per procurare delle entrate ma anche per gli altri fini che la costituzione stessa assegna alla Repubblica. Lo Stato non deve limitarsi a garantire il libero svolgimento della vita economica e sociale ma ne deve essere parte attiva al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza di cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana. 2 funzione extra sociale dei tributi Funzione naturale dei tributi è procurare entrate allo Stato ma ogni tributo ha anche delle funzioni e riflessi extra fiscali. I tributi nel disegno costituzionale non sono soltanto lo strumento giuridico attraverso cui lo Stato si procura le risorse necessarie al suo funzionamento perché il finanziamento delle pubbliche spese è un mezzo per perseguire l’uguaglianza sociale e in generale i fini di coesione fissati sia dalla costituzione che dal diritto dell’unione. I tributi possono quindi e devono essere e avere delle funzioni extra fiscali, il principio secondo cui il sistema tributario deve essere informato a criteri di progressività implica che i tributi devono avere finalità redistributive. La costituzione non accoglie il concetto della finanza pubblica come finanza neutrale ma ne delinea un concetto funzionale: il tributo è quel mezzo di attuazione del principio di solidarietà e strumento per l’adempimento dei fini sociali. Lo Stato non deve limitarsi a garantire il libero svolgimento della vita economica e sociali ma deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Le regioni devono rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica. 3 limiti costituzionali delle leggi tributarie La funzione legislativa in materia fiscale è limitata non solo da norme che la riguardano in modo specifico ma anche da altre norme della costituzione. Le leggi tributarie non devono ledere i diritti e le libertà costituzionalmente garantite, inoltre, l’esercizio delle libertà costituzionalmente garantite non deve Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 essere ostacolato da oneri fiscali. Il Legislatore deve rispettare i vincoli derivanti dell’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali come ci dice l’articolo 117. 4 principio di capacità contributiva Per capacità contributiva di un soggetto si intende la sua capacità economica. Fatto espressivo di capacità contributiva è un fatto di natura economica cioè un fatto che esprime una forza economica. La capacità contributiva deve risultare da indici concretamente rivelatori di ricchezza dei quali sia razionalmente deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione di imposta. Ma gli indici sono un numero non aperto quindi chiuso. La scelta di presupposti di imposta rientra nella discrezionalità del legislatore con il solo limite della non arbitrarietà. Vi sono indici diretti e indici indiretti di capacità contributiva. Fatto direttamente espressivo di capacità contributiva è per eccellenza reddito. Il reddito complessivo delle persone fisiche, al netto delle spese di produzione e con la previsione di deduzioni o detrazioni di particolari oneri si presta, più di ogni altra forma di ricchezza, a rispecchiare la capacità contributiva complessiva delle persone fisiche e a fungere da base di commisurazione dell’imposta progressiva sul reddito globale. Insieme con il reddito su indici di retti di capacità contributiva e il patrimonio, gli incrementi del patrimonio. Sono invece indici indiretti di capacità contributiva il consumo e gli affari. Se il consumo di beni o servizi è indice di capacità contributiva perché implica disponibilità economica questo non vale per ogni consumo: ci sono spese che non sono indici di capacità contributiva e non possono essere tassate. Altro indice indiretto è il trasferimento di un bene la cui giustificazione costituzionale discende dall’assunto che ogni trasferimento implica disponibilità di ricchezza corrispondente al valore della contrattazione. Di solito il legislatore non assume fatti non economici. 5 minimo vitale Non tutti i fatti economici sono espressivi di capacità contributiva, ad esempio non lo è il minimo vitale cioè un reddito minimo non è indice di capacità Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 contributiva, il tributo non deve infatti intaccare i mezzi economici necessari per il soddisfacimento dei bisogni essenziali. Questo implica che nell’imposta sul reddito delle persone fisiche deve essere previsto un sistema di detrazioni o un minimo imponibile e che il prelievo sugli enti collettivi non deve metterne a repentaglio la sopravvivenza e la vitalità. 5.1 la misura massima Il tributo non può essere mai fissato ad un livello superiore alla capacità contributiva dimostrata dall’atto o dal fatto economico. Non vi è nella giurisprudenza costituzionale alcuna indicazione precisa del limite massimo. Rientra nella discrezionalità del legislatore fissare la misura del tributo e la corte sindacale nelle scelte solo sotto il profilo dell’assoluta arbitrarietà o irrazionalità delle norme. In questa valutazione occorre tenere conto di tutti i tributi che gravano su di una medesima manifestazione di ricchezza, secondo la corte Edu, in applicazione del principio di proporzionalità, ci deve essere un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunità e la necessità imperativa di salvaguardare i diritti fondamentali dell’individuo. 6 requisito di effettività Occorre che il fatto tassato sia rivelatore di capacità contributiva effettiva, non apparente o fittizia. Il requisito di effettività richiede che le basi imponibili non includono componenti meramente nominali che non tengono conto in alcun modo della svalutazione della moneta neppure quando diviene molto elevata. La corte costituzionale ha ritenuto che il principio di capacità contributiva non sia violato per il solo fatto che una riduzione del valore della moneta faccia aumentare l’incidenza di un tributo. L’apprezzamento della incidenza della svalutazione monetaria è rimesso alla discrezionalità del legislatore che solo in casi di particolare gravità deve depurare la base imponibile dagli effetti conseguenti ai processi di svalutazione monetaria per correggere o eliminare conseguenze inique o eccessivamente onerose. Le presunzioni legali sono legittime se non costituiscono una base fittizia di imposizione e cioè se corrispondono all’ id quod plerumque accidit e ammettono la prova contraria. Sono dunque legittime le presunzioni legali relative, non lo sono le presunzioni legali assolute. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 6.1 requisito di attualità Per essere effettiva la capacità contributiva deve essere attuale. il tributo nel momento in cui trova applicazione deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non passata o futura. I tributi retroattivi colpiscono fatti pregressi e una capacità contributiva del passato. Essi vedono il principio di capacità contributiva se i fatti del passato non esprimono una capacità contributiva attuale. Per tale motivo è stata ritenuta incostituzionale la tassazione retroattiva degli incrementi di valore delle aree fabbricabili. i tributi retroattivi possono ledere il principio di certezza del diritto, l’irretroattività è un principio generale dell’ordinamento cui il legislatore deve attenersi in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini; perciò le norme retroattive sono legittime solo se trovino adeguate giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti. Ha Rilievo anche la prevedibilità del tributo retroattivo. Il requisito di effettività impedisce al legislatore anche di imporre pagamenti anticipati di tributi che si collegano a presupposti di imposta che si verificheranno in futuro. Il legislatore può dunque imporre pagamenti anticipati rispetto al presupposto, ma è necessario: ⁃ Che la fattispecie cui si collega il prelievo anticipato non sia del tutto a avulsa dal presupposto ⁃ Che l’obbligo di versamento non sia incondizionato ⁃ Che al prelievo anticipato si salvi la previsione di meccanismi di riequilibrio. 7 capacità contributiva e uguaglianza Dall’articolo articolo 53 della costituzione combinato con il principio di uguaglianza ex articolo tre discende il principio di eguaglianza tributaria in base al quale: a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi positivi e corre relativamente a situazioni diverse un trattamento tributario diverso. ⁃ Il principio di uguaglianza postula trattamento uguali di situazioni uguali e trattamenti diversi di situazioni diverse; ⁃ Spetta legislatore nella sua discrezionalità stabilire se due situazioni sono uguali o diverse ma la corte può sindacare le scelte del legislatore se sono irragionevoli ossia quando sono irragionevoli i trattamenti Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 differenziati di situazioni uguali o i trattamenti uguali di situazioni diverse. Sono quindi costituzionali le norme che non prevedono parità di trattamento tra fatti che esprimono pari capacità contributiva o che dispongono pari trattamento fiscale tra fatti che sono espressione di diverse capacità contributive. Il principio di capacità contributiva e integra il principio di uguaglianza (vedi libro pagina 83 per esempi di illegittimità). Il principio di uguaglianza esige che la legge non detti discipline contraddittorie; esige coerenza interna alla legge tributaria. Il canone di coerenza implica che ⁃ Assunto un presupposto quale indice di una particolare capacità contributiva ⁃ Ogni fattispecie imponibile sia espressione di quella particolare ipotesi di capacità contributiva 7.1 uguaglianza e agevolazioni fiscali Il problema del rispetto del principio di uguaglianza non si pone soltanto per norme impositive ma anche per le norme di favore. Il legislatore non viola il principio di uguaglianza se concede agevolazioni per scopi costituzionalmente riconosciuti, in sostanza se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale. Secondo la giurisprudenza costituzionale le norme agevolative possono essere censurate dalla corte solo se irragionevoli. La giurisprudenza costituzionale è relativa alle agevolazioni è però piuttosto scarsa, di solito le questioni di costituzionalità non vengono sollevate per ottenere l’eliminazione di un beneficio ma perché è un beneficio è accordato ad alcuni e non ad altri. Come in tutte le questioni in cui è evocato il principio di uguaglianza è necessario confrontare la norma che concede l’agevolazione con la disciplina prevista per la categoria cui l’agevolazione è negata ossia con la disciplina ordinaria del tributo che funge da tertium comparationis. 8 obblighi dei terzi L’articolo 53, in quanto esige che ciascuno sia tenuto a contribuire in ragione della propria capacità contributiva, pone un requisito soggettivo: occorre cioè il Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 presupposto sia espressione dell’attitudine a contribuire del soggetto passivo del tributo. sarebbe violato l’articolo 53 se il tributo ricadesse su di un soggetto che non pone in essere il fatto espressivo di capacità contributiva a cui si collega il tributo. Ci sono però anche norme che pongono obblighi a carico di terzi ossia di soggetti diversi da coloro cui è imputabile il presupposto, l’articolo 53 non è però violato se il terzo sia posto in grado di far ricadere l’onere economico del tributo su chi ne realizza il presupposto. Questo legittima le norme che prevedono obbligazioni in solido a carico di soggetti che non realizzano il presupposto perché chi paga il tributo ha diritto di regresso nei confronti dei co obbligati, facendo diventare legittima la figura della responsabile d’imposta. Legittima è anche la figura del sostituto d’imposta che non è inciso in via definitiva dal tributo potendone riversare l’onere economico sui colui che realizza il presupposto. Il principio di capacità contributiva riguarda la disciplina sostanziale dei tributi, non le norme formali. Se dunque vi sono norme procedimentali o processuali che non tutelano adeguatamente il contribuente la tutela costituzione non è data dall’articolo 53 ma da come gli articoli 24 e 111. 9 bilanciamento tra interessi fiscali e diritti inviolabili All’interesse fiscale è dato nella costituzione un particolare rilievo: il dovere tributario è un dovere inderogabile di solidarietà a cui sono tenuti tutti in ragione della loro capacità contributiva. L’interesse fiscale è il valore costituzionale che legittima le norme che tutela il fisco anche se si tratta di discipline che differiscono da quelle del diritto comune: la materia tributaria per la sua particolarità e per il rilievo che ha nella costituzione l’interesse dello Stato alla percezione dei tributi, giustifica disciplina differenziate. La tutela costituzionale dell’interesse fiscale deve essere però coordinata con la tutela di principi costituzionali, tra cui quello della capacità contributiva e non deve mai ledere i diritti inviolabili facendo nascere così un problema di bilanciamento tra interesse fiscale i diritti individuali. Ci sono sentenze con cui la corte, nel bilanciamento tra interesse fiscale e di difesa del contribuente, ha ritenuto prevalente il primo: mentre in altri casi si è ritenuto che nel bilanciamento fosse prevalente il secondo. Da questo le multe sentenze che hanno dichiarato in costituzionali norme che dettate a tutela degli interessi fiscale ledevano però il diritto di difesa. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 10 tributi commutativi e servizi pubblici essenziali Il fondamento di un tributo può essere costituito oltre che dalla capacità contributiva anche ad altri fatti ugualmente idonea giustificare la previsione di una prestazione di natura tributaria. Secondo la scienza delle finanze ci sono servizi indivisibili e servizi divisibili. I servizi pubblici indivisibili devono essere necessariamente finanziati dalla fiscalità generale cioè con le imposte non essendovi la possibilità di individuare chi ne fruisce in modo distinto, in questi casi si applica il principio di capacità contributiva. Invece quando è individuabile chi fruisce del servizio pubblico il relativo finanziamento può essere fondato sul principio del beneficio o della controprestazione, in poche parole può essere posto in tutto o in parte a carico di chi fruisce del servizio in base a una tariffa o applicandone una tassa. Lo Stato deve sta i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e garantirli in tutto il territorio nazionale. I servizi pubblici essenziali devono dunque essere assicurati a tutti nel rispetto del principio di capacità contributiva, la costituzione prevede che siano assicurati a tutti il diritto di salute 32, istruzione 34 e tutela giurisdizionale 24. Occorre dunque distinguere tra servizi pubblici essenziali e servizi non essenziali. Il legislatore non può porre il costo di servizio pubblico essenziale a carico di chi fluisce senza tener conto della sua capacità contributiva e questo implica che il costo del servizio può essere posto a carico di chi può sostenerlo ma devono essere previste esenzioni per chi privo di capacità contributiva. È solo per il finanziamento dei servizi pubblici non è essenziali che non vige il principio di capacità contributiva, di conseguenza, per questi servizi sono ammissibili in modalità di finanziamento che prescindono dalla capacità contributiva di chi li usa ma si basano sul principio del beneficio. 11 progressività L’articolo 53 comma due prevede che il sistema tributario sia informato secondo i criteri di progressività. Il principio di progressività indica che il sistema tributario non ha soltanto lo scopo di fornire i mezzi finanziari allo Stato ma anche delle funzioni redistributive per il raggiungimento dei fini di giustizia sociale. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 Il principio di progressività non riguarda i singoli tributi ma il sistema nel suo complesso. Il precetto costituzionale può essere attuato ricorrendo ad un tributo sul reddito complessivo a carattere progressivo che abbia valore caratterizzante di tutto il sistema tributario. La progressività del Irpef dovrebbe essere fatta oggetto di rimodulazione secondo la legge delega del 2023 numero 111 che prevede il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni diretto, delle ali, delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti di imposta pronosticando anche una transazione verso un’aliquota impositiva unica. II - PRINCIPI SOVRANAZIONALI 12 TFUE L’Unione Europea non ha una competenza generale in materia tributaria e non ha un proprio sistema di imposte. Le norme di trattati che hanno contenuto o rilevanza tributaria non sono dunque rivolte a procurare entrate all’unione ma ad assicurare che le norme fiscale degli Stati siano compatibili con il diritto dell’unione. Nel trattato sul funzionamento ci sono da un lato delle norme che mirano a garantire l’integrazione negativa e dall’altro delle norme sull’armonizzazione. Ai sensi dell’articolo 26 del trattato l’unione adotta le misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno; il mercato interno è uno spazio senza frontiere interne nel quale sono assicurate quattro libertà: la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. La articolo 113 attribuisce al consiglio il potere di armonizzare le legislazioni degli Stati membri in materia di imposizione indirette allo scopo di eliminare la disparità dei regimi fiscali nazionali ma solo nella misura in cui ciò è necessario per assicurare l’instaurazione il funzionamento del mercato interno e un regime di libera concorrenza non alterato da distorsioni fiscali. l’armonizzazione non è espressamente prevista per le imposte dirette ma si ritiene che l’Unione Europea possa agire anche in tale settore secondo l’articolo 115. Le direttive del consiglio in materia fiscale devono essere assunte all’unanimità. L’integrazione positiva in assenza di norme cogenti potrebbe anche essere indotta da norme di soft law (non vincolanti). 13 principio di non discriminazione Il principio di non discriminazione in base alla nazionalità è posto all’articolo 18 e trova specifiche applicazioni delle norme che sanciscono le libertà fondamentali. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 I principi di uguaglianza stabilito dall’articolo tre della costituzione e il principio dell’Unione Europea di non discriminazione hanno differente portata: il primo opera all’interno del nostro ordinamento e sancisce l’uguaglianza dei cittadini; il principio di non discriminazione opera invece in tutte le Unione Europea allo scopo di assicurare parità di trattamento nei diversi ordinamenti nazionali ai cittadini dell’unione. La corte di giustizia interpreta l’articolo 18 nel senso che sono vietate non solo le discriminazioni espressamente basate sulla nazionalità ma anche le discriminazioni dissimulate o indirette. si è ritenuto perciò che non sono ammesse le discriminazioni basate sulla residenza perché i non residenti in più delle volte non sono cittadini dello Stato ove svolgono la loro attività. Non è compatibile con il trattato ogni discriminazione fiscale tra residenti non residenti sia che si tratta di persone fisiche che di società. 14 libertà fondamentali L’unione doganale è materia di competenza esclusiva dell’unione come ci dice l’articolo 28, inoltre non possono essere dogane e dazi doganali secondo l’articolo 30, alle merci provenienti da paesi terzi si applicano una tariffa doganale comune articolo 31 e sono vietati fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente secondo l’articolo 34. Inoltre, gli Stati non possono colpire i prodotti provenienti dagli altri Stati membri con imposizioni interne superiori a quelle applicati direttamente indirettamente i prodotti nazionali similari o intesa a proteggere indirettamente altre produzioni secondo l’articolo 110. Vedi poi anche 111. 14.1 i lavoratori I cittadini di ogni Stato membro sono anche i cittadini dell’unione e hanno diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati secondo l’articolo 20. L’articolo 45 del trattato sancisce il diritto di libera circolazione dei lavoratori che implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e tutte le altre condizioni di lavoro. Residenti e non residenti sono assoggettati nei diversi ordinamenti a regimi fiscali diversi in quanto i primi sono soggetti ad imposta per la totalità dell’loro reddito, in non residenti solo per i redditi prodotti nello Stato. Questa diversità di trattamento è giustificata dalla circostanza che il reddito percepito nel territorio di uno Stato da un non residente costituisce solo una Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 parte del suo reddito complessivo; è nello stato in cui risiede che contribuente di solito produce la maggior parte del suo reddito. Può però accadere che il soggetto produca la maggior parte del suo reddito in uno Stato dell’unione diverso da quello di residenza o produca il suo reddito in più Stati oppure può accadere che il reddito complessivo di un nucleo familiare sia prodotto in Stati diversi. Quando un lavoratore produce la maggior parte del suo reddito in uno Stato in cui non è residente gli devono essere accordate le stesse attenuazioni del carico fiscale che sono concesse ai residenti; in poche parole, gli deve essere concesso il trattamento nazionale. 14.2 stabilimento L’articolo articolo 49 del trattato sancisce la libertà di stabilimento che interessa lavoratori autonomi e imprese e comporta il divieto di restrizioni alla libertà di trasferirsi e di stabilirsi nel territorio dell’altro Stato membro e di aprire agenzie, succursali o filiali nel territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento implica per l’operatore la libertà di scegliere la forma giuridica con cui esercitare il diritto di stabilimento. Questa libertà non deve essere limitata da norme fiscali che trattano diversamente le società e le stabili organizzazioni. Secondo l’articolo 54 le società costituite con conformemente alla legislazione di uno Stato membro e che hanno la sede sociale all’interno dell’Ue sono equiparate ai fini della libertà di stabilimento alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno degli Stati membri Alle società non è garantita o non è garantito in modo pieno la libertà di trasferirsi dallo Stato in cui sono costituite in altri Stati. Alle società è assicurata la libertà di stabilimento secondaria sia da parte dello Stato di origine sia da parte dello Stato ospitante. Lo stato di origine non dello ostacolare con norme fiscali il diritto dei residenti trasferirsi in un altro Stato membro. È incompatibile con il diritto di stabilimento la normativa tributaria che non ammette la deduzione degli interessi passivi derivanti da prestiti contratti per finanziarie società figlie residenti in altri paesi. Il paese ospitante deve assicurare parità di trattamento tra società residenti e stabili organizzazioni, sono quindi compatibili con il trattato le norme fiscali che discriminano tra stabili organizzazioni e società residenti. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 14.3 libera circolazione di servizi L’articolo 56 del trattato dispone che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione. Questa libertà interessa gli operatori economici che prestano servizi in un paese diverso da quello in cui sono stabiliti. La libertà di prestazione dei servizi riguarda attività svolte in modo non permanente da chi è stabilito in un paese diverso da quello in cui i servizi è reso. Il principio a carattere residuale ed opera quando non valgono le norme sulla libera circolazione delle merci, persone e dei capitali e riguardo i servizi transfrontalieri. 14.4 capitali L’articolo 63 vieta ogni restrizione ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra gli Stati membri nonché tra Stati membri paesi terzi. Il principio di libera circolazione dei capitali implica che i paesi membri non devono ostacolare gli investimenti con norme fiscali che possono avere effetti restrittivi della circolazione dei capitali o effetti discriminatori tra investitori residenti e non residenti. I dividendi in entrata e in uscita non devono essere tassati in modo discriminatorio rispetto ai dividendi domestici. In base alla riforma che parte del 1° gennaio 2004 il sistema basato sul credito d’imposta è stata sostituito dal sistema dell’esenzione totale o parziale dei dividendi e delle plusvalenze azionario ossia il PEX. 15 deroghe e cause di giustificazione A parte le deroghe al principio di non distribuzione la corte di giustizia ha elaborato altre cause di giustificazione denominate rule of reason. Il caso principale in materia è la sentenza Cassis de Dijon con cui la corte ha stabilito che le prescrizioni che ostacolano l’esercizio delle libertà possono essere accettate quando si erano necessarie per rispondere ad esigenze imperative attinenti all’efÏcacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute pubblica, all’lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori. La corte ha riconosciuto come regola l’esigenza di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale; l’esigenza di preservare l’efÏcacia di controlli fiscali e di garantire la riscossione dei tributi e il principio di coerenza dell’ordinamento fiscale nazionale. Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 16 divieto di aiuti di Stato Per i fini del trattato è necessario non soltanto che il mercato europeo sia un mercato senza frontiere ma anche che al suo interno le imprese possono operare ad armi pari in condizioni di concorrenza non falsata. L’articolo 107 paragrafo 21 del trattato dichiara incompatibili con il mercato comune nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri gli aiuti concessi dagli Stati oppure mediante risorse statuali sotto qualsiasi forma che favorendo tali imprese o produzioni falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Una misura si considera Aiuto quando presenta quattro caratteristiche: ⁃ Vi è un vantaggio sottoforma di sovvenzione o alleggerimento dei costi ⁃ Il vantaggio è concesso dallo Stato o mediante risorse statali ⁃ Il vantaggio incide sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri ⁃ Il vantaggio è concesso in maniera specifica e selettiva Il divieto colpisce qualsiasi forma di aiuto, non soltanto le sovvenzioni ma anche gli interventi che sollevano un’impresa da oneri che sono normalmente a suo carico. Sono aiuti di Stato sia i contributi e i crediti di imposta sia le norme di favore che escludono o riducono i normali oneri fiscali. Il divieto non è assoluto ci sono infatti delle deroghe contemplate all’interno del trattato. Ci sono poi degli aiuti che la commissione può giudicare compatibili. È denominata fiscalità di vantaggio o di sviluppo il regime che accorda agevolazioni fiscali a determinati territori. Un esempio la sentenza Azzorre in cui la corte di giustizia ha deciso che un’agevolazione fiscale concessa dal governo centrale in una determinata zona del territorio nazionale è aiuto di Stato non consentito perché selettiva. È invece consentita l’agevolazione concessa da un’entità infra-statale perché il contesto rilevante rispetto al quale accertare su un provvedimento favorisca determinate imprese è il territorio di competenza dell’autorità infra-statale e non il territorio nazionale. L’articolo 108 del trattato prevede che gli Stati prima di adottare un provvedimento a favore delle imprese devono comunicarne il progetto alla commissione e non devono eseguirlo prima che la commissione si sia pronunciata: la commissione può dare inizio ad una speciale procedura al cui termine decidere che il progetto non sia compatibile. se gli Stati concedono gli Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 aiuti non compatibili o non notificati la commissione dispone la revoca e ordina il recupero dell’aiuto. La carta di Nizza assicura ad ogni cittadino il diritto ad una buona amministrazione e dopo aver stabilito i principi di imparzialità, giustizia e tempo ragionevole delle decisioni riconosce i cittadini e diritti di essere ascoltati, di accedere ai documenti amministrativi e ottenere una decisione motivata. 18 trattati internazionali e CEDU Gli Stati godono di un’ampia discrezionalità in materia fiscale ma le loro scelte non devono essere sprovviste di un ragionevole fondamento. Ha stabilito la corte europea che deve esservi un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunità e la necessità imperativa di salvaguardare i diritti fondamentali dell’individuo. La corte ha ritenuto che l’imposta non debba essere un one recessivo e che non è consentito un’applicazione sproporzionata di provvedimenti cautelari pro-fisco. Gli Stati devono legiferare in materia tributaria osservando il principio di non discriminazione e devono osservare il principio di predeterminazione normativa degli obblighi, inoltre, secondo la corte, una legge tributaria non chiara legge i diritti del contribuente che sarebbe soggetto all’arbitrio dell’amministrazione. La corte di Strasburgo non ammette che l’articolo sei della convenzione possa applicarsi alle controversie fiscali perché concerne le cause penali e civili non quelle di diritto pubblico (si tratta del principio del giusto processo). La corte non accetta l’idea che il Cile sia tutta l’area del non penale e che il bisogno di giusto processo può essere avvertito di più nelle controversie di diritto pubblico che in quelle private. L’articolo due della legge del 24 marzo 2001 numero 89 cosiddetta legge Pinto prevede il diritto ad un’equa riparazione nei casi in cui un processo sia svolto violando il principio della ragionevole durata. Questo principio però non si applica perché la giurisprudenza è contraria. Capitolo 5 L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA la disciplina dei tributi è costituita da gruppi di norme di natura diversa, il primo gruppo è costituito da norme sostanziali che disciplinano da un lato la Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 fattispecie tributaria e dall’altro gli effetti. L’altro gruppo è costituito dalle norme che disciplinano l’attuazione del tributo cioè gli obblighi posti a carico del contribuente e l’attività dell’amministrazione finanziaria. L’amministrazione finanziaria assume la duplice veste essendo titolare di poteri autoritativi e creditrice del tributo. Effetto principale della fattispecie dell’imposta è dunque l’obbligazione tributaria. il verificarsi della fattispecie non sempre determina il sorgere dell’obbligazione perché nello schema tipico di attuazione dei tributi l’obbligazione presuppone il compimento di determinati atti giuridici. Occorre insomma distinguere nettamente da un lato il presupposto dell’imposta e dall’altro le altre fattispecie produttive di altri effetti. Molteplici sono gli obblighi formali: tali obblighi possono essere anche indipendenti rispetto all’obbligazione tributaria. L’Obbligazione tributaria non si differenzia dall’obbligazione del diritto privato disciplinata nel Codice civile. Dell’obbligazione tributaria c’è una disciplina propria nel diritto tributario: essa è un’obbligazione di diritto pubblico e quando la disciplina tributaria presenta delle lacune l’interprete può calmarla ricorrendo alle norme del Codice civile ma solo se ricorrono i presupposti dell’analogia. L’analogia è possibile: ⁃ Quando la disciplina tributaria presenta delle lacune in senso tecnico ⁃ Quando le norme del codice sono suscettibili di essere estese oltre l’ambito del diritto privato ⁃ Quando le norme del codice sono compatibili con le peculiarità del diritto tributario. È necessario ricorrere all’analogia quando il diritto tributario non disciplina aspetti essenziali dell’obbligazione tributaria. L’obbligazione tributaria è un’obbligazione legale e tale definizione indica che la disciplina dell’obbligazione è stabilita dalla legge. L’obbligazione tributaria non è però un’obbligazione legale nel senso cui la sua origine e misura deriva esclusivamente nella legge poiché la sua formazione può derivare anche da dati del contribuente o dell’amministrazione finanziaria. Ci sono ad esempio regimi fiscali che si applicano a seguito di opzione del contribuente: è il caso del consolidato, del regime di trasparenza nell’IRES e della cosiddetta tonnage tax etc. 2 presupposto Scaricato da Benny.S Unitn ([email protected]) lOMoARcPSD|7890677 La fattispecie che dà vita alla imposta è variamente denominata: presupposto, fatto imponibile, fatto generatore, situazione base. il termine presupposto è quello usato nel testo unico dell’imposte sui redditi, esso è l’evento che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria. il presupposto è connotato dal legislatore sotto diversi profili sia di carattere oggettivo, sia di carattere soggettivo, ma anche di carattere spaziale e temporale. Presupposto e oggetto dell’imposta sono nozioni usate talora come coincidenti. le due espressioni sono però usate anche con significati distinti in quanto il termine presupposto preferito nei discorsi giuridici mentre l’oggetto è un termine usato con significato economico. 2.1 imposte dirette e indirette; reali e personali La distinzione tra imposte dirette e indirette ci dice che le prime sono quelle che colpiscono il reddito o il patrimonio mentre le seconde tutte le altre. Le imposte dirette colpiscono una manifestazione diretta di capacità contributiva mentre le altre una manifestazione indiretta. Questa formulazione è importante soprattutto per designare sinteticamente tutti i vari gruppi dei tributi. Le imposte sul reddito sono ulteriormente distinte in impersonali e reali a seconda che abbia o non abbia rilievo qualche elemento che

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