Psicologia Dinamica - Sigmund Freud PDF

Summary

Questo documento riassume la psicologia dinamica di Sigmund Freud, partendo dalla sua osservazione dell'isteria e dalle sue teorie sull'inconscio. Freud esplora le fasi dello sviluppo psicosessuale del bambino, tra cui la fase orale, sadico-anale, fallica e genitale. Il documento mette in risalto l'importanza dell'analisi dei sogni e del transfert nella comprensione delle dinamiche mentali inconsce.

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PSICOLOGIA DINAMICA SIGMUND FREUD Neurofisiologo laureato in medicina, incontra dei pazienti con danni fisiologici non causati da problemi biologici i neuronali scoprendo che non tutti i sintomi fisiologici hanno origine biologica; non essendo il problema direttamente osservabile, la causa va ricer...

PSICOLOGIA DINAMICA SIGMUND FREUD Neurofisiologo laureato in medicina, incontra dei pazienti con danni fisiologici non causati da problemi biologici i neuronali scoprendo che non tutti i sintomi fisiologici hanno origine biologica; non essendo il problema direttamente osservabile, la causa va ricercata in profondità, in quello che verrà chiamato inconscio. I FASE: ISTERIA Freud segue le lezioni di Charcot che rappresentano il primo passo verso la psicodinamica: egli sosteneva che l’isteria fosse una malattia funzionale del sistema nervoso e ha dimostrato che ALCUNE forme di paralisi e le cecità isteriche non dipendevano da danni neurologici ma dai pensieri (non consapevoli) del paziente rispetto a quelle parti del corpo. La dimostrazione avviene attraverso la trance ipnotica  quell’idea estranea alla coscienza che causava i problemi fisici era contrastata da l’ingiunzione ipnotica con la quale i sintomi, nella trance, scomparivano  l’ipnosi di Charcot non era dunque curativa. Breuer, collaboratore di Freud e appassionato di Charcot, fa dei progressi grazie alla sua paziente Anna O.  si rende conto che l’ipnosi di Charcot non era curativa e si accorge che durante la trance ipnotica le associazioni libere della ragazza consentivano alla paziente (incitata da Breuer) di individuare il “fatto originario”, ovvero il momento in cui era apparso ogni sintomo; questo fatto originario (trauma) era precocissimo e appariva come “rimosso” dai pensieri coscienti. Nel momento in cui la paziente entrava in contatto con il fatto originario, andava incontro ad una fortissima scarica emotiva “abreazione”  le associazioni libere e l’abreazione avevano effetto curativo nella paziente. Da questo momento, sempre di più Freud si allontana dallo studio del cervello biologico, avvicinandosi allo studio della mente  Freud trasforma l’isteria da disturbo biologico a disturbo che trova origine nella storia di vita della persona. Da questo momento però, le ipotesi di Breuer e Freud iniziano a divergere: Perché questi sentimenti si dissociano dal resto della mente? - BREUER: sostiene che è l’evento disturbante a non essere assorbito dalla mente in quanto verificatosi durante uno stato di coscienza alterato, per questo la paziente al risveglio dall’ipnosi non se lo ricorda. - FREUD: sostiene che il contenuto, in quanto disturbante, è in conflitto con il resto dei pensieri e delle idee della persona; come se fosse dislocato in un’altra parte in quanto troppo pesante. Freud inizia a rendersi conto che l’ipnosi era meno efficace per accedere ai sentimenti che avevano generato i sintomi  l’eliminazione permanente dei sintomi era possibile solo se il materiale inconscio fosse divenuto accessibile alla coscienza; uscito dalla trance il paziente non ricordava i fatti originari e doveva essere l’analista a informarlo; tuttavia, non poteva farne esperienza diretta (il paz.). Nel paziente c’era dunque una resistenza (difesa) che rimaneva attiva per mantenere distanza tra i ricordi e la coscienza. Freud si imbatte nella difficoltà di distanziarsi dal modello medico e iniziare a calarsi nella relazione  la resistenza del paziente nel recuperare e riferire il ricordo era interpretata come un’opposizione del paziente e non una manifestazione naturale di difficoltà nel ricordare un evento traumatico; per questo, al presentarsi delle resistenze-difese, Freud si arrendeva. Il ricordo è qualcosa di esterno ma che viene sottoposto a un processo di significazione, per questo Freud intuisce l’esistenza di relazioni simboliche tra il sintomo e il conflitto che lo genera, associazioni simboliche che è compito dell’analista interpretare. II FASE: DESIDERIO SESSUALE (confrontare con manuale) In questa fase avviene una svolta importante  si rende conto che gli eventi traumatici (rimossi e non coscienti) finora presi in considerazione come fatti reali, possono essere in realtà frutto di fantasie (desideri); l’attenzione si sposta dall’esterno (evento concreto) all’interno (desideri inconsci). Nel periodo in cui ebbe la paziente Dora (3 mesi) Freud comprende che aveva considerato male la resistenza  quest’ultima indica proprio il legame tra l’infanzia e i conflitti attuali, concetto chiamato “continuità della mente”. Intuì anche che solo alla fine del trattamento sarà visibile il quadro completo e che il sogno, attraverso il lavoro onirico, è un modo indiretto per raggirare la resistenza in quanto il conscio si affievolisce e si abbassano quindi le difese. ANALISI DEI SOGNI: il lavoro onirico permette il camuffamento dei desideri conflittuali  come nella trance ipnotica, nel sogno le difese si indeboliscono e portano alla luce i desideri ma, essendo comunque pesanti e perturbanti, il lavoro onirico li camuffa in immagini accettabili che non turbano il sonno. Il pensiero onirico latente (il vero significato del sogno) attraversa un processo di distorsione (meccanismi complessi come simbolizzazione, condensazione e spostamento) che produce il contenuto onirico manifesto (il sogno in sé) il quale deve essere interpretato dall’analista; durante l’analisi il contenuto onirico manifesto viene isolato e utilizzato per produrre associazioni in grado di far emergere pensieri patogeni. Freud si accorse che il significato del sintomo fisico può spostarsi di organo durante il trattamento  intuisce quindi che è importante ciò che il paziente pensa, in quanto coincide con il significato del sintomo isterico  interconnessione tra psichico e somatico. 1905-TRE SAGGI SULLA TEORIA SESSUALE: Freud realizza che i desideri inconsci inaccettabili sono sempre di natura sessuale e si manifestano a partire dall’infanzia e pone enfasi sullo sviluppo psicosessuale del bambino (disposizione indifferenziata del bambino all’inizio e poi confusione sessuale durante l’adolescenza). Il termine transfert indica una “proiezione” dei propri schemi sentimentali e comportamentali sperimentati durante l’infanzia su una persona significativa e coinvolta nella relazione attuale; Freud la considera connessa alla nevrosi (disturbo psichico privo di causa organica) frutto del conflitto intrapsichico. Il paziente può pensare che lo psicoanalista vuole un rapporto carnale con lui ma non è altro che una manifestazione di cose pregresse nell’attuale  il terapeuta deve interpretare il transfert come una serie di sentimenti o desideri, prima latenti, che ora il paziente proietta sul terapeuta perché li rifiuta in sé; in questo modo il paziente può risolvere la nevrosi lavorando su di sé. SVILUPPO LIBIDICO: LE PULSIONI  la mente è un apparato finalizzato a scaricare l’energia degli stimoli esterni ed interni che premono su di essa; quelli interni, come le pulsioni sessuali, si accumulano in quanto è più difficile evitarli  la mente, dunque, si struttura in modo da contenere, controllare e se possibile scaricare quegli stimoli. Freud ipotizza che, in relazione ai compiti che può svolgere il bambino, ci sia un vero e proprio sviluppo libidico  concetto di SVILUPPO STADIALE introdotto per la prima volta da Freud. Durante lo sviluppo libidico ci sono oscillazioni (che Freud vede come patologiche, la figlia Anna le vedrà come normali) tra due momenti: 1. Fissazione: la libido resta legata ad una fase senza evolvere nella successiva. 2. Regressione: ricaduta in una delle fasi precedenti. La concentrazione delle terminazioni nervose in varie parti del corpo ne sottolinea la funzione di fonte per le pulsioni (zone erogene), Freud ne individua varie nel corso dello sviluppo: fase orale, fase sadico-anale, fase fallica, fase genitale. Le pulsioni sessuali, inoltre, vengono caratterizzate da Freud come tensioni che hanno una fonte, oggetto e attività per scaricarsi. 1. FASE ORALE FONTE: cavità orale  OGGETTO: seno  META: scarica  attività di suzione. La bocca, infatti, è la prima ed essere recettiva per l’esterno e per la sopravvivenza e come primo oggetto ha il seno (poi pollice, piedi, oggetti ecc.) perciò il primo approccio è fisiologico (nutritivo con il seno) e con il tempo comprende il piacere fisico. 2. FASE SADICO-ANALE Legato alla attività di defecazione, infatti il trattenere o rilasciare le feci porta ad un senso di gratificazione; questo implica che il bambino impara a controllare la sua attività di piacere e anche a trattenere o espellere quando necessario. Questa fase è un precursore della fase fallica in quanto la forma della colonna fecale “anticipa” l’immagine del pene. 3. FASE FALLICA Intorno ai tre anni, in questa fase sia il bambino che la bambina si attribuiscono un fallo, è caratterizzata dall’attività di minzione. In questa fase si sviluppano rispettivamente il complesso edipico e il complesso di Elettra, entrambi caratterizzati dal desiderio sessuale rivolto nei confronti della madre (prima scelta oggettuale incestuosa)  questo porta però ad una ambivalenza dei sentimenti in quanto, verso il padre, si nutrono sentimenti di tenerezza (in quanto è il genitore e quindi gli si vuole bene) ma anche rivalità. RISOLUZIONE DEL COMPLESSO NEL BAMBINO: viene risolto con l’angoscia di evirazione  il bambino teme che il pene gli possa essere tolto dal padre per dissuaderlo dall’attività masturbatoria, rinuncia dunque all’oggetto incestuoso ma supera questa sofferenza portata dalla rinuncia identificandosi con il padre, consolidando in questo modo la propria mascolinità e autorevolezza, si riconosce nel ruolo. RISOLUZIONE DEL COMPLESSO NELLA BAMBINA: viene risolto con il riconoscimento della mancanza del pene  prova risentimento nei confronti della madre che l’ha messa al mondo senza pene, quindi, rinuncia alla madre e la sostituisce con il padre con il quale fantastica di avere un bambino (padre come sostituto del pene mancante). Questo può portare al complesso di “virilità” che Freud riconosce come fissazione in questa fase. Il non appagamento dell’aspettativa di avere un rapporto con il padre porta la bambina a tornare al vincolo materno ed identificarsi con questo. I piaceri sessuali finora descritti non sono intesi sessualmente come lo intendiamo noi, quello arriverà con la fase genitale. 4. FASE DI LATENZA intorno ai 5-6 anni  questa fase congela le spinte sessuali, che torneranno in pubertà con le trasformazioni ormonali a lei legate, poiché lo sviluppo del bambino è spostato nella dimensione cognitiva che faciliterà l’apprendimento scolastico. 5. FASE GENITALE Le zone erogene pregenitali ora trovano pieno soddisfacimento con il coito, il piacere pre genitale non è abbandonato bensì mantenuto come preliminare, un qualcosa che accompagna il piacere; tuttavia la meta di questa fase è il coito. In questa fase, gli investimenti libidici precedenti possono essere: inglobati nella funzione sessuale per intensificare il piacere del coito, rimossi o sublimati per essere posti al servizio di mete socialmente valorizzate o fissati bloccando il raggiungimento della meta sessuale dando vita alla perversione  manifestazioni di fissazioni a forme di piacere pre- sessuale. Il fatto che Freud distinguesse pulsioni parziali e pulsioni genitali dimostra che lavora su una sessualità allargata che può esulare dalla mera genitalità  questo indusse Freud a pensare al bambino come un perverso polimorfo che sperimenta piaceri di diversa natura. Riconosce, inoltre, nel gioco infantile le tracce di un ambito del pensiero che riguarda il desiderio e la fantasia non la realtà. PASSAGGIO VISIONE BIOLOGICA A VISIONE PSICOLOGICA DEL FUNZIONAMENTO MENTALE (1910-1914) Si accorse che il funzionamento dell’individuo non può essere pesato solo in relazione con le pulsioni sessuali e inizia dunque a capire che l’esterno, con i suoi principi, norme e regole, ha un’influenza sull’individuo. L’istanza psichica, rappresentante di quelle norme e regole, è il super-io che nasce dal superamento del complesso edipico in quanto il bambino, per rinunciare alla pulsione, si identifica con il genitore che è portatore delle norme etico-sociali. La nevrosi differisce dalla psicosi in quanto nella prima l’esame di realtà è integro e, quindi, privo di deliri o allucinazioni; nella psicosi, invece, si crea un conflitto tra l’Io e la sua pulsione sessuale  l’io frammentato non conosce le norme e quindi non tiene a freno le pulsioni  CONSIDERAZIONE PIU’ AMPIA DELLA VITA PSICHICA. Supera quindi l’idea della sessualità come solo stato di eccitazione la cui scarica provoca rilassamento e, quindi, piacere (modello idraulico: accumulo tensione  scarica  evitamento del dispiacere). Essendo che, nella psicosi, il problema riguarda la frammentazione dell’Io e quindi il non concepimento di norme o valori, acquisisce da qui maggiore importanza il principio di realtà ossia ciò che consente l’adattamento psichico dell’individuo alle richieste ambientali (attraverso la rinuncia di un desiderio onnipotente e incontrollabile). Freud si rivolge ai genitori come oggetto d’amore iniziando a capire che hanno un’importanza di per sé e non solo come “oggetti”. PERVERSIONE NARCISISTICA: La medesima attenzione rivolta ad aspetti più ampi della personalità si ritrova nella scoperta del narcisismo in cui si teorizza una motivazione che va oltre la singola gratificazione sessuale. Nella perversione narcisistica è come se l’altro non esistesse e quindi l’appagamento si ritrova solo nel proprio corpo  l’individuo che dovrebbe ormai essere nella fase genitale, ritrova appagamento nei piaceri della fase pre-genitale  Freud integra la teoria della pulsione sessuale con una visione più ampia che integra la ricerca dell’oggetto. Oltre la pulsione libidica, l’individuo ricerca l’oggetto per piacere, individuando l’amore e non chiamandolo più desiderio. L’amore può essere: 1. Anaclitico: ciò che provo verso una figura che mi fornisce protezione. 2. Narcisistico: associato all’investimento libidico dell’Io come concetto di sentimento di sé. Questi due tipi d’amore vanno tenuti in equilibrio. Non esisterebbe la possibilità di evolvere dal mondo fantastico dell’infanzia a quello adulto se non operasse l’IO IDEALE  legato al ricordo dell’onnipotenza infantile in cui il bambino si godeva il narcisismo e la megalomania che era suo diritto avere. Questo va distinto invece dall’IDEALE DELL’IO che è l’istanza psichica (inconscia in gran parte) che rappresenta un modello al quale il soggetto cerca di conformarsi (senza riuscirci perché è appunto un ideale)  discostamento eccessivo da questo induce vergogna. Anche queste riflessioni sottolineano come Freud non si esaurisse alle sole vicissitudini delle pulsioni nell’esperienza soggettiva della mente. III FASE: LA METAPSICOLOGIA Cerca di concettualizzare il suo pensiero  sistema la sua dottrina per dargli scientificità  elabora una “teoretica del profondo” per indicare i fondamenti fisico-biologici dell’inconscio. Scrive 12 saggi ma ne pubblica solo 5. La metapsicologia è un sistema di osservazione in base al quale ogni processo psichico può essere esaminato secondo coordinate: 1. Dinamiche: i fenomeni psichici sono risultato di forze tra loro antagoniste (inizialmente tra pulsioni libidiche e interessi dell’Io, poi tra Eros e istinto di morte). 2. Economiche: considerano la dimensione quantitativa di queste. 3. Topiche: utilizzate per comprendere il conflitto tramite una disposizione spaziale dei sistemi dell’apparato psichico che assolvono funzioni differenti: - Modello topico (prima topica): inconscio, preconscio e conscio. - Modello strutturale (seconda topica): Es, Io e Super-Io. I TOPICA: caratterizzata da 1. Inconscio: strato più profondo, contiene idee e sentimenti inaccettabili che non possono essere dedotti direttamente in quanto non concreti (come il contenuto onirico manifesto). Questo sistema è regolato dal processo di pensiero primario (in quanto arcaico e primitivo, non indica che sta prima) che utilizza come funzionamento l’energia libera che è in grado di spostarsi da un’idea all’altra; quindi, il pensiero primari si muove tramite desideri che spingono per il loro soddisfacimento. Infatti i contenuti dell’inconscio seguono il principio di piacere. Possono diventare oggetto della coscienza solo dopo la trasformazione subita attraversando il preconscio. 2. Preconscio: sistema intermedio che contiene idee e sentimenti accettabili, vicini al diventare coscienti. Questo ha una struttura linguistica e usa un’energia legata che da forma ai pensieri non plasmabili dell’inconscio. Ha ruolo di censore per far passare le idee dall’inconscio al conscio; censura attraverso norme e regole ecc. 3. Conscio: contiene le idee e i sentimenti accettabili, è regolato dal pensiero secondario che è razionale e funziona seguendo le leggi logiche. IV FASE: LA TEORIA STRUTTURALE Teoria del dualismo funzionale: dualismo perché inizia a considerare un’altra pulsione oltre quella libidica. Lo scritto che gli coincide è “aldilà del principio di piacere”. Freud inizia a chiedersi il perché dell’esistenza delle nevrosi traumatiche: cosa porta l’individuo a far persistere in sé ricordi traumatici che sfociano in determinati comportamenti anziché liberarsene e guarire? Questo è perché esiste una forza che si “oppone” a quella del principio del piacere (tensione libidica); questa nuova forza non può essere definita come del “non piacere” o “dispiacere” in quanto se portasse effettivamente dispiacere non sarebbe un qualcosa che mi porta alla ripetizione di uno schema disfunzionale che percepisco come una “comfort zone”, bensì è qualcosa che va aldilà del piacere  Freud la finisce “pulsione di morte”. Questa precede la pulsione sessuale ma vanno considerate alla pari, come l’attivazione e l’inibizione neuronale; Freud fa riferimento a una riflessione di natura: noi siamo non organici, con la vita torniamo organici e con la morte torniamo non organici, anche durante la scarica della tensione c’è pulsione di morte ed entrambe le pulsioni sono costrutti psicobiologici. La coazione a ripetere è la “forza demoniaca” con cui si manifesta la spinta dell’organismo a ripristinare uno stato precedente ed è manifestazione dell’inerzia propria della vita che quindi tende naturalmente verso la morte e l’unico evento per sottrarsi a questo destino è la riproduzione (legata all’istinto sessuale). Si parla dunque di dualismo pulsionale perché la psiche risulta segnata dalla lotta inconscia tra l’istinto tendente all’inorganico (Thanathos) e quello verso la sessualità e vitalità (Eros). L’istanza psichica che si fa voce della pulsione di morte è il Super-Io; l’Io, tentando di contenere le pulsioni può rivolgere verso di sé la distruttività interna che deriva dagli attacchi del Super-Io. Freud fornì una visione globale di questi processi  TEORIA STRUTTURALE che completa la precedente topica. II TOPICA: Non sostituisce la I ma la integra, Conscio, Preconscio e Inconscio diventano “qualità” di questa nuova teoria. 1. Es: istanza originaria (dalla nascita), è estranea alla coscienza e descritta come un calderone in ebollizione di energie grezze e non strutturali, quindi istintuali. E’ totalmente inconscia ed è guidata dal processo primario (non va inteso come qualcosa che viene prima)  ha come unico scopo la gratificazione pulsionale del principio di piacere. 2. Io: evoluzione della parte superficiale (perché deve comunicare con l’Es) dell’Es, costituisce il tramite tra l’Es e il mondo stesso. La sua funzione è quella di organizzare le funzioni psichiche che avvengono in superficie e tiene sotto controllo gli eccitamenti che provengono dall’esterno (Es). 3. Super-Io: porta i valori morali organizzati intorno all’interiorizzazione dell’istanza paternale (risalente alla risoluzione del complesso edipico), emula l’ideale dell’Io e gran parte di questa istanza è inconscia. L’Io con l’aiuto del Super-Io mantiene rimossi gli istinti dell’Es e la pressione esercitata da quelli crea i sintomi nevrotici. L’Io, inoltre, di destreggia tra i 3 tiranni (Es, Super-Io e realtà esterna), se riesce a destreggiarli è salute, se si fa vincere è patologia. L’Io può agire contro l’Es ricorrendo all’angoscia, un segnale di dispiacere che può bloccare l’impellenza pulsionale. L’ANGOSCIA: in “Inibizione, sintomo e angoscia” Freud individua nell’angoscia la chiave per comprendere la patologia  questa segnala il pericolo interno e i sintomi vengono creati per evitare la situazione di pericolo segnalata dallo sviluppo dell’angoscia stessa. Nell’INTRODUZIONE ALLA PSICOANALISI Freud delimita con chiarezza i rapporti tra le istanze psichiche e sostiene come la PSICOSI (distacco dalla realtà) deriva dal fatto che il rimosso inconscio diventa troppo forte da sopraffare il conscio  la realtà è così tormentosa che l’Io, sentendosi minacciato, si immerge nelle forze pulsionali (ha perso contro il tiranno della realtà). Il principale compito della terapia psicoanalitica è di rafforzare l’Io. LAVORO ONIRICO Come nell’atto mancato, l’elemento onirico è qualcosa di improprio e un sostituto di qualcosa che l’individuo ha vissuto e conosce. Nell’analisi del sogno bisogna cercare più in profondità di quello che il sognatore racconta, ciò che sta sotto la narrazione. Il contenuto onirico latente protegge il sonno del soggetto da stimoli di natura esterna ovvero sete, dolore, suono della sveglia ecc. che sono impressioni sensoriali notturne che possono alterare il contenuto manifesto ma non hanno effetto riconoscibile sulla nostra mente, e stimoli di natura interna, come il residuo diurno e gli impulsi provenienti dall’Es, il rimosso. Lo scopo del sogno è la scarica di energia psichica associata al contenuto latente e, quest’ultimo, è trasformato in manifesto tramite i quattro meccanismi del lavoro onirico: 1. Condensazione: i vari pensieri latenti si combinano in un unico elemento di sintesi. 2. Spostamento: per evitare che l’immagine sia troppo perturbante, parte dell’energia viene spostata in un contenuto insignificante e meno pericoloso, quindi tollerabile, della vita quotidiana. 3. Rappresentazione plastica: definisce il sogno come costituito da immagini e impressioni visive alla quale il sognatore attribuisce veridicità. Queste prime tre sono modalità di pensiero arcaiche e pre-logiche. 4. Elaborazione secondaria: aggiunge logicità ai processi primari sopraelencati, il sogno raggiunge una forma che ha un senso e che permette al sognatore di narrarla. NARCISISMO: Il narcisismo dovrebbe essere sempre primario, ovvero autoerotico, come vogliono le fasi dello sviluppo libidico (solo successivamente parte dell’energia viene rivolta verso l’oggetto, la madre che è scelta oggettuale anaclitica); tuttavia quando l’individuo ritira la libido oggettuale dall’oggetto e torna su di sé, si va incontro a un narcisismo secondario (regressione); se l’esterno è per me svalutante, per sopravvivere mi illudo di poter vivere solo “vincendo” sull’oggetto  Freud, nello studio sullo sviluppo del narcisismo, si rende conto di come sia importante la reciprocità delle relazioni nello sviluppo dell’individuo. Il bambino nello sviluppo deve rinunciare all’illusione narcisistica e, al posto dell’Io ideale, si pone l’ideale dell’Io, cioè il modello a cui ambisce di diventare. PUNTO DI VISTA DINAMICO: psicanalisi si basa su necessità di comprendere e spiegare le forze che sono in conflitto reciproco dalle quali derivano i processi psichici. I conflitti sono sempre presenti ma diventano patogeni quando tra le forse in gioco si generano uno scompenso. ANNA FREUD Anna nasce come educatrice con formazione psicoanalitica e abbraccia completamente la formazione e impostazione metapsicologica del padre e decide di applicarla all’osservazione dello sviluppo del bambino (al contrario di Freud che non li osservava direttamente); trattando i bambini sin dalla prima infanzia da una maggiore attenzione al ruolo dei genitori e osserva il loro sviluppo fino all’adolescenza. Nel 1937 instaura una scuola materna per bambini socialmente svantaggiati  pone l’attenzione anche nelle famiglie senza genitori o con uno solo, studiando come questo influisce sullo sviluppo del bambino. Anna, a differenza di Melanie Klein, pensa che i bambini non possano essere psicoanalizzati in quanto hanno un Io troppo immaturo. Anna ascrive al ruolo dei meccanismi di difesa privandoli dell’espressione patologica che invece gli dava il padre  i meccanismi di difesa non sono di per sé patologici ma, entro certi limiti, sono funzioni adattive dell’Io, se l’uso è eccessivo o pervasivo, diventano patologici in quanto devono evidentemente contrastare o difendere l’Io da pressioni pulsionali troppo pesanti e generano condizioni patologiche. Inoltre pone attenzione sulla prevenzione della psicopatologia durante l’infanzia  si chiede se sia possibile agire per prevenire determinati disturbi, ci arriverà molto dopo. Si inizia quindi con Anna a pensare ai meccanismi di difesa plastificandoli rispetto alla loro complessità e dimostrando che alcuni sono talmente complessi che non possono essere rilevate in un bambino, ma che emergono nel corso dello sviluppo in relazione allo sviluppo del bambino  deduzioni costruite attraverso l’osservazione diretta dei bambini. Oltre all’osservazione dei bambini, Anna sviluppò un protocollo osservativo con degli assunti di base forti sullo sviluppo psicosessuale; sviluppa inoltre un approccio evolutivo che, andando di pari passo con la crescita del bambino, spiega sia le traiettorie di sviluppo tipico che quelle di conseguenza patologica. MECCANISMI DI DIFESA: Anna, osservando i bambini, ha avuto la possibilità di capire quali meccanismi arrivassero ad un certo punto dello sviluppo e propone un tentativo di sviluppare una sequenza cronologica dei meccanismi di difesa, all’interno di questa ha un ruolo importante la dimensione evolutiva; attraverso l’osservazione di questa sequenza possiamo comprendere se un meccanismo di difesa sia normale o meno. Per esempio, riguardo le regressioni, diceva che queste fossero adattive in quel momento in quanto risposte allo stress, ci si deve preoccupare se il bambino si ferma e rimane consolidato in quel meccanismo. I meccanismi di difesa possono consentire all'Io di limitare, tramite il loro aiuto, lo sviluppo di angoscia e dispiacere. Quindi, quando l'angoscia emerge, il meccanismo di difesa dovrebbe andare a placarlo. I meccanismi di difesa consentono armonia tra Es, Super-Io e le forze del mondo esterno; dell’inconscio possono essere conosciuti solo i derivati (mediati a loro volta dall’Io). Se l’Io e l’Es sono in armonia, l’Io non necessariamente interviene per soffocare quegli impulsi, li tollera se sono ancora gestibili (sta lì come se fosse un osservatore). Quindi: l'Es ha degli impulsi → c'è un "cut-off" sopra cui l'Io deve intervenire. Se l'Io non sente questi impulsi come soverchianti, angoscianti (in quel caso angoscia → segnale → interviene), sta lì e osserva che questi impulsi si auto-esauriscano. Non c'è più l'idea dell'Es come "calderone in ebollizione", ma come qualcosa che l'Io conosce di avere ma non necessariamente lo disturba, entro certi limiti. Il problema avviene solo se il passaggio di questi impulsi creano dei conflitti e, di conseguenza, angoscia: succede quando questi impulsi sono troppo inaccettabili. Per proteggere i propri confini, l'Io attiva inconsciamente i meccanismi di difesa, come misura difensiva, agendo sull'Es per modificarlo e ridurre quella situazione. Quest'azione dell'Io risente anche dell'intervento del Super-Io (che agisce sempre, come del resto le altre istanze). Con Anna l’apparato psichico acquisisce una dimensione più articolata perché ancora più comprensiva della sua complessità  i meccanismi di funzionamento hanno diverse sfumature che vanno pensate rispetto al loro contesto e all’età del bambino. I meccanismi di difesa sono: 1. Rimozione: mantiene fuori dalla coscienza tutto quello che viene vissuto come inaccettabile o pericoloso per l’Io; esclude dalla consapevolezza ciò che deve arrivare al conscio e anche quel contenuto affiorato alla coscienza (si attiva il segnale d’angoscia) che viene rimosso. Non si è mai consapevoli mentre si rimuove. La rimozione ha un dispendio energetico costante in quanto va mantenuto rimosso costantemente (energia sia nell’azione iniziale di rimozione che durante il mantenimento). La rimozione è di due tipi: (a) – Rimozione primaria: quella delle fasi precedenti alla risoluzione del complesso edipico. (b) – Rimozione secondaria: meccanismi di funzionamento più articolati in quanto il bambino, nel frattempo, ha la possibilità di operare a livello cognitivo affettivo dei processi di pensiero più articolati. E’ un meccanismo adattivo e, quando fallisce, interviene l’angoscia e si crea un sintomo come compromesso: il sistema si auto conserva e l’obbiettivo è quello di rimanere a contatto con la realtà (compromesso diventa sintomo). 2. Dissociazione: tipica di disturbo borderline. L’esperienza viene messa da parte ma intrude nella coscienza in quanto si porta appresso il carico emotivo disturbante. 3. Regressione: a seguito di una difficoltà esterna o interna, la persona torna alle modalità di funzionamento precedenti a quelle della fase in cui si trova; come il padre Anna pensa che ogni dimensione stadiale ha la sua modalità di funzionamento. Ne esistono di due tipi: (a) – Regressione libidica: ritirare la libido a una fase precedente. (b) – Regressione dell’Io: presuppone il ritorno alla modalità di funzionamento del livello precedente; l’Io che si è fortificato nel tempo riesce a gestire meglio il rapporto con la realtà e le richieste funzionale, regredisce  diminuirà queste sue capacità e la relazione con la realtà esterna. 4. Formazione reattiva: desiderio, fantasia o sentimento che si percepisce come inaccettabile che inconsciamente viene trasformato nel suo contrario. (ex. profonda antipatia che si prova quel qualcuno viene trasformata in un comportamento eccessivamente condiscendente; l'individuo è consapevole della sua condiscendenza ma inconsapevole del motivo che sta sotto di essa, il processo con cui si è arrivati a quella condizione è inconscio). Una forma estrema è il disturbo ossessivo compulsivo (nevrotico)  il fatto di lavarsi costantemente secondo anna cela un’inconscia volontà di sporcare; potrebbe essere legata alla fase anale  nello sviluppo delle fasi psicosessuali, Freud afferma che le vicissitudini che possono caratterizzare le varie fasi possono plasmare la personalità dell’individuo  un’educazione troppo severa/anticipata rispetto a quello che il bambino può fare, ad ex., rispetto al controllo sfinterico, può portare ad un desiderio contro-fobico di sporcare che, essendo una cosa che non "devi" fare – Super-Io, internalizzazione dei genitori –, porta a trasformare al contrario questo desiderio che, cristalizzandosi, può andare questo OCD. 5. Isolamento dell’affetto: dimensione affettiva legata ad un evento traumatico; l’individuo ricorda l’episodio per come è andato ma non sa immediatamente mettere apposto gli affetti legati a quell’esperienza perché troppo invalidanti. FINIRE DI COPIARE APPUNTI E SLIDE MARGARETH MAHLER Psicologia dell’Io Pediatra e psicoanalista formatasi a Vienna, chiarì le caratteristiche normali e patologiche del processo di sviluppo del bambino. Prima di lei la psicoanalisi era considerata inutile con persone che soffrivano di disturbi più gravi, come la psicosi  mentre il nevrotico, sdraiato sul lettino dell’analista, poteva sospendere le funzioni dell’Io e dire tutto ciò che gli veniva in mente (per quanto apparentemente illogico), per poi tornare al suo normale funzionamento dopo la seduta, lo psicotico sembrava invece perso sin dall’inizio nel proprio mondo di fantasie private e illogiche. Colloca la nascita psicologica (circa intorno ai ¾ mesi di vita) in un processo di progressiva acquisizione di un senso di identità individuale e un sé differenziato  la nascita psicologica NON coincide con quella biologica ma è il frutto di un lungo processo che vede i cambiamenti del bambino in corrispondenza della maturazione sensori-percettiva che culmina intorno ai 6 mesi. Questa nascita psicologica si svolge lungo due linee evolutive complementari: separazione e individuazione. I due concetti fondanti della teorizzazione mahleriana sono: 1. Sin dalla nascita il bambino si sviluppa all’interno di una matrice diadica che condivide con la madre ma, quest’ultima, ha già una mente individualizzata e modelli difensivi consolidati a cui il bambino fa riferimento (va pensato come plasmabile, si adatta all’esterno e l’esterno per lui è la figura materna). 2. Relazione oggettuale: conquista evolutiva che deriva dal superamento dello stato narcisistico primario, questa conquista evolutiva non è data dalla nascita ma da quando cominci a individualizzarti e vedere l’oggetto come esterno. CAMMINO EVOLUTIVO DEL BAMBINO 1. FASE AUTISTICA NORMALE: primi due mesi, l’autismo in senso patologico riguarda questa fase che è del normale sviluppo. Si presuppone che ogni bambino la attraversi fisiologicamente e obbligatoriamente; dopo il microcosmo uterino, il bambino necessità di continuità ed è quindi avvolto in una sorta di “matrice extrauterina” (il corpo della mamma che lo allatta) e che lo protegge dagli stimoli provenienti dall’esterno  è un qualcosa che i genitori fanno intuitivamente, lo mantengono in uno stato in cui è gratificato in tutti i suoi bisogni fisiologici primari, è in uno stato prevalentemente letargico. In questo stato prevalgono i bisogni fisiologici rispetto a quelli psicologici: la sollecitudine delle cure materne garantisce il mantenimento dello stato di investimento libidico primario del bambino  narcisismo primario; riprende il concetto Freudiano ma lo legge in un’altra chiave  il narcisismo primario è uno stato di autoconservazione garantito da qualcuno, non più un investimento libidico autoerotico  non essendo il bambino in grado di riconoscere la madre come oggetto esterno e come fonte di soddisfacimento e regolazione omeostatica dei propri bisogni fisiologici, il bambino stesso sperimenta uno stato di autosufficienza derivato da vissuti di onnipotenza allucinatoria. Grazie alle cure materne il neonato è gradualmente condotto verso una primordiale consapevolezza dell’ambiente esterno  obiettivo evolutivo di questa prima fase è il raggiungimento e mantenimento dell’omeostasi. 2. FASE SIMBIOTICA NORMALE: dal secondo mese di vita, l’involucro si comincia ad affievolire perché inizia ad emergere una vaga consapevolezza dell’esterno (madre) come oggetto in grado di ridurre tensioni e soddisfare i bisogni, come se fosse una persona che vive in simbiosi con il bambino, sperimenta uno stato di fusione indifferenziata con la madre, un’unità duale e un unico sistema onnipotente. In questa fase la preoccupazione materna agisce al pari di “un organizzatore simbiotico” che sostiene la successiva individuazione del bambino. Questo stadio è pre-oggettuale e infatti la sintonia tra i bisogni del bambino e le cure materne garantiscono il raggiungimento dell’equilibrio psico-fisiologico da cui dipendono i processi di differenziazione primitiva tra interno ed esterno  la capacità di percepire l’altro come differenziato da se si esplica attraverso la progressiva maturazione delle capacità sensoriali che permettono le “percezioni a distanza”  indicatore di questa abilità è il sorriso sociale specifico rivolto alla madre che testimonia l’emergente capacità del bambino di familiarizzare con quella che percepisce come la parte materna del suo Sé simbiotico. Parallelamente a questo processo si cristallizzano delle isole di memoria caratterizzate da qualità piacevoli o spiacevoli dell’esperienza; queste tracce mnemoniche rappresentano i precursori delle immagini parziali “buone” o “cattive” del Sé e della madre che connoteranno poi l’ambivalenza affettiva durante il secondo anno di vita. La massima conquista evolutiva di questa fase è rappresentata dall’investimento della madre; parallelamente al delinearsi del legame affettivo con la madre nel bambino inizia a svilupparsi una primitiva immagine corporea. 3. PROCESSO DI SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE: Dal 4/5 al 36 mese circa. (a) DIFFERENZIAZIONE: il bambino è maggiormente reattivo agli stimoli esterni e si prolungano i periodi di veglia  maturazione delle capacità sensori- percettive. Lo sviluppo del Sé corporeo viene sostituito da un maggior investimento esterocettivo mediato dai canali sensoriali periferici e dal progressivo distanziamento dal corpo della madre (quando viene tenuto in braccio si gira e guardare il mondo esterno ecc.). Questo stadio si manifesta attraverso tre processi fondamentali: o SCHIUSURA: schiusura della diade, ha superato la fase simbiotica; bambino alterna la focalizzazione dell’attenzione sull’ambiente esterno e poi di nuovo sulla madre (porta alla scoperta dell’oggetto terzo). o ISPEZIONE DOGANALE: capacità di esplorazione a livello tattile e visivo il volto della madre (in maniera giocosa) e delle persone non familiari (in modo più serio e mosso da curiosità). o RIVOLGERSI INDIETRO E GUARDARE LA MADRE: il bambino inizia a confrontare visivamente la madre e l’altro, il familiare e il non familiare  comparsa dell’angoscia dell’estraneo: testimonia la capacità del bambino di distinguere il volto materno da quelli non familiari e rappresenta un indicatore delle vicissitudini dello sviluppo precedente. I bambini, infatti, che hanno sperimentato un’esperienza simbiotica normale sviluppano una “fiduciosa aspettativa” che consente l’esplorazione dell’estraneo con curiosità e stupore; le manifestazioni tipiche dell’angoscia dell’estraneo (quelle descritte da Spitz) sono rilevabili solo nei bambini con compromissioni nella fase simbiotica. (b) SPERIMENTAZIONE: dai 10 ai 16/18 mesi; può instaurarsi a partire dalla presenza, nel bambino, di tre nuove abilità  differenziazione dal corpo della madre, instaurazione di specifico legame con lei, sviluppo e funzionamento degli apparati autonomi dell’Io (mobilità, memoria, percezione...) in stretta prossimità della madre. La differenziazione dal corpo materno è fisica in quanto il bambino si allontana da lei, ma questa distanza porta all’instaurazione di uno specifico e intenso legame con lei in quanto sa che, dopo essersi allontanato, può tornare da lei perché sarà lì. Le nuove capacità motorie del bambino fanno crescere in lui la curiosità ma allo stesso tempo sente il bisogno di tornare dalla madre per una sorta di “rifornimento affettivo”; nell’attività di esplorazione si manifesta nell’ansia da separazione (non patologica) che è funzionale in quanto gli fa capire l’importanza dell’oggetto d’amore e anche il suo limite. Questa viene regolata da complesse strategie compensatorie: l’oggetto transizionale  un surrogato materno che rappresenta la mamma anche nella sua assenza (copertina, ciuccio), è il precursore della permanenza dell’oggetto ed è un complesso esercizio di funzioni psichiche (rappresentazione astratta dell’oggetto materno). Il fatto che la madre ci sia quando il bambino torna, porta nel bambino la consapevolezza che lei c’è anche quando non è fisicamente presente. La successiva acquisizione della deambulazione eretta allarga l’orizzonte del bambino che vive von entusiasmo le proprie accresciute potenzialità di esplorazione autonoma. (c) RIAVVICINAMENTO: 16/18 ai 24 mesi, la capacità di deambulazione da un lato accresce la consapevolezza della propria separatezza, dall’altra amplifica l’ansia di separazione  bimbo può diventare esitante e desiderare che la propria madre resti nel suo campo visivo per condividere con lei ogni nuova attività o esperienza. Il principale compito adattivo è l’integrazione della ambivalenza affettiva (paura di perdita dell’amore della madre suscita sentimenti di amore che di rabbia)  in questa fase risulta fondamentale la capacità della madre di promuovere l’individuazione del figlio attraverso il sostegno delle sue spinte separative e allo stesso tempo l’accoglimento amorevole delle sue iniziative di riavvicinamento. L’incapacità materna di tollerare il distacco interferisce con lo sviluppo infantile intensificando o inibendo l’angoscia di separazione (può avere il bambino quindi difficoltà ad allontanarsi fisicamente dalla madre o non mantenere una vicinanza di sicurezza nelle situazioni sconosciute o pericolose). L’obbiettivo finale è la competenza di ricercare soluzioni individuali per risolvere le crisi e acquisire specifiche caratteristiche di personalità. La risoluzione del conflitto di riavvicinamento viene facilitata dalla capacità di individuare una distanza ottimale dalla madre grazie allo sviluppo del linguaggio (che crea simboli) e alle nuove possibilità offerte dal gioco simbolico (proietta rituali e ripropone le cose che succedono durante la giornata, esprime anche desideri e fantasie). (d) COSTANZA DELL’OGGETTO: dai 24 ai 36 mesi, è ereditario del pensiero simbolico. Il senso di individualità è associato alla capacità di separarsi dai genitori (e dalla consapevolezza di poter fare riferimento a loro se necessario) e si stabilizza parallelamente alla maggiore capacità di instaurare rapporti con figure alternative. Non indica solo la capacità di rappresentare mentalmente un oggetto assente, ma implica soprattutto il superamento dell’ambivalenza affettiva attraverso l’integrazione dell’oggetto buono e cattivo in un’unica rappresentazione mentale. Questo consente al bambino di sostituire la madre momentaneamente assente con un’immagine interna che infonde sicurezza e gli consente di tollerare meglio la separazione. TEORIA SULLA GENESI DELL’AUTISMO Erano state create teorie psicoanalitiche giudicanti il comportamento genitoriale che portavano alla conclusione che i bambini autistici erano sempre figli di famiglie alto borghesi e con madri anaffettive; era in voga il termine “madre frigorifero” e i figli di questo tipo di madre, temendo di essere coinvolto in quella sfera anaffettiva e fredda, si creavano una “fortezza” in cui rifugiarsi. La Mahler si contrappone a questa teoria dicendo che le manifestazioni autistiche sono di diversa gravità e che non derivano dalla freddezza materna, bensì dalla stretta interdipendenza tra vari fattori: - Fattori costituzionali del bambino - Qualità della relazione precoce con la madre (che non è causa dell’insorgenza bensì del peggioramento) - Fattori traumatici che potrebbero essere gi presenti a livello intrauterino o insorgere nei primi mesi di vita. Questo approccio multifattoriale ha rivoluzionato il clima di colpevolizzazione della figura materna, nel 1967 sottolinea come le psicosi non insorgessero in bambini normali ma in quelli già vulnerabili costituzionalmente verso uno sviluppo psicotico, come se fosse un percorso altro già programmato. LA SINDROME AUTISTICA: è la forma più severa, mancano le caratteristiche della fase autistica normale  non avendo capacità di muoversi alla fase successiva, sono assenti in maniera completa le capacità di differenziazione dell’Altro (assenza di differenziazione tra il Sé e il mondo oggettuale), non è neanche in grado di abbozzare l’esistenza simbiotica  il bambino quindi cerca di mantenere e consolidare la barriera allucinatoria che viene tipicamente utilizzata nelle prime settimane di vita per difendersi dalle stimolazioni sensoriali esterne. LA SINDROME SIMBIOTICA: è riuscito a progredire a questa fase ma si è fermato qui, non accede alla differenziazione ultima; possiede un’embrionale consapevolezza che il soddisfacimento dei suoi bisogni provenga dalla madre ma è esperita come parte dell’unità duale onnipotente. Questa percezione vaga crea nel bambino l’angoscia di perdere o di non conseguire un’esistenza separata  al fine di lottare contro le ansie di annientamento il bambino si rifugia nel legame simbiotico che gli garantisce sentimenti di onnipotenza. RENE’ A. SPITZ Psicologia dell’Io Nasce a Vienna, nel 1938 si trasferisce negli USA e nel 1957 ottiene la cattedra. Il suo celebre lavoro Hospitalism mette in luce come la realizzazione del potenziale psicologico innato con il quale l’individuo viene al mondo non è realizzabile in assenza di legami emotivi con un’altra persona. I principali contributi di Spitz: - Piano teorico  preso parte alla psicoanalisi evolutiva focalizzandosi sulle funzioni dell’Io che consentono al bambino di acquisire consapevolezza della figura materna e aver individuato l’importanza delle cure materne e le conseguenze della loro mancanza sulla sopravvivenza mentale e fisica del bambino. - Piano metodologico  introdotto il metodo sperimentale nell’osservazione dello sviluppo infantile per la costruzione di ipotesi psicoanalitiche. LA DEPRIVAZIONE MATERNA: L’OSPITALISMO Grazie all’osservazione di bambini ospiti, sin dalla nascita, degli orfanotrofi, Spitz rilevò come l’accudimento che gli veniva offerto si esaurisse solo nel soddisfacimento dei bisogni fisiologici primari  trascorrevano la maggior parte del tempo da soli, non avevano possibilità di stabilire un rapporto preferenziale con una figura significativa o di essere coinvolti in interazioni affettuose continuative  tutta questa deprivazione portava alla condizione patologica dell’ospitalismo caratterizzata da ritardi in tutte le aree di funzionamento del bambino. E’ necessario che “l’equipaggiamento innato” sia ravvivato dall’interazione e relazione con la madre  solo una relazione reciproca può fornire il fattore esperienza nello sviluppo del bambino, deve essere uno scambio circolare attuale nel quale l’affetto gioca il ruolo più importante. DEPRESSIONE ANACLITICA: I bambini bruscamente separati dalla propria madre dopo aver instaurato un rapporto con lei nei primi sei mesi; la separazione durava più di 3 mesi e i bambini iniziavano a manifestare tristezza, ritiro, insonnia e alterazioni nella coordinazione oculare e anche rifiuto a nutrirsi; entro la fine del secondo anno di vita 1/3 di questi moriva e quelli che sopravvivevano fino al quarto anno non riuscivano a stare seduti, a camminare o parlare; se le madri tornavano entro il terzo mese questo processo di arresto dello sviluppo affettivo e motorio si invertiva. OGGETTO LIBIDICO E FUSIONE PSICOLOGICA NUOVA CONCEZIONE DEL CONCETTO DI OGGETTO LIBIDICO  Freud intendeva l’oggetto libidico come l’obiettivo attraverso il quale veniva scaricata la tensione pulsionale, donando gratificazione; in questo senso la madre è un qualcosa a cui viene attaccata la sensazione di piacere portata dalla scarica. Spitz, invece, definisce la madre non come oggetto per la scarica, ma come la meta in sé  questa ridefinizione è stata ottenuta attraverso osservazioni longitudinali sui bambini con somministrazione di test. Spitz conserva quindi l’idea Freudiana della libido orientata al piacere ma introduce una nuova dimensione per la quale la libido è orientata alla ricerca del piacere per “quello che di piacevole arriva dai legami”  prendersi cura di qualcuno e ricevere quelle cure è piacevole e deriva da una serie di capacità dell’Io L’oggetto libidico non è semplicemente un “mezzo” per il “fine” della scarica pulsionale, dal momento che procura il legame umano essenziale nell’ambito del quale avviene lo sviluppo psicologico. Introduce il concetto di fusione psicologica per descrivere lo stato di fusione tra bambino e madre dopo la nascita  alla nascita il bambino viene separato bruscamente dalla madre e va incontro ad una serie di stimoli che non è ancora in grado di regolare; la madre diventa un Io ausiliario perché lo protegge dal surplus di stimoli finché non riesce a gestirsi in modo autonomo. Fin dalla nascita, infatti, esiste un principio di regolazione omeostatica che cerca di tenere i livelli di tensione pulsionale entro un range ottimale, questi processi vengono raffinati durante lo sviluppo seguendo una progressione della maturazione che è filogeneticamente data, questo sviluppo non è tuttavia lineare; nel corso della crescita si creano delle asincronie tra il progredire della maturazione ed il costante mutamento dovuto allo sviluppo  queste corrispondono ai periodi critici dello sviluppo nei quali DEVONO svilupparsi degli ORGANIZZATORI PSICHICI ovvero sistemi di ristrutturazione della vita mentale e comportamentale. FUNZIONI DELL’IO E ORGANIZZATORI PSICHICI Durante i periodi critici i metodi utilizzati finora PERIODO per scaricare la tensione sono inadeguati e serve ORGANIZZATO CRITICO elaborare nuove e più adeguate modalità di RE scarica. L’organizzatore ristabilisce la progressione sincronica finché la successiva a sincronicità non diventa talmente frustrante da doverne trovare una più complessa modalità di gestione della tensione; ad ogni organizzatore corrispondono indicatori comportamentali che documentano la complessità psichica crescente, segnando i punti di svolta evolutivi. SENSASZIONI CENESTETICHE: Alla nascita  stato di indifferenziazione tra Io ed Es  sensazioni del bambino non ancora percezioni perché presumono una capacità discriminativa che si sviluppa solo con l’esperienza, la madre funge da Io ausiliario in quanto è elemento regolatore esterno per il bambino, regolatore delle sue tensioni ed equilibrio psicofisiologico. PERCEZIONE DIACRITICA: percezione discriminata, il punto di partenza è la bocca che è l’organo che permette percezione tattile e distali  durante l’allattamento il bambino è nutrito e può guardare il volto materno, affiancando percezione tattile ravvicinata e percezione visiva a distanza, è una prima discriminazione rudimentale; la madre comincia ad essere sentita anche se non ancora percepita. La madre media l’esperienza del bambino costruendo quegli schemi ripetitivi nel quotidiano che il bambino gradualmente impara a riconoscere come prevedibile e rassicurante  è un’influenza reciproca in quanto la madre riconosce empaticamente i bisogni del bambino e li soddisfa, il bambino riceve il significato degli stimoli che altrimenti avvertirebbe come disorganizzati (fame, sete…). Solo tramite il dialogo continuo tra madre e bambino si può passare a modalità discriminative diacritiche  questo passaggio avviene con la comparsa del primo organizzatore. Il fatto che la madre questo tipo di empatia è una forma di regressione al suo passato da bambina che è in questo caso funzionale ed adattivo, non come pensava Freud. I ORGANIZZATORE L’indicatore è il sorriso indifferenziato. Al partire dal secondo mese si manifesta questo tipo di sorriso che trasforma il dialogo da base biologica ad esperienza sociale; si chiama “Indifferenziato” perché il bambino risponde ad una qualunque configurazione facciale purché rappresenti una gestalt frontale ed in movimento con due occhi, naso e bocca. Questo indicatore segnala il passaggio recezione stimolo interno  percezione esterno, ha quindi raggiunto la capacità di indirizzare il movimento in direzione del principio di realtà e non più funzionamento incondizionato. Si delineano le prime tracce mnestiche degli scambi interattivi con la madre: ciò è dimostrato dal fatto che la percezione visiva della faccia anticipa (poiché conservata nella traccia mnestica) la risposta piacevole all’accudimento attivo e gratificante dell’adulto. Questi processi sono dei precursori del pensiero e testimoniano la formazione di un Io rudimentale. Man mano che i compiti evolutivi si fanno più complessi e che vengono percepiti dalla periferia, l’Io deve fare da filtro. Il passaggio da percezione interna ad esterna segna il passaggio da passività a attività  capacità di avviare relazioni sociali. Tra 3 e 8 mese si stabilisce l’oggetto libidico vero e proprio con la fusione delle pulsioni libidiche e aggressive  il bambino realizza che l’oggetto buono (gratificante) e quello cattivo (frustrante) sono la stessa persona; mano a mano che le tracce mnestiche di gratificazione e dell’oggetto gratificante continuano ad accumularsi, diviene anche possibile posticipare la scarica pulsionale e dunque iniziare ad interporre il pensiero all’azione. II ORGANIZZATORE In virtù della crescente complessità della percezione visiva il bimbo diviene sempre più consapevole della sua specifica madre e l’estraneo o maschera non fanno più uscire il sorriso ma bensì ritiro o pianto  l’angoscia dell’estraneo è l’indicatore che testimonia una maggiore complessità psichica in quanto non reagisce a ciò che vede (estraneo) ma al fatto che non vede la madre, questo significa che la madre è stata interiorizzata; segnala quindi l’acquisizione delle capacità psicologiche che rendono possibile l’attaccamento. Per gestire l’angoscia della separazione dalla madre, il bambino usa delle strategie tra le quali: o Capacità di mantenere la vicinanza con la madre avvicinandosi a lei o richiamandola attivamente. o L’imitazione della madre che è il precursore dell’identificazione e indica il tentativo di rifornirsi della gratificazione dell’oggetto. Con l’aumento della locomozione  abilità di esplorazione attiva dell’ambiente anche se ha ancora bisogno di percepire la presenza della madre. Assume importanza la percezione uditiva in quanto con la voce, la madre indica al bambino la propria presenza e può ammonire il bambino con il “no” accompagnato dallo scuotimento della testa. III ORGANIZZATORE Questo è la padronanza del no; ogni no della madre costituisce una frustrazione sperimentata come proibizione e che interrompe un’iniziativa autonoma  forza il bambino a tornare ad una passività, il dispiacere causa conflitto e una spinta verso l’aggressività: il bambino si rende conto che è proprio l’oggetto libidico a causare il dispiacere e per risolvere il conflitto si identifica con l’aggressore e inizia anche lui a scuotere la testa dicendo no. Spitz sostiene come, già durante la gravidanza, la donna si prepari a partecipare allo scambio affettivo con il neonato. Tali processi sono sostenuti da alcuni meccanismi regressivi (del tutto normali e funzionali) che riattivano nella madre modalità di funzionamento di tipo cenestesico. Se la madre ha raggiunto la fase evolutiva della genitorialità, mostrando capacità empatiche e di regressione al servizio dell’Io, allora la regressione può essere transitoria EDITH JACOBSON Psicologia dell’Io Il suo contributo è stato quello di delineare lo sviluppo dell’identità a partire non solo dall’Io, ma anche del sé, considerato come la nostra persona nella sua interezza di cui fa parte anche l’Io ma solo come istanza cognitiva; risulta comunque forte l’aderenza al modello Freudiano, per questo è inserita nel contesto della psicologia dell’Io. Anche lei prevede uno sviluppo stadiale nel quale sono presenti però delle deviazioni che, se non vengono risolte, portano all’insorgere della psicosi; se la conflittualità avviene in fase precoce, la patologia sarà peggiore rispetto a se arrivasse in una fase più successiva. La Jacobson delinea tre costrutti: 1. Io: rappresenta una struttura della personalità e riprende il concetto di Hartmann  l’Io è un’istanza cognitiva, l’Es è tutto l’individuo ed entrambi nascono come una matrice indifferenziata per poi emergere distintamente nel corso dello sviluppo. 2. Sé: unità psicofisica, corporea e mentale, è l’esperienza di noi stessi e la sensazione di noi stessi che abbiamo individualmente. 3. Rappresentazioni del Sé: immagini mentali del sé, quello che mi “serve” per descrivermi, comprende la rappresentazione anche degli altri sé e quindi come li descrivo e come me li immagino; è incluso nell’Io in quanto quest’ultimo ha delle funzioni che hanno a che fare con i processi di proiezione e descrizione. Vengono chiamati “rappresentazioni” in quanto non sono reali ma sono sperimentati, il sé è reale. Questa complessificazione non è presente dalla nascita ma è data dall’evoluzione da uno stadio primitivo a quelli via via più complessi. LA SEQUENZA EVOLUTIVA I semestre La Jacobson ipotizza che durante la vita intrauterina le pulsioni libidiche ed aggressive siano indifferenziate in una matrice psicosomatica e che quindi non siano differenziate  questa matrice costituisce il Sé primario psicofisiologico, un’immagine di sé rudimentale e primitiva (“fisiologico” e “somatico” poiché il bambino nell’utero percepisce le sensazioni di dimensione somatica)  questo sé rudimentale esiste perché effettivamente c’è un altro di cui non si ha conoscenza ma che si percepisce a livello biologico. A partire dalla nascita si iniziano ad aprire i canali verso l’esterno, grazie alla stimolazione appunto esterna; essendo che pulsione libidica e aggressiva sono ancora indifferenziate, vengono scaricate all’interno, proprio perché l’esterno non è ancora compreso  essendo uno stato indifferenziato, la Jacobson ritiene che non sia possibile parlare di narcisismo primario (libido rivolta contro il sé) o di masochismo primario (aggressività rivolta contro il sé) in quanto questi due implicano una differenziazione delle pulsioni che in realtà non c’è. Quand’è allora che si differenziano le pulsioni psichiche? DIFFERENZIAZIONE DELLE PULSIONI PSICHICHE Nel primo semestre di vita il bambino acquisisce man mano la capacità di rispondere agli stimoli ambientali e di scaricare le tensioni pulsionali verso l’esterno  essendo che sta crescendo, la madre piano piano smette di soddisfare ogni bisogno del bambino nell’immediato (come invece avveniva ad esempio nella vita intrauterina) e questa mancanza induce un numero sempre maggiore di frustrazioni e con queste le prime risposte aggressive. Non si è ancora in grado di costruire delle rappresentazioni distinte di sé e dell’oggetto MA è possibile la distinzione degli stati affettivi di piacere (pulsione libidica) e frustrazione (aggressiva). La pulsione libidica viene scaricata verso l’interno (in quanto funzionale all’omeostasi perché ci regola positivamente), quella aggressiva verrà scaricata verso l’esterno (per mantenere l’omeostasi interna positiva)  questa differenziazione porterà a due modalità di relazione. A partire dalle tracce mnestiche delle esperienze gratificanti o frustranti emergono immagini degli oggetti d’amore e del sé psichico e corporeo che sono vaghe e variabili, man mano si stabilizzeranno e diventeranno realistiche  è di nuovo importante il concetto di relazione poiché in base all’esperienza di quella si iniziano a costruire queste immagini. Durante questo differenziamento ha importanza la fase orale che prende una nuova accezione non implica solo una modalità di scarica come diceva Freud ma ha a che fare di più con il rapporto con l’ambiente esterno e l’oggetto: le prime frustrazioni dovute alla “mancanza” di qualcosa è il nutrimento; il bambino infatti si relaziona con il seno non per una scarica ma perché gli fa da base per fare esperienza gratificante. Grazie a questa differenziazione si iniziano a creare le prime aspettative relazionali: la gratificazione che ricevo dalla mamma, anche se non riesco ancora a riconoscere l’altro, mi fa capire che è una bella esperienza e quando si ripropone con qualcun altro (di cui non ho consapevolezza ancora) la riconosco come bella esperienza, stessa cosa con il discorso della frustrazione  da qui i prototipi delle relazioni che possono essere di tipo incorporativo se prevale gratificazione, espulsivo se prevale la frustrazione  Le due diverse direzioni delle pulsioni (interno-esterno) sono sostenute all’interno della relazione materna e quando si consolidano, se al bambino arriva qualcosa di buono, lo fa influire con la modalità incorporativa, al contrario lo fa defluire con una reazione aggressiva verso l’esterno con la modalità espulsiva se gli arriva qualcosa di frustrante; tutto ciò consente al bambino di imparare a riconoscere le proprie pulsioni e a gestirle. Le modalità di relazione possono dunque essere:  libidiche  in cui cerca la fusione con l’altro attraverso l’introiezione  aggressive  modalità di proiezione, proietto frustrazione sull’oggetto ma anche questa è ancora una fusione in quanto ciò che proietto è mio. Il bambino non è ancora capace di realizzare che esiste un esterno e quindi è incapace di riconoscere la fonte dell’esperienza gratificante: si sente ancora fuso con la madre e si immerge nell’esperienza gratificante e l’imitare la faccia della madre è conferma della fusione. Nel II semestre di vita ha gli strumenti per costruire progressivamente immagini separate dal sé e dall’oggetto. Qui avvengono due processi che il bambino deve saper gestire in quanto tendono nuovamente a far sfumare la distinzione tra sé ed altro: 1. quando prevale la gratificazione: sperimenta le parti buone dell’oggetto e potrebbe percepirle come sue anche. 2. Quando prevale la frustrazione: bambino non riconosce i propri sentimenti negativi e li sperimenta come parti integranti dell’altro. LA PSICOSI Succede perché si verifica un arresto evolutivo che impedisce di raggiungere la separatezza delle immagini del sé da quelle dell’altro, a causa di fattori legati alla forza delle pulsioni orali o di gravi traumi che rendono intollerabile l’abbandono delle fantasie di fusione con l’oggetto. Possono accadere due cose: 1. Regressione al sé primitivo psico-fisiologico caratteristica delle psicosi autistiche e schizofreniche. 2. Mantenimento dello stato di fusione con l’oggetto perché il vissuto di separatezza è così intollerabile che avviene un arresto dello sviluppo della personalità. Nelle fasi successive la maturazione cognitiva e percettiva consolida le distinzioni tra l’immagine del sé e dell’oggetto e sostiene il definitivo instaurarsi dell’esame di realtà che riduce enormemente il rischio di una patologia psicotica grave; in presenza però di frustrazione eccessiva il bambino potrebbe ricercare in via fantasmatica una nuova fusione incorporativa con l’oggetto  essendo che la distinzione si è però consolidata, l’unico modo per mantenere questa fantasia è stabilire un rapporto di dipendenza totale con l’immagine idealizzata dell’oggetto che viene proiettata sull’altro significativo; il bambino può ricavare sostegno narcisistico dall’oggetto idealizzato e significa che la sicurezza e la gratificazione del bambino dipendono dalla possibilità che l’oggetto esterno svolga effettivamente la funzione di sostengo dell’immagine idealizzata che viene proiettata su di esso. Il possibile rischio di una caduta psicotica è però meno grave rispetto a prima in quanto ha già maturato delle capacità cognitive. I pazienti che mostrano un arresto dello sviluppo in questa fase hanno l’esigenza di negare la differenziazione psicologica e la perdita della relazione con l’oggetto idealizzato e sono caratterizzati dalla presenza di fantasie fusionali che si mantengono attive solo fin quando non viene sperimentato un fallimento nella propria esperienza  quando si verifica il paziente può oscillare tra: esaltare la fusione (stabilendo sottomissione masochistica all’oggetto idealizzato) oppure negare la propria dipendenza cercando di affermare la propria autonomia onnipotente dalle relazioni. In assenza di condizioni traumatiche la fase viene superata senza il coinvolgimento di distorsione di prima e si fondano le premesse per l’instaurarsi di una relazione con l’oggetto, del quale si possono apprezzare le caratteristiche reali. Le identificazioni con l’altro reale hanno un valore costruttivo poiché consolidano la struttura dell’Io, favorendo la capacità di rimanere aperti agli influssi della realtà esterna e di coglierne la complessità. HEINZ HARTMANN Psicologia dell’Io Nasce a Vienna e si laurea in medicina; il suo lavoro prende spunto dalla teoria evoluzionistica Darwiniana. Vuole rendere la psicoanalisi una disciplina scientifica e per fare questo ha necessità di costrutti più concreti; non abbandona la posizione Freudiana ma ne rilegge dei costrutti. Secondo Heinz il ruolo delle persone non è fondamentale per la sopravvivenza psicologica  gli esseri umani sono intrinsecamente progettati per adattarsi all’ambiente, non solo per il Sé fisico ma anche per quello psicologico e quindi l’ambiente naturale deve essere adatto all’esistenza psicologica degli esseri umani. La realtà viene dipinta come un sistema ecologico, con il quale l’organismo deve interagire (adattandovisi), al fine di garantirsi la sopravvivenza. Affrontando lo sviluppo psicologico come una questione di evoluzione e adattamento considera solo negli ultimi scritti il ruolo delle persone significative, inteso però come esclusivamente orientato alla sopravvivenza del bambino stesso. Il bambino nasce già con l’Io che però deve gradualmente emergere e deve potersi ambientare all’ambiente; di nuovo Hartmann porta il sistema dell’Io che fa più cose e che ha come obiettivo l’adattarsi alla realtà (attraverso anche i meccanismi di difesa) e il fuori (madre ecc.) che deve essere preimpostato per la sopravvivenza. Adattamento biologico: viene al mondo con una serie di capacità per entrare in relazione con l’ambiente (relazione non affettiva), che fornisce protezione e cura per garantire una sopravvivenza fisica; aspetto affettivo non viene inizialmente considerato. L’istanza che è più in relazione con l’esterno è l’Io che ha delle competenze in più rispetto a quelle pensate finora e vanno aldilà della relazione con l’Es ecc., questo Io è molto più espanso e si esprime nella relazione con l’altro che gli garantisce la sopravvivenza, ha anche delle funzioni autonome che sono messe al servizio dell’adattamento all’ambiente (quindi no pulsioni o conflitti, energie libere nella sfera autonoma, prive di conflitti, se l’ambiente è disposto a farle crescere si utilizzano per la propria sopravvivenza). Nell’adattamento dell’Io la realtà ha un ruolo importante, è concreto e l’organismo ci interagisce. Per dare scientificità alla psicoanalisi serve usare costrutti che sono misurabili. Hartmann dirige la sua attenzione verso lo sviluppo e il comportamento non patologico  “psicodinamica della normalità”. Hartmann rilegge i costrutti Freudiani: 1. AZIONE (comportamento nel mondo reale): originariamente era oggetto di interesse come indicatore attendibile di stati psicodinamici sottostanti, ORA oggetto di osservazione diretta perché testimonia importanza tra individuo e ambiente esterno. Conflitti intrapsichici trascurati in quanto costituiscono un’estrapolazione (non misurabile) rispetto a ciò che può essere osservato dall’esterno. 2. INTELLETUALIZZAZIONE: originariamente intesa come meccanismo di difesa dell’Io per affrontare una richiesta pulsionale inaccettabile, ORA approccio costruttivo e adattivo ai problemi orientato verso la realtà, ragionamento più logico e meno astratto. 3. FANTASIA: originariamente fenomeno regressivo dell’Io in quanto ritiro dalla realtà, ORA asseconda le relazioni dell’individuo con la realtà, l’uso dell’immagine nella fantasia permette un ritiro temporaneo dalla situazione reale e consente un momento di tregua nei confronti dell’ambiente al quale si può tornare con più creative possibilità di adattamento. Atto creativo di adattamento. 4. VALORI: originariamente intesi come un riferimento utile a far fronte alle richieste pulsionali, ORA facilitano la cooperazione sociale e favoriscono la sopravvivenza dell’individuo e della specie (adattamento), non pressioni intrapsichiche ma pressioni sociali adattive finalizzate alla cooperazione sociale. Quello che serve all’uomo per stare nell’ambiente. È molto importante combinare l’osservazione diretta longitudinale della prima infanzia con il metodo ricostruttivo (dati delle ricostruzioni fornite dall’analisi) per sviluppare una teoria psicoanalitica dello sviluppo. PUNTO DI VISTA METAPSICOLOGICO Ancora nella dimensione Freudiana ma l’Io ha una maggiore forza, motivazioni indipendenti dall’Es e dal Super-Io (livello dinamico), ha anche una capacità di autonomia data dal fatto che può decidere quale energia utilizzare, tra queste una riserva che sta sempre messa da parte, deistintualizzata che usa per il proprio funzionamento, in autonomia da quei due (livello economico). A livello topografico  l’Io e l’Es nascono insieme perchè l’istinto è più primordiale (lo hanno anche gli animali, sistema rettiliano) ma solo nell’essere umano successivamente si sviluppa anche l’Io perché all’uomo non basta l’istinto per la sopravvivenza; sviluppati da una matrice comune perché siamo comunque nati animali. L’Io non è una struttura unitaria: “sistema Io”  non è solo un’istanza, è qualcosa di più ampio che possiede delle funzioni ordinate gerarchicamente (da più elementari a più sofisticate) che sono autonome rispetto ai conflitti; gli aspetti razionali, consci e preconsci assumono il focus, l’oggetto di indagine. La differenza tra l’uomo e gli animali è che gli animali istinto dato biologicamente per la sopravvivenza, anche noi lo abbiamo e si osserva già alla nascita ma noi nel corso della filogenesi ci siamo evoluti, abbiamo sviluppato una parte di cervello che gli altri animali non hanno (corteccia prefrontale) che è a servizio dell’Io. Come l’animale, anche l’essere umano se non è in un ambiente confacente per lui, prima si cambia, poi cambia l’ambiente e se non ci riesce se ne va da un’altra parte; perché siamo in una realtà in cui ci dobbiamo adattare  il nostro primo obiettivo è andare verso la realtà e adattarci, poi acquisiamo tutte le altre differenze. L’Io è posto nell’essere umano a servizio dell’adattamento per sopravvivere, ma al contrario degli animali ha maggiore capacità ed è dato da quello che eriditiamo filogeneticamente. L’esterno deve essere mediamente prevedibile, noi nasciamo già con dei canali aperti all’esterno perché con quello dobbiamo adattarci. L’Io è alienato dall’Es anche perché i suoi meccanismi di funzionamento sono contrari a quelli dell’Es. Molte funzioni dell’Io sono primariamente autonome, non derivano dal conflitto e stanno dentro un sistema io e fanno parte di una sfera dell’Io priva di conflitti, questa a conflittualità è così sempre, può però arrivare il conflitto  es. una funzione si può sviluppare bene, poi evento traumatico e quella funziona può frantumarsi anche in via transitoria; ci sono funzioni che possono essere fatte male in alcuni momenti dello sviluppo ma nel corso del tempo può deconflittualizzarsi e diventare un tratto caratteristico della persona  non è detto che tutto ciò che è conflittuale resta e MAI quello che nasce è già conflittuale di sé. NEUTRALIZZAZIONE DELL’ENERGIA La deistintualizzazione è diversa dalla sublimazione  quest’ultima è un meccanismo di difesa (prendo un’energia inaccettabile e la devio verso mete socialmente accettabili), sublimandola la sto spostando non la sto neutralizzando; l’Io attinge all’energia neutralizzata, è una cosa che fa sempre (prende energia dall’Es, la neutralizza e le da alle funzioni libere dai conflitti per farle sviluppare, in quanto hanno proprio bisogno di energia pura per funzionare); si crea una riserva di energia che dà possibilità alle funzioni con le quali si nasce, di svilupparsi, è un processo continuo e sano (psicologia dinamica della normalità)  le funzioni con cui nasciamo sono in nuce ma devono accrescersi nello sviluppo, per farlo hanno bisogno di energia e quell’energia la cerca il sistema Io, la prende (da quella libidica e aggressiva all’interno dell’Es), la neutralizza e la dà a quelle funzioni che continuano perciò ad essere prive di conflitti. E’ una netta ridefinizione dei rapporti tra Io ed Es. La neutralizzazione si differenzia dalla sublimazione perché è un processo continuo, non coinvolge solo la libido ma anche l’aggressività e comporta una trasformazione della qualità dell’energia pulsionale non solo la sua deviazione. MOTIVAZIONE E REALTA’ Il comportamento di una persona, il suo livello di adattamento all’ambiente, è il risultato dello sforzo dell’individuo con le sue competenze libere da conflitti ha fatto ed è dato da un sacco di cose. Multifattorietà degli elementi che fanno la persona, non è solo l’esito di pulsioni e fantasie e gli aspetti della motivazione che non derivano dalle pulsioni istintuali vanno spiegati alla luce del rapporto tra individuo e mondo esterno. La psicoanalisi deve tenere conto delle azioni che sono razionali e congegnate per andare incontro ai bisogni adattivi  la realtà contribuisce con le sue contingenze e impone esigenze che influenzano la scelta dell’individuo tra tutti i comportamenti possibili  esigenze mediate dal Sistema-Io che agisce in modo da trasformare le condizioni esterne in forze interne. GLI INTERESSI DELL’IO Desiderio di ricchezza, status sociale, successo professionale  non è detto che sia conflittuale, la motivazione al disotto di questi attinge all’energia neutra che serve per la realizzazione dell’Io. Nella teoria freudiana non erano considerati perché non sottostanti alle leggi dell’Es, per Hartmann si sviluppano dal bisogno di vivere nel mondo della realtà; derivano geneticamente dall’Es ma subiscono cambiamento di funzione in virtù della neutralizzazione della loro energia e quindi sono sotto il dominio dell’Io. ADATTAMENTO Freud riteneva ce il bambino alla nascita fosse equipaggiato solo di pulsioni e che la realtà influisse su queste solo in relazione alle frustrazioni del bambino; per Hartmann l’importanza data alla funzione motivante della realtà esige un nuovo esame dei canali con i quali l’uomo si mette in relazione con il mondo esterno. L’uomo ben adattato è produttivo, si sa godere la vita e ha un equilibrio mentale non disturbato  tutte e tre hanno uno specifico valore di sopravvivenza biologicamente determinato (no bisogno psicologico primario che invece aveva spitz). LEGAME IO-REALTA’ Inizia prima dell’influenza delle frustrazioni: i canali verso l’esterno sono presenti dall’inizio della vita, la relazione con il mondo esterno è immediata e assicurata da integrazione biologica tra io e ambiente e quest’ultimo può esercitare influenza diretta su funzionamento mentale dall’inizio della vita. MELANIE KLEIN Nel suo caso non si parla di “fasi” ma di “posizioni”. Influenza molto la psicoanalisi attuale, è più vicina a Freud ma se ne distanzia per l’accezione che da all’idea di oggetto  l’oggetto è già nella mente del bambino quindi non si forma dopo. Si parla di relazioni oggettuali del bambino non solo nei confronti dell’Altro ma anche dell’oggetto interiorizzato  c’è un oggetto esterno che vive di vita propria, il bambino ci si relaziona, lo introietta e la relazione con questo (che per lui è l’oggetto esterno) è di tipo aggressivo/libidico a seconda della relazione che il bambino sta sperimentando in quel momento, anche se da fuori, quell’oggetto, si sta comportando in un altro modo. La vita pulsionale determina la qualità delle relazioni oggettuali molto precocemente  Melanie i bambini piccoli li prende e gli analizza, Anna Freud è indirizzata molto verso la psicologia dell’Io, con la Klein si verifica una sorta di scissione: l’analizzare i bambini da subito è in contrasto con la psicologia dell’Io, secondo quest’ultima infatti non sarebbe possibile l’analisi di un bambino così piccolo perché è in uno stato dell’Io non ancora maturo. Per la Klein questa cosa non esiste. Esempio se un bambino vive la relazione con l’Altro in modo conflittuale e aggressivo, lo riproporrà paro paro nel gioco (come le libere associazioni negli adulti). Il gioco è la messa in scena del mondo interno del bambino. Concettualizzazione pensiero Kleiniano ha due fasi: 1. I bambini possono essere analizzati già da molto piccoli e possono entrare in una condizione di transfert e perfeziona la tecnica del gioco, delinea strategie interpretative intorno all’idea di oggetto. Perché questa tecnica si crea? Il suo antecedente è l’idea che nel gioco vengano messe in scena le relazioni oggettuali; costrutto “equazione simbolica” 2. Formulazione della teoria delle posizioni, si chiama così perché presuppone due posizioni: schizoparanoide e depressiva. In ordine temporale dello sviluppo viene prima la schizoparanoide e poi quella depressiva, ma non sono fasi; durante tutta la nostra vita possiamo tornare in una o l’altra posizione  prima però deve avvenire la schizoparanoide. È uno spostamento, non una regressione. PRIMA FASE Gli oggetti Bambino, appena nato, ha subito una relazione con la madre che, sebbene incentrata sul seno, è impegnata di tutte le componenti fondamentali delle relazioni oggettuali  gli oggetti già ci sono nella mente del bambino ed ha già tutta una serie di componenti della relazione oggettuale che si vedono nella relazione con il seno. Nessuno finora ha detto che non esistono momenti della vita in cui la mente sia priva di oggetti, lei lo dice per prima. Come fa il bambino a nascere già con l’oggetto? Perché ha una precognizione  nasce pronto per sapere che fuori c’è l’oggetto. Forte rottura con Freud: bambino non incontra oggetto come meta per scarica pulsionale perché quest’ultima, anche quando l’oggetto non è presente all’esterno, si produce all’interno del bambino come scarica insieme all’oggetto  scarica allucinata che è alla base del concetto di fantasia  fantasie di scariche pulsionali già da subito anche se l’oggetto non è presente all’esterno perché appena incontrato l’ha già introiettato, grazie alla precognizione, e quindi può immaginare (tramite la fantasia) l’oggetto e la scarica pulsionale anche quando questo non è presente. La mente è un contenitore di oggetti, gli oggetti sono anche parti del proprio corpo e dei genitori, anche il loro coito  il bambino non sa cosa sia un orgasmo ma sa che i genitori sono qualcosa di unito dal quale lui è escluso e lo capisce da subito  il complesso di edipo ecc. sono più antecedenti rispetto a quello che aveva formulato Freud. Questi oggetti il bambino, da piccolo, li sperimenta come entità concrete e attive  sono quasi persone, vivono vita propria (l’oggetto mi odia, l’oggetto mi vuole mangiare, mi ama ecc.); questi creano fenomeni psichici precocissimi come angoscia, scissione, frammentazione, proiezione, idealizzazione, depressione e senso di colpa. Gli oggetti esterni vengono internalizzati diventando oggetti interni e recepiti secondo i connotati del mondo interno  l’oggetto è buono o cattivo, in funzione della modalità libidica o aggressiva con la quale sono sentiti dal soggetto (seno buono e seno cattivo). L’Io è considerato esistente già dalla nascita, agisce introiettando oggetti esterni e proiettando parti di Sé ma ne assorbe anche l’azione. Le fantasie Il primo oggetto cui mira il neonato è il seno del quale ha una precognizione cognitiva associata allo stimolo della fame (il bambino impara a succhiare con il dito in bocca durante la gravidanza); se il seno continua ad essere assente, insieme alla sensazione di frustrazione data dalla fame, sperimenta la presenza di un oggetto cattivo  attacca l’oggetto cattivo oppure si rivolge ad altri oggetti come avviene durante lo svezzamento. Alla base di tutto questo c’è il ruolo esercitato dalla fantasia. Le fantasie, ovvero il modo in cui il bambino sperimenta interiormente quell’oggetto, determina la totalità della vita psichica del lattante. L’oggetto e l’equazione simbolica Oggetti buoni o cattivi introiettati, questi oggetti cominciano ad essere associati con oggetti o funzioni del mondo esterno. Il bambino ha creato un’equivalenza tra l’oggetto interno e quello esterno che ha associato (e viene riproposto nel gioco). Quando la differenza tra oggetto interno ed esterno è salvaguardata si ha il simbolo vero e proprio, non più equazione; quando invece l’analogia tra oggetto interno ed esterno è ridotta a identità e l’oggetto esterno è confuso con quello interno, continua l’equazione simbolica  se non si arriva al simbolo, non c’è esame di realtà e quindi psicosi. La differenza tra l’equazione simbolica e il simbolo vero e proprio sarà chiarita dalla Klein con l’introduzione della nozione di posizione depressiva; il simbolo si colloca al posto dell’oggetto perduto ed implica il lavoro del lutto  l’Io rinuncia da una parte l’oggetto ma dall’altra lo ricrea in una nuova forma e questa capacità di formazione simbolica, che nasce dal dolore successivo alla perdita, si pone alla base della creatività umana. Il gioco È equivalente alle libere associazioni  non solo esplora la realtà esterna ma mette in scena i propri conflitti inconsci; nel gioco si includono giocattoli accuratamente selezionati e molto semplici. A differenza di Freud che pensava che il gioco come il sogno rappresentasse la realizzazione allucinata di qualche desiderio, il bambino per la Klein fa vedere nel gioco cosa pensa delle persone, perché è manifestazione di oggetti interni, mette in scena non è un realizzarsi di una scarica. La Klein si basa sulle fantasie che mette in scena nel gioco per delineare lo sviluppo del bambino durante il primo anno di vita. 1. Inizialmente: rimane fedele alle impostazioni Freudiane e si concentra sullo sviluppo della libido: già da piccolissimo, per le precognizioni, fa teorie sul corpo materno e sul suo rapporto con il padre dal quale si sente escluso. 2. Successivamente: il bambino così interessato al corpo dei familiari non lo fa mosso per desideri libidici ma perché mosso da piacere del possesso e del controllo. Conflitto edipico precoce Precoce proprio perché le fantasie di possessione sul corpo sono presenti da epoche precoci; si delinea già nella fase orale (aggredisce il seno per impossessarsi del latte che è il “bene” che la madre gli dà). A differenza di Freud è semplicemente non idea di accoppiarsi con il genitore del sesso opposto ma quello di entrare a far parte del rango da cui sono escluso per possederlo e controllarlo, come una diade da cui si sente escluso, “figura parentale combinata” che può punire il bambino per questa sua bramosia del possesso. Si risolve quando rinuncia a questa bramosia di potere perché teme la rappresaglia di questa coppia che lo può punire, da qui il Super-Io che è quindi più precoce rispetto a quanto pensasse Freud. Analisi del bambino piccolo In contrapposizione ad Anna, pensa che il bambino prima dei 3 anni interiorizza i genitori come figure scisse (idealizzate ed estremamente buone o cattive) e a partire da queste immagini si realizza il transfert. Non c’è un bisogno di specifiche preparazioni per il bambino ad essere favorevole verso l’analista perché rileva da subito i vantaggi positivi dell’analisi, le pulsioni aggressive verso il terapeuta non vanno soppresse ma deve lavorarci per fare in modo che possano essere analizzate e attenuare la paura che viene dal Super-Io, analisi molto accogliente. Non bisogna evitare di rivelare impulsi sadici ed erotici che nutre nei confronti dei genitori, si fanno interpretazioni profonde e vanno sollecitate affinché emergano con il gioco. SECONDA FASE La teoria delle posizioni Nel ‘52 teorizza che, nel corso dello sviluppo, la posizione schizoparanoide precede quella depressiva (entrambe si manifestano durante il primo anno di vita), si parla di posizioni perché si possono ripresentare in ogni momento della vita, non è una regressione. 1. Posizione schizoparanoide: Nascita, oggetto-seno, precognizione e questa è la posizione schizoparanoide  in questo momento nel bambino prevale la funzione di “scissione” che interessa inizialmente l’oggetto di cui inizia a fare esperienza ovvero il seno. Il seno (interiorizzato) della madre ha connotazioni diverse a seconda se vissuto come buono o cattivo in base alla pulsione attiva in quel momento. Si dice “schizo” perché si basa su modalità di funzionamento della scissione (il seno è o buono o cattivo, come se fossero due oggetti scissi, parziali e non totali, autonomi) ed è “paranoide” perché vive la persecuzione di quel seno cattivo da cui si deve difendere. Quello cattivo lo aggredisce mordendo, quello buono lo coccola  modalità relazionali osservabili. Perché ha bisogno della scissione? Perché l’Io è immaturo e non può contrastare la pulsione aggressiva, non ha gli strumenti per tollerare l’ambivalenza affettiva e quindi non può tollerare che lui stesso è quello che nella fantasia sta uccidendo lo stesso oggetto che in realtà ama, è un meccanismo di protezione. Introduce un nuovo meccanismo di difesa: identificazione proiettiva  in questo momento della vita, il bambino non sta scindendo solo l’oggetto (seno buono - seno cattivo) ma se si deve difendere dallo stesso potere distruttivo, si scinde anche l’Io: la parte dell’Io che odia si lega all’oggetto cattivo, quella dell’Io buona si lega all’oggetto buono; impulsi distruttivi intollerabili non solo li proietta sull’oggetto ma proietta anche parti del Sé, ritrovandosi di fronte a un oggetto con cui è parzialmente identificato e questo nasce dalla necessità di controllare  se non si scindesse e non si proiettasse non riuscirebbe a controllare dall’interno quell’oggetto e, senza questi meccanismi, gli oggetti rimarrebbero parziali. Nell’identificazione proiettiva individua il principale meccanismo delle relazioni narcisistiche: proiezione delle parti cattive  l’oggetto diventa persecutore Proiezioni delle parti buone  si crea la dipendenza schizoide dall’oggetto, questo deve essere controllato perché la perdita comporterebbe la perdita di parti del Sé e allo stesso tempo si teme di essere completamente controllati da esso perché contiene la parte migliore del Sé; la sensazione di essere attaccato e minacciato induce nell’Io l’angoscia e vengono attivate delle difese contro di essa (idealizzazione dell’oggetto buono per contrastare quello cattivo, diniego ossia la negazione dell’oggetto cattivo, l’elaborazione di fantasie di controllo onnipotenti sull’oggetto e l’identificazione proiettiva. 2. Posizione depressiva: si raggiunge un livello di maturazione percettiva che permette la concezione dell’oggetto come oggetto intero, insieme all’oggetto si riuniscono anche le pulsioni (ambivalenza affettiva) e l’Io stesso in quanto deve necessariamente essere intero per relazionarsi con l’oggetto intero; il bambino si rende, quindi, conto che è lui stesso ad aver leso l’oggetto amabile e da qui nasce il senso di colpa. Qui nasce anche l’angoscia depressiva: Il timore di distruggere l’oggetto amato quando si rende conto che la sua esistenza (del bambino) dipende da quello stesso oggetto e, proprio per questo, ha timore anche per sé stesso, ha paura di sentirsi solo e abbandonato. Lo stato depressivo è quindi l’esito della perdita dell’oggetto, percepita come causata dai suoi precedenti attacchi distruttivi e che si esprime con la sensazione di nullità e morte. Le difese utilizzate in questa fase sono: maniacalità (trionfo sull’oggetto umiliandolo per convincersi che si è autonomi e non si può patirne la perdita), riparazione (è l’uso costruttivo del senso di colpa, questo meccanismo di difesa fa sì nel bambino che l’oggetto venga percepito come ancora più reale). INVIDIA E GRATITUDINE La pulsione aggressiva nei confronti degli oggetti buoni è causata dall’invidia di cui si parla per la prima volta. Questa aggressione verso gli oggetti buoni si esprime con due modalità: 1. Avidità: l’oggetto esterno è buono solo a volte, non è sempre disponibile, il bambino percepisce quindi che non può contare sempre su di quello e, quindi, nel momento in cui è disponibile il bambino vuole prendersi tutte le cose buone che lo contengono lasciandolo completamente svuotato. 2. Attacco invidioso: il bambino vuole distruggere l’oggetto buono per impossessarsene totalmente nella fantasia  non tollera che quell’oggetto sia esterno e quindi non sempre disponibile, se lo fa suo per averlo con sé sempre. La gratitudine si sviluppa nei primi stadi dell’infanzia ed è funzionale per la rottura: permette al bambino di recuperare le parti belle dell’oggetto con cui rompe, come se fosse un dono insostituibile che vuole conservare. L’introiezione del dono arricchisce l’Io. DONALD W. WINNICOTT Gli indipendenti Al centro della concettualizzazione della scuola degli indipendenti c’è lo sviluppo relazionale dell’individuo a partire dalle azioni dell’oggetto primario di accudimento. I costrutti principali del pensiero di Winnicott sono: a. Sviluppo primario b. Preoccupazione materna primaria c. Ruolo del padre d. Vero sé – falso sé. La coesione e l’unità della persona sono l’esito di un percorso evolutivo. Il Sé è dinamico  il nostro Sé contiene parti autentiche e parti “false” sviluppate, hanno a che fare con le prime relazioni oggettuali. Si distacca da Freud per il concetto di “Pulsione” che viene ora sostituito dal “bisogno dell’altro”, che è reciproco. SVILUPPO EMOZIONALE PRIMARIO Riguarda circa i primi sei mesi di vita, è un processo che riguarda tre costrutti interdipendenti tra loro: indipendenza, organizzazione e integrazione. Questi tre sono l’esito dello sviluppo stesso e risentono della preoccupazione materna primaria che parte dall’ultimo trimestre della gravidanza. 1. DIPENDENZA ASSOLUTA Quando il neonato nasce non sa di dipendere e ignora l’esistenza di qualcuno che si prende cura di lui  esiste un’unità bambino-madre da cui il Sé emerge gradualmente quando la madre comincia a distaccarsi. Il bambino è un’organizzazione dinamica individuo- ambiente; la madre si deve sintonizzare con i bisogni del bambino e adattarsi al suo ritmo naturale  distanza da Hartmann (al contrario del suo pensiero qui è anche l’ambiente che si adatta allo sviluppo del bambino, non solo il contrario). La preoccupazione materna primaria: il neonato è al centro dell’interesse della madre, c’è una propensione all’accudimento che è preimpostata in schemi arcaici, è istintuale; è il modo in cui la madre si prepara per rispondere alle richieste del bambino. All’interno di questa fase di dipendenza assoluta le “funzioni materne” sono i comportamenti derivati dalla preoccupazione materna primaria, se non avvengono la donna assume il ruolo di “madre terapeuta” (disfunzionale). Il bambino è in un momento di onnipotenza allucinatoria dove il me e il non me non possono essere separati perché al bambino arriva immediatamente ciò che il bambino richiede  questo porta il bambino a pensare in modo allucinatorio che sia lui stesso ad autogratificarsi. Il ruolo del padre è fondamentale nella prima fase della relazione  all’inizio il suo è un ruolo protettivo che facilita la sopravvivenza del bambino creando un ambiente facilitante che permette alla diade madre-figlio di rimanere in quel microcosmo protettivo. Inoltre, contribuisce ad infondere una sicurezza sociale e assume il ruolo di terzo, fondamentale perché permette la schiusura della diade verso l’esterno, provvedendo a contribuire al processo di acquisizione di autonomia. ORGANIZZAZIONE: il bambino non sa di esistere e non sa distinguere gli stimoli interni da quelli esterni (inorganizzazione), è necessario che la madre sia in grado di creare un ambiente per proteggerlo dal vuoto che sente  l’ambiente che crea la madre è garantito dalla preoccupazione materna primaria  la madre è in grado di regredire ad una condizione di inorganizzazione, come quello del bambino, in modo da essere sintonizzata con i suoi bisogni e provvedere subito  la dipendenza assoluta è perciò sia dal bambino verso la madre che dalla madre verso il bambino. La funzione di Io ausiliario materna però è tale perché la madre, anche se regredisce all’inorganizzazione, comunque rimane un individuo adulto con più esperienza  ognuno di noi in qualunque fase della propria vita deve essere in grado di avere livelli di organizzazione interni alla personalità diversi, a seconda dell’età in cui si vive. INTEGRAZIONE: Il bambino è in uno stato di non integrazione primaria, non ha la sensazione del tempo (no continuità dell’esistere), sia di una percezione di se stesso e della sua collocazione nello spazio  vissuto di frammentazione e dispersione, la madre deve dare “forma” al bambino ossia spingerlo al distinguere il me e il non me. Come fa a portarlo a spingerlo ad uno stato rudimentale di integrazione? Attraverso le funzioni materne: 1. Holding: tenere il bambino sia a livello fisico che a livello mentale  progressivamente il bambino attribuisce un senso ai propri gesti spontanei e lo fa a partire da come la madre vi risponde, così facendo tutti gli stimoli che il bambino percepisce come separati iniziano a organizzarsi in un’unione di sensazioni che gli consentono il passaggio da non me a me. Durante questo percorso il bambino deve poter regredire a stati di non integrazione, periodi di quiete sostenuti dalla madre, è il precursore della capacità di stare solo e tranquillo anche in presenza di altre persone. 2. Handling: manipolazione del corpo del bambino che gli permette di acquisire un confine fisico e psicologico  sostiene l’insediamento della psiche nel soma, capacità di sentire che il proprio sé è nel proprio corpo fisico. 3. Object presenting: dare al bambino l’oggetto di cui ha bisogno nel momento giusto; quindi, non troppo precocemente e neanche troppo tardi  favorisce l’illusione che sia il bambino ad aver magicamente creato quello di cui ha bisogno e rappresenta un primo abbozzo di pensiero. E’ importante che la madre percepisca anticipatamente ed empaticamente il bisogno del bambino così da potergli dare l’oggetto esattamente nel momento in cui il bambino lo allucina  il bambino si sente onnipotente e gli consente di sviluppare creatività (perché pensa di aver creato lui stesso l’oggetto), il non me quindi viene percepito come parte del Sé. La madre deve poi però disilluderlo gradualmente così che possa capire che il mondo esterno non è sempre sotto il suo controllo e che i suoi poteri hanno dei limiti. Grazie alla creatività ottenuta attraverso l’illusione di onnipotenza e all’introduzione dell’oggetto transizionale, il bambino riesce a superare la frustrazione che deriva dalla consapevolezza di non avere il totale controllo dell’esterno. INTORNO AL TERZO MESE DI VITA: la madre passa da totalmente bu

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