Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...

Summary

Questo documento tratta la farmacocinetica dei farmaci, inclusi i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione. Vengono descritti i passaggi dei farmaci attraverso le membrane cellulari e il trasporto passivo. Il documento spiega come il pH del mezzo influisce sulla distribuzione dei farmaci.

Full Transcript

Farmacocinetica L’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo (o biotrasformazione) e l’eliminazione (acronimo ADME) dei farmaci rappresentano i diversi processi che compongono la farmacocinetica. Il principio fondamentale su cui poggia la farmacocinetica clinica è che esiste una relazione tra gl...

Farmacocinetica L’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo (o biotrasformazione) e l’eliminazione (acronimo ADME) dei farmaci rappresentano i diversi processi che compongono la farmacocinetica. Il principio fondamentale su cui poggia la farmacocinetica clinica è che esiste una relazione tra gli effetti farmacologici di un farmaco e una concentrazione efficace accessibile del farmaco (come quella plasmatica). Nella maggior parte dei casi, la concentrazione di un farmaco a livello del sito d’azione è correlata alla sua concentrazione nella circolazione sistemica1. L’effetto farmacologico che ne risulta può essere l’effetto clinico desiderato oppure un effetto avverso o tossico. Sulla base di ciò, la farmacocinetica clinica consente primariamente di impostare il regime posologico più adeguato per il singolo paziente e, in caso di necessità, di modificarne uno già in atto, al fine di raggiungere un’efficacia clinica ottimale ed evitare effetti avversi. Passaggio dei farmaci attraverso le membrane L’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo, l’escrezione e l’azione di un farmaco sono tutti processi che ne comportano il passaggio attraverso le membrane cellulari2. Le caratteristiche di un farmaco predittive della sua distribuzione e della sua biodisponibilità a livello dei siti d’azione, le quali sono alla base della possibilità del farmaco di indurre i suoi effetti farmacologici, comprendono il peso molecolare (PM), le caratteristiche strutturali, il grado di ionizzazione, la liposolubilità relativa delle forme ionizzate e non ionizzate e il legame alle proteine sieriche e tissutali. Le membrane cellulari sono impermeabili alle molecole altamente polari, mentre sono relativamente permeabili all’H2O, che così passa per diffusione o fluisce attraverso la membrana come risultato di differenze di pressione idrostatica od osmotica. Questo considerevole flusso di H2O può trasportare con sé piccole molecole di farmaco con massa molecolare3 < 200 Da. Conseguentemente, la maggior parte dei farmaci lipofili di grosse dimensioni deve passare attraverso la membrana cellulare mediante processi sia passivi (“downhill transport”) sia attivi (“uphill transport”). Il trasporto paracellulare attraverso gli spazi intercellulari è sufficientemente consistente da far sì che il passaggio attraverso la maggior parte dei capillari fenestrati (visto che gran parte dei farmaci deve prima entrare e poi uscire dalla circolazione sistemica, al fine di raggiungere il sito d’azione) sia limitato unicamente dal flusso sanguigno. Le giunzioni strette (tight junctions) sono, invece, caratteristiche dei capillari del SNC e di diversi tessuti epiteliali. Trasporto passivo Nel trasporto passivo le molecole di farmaco penetrano generalmente per diffusione semplice (direttamente o tramite l’H2O) secondo un gradiente di concentrazione, in funzione della loro solubilità nel doppio strato lipidico. In particolare, tale passaggio è direttamente proporzionale all’entità del gradiente di concentrazione del farmaco tra i due versanti della membrana, al suo coefficiente di ripartizione lipidi:acqua4 e all’area della membrana esposta al farmaco. 1. Sarebbe più corretto misurare le concentrazioni del farmaco nel sito d’azione, ma ovviamente ciò spesso non è fattibile (basti pensare ad es. ad un farmaco che agisce a livello cardiaco). 2. La membrana plasmatica è costituita da un doppio strato di lipidi anfipatici che presentano le catene carboniose orientate verso il centro del doppio strato lipidico, a formare una fase idrofoba continua, e le teste idrofile orientate verso l’esterno (ossia verso l’ambiente extracellulare e l’ambiente intracellulare). 3. Il trasporto di molecole insieme all’acqua risulta limitato quando il PM dei soluti è > 100-200 Da. 4. Il coefficiente di ripartizione ottanolo:acqua è un parametro che esprime il grado di liposolubilità di una molecola e si calcola mediante il rapporto tra le concentrazioni all’equilibrio che tale molecola (in questo caso un farmaco) Una volta raggiunto l’equilibrio (stato stazionario o steady state), la concentrazione del farmaco non legato è la stessa su entrambi i lati della membrana, se il farmaco non è un elettrolita. Nel caso dei composti ionici, la concentrazione all’equilibrio dipende dal gradiente elettro-chimico dello ione e dalle differenze di pH tra una parte e l’altra della membrana, che influenzano in modo diverso il grado di ionizzazione delle molecole su ciascuno dei due lati membranari, con il risultato che il farmaco può essere efficacemente intrappolato da un lato della membrana stessa. Farmaci elettroliti deboli Molti farmaci sono acidi o basi deboli presenti in soluzione sia in forma non ionizzata, che è diffusibile e liposolubile, sia in forma ionizzata, che non è diffusibile ed è relativamente insolubile nei lipidi5 (basso coefficiente di ripartizione ottanolo:acqua). La distribuzione transmembranaria di un elettrolita debole viene influenzata dalla sua costante di dissociazione acida (pKa) e dal gradiente di pH attraverso la membrana. La pKa corrisponde al valore di pH al quale metà del farmaco elettrolita si trova nella forma ionizzata. Il rapporto tra farmaco non ionizzato e ionizzato, a ogni valore di pH, può essere calcolato con l’equazione [𝐅𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐝𝐢𝐬𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐭𝐚/𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐨𝐧𝐚𝐭𝐚 ] di Henderson-Hasselbalch: 𝐩𝐇 − 𝐩𝐊 𝒂 = 𝐥𝐨𝐠 ( [𝐅𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐬𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐭𝐚/𝐩𝐫𝐨𝐭𝐨𝐧𝐚𝐭𝐚] ), che per gli acidi e per la basi [𝑨− ] [𝐁] diviene rispettivamente 𝐩𝐇 − 𝐩𝐊 𝒂 = 𝐥𝐨𝐠 ([𝐇𝐀]) e 𝐩𝐇 − 𝐩𝐊 𝒂 = 𝐥𝐨𝐠 ([𝐁𝐇+]). Questa equazione mette dunque in relazione il pH del mezzo in cui si trova il farmaco e la pKa del farmaco stesso con il rapporto tra la forma dissociata/non protonata (A- per gli acidi e B per le basi) e quella indissociata/protonata (HA per gli acidi e BH+ per le basi). [𝐀− ][𝐇+ ] Inoltre, HA ↔ A- + H+ (con 𝐊 𝐚 = ) descrive la dissociazione di un acido, mentre BH+ ↔ B + H+ (con [𝐇𝐀] [𝐁][𝐇+ ] 𝐊𝐚 = [𝐁𝐇+ ] ) descrive la dissociazione di una base. È da notare come la forma dissociata sia ionizzata nel caso degli acidi e neutra nel caso delle basi, mentre la forma indissociata sia neutra nel caso degli acidi e ionizzata nel caso delle basi. Ne consegue che un farmaco acido debole sia più liposolubile in forma indissociata, mentre un farmaco base debole sia più liposolubile in forma dissociata. All’equilibrio, un farmaco acido viene quindi accumulato sul lato più basico della membrana (tendenzialmente quello extracellulare), mentre un farmaco basico viene accumulato sul lato più acido della membrana (tendenzialmente quello intracellulare). Questo fenomeno, noto come “intrappolamento ionico” (ion trapping) è un processo di una certa rilevanza nella distribuzione dei farmaci. raggiunge all'interno delle due fasi (lipidica e acquosa) di una miscela formata da ottanolo e acqua (che sono immiscibili). Quanto maggiore è tale coefficiente, tanto maggiori sono la quantità di sostanza disciolta nella fase lipidica e quindi la liposolubilità. 5. I farmaci poco liposolubili (ad es. gli antistaminici di II° generazione) attraversano scarsamente o per nulla la barriera ematoencefalica (BEE). Altri organi “santuario”, che possiedono un endotelio capillare con caratteristiche simili a quelle del SNC e nei quali la penetrazione dei farmaci poco liposolubili è difficoltosa, sono i testicoli (barriera emato-testicolare) e, in parte, la placenta (considerare la placenta come una barriera assoluta per i farmaci sarebbe inaccurato, visto che il feto è, almeno in un certo grado, esposto a quasi tutti i farmaci assunti dalla madre). Per quanto riguarda gli acidi deboli, è possibile osservare tre possibili situazioni: [𝑨− ] [𝑨− ] ❖ Se pH < pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ([𝐇𝐀]) < 𝟎 (negativo) e quindi [𝐇𝐀] < 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente più in forma indissociata (HA) che dissociata e dunque, trattandosi di un acido, più in forma non ionizzata che ionizzata6. [𝑨− ] [𝑨− ] ❖ Se pH > pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ([𝐇𝐀]) > 𝟎 (positivo) e quindi [𝐇𝐀] > 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente più in forma dissociata (A-) che indissociata e dunque, trattandosi di un acido, più in forma ionizzata che non ionizzata7. [𝑨− ] [𝑨− ] ❖ Se pH = pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟎 e quindi = 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente in egual [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] misura in forma indissociata (HA) ed in forma dissociata (A-). Per quanto riguarda le basi deboli, è possibile osservare altrettante possibili situazioni: [𝐁] [𝐁] Se pH < pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ([𝐁𝐇+]) < 𝟎 (negativo) e quindi [𝐁𝐇+] < 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente più in forma indissociata (BH+) che dissociata e dunque, trattandosi di una base, più in forma ionizzata che non ionizzata8. [𝐁] [𝐁] Se pH > pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ([𝐁𝐇+]) > 𝟎 (positivo) e quindi [𝐁𝐇+] > 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente più in forma dissociata (B) che indissociata e dunque, trattandosi di una base, più in forma non ionizzata che ionizzata9. [𝐁] [𝐁] Se pH = pKa, allora 𝐥𝐨𝐠 ([𝐁𝐇+]) = 𝟎 e quindi[𝐁𝐇+] = 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente in egual misura in forma indissociata (BH+) ed in forma dissociata (B). Considerando la distribuzione di un acido debole con pKa ≈ 4,4 tra il plasma (pH ≈7,4) e il succo gastrico (pH ≈ 1,4) e assumendo che la mucosa si comporti come una semplice barriera lipidica (cioè sia permeabile solamente alla forma non ionizzata del farmaco), il rapporto tra le quantità di farmaco ionizzato e non ionizzato può essere calcolato mediante l’equazione di Henderson-Hasselbalch. [𝑨− ] [𝑨− ] A livello plasmatico si ha: pH – pKa = 7,4 – 4,4 = 3 → 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟑 e quindi = 𝟏𝟎𝟎𝟎. Il farmaco nel [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] plasma è quindi presente 1000 volte di più in forma dissociata (A-) che indissociata e dunque 1000 volte di più in forma ionizzata che non ionizzata. [𝑨− ] [𝑨− ] 6. Ad es. se pH - pKa = -1, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = −𝟏 e quindi = 𝟎, 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente 10 volte di più [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] in forma indissociata (HA) che dissociata e dunque 10 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata. [𝑨− ] [𝑨− ] Se pH - pKa = -2, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = −𝟐 e quindi = 𝟎, 𝟎𝟏. In tal caso, il farmaco è presente 100 volte di più in [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] forma indissociata (HA) che dissociata e dunque 100 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata. [𝑨− ] [𝑨− ] 7. Ad es. se pH - pKa = 1, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟏 e quindi = 𝟏𝟎. In tal caso, il farmaco è presente 10 volte di più in [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] - forma dissociata (A ) che indissociata e dunque 10 volte di più in forma ionizzata che non ionizzata. [𝑨− ] [𝑨− ] Se pH - pKa = 2, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟐 e quindi = 𝟏𝟎𝟎. In tal caso, il farmaco è presente 100 volte di più in forma [𝐇𝐀] [𝐇𝐀] - dissociata (A ) che indissociata e dunque 100 volte di più in forma ionizzata che non ionizzata. [𝐁] [𝐁] 8. Ad es. se pH - pKa = -1, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = −𝟏 e quindi = 𝟎, 𝟏. In tal caso, il farmaco è presente 10 volte di [𝐁𝐇 + ] [𝐁𝐇 +] + più in forma indissociata (BH ) che dissociata e dunque 10 volte di più in forma ionizzata che non ionizzata. [𝐁] [𝐁] Se pH - pKa = -2, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = −𝟐 e quindi = 𝟎, 𝟎𝟏. In tal caso, il farmaco è presente 100 volte di più in [𝐁𝐇 + ] [𝐁𝐇 + ] forma indissociata (BH+) che dissociata e dunque 100 volte di più in forma ionizzata che non ionizzata. [𝐁] [𝐁] 9. Ad es. se pH - pKa = 1, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟏 e quindi = 𝟏𝟎. In tal caso, il farmaco è presente 10 volte di più in [𝐁𝐇 + ] [𝐁𝐇 + ] forma dissociata (B) che indissociata e dunque 10 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata. [𝐁] [𝐁] Se pH - pKa = 2, allora 𝐥𝐨𝐠 ( ) = 𝟐 e quindi = 𝟏𝟎𝟎. In tal caso, il farmaco è presente 100 volte di più in forma [𝐁𝐇 + ] [𝐁𝐇 +] dissociata (B) che indissociata e dunque 100 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata. [𝑨− ] [𝑨− ] A livello gastrico si ha: pH – pKa = 1,4 – 4,4 = -3 → 𝐥𝐨𝐠 ([𝐇𝐀]) = −𝟑 e quindi [𝐇𝐀] = 𝟎, 𝟎𝟎𝟏. Il farmaco nello stomaco è quindi presente 1000 volte di più in forma indissociata (HA) che dissociata e dunque 1000 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata (o, alternativamente, per ogni molecola di farmaco non ionizzata vi sono 0,001 molecole di farmaco ionizzate)10. Volendo fare un esempio pratico, l’Aspirina (Acido acetilsalicilico) è un acido debole con pKa ≈ 3,4 e [𝑨− ] pertanto, dopo somministrazione orale, a livello gastrico si ha: pH – pKa = 1,4 – 3,4 = -2 → 𝐥𝐨𝐠 ([𝐇𝐀]) = −𝟐 [𝑨− ] e quindi [𝐇𝐀] = 𝟎, 𝟎𝟏. L’Aspirina nello stomaco è quindi presente 100 volte di più in forma indissociata (HA) che dissociata e dunque 100 volte di più in forma non ionizzata che ionizzata (perciò si tratta di un farmaco rapidamente assorbito). Generalizzando, è possibile affermare come gli acidi deboli vengano ben assorbiti a livello gastrico, mentre le basi deboli sono meglio assorbite al pH alcalino presente a livello digiuno-ileale (pH ≈ 8). Tuttavia, l’epitelio dello stomaco è rivestito da uno spesso strato mucoso e la sua superficie è ridotta, mentre i villi del tratto superiore dell’intestino forniscono una superficie estremamente più ampia. Di conseguenza, la velocità di assorbimento di un farmaco nell’intestino è maggiore rispetto a quella nello stomaco, anche se il farmaco si trova prevalentemente in forma ionizzata nell’intestino e in forma non ionizzata nello stomaco11. Diffusione facilitata e trasporto attivo La diffusione facilitata e il trasporto attivo sono processi mediati da un trasportatore (carrier) e sono coinvolti sia nell’afflusso che nell’efflusso di un farmaco. Un trasportatore importante per l’efflusso dei farmaci è la glicoproteina P (P-gp) o proteina MDR-1 (Multi-Drug Resistance-1) o ABCB1 (ATP-binding cassette sotto-famiglia B membro 1)12. In particolare, la diffusione facilitata non richiede il consumo di energia ed è guidata da gradienti elettro- chimici, pertanto il farmaco si lega al carrier nel versante in cui è più concentrato e, dopo una modificazione conformazionale dello stesso carrier, viene rilasciato dal lato opposto della membrana, dove è meno concentrato. Il trasporto attraverso cui si realizza la diffusione semplice è: ▪ Saturabile, ossia superata una certa soglia di concentrazione del farmaco (in corrispondenza della quale tutti i siti di trasporto risultano occupati) l’attività di trasporto del carrier cessa di essere proporzionale alla concentrazione del farmaco stesso; ▪ Antagonizzabile da molecole in grado di legarsi al trasportatore. Inoltre, i carriers presentano un certo grado di selettività (seppur minore rispetto che nel trasporto attivo) nei confronti di alcune molecole. 10. Questa descritta è però una situazione statica e irreale; in realtà, non si raggiunge mai l’equilibrio, visto che il farmaco dopo aver superato la membrana mucosa viene portato via dalla corrente ematica. 11. Qualunque fattore in grado di accelerare lo svuotamento gastrico dunque provoca verosimilmente un aumento della velocità di assorbimento del farmaco, mentre qualunque fattore che lo rallenti ha probabilmente l’effetto opposto. 12. Ad es. la P-gp localizzata nell’enterocita può limitare l’assorbimento di farmaci somministrati per via orale (PO), poiché esporta nuovamente nel tratto GI i composti dopo il loro assorbimento. La P-gp è anche in grado di conferire resistenza ad alcuni agenti chemioterapici antineoplastici (ad es. il Bortezomib). Il trasporto attivo, invece, avviene generalmente contro gradiente di concentrazione, per cui richiede una spesa energetica affinché possa realizzarsi. Questo tipo di trasporto è saturabile, antagonizzabile e selettivo. Il trasporto attivo si suddivide in un trasporto attivo primario, in cui lo spostamento di un soluto contro gradiente è accoppiato direttamente ad una reazione esoergonica, quale la defosforilazione dell’ATP (ad es. attività ATPasica delle ATP-binding cassette o pompe ABC)13, e in un trasporto attivo secondario, in cui lo spostamento di un soluto contro gradiente è accoppiato ad un flusso esoergonico passivo secondo gradiente di un altro soluto (spesso il Na+), che è stato precedentemente accumulato da un lato della membrana mediante un trasporto attivo primario contro gradiente. Tipici trasportatori che compiono un trasporto attivo secondario sono rappresentati dalla famiglia SLC (Solute Carrier Family). Trasportatori di membrana Nell’ambito del trasporto dei farmaci, le due superfamiglie di trasportatori più importanti sono le ABC e le SLC. Sono state classificate 7 famiglie (indicate con le lettere dell’alfabeto dalla A alla G) di pompe ABC, che includono circa 49 trasportatori (in genere unidirezionali). Tra gli esponenti più conosciuti dei trasportatori ABC vi sono la P-gp, il regolatore transmembrana della fibrosi cistica (ABCC7 o CFTR, cystic fibrosis transmembrane regulator), la MRP-2 (Multidrug resistance-associated protein-2 o ABCC2) e la ABCG2 (ATP Binding Cassette Subfamily G Member 2 o proteina di resistenza del cancro mammario). Per quando riguarda i trasportatori SLC, nel genoma umano sono state identificate 48 famiglie di SLC, che includono circa 315 trasportatori14. Molti di questi mediano un trasporto bidirezionale e fungono da bersaglio per i farmaci o svolgono funzioni nell’assorbimento e nella distribuzione dei farmaci. In particolare, i trasportatori SLC più noti sono il GAT (GABA transporter o SLC6A1: Solute Carrier Family 6, sottofamiglia A, isoforma 7), il NET (Norepinephrine trasporter o SLC6A2), il DAT (Dopamine active transporter o SLC6A3) e il SERT (Serotonin transporter o 5-HTT o SLC6A4). I trasportatori importanti in farmacocinetica generalmente sono localizzati nell’epitelio intestinale, renale ed epatico, dove svolgono una funzione nell’assorbimento selettivo e nell’eliminazione (cooperando anche con enzimi implicati nel metabolismo) di sostanze endogene e xenobiotici, tra cui i farmaci. Inoltre, i trasportatori presenti in diversi tipi di cellule mediano la distribuzione tessuto-specifica dei farmaci. Per contro, i trasportatori possono fungere anche da barriera selettiva in certi organi e tessuti15. 13. In particolare, i trasportatori ABC contengono motivi altamente conservati, quali i motivi Walker A e Walker B, che formano il sito di legame per l’ATP. 14. La maggior parte dei trasportatori SLC sono formati da 12 domini transmembrana; in quelli neuronali (GAT, NET, DAT, SERT) è presente anche una voluminosa ansa extracellulare. 15. Ad es. la P-gp presente nella BEE protegge il SNC da diversi farmaci, mediante la sua azione di efflusso. Assorbimento, biodisponibilità e vie di somministrazione dei farmaci L’assorbimento è il processo attraverso cui il farmaco passa dal sito di somministrazione al compartimento centrale, che comprende il circolo sistemico e il liquido interstiziale degli organi altamente perfusi (SNC, miocardio, polmoni, fegato, reni). La biodisponibilità è un parametro farmacocinetico che descrive la frazione di farmaco somministrato che raggiunge il compartimento centrale. Tale parametro risulta fondamentale per la via di somministrazione orale, mentre ha una importanza molto marginale per quelle endovenosa (in cui la fase di assorbimento viene bypassata), intramuscolare (che permette un assorbimento a pari a ≈ 90%) e sottocutanea (con la differenza che l’area di superficie di tessuto sottocutaneo è molto più limitata rispetto a quella muscolare scheletrica). Diversi fattori di natura anatomica, fisiologica e patologica possono influire sulla biodisponibilità di un dato farmaco e la scelta della via di somministrazione più adeguata deve essere basata su tali fattori. Somministrazione enterale - La somministrazione enterale per via orale è il metodo più comune e sicuro di somministrazione di un farmaco. L’assorbimento da parte del tratto GI è regolato da fattori quali: o La superficie disponibile per l’assorbimento16; o L’entità del flusso sanguigno al sito di assorbimento, che correla in modo direttamente proporzionale con la velocità di assorbimento del farmaco (anche se si tratta di un concetto più facilmente applicabile a vie di somministrazione diverse da quella orale)17; o Lo stato fisico del farmaco (soluzione, sospensione o formulazione solida), che ne influenza la solubilità18; o La solubilità in H2O del farmaco; o La concentrazione del farmaco a livello del sito di assorbimento. Solitamente si fa riferimento a cinetiche di primo ordine, per la quale la velocità dei processi cinetici è direttamente proporzionale al valore della concentrazione del farmaco elevato ad 1. Ne consegue che, all’aumentare della concentrazione del farmaco nel sito di assorbimento, ne aumenti anche la velocità di assorbimento. Gli svantaggi della somministrazione per via orale comprendono: ▪ L’assorbimento limitato di alcuni farmaci, a causa delle loro caratteristiche chimico-fisiche (ad es. bassa solubilità in acqua o scarsa permeabilità di membrana); ▪ Disgregazione di alcuni farmaci (ad es. l’Eparina e le insuline, che quindi vanno somministrate per via parenterale), da parte degli enzimi digestivi o a causa del basso pH gastrico; ▪ Irregolarità nell’assorbimento in presenza di cibo o di altri farmaci, per cui spesso è consigliata la somministrazione lontano dai pasti e dall’assunzione di altri farmaci potenzialmente in grado di determinare alterazioni dei processi di assorbimento; ▪ Emesi conseguente a irritazione della mucosa GI, visto che alcuni farmaci sono capaci di attivare le terminazioni vagali e indurre il senso del vomito; 16. L’area della mucosa GI è pari a circa 200 m2 (la superficie alveolare polmonare, invece, è pari a circa 50 m2). 17. Ad es. in alcuni casi si è soliti, prima di effettuare una iniezione intramuscolare, massaggiare il muscolo per indurre vasodilatazione. 18. In ordine decrescente di solubilità delle diverse forme farmaceutiche assunte per via orale, la classificazione è la seguente: soluzione acquosa > soluzione oleosa > forma solida. In particolare, per i farmaci somministrati in forma solida risulta importante la velocità di dissoluzione del medicinale (ad es. le compresse generalmente contengono eccipienti che ne favoriscono la disgregazione). ▪ Necessità di cooperazione da parte del paziente (compliance allo schema terapeutico); ▪ Metabolizzazione da parte degli enzimi della flora intestinale, della mucosa e/o del fegato prima di raggiungere la circolazione sistemica. Ad es. un farmaco somministrato per os (PO) deve essere assorbito dapprima a livello del tratto GI (anche se, come detto, l’assorbimento effettivo può essere limitato da numerosi fattori) e poi passa attraverso il fegato, dove può essere metabolizzato ed escreto con la bile prima che raggiunga la circolazione sistemica. Se la capacità metabolica e/o escretoria del fegato per il farmaco in questione è elevata, la biodisponibilità risulta decisamente ridotta (effetto di primo passaggio epatico). Con la denominazione di forma farmaceutica a rilascio modificato (MR, Modified release) si intende un preparato capace di modificare la velocità e/o il tempo e/o il luogo di rilascio del principio attivo, allo scopo di raggiungere determinati obiettivi terapeutici, non ottenibili con le forme farmaceutiche convenzionali destinate alla stessa via di somministrazione. Tra le formulazioni MR vengono distinti due tipi principali: a rilascio ritardato (Delayed release), ovvero preparazioni che, rispetto alle forme farmaceutiche convenzionali, rilasciano il farmaco dopo un periodo di latenza dalla somministrazione; a rilascio prolungato (ER, Extended release), ovvero preparazioni che, rispetto alle forme farmaceutiche convenzionali, liberano il farmaco lentamente nel tempo, permettendo di prolungare la durata del suo effetto. Le formulazioni a rilascio controllato (Sustained release) sono preparazioni che, al pari di quelle ER, liberano il farmaco lentamente nel tempo, ma che permettono anche di mantenere livelli terapeutici ematici o tissutali di farmaco costanti. In generale, l’andamento della concentrazione plasmatica di un farmaco nel tempo dopo somministrazione per via orale prevede: 1) Una prima fase in cui vi è un aumento della concentrazione plasmatica, attribuibile all’assorbimento nel circolo sistemico; 2) Una fase in cui si raggiunge la concentrazione plasmatica “di picco” (Cmax), che corrisponde al momento in cui la velocità di eliminazione eguaglia la velocità di assorbimento del farmaco; 3) Un’ultima fase in cui vi è una discesa della concentrazione plasmatica, quando la velocità di eliminazione ha superato quella di assorbimento. - La somministrazione enterale include anche quelle per via sublinguale (ma anche transbuccale) e rettale. Nel caso della somministrazione sublinguale, poiché il drenaggio venoso dal cavo orale è diretto alla vena cava superiore, viene evitata la circolazione portale e quindi si protegge il farmaco dal rapido metabolismo intestinale ed epatico di primo passaggio19. Nel caso della somministrazione rettale, circa il 50% del farmaco assorbito a questo livello non passa attraverso il fegato, limitando il metabolismo epatico di primo passaggio. Tuttavia, l’assorbimento rettale è spesso irregolare ed incompleto e molti farmaci possono provocare un’irritazione della mucosa rettale. Questa via di somministrazione è comunque utile qualora l’assunzione orale sia preclusa da uno stato di incoscienza del paziente o dal rischio di insorgenza di vomito (situazione frequente nei pazienti pediatrici). 19. Ad es. la Nitroglicerina (o, più correttamente, Gliceril-trinitrato) in compresse sottolinguali (Tablets for sublingual use) è efficace quando trattenuta sotto la lingua perché è in forma non ionizzata e ha una liposolubilità molto elevata. Somministrazione parenterale La somministrazione parenterale include le vie endovenosa (EV), intramuscolare (IM), sottocutanea (SC), intratecale, intra-arteriosa e intra-peritoneale. L’assorbimento dai siti sottocutaneo e intramuscolare avviene per diffusione semplice secondo gradiente, tra il sito di deposito del farmaco e il plasma. La velocità del processo è limitata dall’estensione della superficie di assorbimento delle membrane capillari e dalla solubilità della sostanza nel liquido interstiziale. Le molecole di dimensioni maggiori, come le proteine, non riescono a passare attraverso i relativamente ampi canali acquosi della membrana endoteliale, per cui raggiungono lentamente la circolazione tramite i canali linfatici. I farmaci somministrati nella circolazione sistemica attraverso qualsiasi via, esclusa quella intra-arteriosa, sono soggetti alla possibile eliminazione di primo passaggio nel polmone, prima che avvenga la distribuzione nel resto dell’organismo. I polmoni rappresentano anche una via di eliminazione delle sostanze volatili. La somministrazione parenterale assicura solitamente una biodisponibilità più rapida, ampia e prevedibile, per cui la dose efficace può essere stabilità con maggiore accuratezza. In terapia d’emergenza o nei pazienti in stato di incoscienza, non cooperanti o incapaci di trattenere qualsiasi sostanza somministrata PO, la terapia parenterale può costituire una necessità. Per contro, l’iniezione di un farmaco ha i suoi svantaggi, quali: Necessità assoluta di mantenere l’asespsi, specialmente quando la somministrazione dura un certo periodo di tempo; Dolore, che spesso insorge nel sito di iniezione; Rischio di erronea somministrazione intravasale (ad es. ciò rappresenta un pericolo nel caso degli anestetici locali) nel tentativo di effettuare una iniezione IM o SC; Difficoltà (o, a volte, impossibilità) di auto-somministrazione. - Con la somministrazione EV di farmaci in soluzione acquosa (anche in grandi volumi) la biodisponibilità è completa e rapida. Inoltre, la liberazione del farmaco è controllata e ottenuta con un’accuratezza e una velocità impossibili da raggiungere con qualunque altra modalità di somministrazione. Poiché si possono raggiungere rapidamente concentrazioni elevate di farmaco sia nel plasma sia nei tessuti, si possono verificare reazioni indesiderate alla somministrazione. D’altra parte, la somministrazione per via EV, specialmente se effettuata lentamente, garantisce uno stretto monitoraggio della risposta del paziente (anche se il farmaco, una volta iniettato, spesso non può più essere rimosso). Non devono essere somministrati mediante questa via i farmaci sospesi in veicoli oleosi, i farmaci che causano precipitazione dei costituenti del sangue o emolisi degli eritrociti e le combinazioni di farmaci che provocano la formazione di precipitati. Alcune soluzioni irritanti, invece, possono essere somministrate solamente per via EV sia perché le pareti vasali sono relativamente insensibili sia perché il farmaco, se iniettato lentamente, viene ampiamente diluito dal sangue. - La somministrazione IM permette un rapido assorbimento dei farmaci iniettati in soluzione acquosa, sempre in funzione dell’entità del flusso ematico nel sito di iniezione (che, come detto, può essere in una certa misura modulato mediante riscaldamento locale, massaggio o esercizio fisico)20. 20. In genere, la velocità di assorbimento dopo l’iniezione di una preparazione acquosa nel muscolo deltoide o nel vasto laterale è superiore a quella che si osserva quando l’iniezione viene eseguita nel grande gluteo. In quest’ultimo caso, la velocità di assorbimento è particolarmente più bassa nelle donne, per via della diversa distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo nei due sessi e per la scarsa vascolarizzazione intrinseca di tale tessuto. Se il farmaco viene somministrato in soluzione oleosa o in sospensione con altri veicoli di deposito (depot), l’assorbimento è lento e costante. Nei pazienti in trattamento anticoagulante orale (Warfarin o DOACs) bisogna evitare terapie concomitanti che prevedano iniezioni intramuscolari, a causa del rischio di ematoma gluteo (a volte talmente importante da richiedere un drenaggio). - La somministrazione SC può essere praticata solamente per i farmaci che non provocano irritazione dei tessuti (in caso contrario, può manifestarsi un dolore intenso e possono verificarsi necrosi e distacco tissutale). La velocità di assorbimento di un farmaco iniettato per via SC è spesso sufficientemente costante e lenta da garantire un effetto protratto. Inoltre, è possibile variare intenzionalmente il tempo di assorbimento di un farmaco (ad es. come è stato fatto con l’insulina, sfruttando la dimensione della molecola, la complessazione con proteine e il pH). - La somministrazione intratecale consiste nell’iniezione diretta di un farmaco nello spazio subaracnoideo ed è utile qualora si vogliano ottenere effetti farmacologici localizzati e rapidi a livello delle meningi e del SNC, bypassando la BEE. - La somministrazione intra-arteriosa ha l’obiettivo di indirizzare gli effetti di un farmaco su un dato organo o tessuto (ad es. nel caso del trattamento dei tumori epatici e delle neoplasie della testa e del collo). Talvolta, vengono somministrati mediante questa via anche agenti diagnostici. Altre vie di somministrazione Altre importanti vie di somministrazione, differenti da quelle enterali e parenterali, sono l’inalatoria e la topica. - I farmaci gassosi e volatili (ad es. Nitrito di amile) possono essere inalati e assorbiti attraverso l’epitelio polmonare e le mucose delle vie respiratorie. Data la notevole estensione della superficie polmonare, l’accesso alla circolazione sistemica è rapido. Inoltre, si possono vaporizzare soluzioni di farmaci e le piccolissime goccioline nebulizzate possono essere inalate (aerosol). I vantaggi sono rappresentati dall’assorbimento quasi istantaneo del farmaco nel sangue, dall’evitamento del metabolismo epatico di primo passaggio e dalla possibilità, in caso di malattie polmonari, di applicare localmente il farmaco nel sito d’azione desiderato. - L’assorbimento dei farmaci in grado di penetrare attraverso la cute integra dipende dall’estensione della superficie su cui vengono applicati e dalla loro liposolubilità. L’assorbimento sistemico avviene però molto più facilmente attraverso la cute abrasa, ustionata o disepitelizzata. L’assorbimento cutaneo può essere aumentato sospendendo il farmaco in un veicolo oleoso e frizionando tale preparazione sulla pelle21. È in continua crescita la disponibilità di cerotti transdermici a rilascio controllato contenenti Nicotina per l’astinenza da tabacco, Scopolamina per la chinetosi, Nitroglicerina per l’angina pectoris, Fentanyl per il controllo del dolore, testosterone ed estrogeni per la terapia ormonale sostitutiva (TOS) e diversi tipi di estrogeni e progestinici per uso anticoncezionale. Infine, diversi farmaci possono essere applicati topicamente anche a livello delle mucose della congiuntiva, del rinofaringe, dell’orofaringe, della vagina, del colon, dell’uretra e della vescica. 21. Poiché una pelle idratata è più permeabile rispetto a una pelle secca, per facilitare l’assorbimento cutaneo si può utilizzare un bendaggio occlusivo. Distribuzione dei farmaci Successivamente all’assorbimento o all’iniezione nel circolo sanguigno, i farmaci si distribuiscono nei liquidi interstiziali e intracellulari, secondo un processo regolato dalle proprietà chimico-fisiche del singolo farmaco. D’altra parte, la gittata cardiaca, il flusso ematico regionale, la permeabilità capillare e il volume tissutale (o volume dell’organo) sono i fattori fisiopatologici dell’ospite che determinano la velocità di rilascio e la potenziale quantità di farmaco distribuita nei tessuti. Inizialmente, la maggior parte del farmaco raggiunge fegato, reni, cervello (ma, come detto, i farmaci poco liposolubili attraversano scarsamente o per nulla la BEE) e altri organi ben vascolarizzati, mentre la distribuzione ai muscoli, a gran parte dei visceri, alla cute e al tessuto adiposo è più lenta22. Poiché la seconda fase della distribuzione coinvolge una frazione molto più ampia della massa corporea totale (basti pensare al muscolo scheletrico), essa rende conto della maggior parte della distribuzione extra-vascolare del farmaco. Con l’eccezione del cervello, la diffusione del farmaco nei liquidi interstiziali avviene rapidamente, grazie all’elevata permeabilità della membrana endoteliale dei capillari. La fine dell’effetto farmacologico, dopo la sospensione dell’assunzione di un farmaco, è determinata fondamentalmente dai processi di metabolismo e di escrezione, ma può anche derivare dalla ridistribuzione del farmaco dal suo sito d’azione in altri tessuti o distretti, soprattutto quando un farmaco altamente liposolubile che agisce a livello cerebrale o cardiocircolatorio viene somministrato rapidamente per via EV (ad es. il Tiopental) o per inalazione. Legame alle proteine plasmatiche e ai tessuti Numerosi farmaci circolano nel torrente circolatorio legati a proteine plasmatiche (“bound drug”), in particolare l’albumina per quanto riguarda la maggioranza dei farmaci acidi23 e, invece, l’α1-glicoproteina acida per quanto riguarda la maggioranza dei farmaci basici24. Tale legame è solitamente reversibile25 e definisce, insieme ai quattro processi fondamentali della farmaco- cinetica (ADME), la quota di farmaco che è in grado di arrivare nel suo specifico sito d’azione e di esercitare i suoi effetti farmacologici: esclusivamente la forma libera del farmaco (“free drug”) non legata alle proteine plasmatiche e non depositata in tessuti di riserva (“tissue reservoirs”)26, infatti, è responsabile del risultato farmacologico, dopo aver raggiunto una concentrazione adeguata ed efficace nel sito d’azione. Il farmaco libero si trova in equilibrio dinamico anche con la frazione andata incontro a biotrasformazione (da cui possono scaturire vari metaboliti) e ad escrezione oppure eliminazione (se il farmaco viene escreto 22. Questa seconda fase di distribuzione può richiedere da diversi minuti a parecchie ore, prima che la concentrazione del farmaco nel tessuto sia in equilibrio con quella del sangue. 23. Condizioni di ipoalbuminemia (ad es. in presenza di epatopatie o di sindrome nefrosica) comportano una riduzione della percentuale di legame dei farmaci all’albumina e quindi un incremento della frazione di farmaco libera. 24. Condizioni caratterizzate da una risposta con reazioni di fase acuta (ad es. cancro, infarto, malattia di Crohn, ecc.) portano ad un aumento dei livelli di α1-glicoproteina acida e quindi ad un incremento del legame dei farmaci basici. 25. In pochi casi, come ad es. alcuni agenti alchilanti chemioterapici, il legame del farmaco con le proteine plasmatiche è covalente. 26. Molti farmaci si accumulano nei tessuti a concentrazioni più alte di quelle raggiunte nei liquidi extracellulari e nel plasma; l’esempio tipico è rappresentato dai farmaci più lipofili (ad es. il Tiopental) che si depositano nel tessuto adiposo, il quale così funge da riserva. Un altro esempio viene fornito dalle Tetracicline, che hanno un particolare tropismo per il tessuto osseo, dove si possono accumulare (oltre che nella dentina e nello smalto dei denti non ancora erotti). come tale, e non sotto forma di metaboliti), oltre che con la quota che si è già legata a livello dei recettori bersaglio. Poiché la differenza tra il pH intracellulare (≈ 7,0) e il pH extracellulare (≈ 7,4) è solitamente non eccessiva e così lo ion trapping, si può affermare come il fattore più importante alla base della ripartizione di un farmaco tra il sangue e un particolare tessuto sia il legame del farmaco stesso con le proteine plasmatiche e con i costituenti cellulari (proteine di membrana, fosfolipidi, proteine nucleari) del tessuto. In particolare, le concentrazioni del farmaco libero e del farmaco legato sono collegate dalla legge di azione 𝐊𝟏 di massa, quindi si ha: [𝐃] + [𝐒] ← → [𝐃𝐒], con “D” (drug) che sta per farmaco libero, “S” che sta per sito di 𝐊𝟐 legame, “DS” che sta per complesso farmaco-sito di legame, K1 che indica la costante di velocità di associazione e K2 che indica la costante di velocità di dissociazione. 𝐊 Poiché si tratta di un processo reversibile, all’equilibrio si ha: 𝐊 𝟐 [𝐃𝐒] = 𝐊 𝟏 [𝐃][𝐒], da cui 𝐊 𝐝 = 𝐊 𝟐 → 𝟏 [𝐃][𝐒] → 𝐊𝐝 = [𝐃𝐒] , con Kd che indica la costante di dissociazione all’equilibrio e che descrive l’affinità del farmaco per il sito di legame. Quanto più è basso il valore di Kd, tanto più l’affinità del farmaco è alta. Generalmente, i farmaci esplicano i loro effetti a concentrazioni plasmatiche basse (all’interno di un range terapeutico che varia dal macromolare al submicromolare), per cui il valore di [D] è molto basso. Al contrario, il valore di [S] è molto alto (compreso fra 0,6-1,5 mM)27, per cui i farmaci occupano solo una piccola frazione dei siti di legame totali delle proteine plasmatiche. Se [S] >> [D], quest’ultima si può trascurare, approssimando che la concentrazione di farmaco legato ([DS]) [𝐃][𝐒] [𝐒] dipenda esclusivamente da [S] e da Kd: 𝐊 𝐝 = [𝐃𝐒] → [𝐃𝐒] = 𝐊. Di conseguenza, quanto più sono alte 𝐝 l’affinità del farmaco per il sito di legame (e dunque quanto più è basso il valore di Kd) e la concentrazione dei siti di legame (la quale è costante in condizioni fisiologiche), tanto maggiore è la percentuale di farmaco legato. I farmaci che però raggiungono elevate concentrazioni plasmatiche (micromolari e oltre) tendono ad occupare una frazione maggiore dei siti di legame delle proteine plasmatiche. La percentuale di legame di un farmaco di questo tipo risulta essere dipendente non dalla concentrazione dei siti di legame, bensì dal loro numero28. Con i suddetti farmaci sorge una problematica comune (soprattutto in passato) nell’ambito delle interazioni farmacologiche, ossia la competizione tra diversi farmaci per i siti di legame a livello delle proteine plasmatiche. Un farmaco dotato di una maggiore affinità di legame può, infatti, spiazzare un altro farmaco dalle proteine plasmatiche29 e quindi incrementarne la concentrazione della forma libera farmacologicamente attiva e, di riflesso, gli effetti. 27. Ad es. l’albumina plasmatica costituisce circa due terzi della normale proteinemia, che è compresa fra 5-7 g/dL di plasma. 28. Quando un farmaco agisce a concentrazioni plasmatiche basse, il numero dei siti di legame è trascurabile perché non c’è modo che tutti i siti vengano occupati. 29. Ciò vale soprattutto per i farmaci che presentano una percentuale di legame alle proteine plasmatiche > 90%. Volume di distribuzione Il volume di distribuzione (Vd), o volume apparente di distribuzione, è un parametro farmacocinetico che indica la capacità di diffusione e penetrazione dei farmaci nei vari organi e tessuti dell'organismo. Si definisce, nello specifico, come il volume teorico che sarebbe necessario a contenere la quantità totale di farmaco presente nell'organismo alla stessa concentrazione di quella presente nel plasma30. Il Vd si calcola come il rapporto tra la dose (D) di farmaco presente nell'organismo (che nel caso di un assorbimento del 100% corrisponde alla dose somministrata) e la concentrazione plasmatica massima del 𝐃 farmaco stesso al tempo zero (C0), secondo la formula31 𝐕𝐝 = 𝐂. 𝟎 Il Vd per un dato farmaco può variare notevolmente in funzione di: ▪ Grado relativo di legame del farmaco ai siti recettoriali ad alta affinità ed alle proteine plasmatiche e tissutali; ▪ Coefficiente di ripartizione del farmaco nel tessuto adiposo; ▪ Accumulo del farmaco in tessuti scarsamente vascolarizzati; ▪ Età e sesso del paziente; ▪ Composizione corporea32; ▪ Presenza di una patologia (ad es. in caso di scompenso cardiaco, il Vd di un farmaco si riduce). Nonostante la presenza di un’alta percentuale di legame con le proteine plasmatiche generalmente comporti una riduzione della concentrazione del farmaco a livello dei tessuti e del sito d’azione (dunque del Vd, che si dovrebbe così avvicinare al volume plasmatico), esistono anche farmaci che si distribuiscono adeguatamente in diversi distretti pur avendo una buona percentuale di legame alle proteine plasmatiche33. Un’alta percentuale di legame con i costituenti dei tessuti periferici, invece, solitamente si associa ad un elevato Vd. Un ultimo concetto importante è che il Vd delle basi deboli è superiore a quello degli acidi deboli, poiché esse tendono a raggiungere concentrazioni maggiori all’interno del volume intracellulare (dove il pH è più acido). 30. Si deve pensare al Vd come un volume immaginario, poiché per molti farmaci esso eccede il volume noto di qualunque compartimento dell’organismo (e anche di tutti i compartimenti assieme). Ad es. il valore di Vd per l’anti- malarico Clorochina (farmaco altamente lipofilo) è di circa 15.000 L, mentre il volume plasmatico di un uomo di 70 kg è pari a circa 3 L, il volume di sangue è pari a circa 5,5 L, il volume di liquido extracellulare (con l’esclusione del plasma) è pari a circa 12 L e il volume totale di acqua corporea è pari a circa 42 L. Composti sequestrati abbondantemente dalle proteine plasmatiche (ad es. il colorante blu di Evans) o ad alto peso molecolare (ad es. albumina) presentano un Vd molto basso, prossimo al volume plasmatico. Le molecole che riescono a diffondere nel liquido interstiziale attraverso le fenestrature capillari, ma che non superano le membrane plasmatiche (ad es. Mannitolo e inulina), presentano un V d ≈ 15 L. Le molecole molto piccole, facilmente diffusibili e caratterizzate da una bassa percentuale di legame alle proteine plasmatiche (ad es. urea ed etanolo), presentano un Vd ≈ 42 L. 31. Per esattezza, il Vd andrebbe poi riferito al peso corporeo, per ottenere un volume di distribuzione pro Kg. 32. Ad es. il contenuto di acqua nell’organismo di un bambino di età inferiore a un anno rende contro del 75-80% del peso corporeo, mentre quello di un maschio adulto e di una femmina adulta rende conto rispettivamente di circa il 60% e il 55% del peso corporeo. 33. Il legame alle proteine plasmatiche non va quindi pensato come un ostacolo assoluto alla distribuzione di un farmaco. Escrezione dei farmaci I farmaci vengono eliminati dall’organismo in forma immodificata (e in tal caso di parla, appunto, di eliminazione) oppure come metaboliti (e in tal caso si parla, invece, di escrezione). Il rene è l’organo più importante per l’escrezione dei farmaci e dei loro metaboliti; l’eliminazione renale di farmaco immodificato rappresenta la principale via di eliminazione per il 25-30% dei farmaci somministrati nell’uomo. Tutti gli organi deputati all’escrezione, eccetto il polmone34, eliminano con maggiore efficienza i composti polari rispetto alle sostanze caratterizzate da elevata liposolubilità (ad es. il rene tende a riassorbire i composti lipofili a livello tubulare). I farmaci liposolubili quindi non vengono efficacemente eliminati fino a quando non vengono trasformati in composti più polari. Escrezione renale L’escrezione di farmaci e metaboliti nelle urine coinvolge tre processi distinti35, quali la filtrazione glomerulare, la secrezione tubulare attiva e il riassorbimento tubulare passivo. - La quantità di farmaco che entra nel lume tubulare mediante filtrazione glomerulare dipende dalla velocità di filtrazione glomerulare (VFG) e dalla percentuale di legame del farmaco alle proteine plasmatiche: solamente il farmaco non legato, infatti, viene filtrato36. - Nel tubulo prossimale renale può essere aggiunto ulteriore farmaco al liquido tubulare, attraverso secrezione tubulare attiva mediata da trasportatori. Per quanto riguarda la secrezione di cationi organici (basi), i meccanismi di trasporto coinvolti sono rappresentati da: Diffusione facilitata (secondo gradiente elettro-chimico e mediata da carrier) dal sangue alle cellule tubulari a livello della membrana basolaterale, mediante OCT2 (Organic Cation Transporter Type 2 o SLC22A2) e OCT3 (Organic Cation Transporter Type 3 o SLC22A3); Trasporto attivo primario a livello della membrana luminale, mediante la proteina MDR-1; I trasportatori MATE1, MATE2-K (Multidrug and toxin extrusion protein 1 e 2-K o SLC47A1 e SLC47A2) e OCTN1 (o SLC22A4)37 e OCTN2 (o SLC22A5), che compiono un trasporto attivo sempre a livello luminale. Per quanto riguarda la secrezione di anioni organici (acidi), i meccanismi di trasporto coinvolti sono rappresentati da: OAT1 (o SLC22A6), OAT2 (o SLC22A7) e OAT3 (o SLC22A8) a livello basolaterale (gli OAT operano uno scambio con l’α-chetoglutarato); 34. L’escrezione polmonare è importante soprattutto per l’eliminazione dei gas anestetici. 35. Alterazioni della funzionalità renale nel suo insieme solitamente influenzano tutti e tre i processi in maniera simile. Nei neonati la funzionalità renale è bassa rispetto alla massa corporea, ma aumenta rapidamente nei primi mesi dopo la nascita. Durante l’età adulta si verifica un lento declino della funzionalità renale (≈ 1%/anno), perciò nei pazienti anziani vi può essere una sostanziale compromissione funzionale. 36. Il legame con le proteine plasmatiche limita la filtrazione glomerulare del farmaco, e ciò costituisce uno dei motivi per cui alcuni farmaci vengono escreti soprattutto mediante secrezione tubulare oppure sotto forma di metaboliti. Il legame con le proteine plasmatiche ostacola anche la quota di metabolismo dei farmaci poco liposolubili che necessita di un trasporto transmembrana mediato da carrier. 37. “N” sta per “Novel” (Novel Organic Cation Transporter). I trasportatori OCTN sono trasportatori bifunzionali implicati anche nel riassorbimento della carnitina. OAT4 (Organic Anion Transporter 4 o SLC22A9), URAT1 (Urate Transporter 1 o SLC22A12), NPT1 (Na+-dependent Phosphate Transporter type 1 o SCL17A1), MRP-2 (o ABCC2) e MRP-4 (o ABCC4) a livello luminale. - Nei tubuli prossimali e distali le forme non ionizzate di acidi e basi deboli vanno facilmente incontro a riassorbimento tubulare passivo38. Poiché le cellule tubulari sono meno permeabili alla forma ionizzata dei farmaci elettroliti deboli, il riassorbimento passivo di tali composti dipende dal pH. Quando l’urina tubulare è resa più alcalina, gli acidi deboli sono fortemente ionizzati e dunque vengono escreti più rapidamente e in quantità maggiore; al contrario, l’acidificazione dell’urina tubulare riduce la frazione di farmaco acido debole ionizzato e la sua escrezione39. L’alcalinizzazione e l’acidificazione delle urine40 hanno, chiaramente, effetti opposti sull’escrezione delle basi deboli. Escrezione biliare e fecale Le sostanze escrete con le feci sono principalmente farmaci introdotti per via orale e non assorbiti, oppure metaboliti escreti nella bile o secreti direttamente nel tratto intestinale e non riassorbiti. - La captazione epatica di anioni organici (ad es. farmaci, bilirubina, leucotrieni), di cationi e di sali biliari è mediata, attraverso meccanismi di trasporto facilitato o di trasporto attivo secondario, dai seguenti trasportatori di tipo SLC (bidirezionali) presenti nella membrana basolaterale (sinusoidale) degli epatociti: OATP (Organic Anion Transporter Protein); OAT2 (Organic Anion Transporter 2 o SLC22A7); OCT1 (Organic Cation Transporter Type 1, sempre appartenente alla famiglia SCL22); NTCP (Na+-Taurocolato Cotransporting Polipeptide o SLC10A1). - L’escrezione dal fegato alla bile di farmaci e metaboliti, sali biliari e fosfolipidi contro gradiente di concentrazione (trasporto attivo primario) è mediata dai seguenti trasportatori di tipo ABC (unidirezionali) presenti nella membrana canalicolare degli epatociti: P-gp e BCRP (Breast Cancer Resistance Protein o ABCG2), che trasportano una grande quantità di farmaci anfipatici liposolubili; MRP-2 (o ABCC2), che è coinvolta principalmente nella secrezione di metaboliti coniugati (ad es. con glutatione, glucuronidi e alcuni solfati); MDR-2. Inoltre, il trasporto vettoriale41 dei farmaci dal torrente circolatorio alla bile, tramite un trasportatore di afflusso (OATP) e uno di efflusso (MRP-2)42, è importante per determinare l’esposizione dei farmaci nel sangue e nel fegato. 38. Diversi trasportatori di membrana, per lo più localizzati nel tubulo renale distale, sono però responsabili di un riassorbimento attivo del farmaco dal lume tubulare alla circolazione. 39. Ad es. i salicilati sono acidi deboli e possono trovarsi in forma ionizzata e in forma non ionizzata. Al pH acido urinario prevale la forma non ionizzata, che viene più facilmente riassorbita. Ad un pH più basico prevale, invece, la forma ionizzata, che è più facilmente eliminabile. Per questo motivo, l’alcalinizzazione delle urine facilita l’escrezione dei salicilati. 40. Nel trattamento dell’avvelenamento da farmaci, l’escrezione di alcuni farmaci può essere accelerata mediante opportuna alcalinizzazione o acidificazione delle urine. 41. Il trasporto asimmetrico attraverso un singolo strato di cellule polarizzate, come le cellule epiteliali ed endoteliali dei capillari cerebrali, è detto trasporto vettoriale. 42. È da sottolineare come nel fegato esistano molti altri trasportatori di captazione e di escrezione. Alla fine, i farmaci e i metaboliti presenti nella bile vengono rilasciati nel tratto GI durante il processo digestivo. Successivamente, essi possono anche essere riassorbiti in senso inverso, dall’intestino verso l’organismo (nel caso dei metaboliti glucuronidi può essere prima necessaria la loro idrolisi enzimatica da parte della microflora intestinale). Tale ricircolo enteroepatico, se di una certa entità, può prolungare notevolmente la presenza di un farmaco e i suoi effetti farmacologici, prima della definitiva eliminazione. Escrezione mediante altre vie L’escrezione dei farmaci mediante sudore, saliva o lacrime non è significativa dal punto di vista quantitativo43. L’eliminazione tramite queste vie dipende principalmente dalla diffusione della forma non ionizzata, cioè liposolubile, del farmaco attraverso le cellule epiteliali delle ghiandole e dal pH. Gli stessi principi sono applicabili all’escrezione dei farmaci nel latte materno. L’importanza dell’escrezione mediante questa via è legata, in particolare, al fatto che i farmaci eliminati possono causare danni al lattante44. Metabolismo dei farmaci Le sostanze estranee all’organismo, dette xenobiotici, sono metabolizzate attraverso le stesse vie enzimatiche e gli stessi sistemi di trasporto utilizzati per il metabolismo dei normali costituenti della dieta. I farmaci sono considerati xenobiotici e la maggior parte degli agenti terapeutici è rappresentata da composti lipofili (idrofobi), filtrati dal glomerulo e riassorbiti nella circolazione sistemica durante il passaggio attraverso i tubuli renali. Ne consegue che solitamente l’eliminazione in forma immodificata ricopra un ruolo modesto nell’escrezione dei farmaci. La biotrasformazione dei farmaci e di altri xenobiotici in metaboliti inattivi45 più idrofili e polari è essenziale sia per l’eliminazione di questi composti attraverso le urine o la bile sia per porre fine alla loro attività biologica e farmacologica. In alcuni casi, tuttavia, gli stessi enzimi deputati al metabolismo dei farmaci possono convertire alcune sostanze in metaboliti tossici, altamente reattivi e addirittura cancerogeni. I sistemi enzimatici in questione sono localizzati principalmente nel fegato, che è il principale sito di eliminazione metabolica anche per le molecole endogene (ad es. colesterolo, ormoni steroidei, acidi grassi e proteine). Altri organi dotati di una significativa attività metabolica sono il tratto GI46, il rene e il polmone. Le reazioni di biotrasformazione degli xenobiotici avvengono in due fasi: 1) Nelle reazioni di fase I (o di funzionalizzazione), le sostanze chimiche vengono sottoposte a ossidazione, idrolisi o riduzione. 43. Sebbene anche l’escrezione nei capelli e nella cute sia poco rilevante dal punto di vista quantitativo, metodiche sensibili che consentano la determinazione della presenza di farmaci in questi tessuti assumono una certa importanza in ambito forense. 44. In alcuni casi, come nel trattamento con il β-bloccante Atenololo, il bambino può essere esposto a notevoli quantità di farmaco. 45. Molti dei sistemi enzimatici coinvolti nella biotrasformazione dei farmaci in metaboliti inattivi generano anche metaboliti biologicamente attivi di composti endogeni, come nel caso della biosintesi degli steroidi. 46. Gli enzimi per il metabolismo degli xenobiotici nelle cellule epiteliali del tratto GI sono responsabili del processamento metabolico iniziale della maggior parte dei farmaci assunti per via orale. Il farmaco assorbito entra poi nella circolazione portale per il suo primo passaggio attraverso il fegato, dove il metabolismo può essere cospicuo, prima di entrare nella circolazione sistemica. Generalmente, le reazioni di fase I determinano l’inattivazione biologica del farmaco (sebbene esistano farmaci la cui attività viene mantenuta o addirittura incrementata) e introducono od espongono un gruppo funzionale nel composto precursore, permettendo che i metaboliti primari risultanti fungano da substrato per gli enzimi di fase II. Tuttavia, in alcune circostanze l’idrolisi di un legame estere o amidico è in grado di determinare la bioattivazione di un composto farmacologicamente inattivo, il quale prende il nome di profarmaco. 2) Le reazioni di fase II (o di coniugazione o biosintetiche) trasformano i metaboliti primari in metaboliti secondari idrosolubili, mediante la coniugazione con acido glucuronico (glucuronidazione), con acido solforico (solfatazione) o con glutatione ridotto (GSH) oppure mediante metilazione o acetilazione. In particolare, l’acetilazione rappresenta un’eccezione poiché può generare molecole meno idrofile rispetto al composto iniziale. Gli enzimi di fase II facilitano anche l’inattivazione di metaboliti elettrofili e potenzialmente tossici prodotti dalle reazioni di fase I. Gli enzimi di fase I, come detto, catalizzano l’introduzione di gruppi funzionali all’interno del composto progenitore, quali -OH (ossidrilico), -COOH (carbossilico), -SH (sulfidrilico), -NH2 (amminico) oppure -O- (ossigeno). Le reazioni di fase I sono mediate principalmente dal citocromo P450 (CYP450), dalle monossigenasi flaviniche (FMO, flavin-containing monooxygenases) e dalle epossido idrolasi (EH, epoxide hydrolases); tali enzimi sono localizzati nel reticolo endoplasmatico (RE), il quale costituisce, insieme al citoplasma, la sede cellulare della maggior parte dell’attività biotrasformativa dei farmaci47. Per via di questa ubicazione, tali enzimi sono anche denominati enzimi microsomiali. Gli enzimi di fase II includono diverse superfamiglie di enzimi di coniugazione, tra cui le UDP- glucuroniltransferasi (UGT), le solfotrasferasi (SULT), le glutatione S-transferasi (GST), le N- acetiltransferasi (NAT) e le metiltransferasi (MT). Queste reazioni di coniugazione richiedono che il substrato abbia un atomo di ossigeno (di un gruppo ossidrilico od epossidico), di azoto o di zolfo che funga da accettore per un gruppo idrofilo, come l’acido glucuronico, il glutatione, il solfato o un gruppo acetilico. I sistemi enzimatici di fase II sono citosolici, ad eccezione delle UGT, le quali sono localizzate a livello del RE. Una volta subita l’ossidazione, i farmaci possono quindi essere coniugati direttamente dalle UGT nel lume del RE oppure dalle altre transferasi nel citosol. Reazioni ossidative di fase I I CYP rappresentano una superfamiglia di enzimi coinvolti nel metabolismo di un elevato numero di composti endogeni ed esogeni, dai farmaci agli inquinanti chimici, passando per gli altri xenobiotici. Tra le diverse reazioni catalizzate dai CYP vi sono la N-dealchilazione, la O-dealchilazione, l’idrossilazione aromatica, la N-ossidazione, la S-ossidazione, la deaminazione e la dealogenazione. Questi enzimi contengono un gruppo eme (legato in maniera non covalente) e, nell’ambito delle reazioni ossidative di fase I, agiscono tipicamente da ossidasi terminali, all’interno di una catena di trasferimento di elettroni. In particolare, dopo il legame del farmaco nel sito attivo del CYP, la flavoproteina NADPH-citocromo P450 reduttasi fornisce un primo elettrone (e-) alla catena, a partire dal cofattore NADPH (Nicotinammide adenina dinucleotide fosfato ridotto). Tale e- riduce il Fe3+ (ferro ferrico) legato al gruppo eme a Fe2+ (ferro 47. I processi metabolici a carico degli xenobiotici però possono avere luogo anche nei mitocondri, nella membrana plasmatica e nella membrana nucleare. ferroso). Il Fe2+ possiede un’alta affinità per l’ossigeno molecolare (O2), che quindi si lega al gruppo eme. A questo punto, la NADPH-citocromo P450 reduttasi fornisce un altro e- (sempre a partire da NADPH), il quale riduce l’O2 a ione superossido (O2-). Dopodiché, intervengono due idrogenioni (2H+), che portano via un atomo di ossigeno sotto forma di una molecola di H2O. Ciò che resta sono un atomo di Fe3+ (che così viene ripristinato) legato al gruppo eme e il substrato (farmaco) ossidato, il quale può essere dunque liberato48. Il sequenziamento del genoma ha rivelato l’esistenza di 57 geni funzionali, raggruppati in una superfamiglia costituita da 17 famiglie e numerose sottofamiglie con crescente identità di sequenza amminoacidica49. In merito alla loro nomenclatura, i CYP vengono indicati con la radice CYP seguita da un numero che designa la famiglia, una lettera che identifica la sottofamiglia e un altro numero che contraddistingue l’isoforma: il CYP3A4 dunque è il citocromo P450 famiglia 3, sottofamiglia A, gene numero 4 (isoforma 3A4). Nell’uomo 12 CYP (1A1, 1A2, 1B1, 2A6, 2B6, 2C8, 2C9, 2C19, 2D6, 2E1, 3A4 e 3A5) sono noti per la loro importanza nel metabolismo degli xenobiotici e sono sufficienti per metabolizzare la maggior parte dei farmaci, specialmente i CYP che appartengono alle sottofamiglie 3A, 2C e 2D. Il CYP3A4 è quello espresso più abbondantemente nel fegato ed è coinvolto nel metabolismo di circa il 50% dei farmaci utilizzati in clinica. I CYP sono espressi anche lungo il tratto GI e, in quantità minori, nel polmone, nel rene e nel SNC. L’estesa sovrapposizione della specificità50 di substrato dei CYP è una delle ragioni alla base della frequenza delle interazioni tra farmaci51. Quando due farmaci co-somministrati vengono entrambi metabolizzati da un dato CYP, essi competono per il legame al sito attivo dell’enzima e ciò può provocare l’inibizione del metabolismo di uno o entrambi i farmaci, con conseguente aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaco (e, se l’indice terapeutico di tali farmaci è stretto, gli elevati livelli plasmatici possono indurre una indesiderata tossicità). Inoltre, alcuni farmaci possono inibire i CYP indipendentemente dal fatto di esserne substrati. Altri farmaci, invece, sono induttori dei CYP e quindi sono in grado di indurre il metabolismo di altri farmaci somministrati contemporaneamente52. Il metabolismo dei farmaci può però essere influenzato anche dalla dieta. Un esempio classico è rappresentato dal succo di pompelmo (naringina), che agisce da potente inibitore del CYP3A4. Infine, le differenze interindividuali nel metabolismo dei farmaci sono significativamente influenzate dai polimorfismi ereditari dei CYP, in particolar modo di CYP2A6, CYP2C9, CYP2C19 e CYP2D6. 48. La biotrasformazione di un composto a opera di un CYP quindi consuma una molecola di O2 e produce un substrato ossidato e una molecola di H2O. 49. In particolare, i CYP membri di una data famiglia possiedono sequenze identiche per più del 40%, mentre i CYP membri di una data sottofamiglia possiedono sequenze identiche per oltre il 45%. 50. I CYP sono coinvolti anche nella sintesi di composti endogeni (ad es. steroidi e molecole di segnale derivate dagli acidi grassi) e nella produzione di acidi biliari a partire dal colesterolo; al contrario dei CYP che metabolizzano i farmaci, quelli che catalizzano la sintesi degli steroidi e degli acidi biliari hanno forti preferenze per substrati specifici. Ad es., il CYP19 (o aromatasi) può metabolizzare esclusivamente il testosterone e l’androstenedione, senza interagire con gli xenobiotici. 51. Le interazioni farmacologiche sono tra le cause principali delle reazioni avverse ai farmaci (ADR, adverse drug reactions). 52. Ad es. gli ormoni steroidei e prodotti erboristici come l’iperico (in particolare i principi attivi ad azione antidepressiva ipericina e iperforina) possono far aumentare fortemente i livelli epatici delle isoforme di CYP3A, incrementando così il metabolismo di molti farmaci somministrati per via orale. Inoltre, gli idrocarburi policiclici aromatici (prodotti della combustione incompleta di materiale organico, come il tabacco e il grasso animale) fanno aumentare l’espressione del CYP1A2. Anche l’etanolo è un induttore dei CYP epatici. Reazioni idrolitiche di fase I Due forme di epossido idrolasi possono catalizzare l’idrolisi degli epossidi53, la maggior parte dei quali è prodotta dai CYP. In particolare, l’epossido idrolasi solubile (sEH) è espressa nel citoplasma, mentre quella microsomiale (mEH)54 è localizzata nella membrana del RE. È da citare anche la superfamiglia delle carbossilesterasi, enzimi che catalizzano l’idrolisi di composti contenenti esteri (dati dalla reazione di un acido carbossilico con un alcol) e amidi (date dalla reazione di un acido carbossilico con un’ammina). Tali enzimi sono riscontrabili sia nel RE sia nel citoplasma e sono coinvolti nell’attivazione dei profarmaci in metaboliti farmacologicamente attivi. Monossigenasi flaviniche Le monossigenasi flaviniche (FMO) rappresentano un’altra importante superfamiglia di enzimi di fase I e, come i CYP, sono espresse a livelli elevati nel fegato55 e sono legate alla membrana del RE. Le FMO sono considerate attori di minore rilievo nel metabolismo dei farmaci e producono quasi sempre metaboliti innocui. Inoltre, questi enzimi non vengono indotti dai farmaci impiegati in clinica né sono facilmente inibiti, pertanto sono meno implicati nelle interazioni farmacologiche56. Enzimi di coniugazione di fase II Gli enzimi coniugativi di fase II catalizzano reazioni che normalmente pongono fine all’attività biologica del farmaco57 e che, specialmente nel caso della glucuronidazione e della solfatazione, conducono alla formazione di metaboliti caratterizzati da un significativo incremento dell’idrofilia. Tutte le reazioni di fase II hanno luogo nel citoplasma della cellula, con l’eccezione della glucuronidazione, che avviene sulla superficie del RE. La velocità di catalisi delle reazioni di fase II è notevolmente superiore58 rispetto a quella delle reazioni dei CYP. Le UDP-glucuroniltransferasi (UGT) possono mediare il trasferimento di acido glucuronico dal cofattore acido UDP-glucuronico a diverse componenti chimiche dei composti metabolizzati, ossia a livello di gruppi ossidrilici (alcolici e fenolici), carbossilici, solforici, carbonilici e amminici, portando alla formazione di 53. Gli epossidi sono composti elettrofili altamente reattivi, che possono legarsi ai gruppi nucleofili delle proteine, dell’RNA e del DNA, causando tossicità e trasformazione cellulare. 54. Ad es. l’antiepilettico Carbamazepina è un profarmaco che viene convertito da un CYP nel derivato farmacologicamente attivo carbamazepina-10,11-epossido. Tale metabolita viene idrolizzato efficacemente a diidrodiolo dalla mEH, che in questo modo inattiva il farmaco. 55. In particolare, esistono sei famiglie di FMO, di cui la più abbondante a livello epatico è la FMO3. 56. Le FMO quindi potrebbero essere importanti nello sviluppo di nuovi farmaci. Un farmaco candidato, infatti, potrebbe essere progettato introducendo un sito per l’ossidazione da parte delle FMO, con la possibilità di poterne prevedere accuratamente metabolismo e proprietà farmacocinetiche favorevoli. 57. Tra le eccezioni rientra, ad es., la Morfina, il cui metabolita morfina-6-glucuronide è caratterizzato da una potenza farmacologica due volte maggiore e, presentando una durata d’azione più lunga, è responsabile di una parte cospicua dell’effetto analgesico nella somministrazione cronica di Morfina. Tra l’altro, la Morfina rappresenta una particolarità perché è un farmaco che va incontro direttamente ad un metabolismo di fase II, senza subire reazioni di fase I. 58. Di conseguenza, se un farmaco è indirizzato verso una reazione di fase I da parte dei CYP, seguita da una coniugazione di fase II, la velocità di eliminazione dipende solitamente dalla reazione iniziale di fase I. Ad es. l’antiepilettico Fenitoina subisce una 4-idrossilazione, mediata dal CYP2C9, e tale gruppo ossidrile (4-OH- fenitoina) serve da substrato per la coniugazione di fase II con acido glucuronico, mediata da UGT. glucuronidi (o β-D-glucopiranosiduronici). La maggior parte degli agenti terapeutici clinicamente efficaci viene escreta sotto forma di derivati glucuronici, per via urinaria (grazie all’incremento dell’idrofilia) oppure biliare59 (grazie all’incremento del peso molecolare). Nell’uomo sono state identificate 19 isoforme di UGT, classificate in due famiglie60: UGT1, a cui appartengono 9 isoforme; UGT2, a cui appartengono 10 isoforme. Le solfotrasferasi (SULT) sono localizzate nel citosol e coniugano il solfato derivato dalla 3’- fosfoadenosina-5’-fosfosolfato (PAPS) al gruppo ossidrilico o, meno frequentemente, amminico di composti aromatici e alifatici. Nell’uomo sono state identificate 13 isoforme di SULT, classificate in quattro famiglie: SULT1, a cui appartengono 8 isoforme maggiormente coinvolte nel metabolismo degli xenobiotici; SULT2, a cui appartengono 3 isoforme; SULT4 e SULT6, a cui appartengono un’isoforma ciascuna. Le glutatione S-transferasi (GST) catalizzano il trasferimento di glutatione ridotto (GSH)61 a gruppi elettrofili reattivi, proteggendo le macromolecole cellulari da interazioni con molecole contenenti atomi elettrofili (-O, -N, -S). Sono stati identificati più di 20 geni umani per le GST, suddivisi in due sottofamiglie: la forma citosolica e la forma microsomiale. In particolare, le forme citosoliche hanno una maggiore importanza nel metabolismo dei farmaci e degli xenobiotici, mentre le GST microsomiali sono importanti nel metabolismo endogeno di prostaglandine e leucotrieni. Le N-acetiltransferasi (NAT) citosoliche sono responsabili limitatamente del metabolismo dei farmaci e degli agenti ambientali che contengono un’ammina aromatica o un gruppo idrazinico (NH2-NH2). L’aggiunta di un gruppo acetilico (-COCH3), a partire dal cofattore acetil-coenzima A, spesso porta alla formazione di un metabolita meno idrosolubile rispetto al composto precursore62. Esistono due geni NAT funzionali nell’uomo, ossia NAT1 e NAT2, e sono state caratterizzate più di 25 varianti alleliche di questi geni. NAT1 è espresso nella maggior parte dei tessuti, mentre NAT2 si trova principalmente nel fegato e nel tratto GI. Le metiltransferasi (MT) mediano reazioni di N-, O- e S-metilazione e, in particolare, l’uomo esprime: Tre N-metiltransferasi, quali: ▪ La feniletanolamina-N-metiltransferasi, che è responsabile della metilazione della noradrenalina (NA) a formare adrenalina; ▪ La nicotinamide N-metiltransferasi, che metila la serotonina (5-HT) e il triptofano, ma anche composti contenenti una pirimidina, come la nicotinamide e la Nicotina; ▪ L’istamina N-metiltransferasi, che metabolizza farmaci che contengono un anello imidazolico (ad es. istamina). Una catecol-O-metiltrasferasi (COMT), la quale metila i neurotrasmettitori che contengono un catecolo (ad es. dopamina e noradrenalina); Una fenolo-O-metiltransferasi (POMT); Una tiopurina S-metiltransferasi (TPMT), la quale metila composti sulfidrilici aromatici ed eterociclici, tra cui l’Azatioprina e la 6-Mercaptopurina (6-MP); 59. Così come la maggior parte degli acidi biliari che viene glucuronidata è poi riassorbita attraverso il ricircolo entero- epatico, anche molti farmaci glucuronidati ed escreti nella bile possono rientrare in circolo grazie allo stesso processo. 60. Ciascuna isoforma della famiglia UGT2 è sintetizzata a partire da un gene distinto (ognuno formato da 6 esoni), mentre tutte le isoforme della famiglia UGT1 derivano da un unico gene, tramite splicing alternativo. 61. Nella cellula il glutatione esiste in forma ossidata (GSSG) o ridotta (GSH). Oltre a influenzare la coniugazione degli xenobiotici, una diminuzione del contenuto di GSH può predisporre la cellula a danni di tipo ossidativo. 62. L’ammina potenzialmente ionizzabile, infatti, viene neutralizzata dall’aggiunta covalente del gruppo acetilico. Una sulfidril-metiltransferasi (TMT). Tutte utilizzano la S-adenosil-metionina (SAM) come donatore di gruppi metilici (-CH3). Fattori che influenzano il metabolismo dei farmaci La risposta di un individuo a un dato farmaco dipende da una complessa interazione tra fattori ambientali (dieta, patologie63, infezioni, terapie concomitanti, livello di esercizio fisico, professione, esposizione a tossine, fumo di sigaretta) e fattori genetici (età64, sesso, varianti genetiche dei trasportatori dei farmaci, enzimi di biotrasformazione espressi, variabilità dei recettori e dei canali specifici). L’ampia variabilità interindividuale nella risposta ai farmaci influisce sulla velocità di eliminazione di un farmaco, sulle sue concentrazioni plasmatiche e dunque sui suoi effetti terapeutici e tossici. La maggior parte delle differenze genetiche a carico delle componenti implicate nella farmacocinetica e nella farmacodinamica (canali, recettori, trasportatori, enzimi, ecc.) è dovuta a polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs, Single-Nucleotide Polymorphisms), trasmessi con una modalità autosomica recessiva (AR). La variabilità dei geni della linea germinale che codificano per i determinanti della farmacocinetica di un farmaco, specialmente enzimi e trasportatori, rappresenta il principale fattore responsabile della risposta terapeutica e delle reazioni avverse al farmaco. Tipicamente si suddivide la popolazione, a seconda delle ripercussioni fenotipiche che uno specifico SNP ha sull’attività enzimatica, in metabolizzatori lenti e metabolizzatori rapidi. Tra le eccezioni rientra il CYP2D6, per il quale è possibile riconoscere65: ▪ Individui metabolizzatori lenti, caratterizzati da due varianti alleliche ipofunzionanti o non funzionanti. Solitamente la lenta metabolizzazione di un farmaco correla con la presenza di concentrazioni plasmatiche molto elevate dello stesso farmaco e quindi con una maggiore incidenza di effetti collaterali; ▪ Individui metabolizzatori intermedi, eterozigoti dal punto di vista genetico; ▪ Individui metabolizzatori rapidi, omozigoti dal punto di vista genetico; ▪ Individui metabolizzatori ultra-rapidi, omozigoti per 3-13 copie del gene. Solitamente in questi soggetti le concentrazioni plasmatiche e il tempo di emivita di eliminazione 63. Poiché il fegato è la sede principale degli enzimi farmaco-metabolizzanti, un’alterazione della normale funzionalità epatica (a seguito di epatite, assunzione cronica di alcol, steatosi, cirrosi, epatocarcinoma) provoca modifiche della biotrasformazione degli xenobiotici. Generalmente, l’entità della riduzione della funzione metabolica correla con la gravità del danno epatico, ma anche in presenza di una cirrosi severa il deficit metabolico si aggira intorno al 30-50% del totale (una percentuale che comunque si può associare ad un forte aumento della biodisponibilità e degli effetti avversi dei farmaci che normalmente subiscono un importante effetto di primo passaggio epatico), soprattutto a carico dei CYP (mentre gli enzimi di fase II sono meglio conservati). 64. Gli enzimi del CYP450 e, in minor parte, gli enzimi di coniugazione di fase II, si sviluppano durante lo sviluppo fetale, ma alla nascita la loro espressione è ancora limitata. Entrambe le tipologie di enzimi iniziano a maturare in modo variabile dopo 2-4 settimane dalla nascita. Ne consegue che i neonati e i bambini riescano a metabolizzare diversi farmaci abbastanza efficacemente, ma ad una velocità inferiore rispetto agli adulti. Una completa maturità enzimatica sembra verificarsi durante la seconda decade di vita, per poi lentamente declinare con l’avanzare dell’età. 65. In particolare, per il CYP2D6 sono state individuate circa 75 varianti alleliche, gran parte delle quali si associano ad una riduzione dell’attività enzimatica. plasmatica (t1/2) del farmaco metabolizzato sono minori e si riscontra una più bassa incidenza di effetti indesiderati. In generale, la frequenza delle differenti varianti alleliche di un enzima spesso è relata all’etnia di un individuo. Gli enzimi coinvolti nella metabolizzazione dei farmaci e caratterizzati dalle più importanti variabilità geniche sono i seguenti: o CYP2C9, implicato nel metabolismo di Warfarin, Fenitoina, FANS e Tolbutamina. La frequenza dei metabolizzatori lenti è pari a circa il 3% nella popolazione caucasica e in questi soggetti si osserva un incremento degli effetti dei farmaci sopracitati. In particolare, nel caso del Warfarin si verificano una bassa clearance, un rischio più alto di complicanze emorragiche e la necessità di dosaggi terapeutici più bassi. o CYP2C19, implicato nel metabolismo di Mefenitoina, Omeprazolo, Propranololo, Fenitoina e Clopidogrel. La frequenza dei metabolizzatori lenti è pari a circa il 3% nella popolazione caucasica e al 15-18% nella popolazione asiatica e in questi soggetti si osserva un incremento degli effetti dei farmaci sopracitati. o CYP2D6, implicato nel metabolismo di circa il 25% dei farmaci attualmente in uso, tra i quali β- bloccanti, antidepressivi, antipsicotici, Codeina, Debrisochina, Atomoxetina, Destrometorfano, Encainide, Flecainide, Fluoxetina, Fenformina, Propafenone e Tamoxifene. La frequenza dei metabolizzatori lenti è pari a circa l’8% in Italia, l’1% in Cina e il 6,8% in Svezia e in questi soggetti si osserva un incremento degli effetti di quasi tutti i farmaci sopracitati, come il Metoprololo e Nortriptilina. La Codeina, invece, richiede una O-demetilazione in Morfina, pertanto il suo effetto analgesico si riduce. o CYP3A4, 3A5 e 3A7, implicati nel metabolismo di Macrolidi, Ciclosporina, Tacrolimus, Calcio- antagonisti, Midazolam, Terfenadina, Lidocaina, Chinidina, Triazolam, Etoposide, Teniposide, Lovastatina, Alfentanil, Tamoxifene e steroidi. o Diidropirimidina-deidrogenasi, implicata nel metabolismo del 5-Fluorouracile (5-FU) e caratterizzata da polimorfismi in eterozigosi in circa l’1% della popolazione. o Butirril-colinesterasi, implicate nel metabolismo della Succinilcolina (o Sussametonio). Circa 1 paziente caucasico su 3.500 è portatore di un SNP che si associa ad una maggiore durata d’azione della Succinilcolina e all’insorgenza di apnee prolungate durante l’anestesia generale. o N-acetiltransferasi 2 (NAT2), implicata nel metabolismo di Isoniazide, Idralazina, Sulfamidici, Procainamide e caffeina. La frequenza dei metabolizzatori lenti è pari a circa il 52% nella popolazione americana bianca e al 17% nella popolazione giapponese e in questi soggetti si osserva un incremento degli effetti dei farmaci sopracitati. o Tiopurina S-metiltransferasi, implicata nel metabolismo dell’Azatioprina e della 6-MP. Circa 1 paziente caucasico su 300 e 1 paziente orientale su 2.500 è portatore di un SNP che si associa ad un profilo fenotipico di metabolizzazione lenta, con incremento degli effetti dei farmaci sopracitati. o UDP-glucuroniltransferasi (UGT1A1), implicata nel metabolismo dell’Irinotecan e della bilirubina. La frequenza dei metabolizzatori lenti è pari a circa il 10% nella popolazione caucasica e all’1-4% nella popolazione asiatica e in questi soggetti si osserva un incremento degli effetti dell’Irinotecan e dei livelli di bilirubina non coniugata66. 66. Vi sono più di 50 polimorfismi per il gene UGT1A1 che possono determinare quadri di iperbilirubinemia non coniugata ereditaria, come la sindrome di Crigler-Najjar di tipo 1 (glucuronidazione della bilirubina completamente Per quanto riguarda i fattori ambientali, va sottolineato come la maggior parte degli enzimi farmaco- metabolizzanti possa essere modulata dall’esposizione a composti esogeni in termini di inibizione o induzione dell’attività enzimatica. Si ritiene che questa modulazione fornisca, nel metabolismo di molti farmaci, il maggiore contributo alla variabilità interindividuale. In particolare, i fattori inibitori agiscono da bloccanti reversibili o irreversibili della funzione enzimatica. Oltre alla competizione con un altro substrato per il sito attivo dell’enzima, un meccanismo più raro di inibizione prevede la deplezione dei cofattori necessari per la reazione enzimatica. Gli inibitori risultano spesso più selettivi per certe isoforme enzimatiche; gli esempi principali sono rappresentati da: I Macrolidi (eccetto l’Azitromicina), gli antifungini azolici (Ketoconazolo e Itraconazolo) e gli inibitori della proteasi dell’HIV, che sono inibitori forti67 sostanzialmente solo del CYP3A4; Il Verapamil e il Diltiazem (Calcio-antagonisti), che sono moderati inibitori del CYP3A4; La Chinidina e gli SSRI (Selective-Serotonin Reuptake Inhibitors), che sono inibitori sostanzialmente solo del CYP2D6. D’altra parte, esistono anche farmaci inibitori “ad ampio spettro” del CYP450, come la Cimetidina, e l’Amiodarone. I fattori induttori68 agiscono, dopo una prolungata esposizione, mediante l’induzione della trascrizione dei geni codificanti per gli enzimi deputati al metabolismo dei farmaci69. Ciò si traduce in un aumento della clearance del farmaco e in una diminuzione della biodisponibilità e della concentrazione plasmatica. Avviene il contrario però nel caso dei profarmaci che vengono biotrasformati in metaboliti farmacologicamente attivi, per i quali l’induzione enzimatica può correlarsi a maggiori effetti terapeutici o tossici. Nel dettaglio, nei confronti dei CYP3A esistono solamente induttori forti, come la Fenitoina, la Carbamazepina, il Fenobarbital e la Rifampicina. Quest’ultima rappresenta anche un induttore moderato di numerose altre isoforme di CYP450. L’inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa dell’HIV (o NNRTI) Efavirenz è un moderato induttore dei CYP3A, mentre l’anti-asmatico Montelukast è un moderato induttore del CYP1A2. Il Prednisone e il Pioglitazone sono induttori deboli dei CYP3A, l’iperico (o St. John's Wort) è un induttore debole del CYP2C9 (mentre è un induttore forte dei CYP3A), l’Omeprazolo è un induttore debole del CYP1A2 e il NNRTI Nevirapina è un induttore debole del CYP2B6. abolita) e di tipo 2 (presenza di piccole quantità di bilirubina glucuronide) e la sindrome di Gilbert (generalmente benigna). Questi soggetti possono essere predisposti allo sviluppo di reazioni avverse ai farmaci (ad es. all’Irinotecan), dovute alla ridotta capacità di UGT1A1 di metabolizzarli. 67. In particolare, gli inibitori dei CYP possono essere così classificati: inibitori forti (strong inhibitors), che determinano un incremento di oltre 5 volte dell’AUC (area under the time/concentration curve) di un dato farmaco; inibitori moderati (moderate inhibitors), che determinano un incremento compreso tra 2 e 5 volte dell’AUC di un dato farmaco; inibitori deboli (weak inhibitors), che determinano un incremento compreso tra 1,25 e 2 volte dell’AUC di un dato farmaco. 68. Gli induttori dei CYP possono essere, invece, così classificati: induttori forti (strong inducers), che determinano una diminuzione di oltre l’80% dell’AUC di un dato farmaco; induttori moderati (moderate inducers), che determinano una diminuzione compresa tra il 50-80% dell’AUC di un dato farmaco; induttori deboli (weak inducers), che determinano una diminuzione compresa tra il 20-50% dell’AUC di un dato farmaco. 69. L’induzione enzimatica è dunque un processo che, rispetto all’inibizione, necessita di molto più tempo per generare effetti evidenti. La trascrizione dei geni bersaglio è indotta dall’attivazione di un particolare recettore ad opera di uno specifico ligando; gli esempi principali sono rappresentati da: Il recettore per gli idrocarburi arilici (AHR, aryl hydrocarbon receptor), che è un fattore di trascrizione che induce l’espressione di geni che codificano per CYP1A1, 1A2 e 1B1, a seguito dell’interazione con l’Omeprazolo70. I recettori nucleari di tipo 2, come il recettore X per il pregnano (PXR, pregnane X receptor), il recettore costitutivo per l’androstano (CAR, constitutive androstane receptor) e il recettore attivato dal proliferatore perossisomiale (PPAR, peroxisome proliferator-activated receptor)71. In particolare, il PXR è attivato da un gran numero di farmaci, tra cui antibiotici (Rifampicina), Calcio-antagonisti (Nifedipina), inibitori della proteasi dell’HIV (Ritonavir) e anti-neoplastici (Paclitaxel). Quando un ligando (farmaco) entra nella cellula e si lega al PXR, questo forma un complesso con il recettore X per il retinoide (RXR) e si lega al DNA a monte dei geni bersaglio (ad es. il gene codificante per il CYP3A4). Successivamente tale complesso recluta un coattivatore e attiva la trascrizione da parte della RNA polimerasi II. Il recettore X per il farnesoide (FXR) e il recettore per la vitamina D. Effetto di primo passaggio epatico L’effetto di primo passaggio epatico (o first-pass metabolism o first-pass effect) è un fenomeno del metabolismo di alcuni farmaci che si verifica quando, dopo che il sangue refluo dal sistema GI ha raggiunto il circolo portale, un farmaco (cosiddetto “ad alto tasso di estrazione epatica”) viene captato con alta avidità e metabolizzato a livello epatico, fattore che ne riduce in modo consistente la biodisponibilità (ossia il rapporto tra la quantità di farmaco che raggiunge il compartimento centrale e la quantità di farmaco somministrata). - In particolare, i farmaci “ad alto tasso di estrazione epatica” sono caratterizzati dall’estrazione nel fegato di una quota ≥ 60% della quantità di farmaco che transita attraverso l’organo e da una biodisponibilità ≤ 40%. Tra i farmaci “ad alto tasso di estrazione epatica” rientrano: β-bloccanti; Calcio-antagonisti; antianginosi; antidepressivi; antipsicotici; ansiolitici; sedativi ipnotici; analgesici oppioidi; antiepilettici; anti-emicranici; immunosoppressori; anti-tumorali. Il processo di metabolizzazione epatica può essere profondamente compromesso nei pazienti affetti da cirrosi epatica, la quale è una condizione che modifica la clearance epatica, cioè il volume teorico di plasma interamente depurato da una data sostanza da parte del fegato nell’unità di tempo (flusso). La diretta conseguenza è rappresentata dal passaggio in percentuali significativamente maggiori di un farmaco, normalmente metabolizzato nel fegato in una certa quota, all’interno del circolo sistemico, con un incremento fino a quattro volte della biodisponibilità (ad es. per il Labetalolo la biodisponibilità passa dal 30% al 90%) e un importante aumento della concentrazione plasmatica “di picco” (Cmax) e dell’AUC (area under the time/concentration curve). Nel paziente cirrotico dunque vengono alterati sia l’eliminazione sia l’assorbimento di questi farmaci e, in presenza di un regime posologico basato sulla somministrazione di una dose di carico e di successive dosi di mantenimento, si rende d’obbligo la riduzione di entrambi i dosaggi. 70. I CYP1A1, 1A2 e 1B1 attivano metabolicamente cancerogeni chimici, compresi contaminanti ambientali e cancerogeni derivati dagli alimenti. L’Omeprazolo, inducendo la sintesi di tali CYP, può quindi determinare un’attivazione di tossine/cancerogeni. 71. Esistono tre isoforme di PPAR (α, β, γ), la più importante delle quali è la α. Con questa, infatti, interagiscono i fibrati (ipolipidemizzanti). La clearance epatica (Clh) è data dal prodotto della velocità di flusso ematico attraverso il fegato (Qh) e del tasso di estrazione epatica (Eh), secondo la formula: 𝐂𝐥𝐡 = 𝐐𝐡 ∙ 𝐄𝐡. Secondo il modello “well-stirred” (o modello del “compartimento ben agitato”), l’estrazione epatica di un farmaco è anche direttamente proporzionale alla frazione libera (non legata a proteine plasmatiche) di farmaco in circolo (fu, fraction unbound) e alla clearance intrinseca (Cli), che è specifica per ogni farmaco a seconda della velocità e del meccanismo di trasporto all’interno degli epatociti. Omologando, inoltre, il volume del compartimento epatico a quello del compartimento venoso, l’Eh può 𝐟𝐮 ∙ 𝐂𝐥𝐢 essere indicato con la seguente formula: 𝐄𝐡 =. Da qui è possibile esemplificare la Clh con 𝐐𝐡 + (𝐟𝐮 ∙ 𝐂𝐥𝐢 ) 𝐐 ∙ (𝐟 ∙ 𝐂𝐥𝐢 ) 𝐂𝐥𝐡 = 𝐐 𝐡+ (𝐟𝐮. 𝐡 𝐮 ∙ 𝐂𝐥𝐢 ) Il fattore limitante del processo di eliminazione è rappresentato dal flusso di sangue che apporta il farmaco al fegato e, nel caso dei farmaci ad “alto tasso di estrazione epatica”, risulta che (fu ∙ Cli) >> Qh. È possibile quindi approssimare a zero Qh al denominatore e semplificare l’equazione per (fu ∙ Cli), ottenendo che Clh ≈ Qh ≈ 1,5 L/min (flusso ematico attraverso il fegato, che corrisponde a circa un terzo della gittata cardiaca)72. Poiché, come detto, il flusso ematico è il fattore limitante, i farmaci caratterizzati da queste proprietà prendono anche il nome di “farmaci limitati dal flusso”. - I farmaci “a basso tasso di estrazione epatica” sono caratterizzati, invece, dall’estrazione nel fegato di una quota ≤ 30% della quantità di farmaco che transita attraverso l’organo e da una biodisponibilità ≥ 70%. Nel caso di questi farmaci, risulta che (fu ∙ Cli) 9 nella classificazione di Child-Pugh). 73. Ad es. il Metoprololo viene eliminato per via renale in una quota pari circa al 10% (quindi per via epatica al 90%) e presenta una Clsist di 15 mL/min/Kg (pari a 1050 mL/min in un soggetto di 70 Kg), per cui si ha: (𝟎,𝟗 × 𝟏𝟎𝟓𝟎 𝐦𝐋/𝐦𝐢𝐧) 𝐄𝐡 = = 𝟎, 𝟔𝟑 ≈ 𝟔𝟑% --> si tratta di un farmaco “ad alto tasso di estrazione epatica”. 𝟏𝟓𝟎𝟎 𝐦𝐋/𝐦𝐢𝐧 Cinetiche Solitamente la velocità dei processi cinetici fa riferimento a cinetiche di primo ordine, pertanto è direttamente proporzionale al valore della concentrazione del farmaco elevato ad 1. Ne consegue che, riferendosi al processo di assorbimento, all’aumentare della concentrazione del farmaco nel sito di assorbimento (ad es. tratto GI nel caso di una somministrazione PO), ne aumenti anche la velocità di assorbimento. Allo stesso modo, riferendosi al processo di eliminazione, all’aumentare della concentrazione del farmaco nel circolo sistemico, ne aumenta anche la velocità di eliminazione. Il fatto che i sistemi deputati ai processi di assorbimento e di eliminazione non vengano, in genere, saturati (anche perché spesso si tratta di processi passivi, che non utilizzano trasportatori saturabili) spiega perché nella maggioranza dei casi domina una cinetica di 1° ordine. Assorbimento, eliminazione, distribuzione Dal punto di vista matematico, una cinetica di 1° ordine può essere espressa in termini di velocità di 𝐝𝐂(𝐭) variazione della concentrazione nell’unità di tempo: 𝐯 = 𝐝𝐭 = 𝐊 ∙ 𝐂(𝐭), con K che indica la costante di velocità di assorbimento oppure di eliminazione. In particolare, considerando il processo di assorbimento si ha: 𝐯 = +𝐊 𝐀 ∙ 𝐂(𝐭), con il segno “+” che indica come la concentrazione di farmaco vada aumentando (trattandosi dell’assorbimento). Tale equazione può essere trasformata in: 𝐂(𝐭) = 𝐂𝟎 ∙ 𝐞𝐊 𝐀 𝐭, ossia la concentrazione di farmaco al tempo t è uguale alla concentrazione di farmaco al tempo zero (C0) moltiplicata per la base (e) dei logaritmi naturali (cioè il numero di Nepero)74, a sua volta elevata al prodotto tra la costante di velocità di assorbimento (KA) e il tempo (t). La curva che rispecchia la variazione della concentrazione nel tempo ha un andamento monoesponenziale. Cinetica di 1° ordine: assorbimento Cinetica di 1° ordine: eliminazione C C t t Considerando il processo di eliminazione si ha: 𝐯 = −𝐊 𝐄 ∙ 𝐂(𝐭), con il segno “-” che indica come la concentrazione di farmaco vada diminuendo (trattandosi dell’eliminazione). La costante75 KE riflette, infatti, la quota di farmaco rimosso per unità di tempo ed è inversamente proporzionale al tempo di emivita (t1/2) del farmaco. Tale equazione può essere trasformata in: 𝐂(𝐭) = 𝐂𝟎 ∙ 𝐞−𝐊 𝐄 𝐭, ossia la concentrazione di farmaco al tempo t è uguale alla concentrazione di farmaco al tempo zero (C0) moltiplicata per la base (e) dei logaritmi naturali, 74. Il numero di Nepero (e) è una costante matematica il cui valore approssimato a dodici cifre decimali è 2,718281828459. 75. Tendenzialmente si somministrano per via orale solamente i farmaci caratterizzati da una KA almeno dieci volte maggiore della KE, altrimenti non sarebbe possibile raggiungere un aumento significativo della concentrazione plasmatica di farmaco nel tempo. a sua volta elevata al prodotto (preceduto dal segno “-“) tra la costante di velocità di eliminazione (KE) e il tempo (t). Anche in questo caso, la curva che rispecchia la variazione della concentrazione nel tempo ha un andamento monoesponenziale: la pendenza progressivamente si attenua poiché la velocità del processo di eliminazione, essendo direttamente proporzionale alla concentrazione di farmaco (la quale si abbassa man mano che il farmaco viene eliminato), è maggiore all’inizio e poi va gradualmente a diminuire. Alcuni farmaci possono seguire però anche una cinetica di ordine zero, in base alla quale la velocità dei processi cinetici è proporzionale al valore della concentrazione del farmaco elevato a 0, ovvero la velocità risulta costante (ad es. nell’unità di tempo viene assorbita una quantità fissa di un dato farmaco). Rappresenta un esempio la Fenitoina, il cui metabolismo epatico viene saturato quando le concentrazioni plasmatiche del farmaco superano un certo valore soglia. In tal caso, si raggiunge il limite massimo di eliminazione del farmaco non a causa di un limitato processo di escrezione, bensì di u

Use Quizgecko on...
Browser
Browser