Appunti di Diritto Privato III - Beni - PDF

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Italian Civil Law Property law Civil code Legal Studies

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These notes cover the Italian Civil Code's provisions on goods, distinguishing between real estate, registered and movable assets. The content examines various types of goods and their classification, as well as specific issues and legal cases concerning these goods. The notes are suitable for university-level courses.

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18.09 I BENI Sono disciplinati all’interno del Libro III cc, in particolare l’Art.810 apre il Libro in questione e riguarda la proprietà. Art.810 cc - “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.” Dà un definizione dei beni, che sono cose che possono formare oggetto...

18.09 I BENI Sono disciplinati all’interno del Libro III cc, in particolare l’Art.810 apre il Libro in questione e riguarda la proprietà. Art.810 cc - “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.” Dà un definizione dei beni, che sono cose che possono formare oggetto di diritti e la definizione di bene qua contenuta è particolarmente ristretta perché ex Art.810 cc i beni sono esclusivamente le porzioni del mondo materiale suscettibili di apprensione, instaurazione di un rapporto, che può corrispondere all’esercizio del diritto di proprietà sui beni stessi o di altri diritti reali minori di godimento sui beni. All’interno del Libro III sono disciplinati i beni, con certi criteri distintivi, ma anche il diritto di proprietà (diritto reale di godimento di maggiore importanza), che rispetto agli altri diritti reali minori di godimento è maggiore, perché il proprietario ha delle facoltà più estese. La nozione data dall’Art.810 non è quindi onnicomprensiva, ma si riferisce solo a porzioni mondo materiale su cui possono insistere situazioni giuridiche di godimento. Esistono poi altre categorie di beni, ad esempio i diritti su opere dell’ingegno, che si riferiscono a situazioni immateriali, oppure le situazioni di diritto acquistabili nei confronti delle crypto valute. Poi ci sono altri beni che si inquadrano a fatica tra beni materiali o immateriali: prendendo l’aereo c’è un certo orario, incamerato nelle slot aeroportuali e al di fuori ci sono determinate conseguenze come ritardi. Altre situazioni sono considerate dall’ordinamento e non qualificate perfettamente tra materialità o meno, ad esempio l’ovulo fecondato rispetto alla procreazione medicalmente assistita (l.n.40/2004). Poi abbiamo una serie di questioni di cui si è occupata anche la giurisprudenza e riguardano l’eredità cd digitale: ci sono state situazioni in cui dopo decesso, i familiari si sono trovati impossibilitati ad accedere a piattaforme del deceduto, come ad esempio la posta elettronica (caso del Marines morto in Afghanistan). L’ordinamento, leggendo l’Art.812, opera una distinzione tra i beni materiali. Art.812 cc - “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo o sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione. Sono mobili tutti gli altri beni.” L’ordinamento considera queste categorie perché a seconda della categoria a cui è ricondotto il bene c’è una disciplina specifica su determinate situazioni: i beni immobili ad esempio hanno delle forme specifiche di pubblicità, basate sulla trascrizione degli atti che insistono su beni immobili o mobili registrati. I beni immobili vengono in considerazione anche per l’Art.1350 cc sulla forma del contratto, infatti è richiesta la forma ad substantiam (necessaria per la validità), che può essere in forma privata o atto pubblico, quindi redatto dal pubblico ufficiale. Se il contratto avesse ad oggetto diritto di proprietà su appartamento e fosse stipulato oralmente, sarebbe nullo. L’elenco ex Art.1350 cc è quasi uguale a quello dell’Art.2643 cc (Libro VI) sulla trascrizione degli atti, salvo alcune novità introdotte nel 2011 e 2013 perché il legislatore ha inserito altri punti tra gli atti soggetti a trascrizione. La qualificazione del cc che distingue tra beni mobili, immobili e mobili registrati, vale anche per le azioni esperibili in giudizio a tutela dei diritti (es azione di rivendicazione, nel momento in cui proprietario è privato di rapporto col bene può agire con essa ma deve provare in giudizio di essere proprietario ed è una prova complicata nel caso di un bene immobile, infatti ci sono strumenti di agevolazione probatoria; azione di manutenzione e simili sono destinate solo al possesso di certi beni, ad esempio le universalità di beni mobili e immobili per l’azione di manutenzione). Anche nell’ambito del diritto di famiglia, per i beni immobili e mobili registrati, l’Art.179,2 cc disciplina i beni personali acquistati dai coniugi, che quindi non cadono in comunione legale, se instaurato, si parla del rifiuto del coacquisto da parte di uno dei coniugi (perché proprietà immobile o mobile registrato resti di uno dei coniugi, l’altro deve partecipare a contrattazione e rifiutare acquisto diritto). Beni immobili e beni mobili Art.812 cc - “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo o sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione. Sono mobili tutti gli altri beni.” 1  Vengono distinti i beni tra: 1. Beni immobili per conformazione naturale (c 1) - tra tutti il primo citato è sul suolo perché è il più importante, infatti le altre indicazioni qualificate come beni immobili in questo comma, fanno riferimento ad alberi, edifici o costruzioni, che o in via naturale o per effetto dell’uomo è incorporato nel suolo. 2. Beni immobili per destinazione (c 2) - la condizione è che siano saldamente ancorati alla riva o all’alveo del e destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione. Cass nel 2017 si è occupata di alcuni edifici galleggianti istaurati nel Tevere, in questo caso la Cass li ha considerati beni immobili, applicando la normativa propria dei beni immobili e anche la necessitò di ottenere il rilascio del permesso di costruire, che riguarda la disciplina dell’attività edificatoria da parte del proprietario ed è contenuto nel TU 380/2001. Si fa riferimento anche alla destinazione di questi beni, devono essere stati specificamente destinati tramite la loro incorporazione e ancoraggio a riva mare o alveo fiumi. Anche altre norme fanno riferimento a destinazione beni e in materia di famiglia si parla di destinazione patrimoniale. 3. Beni mobili (c 3) - rileva la residualità della disciplina, dato che non c’è un elenco di beni mobili come avviene per gli immobili, e la specificità della disciplina, dato che tutte le disposizioni relative a forma di contratti o onere di trascrizione di atti e si applicano agli immobili e mobili registrati, non si applicano ai beni mobili. Beni mobili particolari Art.814 cc - “Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico.” Si riferisce alle energie naturali e ci dice che ad esse si applicheranno le disposizioni relative ai beni mobili, quindi rientrano nella categoria residuale ex Art.812,3 cc. Tuttavia, non tutte le energie naturali sono considerate all0’interno di questa disposizione, infatti si fa riferimento ad energie naturali suscettibili ad utilizzo di tipo patrimoniale e anche di materiale apprensione (es energia elettrica o geotermica). La giurisprudenza ci dice che questa disposizione non si applica q sulle fonti di energia che si trovano in libera disponibilità di tutti (es energia solare). Rileva anche in materia penale, ad esempio l’Art.624 cp sul furto considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico. All’interno della categoria di beni mobili rientrano anche gli animali: la l.n.1/2022 ha modificato l’Art.9 Cost, inserendo un 3° comma dove il legislatore ha diversificato gli oggetti della tutela, stabilendo infine una riserva di legge statale per disciplina, modi e forme di tutela degli animali. L’Art.1496cc riguarda la compravendita di animali, dato che la Cass erra dovuta intervenire in materia di contrattazione su animali, per capire se si applicasse o meno la disciplina dei consumatori (Codice del consumo del 2005), per cui in caso di difetto o situazione che incidesse su integrità bene venduto si potesse applicare normativa contratti dei consumatori, soprattutto per i termini di denuncia dei vizi e la Cass ha ammesso che se acquirente rientra tra persone fisiche e può essere qualificato come consumatore, alla compravendita di animali subisce la normativa sulla tutela dei consumatori. Beni mobili registrati Art.815 cc - “I beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano e, in mancanza, alle disposizioni relative ai beni mobili.” Si tratta di beni tipici e ci si riferisce a tre tipologie di beni: 1. Autovetture 2. Navi 3. Aeromobili È prevista allora una disciplina specifica che riguarda la forma degli atti che hanno ad oggetto i beni mobili registrati, anche se bisogna distinguere a seconda di quale bene mobile (negli ultimi due casi è prevista la forma ad substantiam, mentre per l’acquisto di autovettura l’atto scritto è richiesto solo ai fini dell’iscrizione del registro pubblico automobilistico). Anche per questi atti è previsto l’onere della trascrizione (art.2683 ss cc) ed in particolare sono elencati certi atti per cui è previsto l’onere della trascrizione. In alcuni casi il cc esclude che questi beni possano essere acquistati tramite modalità di acquisto del diritto di proprietà particolari: l’Art.922 cc elenca modalità di acquista della proprietà a cui si aggiungono poi altre situazioni che portano al medesimo risultato, quindi acquisto di proprietà su immobili a titolo originario. Una delle modalità in questione è individuata nell’Art.1153 cc ed è una norma iscritta nella disciplina sul possesso, perché segue la normativa su questo stesso, che a differenza dei diritti reali di godimento è una situazione di fatto che produce effetti, tra cui una modalità di acquisto del diritto. Questa regola del cd possesso vale titolo (Art.1153 cc) consente di acquistare 2  immediatamente il diritto di proprietà a condizione che ricorrano certi presupposti, ma solo in riferimento ai beni mobili. Sempre all’interno dell’Art.815cc troviamo una previsione residuale perché l’ordinamento ci dice che alla categoria di beni mobili registrati, per quanto non espressamente previsto, saranno applicate le regole sui beni mobili. In realtà, la disciplina prevista per i beni mobili registrati somiglia più a quella dei beni immobili che mobili. Universalità di beni mobili Art.816 cc - “E' considerata universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria. Le singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.” L’ordinamento parla di un ulteriore inquadramento dei beni mobili, in particolare della universalità degli stessi. Una distinzione da fare in questo ambito è quella tra: 1. Universalità di fatto - L’inquadramento dei beni mobili considerato in Art.816 cc è qualificato dal nostro sistema giuridico come universalità di fatto e si tratta di un complesso che ha per oggetto esclusivamente beni mobili con certe caratteristiche. 2. Universalità di diritto - nel sistema di diritto privato sono generalmente riconosciute due figure riconducibili a questa categoria: eredità (massa patrimoniale che comprende tutte le situazioni giuridiche trasmissibili del de cuius) e l’impresa (possono essere presenti tutte le categorie di beni e anche situazioni passive). A tutela della universalità di beni mobili ci sono specifiche azioni, in particolare l’Art.1170cc riguarda l’azione di manutenzione e può essere esperita a tutela del possesso solo a tutela del possessore. Il possesso è una situazione di fatto che comporta un potere manifestato sul bene, ci possono esser condotte che privano del possesso (azione di spoglio o di reintegrazione in possesso), oppure altre che creano delle turbative (possibile azione di manutenzione). Tuttavia, l’Art.1170cc ha i relazione possesso su beni immobili e universalità di beni mobili. Ci sono due elementi ex Art.816 cc utili a configurare un’universalità di beni mobili: 1. Titolarità esclusiva 2. Destinazione unitaria Le pertinenze (Artt.817-819 cc) Art.817 cc - “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima.” Non si tratta di un bene specifico ulteriore, ama id una situazione in cui tra due o più beni è istaurato, per effetto della volontà del titolare del diritto sul bene principale, un rapporto di utilità-destinazione, per effetto del quale un bene è destinato per l’utilità o l’ornamento di un altro bene. Quindi, abbiamo due presupposti: 1. Soggettivo - si tratta della destinazione 2. Oggettivo - si tratta dell’utilità (il vincolo deve essere finalizzato a conseguimento utilità dell’altro bene, qualificabile come bene principale) Sono pertinenze, ad esempio, il box auto rispetto all’appartamento, le piante rispetto al giardino… e la disciplina si applica a qualunque tipologia di beni. L’utilità perseguita non è solo materiale, ma anche di tipo estetico-ornamentale. Inoltre, il comma 2 chiarisce chi sono i soggetti legittimati a imprimente il vincolo pertinenziale: 1. Proprietario del bene principale 2. Soggetti titolari diritti reali di godimento sul bene principale Art.818 cc - “Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto. Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale.” 3  Riguarda le modalità dell’attività dispositiva sul bene principale e pertinenziale, questo perché l’ordinamento individua una prima regola (c 1) per cui l’attività di disposizione del bene principale, attira a sé anche il bene pertinenziale, quindi quando stipulo un contratto di compravendita che ha per oggetto il bene principale (in favore del quale è impresso il vincolo) l’attività dispositiva trascina anche la proprietà del bene pertinenziale. Ci sono sentt anche della Cassazione, in riferimento anche ai beni immobili, per cui anche se il bene pertinenziale non fosse stato citato in contratto di compravendita è comunque ricompreso in trasferimento di proprietà (sempre da ricordare Art.1376 cc per principio efficacia traslativa del consenso). L’ordinamento poi pone una deroga rispetto la regola generale del comma 1, in cui dice che con atto separato è possibile disporre del bene destinato a pertinenza (c 2). Il proprietario del bene pertinenziale può infatti decidere di trasferirlo separatamente rispetto al bene principale. Una decisione della Cass ha riguardato anche casi in cui il godimento dell’immobile non è diretto da parte del proprietario, ma indiretto tramite la stipula di un contratto di locazione, per cui anche il locatario potrà godere delle pertinenze destinate rispetto al bene principale. Sempre da questa norma, ricaviamo la regola per cui, salva deroga per cui il proprietario ha deciso di disporre separatamente del bene pertinenziale, il comma 1 trova sempre applicazione: l’attività di trasferimento del bene principale trascina sempre con sé anche il bene pertinenziale, anche se il trasferimento di esso fosse a termine. La regola opera sempre insomma, anche se in fase successiva la disposizione venga a cessare, infatti il bene pertinenziale era incluso nella prima attività dispositiva: se esisteva il vincolo quando c’era la prima attività dispositiva, doveva trovare effetto la regola ex comma 1, salvo che il proprietario non scelga di farne oggetto di atto separato. 19.09 Diritti dei terzi sulle pertinenze Art.819 cc - “La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi. Tali diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se non risultano da scrittura avente data certa anteriore, quando la cosa principale è un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri.” Questa è l’ultima norma sulle pertinenze e l’ordinamento considera l’esistenza di soggetti terzi, cioè coloro che sono esterni rispetto alle parti che stipulano l’accordo e qua ci si riferisce a soggetti estranei rispetto ai titolari del diritto (= chi ha il potere di disporre del rapporto pertinenziale). L’ordinamento considera il caso in cui dei soggetti terzi, precedentemente rispetto individuazione vincolo destinazione, hanno acquistato diritti sul bene pertinenziale: siamo in presenza di due beni infatti, allora l’ordinamento ci dice che se prima della destinazione a pertinenza ci sono terzi che hanno acquistato diritto sul bene poi destinato a pertinenza, il diritto del terzo è salvo. Anche qua ordinamento distingue se il bene principale sia: 1. Mobile registrato 2. Immobile In questi due casi infatti, il terzo può far salvo il diritto acquistato sul bene pertinenziale se risulta da atto scritto avente data certa anteriore rispetto al momento della destinazione. In questi casi, il diritto del salvo per essere fatto salvo ed opponibile, deve risultare da atto scritto, con data certa anteriore rispetto al momento della destinazione. In questo modo il terzo rende il suo diritto opponibile anche ad altri soggetti estranei in buona fede: in materia di possesso, la buona fede è soggettiva, cioè situazione in cui il soggetto non è a conoscenza di certe condizioni e va tutelato (es presunzione di buona fede nel possesso, si presume che ignori lesione diritto altrui). Generalmente, in materia di proprietà e possesso, ci si riferisce a buona fede soggettiva (≠ criterio valutazione adempimento obbligazione). Categorie di beni Beni derivanti da frutti Art.820 cc - “Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere. Finchè non avviene la separazione, i frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura. Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni.” 4  I frutti sono: 1. Naturali - Art.821cc 2. Civili - rappresentano il corrispettivo che nasce dall’attribuzione del godimento del bene, ad un soggetto estraneo al godimento del bene stesso (es canone di locazione è frutto civile, sono il godimento indiretto del bene da parte del proprietario; enfiteusi, dove enfiteuta deve versare canone enfiteutico al proprietario…) Quando si parla di essi ci si riferisce a beni derivati da altri beni e vale sia per quanto riguarda frutti naturali che civili: l’ordinamento dice che si parla di frutti naturali quando ci si riferisce a beni (cd primari) che per effetto umano o naturalmente sono originati da un altro bene (sono beni di secondo grado). Frutti naturali Art.821 cc - “I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri. In quest'ultimo caso la proprietà si acquista con la separazione. Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto. I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.” Ci sono semplificazioni nel cc, ad esempio sono frutti naturali i parti degli animali, la legna, raccolta frutta… nel momento in cui abbiamo bene madre ed altri derivati da questo, l’ordinamento ci dice che c’è momento in cui avviene la separazione tra frutti e bene madre. Fino al momento della separazione, i frutti appartengono al proprietario del bene madre/principale. Quando si verifica la separazione, il proprietario del bene principale può disporre liberamente dei frutti da esso derivati. La disposizione dei frutti può avvenire anche prima della separazione, con contratti di compravendita di cosa futura (efficacia obbligatoria e perfezionamento nel momento dell’esistenza del bene). È possibile ci siano situazioni in cui ordinamento prevede diversamente, come all’Art.896 cc che si colloca dentro la disciplina della proprietà e i rapporti tra proprietari di fondi, verosimilmente vicini. La norma dice che se ci sono due fondi confinanti e su uno ci sono alberi da frutto che vanno sul fondo del vicino e frutti cadono nel fondo del vicino, la proprietà è acquistata da proprietario fondo dove sono caduti frutti, salvo che usi locali dispongano diversamente Art.896,1 cc - “Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'art. 843.” Art.821,3 cc - “I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.” In riferimento al loro acquisto, l’ordinamento dice che si acquistano giorno per giorno da parte del soggetto che ne ha diritto. Beni divisibili e indivisibili 1. Beni divisibili - possibile frazionare bene e ciascuna parte conserva valore in modo proporzionale 2. Beni indivisibili (Art.720 cc + 1112 cc) Si trova sia in materia di proprietà che successioni (Art.720 cc su beni immobili eredità indivisibili, quindi scioglimento di comunione ereditaria, alcuni la riferiscono anche a beni mobili indivisibili, come animali; Art.1112 cc su comunione ordinaria, quindi contitolarità di proprietà o altro diritto di godimento e l’ordinamento dice che si può sempre chiedere scioglimento contitolarità, salvo che si tratti di bene indivisibile). Beni fungibili e infungibili Rilevano due artt: 1. Art.1803 cc - contratto di comodato prevede la restituzione del medesimo bene attribuito in godimento, gratuitamente, il bene va restituito integralmente perché è infungibile 2. Art.1813 cc - contratto di mutuo tratta di bene fungibile (denaro può essere sostituito da beni con medesime qualità, quantità e caratteristiche) 5  Beni consumabili e inconsumabili Rileva l’Art.995 cc che si trova nella disciplina dell’usufrutto e l’ordinamento quando parla di usufrutto di oggetto consumabile, parla di quasi usufrutto, perché il bene consumabile è uno che quando è utilizzato perde la propria identità. La questione si pone per usufrutto perché usufruttuario è tenuto a restituzione del bene con usufrutto, alla fine dello stesso e quando si tratta di un bene consumabile, l’usufruttuario dovrà restituire delle diverse entità ex Art.995 cc (es se c’era stima valore del bene, sarà quella da restituire, oppure altri beni della stessa specie, quantità e qualità…). Beni deteriorabili e non deteriorabili Rilevano: 1. Art.996 cc - Altra differenza tra i due beni si trova sempre nella disciplina dell’usufrutto, all’Art.996 cc e si tratta di beni utilizzabili e deteriorabili (es autovettura), che non vanno a scomparire col consumo, non perdono identità, ma per effetto di utilizzazione, il bene deteriorabile può subire peggioramento nel valore patrimoniale e nella caratteristiche di funzionalità 2. Art.1211 cc - riguarda la mora del creditore, cioè quando rifiuta di ricevere prestazione senza motivo legittimo e debitore vuole liberarsi, ad esempio con deposito per beni deteriorabili ((cd erano considerati non deteriorabili e non consumabili)) Titolarità dei beni Ci sono indicazioni derivanti anche dalla Costituzione per distinguere categorie di beni ed uno di questo è la titolarità, cioè a chi appartengono i beni (Art.42 Cost + Art.822 ss cc). Art.42,1 Cost - “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.” È disciplinata alla disciplina della proprietà e presenta degli aspetti fondamentali, anche su piano successorio (ultimo comma parla sia di riserva di legge che di qualificazione sistema successorio). Comma 1 ci dice che proprietà è pubblica o privata e i beni appartengono a: 1. Stato 2. Enti 3. Privati Nei commi successivi ordinamento considera possibilità di godimento, limiti possibili ecc e anche istituto della espropriazione (c 3), che determina l’estinzione del diritto del proprietario privato e il suo trasferimento in favore della PA. Allora, la proprietà può esser pubblica o privata (c 1), poi il legislatore costituzionale parla soprattutto della proprietà privata (c 2-3). La titolarità pubblica o privata, come criterio ex Art.42 Cost, probabilmente non è unico parametro riferimento per qualificare i beni, dato che ci sono alcuni beni qualificabili come “comuni”, dato che consentono di perseguire interessi generali, collettivi (es acqua e gestione pubblica o privata di essa). Allora, bisogna guardare anche all’interesse che assolvono i beni. Qualche anno fa, la Cass Sez Un (2011) ha deciso in merito alla distinzione tra titolarità pubblica e privata e la possibilità che fosse unico criterio di riferimento per distinguere i beni. Beni demaniali Art.822 cc - “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.” Sono qua elencati i cd beni demaniali: 6  1. Demanio statale necessario (c 1) - appartengono necessariamente a demanio statale (tutto quello che coinvolge l’acqua fanno parte del demanio idrico, qua riconducibile, salvo possibilità di attribuire ai terzi il godimento di alcuni beni demaniali, artt.909 ss cc riguardano acque private, ma è categoria riducibile ad acqua piovana raccolta, quindi molto residuale) 2. Demanio eventuale (c 2) - sono sottoposti alla disciplina del demanio solo nella misura in cui la titolarità degli stessi spetta allo Stato o ad un altro ente pubblico territoriale (// Art.824 cc) Il cc considera la titolarità e nelle disposizioni a partire da questo art l’ordinamento distingue i beni a seconda del titolare degli stessi. Art.823 cc - “I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.” Tratta della disciplina a cui sono sottoposti i beni demaniali. Abbiamo diverse categorie di beni demaniali che devono appartenere necessariamente allo Stato (ex Art.822,1 cc): 1. Demanio idrico 2. Demanio statale militare - si tratta di tutte le opere destinate a difesa del Paese, ma sono esclusi alcuni beni che si ritrovano poi all’Art.826,2 cc (beni che appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato, come caserme, navi da guerra… sottoposto a disciplina in parte diversa e restrittiva) 3. Demanio culturale - d.lgs.42/2004 (TU sui beni culturali) ci dà elenco di beni che ordinamento qualifica come beni culturali, di interesse storico, artistico, archeologico… e poi tutti questi beni che siano testimonianza di civiltà. I beni culturali fanno parte di questo demanio a condizione che si verifichino due presupposti: I. Titolarità (devono appartenere allo Stato o ad altri enti pubblici territoriali, ex Art.53 TU sui beni culturali) II. Tipologia (devono essere richiamati dall’Art.822 cc) Nell’ambito di intervento di edilizia su beni culturali, ci sono attività che il TU su edilizia qualifica come libere (es manutenzione, istallazione di opere rimovibili…) per il proprietario, ma non vale per i beni culturali, infatti anche solo per la manutenzione serve un titolo autorizzatorio da Ministero o da sovrintendenza ai beni culturali (ex Art.21 TU beni culturali). Ci sono allora vincoli maggiori, anche se attività è qualificata come “libera” da TU su attività edificatoria del proprietario. Se il c1 riguarda il demanio statale necessario, la seconda parte dell’Art.822 cc ci dice che fanno parte del demanio e sono sottoposti a disciplina restrittiva beni demaniali le opere elencate, solo nella misura in cui appartengono allo Stato (es musei, raccolte di pinacoteche, strade, autostrade…). Altra indicazione in riferimento a questi bene ex c 2 è che sono sottoposti a disciplina del demanio, anche quando la loro titolarità è riconducibile ad ente pubblico territoriale (es comune). Abbiamo poi altre tre figure ex artt. 942, 945, 946 cc che dopo intervento legislativo del ‘94 sono state modificate: nel caso si verifichino certi casi i beni appartengono al demanio pubblico (es corso d’acqua che muta corso, parte lasciata libera è del demanio pubblico, terreni abbandonati dalle acque rientrano in demanio pubblico…). Sono tre norme che rientrano in modalità di acquisto proprietà a titolo originario. Altra indicazione ricavabile dall’Art.824 riguarda i cimiteri e i mercati comunali, che nella parte in cui rientrano in proprietà di Stato o enti pubblici territoriali, appartengono al demanio e sono sottoposti a disciplina specifica. Poi l’ordinamento ci dice che se ci sono beni di privati, ma funzionalmente collegati a bene demaniale ex Art.822 cc o al perseguimento di un interesse pubblico/generale ex Art.825 cc, sono sottoposti alla disciplina sul demanio pubblico. Art.825 cc - “Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle provincie e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi.” 7  La disciplina giuridica dei beni demaniali Art.823 cc - “I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.” È prevista l’indisponibilità di questi beni, quindi sono sottratti al mercato e alla facoltà di realizzare attività dispositive su questi (è escluso anche l’acquisto per usucapione). L’ordinamento consente che la legge preveda il riconoscimento di certi diritti di godimento a favore di soggetti terzi, che possono interessare quelli che sono i beni demaniali. Inoltre, si tratta anche di come la PA può agire a tutela di beni demaniali: se terzi causano peggioramento o rendono impossibile esercizio poteri PA su questi beni, ordinamento ci parla di due modalità, cioè l’impugnazione sul piano amministrativo o esercizio di azioni civili a tutela del diritto di proprietà o possessorie. Questo rientra nelle scelte della PA, se agire su piano amministrativo o civile/penale. L’ordinamento prevede anche che la legge possa attribuire a terzi estranei ad enti pubblici, delle facoltà di godimento ad estranei di questi beni demaniali, in particolare Art.1145,2 in materia di possesso. Art.1145,2 cc - “Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle provincie e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico.” I terzi si possono tutelare, ma solo nei rapporti tra privati, non nei confronti della PA. I terzi con diritto di godimento su questi beni possono agire solo contro soggetti diversi dalla PA, che abbiano ostacolato esercizio possesso del terzo o privato il terzo dello stesso. I beni del patrimonio statale o pubblico Art.826 cc - “I beni appartenenti allo Stato, alle provincie e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle provincie e dei comuni. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Corona, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle provincie e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.” È ulteriore categoria, fondata sulla titolarità e ci dice che tutti i beni diversi da quelli ex Art.822 cc fanno parte del patrimonio statale o del patrimonio di enti pubblici territoriali. All’interno dei beni del patrimonio statale o di enti pubblici territoriale, si distingue patrimonio indisponibile o disponibile, sottoposti a disciplina ordinaria. Nei commi 2 e 3, l’ordinamento ci dice quali sono i beni del patrimonio indisponibile statale: foreste, prodotti di miniere, cave e torbiere (in questi casi se disponibilità di questi è sottratta per legge al proprietario, collegandosi ad art.840 cc dove ordinamento estende poteri proprietario anche a quanto è nel sottosuolo, salvo casi diversi previsti per legge)… anche tutta la dotazione della Presidenza delle Repubblica. Nella l.n.157/1992 sulla disciplina della fauna selvatica, che rientra nel patrimonio indisponibile dello Stato (disciplina specifica) ed è disciplinata anche l’attività venatoria (se c’è impossessamento legalmente accettato, si estingue proprietà stato su questi beni). 25.09 I beni del patrimonio statale e pubblico Si tratta di beni indisponibili e quelli ex Art.826 cc sono parte del patrimonio indisponibile dello Stato. In questo Art si fa anche riferimento ad altri bene, come edifici o beni dello Stato o di altri enti pubblici territoriali e l’ordinamento ci dice che nella misura in cui sono destinati ad espletamento servizio pubblico, sono beni riconducibili al patrimonio indisponibile dello Stato o altri enti pubblici territoriali. 8  Art.830 cc - “I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali. Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 828.” C’è poi un’altra disposizione, cioè l’Art.830 cc dove l’ordinamento parla di beni che appartengono ad enti pubblici non territoriali e generalmente sono sottoposti alla disciplina della legislazione speciale ma possono essere ricondotti nel patrimonio indisponibile, nella misura in cui sono rivolti al perseguimento di un interesse generale. Nella prima parte, questa norma dice che si applicherà la legislazione speciale. In riferimento ai beni parte del patrimonio indisponibile dello Stato, l’ordinamento individua una disciplina particolarmente restrittiva ex Art.828 cc Art.828 cc - “I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle provincie e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente codice. I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.” Sono beni su cui i terzi possono acquistare diritti solo se espressamente previsto dalla legge e in ogni caso deve essere conservata la finalità per cui questi beni sono stati costituiti (salvo che la legge non preveda un mutamento della destinazione). Nell’Art.826,1 cc è detto che tutti i beni diversi da quelli elencati nel patrimonio indisponibile dello Stato, fanno parte del patrimonio disponibile statale o di altri enti pubblici territoriali. Una norma richiamata spesso è quella dell’Art.827 cc Art.827 cc - “I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato.” Segnala una differenza tra beni immobili e mobili, perché in riferimento ai primi rispetto a cui non si ritrova un titolare del diritto di proprietà, l’ordinamento ci dice che rientrano nel patrimonio disponibile statale. Questa disposizione ci consente di operare una differenziazione tra beni immobili e mobili, perché tra le modalità di acquisto di beni a titolo originario c’è anche l’occupazione ex Art.923 cc e riguarda i beni mobili abbandonati, cioè per cui l’ordinamento non riesce a trovare un proprietario o per cui mai c’è stato un soggetto titolare del diritto di proprietà in relazione di questi beni. Invece, in riferimento ai beni immobili di cui non si trova il proprietario, ex Art.827 cc questi beni rientrano nel patrimonio disponibile statale, quindi non soggetti a restrizioni, ma alla disciplina ordinaria, salvo che la legge non preveda diversamente. Tuttavia, sono beni su cui l’ordinamento non va ad apporre dei vincoli, operative invece per i beni demaniali. I DIRITTI REALI DI GODIMENTO Nel cc sono elencati e il diritto reale più ampio è quello di proprietà, che ha maggiore estensione per le facoltà del titolare, ma queste situazioni che riguardano la proprietà (es autosufficienza, inerenza…), sono situazioni relative anche agli altri diritti reali minori di godimento. I caratteri principali dei diritti reali di godimento sono: 1. Autosufficienza 2. Assolutezza 3. Inerenza/realità 4. Elasticità 5. Esclusività 1. In riferimento ai diritti reali di godimento, non si crea una situazione di obbligo per il soddisfacimento di essi (a differenza dei rapporti obbligatori e diritti soggettivi, in quanto il creditore ha la necessità dell’adempimento del creditore). Il titolare del diritto è in grado da solo a provvedere al soddisfacimento del proprio interesse, non gli serve un soggetto che esegua la prestazione o simile. Generalmente, dentro i diritti reali di godimento abbiamo un rapporto tra titolare del diritto e bene su cui insiste il diritto stesso. Una peculiarità riguarda le servitù prediali, dove abbiamo una relazione tra i due fondi (servente e dominante) ed i rispettivi proprietari. 2. Fa riferimento alla opponibilità erga omnes, cioè il diritto reale di godimento può essere opposto dal titolare nei confronti di tutti i terzi, che restano estranei al rapporto tra titolare del diritto e bene. 9  3. Sono diritti che insistono su beni materiali, ex art 810. 4. È una caratteristica che si apprezza soprattutto considerando che il proprietario di un fondo può decidere di costruirvi altri diritti reali di godimento, tramite ad esempio attraverso un contratto, si può prevedere l’attribuzione del godimento di un suo bene ad un terzo, costituendovi un usufrutto (diritto reale di godimento minore) e quindi il diritto di proprietà è limitato, ma poi quando si estingue l’usufrutto torna ad ampliarsi. 5. Il titolare del diritto reale di godimento può escludere i terzi rispetto all’esercizio delle proprie facoltà sul bene (es proprietario del fondo può impedire l’ingerenza di terzi sul fondo stesso). IL DIRITTO DI PORPRIETA Le fonti per la proprietà Alcune sono presenti nel cc e sono Artt.832 ss cc ma anche altre fonti: Art.832 cc - “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.” Art.42, c 2 e 3 Cost - “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.” Ci sono anche fonti sovranazionali: Art.1, Prot n1 alla CEDU - “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni (= proprietà). Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.” La Corte di Strasburgo di occupa di vigilare sul rispetto della CEDU. La formulazione in questa norma è ormai un po’ superata e non vi sono nemmeno riferimenti all’espropriazione. Ci è un riferimento alla possibilità della privazione del diritto di proprietà, ma nessuno ad un eventuale indennizzo in favore del proprietario espropriato. Inoltre si fa riferimento al cd esclusività del diritto di corporeità, di esclude i terzi dall’ingerenza della legge. La proprietà è considerata nella sua sua fase dinamica, cioè sulle facoltà del proprietario e i suoi possibili rapporti con la PA, in caso volesse intervenire con un esproprio. Art.17 Carta di Nizza - “Ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale. La proprietà intellettuale è protetta.” Si fa riferimento all’effetto della trasmissione per effetto di una situazione successoria, ossia di una apertura mortis causa. Nella previsione del 1950 si faceva riferimento a quelle che sono le facoltà di godimento e di disposizione, e nel caso di lasciarli in eredità, e anche a quella perdita del diritto. Si guarda anche alla cd proprietà intellettuale, e non solo a quella che abbia oggetto beni materiali, ma anche in relazione a beni immateriali. Vi sono anche alcuni TU da ricordare in materia di proprietà: Il T.U. sugli espropri (327/2001 ma spesso modificato anche per effetto della CC) disciplina gli espropri per pubblica utilità e anche il cc all’Art.834 fa riferimento a questa situazione. Altro T.U. importante è quello sull’esercizio dell’attività edificatoria da parte del proprietario (380/2001 ma molto modificato negli anni), anche in questo caso è stato modificato nel corso del tempo, infami si è parlato di attività che sono state liberalizzate, in quanto il proprietario a livello edificatorio può esercitare senza essere sottoposto a particolari vincoli. Quindi sono attività libere, altre sottoposte a denuncia nei confronti di enti competenti e altre per cui è necessario il cd permesso di costruire da parte della PA. L’ordinamento distinguente fasce di operatività del proprietario, prendendo permessi diversi dino a quello detto. 10  Il contenuto di proprietà Art.832 cc - “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.” Il cc non ci da la definizione vera e propria del diritto di proprietà ma ci dice quali sono le facoltà del proprietario ed anche i limiti alla facoltà del proprietario. Le facoltà tipiche del proprietario secondo questo disposto sono: 1. Facoltà di godimento 2. Facoltà di disporre - a volte è ricondotta alla facoltà di godimento, perché potrebbe rientrare in essa. Art.436 cc del 1865 - “La proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti” È una definizione che non rinvia ai limiti al diritto del proprietario, parla solo di possibili limitazioni o meglio usi vietati all’esercizio del diritto di proprietà, che possono essere individuati dalla legge o da altre fonti. La facoltà di godimento Ha un contenuto in positivo, cioè all’effettivo potere di attivarsi per ricavare dal bene dei benefici, vantaggi, utilità. Tuttavia, è individuato anche un aspetto in negativo di questa facoltà, nel momento in cui il proprietario non volesse esercitare il proprio diritto, ma per effetto di questa situazione di inerzia ci possono essere conseguenza per il proprietario, come disposto ad esempio dall’Art.838 cc (proprietà di beni che interessano la produzione nazionale ed espropriazione). Art.838 cc - “Salve le disposizioni delle leggi penali e di polizia, nonché le norme dell'ordinamento corporativo e le disposizioni particolari concernenti beni determinati, quando il proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o l'esercizio di beni che interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all'espropriazione dei beni da parte dell'autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennità. La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle città o alle ragioni dell'arte, della storia o della sanità pubblica.” Il Libro VI cc nelle sue ultime disposizioni tratta della disciplina di prescrizione e decadenza, in particolare la prescrizione è molto importante sul piano civile e la proprietà è un diritto reale soggettivo imprescrittibile (ex Art. cc). La prescrizione è una causa di estinzione di un diritto e i presupposti su cui si fonda la prescrizione sono due: 1. Il decorso di un certo periodo di tempo indicato dalla legge 2. L’inerzia del titolare di un diritto Nel momento nel quale si apre una controversia in giudizio, però è la parte che è interessata a far valere la prescrizione, perché in giudice non può rilevarla d’ufficio. Art.2934 cc - “Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili (es diritti della persona) e gli altri diritti indicati dalla legge (es azioni per nullità di un contratto o per status filiationis).” Il diritto di proprietà, a differenza dei diritti reali minori di godimento che si prescrivono con termine ventennale, questo è imprescrittibile (non si estingue per inerzia proprietario e decorso tempo) e per la giustificazione di imprescrittibilità del diritto di proprietà bisogna guardare altre disposizioni, dato che ex Art.2934 cc sarebbe prescrivile, dato che è un diritto disponibile. Per la proprietà non esiste una norma nel cc o nella legislazione speciale, che ci dia conto della imprescrittibilità della proprietà, allora la giustificazione si ricava dall’Art.948,3 cc e dall’Art.841 cc. Art.948,3 cc - “L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.” La norma disciplina l’azione di rivendicazione, che è la più importante per la tutela del diritto di proprietà e consente al proprietario di recuperare il bene e richiedere al giudice l’accertamento della sua titolarità del diritto sul bene. Quindi ha un azione liberatoria e di accertamento, ossia quella di accertare la titolarità del diritto di proprietà sul bene per chi agisce con questa azione. Questa norma ci dice che l’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell’usucapione, quale modalità di acquisto del diritto reale fondata sul possesso (se proprietario resta fermo per 20 anni e non attiva l’azione di rivendicazione sul bene ed un terzo ha posseduto bene ed esercita azione possessoria su esso, 11  allora acquista la proprietà per usucapione). L’ordinamento non tratta favorevolmente i soggetti titolari di diritto che restano inerti, facendogli perdere il diritto. Quindi da questa norma si ricava che il diritto di proprietà è un diritto imprescrittibile, salvo gli effetti dell’usucapione rispetto all’inerzia del titolare del diritto. Art.841 cc - “Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo.” È una disposizione che riguarda il potere del proprietario di chiudere il fondo, nel senso di attivarsi con opere, costruzioni e dei fabbricati o simili, con cui escludere i terzi dall’accesso sul fondo e può essere esercitato in qualunque tempo. Ci sono poi altre disposizioni, quali 842cc e 843cc, in cui l’ordinamento individua delle situazioni in cui il terzo può vantare un diritto di accedere al fondo, ma anche in questi casi il proprietario può impedire ciò. Ci sono delle situazioni in cui, sia all’interno del cc sia all’intero delle legislazioni speciali (Codice del Consumo) in cui, nonostante sia vero la qualificazione del soggetto come proprietario, queste facoltà hanno un termine rispetto al quale le conseguenti facoltà possono essere esercitate. E sono nel codice gli artt. 952 ss cc. Art.952 cc - “Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo.” Il decorso del tempo non incide qua sul diritto di proprietà, ma in altre situazioni sì, quindi il soggetto è qualificato come proprietario e può esercitare certe azioni e facoltà solo entro un certo termine. Una situazione è quella disciplinata da Artt.952 ss cc in merito alla superficie, nel senso di proprietà superficiaria, che è a termine. Art.69 ss cc - “Nessuno è ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto è nato.” È un altro esempio di proprietà a termine. Queste due sono le modalità attraverso le quali si può configurare il diritto di proprietà di superficie (art 952 cc e art 69cc) Art.637 cc - “Si considera non apposto a una disposizione a titolo universale il termine dal quale l'effetto di essa deve cominciare o cessare.” Riguarda la possibilità di avere un legato a termine, per cui si attribuisce un diritto anche di proprietà in relazione ad un bene, che poi cesserà per decorso del termine. d.lgs.206/2005 - Codice del Consumo (in particolare riguardo alla multiproprietà) Inizialmente questo istituto era stato disciplinato nel 1998, e poi confluita nel codice del consumo La multiproprietà aveva riscosso molto successo perché consentiva l’acquisto di diritti su un bene a condizioni vantaggiose, per effetto del fatto che potesse essere acquistato anche da altri in altri periodo diversi (cd diritto di proprietà ad eclisse). Qualcuno aveva parlato di atipicità del diritti reali. Facoltà di disposizione Disporre del diritto sul bene significa modificare la condizione giuridica del bene e potrebbe essere ricondotta nella facoltà di godimento, in quanto comporta una situazione attraverso la quale il proprietario acquista una utilità, un vantaggio dall’esercizio di questa attività. Ci sono due modalità: 1. Il proprietario trasferisce la titolarità del suo diritto in favore di un altro soggetto, sia a titolo gratuito che a titolo oneroso 2. Sul bene su cui insiste il diritto di proprietà si può costituire un diritto reale di godimento minore, che comprime l’esercizio della proprietà (il diritto reale minore si costituisce con un contratto ad efficacia, reale, efficacia costitutiva-traslativa ex Art.1376cc) Caratteri del diritto di proprietà Art.832 cc parla di: 1. Pienezza - la proprietà è il diritto più ampio con riferimento all’estensione nell’esercizio di facoltà del proprietario e la proprietà può non essere piena quando sono costituti diritti reali minori di godimenti. 12  2. Esclusività - si fa riferimento al potere del proprietario di tutelare il suo diritto tramite tute le misure e azioni che l’ordinamento gli pone a disposizione (verso che contesti la titolarità del diritto o renda l’esercizio più difficoltoso o oneroso) 3. I limiti - è nuova come previsione, rispetto a quella del Codice del 1865 (Art.456), che vedeva il diritto di proprietà come assoluto, qua invece si iniziano ad individuare delle limitazioni rispetto all’esercizio del diritto di proprietà per la fase dispositiva e 26.09 L’espropriazione L’at 42 cost - proprietà privata e l’istituto dell’espropriazione “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.” Abbiamo visto il co 2 e co 3 dell’art 42 cost, che va ad individuare la disciplina della proiprita privata e l’istituto della espropriazione, con il qual il proprietario perde la titolarità di questo diritto, che viene traferito in capo alla PA. Quindi l’ordinamento all'interno di questa norma va a individuare da un lato un aspetto fondamentale della disciplina della proprietà privata che è quello della riserva di legge perché, ci dice “la legge disciplina le modalità di acquisto di godimento e i limiti del diritto di proprietà”. E poi ci dice quali sono le finalità di questa disciplina legislativa “allo scopo di assicurare la funzione sociale e di rendere il diritto di proprietà accessibile a tutti”. La funzione sociale è un ulteriore limite del diritto di proprietà. La dottrina pisana, a partire dal professor Napoli, si è soffermata tantissimo su questo limite della funzione sociale individuandolo, con un limite particolarmente stringente per il diritto del proprietario, che non può fare come vuole, ma dovrebbe quasi sempre confrontarsi con quello che l'interesse della collettività. Quindi non soltanto la legge deve disciplinare i limiti al diritto di proprietà, ma un limite forte è quello appunto della funzione sociale, che viene individuato all'interno di questa norma della Costituzione. L'altra precisazione, della riserva di legge, che non assoluta ma relativa, quindi nel momento nel quale il denigratore va a disciplinare la proprietà privata, può individuare quelli che sono i principi generali e riservare invece alla normativa di fonte secondaria quella che la disciplina di dettaglio. L'altro aspetto che viene disciplinato nel l comma tre dell'articolo 42 della Costituzione è l'Istituto dell’espropriazione. L’ordinamento ci dice che “la proprietà puro essere, salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. Quindi in questo caso l'ordinamento individua ugualmente una riserva di legge con riferimento all'istituto della espropriazione, e però lo stabilisce una previsione fondamentale, che possiamo ritrovare anche nell’art 834 cc. Ci sono interessi di natura generale che possono portare il legislatore a intervenire sul diritto del proprietario e ha sottrargli la titolarità del diritto sul pene, per il perseguimento di determinate finalità che sono di carattere pubblico, sociale, ossia che interessano la collettività. Questa è una decisione della CEDU del 2015, che è stata fondamentale affinché il legislatore intervenisse nell'ordinamento interno con riferimento ad alcuni ad alcuni aspetti del diritto di proprietà, in particolare con riferimento alla quantificazione dell'indennità che deve essere corrisposta al proprietario privato che venga ad essere espropriato. L’ordinamento ci dice che la legge può determinare le modalità per essere quali, il proprietario può essere privato del suo diritto per motivi di interesse generale, però ci dice anche, salvo indennizzo. Quindi il proprietario deve esse indennizzato. Nel corso del tempo, il nostro ordinamento ha modificato quelli che erano i criteri previsti dalla legge per l'indennità di esproprio. 13  La CEDU è stata fondamentale perché nel nostro ordinamento si andasse a modificare questi criteri per consentire al proprietario di ottenere un indennizzo che fosse effettivo e non meramente simbolico, che corrispondesse a quelle che è il criterio attuale, ossia del cd valore venale del bene. Invece in passato criterio era diverso, la CEDU ha condannato in più occasioni il nostro paese, perché nel momento in cui, il proprietario privato veniva, sottrarrò il diritto di propeita sul fondo riceveva un ristoro che era meramente simbolico e corrispondeva al 30 o il 40% quando andava bene del valore del bene e quando invece andava male anche ad una ad una percentuale inferiore. Questa è una tendenza dove la Corte Europea opera una distinzione tra: - Nei casi nei quali il proprietario privato subisce una espropriazione - Nei casi nei quali invece c'è un'ingerenza da parte della pubblica amministrazione, però questa ingerenza non è tale da verde declinato la perdita del diritto. Questo è una delle pochissime situazioni in cui il nostro Stato non è stato condannato perché appunto, la Corte ha riconosciuto che i ricorrenti non hanno perduto l'accesso al terreno, ne in dominio su quest’ultimo e in linea di principio hanno mantenuto anche la possibilità di alienarlo, quindi la folta di disporre della titolarità del bene, anche se con maggiore difficoltà, per effetto appunto dei vincoli che la PA aveva posto in questo caso sul terreno dei ricorrenti. Pertanto la Corte in questo caso ritiene che non ci sia stata una espropriazione di fatto. Questa espropriazione da parte della pubblica amministrazione è l'occupazione cosiddetta appropriativa o anche occupazione cosiddetta espropriativa, cioè la PA, invece di passare attraverso il procedimento ex TU 327/2001, si appropria di quel fondo e poi successivamente di disporre dei vincoli in relazione a quel fondo per il perseguimento di finalità di interesse generale, però bypassando il procedimento che invece viene previsto espressamente da questo TU. In quel caso molto spesso si è assistito ad una espropriazione di fatto perché i privati sono stati sottratti rispetto sono stati privati del diritto di proprietà privata, ma senza le garanzie che vengono previste dal procedimento sull’espropriazione. Anche in quel caso la CEDU, ha condannato più volte il nostro ordinamento. La condanna non è semplicemente una condanna formale, ma la condanna comporta un esborso patrimoniale a carico dello Stato e che tutte le volte che l'Italia viene condannata in materiali proprietà, in materia di famiglia per violazione del diritto alla vita privata e familiare, la Corte condanna anche lo Stato a risarcire quelli sono i ricorrenti che hanno visto violato il proprio diritto, il diritto al rispetto dei propri beni , il diritto alla vita privata e familiare, al non essere discriminati in relazione ad una serie situazione che la cedu pone. In questo caso la corte ha effettuato una diversificazione tra: a. Il proprietario resta titolare del diritto di proprietà sul bene, quindi continua anche se con difficolta ad esercitare tale diritto b. Situazione in cui si ha vero esproprio, e l’ordinamento ci dice “bisogna passare attraverso il procedimento previsto dal T.U. di esproprio per pubblica utilità del 327/2001” Il T.U dell’esproprio per pubblica utilità è stato, nel corso del tempo modificato, anche per effetto delle sentenze della CC, che ha dichiarato l’illegittimità cost di alcune norme, laddove andava a violare i diritti di proprietà privata. Attraverso l'espropriazione, al proprietario viene sottratto il bene per il perseguimento di una attività specifica, ad esempio, viene soltanto una parte di terra, perché lungo quella parte lo Stato ha intenzione di realizzare un’altra corsi della autostrada, e quindi io proprietario privato sono sottoposto al procedimento di esproprio. Questa situazione riguarda: singoli beni e il perseguimento e la realizzazione di opere che interessano la collettività. L’art 834 cc fa riferimento all’interessa di natura pubblica e ci parla del fatto che a fonte del fatto che il proprietario viene privato dei suoi diritti sul bene, bisogna corrispondergli una giusta indennità. Quindi la Costituzione parla di indennizzo mentre questa norma del codice civile (che precede il testo della Costituzione), ci parla quindi una giusta indennità e proprio appunto sulla quantificazione di questa indennità (cosa si intende quando si parla di giusta indennità) si è soffermato l'ordinamento. Una legge della fine del 1800 prevedeva un criteri di quantificazione che è poi stato successivamente reintrodotto nel 1992. Sono tutti criteri che servivano per quantificare l'indennità che doveva essere corrisposta al proprietario privato per effetto della perdita del diritto sul bene. 14  Quindi, posto che l'articolo 834 cc si parla di esproprio pubblico interesse, posta la giusta indennità e posto che anche l'articolo 42, 3co Cost parla di un indennizzo a fonte della esplorazione, l'ordinamento si è posta la questione di andare a quantificare il criterio sulla base del quale, il proprietario privato deve essere indennizzato per effetto appunto della perdita del suo diritto. Questa l.n. 2359/1865, prevedeva che nel momento nel quale si realizzava l’esproprio al proprietario privato doveva essere corrisposto il giusto prezzo che il bene aveva sul mercato, quindi doveva essere ancorato quello che era la somma rispetto alla quale il bene sarebbe stato alienato se fosse stato normalmente oggetto di una contrattazione tra privati. La l.n. 2892/1885 ha interessato il processo di risanamento della Città di Napoli. All’interno di questa legge veniva previsto come parametro di quantificazione dell’indinnità, quello della semi-somma tra VM del bene e i redditi percepiti dal proprietario per il godimento del fondo da parte di terzi. Con la l.n. 865/1971, che fa perte di una serie di normative conseguite dalle riforme agrarie degli anni 50’, per i fondi agricoli, faceva riferimento al valore agricolo medio. Con riferimento alla quantificazione dell’indennità di esproprio per i terreni edificabili, l’ordinamento d.l. 333/1992, conv. in l. 359/’92, che ha in gran parte recuperato quello che è il criterio della legge del 1885. Questo decreto legge, avendo le caratteristiche di necessità ed urgenza, si presupponeva, nonostante fosse stato poi conv in legge, nel giro di poco tempo le previsione contenute sarebbero state modificate. Invece, per molti anni il criterio di quantificazione dell’indennità per esproprio è rimasto quello previsto da essa. Tale legge prevedeva: la semi-somma tra il valore venale del bene e il reddito del proprietario a fini fiscali: VVB+RP/2. In più si aveva che nel momento nel quale il proprietario prestava il proprio consenso rispetto al procedimento espropriativo il criterio era il tale, ma se non ci fosse stato il consenso del proprietario, l’ordinamento prevedeva una diminuzione del 40% rispetto al valore che era stato così raggiunto. Questo criterio però si è cristallizzato fino ad una decisone della CC del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità del criterio, perché il parametro sulla base del quale veniva qualificata l’indennità 4ra tale che si arrivava alla corresponsione di un valore, che si trovava tra il 30% e il 40% del valore reale del bene che veniva esporpriato, e questo rappresentava un indennizzo meramente simbolico, e sulla base di questo valore simbolico molti avevano fatto ricorso alla CEDU, da cui son seguite diverse contatto per l’Italia. Una delle cause più famose è il ricorso Scordino v Italia, a cui ha fatto seguito la decisione della GC del 2006. La CC, con la sent. n. 348/’07 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 5 bis, l. 359/’92. Questa decisione è intervenuta non sul art 5 bis del decreto della legge ma sulla norma del TU dell’espropriazione aveva accolto questo criterio, che era l’art 37. Nel frattempo quindi si era cosi cristallizzato, che era passato dalla legge del 92 e portato sul TU dell’esproprio, diventando il punto di riferimento della normativa in materia di esproprio di pubblica utilità. In seguito all’intervento della CC nel 2007, è intervenuto il legislatore con la l.n. 244/’07 , stabilendo un nuovo criterio: valore venale del bene. Quindi il valore che il bene aveva, con il criterio della normativa l.n. 2359/1865,, all’interno di una libera contrattazione. Quindi è stato recuperato un criterio già utilizzato. Si è passati quindi da un criterio quasi del tutto simbolico ad una qualificazione del tutto diversa. L’altra precisazione che richiamiamo da questo intervento del legislatore è che al valore venale del bene deve essere diminuito del 25%, nel momento nel quale l'esproprio è finalizzato alla realizzazione di opere che sono destinate alla perseguimento di interesse generale, opere che sono destinate a collettività. Devono essere intervenuti che siano caratterizzati dalla continuatività nel tempo e quindi non devono essere di natura occasionale. Sempre a questo valore venale del bene si aggiunge il 20%, nel momento del quale abbiamo una adesione al procedimento dal proprietario che è stato espropriato. L'altra indicazione sulla quale quale è intervenuta la CC 181/’11, con cui si ha avuto anche una modifica della quantificazione del criterio di esproprio anche per quanto riguarda altri terreni , non edificabili agricoli: il criterio fissato è stato riportato al valore venale del bene. 15  CORTE EDU, GC, 29 marzo 2006 (Scordino v. Italia) “Una ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve rispettare un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunit e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedi, tra gli altri, Sporrong e Lönnroth, sent. cit., p. 26, § 69)… In particolare, deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalità fra i mezzi impiegati e lo scopo proseguito da qualsiasi misura applicata dallo Stato, ivi incluse le misure che privano una persona della sua proprietà … Nella fattispecie, l’ammontare definitivo dell’indennit fu fissato a £. 82.890/mq., mentre il valore venale del terreno, al momento dell’esproprio, era di £. 165.755/mq(paragrafi 32 e 37 sopra cit.). Ne consegue che l’indennit di esproprio è ampiamente inferiore al valore venale del bene in questione. Inoltre, questo ammontare è stato ulteriormente tassato in misura del 20% (paragrafo 41 sopra cit.). 102. Si tratta nella fattispecie di un caso di esproprio singolo, che non si sistema in un contesto di riforma economico, politico o sociale, e non si ricollega a nessuna circostanza particolare. Di conseguenza, la Corte non ritiene che sussista alcuna legittima finalit di “utilità pubblica” che possa giustificare un indennizzo inferiore al valore venale. … Pertanto, vi è stata violazione dell’art. 1 Prot. 1”. Limiti all’esercizio del diritto di proprietà Esercizio da parte dell’ord e legislatore del cd potere di conformazione, che fa riferimento ad una situa di limite per il proprietario (che si esplica sul piano contrattuale, perché il legislatore prevede delle determinate misure). Limite che insiste nei confronti soggetti indeterminati, interessano la collettività [destinazione urbane a luogo pubblico…] Una decisione della TAR dell’Emilia Romagna (n.371/2016) distingue i casi classificabili come casi di espropriazione e i casi di esercizio di potere di conformazione. Nel corso del tempo Esercizio di facoltà edificatorie L’ordinamento non ha lasciato libero il proprietario di intervenire sul territorio a piacimento, ma ha racchiuso la disciplina della facoltà di edificatoria del proprietario nel TU del 380/2001, ma è disciplinato anche dalle leggi speciale e dalle norme del cc (art 869cc) che riguardano le costruzioni e in particolare le distanze che devono intercorrere tra le costruzione. Anche in quel caso l’ordinamento non nasca libero il privato di intervenire del territorio come meglio gli pareva ma ha disposto dei limiti per il rispetto della salute pubblica (passaggio del l’aria…) L’altra modalità con cui il legislatore ha conformato la proprietà privata è l’intervento in materia contrattuale. La disciplina delle locazioni ad uso abitativo è racchiusa in nella legge n 431/1998 mentre quelle ad uso non abitativo (come quelle ad uso commerciale o le locazione di immobili destinate ad attività alberghiera), sono disciplinati dalla l.n. 392/1978 che ha avuto una grandissima diffusione mediatica, perché era identificata come legge del giusto canone. Il legislatore per consentire l’accesso al godimento dell’abitazione, diritto tutelato dalla cost ex art 47 (“diritto alla casa”) e ex art 42,2 (“accessibilità a tuti del diritto di proprietà privata”), in quanto è un esigenza che riguarda la persona, e che quindi l’ordinamento deve tutelare al massimo grado, l’ordinamento nel 1978 ha approvato questa legge dove è stata fissata una soglia al canone delle abitazioni ad uso abitativo. Le prime disposizioni di questa legge, ex art 6, sono ancora oggi in vigore e anche tutta la parte delle locazioni ad uso diverso di quello abitativo. Mentre poi, con l.n. 431/1998 il legislatore ha superato questo criterio, individuato dalla legge dell’equo canone, anche se in essa distinguendo due tipologie di contratto di locazione il legislatore ha cercato di contemperare l’interesse al godimento dell’immobile ad uso abitativo e dall’altra l’interesse del proprietario a disporre della casa su cui esercita il diritto di proprietà. E al contemperamento di questi due interessi corrispondono quelle 2 tipologie di contratti di locazione, dove abbiamo da un lato la estensione maggiore co riferimento agli ambiti e dall’altro la possibilità di una stipulare un contratto con una durata minore ma con un canone di locazione che viene accordato attraverso l’associazione di categoria. Quindi queste esigenze in parte sono state confermate dalla legge del 98’, ma il legislatore ha dato attuazione a queste esigenze con modalità meno drastiche di quelle del 78, rispetto alla disciplina dell’equo canone. Nel codice civile erano previsti tutti una serie di contratti agrari (di mezzadria, l’affitto… ), che potevano essere stipulati tra il proprietario del fondo e il soggetto che si materialmente si occupava del fondo e che effettivamente svolgeva sul fondo una determinata attività. 16  à à à à Con la l.n. 203/1982, il legislatore ha abrogato tutte le tipologie contrattuali agrarie, facendo salva la tipologia contrattuale dell’affitto. L’affitto, in realtà, infatti è il contratto che ha ad oggetto destinati alla agricoltura disciplinato all’interno del cc. Questo per consentire un migliore contemperamento tra gli interessi del proprietario e gli interessi dell’altra parte contrattuale ad ricavare dal fondo quello che era necessario per il proprio sostentamento. Ritornando ai limiti del diritto della proprietà, un altro limite, individuato non dal cc, ma dall’art 42 Cost, 2 comma, è il limite della funzione sociale. Secondo una parte della dottrina, sarebbe un limite interno al diritto di proprietà, che nasce già conformato. Il diritto di proprietà non nasce libero, ma nasce funzionalizzato: il proprietario nell’esercizio del suo diritto si deve in ogni caso rapportare rispetto al perseguimento di interessi ulteriori, interessi della collettività, nella quale il proprietario è inserito. Abbiamo delle decisioni in cui gli interessi della collettività sono egualmente rilevanti. Prendiamo in considerazione le sentenze che sono intervenute sul caso dell’ILVA di Taranto. Questa decisione del 2024 della Corte di Giustizia, riguarda appunto tale caso, che va avanti ormai da molti anni, in quanto: da un lato si ha l’esercizio di una attività di tipo imprenditoriale molto complessa e dall’altro si ha delle situazioni che riguardano la tutela della salute, che molto spesso sono state compromesse, anche in via definitiva, con decessi (anche di bambini molto piccoli), per effetto di immissioni ed emissioni di gas che ci sono stati per effetto dello svolgimento della attività di tipo industriale che si svolgono in quella zona della Puglia. Da un lato abbiamo una situazione di proprietà, perché ci sono soggetti che sono proprietari di questo complesso e di questa universalità di diritto e dall’altro lato c’è un diritto dei cittadini alla salute (ex art 32). Negli anni ci sono stati dei ricorsi, che sono stati proposti dalla Corte di Strasburgo, delle condotte da parte dell’Italia. Anche in seguito di queste condanne, quella del 2019 che quella del 2022, dello Stato per violazione dell’art 8 CEDU (“diritto alla vita privata”), l’attività è comunque proseguita, perché l’autorità amministrativa e legislativa ha prorogato lo svolgimento dell’attività industriale con una serie di accorgimenti. Quindi l’attività è proseguita e come essa le immissioni, dalle quali scaturiscono i pregiudizi alla salute. Il nostro ordinamento ha continuato prorogare i rinvii e quindi rinviare questa artvitià, senza prendere una decisione abbastanza ferma. Questa direttiva è quella sulle emissioni industriali dice che: “Deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a prevedere che una previa valutazione dell’impatto dell’attività dell’installazione interessata tanto sull’ambiente, quanto sulla salute umana, costituisca un atto interno ai procedimenti di rilascio o del riesame di un'autorizzazione all'esercizio di un'installazione, ai sensi di tale direttiva”. La fonte dice che nel momento nel quale si autorizza la prosecuzione di attività è necessario considerare gli impatti che la procedura di queste attività produce sul territorio generale. “Deve essere interpretata nel senso che ai fini del rilascio o del riesame di un’autorizzazione all’esercizio di un’installazione ai sensi di tale direttiva l'autorità competente deve considerare oltre alle sostanze inquinanti prevedibili, tenuto conto della natura e della tipologia dell'attività industriale di cui trattasi, tutte quelle oggetto di emissioni scientificamente note come nocive che possono essere emesse dall'installazione interessata, comprese quelle generate da tale attività, che non siano state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale in tale installazione”. Una delle questioni più importanti per le persone che si sono ammalate è stata quella proprio della prova inizio del rapporto di causalità fra l’emissione della parte di quelle che sono le patologie che si sono sviluppate. “Deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale ai sensi della quale, il termine concesso al gestore di un’installazione, per conformarsi alle misure di protezione dell'ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione di esercizio di tale installazione, è stato oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano state individuati pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute umana. Affermando che, qualora l'attività dell'installazione interessata presenti tali pericoli, l'articolo 8, paragrafo due, secondo comma, di detta direttiva, esige in ogni caso che l'esercizio di tale installazione sia sospeso”. 17  È sempre stato in gran parte considerato prevalente dall'ordinamento, da un lato gli esborsi necessari enormi per ricondurre a normalità questa struttura e dall'altro lato, appunto il rischio della perdita dell'attività lavorativa, da parte dei soggetti che operano il lì ma anche da parte di tutto l'indotto che è un congresso industriale molto ampio. L’altra informazione che si risicava dai testi, è che il limite della funzione speciale è il limite che grava sul proprietario, che lo obbliga ad rapportarsi con interessi generali, nel luogo nel quale il proprietario è inserito. L’ordinamento però ha precisato che questa necessità per il proprietario di rapportarsi con l'interesse generale non opera con riferimento a tutte le situazioni in cui abbiamo il diritto di proprietà su un determinato bene ma pera esclusivamente per quei beni durevoli (essenzialmente i beni immobili) che sono destinati al perseguimento di finalità a carattere generale, alla tutela per esempio di diritti costituzionali. Abbiamo visto prima, che la normativa sulle locazioni ha consentito di dare attuazione al godimento del diritto alla casa, quindi all'accesso quanto più ampio possibile al diritto all’abitazione. Quindi nel momento nel quale il proprietario esercita il suo diritto, in relazione a beni che sono essenzialmente i beni immobili che sono caratterizzati anche dalla durevolezza, dal fatto di continuare ad esistere nel corso del tempo, l’ordinamento ci dice che il proprietario si deve rapportare con questo limite, che è quello appunto della funzione sociale; mentre ci sono altri beni come ad esempio i beni di consumo, destinati alla diciamo a cessare nel mento nel quale vengono utilizzati, l'ordinamento ci dice che non necessariamente il proprietario si deve confrontare con questo limite della funzione sociale. Anche se è stato poi riportato appunto da un'altra parte della dottrina che con riferimento anche ad alcune categorie di beni immobili, quindi beni a carattere durevole, in qualche caso sia stata una consumerizzazione di questi beni, cioè questi beni sono stati destinati ad un consumo diffuso. Questo per esempio è stato riportato, con riferimento a quel contratto della cd la multiproprietà (racchiusa nella normativa del Codice del consumo d.lgs n. 206/2005, in cui si ha una situazione di proprietà a termine. Anche un intervento del 2015 aveva destinato una specifica tiptologia di contratto - leasing - in relazione ad immobili ad funzione abitativa. Quindi da un lato la riflessione della dottrina ci dice questo ma dall'altro lato, però, di recente ci sono stati degli interventi del legislatore che hanno riportato alcune categorie di beni, che possono essere per esempio anche i beni mobili, non dico quasi sullo stesso livello, ma sul livello, di una di un godimento più ampio e più diffuso, come sono appunto i beni destinati a generalmente al consumo(generalmente dei mobili). Divieto degli atti emulativi Art 833 cc -“Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.” Tra i limiti che l'ordinamento individua per il diritto di proprietà, oltre a quello limite della funzione sociale ex art 42, 2 comma Cost, l’ordinamento va ad individuare anche all'interno del codice civile alcuni di quelli che sono i limiti al diritto del proprietario. Il codice, preoccupandosi di quella che è la proprietà del fondo, prende in considerazione essenzialmente quelli che sono i limiti che riguardano i rapporti tra proprietari di fondi. Un limite specifico che viene individuato in relazione al diritto del proprietari, è quello dell'articolo 833 “divieto degli atti di emulazione o il divieto degli atti emulativi”. L'ordinamento ci dice che “è fatto divieto al proprietario di compiere quegli atti che abbiano come unica finalità quella di vedere l'altro diritto”. Quindi si parla di atti che avrebbero una sorta di finalità specifica, una sorta di dolo specifico, che corrisponde al pregiudizio del diritto altrui, della situazione giuridica altrui. Di questa norma si è parlato molto nella dottrina perché da questa norma si ricaverebbe un concetto che è quello di abuso del diritto, che si tratta di un concetto che nel nostro ordinamento non è stato codificato. Nel codice civile non c'è nessuna norma che ci parla di “abuso del diritto”, però alcune sentenze (pochissime) fanno riferimento proprio a questa disposizione, come una possibile ragione giustificativa del concetto dell'abuso del diritto. Questo consisterebbe in uso distorto del diritto, cioè ad un esercizio del diritto per finalità che sono diverse da quelle per le quali il diritto è stato costituito. In particolare, appunto in questo caso, l'ordinamento pone un divieto, a carico del proprietario, di porre in essere delle attività che non prevedano altre finalità, salvo quella di andare a pregiudicare la posizione giuridica altrui, (ad esempio la posizione giuridica del proprietario del fondo vicino). 18  Il proprietario di un fondo, che vuole assolutamente impedire che il proprietario del fondo vicino Contini a godere del diritto di veduta sulla vallata e va a piantare, anche alle distanze legali, degli alberi ad alto fusto che impediscono al proprietario del fondo vicino. Quindi l'ordinamento ci parla di questa situazione come una situazione in presenza della quale il proprietario effettua un esercizio distorto del suo diritto, perché non lo esercita per la finalità per la quale è titolare il diritto mq per una finalità diversa, che l'articolo 833 definisce “finalità di andare a pregiudicare la situazione giuridica altrui”. La giurisprudenza ha fatto una scarsissima applicazione, salvo poi le sentenze appunto più recenti della Corte di Cassazione in materia contrattuale, che hanno richiamato questa norma perché hanno parlato di questa disposizione come una disposizione, come una disposizione che ha a fondamento, appunto il concetto dell’abuso del diritto: le sentenze sia della Corte di Cassazione che anche dei giudici di merito, che sono intervenute in materia proprietaria e che hanno fatto applicazione dell'articolo 833 sono veramente molto scarse. Questo perché per la giurisprudenza, perché si possa escludere l’applicabilità di questa norma a carico del proprietario, sarebbe stato sufficiente che il proprietario conseguisse un vantaggio per effetto dell'esercizio del suo diritto. Anche un vantaggio minimo, conseguito dal proprietario, nel momento in cui, per esempio, va a piantare gli alberi alla distanza legale, impedendo però al proprietario del fondo vicino di continuare a godere del diritto di veduta impedisce che la sua condotta possa essere ricondotta a questo divieto. Quindi impedisce che si possa fare applicazione di questo divieto art 833, quindi in quasi tutte le situazioni di proprietario riuscivo a dimostrare, che per effetto dell'esercizio del diritto aveva conseguito un vantaggio anche minimo. E quindi questo per la giurisprudenza è stato sufficiente per escludere la condotta del proprietario all'applicabilità di questa norma. Per ampliare l’ambito di applicazione di questa disposizione, la dottrina ha proposto delle soluzioni diciamo differenti rispetto a quella del vantaggio conseguito dal proprietario, in particolare, secondo un orientamento, bisogna operare con contemperamento tra il vantaggio che il proprietario consegue ed il pregiudizio che deriva dall'esercizio del diritto del proprietario a carico del proprietario dell'altro fondo, Oppure ancora l'altro parametro che è stato considerato per consentire di estendere l'ambito dell'applicazione dell'art 833 è quello di considerare in ogni caso gli effetti dannosi che la condotta del proprietario che aveva esercitato il suo diritto aveva prodotto a carico della controparte. Quindi, questa produzione di un effetto pregiudizievole (di un danno ingiusto ex art 2043), sarebbe sufficiente per ritenere che la condotta del proprietario privato nell'esercizio del suo diritto, possa integrare un atto emulativo e quindi possa rientrare all'interno di questo divieto degli atti emulativi 02.10 La proprietà disciplinata nel cc è prevalentemente la proprietà del fondi vicini, del fondo agrario e la funzione possibilmente edificatoria del fondo, e quindi l’erecizio dell’azione di edificazione da parte del proprietario. Tra le norme richiamate per il diritto di proprietà c’è l’Art.840 cc. Art.840 cc - “La proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si applica a quanto forma oggetto delle leggi sulle miniere, cave e torbiere. Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle leggi sulle antichità e belle arti, sulle acque, sulle opere idrauliche e da altre leggi speciali. Il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle.” Sono individuati i poteri del proprietario ed alcuni limiti all’esercizio delle sue facoltà: la proprietà del suolo si estende anche a quella del sottosuolo, ma gravano sul proprietario le limitazione determinate dal fatto che: I. Il diritto del proprietario coesiste o può coesistere con altri beni, la cui disciplina è sottoposta dalla legge a particolari restrizioni (es demanio idrico, sottoposto alla disciplina del demanio statale). II. Il proprietario non può compiere degli atti idonei a danneggiare il vicino, e si colloca all’interno della proprietà del fondo, in particolare nella disciplina dei rapporti tra proprietari di fondi vicini. III. Il proprietario può estendere lue sue facoltà dal suolo al sottosuolo, ma non si può opporre ad attività tali da non andare ad incidere sulle sue facoltà. Es servitù elettriche di passaggio, sono coattive imposte sul fondo, l’ordinamento ci dice che non contrastano con proprietà, quindi il proprietario non si può opporre a questo tipo di attività; passaggio di aerei, è attività che si colloca ad una altitudine tale sul fondo del 19  proprietario, che non è cosi evidente la possibile interferenza tra il passaggio degli aerei e la proprietà del fondo, per questo il proprietario può esercitare il suo diritto di proprietà sul sottosuolo o sopra, ma non può opporsi ad attività tali da che non incidono in modo sostanziale sulle sue proprietà. I diritti edificatori e la chiusura del fondo L’ordinamento ci dice che ci sono dei limiti ad incidere sull’esercizio di facoltà da parte del proprietario e tra le attività che può porre in essere c’è l’esercizio della facoltà edificatoria, disciplinato in parte nel TU 380/2001, e in parte in alcune norme del cc (Artt.873 ss). Art.2643-bis cc - “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale;” L’ordinamento consente di regolare l’utilizzo dello spazio volumetrico anche tramite degli accordi: l’Art.2643,2-bis cc prevede la trascrizione di atti o contratti che trasferiscono, istituiscono o modificano diritti edificatori (vecchia cessione di cubatura, cioè accordi con cui un proprietario acquistava il diritto all’esercizio dell’attività edificatoria più ampio rispetto a quello previsto dalla pianificazione del territorio, tramite accordi tra proprietari o con la PA). Questo Art nuovo parla di diritti edificatori per fare riferimento agli accordi che coinvolgono accordi i proprietari privati e pure la PA (in passato l’accordo tra privati non era necessario ma era sempre necessario un suo intervento), che possono andare ad incrementare o ridurre lo spazio che il proprietario ha a disposizione per l’esercizio dell’attività edificatoria, oppure la PA può effettuare delle compensazioni rispetto al potere edificatorio del proprietario. Art.841 cc - “Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo.” Si interessa, non tanto ai limiti, ma ai poteri del proprietario e abbiamo ricordato questa disposizione in riferimento alla imprescrittibilità del diritto di proprietà (in generale il decorso del tempo non incide su questo diritto), salvo nel caso dell’azione di rivendicazione. Ne abbiamo anche parlato in riferimento al carattere di esclusività del diritto di proprietà, nel senso di esclusione dei terzi dall’accesso al proprio spazio giuridico. A questo ultimo aspetto si ricollega l’Art.842 cc. Art.842 cc - “Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall’autorità. Per l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del fondo.” L’ordinamento si riferisce principalmente all’esercizio dell’attività venatoria e all’ingresso sul fondo privato per l’esercizio della aittivita di caccia e della pesca. Con riferimento alla prima azione l’ordinamento ci dice che il proprietario deve consentire l’accesso sul fondo al soggetto legittimamente munito di licenza esercita l’attività venatoria (l.n.157/1992 che ha riportato i beni della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato ed una parte della legge disciplina le attività con cui si può legalmente esercitare l’attività venatoria). Ci sono casi in cui il proprietario del fondo può opporsi all’accesso sul suo fondo da parte del soggetto che legittimamente esercita l’attività venatoria: 1. Fondo è stato chiuso secondo le modalità ex l.n.157/1992 2. Esistenza in corso di coltivazioni, salvo il risarcimento del danno derivabile dal passaggio del terzo sul fondo Nel caso invece dell’accesso al fondo per l’esercizio dell’attività di pesca, questo è regolato da un accordo con il proprietario del fondo, per un determinato corrispettivo. Art.843 cc - “Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune. Se l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità. Il proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale che vi si si

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