Riassunto di Diritto Romano (PDF)
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Università degli Studi di Milano
Francesca Pulitanò
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Questo documento è un riassunto di un libro di diritto romano. Copre nozioni generali, come i concetti di diritto oggettivo e soggettivo, diritti assoluti e relativi, la storia del diritto romano e le sue fonti. Il riassunto descrive le varie epoche e le principali figure.
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lOMoARcPSD|14141272 Diritto Romano - riassunto del libro Istituzioni di diritto romano (Università degli Studi di Milano) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da GIOVANN...
lOMoARcPSD|14141272 Diritto Romano - riassunto del libro Istituzioni di diritto romano (Università degli Studi di Milano) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 DIRITTO ROMANO - Francesca Pulitanò [email protected] LIBRI DI TESTO: GNOLI, FARGNOLI INSTITUTIONES IURIS ROMANI PERCORSI DI DIRITTO ROMANO NOZIONI GENERALI Il termine “diritto” trova impiego in due accezioni distinte: - Caio ha il diritto di usare la cosa che tizio gli ha dato - Tizio ha diritto di ottenere da lui il risarcimento Sono due punti di vista differenti, ovvero quello in cui una persona afferma di avere un diritto e quello nel quale è il diritto che permette alle persone di fare qualcosa. Ma il diritto rimane uno solo: consiste in una regola di condotta che preesiste rispetto al momento in cui tizio si è trovato in rapporto con Caio e che nel primo dei due esempi dispone che trovi concreta realizzazione l'interesse di Caio a utilizzare la cosa di tizio. DIRITTO OGGETTIVO = insieme delle norme (regole) giuridiche vigenti in un determinato ordinamento. Sono le norme giuridiche considerate dal punto di vista della collettività di persone che le riconosce esistenti. Es. Se l’ordinamento giuridico prevede che esista un istituto chiamato “diritto di proprietà”, questo esiste per tutti (DIRITTO OGGETTIVO) → MA, ciascuno ha poi il proprio diritto di proprietà in riferimento alle proprie cose (DIRITTO SOGGETTIVO). DIRITTO SOGGETTIVO= individualizzazione nelle singole persone delle regole generali costituenti il diritto in senso oggettivo I possono suddividersi in 2 grandi categorie fondamentali: 1) DIRITTI ASSOLUTI / REALI: il diritto di proprietà è il più importante. - Si dice “assoluto” perché può essere fatto valere nei confronti di tutti. Es. Il telefono è mio, io ho su di esso un diritto di proprietà → tutti, tranne me, devono astenersi dal turbare il mio diritto di proprietà. Tutti coloro che non lo detengono, sono tenuti a rispettare il diritto di proprietà altrui. Se ciò non viene rispettato, il detentore del telefonino può esercitare un’azione che, in diritto romano, veniva chiamata “azione in rem” = agire per tutelare un diritto reale o assoluto. Oltre al diritto di proprietà, ci sono altri diritti reali che vengono chiamati “diritti reali minori” o “diritti su cosa altrui” → es. usufrutto, servitù. 2) DIRITTI RELATIVI / DI CREDITO: riguarda soltanto le persone coinvolte nel rapporto giuridico (≠ il diritto di proprietà determina il dovere di tutti gli altri di non disturbare il mio diritto). - Es. Se io presto a Tizio del denaro, Tizio dovrà restituirmelo quando avrà disponibilità→ tra me e Tizio si crea così la situazione di “diritto di credito”: nel momento in cui Tizio prende il mio denaro, egli assume su di sè un’obbligazione (=obbligo giuridico) che ha il contenuto di restituirmi il denaro. - Io, rispetto a Tizio, sarà il CREDITORE. - Tizio, rispetto a me, sarà il DEBITORE. - Si tratta di un diritto relativo perché è un rapporto giuridico che si forma solo tra me e Tizio: nel momento in cui Tizio non vuole restituirmi il denaro, io posso esercitare contro di lui un’azione che, in diritto romano, veniva chiamata “azione in personam” = azione con finalità di tutelare un diritto relativo. RAPPORTO GIURIDICO= e la correlazione fra il potere conferito a qualcuno da una norma per l'attuazione di un proprio interesse e il vincolo corrispondente a carico di una o più altre persone. Esistono due tipi di soggetti: - Soggetti passivi: sono coloro a cui la norma impone obblighi - Soggetti attivi: nel loro interesse gli obblighi vengono stabiliti ISTITUZIONI = dal latino: introdurre. sono le nozioni di base. Ci sono più principi che derivano dal diritto romano che anche ad oggi sono presenti nel Codice civile. Distinguiamo: - Il periodo della monarchia con i 7 re di Roma che va dalla nascita di Roma fino al 509 ac - 509-527 ac repubblica romana, periodo dove si evidenzi un equilibro tra 3 elementi ovvero magistrati, il senato e le assemblee popolari (di cui tutti concorrono nella formazione della legge) - 527-235 ac principato, con Ottaviano augusto, che cambia l’assetto dello stato senza effettivamente modificarlo. Si inserisce nella struttura repubblicana facendosi assumere poteri dallo stato. Augusto è stato il PRIMO INTER PARES - 235-527 dc Dominato, con morte di Alessandro Severo e contemporaneamente l’esaurirsi del ruolo fondamentale della giurisprudenza (in senso romano = insieme delle attività dei giuristi romani. Ruolo creativo, ruolo fondamentale per la nascita del diritto). Il ruolo dei giuristi cambia perché si pensa che tutto ciò che venga d loro provenga in realtà dall’imperatore - 527-565 dc Imperatore Giustiniano, in cui ci fu la formazione del corpus iuris civilis (anni 30) Il diritto romano termina con la morte di Giustiniano. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 476 cade Impero Romano di occidente con invasione dei barbari e decadenza Età arcaica VIII e lll secolo ac: finisce perché Roma si espande, con guerre puniche e si arriva al 242, quando viene istituita una magistratura nuova, con Pretore (Praetor in latino) che ha la funzione di amministrate la giustizia i consoli hanno una specificità legata alle imprese militari, i pretori invece rimangono più confinati all’amministrazione della giustizia, presiedevano al processo privato (che faceva riferimento ai casi di diritto privato) 242 pretore Peregrino, che assume la funzione di amministrare la giustizia tra romani e stranieri. 449 emanazione delle 12 tavole, che sono la prima forma di diritto scritto che i romani conoscono. Sono scritte tutte le norme del diritto arcaico, in latino, e si parla di versetti delle 12 tavole, si tratta di una serie di “filastrocche” dalle quali si ricava il diritto. Prima il diritto era un diritto consuetudinario, il diritto era custodito da una classe di giuristi e sacerdoti che conoscevano i formulari, che sapevano come risolvere le controversie o come ottenere certi effetti giuridici. Lo gestivano in modo non pubblico. In caso di problema giuridico si andava dai pontefici per ottenere eventualmente una risposta su quale formulario utilizzare. La norma giuridica È una regola. Si può parlare di regole di comportamento, di norme sociali, di norme morali, di norme religiose, di norme di cortesia, di norma di educazione o di norme di costume, ma la norma che ci interessa è la norma giuridica serve a regolare un conflitto di interessi. (ogni norma giuridica è anche una norma sociale) Per poter essere riconosciuta dal diritto come tale, una norma giuridica deve essere: - Generale = deve essere rivolta ad un complesso non definito di persone, non può essere rivolta a una persona specifica. Le norme, quindi, non hanno per destinatari persone individuate a priori, bensì piuttosto una categoria, una serie di persone, come ad esempio “i conducenti id veicoli”, “gli studenti”, “i militari” … - Astratta = la norma presenta una fattispecie (situazione disciplinata da una norma giuridica, situazione di fatto concreta), quindi non considera la singola situazione di una singola persona, ma considera la fattispecie in modo astratto. “chi provoca ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo” la norma contiene la previsione di un’ipotesi che, essendo formulata prima che si verifichi in concreto il conflitto di interessi, deve essere enunciata in modo che vi rientrino tutti i casi che chi formula la regola vuole siano compresi. - Coercibile = Il carattere della coercibilità è correlato alla loro funzione di criteri per la composizione autoritativa dei conflitti di interessi. Le norme hanno un precetto primario (una regola di comportamento) e un precetto secondario (la sanzione nel caso in cui quella regola non venga rispettata). ciò significa che l’autorità che organizza la composizione di ogni conflitto è provvista di mezzi atti a procurare la tutela degli interessi protetti anche contro l’opposizione die contro interessati dissenzienti; può quindi costringere (coercére in latino) questi ultimi a rispettare la regola di diritto anche contro la loro volontà. espressa in estrema sintesi la dottrina tradizionale - Positiva = la norma è vigente, presente nell’ordinamento giuridico positiva significa quindi che è attualmente usata, attiva. La comunità puo aver reso positive quelle regole sia concependole e decidendole ex novo, sia recependole (e assumendole) da un’altra comunità o da ordinamenti non giuridici. Purché sia positiva, il contenuto della norma deve essere stabilito come vigente dalla collettività organizzata per mezzo di persone dette “organi”. Diritto positivo diritto posto effettivamente e realmente in vigore Diritto naturale insieme di regole di comportamento che la natura impone a ogni collettività Norma significa regola, ovvero un modo uniforme in cui ci si deve comportare; chi evade dalla regola e decide di infrangerla è in qualche modo consapevole di correre un rischio, ossia quello di incontrare una conseguenza spiacevole, già approvata e predisposta dalla comunità a cui egli appartiene. Come già detto precedentemente il diritto oggettivo è il complesso delle norme di una comunità. Secondo il giureconsulto Domizio Ulpiano il diritto può essere considerato da 2 punti di vista: - Diritto pubblico si riferisce all’assetto (disposizione/ordinamento) della comunità di Roma - Diritto privato attiene all’interesse delle singole persone LE FONTI DEL DIRITTO Il diritto è prodotto da fatti (fonti di produzione) idonei a conferire positività a regole nuove, le quali vengono inserite in qualità di norme nell’ordinamento della comunità in questione. Le fonti di produzione si distinguono in: - Fonti autoritative: consistono in attività di organi che sono in possesso di competenza per produrre norme (es: leggi) - Fonti non autoritative : consistono in fatti nei quali al posto del principio di autorità di chi pone le norme la positività di queste risposa sul consenso dei consociati (es. consuetudini) Fonti di cognizione sono i mezzi attraverso i quali. Le norme di un ordinamento possono essere conosciute. Un esempio ai giorni nostri sono le gazzette ufficiali, mentre fonti id cognizione del diritto romano sono per noi gli scritti o i documenti che tramandano il contenuto delle norme romane. Suddividiamo la storia del diritto romano in 3 periodi: - Dalle origini tradizionali della città (metà del VIII secolo ac, 753 ac) al periodo dove si passo dagli editti dei pretori a un diritto dei magistrati (metà del II secolo ac, 150 ac) - Dalla meta del II secolo ac alla prima metà del III sec dc, quando si concluse il periodo della giurisprudenza classica con la morte di Alessandro Severo (235 dc) - Dalla morte di severo (235 dc) alla morte dell’imperatore Giustiniano (565 dc) Inizio: 753 ac, con Romolo, fondazione di Roma - Fine: 565 dc, morte di Giustiniano Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 La costituzione romana del primo periodo, il periodo antico, si modellò sullo schema dello stato (cívitas)-città (pólis). Era una civiltà di bestiame e di contadini-soldati. La fonte prevalente era la tradizione del costume: i móres, letteralmente i “costumi”. I mores erano fonte non autoritativa, la loro positività derivava dall’essere una pratica tradizionale. L’insieme delle regole prodotte dai mores aveva per destinatari i cittadini romani, a quei tempi denominati quirítes. Diritto dei quiriti = ius quiritium si applicava ai soli quiriti e non anche alle persone di nazionalità diversa (hostes) Il ius quiritium costituì il diritto oggettivo durante l’età della monarchia, nel corso della quale al vertice della città stato stava un magistrato unico e vitalizio, il rex. Dopo la transizione dalla monarchia alla repubblica il rex fu sostituito da una coppia di magistrati (a potere diseguale): il praetor maximus e il praetor minor. L’inizio dell’età repubblicana coincise con la nascita di un grave conflitto sociale, tra patrizi e plebei, causato dal fatto che i plebei furono dapprima esclusi dalla gestione del potere politico e ciò causava l’aspirazione dei plebei al conseguimento di una parità sociale e giuridica con i patrizi. Venne abbandonato il nome quirites e venne sostituito da cives, membri della civitas, cittadini: il diritto oggettivo comune a tutti i cittadini, sia patrizi che plebei, venne rinominato come ius civile. Il ius civile veniva tramandato oralmente ed esistevano delle apposite persone che dovevano interpretarle, i cosiddetti interpreti delle norme, i pontefici consulenti: i prudentes. I giuristi più antichi erano appartenenti a un sacerdozio poiché i mores erano considerati allo stesso tempo civili e religiosi. Ius sacrum= insieme delle norme regolanti i rapporti intercorrenti fra gli umani e le divinità. Si aggiunse una fonte autoritativa, la lex: consisteva in un provvedimento deliberato dall’assemblea del popolo (il comizio), su proposta di un magistrato e munita di approvazione del senato. Ciascuna lex conteneva una o più norme giuridiche. La lex era una fonte autoritativa di produzione perché da essa scaturivano norme giuridiche, ma anche fonte di cognizione del diritto perché consultandone il testo scritto i destinatari potevano prendere conoscenza delle norme disciplinanti i lor rapporti giuridici. PRETORE E EDITTI Quindi la funzione giurisdizionale era svolta a Roma; nell’età più antica dal rex, che venne sostituito nell’età repubblicana da due paretors ai quali successivamente spettò il titolo di consules, che avevano compiti militari e di governo. Dal 367 ac venne loro affiancato un magistrato apposito detto praetor urbanus, che aveva il compito di esercitare la giurisdizione nella città di Roma, vale a dure lo svolgimento della competenza a presiedere la composizione autoritativa dei conflitti in cui si scontravano interessi dei singoli cives (cittadini). Denominiamo tale processo privato iuidicium privatum. A tale processo prendevano parte 4 soggetti: - L’attore che doveva agire per far valere il suo interesse contro un altro soggetto - Il convenuto che era il soggetto che subiva l’azione dell’attore - Il magistrato che doveva risolvere la controversia - Il giudice privato che doveva fornire la soluzione al conflitto Il pretore, all’inizio del suo anno di carica, era solito a rendere pubblici i criteri ai quali si sarebbe attenuto nell’istruire i giudici volta in volta da lui nominati per ciascuna causa. Tali criteri erano fatti redigere per iscritto da un suo subordinato e pubblicati per tutti su di una parete bianca esistente nel luogo detta album. Si denominò con il nome di editto l’insieme di istruzioni e comandi promessi in via generale e astratta ai destinatari delle competenze facenti parte del potere magistratuale pretorio. Poiché l’editto veniva pubblicato all’inizio della carica ed era destinato a rimanere in vigore durante tutto il periodo (annuale) dell’ufficio, venne denominato edictum perpetuum (= editto permanente, perpetuo). Il pretore fungeva quindi da organo di applicazione della coercibilità delle norme prodotte dal ius civile e applicandole ne confermava l’esistenza. Egli aveva però anche il potere di supplire a lacune del ius civile creando norme sue proprie. IUS CIVILE (da civitas, città) = diritto proprio dei cittadini romani Lo stesso ius civile è un diritto che si forma in modo consuetudinario, cioè non è scritto -> è costituito da una serie di comportamenti costanti nel tempo tenuti da tutti i consociati con la convinzione di ubbidire a una norma giuridica. La legge delle 12 tavole è fonte dello ius civile, perché le norme in essa contenute sono proprie dei cittadini romani utilizzabili sono da loro, norme che trovano la loro prima radice nelle consuetudini. I principi costituenti il ius civile non potevano divenire concretamente operanti se non a condizione di essere riconosciuti nelle clausole degli editti dei magistrati (ius honorarium). GAIO Fu un giurista, autore di un manuale di diritto romano diviso in quattro libri, dove tratta del diritto di persone, cose e diritti stessi. Il suo manuale è l’unica opera completa che ci è pervenuta al di fuori dell’opera di Giustiniano corpus iuris civilis. Sono pervenute grazie a un ritrovamento nella seconda metà dell’800, all’interno dell’arena di Verona, al di sotto delle lettere di San Girolamo. Attraverso gaio siamo venuti a conoscenza di una serie di figure giuridiche che prima non erano conosciute. Giustiniano aveva salvato solo ciò che voleva lui, mentre gaio parla di elementi anche più antichi che senza di lui non avremmo mai conosciuto. Tutto il diritto che noi usiamo si divide in PERSONAE- RES - ACTIONES. PERSONAE (1 libro) è il diritto delle persone, che riguarda la loro condizione, di liberi o di schiavi, oppure la loro posizione, la disciplina dei rapporti familiari RES (2-3 libro) è il diritto delle cose, che indicano cose materiali ma anche ciò che c’è all’interno di questa cosa. Esempio: il cellulare. RES è il telefono ma è anche il diritto su quel telefono. ACTIONES (4 libro) è la tutela dei diritti. È il momento in cui ho necessità di tutelare un mio diritto ma non riesco a farlo. Gli faccio causa, vado in giudizio, si fa un processo. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 [inizialmente i rapporti tra romani e stranieri erano limitati, ma nel momento in cui Roma divenne potenza di rilievo mondiale, si espanse e fece sorgere una serie infinita di nove relazioni che abbisognavano di efficace protezione.] Mentre il ius civile è il complesso di norme che ogni comunità politica si pone per se stessa, il ius gentium è il complesso delle norme che valgono ugualmente presso tutti i popoli, essendo fondato sull’ordinamento naturale delle cose (naturalis ratio). La ratio naturali (ragione naturale) è perciò chiamata ius gentium (= diritto comune a tutti i popoli). All'interno delle regole seguite dai romani (es scambi commerciali) troviamo delle esigenze proprie non solo dei romani, ma anche di altri. Ci sono cose che, pur avendo ciascun popolo il proprio diritto, di fatto vengono compiute allo stesso modo presso tutti i popoli. Un cittadino romano può usare la mancipatio (modo formale di scambiare un bene), uno straniero non può perché non è un cittadino romano -> rimane l'esigenza di scambiare un bene -> si usa qualcosa di più semplice che andrà bene sia presso un popolo diverso da Roma, sia presso i romani. A un certo momento le figure tipiche del diritto arcaico devono essere affiancate anche da altre che vadano bene anche nei rapporti con gli stranieri -> figure che fanno parte dello ius gentium LE NORME CONSUETUDINARIE Il ius civile derivava la propria positività da fonte consuetudinaria: la consuetudine può definirsi come il comportamento costante dei consociati con il convincimento di ubbidire a una regola di diritto. La consuetudine consta di due elementi: - Il comportamento costante dei consociati (elemento obbiettivo) - La convinzione di ubbidire a una regola di diritto (elemento subiettivo) La designazione propria dei romani per le norme consuetudinarie è mores, esattamente come per le norme di costume. La consuetudine, quindi, non è sole la fonte prima, ma anche la fonte di gran lunga prevalente per un lungo periodo di tempo; ilo. Ius civile è in sostanza in massima parte diritto consuetudinario. LA MANCIPATIO è diritto proprio dei cittadini romani (quindi è un istituto di ius civile) NON è un contratto, serve a trasferire la proprietà di beni specifici, non di tutti i beni, che si chiamavano res màncipi e che sono pochissime. La mancipatio è impiegata soltanto per queste 4 cose specifiche, che sono i beni più importanti nell’ambito dell’economia romana dell’età arcaica, fondata principalmente sulla terra - L’uomo, che non è visto come uomo ma come schiavo - Gli animali da tiro e da soma, che servono per l’attività agricola - I fondi, i terreni situati sul suolo italico - Le servitù rustiche, che sono “oggetti”: gli schiavi sono visti come cose e non come persone. Se si tratta di un omicidio di uno schiavo si parla di un danno e non di un omicidio Quando un proprietario di un fondo ha il diritto di passare sul fondo del suo vicino a piedi, cavallo, con acqua o con carro -> si parla di attività di transito. La servitù è una relazione tra fondi che viene esplicitata attraverso il comportamento di qualcuno di fisico, non è una relazione tra persone. Chiunque sia proprietario del fondo che necessita uno sbocco sulla strada principale può esercitare una servitù. Perché è una cosa? Perché i romani facevano fatica, soprattutto in età antica, a individuare concetti astratti. Non c'era il livello di astrazione superiore che permetteva di immaginarla come diritto. Per la mancipatio occorrevano 5 persone romane che aveva raggiunto la pubertà e svolgevano la funzione di testimoni. 5 + un libripens che aveva il compiuto di teneva in mano una bilancia. La mancipatio rappresenta un rituale istantaneo (gettare il rame sulla bilancia) che è il trasferimento delle proprietà delle res mancipi. Quindi: - È un antico modo di trasferimento della proprietà (chiamata ai tempi dominium) che si può usare soltanto per una specifica categoria di beni (res mancipi) - Si svolge solo tra un romano e un altro romano - Possiede una caratteristica tipica di tutte le manifestazioni giuridiche del diritto romano più antico: il formalismo TRADITIO È la semplice consegna della cosa, priva di formalità. Si può usare per tutti i beni (res nec mancipi) con effetti giuridici diversi. La mancipatio veniva svolta solo per le 4 res mancipi, mentre la traditio per tutti i beni e senza formalità. La mancipatio trasferisce la proprietà delle res mancipi e non può essere usata per le res nec mancipi, ma si può fare la traditio pe una res mancipi, facendola non si trasferisce la proprietà ma la disponibilità materiale. Se io ricevo una res mancipi con traditio ne divento possessore: sono in relazione con la cosa di fatto, ma non sono proprietario. La situazione potrebbe creare imbarazzi giuridici perché colui che ha fatto il trasferimento di proprietà rimane proprietario dello schiavo anche se fisicamente e materialmente ha consegnato all’altro la res mancipi. CONSTANT IURA POPULI ROMANI [Esordio delle istituzioni di gaio] Il diritto del popolo romano è costituito da: - La legge: non è lo strumento principale di formazione del diritto. Nell’abito della grande quantità di norme giuridiche esistenti la legge ne rappresenta una percentuale non molto alta. Poche leggi ma buone, come la aquilina che tratta della responsabilità di chi deve risarcire un danno avendolo provocato. La legge si forma attraverso una procedura specifica con: proposta del magistrato, approvazione del senato e la votazione dei comizi. La legge prende il nome di colui che la propone Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Il plebiscito è la decisione della plebe, ciò che la plebe ordina e dispone. Un tempo cera un conflitto tra patrizi e plebei, poiché i primi sostenevano di non essere obbligati a rispettare i plebei, ma dopo - Il senato consulto, che ha valore di legge anche se un tempo fu oggetto di discussione. In età imperiale il senato consulto diventa norma giuridica con una denominazione sua propria. È ciò che viene emanato dal senato. Non si sa se avesse valore di legge. - La costituzione del principe: è tutto quello che viene disposto dall’imperatore mediante decreto, rescritto o lettera ed è una pronuncia. Aveva valore di legge. IUS HONORARIUM 1 libro: Gaio dice che ci sono dei magistrati, di cui dei pretori, che erano coloro che amministravano la giustizia. Fu Urbano il 1 pretore, dopo il quale venne Peregrino nel 242. Avevano il diritto di emanare un editto. Il pretore rimaneva in carica 1 anno e all’inizio dell’anno di carica scriveva e rendeva pubblico il suo editto. EDITTO = è un documento nel quale sono indicate le azioni (le tutele processuali) che il pretore concederà nel corso dell’anno di carica. Il pretore era colui che decideva quali tutele era giusto concedere. IUS HONORARIUM = DIRITTO PRETORIO = diritto creato dai pretori Nel 130 SALVIO GIULIANO venne “eletto”, scelto, dall’imperatore Adriano per redigere l’editto e con questo avvenimento finisce l’attività del pretore, diventando sempre più importante attività dell’imperatore. Eccezione: strumento processuale concesso dal pretore, è una circostanza a mio favore, a favore del possessore. Nel caso in cui la consegna fosse fatta in esecuzione di una compravendita esiste l’eccezione di cosa venduta e consegnata. Le 3 funzioni del IUS HONORARIUM: - ADIUVARE: (=agevolare) l’applicazione del ius civile [il pretore poteva intervenire per dare validità al contenuto del testamento che, per ius civile, sarebbe stato invalido] - SUPPLERE: colmare le lacune [es: sul piano della successione non tutti i parenti erano chiamati a succedere, rimanevano fuori tutta una serie] - CORRIGERE: correggere le iniquità [sarebbe ingiusto sul piano del buon senso che il proprietario possa rivendicare indietro uno schiavo che aveva consegnato con il fondamento] allora li interviene lo strumento detto eccezione che permette al possessore di essere tutelato altrimenti permettere al proprietario di riprendersi lo schiavo sarebbe un’iniquità IURISPRUDENTIA Quando ci si riferisce all’esperienza romana antica, con “giurisprudenza” si indica l’attività interpretativa dei giuristi. I giuristi, che avevano il potere di creare diritti, davano dei pareri, i responsi, ma molto spesso erano contrastanti fra di loro ed era proprio questo il problema del diritto romano. Se tutti i giuristi sono d’accordo allora la regola è quella, ma in caso contrario sarà il giudice a scegliere la soluzione più adeguata (sempre proposta dai giuristi) per il caso concreto che gli viene sottoposto, seguendo quindi la decisione che più gli aggrada. A partire dall’età dei principi si creano 2 scuole di giuristi contrapposte fra loro: sabiniani e proculiani. CORPUS IURIS CIVILIS Per il suo contributo in ambito giuridico, Dante incontrò Giustiniano in Paradiso. [Dante, Paradiso, canto VI] Nel VI secolo Giustiniano nominò una commissione formata da diverse personalità, incaricando loro di compiere una ricognizione di tutte le fonti tramandate fino a quel momento e di redigere un’opera che potesse contenere informazioni utili al suo tempo → necessità di fissare il diritto applicabile nel VI secolo, in modo tale che rispondesse perfettamente alle esigenze di tale secolo. L’imperatore aveva indicato diverse tipologie di raccolte che dovevano essere redatte. Il Corpus Iuris Civilis è composto da 4 parti: 1. ISTITUZIONI: in vigore dal 533 d.C. È una raccolta composta da 4 libri, come le Istituzioni di Gaio, con la medesima suddivisione in “persoane, res e actiones”. Recepiscono in grandi parti l’opera di Gaio, ma contengono anche informazioni tratte dai giuristi successivi 2. DIGESTO: in vigore dal 533 d.C. Contiene brani, detti frammenti, di opere di giuristi delle età precedenti a Giustiniano, a partire dal I secolo a.C. (età preclassica). Il giurista più rappresentato è Ulpiano. Ha una modalità di compilazione particolare: nel giro di un paio d’anni, la commissione di Giustiniano lesse e selezionò le parti fondamentali delle opere che riteneva fossero utili. è composto da 50 libri → l’ordine di essi corrispondeva all’ordine utilizzato dal pretore nell’editto. Da un lato si tratta di una fonte fondamentale di conoscenza dei contenuti delle opere dei giuristi romani, dall’altro lato i compilatori non hanno riportato tutto, ma solo ciò che serviva alla loro epoca: il resto fu eliminato o non ci è pervenuto. Ogni argomento viene trattato attraverso una sorta di “collage” di passi di giuristi diversi → per ogni pezzo è riportato l’indicazione del giurista e dell’opera da cui quel pezzo è tratto. ❖ Doppio livello di lettura: - Livello del VI secolo - Livello di ogni giurista dei vari secoli. L’imperatore aveva indicato ai compositori di cambiare qualcosa dei passi dei giuristi più antichi, per adattare quest’ultimo alle esigenze del VI secolo. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Es. Nel Digesto non troviamo mai scritto “mancipatio”, MA “traditio” → i compilatori sostituirono il termine perchè il primo istituto non era più in uso. - Es. Sembra abbastanza chiaro che i compilatori abbiano sintetizzato il senso del passo del giurista classico → motivo per cui Dante fa dire a Giustiniano = dalle leggi ho tirato fuori il troppo e il vano. L’opera di Gaio è l’unica opera che è stata ritrovata nella sua interezza, indipendentemente dal Digesto: è possibile mettere a confronto il testo delle Istituzioni di Gaio con i frammenti tratti dalla stessa opera che i compilatori hanno inserito nel Digesto e si può notare in concreto come i compilatori siano intervenuti nei testi. Le Istituzioni di Gaio sono l’unica opera di cui possiamo leggere 2 versioni: Versione integrale, seppur con qualche lacuna. Versione dei compilatori del Digesto. 3. CODICE È analogo al Digesto, ma ciò che viene raccolto non deriva più dalle fonti giurisprudenziali, ma si raccolgono le costituzioni imperiali da Adriano in poi. È composto da 12 libri, come le 12 tavole. Ci sono 2 versioni: - Una del 528 d.C. - Una del 534 d.C. 4. NOVELLE Nell’ordinare la compilazione di queste raccolte, Giustiniano vietò di fare commenti, rielaborazioni e di emanare norme nuove. Nonostante questo divieto, anche dopo il 534 d.C. l’imperatore continuò a emanare provvedimenti. Tali provvedimenti sono contenuti in questa raccolta → “novelle” è un aggettivo di “constitutiones” = nuove costituzioni. Giustiniano, con questa raccolta, sentì l’esigenza di fissare una disciplina più astratta rispetto. Quello che era contenute nelle altre raccolte = diverse sentenze dei giuristi riguardo la medesima questione. ESEGESI: lettura e interpretazione dei testi IL DIRITTO DELLE PERSONE (IUS PERSONARUM) Diritto subbiettivo: potere conferito a taluno dal diritto obbiettivo a tutela di un proprio interesse. È soggetto del diritto colui al quale il diritto obbiettivo può conferire un potere per la tutela di un proprio interesse, o in capo al quale può costituirsi un rapporto giuridico. Se il potere viene effettivamente conferito si parla di titolare del diritto subbiettivo. Personalità giuridica: è la condizione di colui al quale l’ordinamento giuridico riconosce l’attitudine al conferimento di un diritto subbiettivo. Chi ha personalità giuridica è detto càput (=in italiano è detta persona). - HOMO: nel formulario della mancipatio è lo schiavo, ma potrebbe riferirsi anche alla persona umana in generale. - PERSONA: termine più astratto, in latino significa “maschera”. Non indica necessariamente una realtà naturalistica dell’uomo, ma viene anche utilizzata per indicare delle realtà che non sono persone umane, ma vengono comunque considerate unitariamente. - CAPUT: dal latino, significa testa. Da caput deriva “capacità” giuridica, la “capacità” di agire → fa riferimento alla singola testa, al singolo individuo. Da caput deriva anche “pena capitale” → in senso fisico fa riferimento all’annullamento di una persona. Da caput deriva l’espressione “capitis deminutio”, usata per definire la situazione giuridica delle persone, che si ricollega a “status”. Si ha una capitis deminutio quando si perde uno status, ma si usa anche per indicare la perdita di un elemento da parte della comunità familiare. Se guardiamo alla condizione generale, gli uomini sono tutti liberi, MA alcuni sono liberi da sempre, altri lo sono diventati → rimane comunque una sorta di differenza sul piano sociale. L’estinzione della capacità giuridica per la perdita di uno degli status costituisce la capitis deminutio, di cui vengono distinte 3 specie: - capitis deminutio maxima = perdita dello status libertatis (status più importante). Aveva come conseguenza anche la perdita dello status civitatis e dello status familiae. - capitis deminutio media = perdita dello status civitatis. Aveva come conseguenza anche la perdita dello status familiae - capitis deminutio minima = perdita dello status familiae. - STATUS: condizione giuridica delle persone. In diritto romano, per capire chi detiene la capacità giuridica, bisogna rifarsi allo “status” della persona → solo chi ha la qualifica di “pater familias” detiene la capacità giuridica. SONO 3: Status libertatis: condizione di uomo libero. È il presupposto degli altri due status. Status civitatis: condizione di cittadino romano. Status familiae: condizione particolare all’interno della famiglia = essere paterfamilias. La famiglia romana aveva un nucleo diverso rispetto al nostro nucleo familiare: esisteva una nozione di famiglia, fatta di rapporti di sangue, ma essa non si esauriva lì → la famiglia era una nozione giuridica più complessa: era un gruppo di persone delle quali soltanto una ha la caratteristica di essere paterfamilias, a capo di tutto il gruppo familiare. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 Il paterfamilias è “sui iuris” = soggetto che ha la possibilità di avere su di sè la titolarità dei diritti. I figli del paterfamilias, pur essendo liberi e cittadini, non godevano di tale condizione di statu familiae → erano “alieni iuris” (=diritto altrui), cioè dipendevano dal padre. Alla morte del paterfamilias che, per esempio, aveva due figli maschi, ciascuno dei due diventata a propria volta paterfamilias. I figli non sono necessariamente le persone generate dal padre, ma una categoria più vasta di persone (es. coloro che sono stati adottati). Può anche accadere che, prima della morte del pater familias, un figlio venga “liberato” dalla potestà del padre e diventi paterfamilias di una famiglia parallela. Se il paterfamilias aveva solo figlie femmine, alla sua morte queste diventavano “sui iuris”, ma senza poter accedere allo status di paterfamilias → problemi legati al patrimonio: non vengono considerate attendibili sul piano giuridico. - CORPUS (anche persone giuridiche): si usa nelle fonti per indicare situazioni di un complesso di persone che, di fronte al diritto, sono considerate unitariamente. Deriva l’odierna “corporazione” = insieme di elementi armonizzati tra di loro. CAPACITA’ (GIURIDICA E DI AGIRE) ★ La capacità giuridica è l’attitudine di essere soggetto e titolare di diritti e posizioni giuridiche. Ad oggi siamo tutti in possesso di questa capacità, ma ai tempi dei romani no. CAPACITÀ GIURIDICA: poter essere titolare di rapporti giuridici, poter assumere su di sé degli obblighi. Il presupposto di tale capacità nel diritto moderno è la NASCITA, ma nel diritto romano, il presupposto è completamente diverso: la capacità giuridica è una prerogativa propria di alcuni soggetti soltanto, ovvero coloro che sono a capo di un gruppo familiare e detengono la qualifica di “PATERFAMILIAS”. La capacità giuridica spetta solo a chi possiede contemporaneamente i “tre status” fondamentali (=paterfamilias), ovvero status libertatis, status civitatis e status familiae. ★ La capacità di agire è l’attitudine a porre in essere fattispecie generatrici di effetti giuridici, cioè compiere atti giuridici e ha come presupposto naturale una gran capacità, ovvero la capacità di intendere e volere. 18 anni sono l’età che si pensa si raggiungi la capacità di agire. Per i romani la capacità di agire si raggiungeva una volta raggiunta la pubertà, e perciò la capacità di generare; l’età convenzionale dei maschi era 14, mentre delle femmine 12. CAPACITÀ DI AGIRE: Il presupposto di tale capacità nel diritto romano è la capacità di intendere e di volere, che si traduce nell’identificazione di un momento convenzionale: il compimento della maggiore età, ma è diverso nel diritto romano, dove il presupposto è la pubertà. Gli schiavi non hanno assolutamente capacità giuridica, ma talvolta possono avere capacità di agire, dal momento che sono persone in carne e ossa. La capacità giuridica e la capacità di agire, nel diritto romano, non vanno necessariamente di pari passo: non necessariamente la capacità giuridica è il presupposto della capacità di agire. Differenza tra capacità di agire e capacità giuridica: - Capacità giuridica: riguarda gli effetti della norma. È il presupposto a he gli effetti della norma si producano in capo a qualcuno. È l’aspetto statico della soggettività (es. se mio padre muore io figlio gli succedo, senza dover fare o volere nulla) - Capacità di agire: riguarda l’attività necessaria a promuovere la produzione deli effetti di una norma. È l’aspetto dinamico della soggettività (es. solo se io voglio e mi attivo posso apportare, tramite contratto di compravendita, cambiamenti a rapporti giuridici che a me fanno capo) NASCITA Anche i romani possedevano una loro idea di quando si poteva ritenere che uno fosse nato con effetti giuridicamente accettabili. Il momento della nascita non è esattamente individuabile in modo oggettivo → ciò crea diverse interpretazioni e problemi nell’ambito del diritto. In linea generale, i romani ritenevano che uno fosse nato al momento del distacco del feto dal grembo materno. Il padre veniva chiamato a riconoscere il bambino e ad accettarlo: aveva la prerogativa di decidere se accogliere o meno il neonato in quel gruppo familiare, se si accorgeva che il neonato aveva qualcosa che non andava bene (es. deformazioni) poteva decidere di abbandonarlo (=di “esporlo”, di fatto condannandolo alla morte). La nascita si può definire un FATTO GIURIDICO perché è un accadimento che può avere delle conseguenze sul piano del diritto. Es. Il bambino che si trova ancora nel grembo della madre ha un’aspettativa successoria: se il padre muore prima della nascita (“postumi” = figli nati dopo la morte del padre), quel bambino ha l’aspettativa di diventarne erede ancora prima di nascere. MORTE Anche la morte è un fatto giuridico, poiché ha una conseguenza immediata: genera la successione. La distribuzione dei beni può avvenire nel modo deciso dalla persona stessa prima di morire, attraverso un testamento → si parla di successione testamentaria. Se questo non avviene, la legge prevede una serie di regole in base alle quali il patrimonio viene diviso tra gli eredi → si tratta di successione legittima o intestata (=senza testamento). Esempi di criticità: Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 1) MORTE CONTEMPORANEA DI PIÙ PERSONE DELLO STESSO NUCLEO FAMILIARE: un problema può sorgere nel momento in cui si debba stabilire come declinare la successione nel caso della morte di due soggetti, che rientrano nella stessa linea successoria, avvenuta nello stesso evento (es. incidente, guerra, malattia). Chi è morto prima? Normalmente si fa operare una “PRESUNZIONE”, ovvero un qualcosa di cui non siamo sicuri, ma che il diritto fissa come regola per disciplinare una situazione dubbia. La presunzione, in questo caso, è che le due persone muoiano contemporaneamente, in modo che sia facile stabilire la successione ereditaria. Anche nel nostro Codice Civile ci sono delle regole che spiegano come trattare il caso della commorienza → hanno le loro radici nel diritto romano. 2) MORTE IN PRIGIONIA: condizione nella quale un cittadino romano viene fatto prigioniero e portato presso i nemici, diventandone schiavo. - Se il soggetto in questione è un pater familias, questo in un attimo perde tutti e 3 gli status che deteneva: per primo perde lo status libertatis che, a catena, determina la perdita degli altri due → capitis deminutio maxima. - Se il soggetto in questione, prima di essere fatto prigioniero, ha steso il testamento e poi è morto in prigionia, il testamento viene invalidato: uno schiavo non può scriverlo → non si può dunque dare seguito alle ultime volontà espresse dal soggetto. Qui opera la genialità dei giuristi romani → “FICTIO LEGIS CORNELIAE” = finzione introdotta dalla Legge Cornelia (emanata da Cornelio Silla nell’ 81 a.C.). La legge stabilisce che si faccia finta che il paterfamilias sia morto nell’ultimo momento precedente la cattura, non nel momento in cui era già schiavo dei nemici → in questo modo, sul piano giuridico non vengono toccati gli status: il suo testamento può essere ritenuto valido e gli si può dare esecuzione. La ratio di tale legge è proprio salvaguardare la volontà del defunto → “favor testatoris”: importanza di considerare le reali volontà del defunto, qualora siano state espresse in un modo che si può provare. Es. Se una persona ha inserito nel testamento un successore diverso dai figli e poi muore in prigionia, si crea un conflitto tra quelli che la legge chiama a succedere e coloro che invece sono inseriti nel testamento → conta di più la volontà del defunto. Anche se Roma aveva l’idea della superiorità del cittadino romano rispetto a tutti gli altri, sul piano dello ius gentium vigeva l’idea secondo cui chi veniva fatto prigioniero dal nemico, diventasse schiavo. Qualora un paterfamilias fosse fatto prigioniero e riuscisse a tornare in patria, operava il principio chiamato “post limilium”: una volta tornato in patria, riacquistava le prerogative giuridiche che aveva prima di essere reso schiavo. STATUS LIBERTATIS. La libertà è intesa come la facoltà di fare ciò che si vuole, salvo quanto è vietato dal diritto o proibito dalla violenza libertà= assenza della condizione di schiavo. Lo schiavo da un lato è oggetto di diritti ma dall’altro è membro del gruppo famigliare; è infatti soggetto alla potestà del paterfamilias. Non ha personalità giuridica, ma è in possesso della capacità di agire in quanto individuo umano. Le fonti della schiavitù sono i modi (le cause) attraverso cui l’individuo umano cade nella condizione di servo. ❖ CAUSE della schiavitù: 1) Modi Iuris gentium sono in realtà i modi originari e sono 2: - Nascita da madre schiava → può porre problemi giuridici. (è decisiva di regola la condizione della madre al momento della nascita; se però al momento del concepimento la madre fosse stata libera e unita in giuste nozze, il nato sarebbe libero) - Prigionia di guerra. Anche i romani caduti in prigionia divenivano schiavi ma, tornando in patria, riacquistavano la capacità giuridica. 2) Modi Iuris civilis: - Vendita trans Tiberim del debitore insolvente, dell’incensus (= colui che non risponde al censimento: non può essere annoverato al numero di coloro che appartengono al popolo romano) e dell’infrequens (cioè del disertore). - Unione di una donna libera con schiavo altrui rendeva la donna schiava del padrone dello schiavo - Condanna ad alcune pene. - Uomo libero che si fa vendere come schiavo: perché dovrebbe? Perchè si mette d’accordo con il venditore, fingendo di essere in uno stato di schiavitù. e poi si divide il ricavato della sua vendita con il venditore. In realtà, colui che si fa vendere come schiavo rischia di rimanere per sempre in questa condizione perchè poi il pretore gli nega di diventare libero, non ritenendo corretto ciò che ha fatto. VENDITA TRANS TIBERIM (parte della ius civile) Il venditore deve pagare/eseguire una prestazione (denaro o compiere un’attività) nei confronti di un creditore. Il venditore non paga, ma a un certo momento bisogna fare causa al debitore per ottenere questa prestazione in via coattiva e questo debitore viene condannato. fase patologica del rapporto giuridico FASE DI ESECUZIONE forzata: c’è un’attività di costrizione del nostro debitore condannato al pagamento. Il debitore condannato aveva 30 giorni di tempo per eseguire/obbedire la sentenza e in caso contrario il debitore poteva eseguire su di lui un’attività esecutiva chiamata manus ignetio (=acchiappare il debitore con la mano). Il creditore afferra il debitore e lo trascina di nuovo in giudizio e gli chiede nuovamente di pagare: poteva presentarsi un garante, un amico che garantisce al posto del debitore e che ne diventa responsabile, ma in caso contrario il creditore poteva esporre il debitore, portarlo 3 volte consecutive al mercato e trovare qualcuno che potesse pagare per lui. Se dopo ciò non si risolveva la situazione allora il creditore rendere il debitore suo prigioniero o addirittura ucciderlo. Caratteristiche giuridiche degli schiavi Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Sono oggetti una res ma anche una persona umana - Non hanno capacità giuridica ma a volte hanno una limitata capacità di agire (possono comprare per conto del suo padrone, il dominus, che è colui che esercita la dominica potestas) - Non possiedono nessuno dei 3 status (non possedendo lo status libertis, non possiedono nulla) - È sottoposto alla dominica potestas (il potere sugli schiavi, che comporta la possibilità del padrone di decidere se mettere a morte lo schiavo) - Può esser oggetto di negozi giuridici - Può commettere illeciti: essendo una persona umana lo schiavo può commettere anche atti illeciti, rubando ad esempio. In quel caso essendo lo schiavo una res il responsabile è il suo dominus; quest ultimo, se non è “contento” può restituire lo schiavo, poiché il diritto lo permette MODI DI ACQUISTO DELLO STATUS LIBERTATIS (DA SCHIAVO A LIBERTO) Allo status libertatis si perviene per nascita oppure per liberazione della schiavitù, che prende il nome di manumissio (Manumissio vindicta: applicazione della legis actio sacramento in rem) che avveniva tramite un atto di sovranità famigliare il paterfamilias solennemente rinuncia alla sua potestà e libera lo schiavo. C’è una distinzione fondamentale fra: - Ingenui, ovvero i nati da genitori liberi. - Libertini, i liberati dalla schiavitù Esistevano 3 modi di manumissio: Manumissio testamento: è il più antico e consiste in una dichiarazione solenne del paterfamilias nel testamento (dove quest ultimo designava il suo successore nel governo della familia). Lo schiavo è quindi libero per disposizione del testatore (una volta morto il padrone, se questo lo scrive sul suo testamento, lo schiavo è libero) e durante la pendenza della condizione lo schiavo era detto statuliber. Manumissio censu: iscrizione dello schiavo, per opera del paterfamilias, nelle liste del censo, ovvero le liste dove erano elencati i cittadini. (avviene ogni 5 anni). Manumissio vindicta: utilizzando il processo di libertà, c’era un adsertor che dinanzi al pretore (in iure) affermava la libertà dello schiavo e il magistrato, in mancanza di contraddizione, pronunciava libero lo schiavo. Processo: fase a cui si arriva quando fisicamente un problema non si risolve. In caso di conflitto sulla proprietà di un bene (es schiavo°) si può arrivare ad un processo, che nel diritto antico è un processo caratterizzato dalle stesse caratteristiche che erano proprie della mancipatio (formalismo-riservata ai romani). Processo per legis actiones= azioni di legge, cioè processo che trova la sua fonte nella legge (legge delle 12 tavole). Legis actio sacramento in rem: procedura che si basa sulla pronuncia di parole solenni, sulla gestualità e soprattutto sul giuramento per accertare la titolarità sulla proprietà su un oggetto. Vindicta: contiene la stessa radice della parola rivendica, che indica il litigare su un diritto reale. Avviene attraverso un finto processo di accertamento della titolarità di un diritto reale; si andava davanti al pretore (addetto al processo, un magistrato), che interveniva nella 1 fase del processo, per poi giungere al giudice (non era un magistrato, ma un privato cittadino che, iscritto in liste speciali, viene chiamato a decidere le controversie). 1) Il giudice emana la sentenza 2) Il padrone e il fiduciario sanno finta di voler introdurre un processo sulla titolarità dello schiavo (il processo viene iniziato attraverso affermazione dell’amico che finge di rivendicare lo schiavo come proprio. Il padrone dello schiavo non risponde niente. Il padrone si ritira dal giudizio (in iure cesso) e lo schiavo è libero. 3) È una lite finta per poter ottenere un risultato: il padrone non risponde a questa prima rivendicazione e il magistrato lascia in libertà lo schiavo. Si può dire che era un finto processo condotto nelle forme della legis actio sacramento in rem Leggi che regolavano la manumissio (stabiliscono dei limiti) - Legge fufia caninia: stabilisce una proporzione tra il numero totale degli schiavi. Quelli che si possono liberare per testamento - Legge aelia sentia: 1. Le manomissioni compiute da domini minori di 20 anni e per schiavi minori di 30 anni devono essere fatte vindicta e con iusta causa manumissionis (gli schiavi ugualmente liberati non diventano cittadini ma Latini Aeliani) 2. Vieta le manomissioni in frode ai creditori (nullità) 3. Vieta le manomissioni di schiavi di condotta turpe (gli schiavi ugualmente liberati non diventano cittadini ma sono equiparati ai peregrini dediticii= dediticii Aeliani) Manumissiones di ius honorarium Manumissio inter amicos (tra amici) Manumissio per mensam (all’interno di un banchetto) Manumissio per epistulam (tramite lettera) Il pretore negava le azioni volte a riportare i manomessi nello stato servile. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Legge Iunia Norbana attribuisce a costoro la condizione di latini, che non è equivalente a “cittadino romano”. Con Giustiniano essi (schiavi liberati) sono equiparati ai manomessi nelle forme civilistiche. STATUS CIVITATIS Significa essere cittadino romano. Come si acquisisce questo status? Possibili modi di acquisto: Nascita: diventa cittadino romano chi - Nato all’interno di un matrimonio tra persone munite di conubium (capacità matrimoniale specifica) guardando la condizione del padre al momento del concepimento - Nato fuori dal matrimonio se è figlio naturale di una madre cittadina (si guardava la condizione della madre al momento della nascita) Atto sovrano della civitas: quest’ultima ammette nella collettività un nuovo membro, e questa ammissione può essere verso un singolo o verso un’intera comunità: concessione fatta dai romani ad altre popolazioni (es. la cittadinanza romana che a un certo punto venne attribuita a tutti i popoli italici) Atto sovrano del paterfamilias: il paterfamilias manomette uno schiavo in uno dei modi iuris civilis di manumissione. Acquista la libertà dello schiavo e l’acquisto della cittadinanza romana la manumissio elevava lo schiavo a membro della gens Si può perdere la cittadinanza, in caso di: Perdita della libertà che portava di conseguenza alla perdita degli altri due status Acquisto di un’altra cittadinanza quindi di un altro territorio Partecipazione ad una colonia latina cittadini romani inviati in territori fuori dai confini di Roma per fondare colonie che ampliassero Roma con la partecipazione di colonie perdevano la cittadinanza Condanna penale in questo caso l’ex cittadino veniva mandato in esilio e perdeva la cittadinanza Esistevano i NON cittadini: Latini: Esisteva un trattato tra romani e popolazioni vicine che appartenevano a quella che si chiamava Lega latina. Questa lega si sciolse nel 338 e si affermò la distinzione tra romani e latini. o Prisci= latini originari, comunità che era appartenuta con Roma alla lega latina. Gli veniva concessa una serie di prerogative giuridiche per interagire con i romani, tipo il conubium, ovvero la possibilità di contrarre matrimonio valido sul piano dello ius civile, oppure il commercium, ossia la possibilità di compiere gesti e negozi propri per ius civile (ad esempio la mancipatio). Non era una situazione di cittadini romani ma veniva equiparata. o Coloniarii= erano abitanti di colonie e la loro situazione giuridica era molto vicina a quella dei prisci e di conseguenza a quella dei veri cittadini romani. Venivano assimilati quindi ai primi ma con una situazione meno favorevole o Iuniari= erano in una condizione inferiore rispetto agli altri, poiché nascevano schiavi, non avevano capacità privatistiche e veniva negato loro conubium e capacità mortis causa (la possibilità di disporre autonomamente dl proprio patrimonio per il tempo successivo alla morte. Non potevano fare testamento e alla loro morte i loro beni dei quali fossero diventati titolari ritornavano all’ex dominus autonomamente) Peregrini: erano le comunità sottomesse da Roma durante la sua espansione, che però sono in una situazione peggiore dal punto di vita del commercio (negato commercium e conubium) e vivono mantenendo la capacità secondo il proprio diritto nazionale e hanno quella di ius gentium. o Peregrini dediticii= comunità sciolte da romani il cui diritto sopravvive come consuetudine e che hanno capacità di ius gentium o Dediticii aeliani= hanno solo capacità di ius gentium ANNO 212 dc L’imperatore caracalla concede la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero con la Constitutio Antoniana (a esclusione dei latini iuniani e dei peregrini dediticii). STATUS FAMILIAE Lo status familiae denota la situazione di fronte a un’altra collettività organizzata. Con Familia si intende un gruppo non paragonabile al gruppo che noi oggi decoriamo del nome di famiglia. Il vincolo di appartenenza alla collettività della familia non era il vincolo0 di sangue bensì la comune subordinazione alla potestà di un capo, il paterfamilias. Possedere questo status implica avere la qualifica di pater familias, il quale è abbinato allo status civitatis e status libertatais. Pater familia: possiede tutti gli stati, ha capacità giuridica. C’erano 2 tipi di familia: - Familia proprio iure: si fa riferimento al gruppo famigliare composto da un pater familias e tutti coloro che sono sotto la sua potestà (persone sui iuris + persone alieni iuris) - Famiglia communi iure: Alla morte del paterfamilias i figli (alieni iuris) diventano persone sui iuris, prendendo il posto di paterfamilias e fondendo la propria famiglia proprio iure. La famiglia si divide quindi in piccoli nuclei. La communi iure comprende le proprio iure. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 Agnatio: indica il rapporto di parentela tra 2 persone discendenti da un pater familias comune, quindi da un capostipite comune. Agnato prossimo è il famoso zio, ed è un personaggio importante giuridicamente parlando perché gli venivano attribuite delle prerogative in caso di morte precoce del paterfamilias del pupillo (troppo piccolo) ed era un tutore legittimo Cognatio: parentela di sangue, che fa riferimento alla nascita in senso naturalistico. Dal punto di vista giuridico era rilevante per il diritto; oltre altri effetti minori, rilevava già iure civili ai fini degli impedimenti matrimoniali. I componenti della familia si dividono in: Persone sui iuris (paterfamilias): giuridicamente parlando è colui che è messo meglio perché ha diritto sui beni patrimoniali e ha un potere che si estende su cose (capacità di agire nel mondo del diritto e capacità di agire in generale) e persone (figli, moglie, schiavi che vengono chiamate persone alieni iuris) che si trovano all’interno della sua famiglia. - Paterfamilias: significa signore sovrano. Esercita la potestà. Alla sua morte la familia si scinde in tante familiae quanti sono i filifamilias immediati del defunto. Persone alieni iuris: sono tutti coloro che appartengono alla famiglia del pater familias. Questo può fare tutto, può anche decidere di metterli a morte. - Filifamilias (sui filifamilias immediati del paterfamilias) - Moglie (soggetta alla manus) - Schiavi (soggetti alla dominica potestas) I FILIFAMILIAS Sono sottoposti alla patria potestas, non legati per forza alla familia da una parentela di sangue. Non hanno capacità giuridica e quindi hanno limitata capacità di agire. Gli manca lo status familia. Possono solo aumentare il patrimonio del pater, non possono diminuirlo in caso di acquisizione di beni aumenta il patrimonio. Chi risponde delle obbligazioni del figlio è il pater: in epoca classica si diffonde la prassi di dare ai figli un peculio (peculium), ossia un piccolo ammontario = patrimonio di beni che viene lasciato nella disponibilità del figlio, che quello può muoversi nel mondo del diritto in modo più autonomo. Sono comunque beni provenienti dal padre e che il figlio gestisce, ma sono di proprietà del padre. Chiamiamo pater familias anche il pupillo= il figlio pubere che dopo la morte del padre acquisisce lo status di paterfamilias però senza la completa capacità di agire e viene seguito da un tutore che doveva essere legittimo (qualcosa che deriva dalla legge delle 12 tavole). i fili familias possono aumentare il patrimonio del pater familias ma non possono diminuirlo, ciò vuol dire che ciò che loro acquistano aumenta il patrimonio del proprio pater familias; per esempio se il fili familias diventa debitore con qualcuno questo è un problema, perchè ne risponde il pater che chiaramente non ha il controllo su tutti gli alieni iuris. In epoca classica i filii familias hanno un peculium cioè una quantità piccola di beni che sono a disposizione dell'alieno iuris, ma comunque di proprietà del pater. Nel caso in cui l’alieno iuris facesse un debito e non lo onorerebbe il creditore si può rivolgere al pater familias e citarlo in giudizio, difatti nel processo l’alieni iuris, poteva stare li fisicamente ed essere nominato all’interno dell’attività processuale, ma la condanna al pagamento inserita nel documento è riferita al pater familias e difatti viene scritto il suo nome (in questo documento), questo perchè il pater ha la gestione patrimoniale, nel caso in cui ci sia il peculium nel documento viene inserito l’ammontare di esso affinché non debba risponderne il pater, quindi ne risponde nei limiti del peculium. LE RESPONSABILITÀ’ POSSONO ESSERE IN QUESTO CASO: - adietizia (obbligazioni) questo significa responsabilità del pater familias vicino a quella del figlio, in quanto il pater gestisce il patrimonio e risponde per i debiti contratti dal figlio alieni iuris. - nossale (delitti privati) lesioni, furti, rapina, danneggiamento… c’è lo stesso tipo di processo nel caso del adietizia, solo che quello precedente è fatto attraverso un processo pubblico, in questo caso in processo privato, per questi delitti privati viene stabilita una pena pecuniaria, e nel suo ammontare viene ammontata a seconda del valore della cosa rubata per esempio, questa pena ha una funzione punitiva non solo di pagamento della pena pecuniaria. ESEMPIO se io rubo un oggetto che vale 5, in questo caso io mi troverò a dover risarcire il danno e devo reintegrare il patrimonio per 5 euro e questa è la funziona risarcitoria…. poi c’è il processo privato la condanna in questo caso l'azione penale non ha più il fine di una punizione risarcitoria, ma di una sanzione afflittiva e in questo caso dargli una pena pecuniaria solo per aver rubato quella cosa e non per la reintegrazione del patrimonio. dato che è il pater familias a rispondere egli può decidere: 1. di accettare la condanna e dover risarcire la somma cospicua (nel caso dell’azione penale che ricorda non ha il fine di reintegrare l’ammontare rubato ma è puramente un'azione punitiva per il gesto compiuto) 2. rifiuta e manda il figlio a vivere da coloro a cui egli ha commesso l’illecito e viene chiamata, entra in una semi soggezione nella famiglia nuova a cui egli ha recato danno, si chiama RESPONSABILITÀ NOSSALE POSSIBILI MODIFICHE DELLO STATUS FAMILIAE ADROGATIO = PASSAGGIO DA SUI IURIS AD ALIENI IURIS,È UNA PROCEDURA DI IUS CIVILE ANTICO (FORMALE E SOLENNE) IL 24 MARZO E MAGGIO OGNI ANNO SI RIUNIVANO I COMIZI CURIATI, DAVANTI A QUESTI COMIZI SI SVOLGEVANO DEGLI ATTI RILEVANTI PER TUTTE LE COMUNITÀ E DAVANTI AD ESSE POTEVA AVVENIRE L’ADROGATIO,QUESTA FORMA DI ADROGATIO NON SI CAPISCE SE SIA UN’ANTICA FORMA DI TESTAMENTO, PROPRIO PERCHÈ C’È LA POSSIBILITÀ DI ACQUISTARE UN EREDE NEL CASO IN CUI QUALCUNO DECIDA DI PERDERE IL SUO STATUS DI PATER FAMILIAS E METTERSI SOTTO LA POTESTÀ DI QUALCUN’ALTRO CHE MAGARI NON HA UN EREDE. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 ADOPTIO= UNA PERSONA ALIENI IURIS CHE PASSA DALLA POTESTÀ DEL PATER FAMILIAS ALLA POTESTÀ DI UN ALTRO PATER FAMILIAS, C’È UNA SEMPLICE VARIAZIONE DEL GRUPPO FAMILIARE E NON DELLO STATUS EMANCIPATIO= UNA PERSONA CHE DA ALIENI IURIS CHIEDE DI PASSARE AD ESSERE SUI IURIS PRIMA DELLA MORTE DEL PATER FAMILIAS NORMA DELLE 12 TAVOLE ADOPTIO= un pater familias viene adottato da uno diverso. Come si fa? si applica la norma delle 12 tavole per applicare l’estinzione della patria potestà, la norma veniva utilizzata allo scopo di abbandonare la propria condizione affinché il sottoposto vada nella seconda famiglia. Viene fatta una prima mancipatio per il trasferimento, la condizione giuridica con la quale entra nella nuova famiglia è di causa mancipi ciò significa che è sotto il potere dell’adottante in una condizione di soggezione, A questo punto l’adottante manomette l’adottato, ma ciò non determina la perdita della patria potestà perché ci vogliono tre vendite per la perdita totale, così il pater originale farà una nuova mancipatio la mancipatio 2, esattamente come quella precedente per poi essere di nuovo manomesso e ritorna di nuovo sotto la potestà del primo pater familias. A questo punto viene fatta la mancipatio 3 che ha l’effetto giuridico di estinzione dello status di pater familias. a questo punto verrà fatta la re-mancipatio... Per questo ci vuole un atto apposito: l’adottante rimancipa di nuovo presso il pater familias originario e a questo punto interviene la procedura di in iure cessa a favore dell’adottante (in iure significa davanti l pretore non ha un significato giuridico bensì’ di locazione, vuol dire che si trovano davanti al pretore) avviene una finta rivendita in cui l’adottante dichiara e rivendica la propria patria potestà su colui che sta per adottare, il pater precedente non si oppone ed è così che l’adottante verrà acquisito dal nuovo pater. (atto solenne) in questo modo si spezzava il vincolo di agnazione con la famiglia precedente. adoptio= passaggio da un pater familias ad un altro. EMANCIPATIO: è quel fenomeno giuridico risalente al diritto privato romano sulla base della quale un soggetto alieni iuris e precisamente il figlio legittimo del pater familias otteneva l'estinzione del rapporto di patria potestas diventando a tutti gli effetti un soggetto sui iuris e acquisendo tutti i diritti previsti dallo ius civile così come riconosciuti ai soggetti pienamente capaci di agire. Procedimenti: mancipatio 1 – manumissio - mancipatio 2 - manumissio - re-mancipatio - manumissio 3 l’alieni iuris diventa sui iuris, si libera dal potere del pater, perde il rapporto di agnazione e non ha più diritto alla successione per lo ius civile ma attraverso l’attività del pretore essi possono essere reintegrati attraverso il diritto pretorio. IL MATRIMONIO si contrae in assenza di impedimenti (per impedimenti si intende stato di impuberi quindi essere troppo piccoli e avere meno di 12 anni se si era una femmina e meno di 14 per i maschi, parentela, assenza di conubium) IL MATRIMONIO È PRECEDUTO DALLA PROMESSA DI MATRIMONIO CHE SI EFFETTUAVA IN QUESTA FORMA CHIAMATA SPONSALIA: era una promessa che il pater familias faceva nei confronti del futuro marito, che veniva compiuta nella forma della sponsio, che è la “sorella” della mancipatio (uno strumento che serve a trasferire la proprietà in res mancipi), per questa ragione diciamo che la mancipatio è un negozio giuridico che ha effetti reali in quanto trasferisce diritti reali. La sponsio nella forma base avveniva attraverso una domanda e una risposta. Secondo una forma prestabilita intervengono due soggetti “un soggetto chiede: prometti di dare 100? questo perché la sponsio veniva utilizzata come forma di garanzia e la risposta era “prometto”. Doveva essere utilizzato il verbo spondere poiché qualsiasi altro verbo avrebbe reso nullo questo strumento negoziale. La sponsio crea un diritto relativo perché colui che risponde “spondio” assume l’obbligo che siano dati i 100 promessi, colui che si fa promettere diventa creditore e colui che risponde diventa debitore. (quindi è un contratto) Alla sponsio si affianca un altro tipo di nuovo contratto molto simile, sotto il piano però dello ius gentium chiamato stipulatio che è strutturato allo stesso modo, ma può essere compiuta utilizzando qualsiasi verbo in qualsiasi lingua e non per forza “spondio” domanda e risposta chiaramente devono avere correlazione nel verbo, quindi questa modalità di contrattazione viene utilizzata anche da non cittadini. la risposta alla domanda PRODUCE IMMEDIATAMENTE EFFETTI GIURIDICI. Quindi nell’età più antica veniva utilizzato l’istituto della sponsio per il matrimonio. il pater da una certa forma di garanzia del denaro la definirei “caparra” a colui che voleva in sposa la figlia. LE NOZZE SONO L’UNIONE DI UN UOMO E DI UNA DONNA E UNA COMUNIONE DI VITA, UNA CONDIVISIONE DI DIRITTO UMANA E DIVINA. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL MATRIMONIO: coabitazione e affectio maritalis. 1. MATRIMONIO CUM MANU= che è accompagnata dall’acquisto del potere sulla donna, acquisita o dal marito nel caso fosse pater, o dal pater del figlio. modi di acquisto della manus: o confarreatio rituale secondo il quale gli sposi spezzavano una focaccia di farro, si crea un rito che determina l’acquisto della manus sulla moglie. o coemptio attraverso la mancipatio il cui formulario è adattato allo scopo che vuole raggiungere, in questo caso l'acquisto della manus sulla donna. o usus è un modo di acquisto sulla manus che indica che se la moglie coabitava per un anno continuativo con il marito questo determinava l’acquisto della manus, definendo una donna come una COSA MOBILE, secondo quel principio che rimanda all’usucapione. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 Ben presto però si cominciò a permettere alla donna di liberarsi dalla manus,allontanandosi per tre notti dalla casa del marito che impediva il sorgere della manus (definito trinoctium) la donna rimane di fatto nella posizione giuridica prima del matrimonio, quindi donna sui iuris sottoposta alla sorveglianza del tutore,oppure alieni iuris che pur spezzando l’usus allontanandosi per tre giorni rimaneva sotto la potestà del pater originario questo però creava problemi sotto il punto di vista del piano successorio , fondamentalmente l’acquisto della manus si rifletteva sul piano successorio. (MATRIMONIO SINE MANU) Gli effetti dell’acquisto della manus sono il fatto che la donna entra nella potestà del marito o del suo pater familias (del figlio) e acquista il diritto successorio spezzando legami con la famiglia di origine, se la donna è sui iuris quindi diventa alieni iuris. RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONIUGI 2. MATRIMONIO sine manu Usus non sempre veniva concluso in modo automatico e in più c’era un modo di acquisto della manus che richiedeva non un atto istantaneo ma una situazione perdurante nel tempo: la coabitazione di marito e moglie almeno per un anno. La donna veniva trattata secondo il principio di possedere un bene mobile per un anno. C’era la possibilità di permettere alla donna di liberarsi da questo acquisto automatico della manus, allontanandosi ogni anno, vedendo il continuamento di quell’anno necessario per ottenere la manus per usus, per 3 notti dalla casa del marito (usurpatio trinoctis) e cosi facendo impediva il sorgere della manus, impediva il decorso completo dell’anno di convivenza dopo il matrimonio per ottenere la manus. Da ciò nasce l’idea che il matrimonio potesse essere sine manu matrimonio non doveva essere necessariamente accompagnato dall’acquisto della manus della donna. Effetto dell’usurpatio trinoctis: la donna rimane sui iuris o sottoposta al suo pater originario, anche agli effetti successori. Dote: complesso di beni - Era costituita a favore del marito o del paterfamilias del marito - Era detta protectia se costituita dal pater della donna e adventicia se costituita dalla donna stessa o da un terzo (casi particolari, per esempio perché creditore della moglie) Costituzione della dote: Esistevano 3 modalità, strumenti o effetti giuridici, che potevano verificarsi a seconda che si usasse una o l’altra modalità di costituzione della dote. Ci sono 2 tipi: - Dotis dictio / dotis promissio: efficacia obbligataria. Nella prima ipotesi, dotis dictio, si prometteva la dote e si creava l’effetto giuridico obbligatorio. È una promessa unilaterale, mentre la dotis promissio è una vera e propria stipulatio, che necessitava intervento di 2 persone, di cui uno faceva la domanda e uno dava la risposta. C’è chi manifesta la volontà: nella stipulatio sono 2. Manifestare la volontà è diverso concettualmente da obbligarsi. Anche nella mancipatio si manifesta una volontà ma non si manifesta nessuna obbligazione. Nella stipulatio 2 volontà ma 1 obbligo: colui che risponde. - Dotis datio: c’è un’efficacia reale. È la trasmissione della proprietà dei beni mediante mancipatio, in iure cessio o traditio. La dote deve essere restituita allo scioglimento del matrimonio. Scioglimento del matrimonio: Le principali cause di scioglimento del matrimonio sono 4: - Morte di uno dei due coniugi - Capitis deminutio maxima emedia - Divorzio si poteva divorziare nel senso di separarsi e andarsene per strade diverse. - Repudium (dichiarazione unilaterale recettizia) LIMITAZIONI DELLA CAPACITA’ DI AGIRE Il numero dei soggetti che possedeva la capacità di agire era più ampio rispetto al numero dei soggetti che possedeva la capacità giuridica. Quando si parla di limitare questa capacità si fa riferimento soltanto alle persone sui iuris, che hanno qualche “problema” perché ad esempio sono minori: hanno capacità giuridica ma la capacità di agire no. La tutela riguarda solamente quindi i soggetti sui iuris (impuberi e donne) poiché gli alieni iuris sono già sottoposti alla potestas del paterfamilias. TUTELA IMPUBERUM I puberi sono coloro che sono nella posizione di paterfamilias ma non hanno ancora raggiunto l’età pubere. Poteva essere tutela: - Testamentaria: il paterfamilias prima di morire fa testamento scrivendo il tutore; quindi, è una scelta obbligata del paterfamilias. Il tutore doveva essere uomo. - Legittima: la legge delle XII tavole stabilisce chi chiama a ricoprire l’incarico di tutore e chiama l’agnatio prossimo. In mancanza di testamento e in mancanza di eredes sui ovvero di persone direttamente sottoposte alla potestà pater, veniva chiamato ad ereditare l’agnatio prossimo. È una sorta di salvaguardia. - Dativa: (in caso di mancanza dell’agnatio prossimo) il tutore veniva nominato dal pretore secondo la lex Atilia del 210 ac Il tutore: - Può rifiutare di fare il tutore (se testamentario o legittimo) e in quel caso si passa agli altri tipi di tutela. Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Svolge un ruolo di amministrazione di beni dell’impubere. (impubere infante non è in grado di compiere gli atti solenni di ius civile, non è in grado di farlo perché a malapena parla. I romani sostenevano che impubere infante arrivava fino ai 7 anni. Dai 14 in su poteva compiere determinati atti, ma non poteva farlo in autonomia: era affiancato dal tutore) - Presta la sua auctoritas: era una sorta di permesso e di approvazione degli atti che svolgeva l’impubere. - Presta una garanzia rem pupilli salvam fore il tutore che avrebbe gestito il patrimonio del pupillo in modo corretto. Era la salvaguardia del patrimonio del pupillo. - Alla fine della tutela può essere chiamato a rendere il conto della sua gestione ( actio reationibus distrahendis: actio tutelae) TUTELA MULIERUM Le donne avevano SEMPRE il tutore. Si riteneva che le donne non fossero sufficientemente dotate naturalmente di qualità per gestire da sole i propri affari giuridici. Le tipologie di tutela erano le stesse degli impuberi. La donna pubere, una volta morto il paterfamilias, viene sottoposta di nuovo a tutela. Passa dal potesta del paterfamilias alla tutela di un altro, che non la comandava, ma la affiancava. Il tutore della donna, quindi, non gestiva il patrimonio, ma prestava solo l’auctoritas. Già dalla tarda età repubblicana alla donna è permesso scegliere il proprio tutore. Dall’età augustea nasce la lex iulia et papia poppea che introduce il ius liberorum, che permette alla donna di liberarsi dalla tutela. 3 figli ingenua, 4 figli libertas CURA - Minore di 25 anni avevano i curatori Un ragazzo poteva rappresentare una sorta di facile preda per lo speculatore che lo induceva a compiere atti giuridici sfavorevoli: per questo nasce la lex laetoria introduce una pena pecuniaria per sanzionare chi abusava dell’inesperienza del minore. Da qui il minore ha la possibilità di opporre al creditore un’eccezione= inserisce nel giudizio la circostanza di essere minore di 25 e ciò fa si che possa cambiare l’atteggiamento del giudice nell’emanare la sentenza. Nasce anche la exceptio legis laetoriae, che permetteva di tornare alla situazione precedente ed era concessa al minore convenuto per l’adempimento del negozio. Tutti i potenziali creditori avevano paura di contrattare con il minore perché rischiavano comunque di dover pagare la pena pecuniaria, perciò il minore veniva affiancato dal curatore. –> era un vantaggio sia per il minore che per il creditore - Furiosus colui che ha problemi mentali. Era affiancato dal curatore. - Prodigus colui che ha la tendenza a dilapidare il patrimonio famigliare. Era affiancato dal curatore. Il curatore gestisce il patrimonio del minore. Compie atti di disposizione con gli effetti dell’interposizione gestoria. Presta il consenso ai negozi compiuti dal minore. SUCCESSIONE LEGITTIMA O AB INTESTATO (ius civile) Legge delle XII tavole (Tavola 5):. Traduzione:. Familiam = intero complesso patrimoniale e potestativo che faceva capo al paterfamilias. In mancanza di testamento (successione intestata): I primi a succedere sono i sui heredes = soggetti direttamente sottoposti alla potestà del pater. In mancanza di heredes, succede l’agnatus proximus = agnato di grado più vicino. Se manca l’agnato prossimo, non succede l’agnato successivo, MA la successione passerà ai gentiles. Per un certo periodo di tempo, Roma era costituita da una confederazione di gruppi gentilizi → non si sa se l'attribuzione della facoltà di impossessamento ai gentiles conferisse a qualunque singolo membro della gens del defunto di occupare individualmente i beni ereditari, oppure se la presa di possesso fosse riservata alla collettività gentilizia nel suo insieme. In diritto romano, dal punto di vista terminologico, la successione intestata può distinguersi in: Legittima: successione di ius civile basata sulla legge delle XII tavole (fonte di ius civile). Ab intestato: più in generale, la successione intestata può definirsi così perchè, a un certo punto della storia del diritto romano, accanto alle norme di ius civile sorsero nuove regole derivanti da ius honorarium → il pretore intervenne per permettere ad alcuni soggetti, che non rientravano nella successione di ius civile, di succedere comunque. Lo schiavo poteva ereditare, ma di per sé non ha capacità successoria: prima di istituirlo erede bisognava manometterlo (manomissione testamentaria) → si trattava dell’unico caso in cui una disposizione poteva precedere l’indicazione degli eredi, altrimenti la prima cosa da leggere su un testamento era proprio il nome di questi ultimi. Lo schiavo poteva anche essere “beneficiario” in un testamento, ma quello che riceveva andava al dominus che poteva decidere se aggiungerlo al suo peculium o no. ❖ CAUSA CURIANA: Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 Un tale Coponio istituisce erede il figlio che deve ancora nascere → nel testamento si potevano istituire eredi anche i figli concepiti, ma non ancora nati. Per il caso in cui il figlio muoia prima di raggiungere l’età pubere, Copionio istituisce erede in secondo grado (sostituto pupillare) Manio Curio (da qui la denominazione “causa Curiana”). MA, il figlio muore prima di nascere → nasce un problema giuridico di interpretazione: Coponio nel testamento non ha fatto riferimento all’ipotesi che poi si è verificata. Un giurista si deve domandare se il fatto che il concepito non ancora nato sia morto ancora nel ventre della madre, ci permetta di dire che si sia verificato ciò che il pater aveva scritto nel testamento = che il bambino sia morto impubere. ◆ Se si decide che il bambino non nato non si può definire figlio impubere, allora non si può dar seguito a quanto Coponio ha scritto nel testamento → il testamento cade e si apre la successione legittima. Chi si opporrà alla pretesta di Manio Curio? L’agnato prossimo. Non nato = morto prima di diventare pubere? A seconda della risposta, si crea una conseguenza giuridica sul piano successorio. Se rispondiamo si, la successione andrà a Manio Curio. Se rispondiamo no, la successione andrà, per legge, all’agnato prossimo. Ciascuno dei due contendenti trova un difensore che difenda la sua posizione in giudizio → si scontrano 2 personalità molto importanti dell’epoca. Lucio Licinio Crasso sosteneva che fosse vero che il bambino non fosse ancora nato, ma riteneva che non fosse importante la ragione per cui non fosse diventato pubere → ad acquistare la successione doveva essere Manio Curio. Quinto Muzio Scevola sosteneva che l’eredità dovesse andare all’agnato prossimo, attenendosi letterariamente al testamento. ◆ Con grande scalpore, la causa fu vinta da Lucio Licinio Crasso → la ragione fondamentale era legata alla prevalenza della volontà del testatore (favor testatoris), considerata più importante rispetto alla rigida interpretazione che i sostenitori di Scevola avevano accolto perché, da un punto di vista letterale, era quella maggiormente condivisibile. Furiosus e prodigus sono 2 soggetti sui iuris. Furiosus Il furiosus è colui che è affetto da pazzia, dunque non comprende il valore degli atti che porta a compimento e richiede un curatore, che interviene appunto in caso di malattia mentale; egli è identificato come agnatio prossimo dalle 12 tavole per il meccanismo di controllo sul patrimonio legato alla successione, la limitazione del furiosus è quella legata alla sua limitata capacità di agire. Il curatore ha una gestione totale. Il patrimonio è interamente amministrato dal curatore ed i rapporti tra lui e l’amministrato sono regolati con le forme dell’interposizione gestoria (senza che ci sia una attuazione contrattuale ugualmente si mette A gestire gli affari di un’altra persona). Il furiosus è incapace di agire tranne che nei “lucidi intervalli”, ovvero i momenti in cui è lucido e la malattia mentale non lo influenza eccessivamente. Prodigo È il figlio che torna dal padre dopo aver dilapidato tutto il patrimonio. È una persona che va tenuta sotto controllo per quella idea che il patrimonio famigliare deve essere il più possibile salvaguardato. Il diritto romano prevedeva dei rimedi anche per il prodigo; quest’ultimo è un po’ assimilato al malato di mente come se questo suo atteggiamento di sperpero corrispondesse a una sorta di incapacità mentale. Le 12 tavole prevedono delle indicazioni: o Il curatore deve essere l’agnatio prossimo o Nei confronti del prodigo viene pro0nunciata un’interdizione (proibizione) dal compimento di atti per aes et libram (=mancipatio e testamento) o Il trattamento del prodigo è assimilato a quello degli alieni iuris, che avevano una capacità di agire limitata (potevano aumentare il patrimonio del pater ma non potevano diminuirlo, stesso discorso x prodigo) PERSONE GIURIDICHE Il termine persona giuridica è completamente sconosciuto al diritto romano; i romani non usavano questa terminologia, però non è che non conoscessero il meccanismo giuridico: l’espressione non è quindi derivante dalla terminologia romana, ma possiamo usare questo schema descrittivo per connotare quelle situazioni nelle quali per esempio un gruppo di persone fisiche si riuniscono tra di loro per compiere qualche attività in comune per realizzare un qualche tipo di interesse o scopo. Si creano questi aggregati che vengono considerati dal diritto in modo unitario, come se si trattasse di un soggetto unico. Si parla non solo di persone (associazione) ma anche di complessi di beni (fondazione). Se viene riconosciuta questa l’aggregazione dall’ordinamento allora si ha l’attribuzione di personalità giuridica. Si è discusso parecchio a proposito di ciò, e ci sono 2 teorie: o Realtà c’è chi pensa che questa modalità di agire nel mondo del diritto sia insita nella realtà delle cose e quindi l’esistenza delle persone giuridiche sia qualcosa di reale e di naturalmente parte della realtà concreta, così come la persona fisica esiste anche la persona giuridica Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 o Finzione per poter arrivare a dire che un’aggregazione si una persona giuridica bisogna passare attraverso un passaggio di finzione Tutto questo è teoria; in concreto, in diritto romano esistono certamente delle situazioni nelle quali noi ci troviamo davanti aggregati di persone che vengono trattate unitariamente rispetto al diritto e che possono agire unitariamente (singole persone che prendono decisioni e agiscono). Quali sono le entità (4) che possiamo considerare unitariamente? Su un piano generalissimo: il popolo romano, è un insieme di cittadini che tutti insieme formano questa entità e che a volte vengono considerati un tutt’uno di fronte al diritto, o le civitates (città) che erano piccole città stato e che nel mondo romano si potevano suddividere in 2 grandi gruppi: i municipi o municipes, che indica l’insieme di tutti gli abitanti del municipio, (territori conquistati dai romani che continuano a vivere secondo le proprie istituzioni) e le colonie (territori fondati dai romani) che vengono entrambi considerati dal diritto in modo unitario. Ci sono poi i collegia, che ad oggi sono associazioni all’interno di una organizzazione cittadina che perseguono degli scopi simili e che avevano un patrimonio comune e che venivano trattati unitariamente di fronte al diritto; ad esempio, associazioni funerarie, associazioni che svolgono lo stesso mestiere ad esempio. I collegi vengono ammessi o sciolti a seconda dell’atteggiamento del potere politico, a seconda di ciò i collegi venivano uccisi o lasciati vivere. Il peculium è un esempio di complesso di qualcosa che viene considerato dal diritto in modo unitario, ma non è una vera e propria persona giuridica. L’eredità giacente che ricorreva quando si ha un lascito testamentario che c’è ma non è ancora stato accettato. Rischiava di diventare qualcosa di dinamico e tutt’altro che giacente poiché capitava che venissero coinvolti anche schiavi, e non si sapeva chi dovesse rispondere x lui (c’erano 2 tipi di eredi, gli eredi e gli eredi volontari). L’e. g. ricorreva quindi nelle situazioni id incertezza, achey temporanea, nel momento in cui il chiamato accetterà l’eredità o sull’identità in concreto del siggetto che abbia rurolo allal chiamata. Hereditas vice persona fungitur sicuti municipium et decuria et societas (dice FIORENTINO) l’eredità fa le veci di una persona, come il municipio, la decuria e la società (nel senso di contratto consensuale che però esplica i suoi effetti solo nei rapporti interni tra soci). È come se la società continuasse l’esistenza del defunto e ne facesse le veci. I romani conoscevano o non conoscevano una nozione di soggetto di diritto separato dall’individualità delle persone o dei beni che lo compongono? In un testo di gaio troviamo una definizione e die persona giuridica che si avvicina a quella moderna; In provincia esistevano i magistrati provinciali (analoghi al pretore urbano) che emanavano un editto provinciale che valeva x quei territori; dal punto di vista terminologico gaio dice che esistono delle entità collettive che hanno il corpus (indica anche le entità collettive nel senso complesso di persone). Il “corpus habere” significa essere una persona giuridica e deriva solo da leggi, senatoconsulti e costituzioni imperiali. Il soggetto collettivo per essere considerato entità giuridicamente unitaria deve avere: o Beni comuni (res communes) o Cassa comune (arcam communem) o Rappresentanti processuali QUINDI, RIASSUMENDO: Non esiste concetto astratto di persona giuridica in diritto romano, ciononostante nella realtà concreta esistono delle figure che possono essere ricondotte a questa persona giuridica perché il diritto romano le considera unitariamente (città, municipi, colonie, collegi, peculio, eredità giacente) Persona giuridica Fiorentino parla di una persona NON assimilabile alla nostra persona giuridica. Gaio invece dice che ci sono delle entità collettive che hanno il corpus e che possono essere assimilate a persone fisiche. Le caratteristiche sono beni comuni, cassa comune, persone fisiche che rappresentano queste entità in giudizio. Da qui parte l’idea che arriverà a configurarsi compiutamente come persona giuridica. Questa evoluzione è proprio quella tipica del diritto romano. IL DIRITTO DELLE COSE CLASSIFICAZIONE DELLE RES Ci sono due tipi di cose, ovvero le res mancipi e le res nec mancipi. 1. Il catalogo delle res mancipi comprendeva i fondi situati sul suolo italico, gli schiavi, gli animali da tiro da soma e infine le servitù rustiche. Erano quelle di preminente importanza sociale. Richiedevano l'uso delle forme solenni della mancipatio o della in iure cessio. 2. Tutte le altre cose erano res nec mancipi e avevano importanza meramente individuale. Potevano validamente allenarsi con effetto traslativo immediato, adoperando la semplice traditio o consegna. nell'età post classica la distinzione tra res mancipi e res nec mancipi, già in decadenza nell'epoca classica, non attecchì nel nuovo ambiente e Giustiniano lo abolì formalmente. La tradizio venne resa modo di acquisto della proprietà di qualsiasi cosa. Il ius civile distingue le cose in res mancipi e res nec mancipi, distinzione sorta nell’ordinamento della familia, ma la distinzione fondamentale è tra: o Res in nostro patrimonio: appartenenti al nostro patrimonio o Res extra nostrum patrimonium: al di fuori del nostro patrimonio La “summa divisio” è divisa in 2: o Res divini iuris Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 La configurazione assume una rilevanza marginale. Sono nullius in bonis (libro 2, cap 9), che significa che sono cose che non fanno parte del patrimonio di nessuno. [in bonis= all’interno dei beni] in bonis indica la proprietà per indicare la proprietà pretoria. C’è una triade di beni, tutti improntati a qualcosa di religioso. Le res divini iuris sono quelle che si considerano appartenere alla divinità e si distinguono in sacrae e religiosae, a seconda che appartengano agli dei superi e agli dei Mani. - Res sacrae: sono consacrate agli dèi superi, gli dèi classici della tradizione romana. Questa consacrazione avviene tramite un atto di autorità del popolo romano. La consacrazione o dedicatio era una cerimonia religiosa che può costruirsi come un vero e proprio negozio giuridico di diritto sacro, esprimente la cessione della cosa al Dio. Questa consacrazione era atto del magistrato, che era l'unico che poteva entrare in relazione con la divinità a nome del gruppo, e doveva essere autorizzata dal popolo romano con legge o più tardi con Senato consulto. In quanto considerate nullius in bonis, non ne è ammessa la rivendicazione, ovvero la Reivindicatio. - Res religiosae: consacrate agli dèi mani (dei minori) e vengono consacrate tramite la traslazione di un cadavere (anche la sepoltura di uno schiavo rende quel luogo religioso). Le cose religiose sono le cose appartenenti agli dei mani, cioè i sepolcri gli oggetti destinati alla conservazione al l'ornamento del cadavere. Per renderla religiosa è sufficiente un mero atto di volontà del privato, ovvero l'illazione del cadavere, a opera del proprietario del terreno. Il motivo per cui basta la volontà del privato è che il culto degli dei mani era culto privato , non pubblico (come il culto degli dei superi). Esse sono nullius in bonis, non suscettibili di far parte del patrimonio di alcuni di negozi giuridici patrimoniali e privati. - Res sanctae: sono oggetto di una particolare protezione. Sono le cose che senza essere sacre o religiose sono difese da ogni violazione da parte degli uomini e da cui gli uomini devono astenersi per non incorrere in gravi sanzioni. Sono ad esempio mura e porte della città, e luoghi di delimitazione della città stessa (sottratti a qualsiasi tipo di disposizione). non sono spettanti né agli dei superi né agli dei mani ma escludono i rapporti umani. Anche loro sono nullius in bonis e perciò era vietata qualsiasi immissione in esse, il compiervi comunque opere e il farvisi riparazioni senza il permesso dell'autorità pubblica o Res humani iuris Sono le cose di diritto umano e si possono distinguere in cose pubbliche e cose private. - Res publicae: sono le cose appartenenti alla collettività politica per eccellenza, ovvero lo stato. Non appartengono al patrimonio di nessuno ma possono appartenere alle universitates (denominazione più tarda che si consolida in età giustinianea per indicare quelle collettività di cui abbiamo parlato precedentemente) - Res privatae: sono le cose appartenenti ai singoli Gaio (2 libro, cap 13) distingue tra le cose corporali e le cose incorporali. - Cose corporali sono quelle che si possono toccare, le cose tangibili (fondo, schiavo, oro, argento) … - Cose incorporali sono quelle che non si possono toccare, poiché costituiscono in un diritto come ad esempio eredità, usufrutto, le obbligazioni contratte in qualsiasi modo [sono quegli obblighi che sorgono ad esempio dai contratti. Pososo derivare anche dai delitti, figure sanzionate sul diritto privato il cui trattamento era circoscritto nel diritto privato in funzione di riparazione del torto; quindi, pagare alla vittima faceva si che chi veniva condannato avesse un’obbligazione] Usufrutto riferimento alluso del frutto. È un diritto reale e consiste nell’usare un bene e percepirne i frutti. Abbiamo un proprietario e un usufruttuario (es. una persona che vuole vendere una casa ma ci abita una nonna anziana che non cambia volentieri il suo ambiente e quindi si decide di vendere la nuda proprietà per far si che diventi di qualcun altro ma la nonna tiene l’usufrutto, ovvero rimane a viverci e ne trae i “frutti”) (Usucapione prendere qualcosa, possederla a lungo per poi diventarne proprietario) Gaio non espone subito il diritto reale della proprietà proprio perché vi era una concezione molto concreta e reale della proprietà e non era ancora concepito come un diritto astratto. Il percorso di astrazione era stato molto lungo e perciò pe i romani non aveva senso parlare di diritto di proprietà, ma si parlava piuttosto del bene sul quale quella proprietà veniva esercitata. Questi diritti però possono sorgere anche sulle cose corporali: posso avere l’usufrutto anche su uno schiavo Poiché sono molteplici le caratteristiche delle cose, il diritto romano ci presenta le seguenti distinzioni: - Cose fungibili e cose infungibili Fungibili: si dicono le cose appartenenti a uno stesso genere, quando gli usi degli scambi non tengono conto delle immancabili differenze esistenti tra l'uno e l'altro degli oggetti compresi nel genere, perchéli ritengono tutti ugualmente adatti ad adempiere alla stessa funzione. Sono quindi le cose che possono essere sostituite con altre (es. denaro o sigaretta nel pacchetto… sono tutte sostituibili una con l’altra, vengono prese a caso dal pacchetto) Infungibili: sono le cose che gli usi del commercio considerano dotate di una individualità propria e pertanto destinate ognuna ad adempiere una diversa funzione. Hanno quindi una propria individualità che le rende uniche e non possono essere sostituite l’una con l’altra (es. libro sottolineato) - Cose consumabili e cose inconsumabili Consumabili: cose che usandole si consumano, si distruggono (es. sale quando lo metto nella pasta o denaro o combustibili) Inconsumabili: non si consumano al primo utilizzo, ma possono deteriorarsi Scaricato da GIOVANNI SARCHIONE ([email protected]) lOMoARcPSD|14141272 - Cose divisibili e cose indivisibili Divisibili: quelle che si possono dividerei modo da ottenere delle parti che hanno un valor economico prezzabile. Sono le cose che frazionandone le parti conservano la funzione economico sociale che aveva il tutto. Esempio fondi, somme di denaro, derrate. Indivisibile: cose che divise non hanno un valore economico. Il frazionamento ne distrugge la funzione economico sociale. Esempio animale, schiavo, statua. La divisione può effettuarsi in due modi, o mediante separazione effettiva della materia, o mediante delimitazione per linee matematiche. - Cose semplici, cose composte e cose collettive Ci sono tre generi di beni (scritto come corpus, che è una parola utilizzata per più cose): Semplici: sono le cose in cui gli usi sociali non tengono conto della inevitabile pluralità degli elementi costitutivi e che si riguardano come unità continua in cui le parti costitutive spariscono, cessando di esistere come cose a sé stanti. Sono quindi i beni contenuti i