Psicologia Generale Riassunto PDF
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Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
Gino Annicchiarico
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Summary
Questo documento fornisce un riassunto del corso di Psicologia Generale presso l'Università degli Studi Niccolò Cusano. Il riassunto include informazioni su diversi paradigmi teorico-applicativi, come strutturalismo, funzionalismo, comportamentismo e cognitivismo. Il documento copre anche la psicologia dinamica e la neuropsicoanalisi.
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lOMoARcPSD|46595750 Psiologia generale - Riassunto che unisce le slides, le videolezioni e la dispensa del corso di psicologia Psicologia generale (Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma) Scansiona per aprire su Studocu St...
lOMoARcPSD|46595750 Psiologia generale - Riassunto che unisce le slides, le videolezioni e la dispensa del corso di psicologia Psicologia generale (Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 MODULO 1: LO SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA Cosa studia la psicologia → le funzioni cognitive, le funzioni affettive e il comportamento. Questi ‘’oggetti’’ sono osservati e studiati nel contesto del loro sviluppo sano e fisiologico, con l’obiettivo sia di descriverne l’architettura funzionale che di individuare condizioni di sofferenza psicologica. A chi è rivolta la ricerca psicologica → all’individuo, ai gruppi e alle comunità con potenziali applicazioni dei risultati in diverse aree e contesti. Non esiste, dunque, una sola psicologia. Metodi di cui si avvale la ricerca in psicologia → ai tradizionali metodi comportamentali e fisiologici si affiancano le moderne metodiche neurobiologiche e neurofisiologiche. I ricercatori hanno acquisito una maggiore consapevolezza circa l’importanza di dimostrare le ipotesi di lavoro attraverso procedimenti validi e riconosciuti all’interno della comunità scientifica internazionale, rendendo visibili e replicabili i risultati dei propri esperimenti. Naturalmente non tutte le variabili oggetto di studio della psicologia possono essere studiate in laboratorio, esistono infatti molti metodi di studio che, a differenze del metodo sperimentale, consentono di tenere in considerazione la complessità di alcuni fenomeni psicologici non riducibili a variabili semplici. Si tratta della ricerca translazionale. PARADIGMI TEORICO-APPLICATIVI IN PSICOLOGIA STRUTTURALISMO Oggetto di studio → studia i processi mentali. Esponente→ Wundt: è indicato come il primo ricercatore ad aver istituito un laboratorio sperimentale in psicologia (Lipsia, 1879), quindi a lui si fa risalire la nascita della psicologia come disciplina scientifica autonoma. Era interessato allo studio dei processi sensoriali e percettivi elementari in grado di determinare l’esperienza complessa cosciente e che potevano essere individuati attraverso l’introspezione. Limiti: ha evidenziato debolezze sul piano dell’oggettività dei dati raccolti e della sua applicabilità in determinati ambiti quali, ad esempio, i disturbi psicopatologici, cognitivi e l’età evolutiva. Dai questi limiti nasce il funzionalismo. Meriti: viene riconosciuto a Wundt il merito di aver posto le basi per un ragionamento scientifico nello studio dei processi psicologici. FUNZIONALISMO (si contrappone allo Strutturalimo) Oggetto di studio→ studia le operazioni mentali che possono essere osservate attraverso la risposta dell’individuo agli stimoli ambientali che si presentano. Dunque, corpo e mente sono parte di un’unica entità biologica che produce risposte integrate. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Esponenti→ James e Angell COMPORTAMENTISMO (si colloca in continuità con il funzionalismo e in contrapposizione con lo strutturalismo) Oggetto di studio→ vengono presi in esame solamente i comportamenti osservabili. L’esperienza procederebbe attraverso l’apprendimento di associazioni stimolo- risposta che determinano effetti significativi ai fini dell’adattamento dell’individuo al proprio ambiente. Esponenti: Watson, secondo cui la psicologia è una scienza naturale in cui l’oggetto di studio deve essere rappresentato esclusivamente dal comportamento direttamente osservabile. Il metodo per farlo è l’osservazione. Pavlov, secondo cui gli organismi (animali) potevano apprendere le relazioni causali tra eventi attraverso la costituzione di nuove associazioni tra stimolo e risposta. Formulò il condizionamento classico. Thorndike, scoprì che le conseguenze di un’azione, nei termini di successo/insuccesso ovvero gratificazione/frustrazione, possono esercitare effetti retroattivi sull’organismo facilitando ovvero inibendo la produzione di determinate risposte. Formulò la legge dell’effetto secondo la quale un comportamento (risposta) che ha esiti gratificanti avrà più probabilità di essere ripetuto al presentarsi della situazione rispetto ad un comportamento che ha dato esiti negativi e spiacevoli. Skinner, introdusse il principio di ‘’rinforzo’’, cioè il comportamento sarebbe determinato da rinforzi positivi e rinforzi negativi. Formulò il condizionamento operante. Limiti: rinuncia a priori allo studio dei processi mentali e tendenza ad un riduzionismo dei processi psicologici. Meriti: grande attenzione al rigore metodologico nell’esecuzione degli esperimenti. PSICOLOGIA DELLA GESTALT Oggetto di studio→ studio dei fenomeni percettivi. La ricerca in questo ambito cerca di rispondere alle domande su come la complessità degli stimoli ambientali viene rielaborata attraverso i processi mentali. COGNITIVISMO (in accordo con il comportamentismo) Oggetto di studio→ oggettivazione delle osservazioni e la verifica delle ipotesi sulle relazioni causali tra le variabili di studio. L’interesse del ricercatore è dunque focalizzato sui processi psichici, sul funzionamento della mente (black box), al fine di Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 individuare le modalità con cui l’individuo costruisce le proprie rappresentazioni della realtà. Metodo applicato→ applicano il metodo di ricerca del comportamentismo allo studio dei processi cognitivi, partendo dalla considerazione che tali processi possono essere osservati in modo indiretto attraverso la misurazione di variabili comportamentali. Esponenti: Neisser, secondo il quale i processi cognitivi possono essere osservati in modo indiretto, attraverso misurazioni di variabili comportamentali. Piaget, il quale definisce la teoria epistemologica genetica, fondata sullo studio e sulla ricerca dei processi cognitivi alla base della conoscenza e dello sviluppo cognitivo dell’individuo. Introduce i concetti di assimilazione e accomodamento i quali, agendo in equilibrio, si troverebbero alla base dell’adattamento dell’uomo al proprio ambiente. Inoltre Piaget ritiene che lo sviluppo cognitivo dell’individuo procede attraverso 4 stadi principali: 1) stadio senso-motorio, 2) stadio preoperatorio (fase pre-concettuale e del pensiero intuitivo), 3) stadio delle operazioni concrete, 4) stadio delle operazioni formali. PSICOLOGIA DINAMICA Esponente: Freud, elaborò una teoria compiuta del funzionamento della mente e dello sviluppo dell’individuo sia normale che patologico. Psicoanalisi → dispositivo di intervento applicato ai disturbi psicopatologici. ↓ alla base della psicoanalisi troviamo Determinismo psichico→ secondo cui nulla si verifica casualmente nell’organizzazione mentale, ogni evento psichico è legato a variabili che lo hanno preceduto e che lo spiegano. Ne derivano concetti quali ‘’pulsione’’ (fattore motivazionale di base) e ‘’meccanismo di difesa’’ o ‘’transfert’’. Metodo utilizzato → si basava sulle intuizioni derivanti dall’ascolto attento del paziente, dall’osservazione della relazione tra paziente e clinico attraverso l’applicazione del metodo delle libere associazioni. Freud propose modelli definiti ‘’topiche’’: 1) Prima topica: Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 - L’inconscio: composto dai contenuti rimossi dal campo della coscienza. Tuttavia i contenuti rimossi continuano ad influenzare il funzionamento mentale; - Preconscio: composto da quei contenuti che pur non facendo parte della coscienza possono comunque entrarvi; - Conscio: rappresenta la coscienza dell’individuo con i pensieri, gli affetti e tutto ciò di cui è possibile avere consapevolezza. 2) Seconda topica: - L’es: comprende l’insieme delle pulsioni di tipo libidico e aggressivo che rimangono a livello dell’inconscio, non sono dunque accessibili alla coscienza e le pulsioni tendono ad essere soffocate; - L’io (ego): è intesa come quell’istanza che regolerebbe l’apparato motorio e percettivo, le funzioni di osservazione, giudizio e memoria. Attraverso queste funzioni, l’io eserciterebbe un’azione di monitoraggio e verifica sull’ambiente al fine di promuovere il processo di adattamento, mantenendo l’equilibrio tra le spinte interiori e le richieste del mondo esterno. Una funzione particolarmente importante dell’io sarebbe quella di controllare i meccanismi di difesa.* - Super-io: rappresenterebbe la coscienza morale in grado di definire giudizi in rapporto al sistema di valori interiorizzato. 3) Terza topica – fasi dello sviluppo psicosessuale: - Periodo pregenitale o delle pulsioni parziali: A) fase orale→ dalla nascita ad 1 anno; B) fase anale→ da 1 a 3 anni; C) fase fallica → da 3 a 5 anni. - Periodo di latenza: inizierebbe verso i 6 anni di età fino alla pubertà, si assiste ad una diminuzione degli impulsi connessi alle zone erogene mentre aumenterebbe l’orientamento alla vita pratica ed un maggiore adattamento alla realtà esterna, - Periodo genitale: avviene lo sviluppo sessuale dell’individuo e la ricerca del soddisfacimento non sarebbe più connessa con le pulsioni parziali ma con la relazione con l’altro. *Meccanismi di difesa → Gli individuano gli utilizzano per gestire l’ansia associata a determinate situazioni di conflitto. Questi sono: Rimozione, Introiezione, Proiezione, Negazione, Formazione reattiva, Fissazione, Regressione, Spostamento, Sublimazione, Intellettualizzazione, Identificazione proiettiva. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Neuropsicoanalisi→ cerca di sfruttare le potenzialità dei moderni strumenti di indagine scientifica per intensificare la ricerca psicoanalitica. ↓ Kandel→ premio nobel per la medicina nel 2000, pubblicò due articoli che possiamo considerare di riferimento in cui tracciò le linee guida di questo nuovo framework. Quest’ultimo può essere sintetizzato in cinque punti principali che costituiscono il pensiero corrente dei biologi circa la relazione tra mente e cervello. Secondo Kandel: 1) Principio primo: Tutti i processi mentali, anche i processi psicologici più complessi, derivano da operazioni cerebrali. Ciò che noi chiamiamo comunemente ‘’mente’’ è un insieme di funzioni supportate dai cervello. Le azioni del cervello sottendono non solo ai comportamenti motori semplici (camminare, mangiare, ecc) ma anche a tutte le operazioni cognitivo complesse, consce e inconsce, che noi associamo ad un comportamento specificamente umano (pensare, parlare, ecc). 2) Principio secondo: i geni e i loro prodotti sono determinanti importanti dei pattern di interconnessione tra i neuroni nel cervello e delle definizioni delle loro funzioni. I geni e le loro combinazioni esercitano un controllo significativo sul comportamento. 3) Principio terzo: I geni alterati di per sé non spiegano tutta la varianza di una determinata sindrome mentale maggiore. Fattori sociali ed evolutivi vi contribuiscono in modo importante. Così come i geni, anche i fattori sociali e comportamentali possono esercitare delle azioni sul cervello retroagendo su di esso modificando l’espressione genetica e quindi la funzione delle cellule nervose. Dunque tutto ciò che si è ‘’appreso’’ si manifesta in ‘’natura’’. 4) Principio quarto: Le alterazioni dell’espressione del gene indotte dall’apprendimento determinano dei cambiamenti negli schemi delle connessioni neuronali. Tali cambiamenti non solo contribuiscono alla formazione delle basi biologiche dell’individualità ma sono presumibilmente responsabili delle disfunzioni del comportamento che sono indotte da contingenze ambientali. 5) Principio quinto: Poiché la psicoterapia e il counseling sono efficaci e producono dei cambiamenti a lungo termine nel comportamento, presumibilmente attraverso l’apprendimento, causano dei cambiamenti nell’espressione genetica che alterano la forza delle connessioni sinaptiche e Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 dei cambiamenti strutturali che alterano il pattern anatomico di interconnessione tra le cellule nervose cerebrali. L’incremento della risoluzione dell’imaging del cervello, potrebbe consentire una valutazione quantitativa dei risultati della psicoterapia. Psicologia oggi Plasticità cerebrale→ capacità di adattamento funzionale e strutturale dell’encefalo in funzione dei cambiamenti della stimolazione ambientale. Default mode network (DMN)→ sistema ‘’sentinella’’con il compito di mediare la vigilanza relativamente al presentarsi di stimoli nell’ambiente per i quali è richiesta la risposta da parte dell’organismo. In caso di necessità da parte dell’organismo, l’attività del DMN dovrebbe essere inibita per facilitare l’attivazione di reti funzionali diverse. Sarebbe costituito, quindi, dalla co- attivazione, in condizioni di riposo, di alcune aree anteriori e posteriori dell’encefalo tra loro interconnesse. I neuroni di queste regioni cerebrali appaiono connessi in stato di attivazione quando l’individuo e’ a riposo. avrebbe dunque il compito di mediare la vigilanza relativamente al presentarsi di stimoli nell’ambiente per i quali è richiesta la risposta da parte dell’organismo. Connettomica→ linea di ricerca il cui obiettivo è quello di individuare la connettività sia strutturale che funzionale tra i neuroni delle strutture corticali e sottocorticali al fine di definire vere e proprie mappe di connettività. Long term potentiation (potenziamento a lungo termine) e long term depression (depressione a lungo termine)→ processi biologici che mediano il consolidamento delle informazioni nei ‘’magazzini’’ della memoria attraverso modificazioni sia della funzionalità sinaptica che della struttura stessa delle connessioni tra neuroni. Dati di ricerche recenti documentano che i livelli sierici delle neurotrofine, proteine implicate nella modulazione della crescita e della sopravvivenza dei neuroni, si modificano in funzione dell’esercizio cognitivo. Grazie alle recenti conquiste delle neuroscienze, l’antico dualismo mente- corpo viene superato. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 MODULO 2: METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA PSICOLOGIA→ è una DISCIPLINA SCIENTIFICA, ragion per cui il ricercatore in psicologia formula delle IPOTESI circa l’esistenza di determinati fenomeni e la relazione tra questi, e applica una metodologia che consenta di verificarne la veridicità. ↓ TEORIA→ L’organizzazione dell’insieme delle ipotesi e dei fatti di un sistema che consente di integrarli e che faciliti la spiegazione/comprensione di fenomeni più ampi del comportamento. Il ricercatore formula una teoria quando è in grado di integrare diverse osservazioni dei fenomeni naturali all’interno di un sistema, di un modello che sia intrinsecamente coerente in misura tale da consentire la comprensione dell’insieme delle osservazioni e di predire il verificarsi di determinati fenomeni all’occorrere di condizioni definite (note). In termini generali, una teoria può essere concettualizzata come un sistema strutturato che costituisce la ‘’matrice semantica’’ per la spiegazione di fenomeni anche molto generali. Tuttavia, una teoria non è valida per sempre perché non si può fare esperienza di tutti i fenomeni esistenti, cioè dell’universo di fenomeni osservabili. Una teoria è necessariamente ‘’finita’’ perché dipende dalle osservazioni che possono verificarla ovvero confutarla. POPPER→ sosteneva il principio della falsificabilità delle teorie scientifiche, in base al quale una teoria può essere considerata scientifica solo se questa è falsificabile, ovvero può essere messa in discussione o modificata da scoperte successive alla sua formulazione. METODO SCIENTIFICO IN PSICOLOGIA → ricerca le cause di determinati fenomeni comportamentali (abilità e funzioni psicologiche). Ricercare le cause dei fenomeni psicologici vuol dire verificare la sussistenza di nessi non casuali con i fattori supposti esserne alla base. Fasi di un protocollo di ricerca: A) Definizione del problema; B) Formulazione delle ipotesi sperimentali; C) Progettazione dell’esperimento; D) Esecuzione dell’esperimento quindi raccolta e registrazione dei dati; E) Interpretazione dei risultati in funzione dell’obiettivo della ricerca (verifica delle ipotesi); F) Comunicazione dei risultati alla comunità scientifica attraverso le pubblicazioni. IPOTESI→ Sono il punto di partenza degli esperimenti (anche se, in realtà, prima ancora di formulare ipotesi è necessario avere una conoscenza approfondita del problema e della tematica sulla quale si intende lavorare). Il ricercatore formula delle ipotesi circa l’esistenza di relazioni tra eventi, fenomeni o variabili. ↓ Delle grandezze, dei caratteri, dei fenomeni che ‘’variano’’, modificano le loro proprietà in termini sia qualitativi che quantitativi. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 L’ipotesi è, in sostanza, una supposizione sull’esistenza di una relazione potenziale tra fenomeni o variabili. La relazione supposta non è quindi nota all’inizio dell’esperimento ma è ipotizzata dal ricercatore sulla base di conoscenze preesistenti. - Ipotesi ‘’nulla’’→ ipotesi di partenza che il ricercatore vorrebbe rifiutare (falsificare) in quanto legata al caso, o meglio secondo la quale ci sarebbe relazione tra due o più fenomeni in maniera casuale. - Ipotesi sperimentale o ‘’alternativa’’→ sarebbe l’ipotesi ‘’alternativa’’ all’ipotesi nulla, quella che la falsificherebbe. Esperimento: dispositivo tecnico utilizzato per falsificar/verificare la veridicità dell’ipotesi nulla. L’ipotesi sperimentale è dunque una formulazione teorica sulla sussistenza di una relazione non casuale tra variabili, giustificata sulla base di ciò che è noto. L’ipotesi sperimentale è rappresentata dalla formula dove: - y è la variabile dipendente che ‘’dipende’’ dai valori che assume x; - x è la varabile indipendente, cioè quella che può essere manipolata dallo sperimentatore al fine di verificarne gli effetti sulla variabile y. In un’ipotesi così formulata è supposta una relazione di causa-effetto tra le due variabili. ↓ In alcuni casi la relazione tra le variabili indipendente e dipendente non può essere espressa in termini causali ma come correlazione. Il termine correlazione indica l’esistenza di una corrispondenza tra i valori delle due variabili in virtù del fatto che l’una varia al variare dei valori dell’altra in modo regolare, senza che sia rintracciabile inequivocabilmente una relazione di causa-effetto. Campione sperimentale→ insieme di elementi che presentano le caratteristiche qualitative di quell’insieme ed è quindi in grado di rappresentarlo. Più numeroso è il campione, più è probabile che si catturi la variabilità esistente nella popolazione relativamente alle caratteristiche socio-demografiche di interesse incrementandone così il livello di rappresentatività. La rappresentatività del campione è direttamente correlata con la generalizzabilità dei risultati. Importante: la scelta del campione deve essere eseguita in modo casuale. In altre parole, deve essere evitata la scelta di un campione di convenienza che non consente a tutte le caratteristiche (variabili) presenti nella popolazione di essere rappresentate. Il campione di convenienza è infatti scelto in modo non probabilistico spesso per ragioni di comodo. L’inclusione casuale dei soggetti nel campione di studio dovrebbe garantire che ciascuna delle ‘’qualità’’ che caratterizzano la popolazione di riferimento abbia la stessa probabilità di entrare a farne parte. METODI DI INDAGINE IN PSICOLOGIA: - Metodo scientifico→ è applicato dal ricercatore per verificare la veridicità delle ipotesi formulate. L’ipotesi è un enunciato generale sull’esistenza o meno di una relazione non casuale tra variabili (dipendenti e indipendenti). - Metodo sperimentale→ è il metodo più idoneo per verificare la sussistenza di un nesso casuale tra due o più fenomeni. Il ricercatore a) formula delle ipotesi Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 sperimentali e individua le variabili; b) le definisce in termini operazionali in modo da poter assegnare loro un valore e misurarle; c) recluta i soggetti (campione sperimentale); d) esegue l’esperimento; e) elabora i dati attraverso l’applicazione di procedure di analisi statistica codificate; f) interpreta i risultati; g) comunica i risultati. - Metodo osservazionale → Si utilizza qualora la variabile indipendente non può essere manipolata dallo sperimentatore (es. il genere M/F non può essere modificato). In questo caso il ricercatore non può manipolare le variabili ma può osservare se la variabile ‘’genere sessuale’’ è associata ad un comportamento particolare, in grado di differenziare gli uomini dalle donne. Non è dunque possibile giungere ad una definizione certa di relazione casuale tra le due variabili, mentre è più corretto definirla in termini di associazione. - L’osservazione naturalistica → è una particolare applicazione del metodo osservazionale, utilizzato soprattutto nello studio del comportamento animale (etologia). In questo caso il comportamento del soggetto sperimentale è osservato nell’ambiente in cui si verifica naturalmente. Le variabili indipendenti non vengono manipolate dal ricercatore il quale, semplicemente, osserva e registra ciò che avviene in natura. - Metodo dell’inchiesta → l’interesse del ricercatore non è trovare relazioni causali tra variabili, ma descrivere degli atteggiamenti o delle associazioni tra fenomeni. Scale per la misurazione delle variabili: Variabili qualitative → Scala nominale (o categoriche) e Scala Ordinale Variabili quantitative → Scala ad intervalli e scala a rapporti Una volta eseguiti i passi precedenti (ipotesi sperimentale, scelta del campione, manipolazione della variabile indipendente, misurazione della variabile dipendente) e raccolti i dati, questi devono essere analizzati al fine di determinare la fondatezza dell’ipotesi formulata sulla relazione tra le variabili sperimentali. E’ accettato nella comunità scientifica che se la probabilità che un determinato cambiamento sia dovuto al caso è inferiore al 5% o all’1%, si può ritenere che la manipolazione della variabile indipendente abbia avuto un effetto significativo sulle variazioni osservate nella variabile dipendente. METODI DI RICERCA IN NEUROPSICOLOGIA→ la ricerca in neuropsicologia è incentrata sullo studio dell’architettura funzionale dei processi mentali e dei loro correlati neurobiologici. Lo studio in neuropsicologia ha anche finalità cliniche per la diagnosi ed il trattamento dei deficit cognitivo/comportamentali nei pazienti con lesioni cerebrali. Al tradizionale metodo della correlazione anatomo-clinica, si sono affiancate le moderne metodiche di neuro immagine, quali la risonanza magnetica funzionale (fRMI), e neurofisiologiche, quali la stimolazione transcranica (TMS). Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 CORRELAZIONE ANATOMO-CLINICA Si basa sull’assunzione che la presenza di un’associazione tra un’alterazione cognitivo/comportamentale specifica e la lesione di una specifica regione del cervello consente l’inferenza che la base neurale di quella funzione è localizzata in quell’area cerebrale. Dalla correlazione tra il comportamento del soggetto misurato attraverso scale standardizzate e le aree cerebrali lesionate è possibile non solo evidenziare l’associazione tra area cerebrale e funzione comportamentale, ma anche comprendere l’organizzazione della funzione stessa. Tra i deficit: - Associazione: un insieme di sintomi e segni si presenta con una certa regolarità ed elevata frequenza in relazione a quella particolare lesione; - Dissociazione: la dissociazione semplice e la dissociazione doppia consentono di evidenziare con grado di attendibilità diverso che due funzioni sono indipendenti. RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE (fRMI) – METODICA DI NEUROIMMAGINE Consente di esaminare in vivo l’attività neurale. Grazie alla valutazione del segnale (BOLD) è possibile valutare la risposta emodinamica, consistente nella variazione del flusso ematico cerebrale in funzione del reclutamento di determinate regioni dell’encefalo necessarie per eseguire dei compiti. La variazione è nella direzione dell’aumento del flusso ematico nelle regioni coinvolte nell’attività. L’aumento del flusso ematico comporta un incremento della concentrazione di ossigeno che correla positivamente con l’attività neurale. Si definiscono attivazioni cerebrali gli incrementi di intensità dell’attività cerebrale osservate nelle aree implicate nel compito. Naturalmente un esperimento di questo tipo richiede una struttura organizzativa complessa. Tipicamente sono due i disegni sperimentali applicati in fRMI: - Il disegno sottrattivo: si sottraggono le attivazioni cerebrali ottenute nella condizione di controllo alle attivazioni ottenute nella condizione sperimentale; - Il disegno associativo: si esaminano le aree di attivazione cerebrale comuni a diversi compiti eseguiti. STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA (TMS) – METODICA NEUROFISIOLOGICA Consente di esaminare i correlati neurali dell’attività psichica e ha sviluppato protocolli di riabilitazione. Prevede la somministrazione attraverso un coil (stimolatore) di impulsi magnetici sullo scalpo (scatola cranica) del soggetto. In funzione della frequenza di stimolazione, la TMS può esercitare effetti transienti di facilitazione o di inibizione dell’attività sinaptica delle regioni cerebrali sottostanti. La TMS consente di riprodurre virtualmente l’effetto delle lesioni cerebrali. Inibendo l’attività di una popolazione di neuroni appartenenti ad una definita regione cerebrale si può, infatti, comprendere meglio il ruolo che quella particolare regione svolge nella funzione studiata. Comitato etico: persone autorevoli ed esperti nei temi della ricerca e del diritto i quali devono individuare l’utilità della ricerca in funzione dell’impegno richiesto dal soggetto. Dichiarazione di Helsinki: documento internazionale di riferimento particolarmente importate per garantire il rispetto dei principi etici nella conduzione della ricerca clinica. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 MODULO 3: L’INDAGINE CLINICA IN PSICOLOGIA Gli psicologi clinici, i neuropsicologi e gli psicologi della salute che si occupano dell’intervento per la prevenzione e la terapia delle condizioni di disagio psicologico devono avere a disposizione gli strumenti giusti. Per la valutazione psicologica vengono utilizzati principalmente il colloquio e i test psicometrici. E’ importante specificare che le valutazioni psicologiche, a differenza delle valutazioni biologiche (prelievo del sangue, radiografia, ecc), richiedono un elevato livello di collaborazione da parte del paziente. Inoltre, le qualità psicologiche non essendo direttamente osservabili, è importante che gli strumenti utilizzati abbiano un buon grado di validità e affidabilità. Prima di parlare nello specifico dei metodi di valutazione vediamo cos’è la diagnosi: DIAGNOSI→ costruzione di senso che consente di codificare una condizione in cui sono presenti segni (osservati dallo psicologo) e sintomi (riferiti dal paziente), i quali determinano un disagio ovvero un’alterazione nelle diverse aree di funzionamento della persona: cognitiva, affettiva, comportamentale, relazionale e lavorativa. Esistono diversi sistemi di classificazione dei disturbi psicologici: - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) - L’International classification of disease (ICD-10) Questi sistemi propongono una classificazione di tipo categoriale dei disturbi mentali in relazione ad un approccio fenomenologico-descrittivo ateoretico che prevede la descrizione di ciò che il clinico osserva e rileva in modo oggettivo durante la relazione con il paziente. Diverso è il manuale diagnostico psicodinamico (PDM) il quale prevede un approccio incentrato maggiormente sugli aspetti più profondi dell’esperienza della persona. IL COLLOQUIO CLINICO → è lo strumento d’elezione per la diagnosi in psicologia clinica. Possiamo distinguere due tipologie di colloquio clinico le quali sono complementari tra di loro: - Colloquio fenomenologico-descrittivo: è orientato all’osservazione e alla rilevazione dei sintomi. Nasce dalla considerazione che i disturbi mentali si manifestano con un insieme peculiare di segni, sintomi e comportamenti, un andamento ed una risposta al trattamento prevedibile. E’ un colloquio molto strutturato e prevede sia risposte aperte, sia risposte chiuse. Ci consente una rilevazione accurata dei segni e dei sintomi. - Colloquio a orientamento psicoanalitico: indaga non solo sulla presenza o assenza di sintomi/segni ma è orientato all’esplorazione delle dinamiche profonde della personalità seguendo un approccio interpretativo al fine di individuare l’eziopatogenesi psicologica dei sintomi e dei comportamenti disfunzionali. Rispetto al precedente, è più incentrato sulla comprensione del funzionamento della personalità, dei conflitti e dei problemi di vita del paziente. Le due tipologie di colloquio non sono mutualmente escludentesi ma, al contrario, possono essere concepite come complementari. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Aldilà del tipo di approccio scelto, il colloquio segue il seguente schema standard: 1) Fase di apertura: si gettano le basi per la conduzione del colloquio e vengono evidenziate le motivazioni che hanno spinto il paziente alla consulenza; 2) Fase centrale: si esplorano i temi oggetto di sofferenza del paziente ed è la fase che ha maggiore durata; 3) Fase conclusiva: avviene la ricostruzione di senso degli elementi che sono emersi durante il colloquio, dunque viene comunicata la diagnosi. TEST PSICOMETRICI→ Il termine test psicologico fu introdotto da J Cattel per indicare uno strumento volto a esaminare, provare, testare variabili psicologiche per comprenderne le qualità. E’strumento che deve fornire una valutazione oggettiva della qualità in esame. Esistono due tipologie di test: - Test di performance: il soggetto è valutato sulle basi di quanto è in grado di esprimere in risposta ad un compito dato. Ne fanno parte quei test in cui le prove valutano le capacità cognitive come la memoria, il calcolo o l’intelligenza in generale - Test self-report: chiedono al soggetto di rispondere in base ad un giudizio soggettivo a determinate domande che possono riguardare, per esempio, lo stato affettivo, cognitivo, la consapevolezza di malattie o la percezione di stress psico- fisico. ELEMENTI FISSI CHE COSTITUISCONO I TEST PSICOMETRICI: - Gli stimoli devono restare invariati per ciascun soggetto sottoposto a valutazione con quello specifico test; - Le procedure di somministrazione devono essere standardizzate, cioè non devono variare e l’esaminatore si deve attenere alle norme definite nel manuale del test; - Le procedure di registrazione, valutazione, l’interpretazione e l’espressione devono seguire metodi, parametri e linguaggio costanti. L’unico elemento che deve variare in un test è la risposta (reazione) del soggetto esaminato in funzione di ciò che viene definita variabilità individuale. Anche il setting riveste un ruolo importante ed è inteso come l’insieme delle caratteristiche strutturali e funzionali della somministrazione, dovrebbe essere mantenuto costante per far sì che tutti i soggetti sottoposti a quel particolare test possano eseguirlo nelle medesime condizioni. Validità dei test psicometrici→ un test è valido quando misura esattamente la variabile di interesse. Si parla di variabilità di costrutto, infatti il costrutto è proprio la variabile/qualità che si vuole misurare. Possiamo distinguere cinque modalità per verificare la validità di un test: - Validità di contenuto: rappresentatività degli stimoli (item) relativamente alle caratteristiche da cui la qualità che il test intende misurare è costituita→ campionamento; - Validità rispetto ad un criterio temporale o predittiva: la capacità del test di predire il comportamento di un soggetto nel corso del tempo; Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 - Validità fattoriale: Gli item ideati per valutare una variabile devono essere tra loro significativamente correlati, in misura maggiore di quanto risultano correlati con item sensibili ad una variabile differente; - Validità di facciata: adeguatezza delle caratteristiche formali del test in funzione degli obiettivi per i quali è applicato; - Sensibilità e specificità: il test deve misurare la variabile che intende misurare (sensibilità) e non altre variabili (specificità) sia pure a queste correlate; - Affidabilità e attendibilità: Affidabilità riferisce al fatto che un test è costante nel tempo, nei suoi risultati. Per attendibilità si intende la stabilità delle valutazioni tra esaminatori e tempi differenti. La mancanza di stabilità dei risultati determina difficoltà d’interpretazione. TARATURA DEL TEST→Procedimento attraverso il quale si ottengono i dati normativi sulla popolazione generale. ↓ Variabilità inter-individuale nella distribuzione delle prestazioni a un determinato test nella popolazione cui appartiene il soggetto da esaminare, per caratteristiche socio demografiche. ↓ Conoscendo i dati della popolazione generale è possibile collocare la prestazione esibita dal soggetto, in funzione dell’appartenenza o meno a quella popolazione (relativamente alla variabile misurata dal test). Normalità o patologia con cui si esprime quella variabile. Prendono il nome di cut off i punteggi soglia. La deviazione standard consente di quantificare l’importanza delle differenze. Una volta ottenuto dal soggetto il punteggio grezzo (prestazione al momento della valutazione), si trasforma in punteggio standardizzato (corretto per gli effetti dei fattori considerati). Regressione verso la media→ fenomeno statistico che si riferisce ad un effetto per cui un soggetto che ottiene punteggi particolarmente bassi ad una valutazione effettuata al tempo T0, al tempo T1 ha buone probabilità di ottenere punteggi migliori, e viceversa. Possiamo considerare un test valido, quindi applicabile, quando la distanza tra la prestazione di un individuo a quel determinato test e la propria prestazione ideale è nota. L’esaminatore non può conoscere la prestazione ideale di uno specifico ma può fare riferimento alla media di prestazione della popolazione (popolazione di riferimento). Se la prestazione del soggetto esaminato non si discosta troppo dalla media della popolazione di riferimento si può considerare il soggetto come appartenente alla popolazione. Al contrario, una distanza elevata pone dei dubbi sull’effettiva appartenenza del soggetto alla propria popolazione di riferimento. TEST DI PERSONALITA’→ la personalità può essere definita come l’insieme di caratteristiche psicologiche e comportamentali di un individuo distintive e stabili. Questi test hanno l’obiettivo di misurare caratteristiche della personalità di un individuo sia in termini di funzionamento fisiologico (normale), che di alterazione patologica. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Modelli per spiegare il funzionamento della personalità: - Modello ‘’Big five’’ di McCrae e Costa (modello psicologico): secondo questo modello sono cinque le dimensioni di base che costituirebbero il funzionamento della personalità: 1) Estroversione - introversione 2) Gradevolezza - sgradevolezza 3) Coscienziosità - negligenza 4) Nevroticismo - stabilità emotiva 5) Apertura mentale - chiusura mentale - Modello di Cloninger (modello neurobiologico): secondo l’autore la personalità sarebbe costituita da due dimensioni: 1) Temperamento→ formatosi su una base genetico-ereditaria. ↓ Costituito da quattro elementi: la ricerca di novità (novelty seeking), evitamento del danno (harm avoidance), dipendenza della ricompensa (reward dependance), persistenza (persistence). 2) Carattere→ determinato dall’interazione dei fattori di base ed i fattori ambientali. Costituito da: auto direttività, cooperatività, trascendenza di sé. I test di personalità di distinguono in: Test oggettivi Test proiettivi ↓ ↓ Costituiti da stimoli molto strutturati Costituiti da stimoli non strutturati Stimoli costanti e riproducibili Risposte aperte Prevedono una singola risposta Codifica quantitativa più complessa Codifica oggettiva delle risposte Interpretazione personale dello psicologo NO interpret. dello psicologo Trasformazione delle risposte in punteggi Alcuni test di personalità: - Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI) - Test di Rorschach: composto da dieci tavole raffiguranti stimoli simmetrici privi di senso. In una prima fase al soggetto è richiesto di riferire ciò che vede negli stimoli presentati. Nella seconda fase, definita l’inchiesta, si esaminano in modo analitico le risposte del soggetto. Alcuni test di valutazione dell’intelligenza: - Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS): dall’età di 18 anni CENNI DI PSICOPATOLOGIA Le funzioni mentali costituiscono le caratteristiche psicologiche peculiari di ciascun individuo ed hanno l’obiettivo di promuovere sia il corretto orientamento rispetto a se stessi e alla realtà esterna, che un adattamento funzionale all’ambiente di appartenenza. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Le funzioni mentali operano su due macro aree: l’area cognitiva e l’area affettiva. La distinzione è relativa poiché i processi cognitivi e affettivo/emozionali sono intimamente interrelati. DISTURBI DELLA PERCEZIONE La percezione si sviluppa dalla sensazione, attraverso l’elaborazione della relazione tra le caratteristiche sensoriali e le informazioni possedute dal soggetto, consentendo l’identificazione dello stimolo. - La percezione dipende dalle caratteristiche fisiche dello stimolo, dalla sua presenza - La rievocabilità dello stimolo in sua assenza è mediata dal processo di rappresentazione grazie al quale le caratteristiche prototipiche dello stimolo sono internalizzate. Alterazioni del processo percettivo: Illusioni: percezione distorta dello stimolo Allucinazioni: percezione della presenza di uno stimolo in sua assenza DISTURBI DEL PENSIERO Le unità del pensiero sono le idee. Il pensiero è regolato da aspetti formali (ordine/sequenza logica delle idee) e da regole di contenuto (la semantica) che sono sottoposte a verifica attraverso il ragionamento logico (deduttivo e induttivo). - Disturbi della forma→ indebolimento dei nessi associativi: tangenzialità, illogicità, incoerenza, ciscostanzialità, deragliamento. - Disturbi del contenuto→ eccentricità del contenuto: deliri, idee prevalenti, ideazione ossessiva. DISTURBI DELL’AFFETTIVITA’ L’affettività è una funzione mentale responsabile dell’espressione di emozioni e sentimenti. Modificazioni dell’affettività che risultano abnormi ovvero non giustificate da eventi specifici possono rappresentare un’alterazione patologica della funzione. Disturbi dell’umore ↓ - Disturbi depressivi - Disturbo maniacale o ipomaniacale: tono dell’umore elevato, ottimismo immotivato, sensazione di benessere, riduzione del bisogno di alimentarsi e dormire, accelerazione del pensiero e logorrea. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 MODULO 4: LE FUNZIONI COGNITIVE PSICOLOGIA GENERALE → OGGETTO DI INDAGINE: FUNZIONI COGNITIVE le quali vengono studiate con metodi di studio di ricerca in psicologia e neuroscienze. ↓ Ne deriva l’esigenza di conoscere l’organizzazione del cervello umano perche l’ENCEFALO costituisce il sostrato anatomico delle funzioni cognitive infatti AD OGNI ATTO PSICHICO CORRISPONDE UN’ATTIVITA’ CEREBRALE. Uno dei principi cardine della neuropsicologia stabilisce che se si suppone l’esistenza di una funzione mentale con una propria organizzazione specifica, allora deve essere supposta anche l’esistenza di una corrispondente organizzazione anatomo- funzionale. IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE Il sistema nervoso umano è composto da: - SISTEMA NERVOSO CENTRALE (o NEVRASSE) → ha origine dal TUBO NEURALE dalla cui regione rostrale (anteriore) si forma il CERVELLO, mentre dalla regione caudale (posteriore) si sviluppa il MIDOLLO SPINALE; ↓ il SNC interagisce con il - SISTEMA NERVOSO PERIFERICO → costituito da NERVI PERIFERICI e GANGLI. Il TUBO NEURALE SI DIFFERENZIA IN: - PROENCEFALO → DIENCEFALO (talamo e ipotalamo) e TELENCEFALO (emisferi cerebrali); - MESENCEFALO - ROMBOENCEFALO → BULBO, PONTE (strutture del tronco encefalico), CERVELLETTO. I due emisferi sono strutturalmente simmetrici, entrambi con aree deputate alla gestione di funzioni simili ovvero diverse. I due emisferi sono separati tra loro dal solco interemisferico (in cui si inserisce la falce del cervello) → un prolungamento della meninge più esterna dell’encefalo, la DURA MADRE. ↓ Le altre due meningi sono L’ARACNOIDE e la PIA MADRE le quali, insieme al LIQUOR (un fluido) hanno la funzione di proteggere il cervello e il midollo spinale. I due emisferi sono separati ma la comunicazione intercerebrale è garantita da alcune strutture costituite da fasci di fibre nervose di connessione, la più grande è il corpo calloso. CORTECCIA CEREBRALE → è la parte più esterna e superficiale degli emisferi ed è composta dai corpi dei neuroni che formano la sostanza grigia mentre riveste la sostanza bianca sottostante. All’interno degli emisferi abbiamo l’AMIGDALA e l’IPPOCAMPO, nuclei di sostanza grigia coinvolti in numerose funzioni motorie e cognitivo-affettive. ENTRAMBI GLI EMISFERI SONO SUDDIVISI IN QUATTRO LOBI: - LOBO FRONTALE QUESTA SUDDIVISIONE NON E’ SOLO STRUTTURALE - LOBO TEMPORALE MA SOPRATTUTTO FUNZIONALE - LOBO PARIETALE - LOBO OCCIPITALE La corteccia cerebrale è come ripiegata su se stessa costituendo le CIRCONVOLUZIONI, ripiegature che delimitano aree cerebrali. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Si possono individuare alcune scissure primarie: - SCISSURA LATERALE o SCISSURA DI SILVIO → separa i lobi frontale e parietale dal lobo temporale; - SOLCO CENTRALE o SCISSURA DI RONALDO → delimita il lobo frontale e parietale; - SCISSURA PARIETO-OCCIPITALE → delimita lobo parietale e occipitale LA CORTECCIA CEREBRALE → aree coinvolte nelle FUNZIONI SENSORIALI, MOTORIE E ↓ COGNITIVO- AFFETTIVE. Si distinguono in particolare: AREE SENSORIALI E MOTORIE DI PRIMO, SECONDO E TERZO ORDINE: Le aree sensoriali primarie ricevono la maggior parte delle proiezioni dal talamo, struttura importante che riceve informazioni da quasi tutte le vie sensoriali e le invia alla corteccia. Le aree sensoriali primarie hanno il compito di effettuare una prima elaborazione degli stimoli provenienti dai recettori periferici che verranno successivamente sottoposti ad un livello di elaborazione più complesso, le aree di ordine superiore. La corteccia motoria primaria è responsabile dei movimenti volontari dei quattro arti e del tronco. Le cortecce motorie di ordine superiore sono responsabili delle elaborazioni di informazioni complesse relative al movimento. AREE ASSOCIATIVE: ricevono informazioni dalle diverse aree sensoriali con la funzione di integrarle al fine di mettere in atto comportamenti diretti a fini specifici. Sono aree impegnate in funzioni cognitive, affettive e motorie di alto livello indipendenti dalla singola modalità sensoriale. Possiamo distinguere: - Aree associative prefrontali: implicata in funzioni cognitive e motorie → Pianificazione motoria, memoria di lavoro, funzioni esecutive. - Corteccia associativa parieto-temporo-occipitale: per aree somatiche, visive e uditive → Riceve le proiezioni ed integra le informazioni sensitive, definendo le percezioni. - Corteccia associativa limbica → media le funzioni mnestiche e motivazionali- affettive. E’ importante sottolineare che all’interno di un’area associativa regioni diverse mediano funzioni diverse. KELLY e DODD (1998) → INDIVIDUANO QUATTRO PRINCIPI CIRCA L’ORGANIZZAZIONE DEL ANATOMICA DEL SISTEMA NERVOSO. NELLO SPECIFICO: a) Ciascun sistema contiene stazioni sinaptiche → Nelle vie sensoriali, motorie e motivazionali sono presenti stazioni sinaptiche di ritrasmissione in cui le informazioni sono soggette a variazioni anche in funzione delle informazioni provenienti da centri superiori. Questa caratteristica consente la rimodulazione costante del segnale. b) Ciascun sistema contiene vie diverse → i diversi sistemi sono costituiti da sub-componenti, cioè vie diverse specializzate in funzioni diverse. Questo accade sia per le vie sensoriali, sia per le vie motorie. c) Ciascuna via è organizzata topograficamente→ le informazioni provenienti da aree (recettori) contigue vengono inviate ad aree continue della corteccia cerebrale, conservando in tal modo le relazioni spaziali esistenti all’origine. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 d) La maggior parte delle vie sono crociate→ Le vie sensoriali e motorie sono bilaterali e simmetriche e, per la maggior parte, si incrociano (decussano) a livello del bulbo o del midollo spinale. Questo comporta che gli emisferi controllano i movimenti e ricevono informazioni dalle regioni corporee contro laterali alla localizzazione della rappresentazione corticale. In altre parole, l’emisfero destro elabora le informazioni relative alle regioni corporee di sinistra e viceversa l’emisfero sinistro elabora le informazioni di destra. AREA DI BRODMAN Brodman, 1900 → suddivise le aree della corteccia individuandone 50, le quali avrebbero caratteristiche citoarchitettoniche (strutturali) e funzionali distinte. ↓ ne deriva che Il cervello ha un’organizzazione propria con aree distinte che, in connessione con altre, svolgono funzioni proprie all’interno di un circuito neuronale complesso e integrato. FUNZIONI STRUMENTALI E FUNZIONI DI CONTROLLO Nonostante ci siano aree specifiche associate a funzioni specifiche, diverse evidenze sperimentali hanno documentato come funzioni complesse siano mediate dall’attività di reti o network funzionali che comprendono regioni cerebrali topograficamene anche molto distanti tra loro. E’ utile menzionare il fenomeno della DIACHISI→ ad esempio, danni in un’area specifica può avere effetti anche in regioni non contigue alla zona colpita, perché aree lontane sono comunque connesse tra loro da una rete funzionale. Il cervello è costituito da reti complesse che mettono in comunicazione numerose aree ciascuna delle quali assolve compiti fondamentali per consentire il funzionamento corretto delle abilità. ↓ - FUNZIONI STRUMENTALI → operano all’interno di domini specifici, quali il linguaggio, la memoria, la visuo percezione e le abilità prassiche. Permettono di definire le caratteristiche che costituiscono gli stimoli, al fine di attribuirne il significato. Un danno ad una di queste funzioni NON COMPROMETTE le altre. LE AREE DEDICATE ALLA MEDIAZIONE DELLE FUNZIONI STRUMENTALI SONO COLLOCATE NELLE REGIONI POSTERIORI DEI LOBI FRONTALI E NEI LOBI PARIETALE, TEMPORALE E OCCIPITALE; - FUNZIONI DI CONTROLLO → hanno il compito di facilitare l’implementazione di processi funzionali al raggiungimento di obiettivi e, quindi, di promuovere l’adattamento dell’individuo al proprio ambiente. Sono coinvolte nel monitoraggio, nel coordinamento e nella verifica dei processi. Rientrano tra queste funzioni i sistemi attentivi, le funzioni esecutive e la memoria di lavoro. Diversamente dalle funzioni strumentali, un indebolimento delle funzioni di controllo PUO’ DETERMINARE ALTERAZIONI in tutte le altre abilità cognitive. LE AREE OMPLICATE NELLA MEDIAZIONE DELLE FUNZIONI DI CONTROLLO SONO COLLOCATE NELLE REGIONI ANTERIORI DEL LOBO FRONTALE E COSTITUISCONO LA CORTECCIA PREFRONTALE. PROCESSI D’INIBIZIONE→processi che promuovono l’accuratezza nella scelta dello stimolo bersaglio riducendo la salienza e la rilevanza per il soggetto di stimoli periferici che potrebbero divenire interferenti. Si occupano anche dell’inibizione di comportamenti e atteggiamenti interferenti. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 DAMASIO e BURGESS → diedero un contributo nella comprensione del ruolo dei processi di controllo sul comportamento. ↓ ‘’Il caso del signor EVR’’: il signor EVR si sottopose ad un intervento chirurgico per l’esportazione di un meningioma frontale bilaterale molto esteso con danni alle strutture orbito-frontali dell’encefalo. Dopo l’operazione manifestò delle modifiche a livello del comportamento chiamate cambiamenti di personalità. Quindi, a causa dei disturbi delle funzioni di controllo, egli non riusciva ad applicare in modo funzionale le proprie facoltà intellettive. IL SISTEMA ATTENTIVO (è una funzione di controllo) ↓ Non esiste una sola attenzione bensì un sistema attentivo in cui si distinguono diverse componenti attentive con qualità differenti. Possiamo concepire l’attenzione come un sistema la cui attività è volta a filtrare e organizzare gli stimoli, le informazioni, più in generale i dati al fine di promuovere l’implementazione di abilità cognitive complesse, quali ad esempio il pensiero, il linguaggio e il riconoscimento degli oggetti e delle persone, e di selezionare schemi comportamentali di risposta (le azioni). L’attenzione è sostenuta da un livello di attivazione basale definito AROUSAL, inteso come un’attivazione che garantisce ‘’prontezza fisiologica’’ per rispondere con efficacia alla presenza di stimoli sia interni sia esterni. YERKES e DODSON (1908) → formularono un’ipotesi per spiegare la relazione tra arousal ed efficienza del sistema dell’attenzione. I ricercatori, attraverso le loro ricerche, giunsero alla conclusione che occorrono livelli ottimali di attivazione di base per consentire al sistema attentivo di lavorare efficacemente. In particolare: - A livelli troppo bassi o troppo alti → corrisponderebbero le prestazioni peggiori; - A livelli intermedi → corrisponderebbero le prestazioni migliori. I livelli di attivazione garantiscono lo stato di vigilanza dell’individuo che varia lungo un continuum che si estende dal sonno agli stati di eccitazione. L’attenzione è quindi un sistema di filtraggio degli stimoli, consente di ‘’allertare’’ l’individuo circa la presenza di stimoli rilevanti per l’organismo o salienti, rispetto ai quali è necessario predisporre un programma di risposta o dedicare un’elaborazione approfondita. Stimoli non salienti e non rilevanti sono invece ignorati dal sistema. I processi di filtraggio e selezione degli stimoli sono sia consapevoli (intenzionali) che inconsapevoli (impliciti e automatizzati). In psicologia e neuropsicologia distinguiamo quattro componenti del sistema attentivo: - ATTENIONE SELETTIVA → la capacità del sistema di focalizzare l’attenzione sullo stimolo rilevante consentendo l’attivazione della risposta adeguata e la capacità di inibire lo stimolo/informazione interferente. Ciò si applica agli stimoli (interni ed esterni) e agli schemi d’azione; - ATTENZIONE SOSTENUTA → la capacità di mantenere un costante livello di vigilanza adeguato e protratto nel corso del tempo; - ATTENZIONE DIVISA → la capacità di utilizzare l’attenzione per sostenere l’esecuzione di compiti diversi contemporaneamente; - ATTENZIONE ALTERNATA → la capacità di ‘’spostare’’ (shifting) l’attenzione tra rappresentazioni mentali e processi cognitivi diversi in funzione dell’obiettivo. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 In termini neurobiologici, l’attenzione è un sistema distribuito sostenuto dall’attività di popolazioni neuronali collocate in diverse regioni corticali e sottocorticali. Disturbi dell’attenzione conseguono a danno diffuso dall’encefalo o a lesioni selettive che coinvolgono aree discrete. A livello corticale, particolarmente implicate nella mediazione dei processi cognitivi sono le regioni della corteccia prefrontale e parietale MODULO 5: FUNZIONI COGNITIVE, MECCANISMI DI APPRENDIMENTO E SISTEMI DI MEMORIA I meccanismi di apprendimento e i processi mnesici sono tra loro strettamente interconnessi perché un apprendimento non può verificarsi senza il consolidamento di una nuova conoscenza e, a sua volta, non è possibile immagazzinare nuove conoscenze senza che queste siano sottoposte ad un processo di apprendimento. La capacità di apprendere è connessa con la capacità di memorizzare. APPRENDIMENTO→ può essere concettualizzato come una spinta interna che smuove l’uomo verso il raggiungimento di un obiettivo. La capacità di apprendimento è in rapporto diretto con la motivazione, la spinta motivazionale del soggetto. ↓ Non esiste un solo meccanismo di apprendimento, vediamo nello specifico: MECCANISMI IMPLICITI DI APPRENDIMENTO: CONDIZIONAMENTO CLASSICO, CONDIZIONAMENTO OPERANTE, MODELING. IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO (CC) → PAVLOV: l’individuo apprende associazioni tra determinati eventi definiti: la comparsa di uno stimolo e il verificarsi di una risposta S→R Le fasi dell’esperimento sono 3: 1) Al cane è presentato uno stimolo incondizionato (SI), il cibo, che naturalmente lo porta alla salivazione, ed uno stimolo neutro o condizionato (SC) il suono della campanella che non ha alcuna relazione né con il cibo né con la risposta della salivazione; 2) Il suono della campanella è presentato al soggetto (il cane) immediatamente prima della comparsa del cibo per un po’ di volte, quindi ripetendo la sequenza SC e SI; 3) Attraverso la sola presentazione del suono della campanella, il cane inizia a salivare poiché associa quel suono alla comparsa del cibo. Dunque si è verificato il successo dell’esperimento in quanto si è stabilito nel cane l’apprendimento tra il suono e la salivazione. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Caratteristica importante di questo meccanismo è la generalizzazione, nel senso che suoni simili producono la risposta di salivazione esattamente come il suono utilizzato per l’esperimento (analogia fisica). Possono essere stabiliti anche condizionamenti di ordine superiore ↓ ad esempio se al suono della campanella viene fatto precedere un ulteriore stimolo, come la presenza di un colore specifico per un numero congruo di ripetizioni, si può determinare la formazione di una nuova associazione tra colore e risposta (salivazione), infatti il cane inizierà a salivare alla sola presentazione del colore. Attraverso questo meccanismo possono essere stabilite catene di associazioni che consentono all’individuo di anticipare il verificarsi di un evento. E’ una sorta di apprendimento implicito che consente di acquisire rapidamente e di mettere in atto delle risposte/comportamenti in modo automatico. Tuttavia, un limite del condizionamento classico è che l’apprendimento instauratosi non ha durata illimitata e dopo un certo numero di presentazioni dello stimolo condizionato senza lo stimolo incondizionato, la risposta tende a presentarsi con minore frequenza. I principi alla base del condizionamento classico sono stati e sono tuttora applicati in ambito psicoterapeutico per il trattamento di alcuni disturbi d’ansia (es. fobie) e, in generale, per la modifica di comportamenti disfunzionali appresi. Gli psicoterapeuti comportamentisti hanno applicato queste tecniche che sono: - Desensibilizzazione sistematica (di Wolpe) → prevede che il soggetto sia posto in una condizione di rilassamento in modo da contrastare l’emergere dell’eccitamento provocato dall’ansia, e sia gradualmente esposto allo stimolo che gli provoca ansia. - Condizionamento avversivo → comportamenti disfunzionali associati ad una sensazione di piacere (come assumere sostanze o alcol) vengono associate, al contrario, a stimoli che producono reazioni spiacevoli nell’organismo. In questo modo l’organismo apprendere l’associazione stimolo (inizialmente piacevole) con la risposta spiacevole, riducendo così la probabilità che sia ricercato in seguito. CONDIZIONAMENTO OPERANTE (CO) → SKINNER: questo metodo fu applicato successivamente alla legge d’effetto formulata da Thorndike→ in base a questa legge, un comportamento/risposta avrà più o meno probabilità di essere ripetuto e quindi appreso in funzione dell’effetto da questo esercitato sull’ambiente in cui viene prodotto. Fu quindi introdotto da Skinner il concetto di rinforzo, positivo (se ci sono delle ricompense) o negativo (se ci sono delle punizioni), capace di determinare l’apprendimento o l’inibizione di un comportamento. I rinforzi possono essere: - Primari: quando rispondono ad un bisogno fisiologico (bere e mangiare) - Secondari:quei bisogni che sono maturati nell’uomo durante l’apprendimento e non sono connessi con una risposta fisiologica dell’organismo (denaro, lodi, promozioni,ect). I rinforzi possono essere somministrati: - A rapporto fisso: sempre una volta su sette; Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 - A intervallo fisso: es. ogni minuto; - A rapporto variabile: secondo una proporzione che lo rende imprevedibile; - A intervallo variabile: con tempi variabili rendendolo imprevedibile. Anche i principi del CO sono applicati in ambito terapeutico e pedagogico. IL MODELING → è un meccanismo di apprendimento per imitazione. Si riferisce all’apprendimento di un comportamento e di una competenza attraverso l’osservazione di un modello. Non si fa dunque esperienza diretta, piuttosto l’esperienza è indiretta e avviene attraverso l’osservazione degli esiti della risposta di altri. Si ritiene che l’imitazione stessa abbia una valenza di rinforzo. LIMITI DEL CC,CO E MODELING: I meccanismi di apprendimento fin ora citati per quanto si siano rivelati validi, si basano sulla costruzione dell’apprendimento tra uno stimolo (S) e una risposta (R), quindi il ruolo dell’intenzionalità dell’individuo appare ridotto o non rilevante. L’impressione è che questi processi possano spiegare l’apprendimento di relazioni semplici e di abitudini elementari, ma non di comportamenti cognitivi particolarmente complessi. Dobbiamo pertanto assumere una prospettiva leggermente diversa. Apprendere vuol dire acquisire nuove conoscenze che consistono in associazioni tra contenuti e significati che devono essere integrati all’interno delle conoscenze preesistenti. Non si tratta solo di immagazzinare l’esistenza di una relazione tra uno stimolo e una risposta ma entrano in gioco le capacità di elaborazione attiva del soggetto che implementa processi di astrazione e sintesi per costruire schemi cognitivi che possano dare significato all’esperienza nuova nel contesto dell’esperienza appresa. PROCESSI METACOGNITIVI →ci consentono di osservare, monitorare e rimodulare le operazioni mentali che utilizziamo. CORNOLODI propone una distinzione tra: - Conoscenza meta cognitiva → si intendono le idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale. Queste idee inducono impressioni, sentimenti, intuizioni, nozioni, ecc. Dunque la conoscenza meta cognitiva includerebbe qualsiasi unità del sistema di conoscenze che fa parte della memoria a lungo termine. - Processi meta cognitivi di controllo → sono inseriti quei processi mentali dedicati alla pianificazione, il monitoraggio, la supervisione e l’individuazione di strategie. La meta cognizione include, quindi, sia la capacità di formulare ‘’giudizi’’ sulla propria attività mentale che di verificarne la coerenza. Secondo LINDSDAY E NORMAN (1975) si verifica: a) Accrescimento dello schema precedente; b) Una sintonizzazione con lo schema precedente; c) Strutturazione vera e propria. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 ADAPTIVE CONTROL OF THOUGH (1995) → ANDERSON ↓ Questo apprendimento procederebbe attraverso tre fasi: a) Fase cognitiva: sono analizzate le informazioni relative al compito e memorizzati i diversi elementi. In questa fase vengono definiti gli obiettivi, gli strumenti e le modalità per raggiungerli; b) Fase associativa: le conoscenze generali acquisite nella fase precedente sono applicate nel concreto della situazione specifica consentendo di apprendere le relazioni spaziali tra i diversi elementi; c) Fase di automatizzazione: sono velocizzate le procedure comportamentali che richiedono ora risorse cognitive minori. I SISTEMI DI MEMORIA → Una volta appresa un’abilità, questa può essere attuata utilizzando meccanismi di recupero automatici, in modo implicito. La messa in atto di tali procedure richiede uno sforzo attentivo ridotto. La memorizzazione delle informazioni deve essere intesa come un meccanismo passivo sotteso da processi di pura registrazione del materiale? ↓ IPOTESI DELLA RIAPPARIZIONE – NEISSER (1967) → i ricordi sono da considerare eventi mentali ‘’chiusi’’, copie finite del materiale studiato e successivamente immagazzinato. I ricordi, dunque, possono scomparire e riapparire molte volte, ipotesi confermata anche dai flash di memoria. ↓ per spiegare questi flash è stato proposto uno schema: Teoria del Now Print di Brown e Kulik (1977) → evidenzia diversi step attraverso i quali lo stimolo che entra in contatto con il soggetto è sottoposto a diversi livelli di analisi che ne determinano la successiva memorizzazione. Lo stimolo è registrato a livello dei sistemi sensoriali in funzione della memoria caratteristica dello stimolo. Il sistema: 1) Analizza il grado di sorpresa dello stimolo, il quale deve essere sufficientemente elevato da attirare l’attenzione del sistema senza però superare la soglia dello shock che può determinare la rimozione dello stimolo stesso e, dunque, l’amnesia; 2) Analizza l’importanza dello stimolo la quale, se è alta lo stimolo andrà incontro ad ulteriori processi di elaborazione altrimenti non sarà memorizzato; 3) Costruzione di un flash di memoria che consente il recupero di informazioni degli eventi originari. In altre parole si costruirebbero tracce mnesiche che sarebbero recuperabili in modo sostanzialmente veridico. Il flash di memoria è interessante perché consente di mettere in luce la capacità del sistema della memoria di riprodurre in modo relativamente fedele informazioni contenute nel sistema. La memoria non è solo un mero meccanismo di registrazione ma si avvale anche di processi attivi applicando ‘’schemi’’ flessibili al materiale di studio. Associato al concetto di schema è il concetto di elaborazione dell’informazione. Nell’atto di memorizzare, più il materiale è elaborato nei termini del suo significato, maggiormente profondo è il livello di elaborazione. Differentemente, se l’elaborazione è focalizzata sulle caratteristiche fisiche degli stimoli (forma, colore, etc) il livello di elaborazione è più superficiale. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Il sistema di memoria è composto da diverse componenti tra loro differenziabili e relativamente indipendenti: a) Criterio temporale (MBT e MLT); b) Caratteristiche del ricordo (Memoria episodica e memoria semantica); c) Momento dell’acquisizione (Memoria anterograda e retrograda); d) Livello di consapevolezza (Memoria esplicita e memoria implicita). A) CRITERIO TEMPORALE ↓ La durata di un ricordo (cioè l’intervallo di tempo entro il quale è possibile mantenere e richiamare una determinata informazione) differenzia: - Memoria a breve termine (o memoria primaria – MBT): ci consente di mantenere attiva un’informazione per un periodo di tempo limitato (circa 20 secondi), dopo il quale l’informazione andrà in contro ad oblio. Anche la quantità di informazioni che può essere mantenuta è bassa, a differenza della MLT. La MBT si avvale di processi di codifica maggiormente connessi con le caratteristiche fisiche dello stimolo. - Memoria a lungo termine (o memoria secondaria –MLT): si avvale di processi di codifica semantica, quindi con un livello di elaborazione maggiore. Permette di mantenere l’informazione per sempre. MBT COME MEMORIA DI LAVORO – BADDELEY ↓ Memoria operativa attiva in operazioni sia di mantenimento sia di manipolazione dell’informazione. La memoria di lavoro (working memory) sarebbe costituita da: - Un esecutore centrale: concepito come un sistema vero e proprio con il compito di monitorare, verificare e riordinare l’informazione. La corteccia prefrontale dorso laterale sarebbe implicata nella mediazione dei suoi processi. Questo esecutore opererebbe sull’informazione contenuta in due sotto-insiemi: - Il taccuino visuo-spaziale: deputato al mantenimento e all’implementazione di processi di rehearsal relativamente alla forma e alla posizione degli oggetti nello spazio. - Il loop articolatorio: dedicato al mantenimento dell’informazione verbale. Aree inferiori e ventrali della corteccia prefrontale sarebbero invece implicati nell’esecuzione delle operazioni dei due sotto-insiemi. ↓ - Ipotesi neurofunzionale processo-specifica: Reclutamento di aree cerebrali diverse in funzione del tipo di processo – esecutivo o di mantenimento – richiesto. - Ipotesi neurofunzionale dominio-specifica: Reclutamento di aree cerebrali diverse in funzione della modalità di elaborazione del meteriale: verbale, visivo, spaziale Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 B) CARATTERSTICHE DEL RICORDO ↓ Nel 1972 Tulvin all’interno della MLT differenziò due sistemi: 1) Memoria semantica: ‘’luogo’’ in cui sono immagazzinati i significati dei simboli (le parole), i concetti e i fatti che hanno perduto le caratteristiche di riferimento spazio- temporale. Qui l’informazione non è immagazzinata in modo casuale ma dobbiamo immaginare i concetti ‘’vicini’’ semanticamente anche ‘’vicini’’in questa rete. Questo implica che l’attivazione di un concetto facilita l’attivazione di un altro concetto ad esso associato semanticamente in misura maggiore rispetto ad un concetto che condivide con il primo un basso grado di associazione. Questo non è altro che il modello della propagazione dell’attivazione di Quillian (1969). Nel cercare un’informazione all’interno del nostro sistema semantico iniziamo da un ‘’nodo’’ che viene attivato e da cui si propaga l’attivazione a nodi ad esso connesso iniziando dai nodi più vicini. Ad esempio dalla parola ‘’coltello’’ si attiva il nodo delle parole che fanno parte della stessa famiglia come ‘’forchetta’’, ‘’cucchiaio’’, ecc anziché parole come ‘’nave’’ o ‘’divano’’. La prova più convincente viene dagli esperimenti che hanno studiato il fenomeno del priming semantico; il priming è un effetto di facilitazione nel processamento di uno stimolo quando questo è preceduto da un altro stimolo ad esso associato per caratteristiche percettive, semantiche o contestuali. Nel caso di una demenza semantica, si osserva un’atrofia nelle regioni anteriori dei lobi temporali associata a un degrado delle conoscenze semantiche relative agli oggetti. La persona affetta da questa sindrome non è in grado di denominare oggetti (anomia) a causa della perdita di informazioni su di esse. Modelli neurofunzionali della memoria semantica: Distributed only view e Distributed plus-hub view 2) Memoria episodica: si riferirebbe a quei ricordi che sono ancorati al contesto spazio-temporale in cui questi sono appresi e alle esperienze dirette del soggetto. Questo sistema di occupa dell’acquisizione, ritenzione e rievocazione dell’informazione con le coordinate spazio-temporali caratterizzanti il momento dell’acquisizione. Nel recupero di un ricordo possiamo trovarci di fronte a due condizioni: - Prima condizione (Recollection): siamo in grado di affermare con ragionevole grado di certezze che quell’evento (stimolo) è conosciuto, è noto , recuperando informazioni contestuali accurate. - Seconda condizione (giudizio di familiarità): potremmo avere difficoltà a recuperare pienamente le informazioni contestuali mentre potremmo essere in grado di esprimere un giudizio di familiarità sullo stimolo. Fa parte della memoria episodica anche la memoria autobiografica, che si riferisce al recupero di eventi della vita del soggetto. Particolarmente importanti per la mediazione dei processi di memoria episodica sono le strutture temporali mesiali, la cui lesione può determinare una grave Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 sindrome amnesica. La memoria episodica è compromessa nella forma tipica della demenza di Alzheimer. Memoria prospettiva (MP) → comprende la capacità di rievocare l’intenzione di eseguire determinate azioni nel futuro. Per il suo corretto funzionamento, diverse evidenze suggeriscono che sono fondamentali sia le funzioni esecutive che la memoria episodica. In particolare, si distinguono due componenti della MP: - Componente prospettica: si riferisce all’attivazione dell’intenzione di eseguire una determinata azione; - Componente retrospettiva: si riferisce al contenuto dell’intenzione quindi ciò che deve essere fatto e al consolidamento dell’associazione tra azione da svolgere ed il momento in cui deve essere svolta. Ricordarsi di ricordare: - Time-based: eseguire un’attività allo scadere di un intervallo di tempo - Event-based: eseguire un’attività al presentarsi uno stimolo/evento trigger nell’ambiente. C) MOMENTO DI ACQUISIZIONE ↓ Nel momento di acquisizione, si possono distinguere due tipologie di memoria: - Memoria anterograda: si riferisce all’acquisizione di nuova informazione; - Memoria retrograda: comprende il materiale immagazzinato nel periodo antecedente il momento della valutazione. Successivamente ad una lesione cerebrale, si distinguono un’amnesia anterograda con deficit di apprendimento di nuova informazione, e amnesia retrograda con deficit di recupero di informazione precedente rispetto al momento in cui si è verificato il danno cerebrale. D) LIVELLO DI CONSAPEVOLEZZA ↓ - Memoria implicita/procedurale: informazioni e procedure immagazzinate dall’individuo che esercitano un’influenza sul suo modo di valutare gli eventi seguenti senza che egli abbia coscienza di possedere tali informazioni; - Memoria esplicita/dichiarativa: al contrario,riguarda i processi intenzionali di rievocazione dei ricordi sui quali il soggetto può esprimere un giudizio di ‘’conoscenza’’ in modo consapevole. DUE MECCANISMI BIOLOGICI ALLA BASE DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO: - Potenziamento sinaptico a lungo termine (LPT): avviene sostanzialmente attraverso tre meccanismi: l’incremento della quantità di neurotrasmettitore che viene liberato nello spazio sinaptico, la maggiore reattività di recettori e le modificazioni delle sinapsi mediate dalla sintesi proteica. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 - Depressione sinaptica a lungo termine (LTD): le connessioni che non sono stimolate vengono gradualmente depotenziate o depresse. ↓ Plasticità neuronale → s’intende la capacità delle reti neurali di modificare le proprie caratteristiche funzionali e strutturali, modellandole in funzione delle esperienze e delle sollecitazioni provenienti dall’ambiente. E’ un processo di adattamento attraverso il quale il cervello potenzia le connessioni necessarie e inibisce i collegamenti non necessari. Le informazioni tra i neuroni sono trasmesse attraverso le sinapsi che costituiscono punti di congiunzione tra due neuroni attraverso i quali le cellule nervose ‘’comunicano’’. Le comunicazioni tra neuroni sono mediate da sostanze chimiche, i neurotrasmettitori, rilasciate dalle vescicole sinaptiche. Durante l’apprendimento si stabiliscono numerose sinapsi tra neuroni i quali, attivandosi in modo sincronizzato, stabiliscono delle connessioni durevoli. MODULO 6: PERCEZIONE E LINGUAGGIO Molto importanti furono le osservazioni neuropsicologiche cliniche per spiegare il funzionamento della: - Percezione→ Lissauer (pazienti con angoscia visiva, ovvero difficoltà nel riconoscere gli oggetti (stimoli) – lesioni posteriori cerebrali) - Linguaggio→ Broca e Wernicke (lesioni cerebrali sull’emisfero sinistro) LA PERCEZIONE Secondo CANESTRARI, nel discutere la percezione possiamo adottare due vertici: Vertice del realismo ingenuo →la percezione è un fenomeno strettamente connesso con i processi sensoriali. Di conseguenza potrebbe nascere l’ipotesi sull’esistenza di corrispondenza diretta e fedele tra ciò che è percepito e ciò che esiste nella realtà. Quindi sovrapposizione tra sensazione e percezione. Vertice analitico →il riconoscimento/la percezione di un suono, un odore ecc avviene grazie a processi di selezione, interpretazione e integrazione. Questi tre elementi vanno a costruire il processo percettivo. La percezione avviene attraverso due processi: - Processo top-down→ Le capacità cognitive superiori modulano la percezione. Il percorso percettivo va dal generale al particolare. Secondo questa ipotesi sarebbero le conoscenze più generali sull’oggetto a determinarne la percezione attraverso l’interpretazione dei dati sensoriali. - Processo bottom-up→ I dati sensoriali guidano il percorso percettivo. Il percorso percettivo va dal particolare al generale. Sarebbe il dato sensoriale a guidare il percorso percettivo. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Secondo NEISSER è probabile che nella percezione siano implicati entrambi i processi in funzione delle caratteristiche sia dell’oggetto che del soggetto. Tuttavia esistono tre osservazioni che mettono in discussione tale prospettiva: 1- Assenza di percezione soggettiva in presenza di stimoli nella realtà: ad esempio lo spettro visivo dell’uomo non consente di vedere i raggi ultravioletti, il cui però effetto è evidente sulla nostra pelle. 2- Presenza di percezione soggettiva in assenza di stimoli nella realtà: ad esempio vedere linee dove in realtà non ci sono (ed. illusione dei triangoli di Kanissa); 3- Riduzione della corrispondenza tra stimolo nella realtà e percezione: capita di avere delle percezioni semplici che non corrispondono pienamente alla realtà. Secondo queste tre prospettive, dunque, dobbiamo prendere il considerazione l’ipotesi che non vi sia relazione lineare o diretta tra stimolo fisico e il prodotto percettivo. Alla formazione della ricostruzione (rappresentazione) interna dello stimolo esterno contribuiscono sia le caratteristiche fisiche dello stimolo, sia le caratteristiche specifiche del sistema partecipante. - FREGNAC E BATELLIER (2015)→ Il processo percettivo è attuato molto rapidamente, e le percezioni si strutturano senza la necessità di utilizzare particolari risorse attentive, ma attraverso un meccanismo di “pop-up”; - ABBOUD E COLL. (2015)→ Riformulazione delle stimolazioni sensoriali in segnali (trasduzione) che possano essere codificati a livello neuronale ed elaborati dalle regioni corticali. - GREGORY (1997) → le “inferenze” percettive sono il frutto di proiezioni mentali da parte del soggetto che sono accettate come realtà e sono conseguenza delle aspettative che ha il soggetto -che il cervello ha costruito- su ciò che deve essere percepito in determinate condizioni, in funzione delle precedenti esperienze sensoriali e motorie. Più la realtà è destrutturata (e ambigua), più la ricostruzione dell’individuo della realtà stessa è determinata dalle caratteristiche interne del sistema e non dalle peculiarità fisiche degli stimoli. Il senso della vista è il più utilizzato dall’uomo per riconoscere gli stimoli ambientali. La ricostruzione dell’unità dell’oggetto è un processo attivo che dipende dall’elaborazione delle radiazioni che dagli oggetti giungono alla retina in modo discreto. La percezione di oggetti che si stagliano sullo sfondo è immediata e avviene in modo inconsapevole. Grazie alla rottura dell’omogeneità della stimolazione proveniente dal campo visivo riusciamo a percepire la profondità. RUBIN (1921) nelle sue ricerche individuò alcune condizioni che determinano la possibilità, da parte del soggetto partecipante, di individuare una configurazione di stimolo come una figura distinta rispetto alle altre. Ha individuato: a) grandezza relativa alle parti, secondo cui l’area più piccola tenderà ad essere percepita come figura; b) rapporti topologici, le aree che sono incluse in aree più grandi tendono ad essere considerate come figure; Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 c) caratteristiche dei margini, il fatto che un’area abbia margini convessi rende più probabile che questa venga percepita come figura rispetto ad un’area con margini concavi. WERTHEIMER (1923) → Leggi della segmentazione del campo visivo ↓ - La vicinanza delle parti - la somiglianza - la chiusura dei margini - la continuità di direzione - la buona gestalt - l’esperienza passata Sono tutti fattori che inducono nel soggetto la percezione di unità e, quindi, di oggetto o figura. KOHLER sottolinea che, quando le condizioni sono percettivamente destrutturate, l’esperienza passata può esercitare una grande influenza nel determinare il prodotto della percezione. In condizioni di elevata strutturazione, invece, l’influenza di questo fattore si riduce in modo significativo. Percezione della profondita’ → dipende da due processi: processi fisiologici: riguardano gli elementi fisici che caratterizzano il funzionamento dell’organo della vista (occhio), quindi: convergenza, accomodazione, stereopsi o visione binocurale; processi psicologici: tutti quei processi che analizzano alcuni indizi presenti nel campo della stimolazione visiva, quindi: grandezza relativa, sovrapposizione, luci e ombre, luminosita’, prospettiva area e lineare, densita’ di tessitura. Il processo percettivo: Il modello di LISSAUER → formulo’ delle ipotesi sui disturbi del riconoscimento visivo degli oggetti. Per agnosia visiva si intende la difficoltà di riconoscere stimoli, oggetti e persone attraverso il canale visivo. Nello specifico identifica: - Agnosia appercettiva: determinata da un’interruzione del processo percettivo nelle fasi iniziali di strutturazione delle proprie caratteristiche; E’ causata da lesioni laterali destre delle regioni parietali, temporo-occipitali e occipitali. - Agnosia associativa: determinata da un’alterazione del processo di riconoscimento dell’oggetto in una fase piu’ avanzata. E’ causata da lesioni bilaterali posteriori che determinano una disconnessione tra le strutture di elaborazione appercettiva visiva e le regioni in cui sono ‘’contenute’’ le informazioni sugli attributi degli oggetti. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Il modello di MARR → è il passaggio alla dimensione 3D che consente la codifica strutturale definitiva dell’oggetto che può essere osservato ora da una prospettiva allocentrica, cioè non dipende dai diversi punti di vista dell’osservatore. Il processo percettivo di Marr segue il seguente schema: - Schema primario: analisi delle caratteristiche dell’oggetto - Schema 2 D: informazioni sulla profondità e prospettiva - Schema 3D: codifica strutturale dell’oggetto con successiva attivazione delle conoscenze semantico-contestuali. Percepire un oggetto significa individuare le caratteristiche della forma, dei margini, le dimensioni, ma anche analizzare informazioni spaziali quali la posizione nello spazio e le relazioni tra i diversi elementi dell’oggetto stesso. Esistono due circuiti cerebrali distinti: 1) Ventral stream occipito-inferotemporale (via del what) → deputato al riconoscimento delle caratteristiche della forma degli oggetti secondo una rappresentazione allocentrica; 2) Dorsal stream occipito-parietale (via del where) → dedicato al riconoscimento delle caratteristiche spaziali degli stimoli seguendo una rappresentazione secondo una prospettiva egocentrica. IL LINGUAGGIO E’ una tra le più complesse funzioni del cervello umano il quale ci permette di comunicare con gli altri attraverso la comprensione e la produzione delle parole (o dei segni). Il linguaggio non e’ solo comunicazione ma svolge un ruolo anche in altre abilità, quali : organizzare idee, strutturare pensieri, pianificare obiettivi e mantenere relazioni. - Fonemi: sono le più piccole unità linguistiche che possono essere identificat in termini distintivi, prodotte dal movimento coordinato dei muscoli del tratto vocale. I fonemi corrispondono alle lettere che costituiscono le parole; - Morfemi: particelle più piccole del linguaggio dotate di significato. Non sono altro che la combinazione di fonemi; - Sintassi: l’insieme di regole del linguaggio che consente la formazione di frasi corrette formalmente, coerenti e dotate di senso compiuto. Nella prospettiva psicolinguistica si distinguono tre livelli di analisi del linguaggio: A) il livello fonologico: comprende l’analisi fonetica e l’analisi fonemica; B) il livello semantico-lessicale: l’analisi del significato dei simboli del linguaggio; Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 C) il livello sintattico-grammaticale: lo studio dell’utilizzo delle regole sintattiche e grammaticali. Sviluppo del linguaggio… L’idea di base è che la maggior parte delle persone hanno sviluppato il linguaggio in modo quasi automatico, attraverso l’ascolto dell’altro. Tra i 2 e gli 8 anni il bambino si troverebbe nel periodo più fertile per imparare il linguaggio, mentre questa abilità calerebbe con l’avanzare degli anni. Secondo PIAGET → lo sviluppo del linguaggio avverrebbe nel contesto dell’evoluzione dell’apparato psico-cognitivo dell’individuo. La maturazione delle funzioni percettive e cognitive, connessa con lo sviluppo senso-motorio e le esperienze di relazione, promuoverebbe l’apprendimento delle capacità linguistiche Secondo CHOMSKY → ha ipotizzato l’esistenza di un dispositivo innato chiamato ‘’dispositivo innato per l’acquisizione del linguaggio’’ che costituirebbe l’insieme delle strutture e dei processi biologici alla base dell’apprendimento del linguaggio. Possiamo concepirlo come un programma biologico in evoluzione in cui sono rappresentate le regole basilari della lingua e costituente il sostrato naturale che predispone l’uomo all’acquisizione del linguaggio (grammatica universale). In questa prospettiva, il dispositivo ipotizzato da Chomsky avrebbe una struttura e uno sviluppo propri che non dipenderebbero dall’interazione con l’ambiente ma che, piuttosto, faciliterebbero l’apprendimento delle regole specifiche per una determinata lingua, proposte da un ambiente specifico. ↓ In linea con questa ipotesi, Luria definisce il linguaggio come sistema funzionale mediatore e regolatore delle funzioni cognitive e organizzato da componenti sensoriali e motorie elementari. Comprensione uditiva Nell’uomo la comprensione uditiva avviene in modo automatico, così come la lettura. Eppure le parole, che siano udite o lette, sono composte da lettere e fonemi, identificabili attraverso la decodifica di suoni e segni che li rendono distinguibili. Secondo GASKELL E MARSLEN-WILSON la comprensione uditiva procede progressivamente attraverso la segmentazione degli stimoli verbali che ascoltiamo. Il processo di comprensione richiede quindi tre fasi: 1) accesso: determina l’attivazione degli elementi che fanno parte della coorte; 2) selezione: in cui si riduce il numero dei possibili candidati ad assumere la forma finale della parola; 3) integrazione: la parola è inserita nel contesto della frase. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Lettura delle parole Anch’esso è un procedimento che avverrebbe attraverso diverse fasi. Numerose evidenze suggeriscono l’esistenza di una doppia via per la lettura: - via lessicale (via diretta)→ la rappresentazione grafemica della stringa attiva direttamente la rappresentazione ortografica nel lessico ortografico d’entrata dove sono immagazzinate tutte le parole conosciute dal soggetto. E’ un procedimento che confronta lo stimolo letto con gli stimoli memorizzati per verificare se la parola letta è nota o meno. - via fonologica (via indiretta) → la stringa di lettere è divisa in segmenti grafemici che sono convertiti in segmenti fenomici scegliendo tra i fonemi che sono associati con maggior frequenza al grafema. Entrambe le vie hanno in comune la fase iniziale, in cui la parola scritta deve essere sottoposta a un’analisi visiva che consente il riconoscimento grafemico (fonemi e morfemi in forma scritta). Successivamente la rappresentazione grafemica sarà sottoposta ad un’elaborazione lessicale e fonologica. Alterazioni nelle diverse fasi dei processi della lettura determinano le dislessie, le quali possono essere acquisite se il disturbo si manifesta in un’età in cui la funzione della lettura è stata appresa oppure evolutive se si manifesta in fase di apprendimento della funzione. Cenni di neuropsicologia del linguaggio Modello di WERNICKE → prevedeva l’esistenza di un centro sensoriale per la comprensione uditivo-verbale localizzato nell’area di Wernicke, nel lobo temporale sinistro. Questo centro è connesso con il centro verbo-motorio, localizzato nell’area di Broca ai piedi della terza circonvoluzione frontale dell’emisfero sinistro, attraverso un fascio di fibre di sostanza bianca denominato fascicolo arcuato. ↓ simile è il modello di Lichteim: La differenza tra i due modelli è rappresentata dal fatto che, nel modello di Wernicke c’è l’ipotesi di esistenza di un centro dei concetti in cui sarebbe rappresentato il significato delle parole. Questo centro sarebbe, secondo Lichteim, in connessione con l’area di Wernicke per la comprensione delle parole e con l’area di Broca per la produzione delle parole. Afasia→ disturbo acquisito del linguaggio e presenta una riduzione dell’efficienze dei sistemi di produzione e comprensione verbale. L’afasia può essere: -Afasia fluente: conseguenti a lesioni anteriori dell’encefalo, e’ prevalente la difficolta’ di comprensione; Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 -Afasia non-fluente: conseguenti a lesioni posteriori dell’encefalo, e’ prevalente la difficolta’ di produzione linguistica. MODULO 7: LE FUNZIONI ESECUTIVE (SONO FUNZIONI DI CONTROLLO) OSSERVAZIONE GENERALE → LE FUNZIONI ESECUTIVE SONO ABILITA’ FONDAMENTALI AI FINI DELL’ORGANIZZAZIONE E PROGRAMMAZIONE DEL COMPORTAMENTO ALL’INTERNO DELLA VITA PERSONALE, SOCIALE E LAVORATIVA. SOSTENGONO LA CAPACITA’ DI RISOLVERE SITUAZIONI COMPLESSE E DI RISPONDERE IN MODO FUNZIONALE ALLE MUTEVOLI RICHIESTE AMBIENTALI. PROMUOVONO L’INTERAZIONE DELL’INDIVIDUO ALL’AMBIENTE E, DUNQUE, L’ADATTAMENTO. Le funzioni esecutive: Hanno una natura multicomponenziale; Rientrano nelle funzioni di controllo: le attività di monitoraggio, supervisione, ordinamento, verifica e manipolazione dell’informazione rientrano in questo dominio cognitivo. Una riduzione dell’efficienza delle funzioni esecutive può determinare una minore efficienza degli altri sistemi cognitivi. La capacità di pianificare le azioni e i comportamenti è una funzione esecutiva che troviamo nelle attività di tutti i giorni ì. Tuttavia si possono riscontrare delle difficoltà nell’organizzazione delle diverse attività da svolgere, nel metterle in sequenza nel modo corretto. DEFINIZIONI DI FUNZIONI ESECUTIVE: Funzioni esecutive secondo Owen→ possono essere definite come ‘’l’insieme dei processi mentali implicati nell’elaborazione di schemi cognitivo-comportamentali innovativi in risposta a condizioni ambientali nuove e impegnative’’. ↓ Secondo questa considerazione, le funzioni esecutive consentono di modificare gli schemi d’azione e, dunque, il comportamento, in relazione alle mutevoli richieste provenienti dall’ambiente circostante. Scaricato da Gino Annicchiarico ([email protected]) lOMoARcPSD|46595750 Funzioni esecutive secondo Baddeley→ possono essere concettualizzate come ?