Summary

This document discusses vasculitis, a group of inflammatory diseases affecting blood vessels. It provides a classification based on vessel size and covers various types of vasculitis, including large, medium, and small vessel diseases. It also details clinical manifestations and diagnostic approach used to detect vasculitis.

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Argomento: vasculiti, vasculite gigantocellulare, poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki Data: 29/11/2024 Sbobinatori: Simone Albicin...

Argomento: vasculiti, vasculite gigantocellulare, poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki Data: 29/11/2024 Sbobinatori: Simone Albicini, Hadisa Alili Revisore: Carolina Orlandi Docente: Elisa Fabbri VASCULITI Le vasculiti sono malattie infiammatorie della parete dei vasi sanguigni dovute ad una inappropriata reazione del sistema immunitario, il quale attacca e distrugge la parete dei vasi e porta al restringimento del lume (stenosi del vaso), con conseguente danno ischemico del tessuto a valle ed evoluzione verso l’insufficienza d’organo. È un gruppo eterogeneo di patologie piuttosto rare che possono sviluppare quadri clinici anche severi, per cui si associano ad una potenziale elevata mortalità. La diagnosi precoce permette di avviare un trattamento tempestivo, il quale permette di ridurre il danno tissutale e favorire una prognosi migliore. Classificazione Sotto il termine di vasculite sono comprese numerose patologie classificabili in vari modi. La classificazione più comune e semplice (la più frequente, anche noi vi faremo riferimento) è quella che si basa sul calibro dei vasi. Essa distingue: Vasculiti dei vasi di grande calibro: arterite di Takayasu, arterite a cellule giganti (anche detta di Horton); Vasculiti dei vasi di medio calibro: poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki; Vasculiti dei vasi di piccolo calibro: includono - Vasculiti ANCA-associate: poliangioite microscopica, granulomatosi con poliangioite (Wegener), granulomatosi eosinofila con poliangioite (Churg-Strauss); - Vasculiti da immunocomplessi: crioglobulinemia, vasculite da IgA (porpora di Henoch- Schönlein). Altri sistemi di caratterizzazione si basano su: Sede colpita: arco aortico, arti, cute, ecc; Tipo di vaso interessato: arterie, arteriole, capillari, venule, ecc; Quadro istopatologico: tipo di infiltrato, flogosi granulomatosa, ecc; Caratteristiche delle alterazioni immunologiche; Aspetti angiografici. È presente una categoria di vasculiti, vasculiti dei vasi variabili (variable vessel vasculitis, VVV), che esula dalla classificazione in base al calibro dei vasi colpiti, siccome può andare a colpire vasi di diverso calibro. Esempi di VVV sono la malattia di Behcet e la malattia di Cogan. Bisogna ricordare che la classificazione delle vasculiti in base ai vasi colpiti è una classificazione schematica basata sui casi più ricorrenti; tuttavia, nella realtà clinica può ad esempio capitare che una vasculite dei vasi di grande calibro vada a colpire vasi di medio calibro, così come una vasculite dei vasi di piccolo calibro può colpire vasi di medie dimensioni. Le vasculiti possono essere inoltre distinte in forme: Primitive; Secondarie: si associano a malattie autoimmuni (come lupus o artrite reumatoide), forme paraneoplastiche, disturbi linfoproliferativi, agenti infettivi o a farmaci. Manifestazioni cliniche Le difficoltà maggiori nell’approccio clinico alle vasculiti riguardano la diagnosi; esse si possono infatti presentare associate ad un ampio spettro di sintomi anche molto variabili, i quali dipendono dalla sede colpita (organo o tessuto), dal calibro dei vasi interessati e dalle caratteristiche di infiammazione della parete. Le sedi che possono essere colpite da vasculiti comprendono: Segni e sintomi costituzionali; Cute; Apparato cardiovascolare; Rene; Apparato muscolo-scheletrico; Apparato respiratorio; Tratto gastroenterico; SNC e SNP. Per quanto riguarda l’epidemiologia il picco di incidenza varia in base alla tipologia di vasculite. Alcune vasculiti hanno picco in età pediatrica (le riscontrano soprattutto i pediatri), come la malattia di Kawasaki e la porpora di Henoch Schönlein, mentre altre raggiungono il picco d’incidenza nell’anziano, come l’arterite a cellule giganti di Horton. Quest’ultima è rara sotto i 50 anni e presenta un picco di incidenza tra 70 e 80 anni. Le vasculiti sono patologie rare, ma è importante conoscerne i campanelli di allarme per permettere un inquadramento diagnostico tempestivo e corretto. Un po’ tutte le tipologie di vasculiti sono associate a sintomi costituzionali ed aspecifici come: Febbre/febbricola; Astenia: calo delle forze, affaticamento; Calo ponderale; Artromialgie e/o artrite; Aumento degli indici di flogosi: VES e PCR elevate. Altre alterazioni laboratoristiche che possiamo riscontrare sono alterazioni della crasi ematica, sempre suggestive di un quadro flogistico; per esempio, un’anemia normocromica normocitica (la cosiddetta anemia dell’infiammazione) o un aumento delle piastrine. Questi sintomi non sono specifici siccome si presentano in condizioni di infiammazione ma non ci consentono di ricavarne “un’etichetta” di malattia. Per quanto riguarda i sintomi d’organo essi sono piuttosto variegati e variabili e comprendono: Diagnosi differenziale La diagnosi di vasculite avviene per esclusione, per cui vengono in primo luogo escluse altre condizioni che potrebbero giustificare il quadro clinico, come ad esempio altre malattie infiammatorie sistemiche, condizioni neoplastiche ed infezioni. Una delle condizioni più frequenti è data dalla FUO (febbre di origine sconosciuta), ovvero una febbre persistente in cui sono state escluse cause rispondenti ad indagini diagnostiche di primo livello e che non risponde ad una terapia antibiotica. In caso di presenza di FUO quando avvio il workup diagnostico è necessario raccogliere le emocolture, raccogliendo campioni sia colturali sia per quanto riguarda la sierologia, in modo tale da escludere cause infettive. Vanno valutate poi eventuali condizioni neoplastiche ed infine valutare la presenza di cause infiammatorie/reumatologiche. Sono presenti, inoltre, sintomi evocativi di vasculite sistemica, ovvero sintomi la cui presenza permette di sospettare in maniera più concreta la presenza di vasculite. Essi comprendono: Sindrome acuta polmonare-renale; Neuropatia periferica; Alterazioni renali; Lesioni cutanee; Sinusite destruente. Come accennato in precedenza nelle vasculopatie è fondamentale una diagnosi tempestiva, questo perché le vasculiti rappresentano uno spettro di condizioni patologiche che possono causare grande severità di malattia e la comparsa di condizioni d’urgenza quali: Cecità o calo del visus improvvisi: se non adeguatamente inquadrato può portare anche a cecità permanente; Stroke: in caso di vasculite dei grossi vasi che irrorano il cervello; Insufficienza renale rapidamente progressiva; Insufficienza respiratoria (emorragia alveolare); Infarto intestinale; Deficit neurologico (periferico) ingravescente; Altre alterazioni ischemiche distrettuali. In particolare, i sintomi causati dalle vasculiti variano in base alle zone di interessamento: SNC: cefalea, convulsioni, alterazioni di tipo psicotico, ecc; SNP: dolore, disestesia e deficit motori; Apparato cardiovascolare: ischemia cardiaca, infarto cardiaco, aritmie, scompensi, ecc; Tratto GE: vomito, diarrea, ecc. Tratto respiratorio superiore (particolarmente associate a vasculiti Wegner e Churg-Strauss): rinite, poliposi nasale, lesioni destruenti, perforazioni del setto, deformazioni della piramide nasale (naso a sella), sinusiti, ecc; Polmoni: i sintomi d’esordio possono essere tosse, emottisi, pleurite, asma e dispnea. È da tenere presente che un’anemizzazione acuta inspiegata potrebbe rappresentare l’unico segno suggestivo di emorragia alveolare. Non è detto che necessariamente il paziente con emorragia alveolare si presenti con emottisi, potrebbe avere anche come unica manifestazione un’emottisi non altrimenti spiegata; Manifestazioni cutanee: vescicole, bolle, pustole, ecc. Si possono avere vasculiti confinate unicamente alla cute, ma le manifestazioni cutanee possono essere anche nell’ambito di una vasculite sistemica; quando riscontriamo una vasculite cutanea è sempre importante andare a verificare che non ci sia coinvolgimento anche di altri organi. È importante notare quindi che, dal punto di vista della presentazione clinica, non siamo in presenza di sintomi specifici ma di una miscellanea di sintomi che possono andare a colpire un po’ tutti i distretti, apparati e organi dell’organismo, per cui l’inquadramento non è semplice. N.B: la prof specifica che non è necessario imparare a memoria tutto l’elenco delle sintomatologie presenti nelle slide ma solo in linea generale. Test diagnostici La diagnosi nasce da una combinazione delle manifestazioni cliniche con dei test diagnostici. Non esiste un gold standard laboratoristico per le vasculiti; non esiste un test specifico che permette di diagnosticare una vasculite. Vanno perciò eseguiti: Esami generici: emocromo, indici di infiammazione (VES e PCR), ecc; Interessamento d’organo: funzione renale (creatinina ed esame urine), ECG ed eco cuore, TC e angio-TC, angio-RM, ecc. Un ruolo importante negli ultimi anni è svolto dalla PET, che grazie all’utilizzo del 18-fluorodesossiglucosio permette di evidenziare le zone in cui il tracciante si accumula, ovvero le sedi anatomiche colpite da un’infiammazione inappropriata, permettendo di valutare l’estensione (gli organi e le sedi colpite) e l’attività di malattia (più recentemente la PET, soprattutto per le vasculiti dei vasi di grosso calibro, permette di ricavare informazioni per il follow- up a lungo periodo del paziente e per valutarne la risposta alla terapia); Ezio-patogenesi: come accennato in precedenza vengono innanzitutto raccolti campioni per esami colturali in modo da escludere una possibile eziologia infettiva sottostante. Può essere in seguito richiesta una miscellanea di esami per valutare un’eventuale origine infiammatoria autoimmune, come anticorpi antinucleo ed ANCA (anticorpi associati solamente a vasculiti di vasi di piccolo calibro ANCA-associate). L’approccio clinico alle vasculiti ha come obiettivi quelli di: Escludere altre malattie che possano “mimare” una vasculite; Determinare se si tratta di una vasculite primaria o secondaria; Definire l’estensione e il coinvolgimento d’organo; Stabilire se vi è una condizione clinica che metta a rischio nell’immediato il paziente (il trattamento dovrà essere più tempestivo). Una manifestazione di possibile natura vasculitica può comparire in diversi casi specifici, per i quali dobbiamo farci delle domande: Paziente già affetto in precedenza da vasculite à Si tratta di una recidiva di malattia? Una nuova manifestazione della malattia pregressa? Paziente con patologia autoimmune (come Lupus) à Si tratta di una complicanza della malattia di base? Paziente senza una storia di malattia vasculitica nota e senza una storia di patologie che potrebbero associarsi ad un processo vasculitico (la situazione più complicata) à Problema di natura vasculitica? ARTERITE GIGANTO-CELLULARE (arterite temporale o arterite di Horton) È una vasculite, quindi una malattia infiammatoria granulomatosa, che colpisce l’aorta e le sue diramazioni, in particolare le arterie carotidi e le loro diramazioni extracraniche. È la vasculite più frequente tra quelle di grosso calibro, ma anche tra le vasculiti in generale. Dal punto di vista dell’epidemiologia è una condizione che colpisce prevalentemente l’anziano, con esordio dopo i 50 anni, in media attorno ai 70-75 anni. Sono più colpite le donne (rapporto F:M di 3-4:1) e più colpita la razza caucasica. Si può trovare a livello mondiale, ma la sua frequenza è maggiore negli Stati Uniti e in Europa, in particolare più elevata nei paesi Scandinavi (gradiente nord-sud) e minore nell’Europa del sud. Deve il suo nome a Horton, medico che la descrisse per la prima volta nel 1937. Si classifica in due forme: Forma cranica è quella che si presenta con un interessamento dell’arteria temporale e dei suoi rami: interessa il paziente più anziano, e sintomatologia caratteristica: cefalea temporale, tensione e dolore al tocco della regione temporale, claudicatio masticatoria, e si può presentare con disturbi visivi, ovvero un transitorio calo del visus che se non inquadrato può evolvere verso una cecità permanente (complicanza più temuta). Forma extra cranica prevede un interessamento dei vasi di grosso calibro: in genere il paziente è più giovane, e si associa ad una sintomatologia sistemica aspecifica. Non c’è quindi una sintomatologia patognomonica, per cui la diagnosi sarà più difficile e perciò si associa a maggior ritardo diagnostico. La forma extracranica è quella con prognosi peggiore, per via del ritardo diagnostico, per una maggior severità di malattia e con maggior rischio di recidive e di complicanze tardive, come la dilatazione aortica. Perché essendoci il processo infiammatorio a livello della parete aortica, avviene un rimodellamento della parete che da un lato può portare a stenosi del lume e danno ischemico del tessuto a valle, e dall’altro lato si può avere anche una dilatazione della parete e quindi la formazione di un aneurisma. Sono complicanze che vanno gestite anche dal punto di vista terapeutico. C’è la possibilità di avere uno ‘spettro di malattia’, ovvero ci possono essere soggetti con la classica forma cranica ma che possono presentare anche un interessamento a livello sistemico. Quindi una forma non esclude l’altra. Una caratteristica distintiva è l’associazione con la Polimialgia Reumatica (PMR): è una malattia infiammatoria muscolo-scheletrica caratterizzata da un esordio acuto con rigidità soprattutto mattutina del cingolo scapolare e pelvico, associato a sintomi costituzionali come febbre, astenia, calo ponderale, anemia. Generalmente questi sintomi si manifestano dopo un periodo di riposo e migliorano col movimento. La Polimialgia Reumatica ha la stessa epidemiologia della Arterite di Horton, è quindi più frequente nell’anziano. A sottolineare la forte associazione, recentemente si è sempre di più evidenziato come queste due malattie condividano anche gli stessi meccanismi patogenetici. La PMR è circa 2-3 volte più frequente dell’arterite a cellule giganti. Più del 50% dei pazienti con arterite a cellule giganti presenta anche polimialgia reumatica, e il 15-20% dei pazienti con polimialgia reumatica presenta arterite a cellule giganti. L’eziopatogenesi è ancora in larga parte sconosciuta. Ad oggi si sa che c’è una risposta infiammatoria inappropriata a dei trigger microbici o tissutali a livello della parete del vaso, che in ultima analisi porta i macrofagi disfunzionali a trasformarsi in cellule giganti. Questo spiega la presenza di un’infiammazione di tipo granulomatoso. Negli ultimi anni stanno emergendo numerose molecole come possibili terapie mirate sui target molecolari che ad oggi sappiamo essere coinvolti nella patogenesi, per ottimizzare il trattamento. Ad oggi l’unico approvato per il trattamento della arterite a cellule giganti è il Tocilizumab. MANIFESTAZIONI CLINICHE Nella sua forma tipica più caratteristica (forma cranica) si manifesta con disturbi come: Cefalea, con caratteristiche "nuove" per il paziente; spesso bilaterale ma anche unilaterale, nel territorio dell’arteria temporale (presente nel 60-70% dei casi), Dolorabilità del cuoio capelluto (40-50%), Claudicatio masticatoria (40-50%) Disturbi visivi: diplopia, scotomi, ptosi, offuscamento della vista, amaurosi fugace fino a permanente ed irreversibile perdita della vista (20-30%) o La perdita della vista oggi è rara, è una complicanza che subentra solo se non viene effettuata una diagnosi corretta e il paziente non viene trattato. A questi sintomi a livello craniale, si associano sintomi sistemici, come astenia, febbre, calo ponderale, malessere, sudorazione notturna (40-50%) E poi, più del 50% dei pazienti presenta anche le manifestazioni della Polimialgia Reumatica. La Triade sintomatologica, che denota un quadro caratteristico, è costituito da: sintomi craniali + sintomi sistemici aspecifici + sintomi da PMR. ESAME OBIETTIVO Si denotano alterazioni a carico dell’arteria temporale superficiale: arteria prominente, dilatata e tortuosa, dolente, di consistenza duro-fibrosa, iposfigmica, talvolta con cute sovrastante eritematosa (60-70%). DIAGNOSI Dal punto di vista laboratoristico, gli aspetti che si rilevano sono l’aumento della VES e PCR, che fanno riferimento ad un’infiammazione aspecifica, indicano la presenza di una malattia infiammatoria sottostante; poi si possono vedere altre alterazioni dell’emocromo come anemia normocitica e piastrinosi, sempre frutto dell’infiammazione. A lungo, il gold standard era la biopsia dell’arteria temporale e l’evidenza istologica del quadro infiammatorio granulomatoso era patognomonico. Ad oggi invece, nella forma craniale, con l’EcoDoppler dell’arteria temporale si rileva un “HALO sign”, ovvero un’area ipoecogena perivasale e l’assenza di segnale di vascolarizzazione, che risulta caratteristico e sufficiente per la diagnosi. Se si ha il sospetto e l’ecografia non è dirimente, allora si può procedere con la biopsia. Per quanto riguarda l’inquadramento dell’interessamento extra-cranico, è fondamentale l’imaging: AngioTC, AngioRM, TC-PET, utili per stabilire la localizzazione di malattia. In particolare, la TC-PET, soprattutto nei casi di FUO, permette di evidenziare a livello dell’aorta e delle sue diramazioni, quale può essere la sede coinvolta e l’attività di malattia in fase diagnostica, ma è utile anche per il monitoraggio del paziente. QUANDO DOBBIAMO PENSARE ALL’ARTERITE GIGANTOCELLULARE? Va sospettata nei pazienti > 55 anni in presenza di una delle seguenti condizioni: Un nuovo tipo di cefalea Qualsiasi nuovo sintomo compatibile con ischemia di un'arteria sopra il collo Dolore muscolare alla mascella durante la masticazione Dolore del cuoio capelluto o dell'arteria temporale Febbre subacuta inspiegabile o anemia, in particolare, in presenza di segni laboratoristici di flogosi La diagnosi di arterite a cellule giganti è più probabile se i pazienti hanno anche sintomi di polimialgia reumatica. Tutto questo rende il sospetto ancora più forte. TERAPIA Il cardine è la terapia steroidea, al fine di spegnere l’infiammazione. Nel momento in cui si fa diagnosi è importante avviare la terapia per la prevenzione delle complicanze oculari, siccome la complicanza più temuta nella forma cranica è la cecità. Il dosaggio dipende dalla presentazione clinica: se non vi è interessamento oculare si può partire da Prednisone (0,5-1 mg/kg) 40-60mg/die con progressivo de-calage una volta che l’infiammazione è stata spenta, fino al raggiungimento dell’obiettivo di stare al di sotto di 5mg/die ad un anno dalla diagnosi. Se invece c’è già interessamento oculare, bisogna partire con una terapia più aggressiva, quindi con boli di Prednisone di 1.000 mg /die per tre giorni consecutivi, per poi passare a dei dosaggi più ridotti. Fino a pochi anni fa la terapia era basata esclusivamente sul cortisone, per cu i pazienti dovevano fare una terapia di mantenimento a base di cortisone, ed essendo pazienti generalmente anziani, con frequenti comorbidità, questo si accompagnava ad un aumento degli effetti collaterali. Perciò l’obiettivo è quello di ridurre il più possibile lo steroide in questi pazienti. E per questo, negli ultimi anni, al fine di evitare l’abuso di corticosteroidi, sono emersi dei nuovi farmaci: ad oggi si usa il Tocilizumab (anti-IL6R): va ad inibire l’interleuchina 6, che rientra nel meccanismo patogenetico di questa malattia, spegnendo il processo infiammatorio. Ha come vantaggio il risparmio dello steroide, con dei buoni effetti anche a lungo termine per quello che riguarda l’attività di malattia. Questi sono pazienti che nei primi anni hanno un alto grado di recidiva di malattia; perciò, è molto importante seguirli con un accurato follow-up nel tempo. CASO CLINICO Supponiamo di essere un medico di pronto soccorso, e arriva una donna di 74 anni, che in anamnesi ha ipertensione arteriosa sistemica, diabete mellito e malattia da reflusso gastroesofageo. Si presenta in pronto soccorso perché lamenta una progressiva perdita della vista, cefalea importante e allodinia in regione fronto- temporale. Interrogando la donna, si scopre che da circa 3 mesi riferisce intensa cefalea, associata a nausea e fotofobia, che stava trattando come emicrania. Nell’ultimo mese ha presentato episodi transitori di perdita della vista, nonché dolore periorbitale e oculare, prevalentemente con il movimento degli occhi. A seguito di amaurosi nell'occhio destro, è stata valutata dal suo oculista, che ha diagnosticato un papilledema unilaterale, indicativo di un quadro di neurite ottica. Un paio di giorni dopo, in seguito a perdita della vista nell'occhio controlaterale, veniva inviata al pronto soccorso. Si può procedere con una TAC e Angio-TC encefalo per escludere un quadro di ischemia cerebrale, le quali risultano negative. Al pronto soccorso, il paziente lamentava allodinia nella regione fronto- temporale, associata a dolore e gonfiore lungo il decorso dell'arteria temporale. All’esame obiettivo, si vede un’arteria temporale tumefatta, dolente alla palpazione e di consistenza aumentata. Lamentava inoltre dolore all'articolazione temporo-mandibolare. Gli esami del sangue mostrano un aumento degli indici di flogosi (VES e PCR). In realtà, questo quadro è molto suggestivo per Arterite giganto-cellulare (Arterite temporale o Arterite di Horton)… Soluzione del caso clinico: La donna aveva effettuato una TC encefalo in urgenza, risultata negativa, e gli esami ematici, che mostravano un aumento degli indici di flogosi (VES). Il giorno dopo viene eseguita biopsia dell’arteria temporale che ha confermato la diagnosi di arterite a cellule giganti. ARTERITE DI TAKAYASU È l’altra vasculite dei vasi di grosso calibro. È una malattia infiammatoria granulomatosa che colpisce l’aorta e le sue diramazioni (arterie di grosso calibro), che nel corso del tempo determina inspessimento delle pareti vascolari, restringimento fino alla stenosi delle stesse. L’infiammazione determina un rimodellamento della parete del vaso, portando da un lato all’ostruzione del lume, formazione di stenosi e fenomeni ischemici del tessuto a valle, oppure dall’altra parte può portare alla dilatazione della parete del vaso e formazione di aneurismi. Dal punto di vista epidemiologico, è più frequente in Asia e colpisce più frequentemente le donne giovani, con picco d’incidenza tra 15-30/40 anni. L’eziopatogenesi è ancora sconosciuta. Il meccanismo è quello dell'infiammazione del vaso, che può causare stenosi arteriose, occlusioni, dilatazioni, o aneurismi. MANIFESTAZIONI CLINICHE La presentazione clinica è molto variabile: Sintomi costituzionali, quali febbre, astenia, calo ponderale, artromialgie Riduzione o perdita di polsi periferici (braccia e gambe) Differenza di PA tra le 2 braccia Segni di ischemia di un arto Claudicatio intermittens Furto della succlavia Sintomi neurologici, quali vertigine, sincope, instabilità posturale, amaurosi, attacchi ischemici transitori o ictus Angina pectoris o infarto del miocardio Ipertensione nefro-vascolare Ischemia intestinale Le manifestazioni cliniche cambiano a seconda del distretto anatomico colpito, che dipende dall’arteria colpita. DIAGNOSI Angio-TC Angio-RM PET-TC In maniera analoga all’arterite gigantocellulare. Queste metodiche sono importanti per fare la diagnosi, l’estensione e il grado di malattia, e l’evoluzione nel tempo. TERAPIA Il cardine è la terapia steroidea, essendo una patologia infiammatoria, il cortisone serve al fine di spegnerla. Si possono associare i cosiddetti farmaci “risparmiatori degli steroidi”, come il metotrexate oppure in alcuni casi i farmaci biologici. POLIARTERITE NODOSA È una vasculite necrotizzante delle arterie di medio calibro. È una patologia rara, che colpisce i soggetti adulti di mezza età. Si caratterizza per la presenza di infiammazione segmentaria, transmurale e necrotizzante delle arterie muscolari, più comunemente nei punti di biforcazione. MANIFESTAZIONI CLINICHE I sintomi principali sono l’ipertensione, la febbre, i sintomi muscolo-scheletrici e manifestazioni vasculitiche da coinvolgimento di nervi, tratto gastrointestinale, cuore, cute e rene (non glomerulonefrite) Sintomi costituzionali: febbre, astenia, sudorazione notturna, inappetenza, calo ponderale Apparato muscolo-scheletrico: artro-mialgie Rene: ipertensione arteriosa mal controllata, con peggioramento della funzione renale e aumento della creatinina, infarti renali multipli con dolore lombare e franca ematuria per trombosi delle arterie renali di medio calibro Gastrointestinale: angina abdominis, ischemia intestinale fino a quadri di peritonite e perforazione Sistema nervoso periferico: neuropatia periferica, mononeurite multipla Sistema nervoso centrale: cefalea e convulsioni, ictus ischemico ed emorragia cerebrale Cuore: coronaropatia che può evolvere in uno scompenso cardiaco Cute: livedo reticularis, ulcere cutanee, noduli eritematosi dolenti, eruzioni cutanee bollose o vescicolari, infarto e gangrena delle dita delle mani o dei piedi, o una combinazione di esse. I noduli in corso di poliarterite nodosa ricordano l‘ eritema nodoso, ma diversamente dai noduli nell'eritema nodoso, quelli in corso di poliarterite nodosa possono ulcerarsi, e presentare una vasculite necrotizzante che è visibile alla biopsia nelle pareti delle arterie di medio calibro, generalmente localizzati nel derma profondo e nel grasso sottocutaneo. o I noduli generalmente vanno biopsiati e sottoposti ad esame istologico. Genitale: si possono manifestare orchite con dolore e dolorabilità ai testicoli MALATTIA DI KAWASAKI È tipica dei bambini. È caratterizzata da un insieme di criteri che rende la diagnosi “cumulativa”. Il quadro si caratterizza per un quadro di: iperpiressia persistente e scarsamente responsiva ad antipirettici e antibiotici, iperemia congiuntivale bilaterale, lesioni di labbra e mucosa orale (fissurazioni, lingua a fragola, iperemia mucosa faringea, secchezza) esantema polimorfo (maculo papuloso o orticarioide) alterazioni alle estremità (eritema nella pianta delle mani e piedi) linfo-adenomegalie latero-cervicali. Nell’adulto è molto rara. In una quota di casi è autolimitante, ovvero si risolve spontaneamente. Domanda: perche’ nella vasculite di horton l’angio-tc non risulta utile? Dipende dal distretto interessato. A livello dell’arteria temporale non si riesce a vedere il ristringimento con la TC, perché quest’ultima valuta soprattutto il decorso dei grossi vasi, mentre è visibile invece con la sonda ecografica. Quindi, se vi è l’interessamento dell’arteria temporale, l’ecodoppler è sufficiente per la diagnosi. Mentre se vi è la forma coi sintomi sistemici angio-TC, angio-RM e PET sono più utili.

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