Dispense di Istituzioni di Diritto Romano PDF
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2022
Caromani Carlotta
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This document is a handout on Roman law from the 2021-2022 academic year. It covers the fundamental principles of Roman law, including the different phases of Roman legal development. The handout is designed to aid in the learning of Roman legal concepts, but it isn't intended to replace formal university materials.
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DISPENSA DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO EDIZIONE A.A. 2021 - 2022 A cura di Caromani Carlotta 1 Questa dispensa è scritta da studenti senza alcuna intenzione di sostituire i materiali universitari. Essa costituisce uno strumento utile allo studio della materia ma non garantisce u...
DISPENSA DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO EDIZIONE A.A. 2021 - 2022 A cura di Caromani Carlotta 1 Questa dispensa è scritta da studenti senza alcuna intenzione di sostituire i materiali universitari. Essa costituisce uno strumento utile allo studio della materia ma non garantisce una preparazione altrettanto esaustiva e completa quanto il materiale consigliato dall’Università. ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO v Il termine Istituzioni deriva dal latino «instituere», che significa «insegnamento elementare». Ci hanno insegnato gli antichi romani che chiunque si avvicini al mondo del diritto debba avere gli elementi base, una formazione elementare, che gli consenta di sapere quali sono gli elementi di fondo della formazione di un giurista. Questo corso si occuperà quindi dell’insegnamento elementare dei principi di fondo del diritto romano. v Diritto è inteso in senso oggettivo, cioè come insieme di norme giuridiche o ordinamento giuridico. Studiare i principi elementari, significa studiare l’insieme delle norme giuridiche che hanno formato l’ordinamento giuridico romano. In questo caso, la parola «diritto» si traduce in latino come «ius civile», civile perché regola la vita dei cittadini nella civitas romana; è un diritto che tutela i diritti dei cittadini. Ø Per norma giuridica gli antichi romani intendevano un comando, che dovrebbe però avere 3 requisiti per essere considerato norma giuridica: § Generalità (la norma prevede il comando generale, cioè rivolto a tutti i consociati); § Astrazione (non si prevede una fattispecie particolare, bensì una fattispecie astratta; es.: la norma giuridica sul furto non contiene nomi propri di persona, prevede in generale tutte le ipotesi in cui ci si appropria di una cosa altrui, quindi è una fattispecie generale, non un caso concreto); § Coattività (il comando deve essere munito di forza coattiva, vale a dire che il comando generale e astratto può essere applicato anche ai recalcitranti, a chi cioè non vuole che questo comando venga applicato; es.: il ladro non vorrebbe andare in galera dopo aver rubato, ma poiché si è macchiato di questo comportamento, violando una norma giuridica, ci va comunque). v L’aggettivo romano, in riferimento all’ordinamento giuridico, si riferisce all’ordinamento giuridico degli antichi romani, ma questa definizione non basta, dobbiamo fissare un periodo storico che ci consenta di ricostruire qual è stato l’ordinamento giuridico a Roma. La linea del tempo parte da una data della tradizione storica, quella della fondazione della città di Roma (754/753 a.C.), fino ad arrivare, XIV secoli dopo, al 565 d.C., data che coincide con la morte dell’imperatore Giustiniano, autore dell’opera giuridica più importante mai realizzata nella storia dell’uomo, la quale prende il nome di Corpus Iuris Civilis (il Corpo del Diritto Civile. ordinamento giuridico è rimasto uguale o si è modificato nel corso del tempo. Non sono molti i documenti che attestano come fosse regolata la vita dei romani all’inizio della storia di Roma, gradualmente essa risulta più̀ documentata fino a giungere, in via definitiva, all’opera di Giustiniano. Al momento della sua formazione, l’ordinamento giuridico romano regola la vita di un gruppo di persone poco numeroso, legate da vincoli di amicizia e parentela e che fondano la propria vita su attività̀ rurali, come la coltivazione dei campi. Si tratta dunque di un’organizzazione territoriale e sociale poco complessa. Progressivamente Roma estende il proprio dominio territoriale fino a diventare una super potenza con una collettività̀ estremamente ampia che necessita di un ordinamento giuridico articolato e caratterizzato da un elevato grado di complessità̀. L’ORDINAMENTO GIURIDICO NELLE TRE FASI Un elemento di capitale importanza per l’ordinamento giuridico è il soggetto competente ad emanare le norme giuridiche (il risultato di chi ha il potere di emanare norme giuridiche prende il nome di lex, legge). In base a tale figura è possibile suddividere la linea del tempo in tre diversi periodi: v FASE REGIA O ARCAICA: fase più̀ risalente della storia di Roma in cui a capo della collettività troviamo il rex, che è anche il soggetto competente ad emanare le leggi. Questa fase va dalla fondazione di Roma nel 753 a.C. fino al 510 a.C., anno della destituzione dell’ultimo re, Tarquinio il Superbo. In tale periodo Roma è una piccola comunità̀, formata da un numero esiguo di persone, legate da vincoli di amicizia e parentela. v FASE REPUBBLICANA O CLASSICA: dopo la cacciata dei re inizia un lungo periodo di grande fioritura culturale, territoriale, economica e soprattutto giuridica, in cui a capo della collettività troviamo i 2 rappresentanti del popolo, sostituiti ogni anno come tutta la formazione repubblicana di Roma. Quindi, la collettività romana è, in questo momento di grande sviluppo, sottoposta al comando di chi è stato eletto dal popolo: si parla infatti di repubblica romana. Le assemblee popolari formate dai rappresentanti del popolo prendevano il nome di «comizi» e avevano il compito di emanare comandi generali, astratti e muniti di forza coattiva. Sotto il profilo giuridico siamo abituati a chiamare questa fase classica, il che dà l’idea di quanto sia importante lo studio di questo periodo centrale nella storia dello sviluppo di Roma, che, anche dal punto di vista cronologico, dura più di tutti gli altri. Esso si conclude nel momento in cui i poteri giuridici e militari si concentrano in capo alla figura di Ottaviano Augusto, nel 27 a.C. v FASE IMPERIALE O POST-CLASSICA E GIUSTINIANEA: l’epoca repubblicana o fase classica del diritto romano si protrae fino ad un certo ulteriore evento importante, in cui, dopo i re e dopo i rappresentanti del popolo, il comando della collettività ritorna concentrato nelle mani di una sola persona, in particolare nel 27 a.C., quando Ottaviano Augusto concentra su di sé tutti i poteri diventando il capo della collettività: l’imperatore Augusto. Tutto il potere è dunque nelle mani dell’imperatore, a cui era affidato il anche potere di emanare il comando generale e astratto chiamato norma giuridica. Durante le tre fasi l’ordinamento giuridico attraversa dei radicali cambiamenti evolvendosi e adattandosi alle esigenze che progressivamente emergono dalla vita quotidiana dei cittadini. ORDINAMENTO GIURIDICO DELLA FASE ARCAICA In questa fase Roma è formata da un gruppo di persone molto ristretto, legate da vincoli di parentela e amicizia, che fondano la loro economia su agricoltura e pastorizia. L’ordinamento giuridico sarà pertanto molto ridotto e lo ius civile non richiederà molti interventi, perché fra i cittadini non ci sono contrasti e l’ordinamento giuridico deve appunto intervenire quando si devono risolvere i contrasti. Lo ius civile di questa fase, semplificato al pari delle esigenze dei cittadini, è formato da: v Leggi non scritte: un insieme di comandi non in forma scritta, una serie di consuetudini che si tramandano di padre in figlio e regolano la vita dei cittadini romani. Dal punto di vista quantitativo, questa è la componente più importante dello ius civile arcaico. Il termine consuetudini corrisponde in latino a mores maiorum, che letteralmente significa costumi degli antichi, le antiche consuetudini dei padri che sono tramandate ai figli e che permettono di vivere in pace senza l’intervento del diritto; v Leggi regiae: leggi scritte emanate dal rex a capo della comunità. Sappiamo poco di questo ordinamento, in parte perché è per la maggior parte orale, ma anche perché la parte scritta è del 700 a.C.. Rimangono solo tracce di leggi che il re emanava per punire comportamenti di particolare gravità o efferatezza, che prevedevano soprattutto la pena di morte. Uno dei comportamenti più gravi di quest’epoca era l’uccisione del padre (il parricidio), il che rappresentava uno squilibrio dell’intera comunità, che turbava la pace sociale, visto che tutto si tramandava di padre in figlio. La punizione del parricida era il divieto di toccare ancora il suolo romano, infatti egli veniva fatto camminare su sandali di legno e gettato da una rupe in un sacco con dentro 4 animali con un significato ben preciso. L’ordinamento giuridico è semplice perché le esigenze dei cittadini sono semplici. Non c’è bisogno di tutelare i diritti dei cittadini, perché i cittadini rispettano essi stessi i diritti degli altri consociati, in quanto hanno imparato dagli avi che la vita fra i consociati è il rispetto delle regole degli altri; non c’è bisogno di protestare per far valere i propri diritti, di chiedere l’intervento del diritto, di emanare comandi generali, astratti e muniti di forza coattiva, poiché tutto avviene senza la forza coattiva, senza obbligare nessuno. La norma sul furto, per esempio, nemmeno si prevede, sarà frutto di un’involuzione dei rapporti tra i consociati. ORDINAMENTO GIURIDICO DELLA FASE CLASSICA Vengono cacciati i re, il potere legislativo passa nelle mani dei rappresentanti del popolo e cambia la struttura dello ius civile: v Residue consuetudini: non saranno le stesse esigenze che troviamo nella fase arcaica, perché esse cambiano e, mano a mano che la comunità si allarga, diventa difficile regolare i rapporti sociali solo sulla base di costumi tramandati oralmente, che quindi andranno a disperdersi, soprattutto quando Roma conquisterà popoli che non parlano il latino, e che quindi non possono tollerale un ordinamento basato sulla tradizione orale latina; 3 v Leggi comiziali: leggi frutto dell’attività dei comizi. Questi comizi si riuniscono 2 volte all’anno, a marzo e a maggio, quindi l’emanazione delle leggi comiziali avviene in maniera lenta e graduale. Inoltre, quando si riuniscono, emanano leggi che hanno un’importanza enorme nel diritto romano, perché riguardano le grandi problematiche di esso. Questo ius civile rappresenta dunque qualche lacuna nella tutela dei diritti del singolo, perché se, per esempio, gli fosse stato arrecato un torto a giugno, egli avrebbe dovuto attendere marzo dell’anno successivo. I cittadini romani non avevano strumenti di tutela previsti dallo ius civile. Se nessuno si fosse preoccupato della tutela dei cittadini, nessuno avrebbe più dato corso a rapporti di tipo commerciale, per esempio, infatti il diritto romano capì la necessità di tutelare casi nuovi, non ancora previsti dallo ius civile, il che è l’esigenza più impellente dell’ordinamento giuridico romano. Il PRETORE è colui che tutela casi nuovi non previsti e non tutelati dallo ius civile. Egli è un magistrato romano che svolge la funzione fondamentale di tutelare i diritti dei cittadini romani che non erano ancora previsti a causa della lentezza delle leggi comiziali. Siamo nell’epoca repubblicana, in cui a capo stanno i rappresentanti del popolo, quindi il pretore è eletto da loro e, come qualsiasi magistrato romano, ha una carica limitata nel tempo, a fine della quale non è detto che sia riconfermato. Il carattere elettivo della carica funge da garanzia dell'imparzialità del pretore che, se intende essere nuovamente eletto, deve dimostrare una grande attenzione alla tutela giuridica dei cittadini romani. Egli tutela il singolo caso concreto. Se fosse parte dello ius civile dovremmo parlare di comando generale e astratto, mentre qui, se il pretore considera fondato l’interesse del cittadino, tutela la sua posizione attraverso la concessione di un’azione. Lo strumento con cui sono tutelato è specifico per il mio caso e si chiama azione (actio = modo concreto con cui i cittadini ottenevano tutela, come se ci fosse una norma giuridica). Il risultato pratico è lo stesso che si otterrebbe utilizzando una legge comiziale, cosa che tuttavia non è, in quanto non ha completezza legislativa. Praetor non facit ius, il pretore non fa le leggi, ma egli interviene ugualmente attraverso azioni, che hanno valore di tutela identica a quella che sarebbe avuto una norma che ancora non c’era. I pretori decidono di concedere o meno un’azione sulla base di un proprio potere discrezionale: è il pretore che decide se la mia richiesta sia fondata o meno, quindi ha un potere enorme. La concessione dell’azione non però è una condanna, e non la garantisce neanche, perché il pretore non ha il potere di emettere sentenze, infatti l’altra parte si può difendere in sede di processo, che però non poteva neanche iniziare senza questa azione. Se diverse azioni si ripetono, queste saranno sussunte, cioè aggiunte, nei comandi generali, astratti e muniti di forza coattiva. I comizi capiscono l’importanza di questo strumento di tutela, quindi trasformeranno tutela per tutela in una norma. C’è un ampliamento delle possibilità di tutela grazie alle sussunzioni. Il pretore ha una funzione fondamentale, poiché questo è il modo in cui il diritto romano si adatta. Il diritto non avrebbe potuto proseguire la propria vita se non avesse avuto la capacità di tutelare esigenze nuove per poi comprenderle nello ius civile. Accanto, ma al di fuori dello ius civile, troviamo quindi: o IUS HONORARIUM: il lavoro che il pretore svolge si chiama ius honorarium (diritto onorario, insieme delle azioni concesse dal pretore), definizione che si ricava dalla parola honor, che significa carica. Siccome questa attività è particolarmente importante, dobbiamo dire che accanto e diversamente dallo ius civile c’è anche lo ius honorarium, istituito nel 367 a.C.. Definizione di ius honorarium: ius honorarium est quod praetores introduxerunt adiuvandi (aiutare), supplendi (supplire), corrigendi (correggere) Iuris Civilis gratia. Bisogna intervenire ad integrare lo ius civile originario, il che avviene attraverso lo ius honorarium e consente al diritto romano di adeguarsi alle nuove esigenze, la vera qualità del lavoro del pretore. Questa attività è svolta dal pretore all’interno della originaria collettività romana (nella civitas, originario agglomerato di Roma), per questo il pretore si chiamava «urbano», poiché svolgeva il suo lavoro all’interno dell’urbe. o IUS GENTIUM: quando Roma si espande, in particolare nel 242 a.C., accanto al pretore urbano, si istituisce la figura del pretore «peregrino», che ha la stessa funzione del pretore urbano, ma tutela i rapporti nuovi, non compresi nello ius civile, tra cives e stranieri (= peregrini) oppure i rapporti fra gli stranieri. Cambia solamente l’ampiezza territoriale della competenza tra questi due pretori. Inizialmente, il pretore peregrino veniva eletto dai membri della originaria collettività̀; successivamente, al fine di garantire una piena tutela ai peregrini e di comprendere al meglio le 4 problematiche dei territori esterni a Roma, viene stabilito che il pretore peregrino debba essere autoctono del territorio in cui esercita la propria carica. Il sistema delle azioni concesse dal pretore peregrino si chiama appunto ius gentium (diritto delle genti, perché applicabile anche ai peregrini), che oggi costituisce la base dell'odierno diritto internazionale. Al fine di conoscere le azioni concesse da urbano e peregrino, esse verranno raccolte in un documento chiamato Editto del pretore, cosicché, per sapere se mi posso rivolgere con fiducia ad un pretore, potrò andare a vedere nei casi precedenti se ce n’è uno simile, per vedere se l’azione è stata concessa. Vero è che i pretori cambiano ogni anno, ma, in quanto magistrati eletti dai cittadini, è molto improbabile che non concedano un’azione che magari era stata concessa l’anno prima per un caso simile. o GIURISPRUDENZA: c’è una fioritura degli studi giuridici a livello teorico, che vedono nei giuristi romani i personaggi più importanti, perché compongono delle opere il cui contenuto non ha valore giuridico, ma che consentono al diritto un ulteriore adeguamento alle nuove esigenze. Grazie allo studio dei principi generali che fondano l’attività giuridica, il diritto romano è ora in grado di risolvere e approfondire tematiche mai affrontate prima. L'attività dei giuristi romani prende il nome di giurisprudenza, la quale deve rientrare nella spiegazione del diritto nell’epoca classica. Al contrario dello ius honorarium e gentium, la giurisprudenza non ha come fine la concessione l’actio, infatti, teoricamente, non può considerarsi una componente dell’ordinamento giuridico, ma, siccome consiste nell’interpretazione del diritto, cioè ci fa capire come davvero il diritto funzionasse a Roma, è bene nominarla. L’attività di interpretazione studia la norma giuridica a livello teorico, e consiste nell’individuare la norma, comando generale, astratto e coattivo, da applicare al caso concreto. Questo è lo studio teorico del diritto, per cui la giurisprudenza ha funzione interpretativa, cioè ci dice quale norma giuridica utilizzare per ottenere tutela giuridica in una determinata situazione Le componenti tecniche dello ius civile, consuetudini e leggi comiziali, sono alla fine le meno rilevanti, perché sono proprio le componenti che forse soddisfano di meno i cittadini, non vanno in contro alle loro esigenze, non soddisfano nell’immediato l’interesse del cittadino. La complessità dello ius civile classico, che contrasta con la semplicità dello ius civile arcaico, riflette lo sviluppo di Roma, che, da piccola comunità agricola, sta diventando la grande potenza mondiale che noi conosciamo, il che implica che l’ordinamento debba aggiornarsi per soddisfare le nuove esigenze. ORDINAMENTO GIURIDICO DELLA FASE POST-CLASSICA E GIUSTINIANEA Roma è divenuta una grande potenza mondiale che si estende in tutte le terre conosciute ed ingloba molteplici popolazioni che non parlano la stessa lingua; tale evoluzione della potenza romana ha delle implicazioni significative sull’ordinamento giuridico: le residue consuetudini non vengono conservate come componente dello ius civile e anche le leggi comiziali perdono la loro rilevanza. Dal 27 a.C. in poi, l’imperatore ha il potere legislativo e dà quindi come risultato la legge. In questo ius civile, possiamo identificare la parte tecnica col nome di legge imperiale (leges), la quale costituisce l’unica componente che forma lo ius civile in questo periodo. La volontà imperiale coincide con la legge, quindi lo ius civile coincide con le leggi imperiali; con il concentrarsi del potere nelle mani di una sola persona, anche l’ordinamento giuridico viene a semplificarsi. Questa semplicità è assimilabile a quella della fase arcaica: in entrambi i casi, infatti, il potere è affidato ad un’unica autorità, al rex o all’imperatore. L’imperatore viene definito come dominus et deus, perché nelle sue mani stanno tutti i poteri, compreso quello legislativo, e non vuole che accanto a lui ci siano persone con un grande potere come i pretori, che concedevano azioni, quindi non ci saranno né ius honorarium né gentium. L’imperatore conserverà però alcune delle opere più importanti dei giuristi, della giurisprudenza, siccome questi non hanno potere legislativo. Queste opere si chiamano le iura (ius al plurale) e assumono particolare rilievo nell’ambito dell’ordinamento poiché vengono conservate e assurgono a modello paradigmatico e formativo delle leggi dell’imperatore. 5 FONTI DEL DIRITTO Si distinguono: 1. FONTI DI PRODUZIONE: modi attraverso i quali una norma viene emanata ed entra a far parte dell’ordinamento giuridico. 2. FONTI DI COGNIZIONE: modi e documenti attraverso i quali si conosce un dato ordinamento giuridico. Oltre alle fonti giuridiche, vi sono degli strumenti che, pur non essendo tecnici, consentono di ricostruire la vita giuridica di Roma: tale funzione è assolta in particolare dalle opere di carattere letterario. STRUMENTI DI COGNIZIONE NELLE TRE FASI EPOCA ARCAICA È arduo avere documenti relativi al diritto nella fase arcaica, dove in generale vi erano pochi documenti scritti. Nell’epoca arcaica o regia, infatti, non abbiamo documenti relativi ai mores e maiorum, perché sono tradizioni orali tramandate di padre in figlio. C’è qualche notizia indiretta da fonti letterarie, quindi non giuridiche: autori dell’epoca arcaica raccontano la vita dell’originaria società romana citando qualche regola sulla gestione dei rapporti sociali. È pervenuto invece qualche documento sulle leggi regie, che sono poche e hanno ad oggetto l’intervento su alcuni comportamenti gravi. L’unica fonte di cognizione di tale periodo è costituita quindi dalle LEGGI DELLE XII TAVOLE: insieme delle testimonianze, quantitativamente scarse, circa la regolazione dei rapporti tra i membri della civitas originaria. EPOCA CLASSICA Nella fase classica, riguardo alle residue consuetudini, ci sono sempre notizie indirette da autori letterali, mentre le fonti di cognizione sono: v RACCOLTA DELLE LEGGI COMIZIALI: raccolta dei provvedimenti normativi di portata molto ampia e di grande importanza giuridica per l’intera collettività. v EDITTI DEI PRETORI: raccolta delle actiones concesse dai pretori, sia urbani che peregrini, a tutela di casi nuovi e non tutelati dallo ius civile. Gli editti consentivano ai cittadini di conoscere quale fosse stata la regolamentazione di casi simili al loro già affrontati in precedenza. In pratica, il precedente privato in questo editto dava la possibilità di capire se l’azione potesse essere concessa o meno. v OPERE DEI GIURISTI: le opere dei giuristi sono prive di valore legislativo, ma assurgono ad importante strumento conoscitivo ed interpretativo; particolarmente rilevante è l’opera del giurista Gaio, le Institutiones (= insegnamento elementare), destinate a coloro che dovevano apprendere i fondamenti del diritto. EPOCA IMPERIALE Nell’epoca post-classica, l’unica componente tecnica dello ius civile è la legge imperiale. L’imperatore diventa infatti l’unico in grado di emanare leggi e, in questo periodo, le leggi vengono emanate dagli imperatori con una certa frequenza. Durante questa fase si afferma così la necessità di raccogliere le leges in un'unica fonte: il Codex (raccolta di leges). Questo documento può essere di due tipi: o Privato: raccolta di leggi privata, che avveniva cioè su iniziativa del singolo e che poteva trovarsi nello studio di un avvocato per scopi lavorativi, per esempio. I primi codici redatti da privati sono il codice Gregoriano e Ermogeniano, dal nome dei suoi autori. o Ufficiali: raccolte degli stessi imperatori, ufficiali perché approvate dall’autorità pubblica. Esse sono divise per materia. La raccolta ufficiale di leggi imperiali fino ad allora emanate è il codice Teodosiano (in vigore dal 1° gennaio 439 d.C.), dal nome dell’imperatore Teodosio. Questa è stata forse studiata come fase di decadenza, del «basso Impero», ma ciò non ci riguarda perché essa porta con sé importantissimi rinnovamenti nel diritto. Questa è l’epoca della grande riscoperta del diritto. Nell’epoca giustinianea, in particolare, come fonte abbiamo chiaramente il Corpus Iuris Civilis, l’opera giuridica più importante mai realizzata dall’uomo, con la quale si conclude lo sviluppo del diritto romano. Viene redatta da Giustiniano ed emanata nel 538 d.C.; essa consta di quattro diverse componenti: 6 v Codice giustinianeo: raccolta di 12 libri delle leges emanate fino alla pubblicazione di questa parte, cioè fino al 534 d.C.; visto che l’Imperatore Giustiniano ha il potere legislativo, non sorprende che il suo codex costituisca la prima parte. v Novellae: costituzioni imperiali successive alla pubblicazione del codice, emanate in data successiva al 534 d.C. fino alla morte dello stesso imperatore nel 565 d.C.; v Digesto (in greco pandette): raccolta sistematica di frammenti delle opere dei giuristi di epoca classica, (raccolta di iura), che non avevano valore legislativo, ma erano comunque fondamentali per il diritto romano; è un’opera monumentale composta da 50 libri, che costituiscono una precisa e raffinata raccolta delle maggiori opere di giurisprudenza classica. Tra queste troviamo: Ø Istituzioni di Giustiniano: opera istituzionale con finalità didattica, contenente i principi fondamentali del diritto e destinata a coloro che si approcciavano agli studi giuridici; le Istituzioni di Gaio assurgono a modello per le Institutiones giustinianee. IUS SOGGETTIVO La parola ius (diritto) può anche essere intesa in senso soggettivo. Gaio, per evitare l’incertezza su questo concetto molto importante, farà un ragionamento per arrivare alla definizione che valeva per i giuristi romani e che vale ancora oggi: posizione giuridica soggettiva, la mia posizione personale rispetto ad un comando generale, astratto e munito di forza coattiva. Per capire cos’è il diritto soggettivo dobbiamo quindi prendere le mosse dalla norma giuridica, esaminata sotto il profilo di colui che utilizza la norma giuridica, nella quale troviamo sempre due differenti comandi: v Comando primario: inteso come il comportamento ordinario del soggetto; regola il rapporto sostanziale, la vita della maggior parte dei consociati quando questi si comportano correttamente e sono disciplinati dai comandi primari delle norme giuridiche. Regola i casi per il 99,99% delle persone. v Comando secondario: conseguenza giuridica, ipotesi residuale la cui applicazione è percentualmente molto ridotta, perché la maggior parte considera sufficiente il dispositivo del comando primario della norma giuridica. Regola il rapporto processuale dello 0,01% dei consociati che non rispettano il comando primario delle norme giuridiche. Esempio: diritto romano e moderno contengono una norma riguardo il furto; il comando primario dice che nessuno si deve impadronire delle cose altrui, il comando secondario dice che, se qualcuno, nonostante il comando primario, si appropriasse di una cosa altrui, questi sarà condannato. Sebbene non sempre con questa chiarezza, tutti i comandi generali, astratti e muniti di forza coattiva prevedono questi due comandi, facendo scattare l’applicazione di quello secondario soltanto in casi molto ridotti. Si devono poi distinguere le posizioni giuridiche soggettive attive e passive a livello di comando primario e secondario: Norma giuridica Posizione giuridica ATTIVA Posizione giuridica PASSIVA Comando primario DIRITTO SOGGETTIVO OBBLIGO Posizione giuridica attiva a livello del Posizione giuridica passiva a livello del comando primario di una norma comando primario che vale per tutti ed è giuridica. variabile a seconda della norma In pratica, posizione di preminenza, giuridica. vantaggio, di un interesse sopra altri I titolari di questa sono, per esempio, i interessi (e.g.= soggetto che vanta un soggetti che hanno un debito, perché credito). sono obbligati a restituirli una somma di È una posizione privilegiata, ma non è di denaro. potere, se per potere s’intende la Questa posizione si basa sulla volontà di possibilità di incidere nella sfera di chi ne è titolare, la quale è incoercibile autonomia altrui. nell’ordinamento giuridico sia romano Gli altri sono infatti liberi di rispettare che moderno. I titolari sono quindi liberi l’obbligo presente in tutte le norme di non rispettare tale obbligo. Il titolare dell’ordinamento romano e moderno o del diritto soggettivo ha un’aspettativa, 7 meno, mentre i titolari di questa un vantaggio, perché si aspetta che il posizione giuridica possono solo titolare dell’obbligo restituisca ciò che aspettare. gli è stato prestato, ma non si può fare nulla per obbligarlo, ecco perché il Se il titolare di diritto soggettivo primo non si trova in una posizione di cristallizza però il mancato rispetto potere. dell’obbligo, dopo un certo orario o una Se liberamente si decide di non certa data, allora questi diventa titolare rispettare un obbligo, in una società di una posizione giuridica più forte: regolata da comandi generali, astratti e l’azione. muniti di forza coattiva, ci saranno conseguenze gravi ed entrerà in gioco il comando secondario della norma giuridica, che trasforma le posizioni giuridiche. Ne discende che la posizione attiva diviene più forte mentre la posizione passiva diventa più debole. Comando secondario AZIONE (actio) SOGGEZIONE ALL’AZIONE Potere di incidere nella sfera di Posizione giuridica di coloro che non autonomia altrui. Non si tratta più di una hanno adempiuto all’obbligo e sono semplice posizione di vantaggio, soggetti al processo e all’eventuale preminenza, bensì del potere di incidere sentenza di condanna. nella sfera di autonomia altrui, perché questa azione potrà portare alla Si è liberissimi di non rispettare l’obbligo, condanna dell’altra parte. Non si hanno con la consapevolezza che si subirà la più solo aspettative, perché l’azione ha il sanzione o si sarà privati della propria fine di far condannare. Ad una libertà. Ci saranno insomma delle condanna si arriva attraverso uno conseguenze, sempre che ci si trovi in strumento chiamato processo, perché una società regolata da norme generali, non ci si può fare giustizia da soli. Con astratte e munite di forza coattiva. l’azione si ha la possibilità di iniziare un processo, che potrà avere come Chi non adempie all’obbligo è sentenza la condanna dell’altra parte. responsabile di non averlo adempiuto. È la stessa azione che il pretore La responsabilità è una conseguenza concede ad un soggetto che ha subito del mancato adempimento di un un danno meritevole di tutela, ma che obbligo. non può essere ancora tutelato, in quanto non esiste ancora una norma giuridica, perché il diritto romano non si è ancora occupato di quella materia. Il pretore consente di diventare titolare di questa posizione giuridica nonostante non sia presente la norma giuridica nello ius civile. Si introdurrà poi un istituto che consente di riesaminare le sentenze ritenute ingiuste: appellatio. Troveremo poi anche un terzo grado di giudizio per il solo controllo della legittimità, proprio come la corte di Cassazione, infatti il diritto moderno passa attraverso le esigenze del diritto romano. RESPONSABILITÀ Posizione di colui che non ha adempiuto all’obbligo. Chi non adempie all’obbligo è responsabile di non averlo adempiuto. La responsabilità è una conseguenza del mancato adempimento di un obbligo. Si distinguono due tipi di responsabilità: Contrattuale: è stato preso un accordo tra due persone che si conoscono e stimano, ma non si è visto rispettato l’obbligo, come nel caso del cavallo preso in prestito e non riportato; 8 Extra-contrattuale: non è stato preso un accordo, come nel caso del furto, ma l’obbligo è pagato indipendentemente dai rapporti pregressi delle parti; è l’ipotesi che comprende tutti i casi fuori da un accordo tra le parti. L’OBBLIGO può nascere quindi da due diversi fatti: o Accordo non rispettato → responsabilità contrattuale; o Atto contrario alla legge senza accordo con la controparte, per esempio il furto → responsabilità extra- contrattuale. Si individuano per la prima volta i comportamenti per cui un cittadino è obbligato. Dice Gaio che un obbligo giuridico grava in capo al cittadino se c’è stato un accordo non rispettato o se si viola una norma giuridica senza accordo, e ci dice che nel primo caso si parla di contratto, mentre quando non c’è un contratto, un accordo, ma comunque l’obbligo non rispettato e il pagamento di una somma di denaro, si chiama delitto. In entrambi i casi, il cittadino romano è tenuto a pagare una somma di denaro, in caso di mancato rispetto del contratto e di delitto, in nome della responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale. Lo SCOPO con cui vengono pagate le due somme di denaro è però diverso: o Nel caso di responsabilità contrattuale, Gaio fa l’esempio di un prestito di denaro con l’obbligo di restituzione alla scadenza, che però non viene rispettato, quindi il debitore ha responsabilità contrattuale, e lo scopo è quello di riportare la situazione patrimoniale nella stessa condizione in cui era prima dell’inadempimento dell’obbligo, il che prende il nome di risarcimento del danno; o Nel caso di responsabilità extra-contrattuale, il pagamento ha funzione di riparazione del torto subito e ha anche funzione afflittiva, ma non si potrà mai riportare la situazione nella stessa condizione antecedente all’inadempimento dell’obbligo, perché per esempio, nel caso di furto di una bicicletta, si pagherà il suo corrispettivo, non la bicicletta, come nel caso di un danno fisico. FAMILIA L’unione di più cittadini crea una famiglia, l’insieme di famiglie che fanno parte dell’originaria civitas dell’Impero Romano prende il nome di gens. Esse fondavano la propria autonomia sulla piccola pastorizia e su piccoli orti fuori dalla propria abitazione. CIVES ® FAMILIAE ® GENS ® CIVITAS Per comprendere la formazione della famiglia romana, dobbiamo distinguere due categorie di soggetti: v Sui Iuris (soggetti di diritto proprio): essere di diritto proprio significa non avere ascendenti; a Roma è soggetto sui iuris il pater familias, che, quanto meno in relazione all’agglomerato più antico, deve essere considerato più che il progenitore comune, come il capo, anche politico, della famiglia. A capo della collettività sta un soggetto sui iuris chiamato pater familias, colui che assolve a delle funzioni che di solito spettano allo Stato, che però non c’è, almeno come lo consideriamo in senso moderno, perché c’è solo un agglomerato di familiari e amici i cui rapporti sono regolati dal pater familias. Le due funzioni più importanti che assolve lo Stato, ma che in questo caso assolve il pater familias, sono: Ø Organizzazione all’interno della struttura familiare; Ø Difesa verso l’esterno della struttura familiare. Solo al pater, in quanto capo della famiglia, spetta la gestione del patrimonio, e solo al pater familias spetta la capacità patrimoniale, cioè la gestione del denaro della famiglia, pertanto è anche l’unico soggetto a poter provvedere al pagamento della sanzione pecuniaria, laddove necessario, anche se l’inadempimento dell’obbligo è stato compiuto dagli altri componenti della familia. v Alieni Iuris (soggetti di diritto altrui): hanno un ascendente, il pater, e ricavano la loro esistenza nel diritto grazie alle attribuzioni del pater familias. Sono soggetti sottoposti all'autorità del pater, che continua ad essere il capo. Sotto il pater ci sono tre categorie di alieni iuris: Ø Figli: quando il pater familias esercita il proprio potere sui figli, si parla di patria potestas (potestà sui figli); sono soggetti del diritto, cioè destinatari delle norme giuridiche; 9 Ø Donne e mogli: quando questo potere è esercitato sulle donne, si parla di manus, simbolica apposizione della mano del marito sulla moglie, che costituirà anche una forma di matrimonio; sono soggetti del diritto, cioè destinatari delle norme giuridiche; Ø Schiavi: quando il pater familias esercita il propio potere sugli schiavi, si parla di dominica potestas (da dominus = padrone, perché è padrone dello schiavo); sono oggetti del diritto (sono chiamati res, schiavo=cosa), quindi non destinatari delle norme giuridiche. Quando questi tre poteri sono intesi in senso unitario, prendono il nome di mancipium. CAPACITÀ PATRIMONIALE Solo il pater può disporre e amministrare il denaro per la gestione della vita familiare. L’ipotesi di mancato rispetto dell’obbligo, che porta l’irrogazione della sanzione, deve essere precisata nel senso che la sanzione nell’antica Roma è pecuniaria, salvo i casi in cui i danni riguardano l’intera collettività. Nella maggior parte dei casi si rischierà quindi il pagamento di una somma di denaro. Proprio per questo, si potevano avere rapporti di valore giuridico soltanto con chi fosse in grado di risarcire in caso di inadempimento dell’obbligo, quindi i rapporti tra i consociati avvenivano solo tra pater familias, perché erano gli unici ad avere capacità patrimoniale. È quindi inutile prendersi impegni con figli o schiavi, perché non si godrà di alcun risarcimento in caso di mancato rispetto dell’obbligo. RESPONSABILITÀ DEL PATER Il pater si avvaleva dell’attività di figli e schiavi. Per esempio, per comprare tessuti al mercato, il pater non andava direttamente, ma delegava questa attività. Se il tessuto non fosse stato consegnato, si sarebbe trovato nella situazione per cui il figlio o lo schiavo non avevano adempiuto ad un obbligo, ma non potevano pagare non avendo capacità patrimoniale. Se l’obbligo non grava sul pater familias, bensì su un sottoposto: v Responsabilità contrattuale: Ø Responsabilità adiettizia: autorizzazione del pater a compiere quell’attività commerciale; si potrà ricevere il risarcimento dal pater stesso, anche se non è stato lui direttamente a concludere l’affare. Il pagamento è quindi chiamato responsabilità, ma è un tipo particolare di responsabilità: adiettizia, cioè aggiuntiva, il che vuol dire che alla responsabilità del sottoposto che ha commesso l’inadempimento, ma che non può pagare, perché non ha un patrimonio, si aggiunge la responsabilità del pater che ha autorizzato l’affare, perché della responsabilità del sottoposto non me ne faccio nulla, visto che non ha capacità patrimoniale. Lo strumento che il cittadino utilizza per ottenere tutela è sempre l’actio concessa dal pretore, che infatti si chiama actio adiettizia. Ø No autorizzazione del pater: non c’era tutela, il cittadino romano, a proprio rischio e pericolo, decideva di concludere un contratto con un soggetto senza capacità patrimoniale; la mancata autorizzazione comporta la mancata tutela, non sussiste sanzione pecuniaria. v Responsabilità extra-contrattuale (delitto commesso dal figlio o dallo schiavo): Ø Noxae deditio (abbandono del sottoposto): il pater familias abbandona il sottoposto che ha commesso il delitto al proprio destino, cioè nelle mani di chi ha subito il delitto, il che comporta una condizione del sottoposto molto deteriore a quella dello schiavo; Ø Responsabilità nossale: il pater familias solidarizza con il sottoposto intervenendo con il proprio patrimonio al pagamento della sanzione, visto che è l’unico che può versare. La posizione giuridica della parte lesa è tutelata dal pretore con l’actio nossale. INGRESSO NELLA FAMIGLIA ROMANA Gaio, nelle sue Istituzioni, ci spiega che si entra a far parte di questo agglomerato così importante in due modi: v Aut natura, per natura: si entra a far parte della famiglia per natura attraverso le giuste nozze (iustae nuptiae), cioè attraverso un matrimonio valido (si nasce o ci si sposa). Dovremo quindi considerare in quali modi il matrimonio è considerato valido, e quindi in che modo la donna entra effettivamente a far parte della famiglia; v Aut Iure, per diritto: Ø Adoptio: quando un soggetto alieni iuris, sottoposto alla potestà di un pater, passa da una famiglia ad un’altra, cioè alla potestà di un altro pater, rimanendo alieni iuris; cambia il pater a cui il soggetto alieni iuris è sottoposto; 10 Ø Adrogatio: un soggetto sui iuris decide volontariamente di sottoporsi alla potestà di un altro pater familias. Un pater familias, capo anche politico della struttura familiare, si sottopone volontariamente ad un altro pater, rinunciando alle sue prerogative di soggetto sui iuris e diventando soggetto alieni iuris, come se fossero dei figli. Un caso è quello per cui un pater, non avendo eredi, decida di entrare in un’altra famiglia per non perdere i propri beni; egli, quindi, rinuncia alla capacità patrimoniale per portare i propri beni in un’altra famiglia. Se avesse dei soggetti sottoposti, anch’essi entrerebbero con lui nella famiglia. Se ha dei debiti, porta anche i debiti. Se un pater decide di rinunciare alle sue prerogative di soggetto sui iuris, come la capacità patrimoniale, serve uno strumento per far sapere alla collettività che non è più pater familias, in modo che tutti sappiano di non poter più contare su di lui per la gestione patrimoniale. Questo è infatti un istituto che si svolge con grande solennità e che, quando Roma comincerà ad espandersi, dovrà celebrarsi davanti ai comizi, perché tutti sappiano che quel soggetto sui iuris non ha più capacità patrimoniale a seguito dell’adrogatio. I comizi, oltre che occuparsi dell’emanazione delle leggi, per quei due giorni all’anno, devono anche partecipare a tutte le cerimonie adrogatio e altre attività che dovranno certificare o a cui dovranno assistere, quindi capiamo che non erano sufficienti per lo sviluppo dell’ordinamento romano. USCITA DALLA FAMIGIA ROMANA È previsto un unico istituto per uscire dalla familia romana, ossia l’EMANCIPATIO, che consiste in una rinuncia del mancipium da parte del pater. OBBLIGAZIONI L’obbligo è la posizione giuridica passiva a livello di comando primario. Il termine obbligazione deriva dal termine latino obligatio, il cui significato è espresso nel sintagma iuris vinculum, che indica il vincolo giuridico che lega due cittadini romani (definizione contenuta nelle Istituzioni di Giustiniano), legame che sorge grazie all’esistenza di un ordinamento giuridico che regola i rapporti tra i consociati. FONTI DELLE OBBLIGAZIONI La prima esposizione teorica delle fonti delle obbligazioni risale all’epoca classica. Il primo ad elaborare una definizione di fonte della obligatio è il giurista Gaio, nell’opera didattica delle Istituzioni (libro III, passo 88): v Fase classica → Omnis obligatio nascitur vel ex contractu vel ex delicto: ogni obbligazione nasce da contratto, cioè se alla base vi è un accordo tra i due cittadini, o da delitto, cioè se è stato commesso un atto illecito, se c’è stata una violazione della norma. Gaio propone quindi una bipartizione delle fonti dell’obbligazione. Lo stesso Gaio avrà però un dubium sull’effettiva completezza di questa bipartizione, nel senso che si chiede se l’obbligazione non nasca anche da qualcos’altro rispetto alle due categorie di contratto e delitto. Gaio guarda in concreto quale caso gli fa venire il dubbio sulla completezza della bipartizione che lui ha ideato: il caso è quello per cui un cittadino, a cui è stato prestato del denaro, che deve restituire in forza di un mutuo, confonde la persona alla quale deve restituirlo. Secondo Gaio, se si paga per errore una persona, quest’ultima è obbligata e restituire la somma di denaro, ma questo obbligo non rientra nelle categorie della bipartizione, perché non si tratta di un contratto, visto che è un errore, né di un delitto, perché è stata infranta la legge, eppure si è obbligati a restituire il denaro, tant’è che si potrebbe agire giuridicamente nei confronti di questa persona, in caso non lo facesse. «Omnis», nella definizione gaiana, si rivela non corretto, perché vi è qualcosa d’altro che fa sorgere l’obligatio: il pagamento per errore (solutio indebiti), il pagamento di una prestazione non dovuta, il quale contribuirà a costituire la terza categoria delle fonti dell’obbligazione: v Fase post-classica → Res cottidianae: in quest’opera è elaborata una tripartizione delle fonti delle obbligazioni, le quali nascerebbero da contratto, delitto e varie causarum figurae, che significa vari modi in cui sorge l’obbligazione. In quest’ultima categoria sono compresi tutti i casi in cui sorge obbligazione diversi dal contratto e dal delitto. È una terza categoria caratterizzata in negativo, poiché comprende 11 tutte le obbligazioni che non hanno natura contrattuale o delittuosa; tuttavia, la tripartizione non costituisce l’approdo della riflessione romanistica. v Epoca giustinianea → Istituzioni di Giustiniano (cioè nella parte del Corpus Iuris Civilis dedicata all’insegnamento elementare dei principi giuridici): l’obbligazione nascerebbe da contratto, confermato come atto fondativo del rapporto tra due cives, da delitto (maleficium), quasi contratto e quasi delitto. L’Imperatore introduce due nuove categorie, sciogliendo quindi la categoria generale delle varie causarum figurae e presentandoci una quadripartizione delle fonti: o Quasi contratto: tutto ciò che fa sorgere obbligazione in modo simile al contratto, ma che si distingue dal contratto perché manca l’elemento dell’accordo tra le parti. Esempio: la solutio indebiti è un quasi contratto, in quanto non c’è accordo tra le parti. o Quasi delitto: tutto ciò che fa sorgere obbligazione in modo simile al delitto, ma che si distingue dal delitto perché manca l’elemento della volontarietà dell’evento. Esempio: caso del positum et suspensum, per cui, se passo sotto un balcone fiorito e, per un colpo di vento, un vaso fiorito mi cade in testa, il padrone di casa, che in quel momento magari non è neanche in casa, avrà una responsabilità, ma sarà quella del quasi delitto, visto che non aveva la volontarietà di farmi del male. È l’ipotesi di una responsabilità senza colpa, quella che nel nostro ordinamento si chiama responsabilità oggettiva. Il libro IV dell’odierno codice civile è interamente dedicato alle obbligazioni: l’articolo 1173, la cui rubrica è intitolata ‘fonti delle obbligazioni’, ricalca in maniera letterale l’enunciazione delle fonti del diritto presente nelle Res Cottidianae; pertanto, nel nostro ordinamento si prevede una tripartizione delle fonti delle obbligazioni. Si è preferita la soluzione post-classica in quanto non era conveniente dare una definizione precisa come quella data da Giustiniano. Il codice previgente del 1865 recepiva però proprio la quadripartizione giustinianea. Le difficoltà che questo codice presentò nell’individuare i casi del quasi contratto e quasi delitto convinsero a tornare alla categoria indifferenziata, molto più rassicurante. Da ciò si comprende che il diritto l’esigenza del cittadino che si manifesta, il che avveniva già nell’antica Roma. OBBLIGAZIONI DA CONTRATTO Secondo Gaio, sono di quattro genera, aventi come elemento comune e distintivo l’accordo tra le parti: v Re contractae - obbligazioni reali (da res – cosa): quelle che si perfezionano con lo scambio o la consegna della cosa. È un trasferimento della res da un soggetto romano ad un altro. Solo quando la cosa è passata dalle mani di un cittadino a quelle di un altro sorge in capo a quest’ultimo l’obbligazione reale. v Verbis contractae - obbligazioni verbali (da verba – parola): quelle che si perfezionano con la pronuncia di parole solenni. Anche sbagliare una singola parola farà venir meno il vincolo dell’obbligo. v Litteris contractae - obbligazioni letterali: quelle che si perfezionano in presenza di un documento scritto, appunto, la littera. v Consensu contractae - obbligazioni consensuali: quelle che si perfezionano in presenza di un effettivo accordo tra le parti, cioè, appunto, il consenso. Solo in questo caso l’accordo sufficit, perché negli altri casi ci vuole qualcosa di più, che contraddistingue appunto le categorie, sebbene il fondo della relazione tra i due cives rimanga l’accordo. Questa è la categoria più recente delle categorie di obbligazione a Roma, prima ci voleva qualcosa di più che vincolasse ulteriormente sul piano formale, ma ora che Roma si sta espandendo ci vuole una categoria che risponda ad esigenze diverse, per esempio quella di dover fare contratti tra persone parlanti diverse lingue. Il consenso coincide ora con il sorgere del vincolo dell’obbligazione. Art.1321 c.c.: l’obbligazione da contratto è l’accordo tra due o più pari. Oggi, nel nostro ordinamento, è quindi rimasta questa forma. Oggi l’obbligazione da contratto nasce se c’è l’accordo tra le parti. Il contratto è l’accordo, il consenso, in quanto sono rimaste le stesse problematiche che hanno cominciato a caratterizzare Roma in espansione. Sono rimasti ricordi delle antiche categorie, come il contratto di compravendita immobiliare, che richiede forzatamente la forma scritta, ma è solo un’eccezione. Nulla impedisce che ad un contratto perfezionatosi con il consenso si accompagni anche una forma scritta, né oggi né nell’antica Roma, anzi, oggi è una pratica frequentissima, ma il documento ha una funzione in più, che non perfeziona, bensì fornisce una prova. Non è il documento scritto che fa sorgere l’obbligazione, 12 quindi non è necessario al fine della restituzione della somma di denaro prestata, per esempio. Il documento ha valore costitutivo (expensilatio) o probatorio (prova che l’obbligazione è sorta). OBBLIGAZIONI REALI v In senso proprio: si trasferisce la proprietà della res. Trasferire la proprietà significa trasferire il diritto più forte che io posso avere sulla cosa, più forte della detenzione e del possesso, tale per cui io posso anche distruggere la res, in quanto ne posso disporre liberamente. Si trasferisce la più ampia attribuzione che ho della res. Gaio indica che la prima obbligazione reale in senso proprio è il MUTUO (mutuo: da meum a tuum). L’obbligo di restituzione di una somma di denaro sorgerà al momento del trasferimento della suddetta res. C’è stato un accordo, ma non basta. Dei soldi è stata trasferita la proprietà, quindi non sono obbligato a restituire la stessa banconota o moneta che mi è stata prestata, l’importante è che venga restituita la quantità corrispondente. Il mutuo riguarda infatti le res fungibili, cioè sostituibili con altre res dello stesso genere, che possono essere costituite anche da alimenti, come olio, vino o frumento, che posso mangiare e bere, e che quindi sostituirò con cibo dello stesso genere al momento della restituzione. v In senso improprio: non si trasferisce la proprietà, ma qualcosa di diverso dal diritto di proprietà, un’attribuzione meno forte, detenzione o possesso: Ø Comodato (da commodum = gratuità): si trasferisce la detenzione di cordialità; è il prestito d’uso gratuito di una res. Le parti che concludono un contratto di comodato si chiamano: comodante (colui che presta la res) e comodatario (colui che riceve la res in prestito e deve restituirla alla scadenza). L’obbligazione di restituzione sorge in capo al destinatario quando si perfeziona il trasferimento della res. Il comodato, istituto estraneo allo ius civile dell’età arcaica e classica (perché i mores maiorum davano per pacifica la restituzione della res ricevuta e le leggi comiziali non erano sufficienti), non lo è per lo ius honorarium, infatti ottiene varie azioni, perché il pretore interviene a tutelare una prassi che, a quanto pare, era molto diffusa a Roma. Il pretore concede sia azioni dirette, concesse cioè a favore del comodante: § Nell’ipotesi in cui la stalla rimaneva vuota, il cittadino si interrogava sulla propria posizione giuridica e andava a consultare l’ordinamento: nella fase classica non era prevista questa opzione, quindi si faceva riferimento al pretore, che verificava che la stalla fosse vuota e che l’altra parte non avesse ragioni per trattenere la cosa dopo la scadenza del termine; eventualmente, gli concedeva un actio, che in questo caso prende il nome di actio commodati in factum diretta. Il presupposto per ottenere questa azione è la mancata restituzione della res. Grazie all’azione si ha la possibilità di iniziare un processo che potrà portare alla sentenza di condanna come se ci fosse stata una norma che prevedeva e regolava questa fattispecie. La sanzione è già quantificata, perché consiste nel valore del cavallo non restituito. L’azione è stata recepita dal nostro ordinamento nell’art.1809 c.c. (restituzione). § Nell’ipotesi in cui il cavallo non sia stato utilizzato nel modo concordato, ma sia stato restituito in modo deteriorato, e cioè fatto lavorare fino allo stremo anziché per un breve tratto di terreno, si chiedeva comunque la concessione dell’azione per interessi pregiudicati. Il pretore non poteva concedere l'actio commodati, perché questa aveva come presupposto la mancata restituzione della res. Il pretore concede quindi una seconda azione: actio commodati in ius diretta, che ha come presupposto la restituzione di una res deteriorata a causa di uso difforme. La sanzione non è già quantificata, varia a seconda del danneggiamento. L’azione è stata recepita dal nostro ordinamento nell’art.1807 c.c. (deterioramento per effetto dell’uso). Sia azioni contrarie, a favore del comodatario: Nell’ipotesi in cui presto uno schiavo ad un amico per tagliare il fieno, lo schiavo si taglia in maniera grave e l’amico chiama il medico e lo fa salvare pagando il medico, ma il comodante non vuole pagare il lavoro del medico al comodatario, l’amico va dal pretore per farsi concedere un’azione al fine di essere risarcito. Il pretore concede un actio commodati in factum contraria, perché concessa al comodatario. Il mancato rimborso delle spese necessarie a 13 salvare lo schiavo è il presupposto di questa azione. In factum perché la condanna è già determinata, nel senso che la sanzione consiste nella parcella del medico. Il presupposto per l’esercizio di tale azione è quindi il mancato rimborso delle spese necessarie e straordinari sostenute dal comodatario in caso di un evento imprevisto. Il comodatario ha più interesse del comodante a salvare lo schiavo, poiché in caso contrario non lo restituirebbe e incorrerebbe nella mancata restituzione della res. Tale fattispecie è prevista dal nostro ordinamento nell’art.1808 c.c., com.2 (spese straordinarie). § Caso delle vasa vitiosa: se presto ad un amico delle botti per la conservazione del vino da vendere, ma queste botti si scoprono non essere ermetiche, quindi viziate, e si perde così tutto il vino, ma il comodante non ha intenzione di pagare il danno, il comodatario chiede al pretore che gli venga concessa un’azione contraria. Il pretore non può concedere l’actio commodati in factum contraria poiché la fattispecie è diversa, ma gli concede l’actio commodati contraria in ius, esperibile per i danni provocati dalla res vitiosa commodata. Il risarcimento verrà stabilito in base alla misura del danno. Il giudice deve quantificare il danno in base alla dimostrazione da parte del comodatario di quanto vino avrebbe venduto al mercato se non fosse andato perduto, per esempio. Tale fattispecie è prevista anche nel nostro ordinamento nell’art.1812 c.c. (danni al comodatario per vizi della cosa). Successivamente il contratto di comodato assume una rilevanza tale da sussumere nel sistema dello ius civile, a seguito dell’emanazione di una norma dotata di forza coattiva che fa riferimento alla fattispecie generale ed astratta, non al caso concreto. Il comodato nel nostro ordinamento è regolato nel libro IV, dopo le obbligazioni, in particolare dall’art.1803 in poi. Ø Deposito: si trasferisce la detenzione di servizio, qualificazione inferiore rispetto alla proprietà, poiché il depositario non può usufruire della res ed è gravato dall’obbligo di restituire la res ricevuta (esempio: lascio la macchina al parcheggiatore); Ø Pegno: si trasferisce il possesso. Contratto finalizzato a garantire la restituzione della res, in particolare nella fase più arcaica e risalente; chi riceve la res diviene possessore della stessa. Tutte sono obbligazioni reali in quanto trasferiscono in capo a chi riceve la res un obbligo. OBBLIGAZIONI VERBALI Le obbligazioni verbali si perfezionano con la pronuncia di parole solenni, pertanto non sussiste la necessità del trasferimento della res. Le obbligazioni verbali fanno parte della fase arcaica, durante la quale si conferisce rilievo all’oralità e a dei profili formali che risultano incompatibili con una fase più avanzata. Gaio distingue due fattispecie di obbligazioni verbali: v Sponsio: prestito di una somma di denaro. L’obbligo di restituire una somma di denaro sorgeva solamente quando erano pronunciate determinate parole solenni in latino, senza le quali non si perfezionava il rapporto obbligatorio: Ø Spondes mihi centum dari? - Prometti di dare a me 100 sesterzi? Ø Spondeo - Prometto; se si fosse risposto Prometti, che vuol dire la stessa cosa, non si sarebbe perfezionata l’obbligazione letterale. Il formalismo costituisce una componente fondamentale delle obbligazioni da contratto nella fase arcaica. C’erano anche dei testimoni nella pratica, ma l’obbligazione si perfezionava con questa formula. Questa forma fa parte della fase arcaica, quindi sarà superata con l’espansione di Roma, a causa della quale non si potrà più contare sulla lingua latina e sul reciproco rispetto presente tra i pochi consociati di una piccola comunità agricola. v Stipulatio: quando la sponsio come istituto non sarà più adatto, in quanto Roma espande i propri confini ed entra in contatto con soggetti che parlano lingue diverse e che non sono più legati al rigore formale degli antichi mores maiorum, ad essa si sostituisce una nuova obbligazione verbis contracta che è la stipulatio. La moderna stipulazione è quindi lo sviluppo della obligatio verbis contracta chiamata sponsio, ed è un modo per far sorgere un'obbligazione tra due componenti della collettività romana caratterizzato dalla pronuncia di parole che non sono più latine, il rigido e immutabile formulario della sponsio, ma qualsiasi tipo di parole che consentisse l'incontro delle volontà tra due soggetti. Occorre che ci sia la pronuncia di una reciproca manifestazione di volontà di un soggetto e di un altro. La stipulazione è un contratto che si caratterizza dalla presenza dei verba, così come caratterizzava la 14 sponsio, ma la modernità della stipulatio consiste nel fatto che si possano usare parole diverse rispetto a quelle dell'antico formulario. Questa forma di obbligazione contrattuale troverà fortuna anche in epoca successiva, tant’è che oggi la gran parte delle obbligazioni contrattuali si perfezionano in forma verbale nel nostro ordinamento, visto che si fondano sulla reciproca enunciazione di frasi. Tuttavia, si poneva fin da subito il problema di provare che davvero ci fosse stata questa manifestazione reciproca per far incontrare le volontà e perfezionare il vincolo obbligatorio, il che giustifica anche la denominazione di questo istituto: lo stips era una parte di una bacchetta di legno che veniva spezzato al momento del sorgere del vincolo tra i due soggetti che stavano perfezionando la stipulatio e che, per confermare che fosse avvenuto lo scambio verbale, veniva riunito a conferma della continuità di questo pezzettino di legno, per provare che tra questi due soggetti si fosse perfezionato un vincolo obbligatorio di natura contrattuale. OBBLIGAZIONI LETTERALI Sono obbligazioni che si perfezionano con un documento scritto. È possibile individuare diverse ipotesi di obligationes litteris contractae che si evolvono nel tempo. v Nomen transcripticium/expensilatio: la più antica forma di obligatio litteris contracta trova origine nel codex accepti et expensi, ossia il libro contabile posseduto da ogni pater familias e costituito da due rubriche, una delle entrate (acceptum) ed una delle uscite (expensum). Gaio insegna che fosse sufficiente l’indicazione del nome di un civis romano nel libro contabile per far sorgere in capo allo stesso un’obligatio litteris contracta. Tale obbligazione si colloca nella fase più risalente di Roma, in cui le antiche consuetudini non permettevano la falsificazione. Si tratta infatti di un’obbligazione fondata sulla fiducia: era lo stesso creditore a trascrivere il nome del debitore nel libro contabile. Si poteva quindi utilizzare quando la collettività era formata da poche persone legate da vincoli di parentela e amicizia, ma quando Roma si espande non ha più senso che l’obbligazione sorga solo quando il creditore si segni il nome del debitore, perché tutti avrebbero potuto scrivere nomi di persone a piacimento, il che non era un'ipotesi fattibile. Nella fase arcaica nessuno si sarebbe mai immaginato di falsificare il libro contabile, ma si tratta di una caratteristica precisa di quella fase, che non poteva reggere allo sviluppo di Roma, perché sarebbe stato troppo facile modificare anche solo la somma da parte del creditore. Contestualmente all’espansione di Roma, il nomen transcripticium entra progressivamente in desuetudine per due ordini di ragioni: il ruolo del pater, titolare del patrimonio, subisce un’attenuazione e la popolazione diventa più ampia e variegata. Dal nomen transcripticium maturano quindi due nuove forme di obligatio litteris contracta, recepite dal diritto greco: v Chirografo: documento in unico originale conservato dal creditore, ma redatto di fronte al debitore, il quale sottoscriveva il documento. v Singrafe: il problema della falsificazione si supera definitivamente con la singrafe, un documento redatto in doppio originale, uno per il creditore e per il debitore. La differenza tra il primo e gli altri due risiede nel fatto che nella expensilatio, senza il documento, l’obbligazione non sorge, quindi ha valore costitutivo, mentre negli altri casi sorge lo stesso, la scrittura serve solo a provare quello che si è accordato, quindi ha valore probatorio di un vincolo che è comunque sorto. La sostanza diventa più importante della forma, che ora serve solo per provare ciò che era già stato perfezionato. OBBLIGAZIONI CONSENSUALI L’accordo sufficit, il consenso delle parti è sufficiente a perfezionare il contratto. Si tratta del tipo di obbligazione più recente dal punto di vista storico, poiché si afferma nella fase più evoluta del diritto romano. Anche oggi l’obbligazione è solo consensu contractae. Si distinguono quattro tipi di obligatio consensu contracta: v Emptio venditio (compravendita): scambio della cosa contro il prezzo. I soggetti che perfezionano una compravendita sono: emptor (compratore, obbligo di pagare il prezzo) e venditor (venditore, obbligo di consegnare la res), a fronte del pagamento di un prezzo, che i romani chiamano pretium. C’è un'obbligazione reciproca, senza la necessità di un ulteriore rigore formale, perché tutto deve svolgersi nella maggior concretezza possibile al fine di raggiungere gli scopi delle parti, qualsiasi fosse la forma, il che decreta l'abbandono del rigore formale. 15 v Locatio conductio (locazione): con la compravendita ha aliquam familiaritatem, cioè una certa somiglianza, perché anche qui sorgono obbligazioni reciproche in relazione alla consegna della res e al pagamento di un prezzo. Non c’è però identità siccome il trasferimento della res in questo caso è temporaneo, mentre nella compravendita è definitivo. I due soggetti coinvolti sono: locator (locatore, proprietario della res) e conductor (conduttore, colui che riceve il bene e lo usa come se fosse il proprietario per un certo periodo di tempo). Il corrispettivo pagato si chiama canon, il canone. Sorge l’obbligazione di pagare il canone in capo al conduttore e di consegnare temporaneamente la res in capo al locatore. La locazione, nel diritto romano, è di tre diversi tipi, che ha importanti riflessi sul diritto positivo: Ø Locatio rei: locazione della cosa, dell’immobile. Ø Locatio operis: locazione dell’opera. Quando un cittadino romano mette a disposizione di un altro la propria attività lavorativa qualificata (un orefice che fa un anello, un sarto che fa un vestito), che soltanto lui può compiere. Oggi prende il nome di obbligazione di risultato. Oggetto della locazione non è la cosa, bensì l’attività, che è temporanea. Ø Locatio operarum: locazione delle opere. Quando un cittadino romano mette a disposizione di un altro la propria attività lavorativa NON qualificata, la quale, di regola, è svolta dagli schiavi. Oggi prende il nome di obbligazione di mezzo, che è quella, per esempio, di un medico o di un avvocato, perché questi non possono garantire un risultato certo. v Societas (società): obbligazione che si perfeziona quando le parti del contratto raggiungono l’accordo e che consiste nella messa in comune di un patrimonio per raggiungere uno scopo. Due o più soggetti, chiamati soci, mettono in comune il proprio patrimonio per raggiungere un determinato risultato. Ci sono due tipi di società, e questa distinzione interessa soprattutto se la società non ha fortuna, perché in questo caso c’è una disciplina diversa per pagare i debiti, il che è la premessa per la disciplina dell’autonomia patrimoniale: Ø Societas omnium bonorum: società di tutti i beni, in cui i soci mettono in comune tutti i loro beni. I debiti sono pagati con tutto il patrimonio dei soci, il che vuol dire che i soci rispondono ai debiti della società con tutto il loro patrimonio individuale. Non c'è autonomia patrimoniale. Ø Societas alicuius negotii (unius rei): società per un solo affare, in cui i soci mettono in comune solo una parte del proprio patrimonio. In seguito, ci sarà anche la possibilità di far inserire un diverso apporto a ciascuna delle parti. I debiti sono pagati con solo una parte del patrimonio, il che vuol dire che i soci ne rispondono solo in base a quanto hanno investito, salvando il resto. C’è autonomia patrimoniale. Tale distinzione viene recepita nell’ordinamento odierno, nel quale si distinguono le società di persone e le società di capitali. v Mandatum (mandato): obbligazione in base alla quale un soggetto si impegna a compiere atti per conto di altro soggetto a titolo gratuito (art. 1703 c.c., libro IV: il mandato è l’obbligazione da contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra).L’obbligazione non sorge quando comincio a svolgere l’attività, bensì quando ci siamo accordati perché l'azione possa essere svolta, sufficit consensu. Queste tipologie di contratto sono le più moderne e riflettono la trasformazione della collettività romana. Tutte queste ipotesi perfezionano i vincoli obbligatori reciproci con il semplice accordo tra le parti, il che vuol dire che sono contratti che hanno natura consensuale e obbligatoria. Il tema delle obbligazioni consensuali consiste nel fatto che il documento ha solo scopo probatorio, in quanto il contratto si perfeziona senza alcun tipo di rigore formale, il che avviene poiché si verificano sempre più vendite e si richiede sempre meno formalità. OBBLIGAZIONI DA DELITTO Obbligazioni che nascono da un delitto, che in generale sarebbe un atto illecito, cioè difforme dalle regole dell’ordinamento, il che comportava una responsabilità extra-contrattuale, che si differenzia da quella contrattuale, perché in questo caso non c’è un accordo tra le parti. Le obbligazioni da delitto rappresentano quindi qualcosa che segue l’introduzione delle obbligazioni da contratto, almeno intese come modo per far sorgere l’obligatio in capo al cittadino romano, perché il fatto che sia extra-contrattuale, presuppone che prima ci fosse lo studio della responsabilità contrattuale. 16 Interessa nella nostra sistemazione della materia lo studio di una conseguenza esclusivamente patrimoniale, a cui poteva rispondere, almeno nella fase originaria, solamente il pater familias; soltanto in sede di evoluzione quest’ultimo potrà rispondere anche per atti illeciti compiuti da sottoposti. Gaio ci racconta che le ipotesi di delitto sono 4: v Furtum: sottrazione di cosa altrui; le fonti, anche non giuridiche, ma letterarie, ci raccontano della possibilità di estendere il furto anche ad altre fattispecie, non esclusivamente legate alla sottrazione della cosa. La sottrazione di una cosa altrui, a motivo della frequenza di questa fattispecie, permetterà, nella storia del processo romano (sistema che permetterà di applicare la sanzione pecuniaria), di standardizzare le conseguenze del furto. Questa standardizzazione comporta, per esempio, la distinzione tra: Ø Furto manifesto (in flagranza di reato): punito con il quadruplum del valore della cosa rubata; Ø Furto non manifesto: punito con il duplum del valore della cosa privata. In presenza di aggravanti, quali ad esempio il furto notturno, la sanzione poteva aumentare. § Actio furti: sotto il profilo della tutela del soggetto che aveva subito la sottrazione della cosa di sua proprietà, il diritto romano introduce un'azione che poteva essere richiesta al pretore per tutelarsi di fronte ad un caso neanche ipotizzabile, perché nella originaria collettività neanche si poteva immaginare che qualcuno sottraesse una cosa altrui. Le modalità di irrogazione della sanzione sono analoghe a quelle delle obbligazioni contrattuale, perché si trattava in ogni caso di prevedere una sanzione di natura pecuniaria. v Rapina (furto + violenza): trova applicazione in una serie di fattispecie affrontate in maniera analitica dalle fonti, che considerano la violenza un’aggravante e, per questo, prevedono sanzioni anche maggiori di quelle previste per il caso di furto. Le finalità però erano le medesime, ovverosia quelle di porre fine ai saccheggi che interessavano alcune aree di Roma. C’era la necessità di reprimere comportamenti estranei e imprevedibili nella fase originaria di sviluppo di Roma. v Damnum iniuria datum: consiste nel danno dato con l’ingiuria e deriva da una legge comiziale che aveva represso una serie di illeciti, di cui si conservano però solo due ipotesi precise: Ø Uccisione di uno schiavo o di un animale altrui; Ø Ferimento di uno schiavo o di un animale altrui. Se non c’è volontarietà, da non confondere con la colpa, ci sarà una diminuzione della sanzione. Queste ipotesi ci fanno pensare alla risalenza dell’originaria disciplina di queste fattispecie, che infatti richiama l’antica lex aquilia, che per prima si era occupata di reprimere i comportamenti illeciti dei cittadini romani. v Iniuria: ipotesi di danneggiamenti meno gravi rispetto a quelli previsti dal damnum iniuria datum (esempio: rottura di un osso di un cittadino romano nei confronti di un altro cittadino romano). Il comando primario, una volta non rispettato l’obbligo, non è più sufficiente, implica l’entrata in gioco del comando secondario, ovverosia la trasformazione delle posizioni giuridiche: diritto soggettivo → azione; obbligo → sanzione. Ora ci occuperemo della disciplina del comando secondario. Interessa sapere come il comando secondario, che regola il rapporto processuale, consenta ad un cittadino romano di condannare la controparte. L’irrogazione della sanzione non avviene per mano del titolare dell’azione, poiché l’autotutela, la legge del taglione, era molto antecedente all’elaborazione classica delle Istituzioni di Gaio, che consentono di immaginare uno strumento che consenta, una volta ottenuta l’azione e cominciato il processo, di condannare la controparte. Questa possibilità di irrogare una sanzione nei confronti di un consociato si chiama processo, all’esito del quale sarà erogata la sanzione, il che costituisce il potere del titolare dell’azione. Troveremo processi diversi, in quanto gli istituti che lo regolano subiranno un’evoluzione. PROCESSO Il termine deriva dal verbo latino procedere, il che ci permette di capire come il processo sia una serie continuativa di atti finalizzati alla definizione della lite, la quale coincide con la sententia, l’atto finale con cui si pone fine alla controversia tra consociati e che può essere di condanna o assoluzione. Il termine 17 processus si impone però solo in età medievale per indicare appunto la sequenza di atti che doveva portare alla decisione da parte del giudice. Gli antichi Romani parlavano di actiones. È sempre bene ricordare che la sentenza non è emessa da colui che concede l’azione, cioè dal pretore. Lo Stato, infatti, vieta al privato l’autotutela, e gli impone di ricorrere al magistrato, il quale sentirà le sue ragioni e, dopo averne riconosciuto la fondatezza, mettere a sua disposizione la forza dello Stato, perché la situazione di fatto si adegui alla situazione di diritto. Già allora, la conoscenza non poteva precedere l’azione, principio che costituisce il fondamento della distinzione tra processo di cognizione e il processo di esecuzione. Se lo scopo del processo è quello di superare l'incertezza sull’esistenza o titolarità̀ di un diritto esso viene definito processo di cognizione. Se lo scopo è quello di superare la resistenza opposta all'attuazione di un diritto il processo è detto di esecuzione. Il diritto romano conosce tre diversi tipi di processo civile, che corrispondono alle tre fasi della storia dell’antica Roma e i cui istituti saranno coerenti con lo sviluppo di queste: Arcaica Classica Post-classica e giustinianea Processo PER LEGIS Processo PER FORMULAS, per Cognitio extra ordinem ACTIONES, per le azioni della formulare legge Roma è una piccola comunità Il potere legislativo è nelle mani Cambia radicalmente la formata da poche persone dei rappresentanti del popolo. gestione del potere, che non è legate da vincoli di parentela e più nelle mani del popolo, ma amicizia, e in cui il diritto era torna ad essere concentrato caratterizzato da oralità e nelle mani di una sola persona. formalismo. Anche il potere legislativo si concentra nelle mani dell’imperatore, tant’è che l’ordinamento è formato soltanto dalle leggi imperiali. Il riflesso della concentrazione dei poteri sul profilo processuale è che non si permette più ad un cittadino privato di avere il potere giudiziario, forse il più importante. L’imperatore accentra su di sé anche il potere giudiziario, quello di emettere sentenze. v Oralità (il processo era § Forma scritta (si Il giudice (iudex) è orale, anche se erano tenuti caratterizzava per la l’imperatore dei verbali della presenza di un documento Processo pubblico, perché celebrazione del processo); scritto chiamato formula); il giudice è una pubblica v Formalismo (tutti i § Mancanza di formalismo autorità, che in questo caso componenti parlavano la (per superare un principio coincide addirittura con la lingua latina, adatta a adatto solo alla fase più figura dell’imperatore; tutelare i pochi casi di arcaica). Delega a funzionari per la obblighi che si verificavano decisione delle all’epoca). controversie. I funzionari decidono in nome dell’imperatore, che così conserva il ruolo di sommo giudice (decidono vice sacra, al posto dell’imperatore); Appellatio (riesame della sentenza): se la sentenza risultava nulla, essa era 18 priva di efficacia. Nullità = improduttività degli effetti. Il processo è rappresentato da Non c’è un riesame della Visto che l’imperatore era uno e una serie di formulari che sentenza, ma non ci poteva non poteva essere dovevano essere pronunciati neaessere una mancanza di onnipresente, non poteva dalle parti. Esistevano solo 5 fiducia nei confronti dei giudici gestire tutti i processi da solo, casi per poter far valere i propri terzi. per cui delega a funzionari. diritti nella fase arcaica, perché Esiste una legge che i 5 erano i formulari prestabiliti. funzionari devono rispettare ed Se si sbagliava a pronunciare le esiste la possibilità per parole contenute in questi l’imperatore di controllarne il formulari perdevo a rispetto e l’applicazione. prescindere, perché il rigore Se non si è d’accordo con la formale superava la sostanza. sentenza emanata da un funzionario, giudice che non si poteva scegliere, a differenza di quello privato, si poteva richiedere un riesame della sentenza. Questo tipo di processo venne L’imperatore non poteva in odio ai cittadini, che non si contemplare il fatto che il sentivano tutelati, così, potere giudiziario, forse il più gradualmente, cambiò il importante, nelle mani dei sistema processuale rappresentanti del popolo. Possiamo quindi individuare due sistemi: Ordu iudiciorum privatorum: sistema che comprende il processo dell’età arcaica e dell’età classica. Sistema che comprende i giudizi privati, dei processi privati. Entrambi questi processi si chiamano privati perché il giudice (iudex) romano è un cittadino privato. Colui che emette la sententia è un cittadino privato. Non c’è un riesame della sentenza, perché si sceglieva il giudice e si accettava fin dall’inizio la sua decisione. Visto nella fase arcaica Roma era una piccola comunità legata da legami di parentela e amicizia, in cui vigeva il rispetto per il pater familias, non c’era disaccordo per la decisione del giudice, che ci sarà invece nella fase classica, dove non ci si fiderà più dei terzi. Cognitio extra ordinem: si affida all’imperatore, quale giudice supremo, il potere di emettere sentenze. Il giudice è quindi una pubblica autorità. Siamo di fronte ad un homus deus, perché nelle sue mani sono concentrati tutti i poteri riconducibili ad una figura statale PROCESSO PER LEGIS ACTIONES Legis actiones significa azioni di diritto, cioè azioni conformi alle norme di diritto. Abbiamo notizie molto limitate riguardo questo processo, come per tutto ciò che riguarda la fase arcaica di Roma; eventuali documentazioni, che ci consentirebbero di ricostruire perfettamente la procedura analitica del processo, si sono perdute. La ricostruzione è resa ancora più difficile dalla natura orale che tutti gli istituti avevano all’epoca. Nonostante questo, sappiamo che la seconda caratteristica era il formalismo, che altresì caratterizzava tutti gli istituti dell’epoca. Oralità e formalismo riguardano quindi sia i comandi primari che secondari, comprese le procedure processuali. Conosciamo le legis actiones perché Gaio, nel libro IV, descrive una storia del processo. Quando lui scrive, queste legis actiones erano solo un ricordo lontano, quindi è possibile ne esistessero tante altre a tutela di tante altre cose. Il processo per legis actiones, così come poi anche il processo formulare, è bifasico, si divide in due stadi. Il primo, in iure, si svolge dinanzi al magistrato; il secondo, apud iudicem, presso il giudice. In questa fase, magistrato è il pretore; giudice è un privato, nominato dal pretore. Non c’è bisogno di un sistema processuale particolarmente complesso, perché i casi che lo necessitano sono estremamente pochi e precisi, infatti le legis actiones erano cinque ed erano tipiche; inoltre erano esperibili solo dal pater familias per la tutela di rapporti previsti dallo ius civile. 19 Si distinguono le legis actiones di cognizione e le legis actiones esecutive. La distinzione delle legis actiones non è stata elaborata dagli antichi Romani, bensì nell’età moderna, seguendo l’ordine e la ratio con cui erano presentate nei codici. I privati, che sono parti del rapporto processuale, assumono nelle qualifiche di: Attore (actor, soggetto titolare dell’azione nel comando secondario); Convenuto (reus, parte che è rimasta inadempiente). LEGIS ACTIONES DI ACCERTAMENTO 1. Legis actio sacramento (= giuramento nel nome della divinità): formulario con il quale le parti giuravano la bontà della propria posizione giuridica davanti agli dei. L’affidare la certezza della propria fondatezza agli dei non poteva che rientrare nel processo arcaico. Pur di non offendere la divinità con lo spergiuro, infatti, si presumeva che la parte in torto si ritirasse. Solo la pronuncia di determinate parole poteva dar luogo alla condanna della controparte. Lo sbaglio di una sola parola del formulario non consentiva di ottenere soddisfazione dei propri interessi. Il rigore della forma supera addirittura la sostanza. È un processo che chiaramente si adatta a chi parla solo la lingua latina e ai soli cives della Roma più antica e circoscritta. Era una legis actio, perché riguardava in generale tutte le ipotesi. Fin da questo momento così risalente, questa legis actio generale potrà essere usata in due diversi casi, che affrontano per la prima volta la differenza tra diritti reali e obbligatori: 1.1. Legis actio sacramento in rem: assicura la difesa di un diritto reale, assoluto, opponibile erga omnes (in origine, della proprietà, in seguito anche potestà o signorie relative a rapporti di tipo familiare o ereditario, accertamento dello stato di una persona come libero o schiavo e tutela di servitù prediali e usufrutto). L'attore portava in ius la persona o la cosa su cui avanzava una pretesa. Originariamente non era prevista la presenza di entrambe le parti. Se la controparte non fosse stata presente, il magistrato avrebbe autorizzato l'attore a portare con sé la persona o la cosa. Se la controparte si fosse presentata, si sarebbe aperta una lite nelle forme previste dalla legge. In un momento successivo ambedue i contendenti dovevano essere presenti. Il vocatus (colui che era stato convocato) era obbligato a seguire in ius l'attore. Se non lo avesse fatto, l’attore avrebbe potuto trascinarlo con la forza. Il vocatus poteva però evitare di seguire immediatamente l'attore presentando un vindex, che garantiva che egli si sarebbe presentato in un giorno stabilito e, se non lo avesse fatto, ne avrebbe subito personalmente le conseguenze. Presenti le parti dinanzi al magistrato, chi inizia la lite compiva la solenne vindicatio della cosa (di uno schiavo, per esempio) con precise parole e, nel mentre, toccava con una vindicta (bacchetta) la cosa. Se nessuno avesse contestato questa affermazione, il magistrato avrebbe autorizzato chi aveva esperito l'azione a portare con sé lo schiavo. L’avversario poteva però opporre alla vindicatio, con le medesime parole di medesimi gesti, la sua controvindicatio. Dopodiché, avvenendo nell’età arcaica una finzione di lotta, il magistrato imponeva alle parti di desistere. La solenne dichiarazione del diritto dell’attore (cui segue la contro dichiarazione del convenuto) costituisce la litis contestatio, che sarebbe la solenne dichiarazione dell’oggetto della contesa dinanzi a testimoni, dopo la quale seguiva la nomina immediata del giudice e che, quindi, costituiva la fine della fase in iure. Allora le parti, dopo lo scambio di altra formula solenne, si sfidavano vicendevolmente al sacramentum, il quale, successivamente, perse l’originario carattere religioso e divenne un giuramento-scommessa per cui entrambe le parti depositavano un certo numero di animali a testa. La lex Tarpeia sostituì gli animali con promessa di pagare una somma di denaro (50 o 500 assi) all’erario, in caso di soccombenza. Il pagamento era assicurato da garanti. La cosa oggetto della controversia era dal pretore assegnata a chi tra le parti sembrava vantare il maggior diritto: il possessore doveva o meno restituire e garantivano la restituzione della cosa e dei frutti i garanti. La cosa era presente in ius se facilmente spostabile; altrimenti compariva un simbolo di essa. 1.2. Legis actio sacramento in personam: serve alla difesa dei diritti relativi obbligatori, cioè dei diritti opponibili nei confronti di una persona determinata, come i diritti di credito. Chi si affermava creditore doveva dire, con una precisa formula, al presunto debitore quanto questi the dovesse. Se il convenuto riconosceva il debito, la sua confessione, ossia la confessio in iure, era equiparata ad una pronuncia del giudice. Alla negazione del debitore, avveniva la reciproca sfida al sacramentum, come sopra. Se egli non confessava, ma nemmeno negava, rimanendo in silenzio, l'attore continuava il rito pronunciando un’intimazione e probabilmente esercitava la manus iniectio. Se il sacramentum veniva dichiarato iustum, infatti, il magistrato autorizzava l’attore a 20 portare il convenuto nella sua prigione domestica. Se necessario, seguiva un nuovo processo per stabilire l'ammontare del debito e l'esecuzione nella forma della manus iniectio. Con la Lex Pinaria il giudizio sul sacramentum fu affidato a un iudex scelto dal magistrato. Inizialmente, la nomina dello iudex era immediata. Successivamente, si stabilì che le parti dovevano tornare davanti al magistrato trenta giorni dopo il compimento delle formalità dell'agere sacramento per la designazione del giudice. 2. Legis actio per iudicis arbitrive postulationem: si occupa della domanda al giudice o all’arbitro. È più semplice e rapida della legis actio sacramento, né importa, per il soccombente, alcuna perdita economica a titolo di pena processuale. La dichiarazione dell’attore contiene la menzione della causa, per la quale si agisce; si agisce nelle ipotesi tassativamente disposte dalla legge, che quindi cominciano ad essere specificate e che corrispondono a quelle per le quali il cittadino chiede più frequentemente tutela. Gaio ne enumera tre, le prime due previste dalla legge delle XII tavole, l’altra da una lex Licinnia:: 2.1. Pagamento di una somma (per crediti nascenti da sponsio o in caso di debito da stipulatio); 2.2. Questioni ereditarie; 2.3. Giudizi divisori tra condomini. L’attore dichiarava quanto il convenuto gli dovesse. Se il convenuto avesse negato, l’attore avrebbe nominato un giudice oppure, nel caso dei giudizi divisori, un arbitro, ossia un tecnico in possesso delle competenze necessarie ad operare la divisione. La pronuncia della sentenza spettava dunque al giudice o all’arbitro. Questa legis actio è più recente e tiene conto delle esigenze dei cittadini, quindi è frutto di un’evoluzione del sistema processuale. 3. Legis actio per condictionem: è la legis actio più recente e che, quindi, tiene ancora conto delle esigenze dei cittadini, è frutto di un’evoluzione del sistema processuale. Le tematiche più care erano evidentemente il denaro ed i beni, infatti questi sono i debiti per i quali è necessario che intervenga il sistema processuale: 3.1. Certa pecunia (debiti di una certa somma di denaro, introdotta dalla legge Silia nel III sec. a. C.); 3.2. Certa res (introdotta dalla legge Calpuria nel III sec. a. C.). L'attore affermava il suo credito e chiedeva al convenuto se lo riconosceva o lo negava. Se il convenuto ammetteva, la sua conferma, ossia la confessio in iure, aveva gli stessi effetti di una condanna. Se negava, l’attore gli intimava di ritrovarsi, insieme con lui, dinanzi al magistrato entro 30 giorni, per la nomina del giudice, il quale avrebbe poi deciso la causa. Il vantaggio era quello di non costringere a prestare il sacramentum. Inoltre, non prevedeva che l'attore facesse riferimento al fatto giuridico da cui il suo credito era sorto, il che eliminava la possibilità di errori. Le ipotesi sono ancora poche e ben delineate, ma si sente l’esigenza di evolversi per portare la struttura processuale verso la massima copertura di ogni ipotesi cara ai cittadini. Tutte e tre le legis actiones si chiamano: legis actiones di accertamento, perché stabiliscono se il comportamento illecito si sia verificato o meno, accertano quindi se la domanda sia fondata oppure no; solo nel primo caso, si procederà con una sanzione. LEGIS ACTIONES ESECUTIVE Rispondono all’esigenza pratica per cui, anche in caso di sanzione, la controparte si rifiutasse di restituire la somma di denaro, per esempio. Visto che si è superata l’epoca in cui ci si faceva giustizia da soli, ci deve essere un altro modo per ottenere la soddisfazione concreta del proprio diritto: 4. Legis actio per manus iniectionem: attua l’esecuzione personale contro la persona del debitore insolvente, il quale, pur con una condanna di accertamento, non ha comunque adempiuto alla propria obbligazione. È il creditore stesso che esegue l’esecuzione, poiché il danno non coinvolge l’intera collettività. Si distinguono tre specie di manus iniectio: 4.1. manus iniectio iudicati: presuppone una sentenza di condanna di cognizione; 4.2. manus iniectio pro iudicato: esperibile come se una sentenza di condanna esistesse, mentre non c’è. La legittimazione ad agire è data direttamente da una legge. 4.3. manus iniectio pura: prescinde anch’essa da una sentenza di condanna, ma, in più, neppure vi fa richiamo per fingerne l’esistenza. È esperibile quando una legge espressamente lo permette. Non si tratta della legge del taglione poiché prima c’è stata una sentenza di accertamento oppure esiste una legge. 21 La manus iniectio è possibile solo dopo 30 giorni dalla pronuncia della condanna (o dalla scadenza del debito). Il debitore viene condotto dinanzi al magistrato dal creditore, che pronuncia una precisa formula e pone le mani sul debitore. Questi non può difendersi da sé, ma la difesa può essere tentato da un terzo (vindex), il quale, affermando infondata la pretesa dell’attore, si impegni a provare ciò in un giudizio apposito, con la prospettiva di pagare il doppio del debito originario, se non riesca nel suo assunto. In mancanza di questo intervento il magistrato autorizzava l'attore a condurre con sé il convenuto che veniva rinchiuso nel carcere privato del suo creditore, ove veniva tenuto in catene dal peso minuziosamente stabilito dalla legge, così come dalla legge era fissata la quantità di cereale con