Psicologia Sociale PDF - Lezioni
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UCSC
2024
Anna Govi
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Questo documento fornisce una panoramica sulla psicologia sociale, concentrandosi sull'influenza sociale e sui processi socio-cognitivi che la governano. Si analizzano le diverse forme di influenza sociale, come conformismo e persuasione, e si esplorano gli ambiti in cui si manifesta. Viene anche evidenziato il ruolo delle relazioni interpersonali e dei gruppi nel modellare il nostro comportamento e pensiero.
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Psicologia sociale studiare il comportamento umano nei contesti di interazione sociale. LEZIONE 1- INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE PSICOLOGIA SOCIALE: definizione e aree di studio La psicologia sociale si dirama in diverse aree e vengono applicate ad un'...
Psicologia sociale studiare il comportamento umano nei contesti di interazione sociale. LEZIONE 1- INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE PSICOLOGIA SOCIALE: definizione e aree di studio La psicologia sociale si dirama in diverse aree e vengono applicate ad un'area in particolare. Il pensiero psicologico fa parte della nostra esperienza, siamo capaci di leggere quello che capita intorno a noi, senza il bisogno di farlo in modo scientifico. Questo aspetto di “riflessività” è fondamentale per comprende appieno delle teorie e concetti che hanno alla base un processo scientifico. La psicologia sociale: studia il comportamento umano all’interno dei contesti umani, in cui gli individui sono coinvolti. (nell’ambito delle interazioni sociali) La psicologia raccoglie dati empirici e informazioni e attraverso l’elaborazione di essi forma un sapere, che alle volte non è scientifico. L'acquisizione di conoscenze in maniera sistematica mediante metodi scientifici: meno errori e distorsioni rispetto all’osservatore di senso comune. Le interazioni possono riguardare diverse dimensioni tra loro intrecciate, possono essere divise in: PERSONALE: o Intrapersonale: i pensieri, quello che succede all’interno dell’individuo. o Interpersonale: io/tu, relazioni con qualcun altro. GRUPPALE: (comportamento che si spiega grazie a un gruppo) o Intragruppo: comportamenti e interazioni tra i membri di un gruppo. o Intergruppo: comportamenti e interazioni tra gruppi diversi o tra membri di gruppi diversi. ORGANIZZATIVO (sempre un livello collettivo, organizzazioni più formalizzate) o Intraorganizzativo: comportamenti e interazioni tra individui e tra gruppi che condividono una comune appartenenza organizzativa. o Interorganizzativo: comportamenti e interazioni tra organizzazioni diverse o tra membri appartenenti a differenti organizzazioni. (es. gruppi sportivi, aziende, lavoro, …) DIMENSIONE CULTURALE: dinamiche legate al confronto interculturale, dimensione trasversale a tutti i livelli di analisi. Le dinamiche gruppali sono molto diverse da quelle personali, la psicologia sociale ha sviluppato diversi concetti per leggere il comportamento umano tenendo conto di questi sottogruppi e delle diverse situazioni. Quando si analizza un fenomeno o il comportamento di un individuo non c’è un livello di analisi specifico, ma ci sono dei criteri e ambiti specifici da scegliere per studiare un determinato comportamento. Il cuore della psicologia sociale e cosa la differenzia da altre psicologie è lo studio del fenomeno dell’INFLUENZA SOCIALE. Vuol dire che i nostri pensieri, sentimenti e comportamenti sono influenzati dalla presenza REALE, IMMAGINATA o IMPLICITA degli altri. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Reale: presenza fisica di qualcuno che mi influenza Immaginata: non ho bisogno della presenza fisica di qualcuno perché la sua influenza sia visibile su di me. (es. non sono influenzata da mio papà solo quando è con me) Implicita: fa riferimento ad aspetti impliciti del nostro comportamento, di origine sociale, nascono da uno scambio, norme sociale, il comportamento è influenzato da delle consuetudini sociali che sono dentro di me che sono state apprese quasi inconsapevolmente. Cosa significa “essere influenzati” per uno psicologo sociale? È difficile riconoscere il ruolo che il comportamento ha. L’influenza sociale ha una valenza più negativa che positiva e viene sottostimata, poiché non vengono identificati. Le cause individuali e non sociali sono più semplici da analizzare, anche per ragioni di bisogni umani fondamentali→ dando origine a errori cognitivi, errori sistematici (bias). Esempi di influenza sociale: Influenza dei media: commenti su piattaforme social che possono spingermi a non esprimere un pensiero differente da quello della maggioranza→ processi di acquiescenza (processi di conformismo) Influenza in famiglia (gruppo primario) norme comportamenti linguaggio visione della realtà. In questo caso in questo tipo di gruppo siamo influenzati anche dal tipo di rapporto che abbiamo con i vari membri della famiglia Persuasione: uso intenzionale di un determinato linguaggio per indurre al consumo, a scelte alimentari più sostenibili, etc. Omologazione: processo a volte anche non riconosciuto, involontario Manipolazione L’INFLUENZA SOCIALE Studiare l’influenza sociale significa analizzare i modi in cui i PROCESSI MENTALI, le EMOZIONI e i COMPORTAMENTI degli individui vengono modificati dalla presenza, effettiva o simbolica, di altri individui in tutti i domini della nostra vita (abbigliamento, cura, salute, stili di vita, credenze di genere, canoni di bellezza, scelte familiari, scelte educative, scelte scolastiche, consumi, gusti e interessi). Generalmente alle persone non piace sentirsi dire che sono state influenzate. Questo termine viene sempre inteso con un'accezione negativa, che non è rintracciabile nella sua etimologia (il significato profondo è “fluire dentro”). Spesso tendiamo a sovrapporre l’influenza con altri processi, che ne fanno sempre parte (come manipolazione, coercizione). Questo accade perché ci piace pensare di essere persone libere, autonome e capaci di prendere decisioni senza alcun tipo di condizionamento. Tendiamo a sottostimare l’influenza sociale e la pervasività che questa ha all’interno delle nostre vite. Inoltre, tendiamo a non vedere quanto questi fenomeni siano diffusi e le spiegazioni che attribuiamo sono attribuibili a variabili individuali. La psicologia sociale va alla ricerca di cause nate all’interno dell’influenza sociale mentre all’umano piace più spiegare il comportamento umano attraverso motivazioni/cause individuali e non sociali perché è più facile. È collegato a bisogni umani fondamentali, distorsioni o bias ovvero errori sistematici facenti parti del funzionamento umano. L’influenza sociale può avvenire partendo da processi sociali o cognitivi, distinti concettualmente, ma nella pratica molto legati fra loro, i quali influenzano il comportamento umano. Nei processi sociali la presenza di altre persone, la relazione che abbiamo con loro, le opinioni e l’appartenenza a gruppi significativi influenzano profondamente il nostro modo di essere, il sentirci adeguati o insoddisfatti. Siamo creature sociali anche quando siamo da soli, quando non sono presenti Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani gruppi o persone fisiche, perché queste hanno comunque un impatto su di noi e il nostro comportamento. Nei processi cognitivi agiamo in base a come pensiamo che il mondo sia. Le visioni, le credenze o le opinioni che circolano in un determinato periodo storico/culturale influenzano le nostre scelte. È una dimensione non osservabile relazionabile con aspetti come credenze, schemi e opinioni. Un esempio è la credenza inconsapevole che le donne siano inadeguate a un percorso formativo scientifico quando abbiamo moltissimi esempi che provano il contrario ma questa visione è ancora molto radicata. I processi socio-cognitivi sono la conoscenza e rappresentazione del mondo sociale attraverso la percezione sociale, categorizzazione sociale, schemi cognitivi, atteggiamenti, pregiudizi e stereotipi. Continuamente l’uomo cerca le cause di quello che succede, cerca le motivazioni sottostanti in modo tale da rendere più padroneggiabile il mondo sociale. Solitamente la causa stabile è ripetibile nel tempo e sono quelle che l’essere umano preferisce poiché rendono prevedibile/più sicuro il mondo. Le persone agiscono sulla base delle credenze, in base a ciò che si ritiene giusto o sbagliato in una determinata cultura. Gli psicologi sociali si occupano di analizzare l’influenza in tutti questi contesti. La psicologia sociale ha l’obiettivo di risolvere problemi di natura sociale come la convivenza, l’origine della violenza, la risoluzione dei conflitti sociali, modificare le abitudini comportamentali delle persone, migliorare il modo in cui le persone lavorano in gruppo, rendere la vita all’interno dei gruppi sociali migliore permettendo il benessere dei suoi membri. Esistono vari tipi di influenza sociale che spesso vengono sovrapposti, essendo l’influenza un concetto molto vasto; il quale racchiude anche i seguenti fenomeni: Persuasione → l’uso intenzionale di determinati messaggi per indurre a dei comportamenti che possono essere scelte di vita o di consumo. Può avvenire in senso sia negativo (canoni estetici mirati alla perfezione) che positivo (sostenibilità e consumo consapevole). Conformismo/Omologazione → la tendenza a adeguarsi all’opinione molto forte all’interno di un gruppo. Sono i primi fenomeni studiati dalla psicologia sociale, a partire dagli anni 30, studiando in primis il contesto europeo di quel periodo che stava notevolmente cambiando. È un processo che spesso non viene neanche riconosciuto, di cui non si è consapevoli, ma avviene molto frequentemente. Manipolazione Ambiti di influenza → è il contenuto dell’influenza ovvero su quale ambito viene esercitata: scelte di vita, scelta dell’università, consumi alimentari, moda, comportamenti, pensieri. Questo porta a delle conseguenze sulla nostra autostima, sfera personale. Rilevante negli ultimi decenni è l’influenza della minoranza esercitata sulla maggioranza, ovvero i soggetti considerati “devianti” (intesi come soggetti che deviano da quello in cui crede o fa la maggioranza) riescono ad avere un peso sulla parte maggioritaria di un gruppo. Questi gruppi prendono il nome di minoranze attive, le quali sfidano le norme sociali e con il corso del tempo riescono a imporsi e acquisire importanza. Questo discorso sulle minoranze si sviluppa a partire dagli anni 60 alcuni studiosi. Quando si parla di influenza sociale bisogna tener conto anche del target di riferimento di un’indagine. Uno dei più indagati è quello dell’adolescenza perché implica un processo di rinascita personale e sociale, oltre ad essere un periodo della vita di fragilità, mancanza di strumenti per difendersi da certi fenomeni. L’influenza può provenire da una fonte, la quale esercita un certo potere su di noi. Questo avviene perché ci piace, è credibile, competente e il ruolo che ha è riconosciuto a livello sociale. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Le fonti possono essere: UNIDIREZIONALI → l’influenza è esercitata da una sola fonte. Vengono definite anche “asimmetriche” BIDIREZIONALI → dove tutti influenzano tutti e vengono definite anche “reciproche” PASSIVA → inconsapevole e non intenzionale, come gli effetti prodotti dalla semplice presenza degli altri ATTIVA → consapevole e intenzionale, basata su diverse motivazioni, ad esempio, di tipo altruistico oppure anche egoistico Le fonti di influenza possono esercitare sul bersaglio delle pressioni dirette oppure indirette (non richiedono direttamente al bersaglio di adottare un certo comportamento). Il bersaglio può quindi essere INCONSAPEVOLE (non è consapevole di essere influenzato) oppure CONSAPEVOLE. Dobbiamo tenere ben presente che l’essere umano ha la tendenza di sottovalutare l’influenza che gli altri esercitano. Il confronto sociale è continuo e ci permette di definirci, capire chi siamo ed è alla base delle dinamiche sociali, quello che ci sprona a migliorare ed ha effetti sulla nostra autostima. L’effetto va sempre valutato tenendo conto della vulnerabilità e la sensibilità del soggetto. L’influenza è un processo deliberato/pianificato o un processo accidentale/non intenzionale (la presenza di certe persone può influenzare anche se questo non è il loro scopo primario). Esistono diversi livelli di influenza: Livello 1 - compliance/compiacenza (livello meno profondo con cambiamenti apparenti, superficiali) Livello 2 - identificazione (livello più profondo con l’accettazione non solo pubblica ma anche privata della posizione della fonte) Livello 3 - Interiorizzazione (l’accettazione di essere influenzati dalla fonte) Comportamento d’aiuto→ Le persone tendono ad aiutare di più quando vedono che anche qualcun’ altro ha un comportamento simile (io aiuto perché vedo tu che lo fai). Quando chiedono alle persone Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani perché hanno aiutato le persone non spiegano il vero motivo, non riconoscono come causa del loro comportamento l’aver visto che qualcun altro lo stava facendo prima di me. Analisi articolo Basic Social Influence Is Underestimted di Robert B. Cialdini Partendo da qui viene fatta una ricerca divisa in questionario ed esperimento sui comportamenti delle persone BranchWisdom No.1 Buskers→ persone mettono i soldi nel cappello del mendicante perché vedono altri farlo, ma al chiedergli come mai l’avessero fatto giustificano l’azione con “I liked the song he was playing" or "I felt sorry for the guy" or "I had some extra change in my pocket.” risparmio energetico: 1. Questionario: motivare perché risparmiano energia→ per l’ambiente, beneficio società, risparmiare, lo faccio perché lo fanno gli altri. L’adeguarsi al fare le cose che fanno gli altri si chiama norma sociale descrittiva. 2. Esperimento: per vedere chi risparmia di più. → spediscono alle persone dei cartelli che suggeriscono il risparmio di energia; i soggetti che avevano ricevuto l’appello normativo con “lo fanno già altre persone” sono più attenti al risparmio. Branch Wisdom No. 2 Atti vandalici foresta Arizona: viene rubato il legno. Cartello “Your heritage is being vandalized every day by theft losses of petrified wood of 14 tons a year, mostly a small piece at a time”. (messaggio di norma sociale). Questa cosa funziona l’opposto se lo fanno tutti, lo faccio anch’io. Ottengono quindi l’effetto opposto a quello desiderato. Esperimento: 2 cartelli “the first urged visitors not to take wood, and it depicted a scene showing three thieves in action. Our other sign also urged visitors not to take wood, but it depicted a lone thief”. Cartello con rappresentati tre ladri e la scritta “non rubare” → chi passa da questo cartello ruba di più →norma descrittiva, rubano in tanti lo faccio Cartello con rappresentato un ladro e la scritta “non rubare” → chi passa da questo cartello ruba di meno Conferma del fatto che, se viene presentata come norma che sia diffuso il vandalismo le persone lo imitano. Riutilizzo degli asciugamani negli hotel. Vengono dati alle persone delle card con messaggi persuasivi per sensibilizzare al riutilizzo degli asciugamani. a. Aiuta a salvare l’ambiente b. Aiuta a salvare le risorse per la generazione futura c. Unisciti a noi per aiutaci a salvare l’ambiente d. Unisciti ai tuoi concittadini per salvare l’ambiente Il messaggio che invoglia maggiormente i clienti a non chiedere il cambio degli asciugamani è l’ultimo messaggio →norma descrittiva Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Branch Wisdom No. 3 DINAMICA GRUPPALE: in questo esempio, si tratta di un lavoro in gruppo in cui all’interno è presente una persona più competente delle altre, e il rischio è che si inibisce una serie di processi cooperativi, al contrario di ciò che avviene in un gruppo cooperativo. La soluzione che dà è una soluzione sub-ottimale, il fatto di collaborare in un gruppo in realtà consente ai singoli e al gruppo di lavorare meglio per due ragioni: Il decisore più esperto se valuta da solo un problema ha in mente solo il suo punto di vista e non considera quello degli altri. La ricchezza dei punti di vista si perde perché questa persona più esperta sottostima il punto di vista che possono avere altre persone, perché pensa di essere il più preparato. La complessità di sguardi: si affronta in modo produttivo quando un gruppo riesce a valorizzare anche punti di vista differenti. Gli altri membri si sentono inferiori e non riescono a esporsi al meglio. La persona più esperta tende a perdere la possibilità di lavorare in parallelo e considerare più punti di vista, quando si lavora da soli si lavora in sequenza e invece quando si lavora in gruppo si riesce a lavorare parallelamente (affrontando diversi problemi alla volta). La conseguenza è che a volte sottostimiamo talmente tanto le altre persone, che preferiamo lavorare da soli. Le dinamiche influenzano come le persone affrontano diversi problemi e la dinamica che si istaura nel gruppo influenza sia il comportamento del singolo, che del gruppo in generale. LEZIONE 2- ORIGINI E AREE DI STUDIO LE ORIGINI EUROPEE DELLA PSICOLOGIA SOCIALE All’inizio la psicologia è molto centrata sulla spiegazione del comportamento umano soltanto in chiave individuale, fa fatica a emergere l’idea che il comportamento umano ha anche delle spiegazioni sociali, situazionali, legate al contesto e alla presenza degli altri. In Europa tra il XIX e il XX secolo si sviluppano due teorie psicologiche: Psicologia delle folle (La psychologie des foules, 1895, G. Le Bon; Le leggi dell’imitazione, 1890, G. Tarde): primi ‘deboli’ tentativi di psicologia sociale europea basati su alcune idee: imitazione, contagio sociale, suggestione sociale, massa e folla Psicologia dei popoli (Völkerpsychologie: 1890-1920) di Wundt: prima forma di psicologia sociale comparate e storica) L’origine della Psicologia sociale nell’Europa del XIX secolo è strettamente connessa alla PAURA e al CONTROLLO del cambiamento sociale. L’idea di comportamento umano influenzato dagli altri viene descritto come una forma di CONTAGIO. (siamo in un periodo di evoluzione anche in ambito medico). PSICOLOGIA DELLE FOLLE L’essere umano in gruppo viene suggestionato in modo regressivo, perde la sua autenticità. Il comportamento umano ha quindi delle sfaccettature sociali, più salienti dei fattori individuali. Siamo influenzati in modo più forte dai fattori sociali. La psicologia delle folle ha dei grossi limiti perché comunque veicola l’idea che gli aggregati umani siano contesti negativi che conducono l’essere umano a comportarsi in modo selvaggio, irresponsabile, primitivo, in cui si perde un po’ la padronanza del proprio comportamento. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani PSICOLOGIA DEI POPOLI Wundt dice che la psicologia è una psicologia individuale dentro alla quale è possibile studiare in modo comparato quelli che sono i prodotti culturali che si sviluppano all’interno delle collettività umane (linguaggio, miti, abitudini…) La tesi fondamentale di tale tradizione di pensiero considera come forma basilare dell’associazione umana, la comunità culturale, il popolo, in cui avvengono la formazione e l’educazione degli individui. Natura intrinsecamente sociale dell’individuo Psicologia sociale quale disciplina storica Interesse per il rapporto tra gli individui e i prodotti della loro interazione (linguaggi, miti, religioni, fenomeni magici…) La psicologia sociale nasce come disciplina scientifica negli Stati Uniti nel XX secolo, nonostante abbia radici europee con la psicologia delle folle e la psicologia dei popoli. 1897: pubblicazione del primo esperimento che viene considerato “di psicologia sociale” di Norman Triplett, sull’effetto di facilitazione sociale. È la prima volta che il comportamento umano viene studiato come influenzato da fattori sociali. In particolare, verifica la velocità con cui dei bambini riuscivano a riavvolgere la lenza sul rocchetto con l’obiettivo di verificare se cambiasse qualcosa quando il compito richiesto è svolto singolarmente o in gruppo. Il risultato fu che l’esecuzione è migliore quando i bambini svolgono il compito in gruppo. → quando svolgiamo dei compiti da soli li eseguiamo meno bene rispetto a quando siamo in gruppo. nb. Non è una tesi fissa, non è sempre vero, ma con questo esperimento si dà il via a una serie di esperimenti per verificarlo. 1908: W. McDougall e E. A Ross pubblicano i primi due testi di psicologia sociale: Introduction to Social Psychology e Social Psychology SVILUPPO DELLA DISCIPLINA: Sono storicamente distinguibili due tradizioni di pensiero: una Psicologia sociale europea e una Psicologia sociale nord-americana, anche se l’europea rinascerà principalmente dopo la IIGM. 1920-1945: crescita della psicologia sociale e primi tentativi di integrazione tra ricerca nordamericana ed europea 1946-1969: crescita della psicologia sociale e primi tentativi di integrazione tra ricerca nordamericana ed europea. 970-1985: CRISI DELLA DISCIPLINA E FORTI CRITICHE AI SUOI METODI DI RICERCA domina negli Stati Uniti la corrente della SOCIAL COGNITION: importanza dei fattori cognitivi per comprendere il comportamento sociale. La conoscenza e la rappresentazione del mondo sociale (atteggiamenti, percezione, inferenze e giudizi, rappresentazioni, sé e identità...) influenzano il comportamento. A partire dagli anni 80 rinascita (con Tajfel, Turner, Moscovici...) di una Psicologia sociale europea che mette a tema in modo più marcato l’interconnessione tra processi cognitivi e processi sociali (identità sociale, relazioni tra gruppi, rappresentazioni sociali, funzionamento dei gruppi e organizzazioni, influenza della maggioranza e della minoranza). Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani SVILUPPI RECENTI: Neuroscienze sociali: tentativo di spiegare il comportamento umano nei contesti sociali attraverso processi neuropsicologici. Studio dei correlati neurologici e biochimici del comportamento sociale attraverso strumenti di ricostruzione di immagini cerebrali (ad es., risonanza magnetica funzionale). Psicologia culturale e interculturale: studio delle culture e di come le appartenenze culturali influenzino il comportamento. LEZIONE 3- LA PSICOLOGIA SOCIALE È UNA SCIENZA La psicologia sociale è una scienza empirica, raccoglie dati per validare teorie e affermazioni. Il metodo scientifico è solo uno dei modi per accrescere conoscenza, la sua caratteristica principale è quella di essere un metodo controllato. Sul comportamento umano però, raccogliamo informazioni anche attraverso l’esperienza, l’osservazione, e le considerazioni personali. La psicologia sociale è definibile disciplina scientifica perché utilizza dei metodi con processo intenzionale. Esempi di metodi scientifici empirici: (tutti metodi basati sulla raccolta dati) Metodo sperimentale e quasi-sperimentale: produrre inferenza circa relazioni causali (causa- effetto) tra la variabile indipendente e la variabile dipendente (condizioni sperimentali) Metodo correlazionale: individuare rapporti tra le variabili (rapporti di covarianza, non di natura causale) Metodo descrittivo: descrivere in modo accurato e approfondito ciò che avviene a livello di comportamenti, vissuti. Esempi di Metodi scientifici non empirici: Rassegne bibliografiche Review Esempi di studi scientifici empirici: 1. esperimento per valutare gli effetti della categorizzazione sociale e del linguaggio sulla percezione sociale (Fioroni e Rothbarth, 2006) La categoria sociale è uno strumento cognitivo che utilizziamo per classificare la realtà sociale (spostato/celibe, adolescenti/adulti, vecchi/giovani, destra/sinistra, ricchi/poveri, etc.) L’attivazione delle categorie di peso modifica il nostro modo di percepire la realtà? Domanda verificata attraverso il metodo sperimentale Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani I soggetti guardano un disegno con nove silhouette maschili in ordine crescente e devono stimare la differenza di peso tra le possibili coppie di soggetti. Ai vari gruppi vengono presentate le silhouette in quattro situazioni differenti: L’esperimento ha l’obiettivo di verificare una relazione di causa-effetto. tra una causa che è la mia variabile indipendente, quella che viene controllata e manipolata dallo sperimentatore (in questo caso il fatto di categorizzare, il tipo di categorizzazione fatto), e la variabile dipendente (se le risposte delle cavie, in questo caso le variabili di peso, sono diverse nelle varie condizioni). L’esperimento per poter essere valido, per poter darci delle garanzie su questa relazione causale, deve rispettare alcuni requisiti: i partecipanti sono assegnati in modo del tutto casuale alle diverse condizioni sperimentali lo scienziato possa controllare e modificare la propria variabile indipendente Hp° (Ipotesi zero o nulla) → non ci sono differenze nei giudizi espressi dal gruppo di controllo e dai gruppi sperimentali Hp1 (ipotesi sperimentale) → ci sono differenze significative tra i giudizi espressi dal gruppo di controllo e quelli espressi nei gruppi sperimentali o nelle condizioni 3 e 4, le silhouette maschili verranno percepite più simili tra loro entro ogni categoria e più differenziate tra le categorie rispetto alle condizioni 1 e 2; o l’effetto di accentuazione percettiva (cioè, accentuazione della somiglianza intracategoriale e della differenza intercategoriale) è più elevato nella condizione 4 rispetto alla condizione 3. Analisi statistiche dei dati: Risultati: le analisi statistiche dimostrano che Hp° non è vera (falsificata). Non vi sono differenze significative nei giudizi di somiglianza tra le prime 2 condizioni sperimentali; quando invece le etichette apportano un significato aggiuntivo alla categorizzazione, aumenta la percezione di somiglianza tra le Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani coppie all’interno della medesima categoria (l’aumento è ancora più rilevante passando da condizione 3 a 4). STUDIO EMPIRICO DI LIPSCHITZ-ELHAWI RACHELI, YEDIDYA TOVA, 2011 Utilizzano il disegno di figure umane come strumento per esaminare l'auto-percezione e gli atteggiamenti emotivi tra i bambini ebrei e arabi in Israele. Obiettivo: lo studio ha esaminato le percezioni di ingroup e outgroup tra i bambini ebrei e arabi in Israele. Il campione comprendeva 191 bambini di età compresa tra 10-12, 131 ebrei e 60 partecipanti arabi che vivono a Jaffa (una città mista ebraico-araba in Israele). 93 erano ragazzi, 98 ragazze. I principali strumenti utilizzati per esaminare le percezioni dei bambini erano: 1) Disegni di figure umane (HFD): i bambini sono stati invitati a disegnare un'tipico ebreo' e 'tipico arabo' (carta e sei penne colorate) 2) BIQ (Questionario delle credenze e delle intenzioni), 10 domande aperte che si riferiscono a figura disegnata, le sue caratteristiche, condotta, professione, emozioni e comportamentali intenzioni verso la figura ("Che cosa fa l'uomo nella foto che hai disegnato?", "Vuoi invitare un uomo come quello nel tuo disegno nella tua casa?”). Codifica e analisi dei dati: analisi multidimensionale di figure ebraiche e arabe disegnate dai partecipanti (Qualità dell’informazione figura, dimensioni del contenuto, effetto attribuito, colore della pelle) analisi statistica (MANOVA) dei dati del questionario 2) I risultati hanno rivelato che, anche se vivevano in una città mista e studiato in stesse classi, i bambini ebrei differenziato tra le figure e soprattutto figure ebraiche preferite a figure arabe. Inoltre, hanno rivelato stereotipi negativi e l'aggressione espressa in disegni di cifre arabe. Al contrario, tra i partecipanti arabi, i risultati sono stati incoerenti. Nella maggior parte dei variabili, non hanno fatto distinzione tra le varie figure. Tuttavia, nella qualità variabili, tendevano a preferire figure della propria nazionalità e respingere le ebraiche. I risultati sono discussi in relazione al contesto del l'ambiente residenziale (a città mista), lo status di minoranza maggioritaria e il conflitto arabo-israeliano. È una ricerca di tipo esplorativa perché ci permette di approfondire un tema. È anche correlativa perché ammette una correlazione significativa tra alcune variabili LA PSICOLOGIA SOCIALE È UNA SCIENZA Attraverso la ricerca scientifica gli psicologi cercano di sviluppare teorie scientifiche che spieghino il comportamento sociale. Teoria scientifica→ è un’asserzione generale riguardante la relazione causale (causa-effetto) tra costrutti astratti (concetti astratti che non sono direttamente osservabili). Esempi di costrutti: l’autostima, gli atteggiamenti, le abilità sociali, il conflitto, la comunicazione, l’identità sociale, l’intimità, la prestazione di gruppo… Nella parte finale degli articoli gli autori, oltre a ridire tutti i risultati discutono i limiti e le carenze della loro ricerca. La ricerca deve essere basata su un’intuizione poi si analizzano i dati. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Ogni progetto di ricerca si sviluppa su tre livelli: 1. livello logico: teorie ed ipotesi 2. livello metodologico: la ‘via’ da percorrere 3. livello empirico: tecniche e strumenti SCELTA DEL METODO: metodi scientifici non empirici (rassegne bibliografiche o review, ricercatore passa in rassegna materiali già presenti) che sono quelli che si basano su ricerche scientifiche già osservate, consiste in una sintesi per mettere in luce i risultati finora raggiunti su un certo fenomeno. metodi scientifici empirici o metodo sperimentale e quasi-sperimentale: produrre inferenze circa relazione causali (causa-effetto) tra la variabile indipendente e la variabile dipendente (condizioni sperimentali). o metodi correlazionali: individuare rapporti tra le variabili (rapporti di covarianza, non di natura causale). o metodi descrittivi: descrivere in modo accurato e approfondito ciò che avviene a livello di comportamenti, vissuti. LA VALIDITÀ DELLA RICERCA: 3 criteri di una ricerca valida: validità interna: vagliare la relazione causa-effetto riguarda il grado di certezza con cui si può provare che è la variabile indipendente a determinare le modifiche della variabile dipendente e non altre variabili (per esempio variabili di confusione, errori del soggetto come la desiderabilità sociale, errori dello sperimentatore). Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani validità di costrutto: vagliare il costrutto le variabili (dipendenti e indipendenti) utilizzate devono corrispondere ai costrutti teorici indagati. Variabile è la misurazione concreta di un costrutto. validità esterna: vagliare la capacità di generalizzare (estendere) i risultati oltre le persone, il tempo e il contesto di un particolare studio. È possibile applicare i risultati ottenuti a soggetti, tempi, luoghi e situazioni differenti? L’ETICA DELLA RICERCA: Consenso informato e libertà della persona di ritirarsi dalla ricerca Uso dell’inganno nella ricerca Rischio di danni permanenti o temporanei per i partecipanti Riservatezza e rispetto della privacy (anonimato e non riconoscibilità personale dei partecipanti) Protezione dei partecipanti Diffusione dei dati in sedi scientifiche → Creazione di ‘Commissioni etiche della ricerca’ (il cui compito è vagliare un progetto di ricerca, approvarlo o rifiutarlo) LEZIONE 4- LA COGNIZIONE SOCIALE Cognizione=attività del conoscere “Il complesso dei processi mentali – compresi la percezione, la memoria e il pensiero – attraverso i quali si acquisiscono conoscenze, si fanno progetti e si risolvono problemi”, Linddzey, Hall, Thompson, 1984 Social cognition=area di ricerca È lo studio dei processi cognitivi funzionanti nel sociale (schemi, categorie, rappresentazioni...); delle attività e delle modalità con cui le persone elaborano, selezionano e trasformano le informazioni e costruiscono strutture di conoscenza; cosa le persone comuni pensano, cosa fanno, come “pensano di pensare”. LEZIONE 5- CATEGORIZZAZIONE SOCIALE E CATEGORIE La conoscenza del mondo sociale viene da delle strutture cognitive che noi abbiamo nel nostro cervello, grazie a queste strutture riusciamo in modo rapido di attingere alla realtà. Tutta la nostra conoscenza, non solo del mondo sociale è organizzata in CATEGORIE, anche noi le usiamo per approcciarci alla nostra realtà: cioè, di raccogliere stimoli che si assomigliano e CLASSIFICARLI IN DELLE CLASSI SOCIALI. Le categorie sono dei nomi che tagliano a fette la realtà sociale: i sistemi categoriali sono un sistema di rappresentazione delle conoscenze capace di catturare e di riprodurre le invarianze significative del mondo intorno a noi. La categorizzazione sociale è il processo che porta a riassumere la maggiore quantità di informazioni entro particolari strutture di conoscenza, chiamate categorie. Consente, ad esempio, di identificare singoli individui come membri di una categoria o di un gruppo sociale poiché condividono determinate caratteristiche tipiche di quella categoria/gruppo. Ordiniamo il nostro mondo sociale raggruppando le persone per sesso, nazionalità, appartenenza etnica, professione... Una volta che persone, eventi, situazioni vengono categorizzate si genera lo schema pertinente. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Le categorie non sono qualcosa di bizzarro o patologico. Sono, invece, una caratteristica ineludibile della mente umana e utili strumenti di semplificazione e di ordinamento della realtà. Le lingue umane sono tutte ricche di sistemi complessi di categorie e sottocategorie. Ci sono delle categorie più frequenti (genere, provenienza etnica, età) e quelle meno frequenti. Una categoria è una sorta di raggruppamento statistico e in qualche modo condividono delle caratteristiche comuni. Le categorie influiscono sui nostri comportamenti e su come noi filtriamo la realtà. Queste categorie possono avere una valenza positiva, meno positiva o negativa, ma esse sono importanti per categorizzare la realtà e la nostra conoscenza di essa si basa sugli stimoli sensoriali e tattili →la funzione della categorizzazione è di assorbire gli stimoli esterni e permette così di avere delle informazioni, di tagliare la realtà che ci circonda e di articolare la nostra esperienza sociale. Quando noi evochiamo una categoria evochiamo una serie di contenuti che appartengono ad essa Le categorie non sono un insieme rigido e chiuso di caratteristiche, ma un network (sfuocato) di attributi che i membri di una categoria possiedono (anche se non integralmente). I confini tra le categorie sociali sono fluidi, non rigidi. Il sistema delle categorie è organizzato gerarchicamente: Livello sovraordinato (es. essere umano) Livello elementare o intermedio (es. uomini e donne) Livello subordinato (es. Luca, Anna, l’edicolante sotto casa) Le categorie sono state concettualizzate come: Prototipi (insieme di attributo astratti: centrali e periferici) Esemplari concreti (una persona concreta considerata rappresentativa della categoria) Reti associative (attributi, comportamenti…associati tra loro) Schemi (struttura cognitiva, ‘teorie ingenue’) Tre funzioni: 1. Semplificare il mondo delle esperienze 2. Fornire informazioni aggiuntive non presenti nell’ambiente e non immediatamente percepibili: “Ti presento Luca che è un ingegnere” 3. Ignorare le informazioni accessorie (risparmio di risorse cognitive) La categorizzazione è un processo cognitivo fondamentale e le categorie vengono trasmesse dalla socializzazione, ma ne possono nascere di nuove grazie alla capacità che ha l’essere umano di guardare la realtà e semplificarla. L'utilizzo della categoria ha delle conseguenze: sia positive che negative. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani ESEMPI: lavoro di gruppo: scrivi 3 parole che associ a… 1. Tipica studentessa UNICATT 2. Tipica studentessa bocconiana SCHEDA DI GRUPPO: 1. Quali aspetti vi colpiscono nelle slides di sintesi dell’esercitazione svolta? 2. È possibile sintetizzare /riordinare i contenuti elencati nelle slide facendo riferimento a macro-dimensioni? Quali? Sono uguali o diverse per le 2 categorie analizzate? Riflessioni condivise in plenaria: asimmetria valutativa ingroup-outgroup: positivo vs negativo Perché? → per simpatia verso i nostri compagni di corso perché “parliamo di noi” tratti centrali e periferici: personalità, simboli, oggetti, comportamenti «ricca, figlia di papà, altolocata, benestante»: categoria sociale o tratto? molti sono condivisi confini tra le categorie sono sfumati stereotipo e pregiudizio questi contenuti generano aspettative Qual è il grado di accuratezza? Informazioni superficiali, stereotipate...? macro-dimensioni di giudizio: warmth (+ moralità) and competence accentuazione percettiva (vedi esperimento dei segmnenti di Tajfel e Wilkes 1963) parole e sfumature linguistiche Un altro modo ampiamente utilizzato per studiare il contenuto delle categorie è uno strumento self- report noto come differenziale semantico Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Quando lavoriamo sulla propedeuticità di una categoria, abbiamo dei tratti relativi ed emergenti per indicare un oggetto sociale. C'è la dimensione del calore umano che si declina in molti fatti e possiamo raggruppare tutti gli aspetti in HUMAN WARM: una dimensione che ha a che fare con la personalità. L'altra macrocategoria (curiosa, diligente...) è la COMPETENCE: la competenza; quindi, aspetti positivi di chi ci tiene al lavoro e chi si impegna nei propri impegni. DIMENSIONE STEREOTIPATA: simmetria valutativa Ci sono tanti tipi di stereotipi: non sempre essi sono negativi ma a volte ce ne sono di positivi oppure misti che hanno una valenza positiva e una negativa al suo interno. Per capire come si genera una simmetria valutativa, inizialmente bisogna valutare le categorie (che servono a posizionarci nel nostro mondo). È un processo cognitivo che serve a rendere più semplice il nostro rapporto con la realtà. L’uso delle categorie determina un altro effetto potente: scegliere qualsiasi categoria determina una distorsione percettiva, per esempio una è simpatica, l’altra è antipatica, si accentua la somiglianza intercategoriale (somiglianza tra una categoria e un’altra) ma si accentua anche la differenza intercategoriale (la differenza tra una categoria e un’altra) questo è un effetto distorcente. La categorizzazione sociale non mi spiega il pregiudizio, ma mi spiega gli oggetti appartenenti a una categoria come siano simili ad altre categorie e in realtà come siano anche diversi tra loro le categorie. COMPETIZIONE: quando qualcuno viene da un altro gruppo lo percepisco come una minaccia al mio benessere o una minaccia simbolica (alla mia autostima). → Le rappresentazioni sono legate alle relazioni tra i gruppi sociali di un certo periodo storico. Un gruppo nasce sulla dimensione di interdipendenza: gruppi legati a un obbiettivo comune. Esperimento: EFFETTI DELLA CATEGORIZZAZIONE → la distorsione percettiva si verifica tramite la competence e la warm. Come noi guardiamo la realtà dipende dalla nostra soggettività: vedo più somiglianze. Nel modo in cui guardo la realtà entra nella valutazione un errore sistematico di giudizio→ come noi guardiamo la realtà dipende dalla nostra soggettività, cioè, vedo più somiglianza tra le persone di uno stesso gruppo sociale. (somiglianza degli oggetti di una stessa categoria) La categorizzazione sociale: non riguarda solo i giudizi sul mondo fisico (ad es.: la lunghezza dei segmenti nell’esperimento di Tajfel), ma anche quelli relativi al mondo sociale (ad esempio: onestà, intelligenza, estroversione...); si manifesta nei più diversi contesti di giudizio sociale; è un processo caratterizzato da aspetti sia di automaticità (non consapevoli e non intenzionali) sia di controllabilità (consapevoli e intenzionali); è più frequente nelle situazioni di incertezza o ambiguità di giudizio; è connessa all’emergere di contenuti stereotipici associate a ciascuna categoria e tali da esagerarne le caratteristiche distintive; è connessa a distorsioni della memoria in compiti di ricordo mnestico. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani La prima prova scientifica dell’effetto distorcente della categorizzazione è l’esperimento di Tajfel e Wilkes sugli 8 segmenti del 1963. La distorsione del giudizio (in questo caso sulla lunghezza dei segmenti) porta automaticamente anche a giudizi su altri aspetti in qualche modo collegati. Se prendiamo come esempio l’esperimento di Fiorini sulle silhouette dal giudicare la forma fisica a catena si potrebbero innescare giudizi legati ad altri aspetti, non solo fisici, della persona in analisi. Questo è il rischio di cui bisogna tenere in conto, che ogni categorizzazione porta con sé. Il rischio di ricorrere a un pensiero categoriale in modo automatico è più forte quando siamo stanchi, quando c’è urgenza, in situazioni ambigue o poco chiare. Quali categorie hanno più probabilità di essere richiamate e utilizzate? Entrano in gioco vari fattori: a) il livello di categorizzazione: sappiamo che il sistema delle categorie è gerarchico e comprende 3 livelli (sovraordinato, elementare/intermedio, subordinato). →Facciamo in genere riferimento a categorie intermedie facilmente accessibili, quali quelle di genere (uomo-donna), nazionalità (italiano, tedesco, americano...), razza-etnia (bianco-nero...), età (giovane-anziano), ruoli professionali. Tutte le categorie intermedie di uso comune sono spesso costituite da sottotipi, cioè da raggruppamenti più raffinati rispetto a semplici dicotomie o gruppi indifferenziati. b) fattori individuali: obiettivi, caratteristiche e bisogni personali (abitudini consolidate nell’utilizzo di certe categorie, elevata propensione al pregiudizio...). Influiscono sulla individuazione delle categorie. → accessibilità categoriale c) fattori situazionali: sono la situazione e gli elementi reali che la caratterizzano a determinare le categorie più salienti e accessibili in quel momento. Le dimensioni categoriali che assumono preminenza in ogni situazione data dipendono dalle particolari circostanze in gioco (es. la dimensione religiosa in Irlanda del Nord o nel subcontinente indiano; la dimensione etnica in Ruanda con il genocidio del 1994). → salienza categoriale Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani CATEGORIZZAZIONE E SCELTE LINGUISTICHE: Le scelte linguistiche possono accentuare i contenuti categoriali perché accentuano la distorsione percettiva della categorizzazione sociale: è possibile distinguere gli effetti specifici dovuti alla categorizzazione da quelli legati alle etichette linguistiche (labels) usate per definire due differenti categorie. Esempio: orientamento politico (Destra, Post-fascisti vs Sinistra, Post-comunisti) esperimento Fioroni e Rothbarth etichette sociali immagini silhouettes (anoressici, normopeso e obesi) CATEGORIZZAZIONE SOCIALE E RELAZIONI INTERGRUPPO (il contributo della psicologia sociale europea): Non tutte le categorie sono equivalenti dal punto di vista psicologico. Alcune categorie hanno a che fare con le nostre appartenenze e implicano un confronto tra «noi» e «loro», tra in-group e out-group. Esempi di categorie: uomini/donne; genitori/figli studenti di lingue/studenti di economia Esempi di gruppo: squadra A/squadra B componente genitori/componente docenti (in un consiglio d’istituto) diversi gruppi di lavoro in un’azienda L’articolazione della realtà sociale in gruppi contrapposti e la collocazione dell’individuo entro questa realtà determina: 1. l’accentuazione dei biases tipici della categorizzazione (omogeneità intragruppo– differenziazione intergruppo; maggiore omogeneità dell’out-group rispetto all’ingroup) → è spiegata dalla categorizzazione 2. l’asimmetria valutativa ingroup–outgroup o in-group bias: determina giudizi positivi sui membri dell’in-group e giudizi sfavorevoli sui membri dell’out-group (favoritismo per l’in-group e sfavoritismo verso l’out-group) o l’asimmetria valutativa tra in-group e out-group si produce anche quando i gruppi vengono creati sulla base di criteri arbitrari e non significativi per l’individuo (paradigma del gruppo minimo); o non è legata alla presenza di competizione/conflitto tra i gruppi; o si intensifica in presenza di conflitto tra i gruppi e della percezione di una minaccia reale o simbolica. → non è sufficiente la categorizzazione per spiegare l’in-group bias. Perché si produce il fenomeno dell’in-group bias? La categoria nasconde dei contenuti: scopro che dentro una specifica categoria ci sono delle denotazioni, che sono anche delle caratteristiche comuni. Sulla base di alcuni indizi, legati ai comportamenti delle persone, si attribuisce un oggetto sociale a una tale categoria. Questo ci aiuta a rendere prevedibile il nostro mono e a guidare il nostro comportamento. Infatti, alcuni tratti sono presenti anche in altre categorie perché il confine tra esse è fluido. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani N.B: il confine è fluido (sfumato) in quanto le categorie sono dei costrutti mentali personali che possono variare da persona a persona; ciò che per me è parte di una specifica categoria per un’altra persona può appartenere ad un’altra. C’è un legame forte tra le variabili d’identità e i gruppi sociali (come mi vedo, aspetto personale con processo individuale che ha legame con la dimensione sociale delle categorie.) Queste appartenenze sono fondamentali perché inserite in una dinamica di riconoscimento delle categorie in cui ci sentiamo di appartenere e che quindi in qualche modo ci descrivono. Questi aspetti identitari sociali sono quindi molto importanti perché si riflettono su di noi e ci riflettiamo in esse. Quando l’identità richiama delle appartenenze che sono socialmente svalutate (immigrato, omosessuale, etc..) non possiamo uscirne, sono ascritte, ma tendiamo a far fronte per ripristinare la nostra immagine con delle strategie comportamentali (maschero la mia appartenenza) e salvaguardare la propria immagine. → le identificazioni sociali muovono aspetti e sentimenti in modo positivo e negativo in base alle varie appartenenze. Questo spiega il bias perché cercando di preservare il gruppo di appartenenza stiamo difendendo la nostra immagine. A volte i processi di appartenenza a certi gruppi sono molto lunghi (es. entrare a far parte di una grande azienda) e ci mettono alla prova per vedere se siamo effettivamente fatti per appartenerne. Turner et al. - Teoria della categorizzazione di Sé (SCT- Self-categorization Theory, 1985) Il concetto di sé si compone di molteplici componenti (self categories) che presentano diversi livelli di astrazione: il livello subordinato del sé come individuo unico rispetto agli altri membri dell'in-group (person categories; personal identity) →livello interpersonale il livello intermedio del sé come membro di un gruppo in confronto con membri di un altro gruppo (social categories; social identity) → livello intergruppo il livello sovraordinato del sé come essere umano (human categories o human identity) → livello interspecie →le self categories definiscono il self-concept di un individuo e ne influenzano l’autostima. Ognuno di noi protegge e aumenta la propria autostima. Tajfel - Teoria dell’identità sociale (SIT- Social Identity Theory, 1970, 1981) Tutti gli individui aspirano ad un’identità sociale positiva, cioè, vogliono appartenere a gruppi socialmente valorizzati che non abbassino la stima di sé. Il criterio del valore del gruppo non è assoluto, ma relativo: l’ingroup ha un valore se è percepito come superiore all’outgroup (confronti sociali). Da questa aspirazione deriva il tipico comportamento intergruppi: favoritismo per il proprio gruppo (ingroup bias) e sfavoritismo per i gruppi esterni (outgroup). CONSEGUENZE DI ENTRAMBE LE TEORIE: Le self categories definiscono il self-concept di un individuo e ne influenzano l’autostima. Ognuno di noi protegge e aumenta la propria autostima. A queste si aggiunge l’aspetto motivazionale: tendenza ad un'aspirazione sociale positiva (della propria identità). Essa si riferisce ad accrescere un’identità positiva, cioè, agire in modo benevolo verso i membri del proprio gruppo, mentre al contrario agire in modo negativo verso i membri che non ne Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani appartengono. Non provoca molte conseguenze negative se rimane a questo livello, mentre al contrario può succedere che si verificano episodi di ostilità se tra i gruppi c’è competizione e odio. L’in-group bias unito ad una competizione distruttiva (cioè, vedere l’altro come una minaccia) sfocia in episodi di violenza. In altre parole: l’altra categoria viene percepita (non c’entra la ragione) come una minaccia reale e simbolica per il gruppo d’appartenenza. Altra conseguenza è la delegittimazione dell’altro. La simmetria valutativa (tendenza a vedere l’altro come negativo e il gruppo d’appartenenza come positivo) vede l’altro come un gruppo o una categoria non appartenente alla sfera umana. (questo mi serve per legittimare una serie di comportamenti negativi come indifferenza, violenza...). BIAS LEGATI AL PROCESSO DI CATEGORIZZAZIONE SOCIALE: accentuazione percettiva (accentuazione delle somiglianze intracategoriali e delle differenze intercategoriali). L’effetto è più forte quando la categorizzazione e i tratti connessi hanno un’importanza, una pertinenza o un valore soggettivo (per esempio nella dinamica in-group vs out-group). la stereotipizzazione: rappresenta una sorta di scorciatoia mentale. Le categorie fungono da base per gli schemi e per gli stereotipi. (Stereotipi: inferenza tracciata a partire dall’assegnazione di una persona ad una data categoria). Calchi cognitivi, immagini mentali semplificate relative alle caratteristiche e ai comportamenti dei gruppi. Gli stereotipi (come le categorie su cui si fondano) possono avere tonalità positive, negative e neutre. la correlazione illusoria: sopravvalutazione del tasso di associazione tra due stimoli o eventi (es. obesità e basso livello di scolarizzazione; correlazione illusoria tra tratti distintivi negativi e gruppi minoritari) la percezione differenziale dell’omogeneità all’interno della categoria: l’out-group viene percepito in genere come più omogeneo e più indifferenziato rispetto all’in-group (o alla categoria di appartenenza); le distorsioni della memoria: sono ricordati con più facilità gli attributi sfavorevoli e negativi degli out-group (o delle categorie di non appartenenza) rispetto a quelli positivi. LEZIONE 6- CATEGORIE E SCHEMI COGNITIVI SCHEMI COGNITIVI E PROCESSI TOP-DOWN Dalla categorizzazione e dalle categorie sociali derivano gli schemi socio-cognitivi gli stereotipi socio-cognitivi → categorie sociali, schemi e stereotipi sono aree di studio sovrapposte e interconnesse Schemi cognitivi → strutture cognitive che rappresentano un oggetto di conoscenza (una persona, un ruolo, un evento sociale, …) includendo i suoi attributi e i loro legami. o Gli schemi facilitano i processi di conoscenza top-down (o schema-driven): si basano sull’esistenza di concetti, conoscenze e “teorie” presenti in memoria, che permettono di trattare stimoli nuovi facendo riferimento a informazioni già possedute. Il concetto di schema cognitivo ci aiuta a capire come utilizziamo la conoscenza accumulata e depositata nella memoria per comprendere e affrontare sia le situazioni quotidiane sia quelle nuove e/o impreviste. o Accorciano il lavoro cognitivo, ma possono indurre errori e distorsioni dovuti all’influenza di conoscenze già possedute e abitudini sull’interpretazione delle Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani informazioni!!! Essi influenzano la codifica delle informazioni nuove, il ricordo di informazioni già acquisite e le inferenze relative ai dati mancanti. NB: Il ricorso al pensiero schematico è pervasivo (avviene spesso senza che ce ne accorgiamo) e si basa su un’iniziale categorizzazione degli stimoli sociali in base ad alcune caratteristiche possedute dall’oggetto (persona, situazione...). FUNZIONI DEGLI SCHEMI COGNITIVI Schemi cognitivi: strutture cognitive che rappresentano un oggetto di conoscenza (una persona, un ruolo, un evento sociale...), includendo i suoi attributi e i loro legami. Gli schemi facilitano i processi di conoscenza top-down (o schema-driven): si basano sull’esistenza di concetti, conoscenze e “teorie” presenti in memoria, che permettono di trattare stimoli nuovi facendo riferimento a informazioni già possedute. Il concetto di schema cognitivo ci aiuta a capire come utilizziamo la conoscenza accumulata e depositata nella memoria per comprendere e affrontare sia le situazioni quotidiane sia quelle nuove e/o impreviste. Accorciano il lavoro cognitivo, ma possono indurre errori e distorsioni dovuti all’influenza di conoscenze già possedute e abitudini sull’interpretazione delle informazioni!!! Essi influenzano la codifica delle informazioni nuove, il ricordo di informazioni già acquisite e le inferenze relative ai dati mancanti. → Il ricorso al pensiero schematico è pervasivo (avviene spesso senza che ce ne accorgiamo) e si basa su un’iniziale categorizzazione degli stimoli sociali in base ad alcune caratteristiche possedute dall’oggetto (persona, situazione…). Dalla categorizzazione e dalle categorie sociali derivano: Gli schemi socio-cognitivi Gli stereotipi socio-cognitivi Gli schemi possono riguardare i ruoli oppure gli schemi di sé e schemi di eventi. Gli eventi possono essere festività, colloqui di lavoro, episodi significativi… Gli schemi svolgono importanti funzioni adattive. Hanno una triplice funzione: Ci fanno provare continuità, coerenza e ordine; Riducono l’ambiguità (soprattutto quando le situazioni sono poco chiare, confuse o incerte); Ci guidano nel ricordo → per tali ragioni, gli schemi sono PERSISTENTI e RESISTENTI al cambiamento. TIPOLOGIA DI SCHEMI COGNITIVI Esistono diversi tipi di schemi cognitivi che riguardano il nostro mondo sociale: 1. Schemi di persona o Contengono le informazioni utilizzate per descrivere le persone in base a tratti di personalità (“un tipo alternativo”, “simpatico”, “isterico”...) o altre caratteristiche che le distinguono (“snob”, “un carrierista” …). Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani o Inducono aspettative che influenzano il ricordo di azioni e la comprensione di nuove informazioni (Zadny e Gerard, 1974) Diagramma di Andersen e Klatzsky (1987): l’esperimento consisteva nel domandare quali dei diversi aggettivi corrispondeva a una data categoria (es. simpatico-clown). Le 6 sottocategorie sono molto più ricche rispetto alle macrocategorie. In alcuni casi sono collegate tra loro e in altri sono più diradate. 2. Schema di sé o Contiene le informazioni relative a sé stessi; è un “insieme di conoscenze e di credenze che l'individuo ha di sé e di cui è consapevole” o La descrizione di sé è organizzata intorno ad alcuni tratti centrali; le informazioni relative a questi tratti sono elaborate più velocemente rispetto alle informazioni relative a dimensioni meno importanti o aschematiche (Markus, 1977) o È un concetto eminentemente relazionale, in quanto la nozione di Sé implica necessariamente un ALTRO dal quale il sé si distingue. Nella costruzione del sé sono implicati diversi processi: 1. La memoria di sé nel passato 2. Il livello di aspirazione 3. L’osservazione del nostro comportamento 4. Le reazioni/ i feedback di ‘altri’ significativi (cooley: sé autoriflettente o looking glass self) 5. processi di confronto sociale (interpersonali e intergruppo) 6. l'assunzione dei ruoli sociali (Goffmann, 1969) 7. l'appartenenza di genere 8. le influenze della cultura Lo schema di Sé è, in realtà, un repertorio di schemi cognitivo-affettivi. Il sé operativo: le immagini di sé sono strettamente legate a specifici contesti situazionali, per cui certi schemi di sé diventano più salienti rispetto ad altri in rapporto a caratteristiche specifiche della situazione. → (working self-concept, Markus e Kunde, 1986) I sé possibili: gli individui elaborano non solo dei concetti relativi alle qualità attuali, ma anche dei concetti di sé ipotetici/possibili in futuro. I sé possibili sono dunque aspetti potenziali del sé Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani e rappresentano un collegamento tra cognizione e motivazione (ci motivano). → (possible selves, Markus e Nurius, 1986) Il sé reale, il sé ideale e il sé imperativo: il Sé reale è la rappresentazione degli attributi che l'individuo ritiene di possedere; il Sé ideale è l'insieme delle caratteristiche che l'individuo desidererebbe possedere; e il Sé imperativo è ciò che l'individuo ritiene di dover fare o dover essere. A volte l’individuo può sperimentare uno stato di incongruenza tra questi diversi Sé (ad esempio tra Sé reale e Sé ideale oppure tra Sé reale e Sé. → (Higgins, 1989). o queste diverse immagini di sé possono entrare in conflitto tra di loro, possono riguardare ambiti diversi e possono portare a diversi problemi interiori. ▪ Esempi di diversi gap: a) Sé ideale e sé reale: depressione e tristezza b) Sé reale e sé imperativo: colpa e vergogna Il sé pubblico, privato e collettivo: il Sé pubblico deriva dall'esperienza dell'approvazione altrui e dalla valutazione di sé che ne consegue; il Sé privato si riferisce al il mondo interno degli standard di riferimento; il Sé collettivo (la consapevolezza e la conoscenza di sé che deriva dalla nostro appartenere ad un gruppo) si sviluppa attraverso l’interiorizzazione dei valori dei gruppi sociali, etnici, religiosi, professionali e politici a cui l'individuo appartiene. Quest’ultimo aspetto del Sé è quello maggiormente indagato in ambito europeo. → (Greenwald, 1990) Gli schemi di sé possono avere valenze negative o positive: gli schemi di Sé possono differenziarsi per disponibilità (presenza in memoria) e accessibilità (rilevanza) → la salienza è legato a cosa è importante per noi e quale ciclo di vita si sta attraversando. - gli schemi sono gerarchicamente strutturati: gli schemi di sé più rilevanti sono anche centrali nell’organizzazione complessiva del sé. gli schemi sono connotati in senso emotivo, sono strutture cognitivo-affettive. gli schemi non sono tutti accessibili contemporaneamente; nelle diverse situazioni l’individuo attiva lo schema che meglio risponde alla situazione stessa e agli scopi che si prefigge. Le persone sono capaci di modulare la propria autopresentazione in relazione alle caratteristiche del contesto e ai propri scopi/interessi. Sono 3 le motivazioni connesse al Sé: 1. bisogno di disporre informazioni precise e valide su di sé; 2. bisogno di consistenza o coerenza di sé: tendiamo a mantenere una concezione abbastanza integrata di noi stessi attraverso varie strategie atte a fronteggiare le idee degli altri, ossia le immagini di ritorno che riceviamo nel corso delle interazioni con gli altri. Tendiamo perciò ad evitare situazioni in cui si possono ricevere feed-back non in sintonia con la concezione di noi stessi, oppure tendiamo ad attuare una serie di riaggiustamenti in modo da non compromettere il nostro self-concept. 3. La tendenza al self-enhancement o auto-accrescimento: ovvero la tendenza ad aumentare la stima di sé che è funzionale al benessere psichico. Esempi: o tendiamo a descriverci utilizzando prevalentemente tratti positivi; o ci ricordiamo più facilmente informazioni collegate ai nostri successi piuttosto che agli insuccessi (tendenza sistematica a vantaggio del sé); o dimentichiamo i riscontri relativi ai fallimenti più facilmente del successo e della lode; o giudichiamo il nostro contributo più importante di quanto non sia in realtà per la realizzazione di un qualche obiettivo; Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani o quando dobbiamo ammettere caratteristiche personali negative, tendiamo a smorzarne l’importanza e gli effetti; o attribuiamo i difetti a tratti umani ampiamente condivisi, i pregi a caratteristiche rare e distintive; o accettiamo le lodi in modo acritico, accogliamo le critiche con scetticismo. Schema di sé e impression management: le persone utilizzano varie strategie per mostrarsi agli altri in una luce positiva→ processo di gestione dell’impressione a. autopresentazione espressiva: la dimostrazione e la conferma del concetto di sé attraverso le azioni. Di solito cerchiamo persone che confermino chi siamo. b. Autopresentazione strategica come: o Autopromozione (persuadere gli altri delle nostre competenze) o Accattivamento (cerchiamo di piacere agli altri) o Intimidazione (cerchiamo di far credere agli altri che siamo forti e pericolosi) o Esemplificazione (cerchiamo di mostrarci come moralmente rispettabili) o Supplica (cerchiamo di impietosire gli altri in modo che ci considerino indifesi e bisognosi) 3. Schemi di ruolo: organizzano le conoscenze relative ai tratti e ai comportamenti attesi da una persona che ha un compito e che occupa una determinata posizione nella struttura sociale. Spesso sono degli stereotipi che le persone affibbiano a delle categorie, possono essere connotate da in-group e out-group. Gli stereotipi non sono visioni totalmente distorte, ma hanno una verità di fondo. Sono frutti di una categorizzazione sociale e quindi sono processi normali della mente umana (non dobbiamo pensare che siano legati solo a una mente ottusa, ma tutti noi li abbiamo). Esistono ruoli acquisiti tramite l’impegno (ad es. i ruoli professionali: medico, bancario...) e ruoli ascritti, come il genere sessuale, l’età, il ruolo familiare (madre, padre, figlio, primogenito) o la nazionalità o l’etnia di appartenenza. 4. Schemi di evento: Includono conoscenze relative alle sequenze di azioni appropriate in un determinato contesto, comprese le aspettative sul modo in cui si comporteranno gli altri. Esempio: le persone conoscono il “copione” di comportamento da seguire in un determinato ristorante ed hanno aspettative precise rispetto al comportamento del cameriere ed alle regole da seguire. (video Shaun the sheep al ristorante) GLI SCHEMI POSSONO CAMBIARE? Gli schemi non cambiano facilmente. A volte, tuttavia, se sono proprio inaccurati, possono cambiare. Il cambiamento di uno schema può avvenire per: Per registrazione: grazie all’accumulo graduale di prove discordanti; Per conversione: cambiamento improvviso grazie all’accumulo di una massa critica di prove discordanti; Per formazione di sottotipi: si creano sottocategorie per inglobare l’informazione discordante (è il modo più frequente di cambiamento di uno schema). o Esempio: dalla categoria «immigrati» ai sottotipi «immigrati regolari» e «boat people»; dalla categoria «donne» ai sottotipi «donne casalinghe», «donne lavoratrici», … Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Gli schemi hanno un’origine sociale, cioè, sono creati e rafforzati attraverso le interazioni sociali. Inoltre, il loro contenuto è un oggetto sociale (il sé, gli altri, le situazioni, i gruppi…) e infine sono socialmente condivisi ovvero sono comuni a membri diversi di una data società o di un gruppo. Essi consentono di attivare “pensieri veloci”, come delle scorciatoie, che ci permettono di arrivare velocemente ad una valutazione di una data situazione. → Le conoscenze schematiche consentono di utilizzare delle “scorciatoie cognitive”, chiamate EURISTICHE COGNITIVE (cognitive heuristics or shortcuts). Esse riflettono processi di pensiero semplificati e non sistematici/accurati. Le euristiche: Sono ampiamente utilizzate nella vita quotidiana, soprattutto nelle situazioni di incertezza in quanto economicamente vantaggiose; Sono spesso automatiche e inconsapevoli; In quanto strategie semplificate di elaborazione delle informazioni entrano in gioco in ogni processo decisionale e comportamentale; Comportano errori sistematici (cioè, non casuali) Esempi di euristiche cognitive: non tutte le informazioni sono ugualmente disponibili o accessibili nella nostra mente (euristica della disponibilità): siamo, ad esempio, influenzati più facilmente da informazioni vivide, concrete ed emozionalmente ricche rispetto a informazioni astratte ed emozionalmente povere. Sono, inoltre, più disponibili le informazioni riferite a sé stessi rispetto alle informazioni riferite ad altre persone. I mass media sono una fonte primaria di dati accessibili; probabilità per cui un dato evento o oggetto sociale è ricondotto, per somiglianza, ad una determinata categoria; procediamo per analogia/somiglianza con eventi, situazioni passate (euristica della rappresentatività); alcune informazioni hanno un peso maggiore (ancòra) nell’ancorare le nostre valutazioni e nostri giudizi; Il giudizio individuale è appesantito da un ‘dato’ iniziale e l’individuo non è in grado di adattare le proprie valutazioni a causa di questa informazione che funziona come ancòra (euristica dell’ancoraggio); simuliamo mentalmente come certi eventi potrebbero evolversi o avrebbero potuto svolgersi nel passato (“se non fosse successo così…”) (euristica della simulazione o pensiero controfattuale). Il pensiero ipotetico agisce sulle rappresentazioni degli eventi della nostra vita producendo scenari alternativi. Ciò ha importanti implicazioni per il giudizio sociale e le reazioni emotive ad eventi drammatici. o Esempio di comunicazione in cui entra in gioco l’euristica della simulazione o pensiero controfattuale è la campagna sulla sicurezza stradale del MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) “Sulla buona strada”, del 2016 (con spot aventi a tema l’uso delle cinture, i rischi del telefonino alla guida, la velocità e mancanza di attenzione agli altri utenti della strada, il mancato uso del seggiolino per i bambini e la visibilità per chi va in bicicletta). Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani È più probabile ricorrere alle euristiche quando: non si ha tempo; ci sono numerose informazioni; l’oggetto è poco importante; ci sono scarse conoscenze; stimoli con effetto priming; si ritiene che non siano necessari sforzi cognitivi. LEARNING JOURNAL 6: schemi di evento Debriefing note e riflessioni: Lo script del ciclo di vita (in particolare di una fase del ciclo di vita) contiene e spiega la rappresentazione di come sia la vita, quali tappe, in quale ordine, cosa è appropriato e cosa no. Gli script negoziati nei gruppi sono molto simili, sono conoscenza condivisa, comune tra gli individui anche se le opinioni individuali non sono perfettamente uguali (differenza negoziata nei gruppi, tra maggioranza e minoranza) Lo script contiene idee/credenze su ciò che è appropriato-non appropriato (ciò non ha valore assoluto, ma è legato al tempo, alla cultura, alla situazione…) Influenze culturali (anche relative alle aspettative di genere): lo script della transizione all’età adulta è uguale per uomini e donne? Vicinanza/sovrapposizione tra il “concetto di script” e quello di “norma sociale” (e orientamenti valoriali: che cosa è importante? Autonomia, autorealizzazione personale, autosufficienza, libertà decisionale, legami con gli altri, lavoro/famiglia, prendersi cura) Caratteristiche emergenti dagli script/esempio di norme sociali: es. Transizione lunga. Gradualità e dilatazione temporale del passaggio (è sempre stato così? Dovunque?)) Grande differenza rispetto al passato. Es. Lasciare il nido familiare prima o dopo aver iniziato l’università? (modelli europei differenti), lasciare il nido familiare prima di sposarsi, convivere con il partner prima di sposarsi, provare a vivere da soli prima di coabitare con il partner Es. prima è bene raggiungere una posizione (personale, professionale …) che soddisfi l’individuo e poi fare famiglia: lo script contiene credenze (ad esempio: “non è possibile occuparsi di altri se prima non ci è presi cura di Sé in modo pieno”) e priorità valoriali Es. fare esperienze (relazionali, affettive, intime...) Schemi di eventi e influenze culturali→ In alcune culture (per esempio quella cinese) conoscere i genitori implica il fidanzamento che diventerà a breve matrimonio: fidanzamento e matrimonio non sono solo eventi individuali ma familiari (impegno tra famiglie, “contratto”, aspetti etici del legame accanto ad aspetti affettivi). Violazione degli schemi→ uscire dal nido familiare dopo il diploma, uscire dal nido familiare prima del matrimonio/convivenza, avere un figlio a 24 anni, non convivere prima di sposarsi, non avere la patente a 18-19 anni… Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani A B C D E Viaggiare da soli Il primo ciclo Patente; Raggiungimento maggiore Compimento dei 18 Prendere la Maggior età lavoro; età anni patente Votare + firmare acquisto della Diritto di voto Sviluppare una propria Trovare lavoro documenti per sé stessi casa; Esame maturità autonomia decisionale Andare a vivere Diploma – Patente costruzione della Patente Prendere la patente da soli Aprirsi un conto famiglia Scelta percorso futuro Terminare gli studi bancario (università/lavoro) Diventare indipendenti Primo lavoretto Essere indipendenti (dai genitori) Prima vacanza con economicamente con i primi amici lavoretti Laurea Vivere da soli (autogestirsi) Primo stipendio = Sposarsi/convivere indipendenza famiglia economica Andare a vivere da soli + prendersi cura della propria casa Eventi esclusi: Matrimonio; Avere dei figli (secondo due persone su sei avere dei figli è un evento importante che segna uno dei passaggi all’età adulta. Gli altri componenti sostengono che non sia necessario avere figli per essere considerati adulti) (Avere figli è stato escluso perché classificato come una tappa della vita già adulta, che non associamo alla fase di transizione verso il diventarlo); Laurearsi e diplomarsi (Laurearsi e prendere il diploma possono responsabilizzare una persona ma non necessariamente la rendono adulta) (la aurea è momento importante per tutte noi che stiamo attualmente studiando, ma non rappresenta un requisito fondamentale per essere adulti per chiunque); Bere alcolici “Non sono necessari tutti i punti elencati per potersi definire adulti. Ad esempio, puoi vivere da solo, ma non avere la patente o puoi decidere di non mettere su famiglia” Abbiamo escluso i primi momenti di indipendenza che intercorrono tra l’infanzia e l’adolescenza (prima volta a casa da solo, prima volta che prendo i mezzi, primo telefono…) “la patente non è un requisito necessario per essere classificati come adulti.” “Compimento dei 18 anni: la maggiore età indica l’accesso all’età adulta (solo) in termini legali, ma questo non significa che abbia necessariamente raggiunto una maturità mentale tale per cui possa essere considerato adulto.” LEZIONE 7- LA PERCEZIONE DEGLI ALTRI:LA FORMAZIONE DELLA PRIMA IMPRESSIONE LEARNING JOURNAL 7: le prime impressioni sugli altri A partire dalla fotografia mostrata, prova a suggerire usando 3 parole/aggettivi, le caratteristiche delle persone e della situazione ritratte nell’immagine Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani Fase di debriefing: 1. Quali ‘particolari’ della foto ti hanno ‘colpita/o’, attirando la tua attenzione? Che cosa ti viene in mente revocando le 3 figure? 2. Perché la tua interpretazione è simile a quella degli altri? 3. Perché la tua interpretazione è diversa da quella degli altri? 4. Dove e come hai appreso a interpretare la fotografia in questo modo particolare? Gruppo 1: 1. Il vestito leopardato della donna a destra, lo sguardo dell’uomo al centro e la sicurezza dell’uomo a sinistra 2. perché il primo approccio da parte di tutti i membri del gruppo è stato superficiale. Ci siamo soffermati subito sugli sguardi e aspetto fisico senza andare oltre. 3. perché ognuno di noi ha immaginato un contesto diverso 4. siamo cresciuti in una società in cui siamo chiamati a giudicare, è un processo automatico e spesso involontario Gruppo 2: 1. La ragazza ha un sorriso triste e forzato e non era a suo agio nella situazione in cui si trovava. Rievocando le tre figure si pensa a una situazione innaturale, dove le tre persone sono a disagio. Probabilmente si tratta di un gruppo di amici con poca intimità. 2. La nostra impressione è simile perché guardando la foto tutte percepiamo una situazione forzata e non tipica di una serata serena tra amici in un locale. 3. Ad alcuni nel gruppo sembra che la donna e l’uomo vicino a lui siano fidanzati per il modo in cui si toccano, mentre gli altri non sono d’accordo perché non ritengono che quell’atteggiamento sia tipico di una coppia. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani 4. Grazie al confronto con la nostra esperienza personale abbiamo interpretato questa foto come innaturale, in quanto quando ti trovi con amici in un locale appari più spensierato, disinvolto e spontaneo. Gruppo 3: 1. Nessuno dei tre sorride, nonostante il contesto fosse di festa a. La figura femminile tende a inclinarsi verso il ragazzo al centro b. La figura maschile al centro sembra essere l’amico in comune tra i due soggetti ai lati nel tentativo di includerli 2. Siamo stati sottoposti allo stesso contenuto, ma l’interpretazione e la prima impressione è stata dettata nello specifico dall’esperienza personale. Inoltre, è stata rilevata una differente percezione sulla base del sesso della persona che analizza, in particolare rispetto alle ipotetiche emozioni provate dai soggetti in foto. La modalità di analisi dell’immagine è stata differente all’interno del gruppo. Alcuni di noi hanno offerto una prospettiva più generica, mentre altri hanno proposto un’analisi più profonda e attenta. 3. La spontaneità con cui sono state esposte queste prime impressioni denota un approccio profondamente personale dettato dall’esperienza del singolo individuo, in cui non entra in gioco un vero e proprio meccanismo razionale Gruppo 4: 1. Ci hanno colpito l’abbigliamento, l’aspetto fisico e l’attitudine delle tre diverse figure al momento della foto. Le due figure (destra e centro) erano pallide a differenza della figura maschile a sinistra che si presenta abbronzata e spicca anche per l’aspetto fisico, colpisce di più, risulta più attraente e sicura di sé, a differenza degli altri due che risultano pallidi e presi alla sprovvista, disorientati. 2. Le interpretazioni sono simili perché, quando non si conosce una persona si tende a giudicarla in base al suo aspetto fisico, inoltre è facile che ci si basi su stereotipi comuni (per esempio leopardato = trash). 3. Le interpretazioni seppur simili sono allo stesso tempo diverse, in quanto ognuno ha punti di vista differenti che si basano ed hanno origine da esperienze pregresse distinte. 4. Riteniamo che l’interpretazione di una fotografia sia qualcosa di innato, in quanto fin dall’infanzia siamo portati a formulare opinioni basandoci sulle prime impressioni. Ciascuno di noi è capace di “orientarsi”, da un punto di vista descrittivo e valutativo, all’interno del proprio mondo sociale. Per elaborare le impressioni sugli altri (sconosciuti), facciamo affidamento a conoscenze generali e schematiche. A volte le percezioni degli altri sono sorprendentemente accurate, a volte invece imprecise e fuorvianti. Anche nel caso della “prima impressione”, la nostra mente può funzionare sia come ‘un pilota automatico’ (pensare senza sforzi economizzando risorse) sia come ‘un pilota manuale’ attento e concentrato. La formazione di un’impressione è un processo di organizzazione delle informazioni relative ad un individuo in una struttura coerente di conoscenze. L’impressione sugli altri è una rappresentazione cognitiva, un insieme coerente di conoscenze accumulate in memoria. La percezione sociale e le impressioni guidano i nostri atteggiamenti, le azioni e il comportamento sociale (ed. impressione negativa determina evitamento) Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani A partire da quali elementi/indizi (cues) si forma la rappresentazione degli altri con cui entriamo in interazione? → studi pionieristici di Solomon Asch sul modo di apparire e di agire delle persone Dall’aspetto fisico, dalla comunicazione non verbale e dal comportamento manifesto traiamo indizi (cues) visibili su cui si basano le nostre percezioni degli altri. Ci colpiscono inizialmente le diversità, le peculiarità, le singolarità, gli indizi che attraggano l’attenzione all’interno del contesto. Aspetto fisico: è il primo e, a volte, unico indizio a disposizione (come nella esercitazione della fotografia). Comunicazione non verbale: i segnali non verbali hanno nella fase iniziale una grande importanza. L’espressione del volto, gli sguardi, il linguaggio del corpo (gesti e movimenti, uso dello spazio, gestione della distanza interpersonale), gli aspetti paralinguistici (tono, qualità della voce...) veicolano una grande quantità di informazioni. Comportamento manifesto: è la fonte di informazione più utile per costruirsi un’opinione sugli altri. Gli indizi non hanno alcun significato in sé e per sé: INTERPRETAZIONE: Ne acquistano solo nel momento in cui vengono interpretati alla luce delle conoscenze accumulate da ogni individuo su persone, comportamenti, tratti e situazioni sociali. Le conoscenze che sono collegate all’indizio stesso o che sono più facili da richiamare alla mente hanno maggiori probabilità di essere usate per interpretarlo. INFERENZE: Presumiamo che gli altri siano dotati di qualità interiori che corrispondono ai comportamenti osservati. Questa inferenza (detta inferenza corrispondente) è presente anche quando fattori esterni potrebbero aver influenzato il comportamento. Alcuni indizi hanno maggiore salienza rispetto ad altri, cioè capacità o forza di attrarre la nostra attenzione. → effetto primacy: le informazioni acquisite per prime (primacy) hanno un impatto maggiore rispetto a quelle acquisite successivamente e tendono a permanere più a lungo. (esperimenti di Asch) Sono 2 i modelli esplicativi (complementari) che spiegano il processo di formazione della prima impressione: 1. Modello configurazionale (olistico) “top down” di Asch 2. Modello algebrico “bottom up” di Anderson MODELLO CONFIGURAZIONALE (OLISTICO) DI ASCH- 1964 I tratti percepiti per primi servono a costruire la configurazione entro la quale i tratti successivi vengono interpretati. Presupponiamo che la personalità degli altri sia un INSIEME UNITARIO e COERENTE: anche le impressioni tenderanno ad essere unitarie e coerenti, ci aspettiamo coerenza nei tratti e nei comportamenti. Immagine organizzata: cioè, a partire dagli indizi iniziali, integriamo le informazioni in modo che si armonizzino e cerchiamo di risolvere eventuali incoerenze tra le informazioni. Processi top-down basati sulle CATEGORIE e SCHEMI: di una persona cogliamo immediatamente l’appartenenza ad alcune categorie fondamentali (genere, razza, etnia, professione, età, status...). Richiedono poco sforzo attentivo ed elaborativo, processi quasi automatici. Un esempio di processo di tipo 1 è noto come teorie implicite di personalità (rappresentazione della personalità umana): quando Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani disponiamo di una o più informazioni relative ai tratti di personalità di un individuo, inferiamo immediatamente altri tratti di personalità che ci appaiono congruenti con i precedenti. MODELLO ALGEBRICO DI ANDERSON- 1981 La prima impressione deriva dall’integrazione di nuove informazioni nel nostro sistema di conoscenze e ciò avverrebbe attraverso un processo sequenziale e continuo. L’impressione globale sulla persona deriva dalla combinazione algebrica dei suoi tratti. Le informazioni vengono ricevute una alla volta ed integrate in un’impressione che risulta dalla media delle informazioni a disposizione su quella persona: prima valutiamo le informazioni che abbiamo a disposizione, poi le combiniamo in un insieme unitario e coerente. Ogni tratto possiede un significato e una valenza (positiva o negativa) Es. Intelligente: molto positivo (++); zelante: moderatamente positivo (+); disordinato: moderatamente negativo (-); bugiardo: molto negativo (- -) Þ intelligente e disordinato (+); zelante ma bugiardo (-) Processi bottom-up basati sulla elaborazione di singoli elementi informativi su base individuale. Richiedono maggiori risorse di attenzione ed elaborazione (processi intenzionali, deliberati, controllati). → Dagli anni Ottanta del XX secolo iniziano ricerche che integrano i due modelli. Questi processi entrano in gioco nell’elaborazione delle impressioni sugli individui, ma NON sui gruppi. Tendiamo a conservare e difendere queste nostre ipotesi e impressioni iniziali («andando a caccia» di prove che suffraghino la conclusione a noi più gradita; ignorando le informazioni falsificanti), anche quando sono basate su processi e attributi superficiali. I processi descritti devono tener conto di ciò che le persone sanno a priori sulla base di conoscenze ed esperienze precedenti (rappresentazioni, schemi cognitivi, aspettative, opinioni…) → la comunicazione tra attori sociali (anche tra sconosciuti) è raramente un incontro “ingenuo”, tra individui “neutri”, senza retroterra. Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani ANDARE OLTRE LA PRIMA IMPRESSIONE: LE TEORIE DEL PROCESSO DUALE 1. CATEGORIZZAZIONE INIZIALE: formulazione di prima impressione a partire da indizi salienti e da appartenenze categoriali evidenti (sesso, età, livello sociale..) (processo automatico, poco dispendioso). → in molte occasioni ci fermiamo a questo punto. Non siamo interessati/motivati ad andare oltre. Situazioni in cui abbiamo bisogno di andare oltre: la persona-target è rilevante? 2. CATEGORIZZAZIONE CONFERMATIVA: elaborazione più approfondita si cercano nuove informazioni che confermino l’impressione iniziale. 3. RI-CATEGORIZZAZIONE: se esiste incongruenza tra prima impressione e categorizzazione confermativa 4. ELABORAZIONE DEI SINGOLI ELEMENTI INFORMATIVI SU BASE INDIVIDUALE: si verifica quando le informazioni non coincidono con nessuna rappresentazione categoriale. MODELLO DEL CONTINUUM NELLA FORMAZIONE DELLE PRIME IMPRESSIONI- FISKE e NEUBERG, 1990 Usare le proprie impressioni: una volta formatasi, un’impressione diventa la base per giudizi e comportamenti Difendere le proprie impressioni: a volte i giudizi sugli altri poggiano su una elaborazione superficiale, altre volte ci di dedica a una elaborazione sistematica, cercando di mettere insieme tutte le informazioni, anche quelle contraddittorie o incongruenti. Modificare le proprie impressioni: le impressioni tendono a resistere al cambiamento, plasmano le azioni e inducono le persone a cercare informazioni coerenti con la propria idea o a ‘sollecitare’ negli altri delle azioni che le confermino (la profezia che si autoavvera). Alcuni esempi di ricerche scientifiche empiriche sul tema della prima impressione: a. Bacev-Giles, C., & Haji, R. (2017). Online first impressions: Person perception in social media profiles. Computers in Human Behavior, 75, 50-57. Research suggests that people overestimate the importance of minimal social cues in online contexts. In new relationships, there is also a tendency to use minimal cues to fill in the gaps and assume people we like are similar to ourselves. Extending the literature on impression Anna Govi 5313402 AA 2023/2024 UCSC Psicologia sociale, prof Cristina Giuliani formation in computer-mediated communication, we investigated the content and extent of impressions formed about an online stranger with a limited profile, as well as the tendency to form gender-stereotypic impressions. Participants viewed either a male or female Facebook profile consisting of general information and an avatar for a photo. Then, in their own words, they described their impressions of the target and provided ratings for various attributes (e.g., likeability and similarity to themselves). Spontaneous descriptions were generally positive (the target was frequently described as educated, outgoing, fun, and agreeable), and gender role stereotypes were present (the male target was more frequently described as athletic, the female target was more frequently described as creative and friendly). The target was perceived to be quite similar