Diritto Penale II - Vigano': Reati Contro la Persona - PDF
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This document discusses criminal law, specifically crimes against individuals, and details the concept of homicide in the Italian legal system. Specifically, it investigates the legal aspects of homicide, ranging from the definition to various circumstances leading to criminal prosecution.
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DIRITTO PENALE II VIGANO’: REATI CONTRO LA PERSONA CAPITOLO I: DELITTI CONTRO LA VITA §Introduzione L’omicidio costituisce l’archetipo del fatto illecito ed è punito con pene severe in ogni ordinamento giuridic...
DIRITTO PENALE II VIGANO’: REATI CONTRO LA PERSONA CAPITOLO I: DELITTI CONTRO LA VITA §Introduzione L’omicidio costituisce l’archetipo del fatto illecito ed è punito con pene severe in ogni ordinamento giuridico. Nell’ordinamento italiano, i delitti di omicidio sono incriminati: nel Libro II (dei delitti) Titolo XII (delitti contro la persona) Capo I (delitti contro la vita e l’incolumità individuale). §L’ELEMENTO OGGETTIVO DEI DELITTI DI OMICIDIO Il BENE GIURIDICO TUTELATO da ogni fattispecie di omicidio presente nel c.p. è la VITA UMANA bene che, seppur non presente esplicitamente in Costituzione, è pacificamente dotato di rilievo costituzionale Molto più discussa è invece la natura di diritto individuale o collettivo della vita umana ci si chiede se oggetto della tutela penale è non solo l’interesse individuale a vivere, ma anche quello Statale alla conservazione della consistenza demografica della popolazione. i primi commentatori (tra cui Antolisei) La dottrina odierna considera tale bene giuridico aderivano all’impronta ideologica autoritaria come pacificamente INDIVIDUALE fascista, considerando il bene giuridico VITA TUTELATO ANCHE NELL’INTERESSE SUPERIORE DELLO STATO in quanto altrimenti si arriverebbe alla paradossale conseguenza di non punire l’omicidio di un criminale di professione senza legami affettivi o portando come argomento l’indisponibilità di familiari, in quanto, non arrecando tale atto un esso, ricavabile dall’incriminazione danno alla collettività dell’omicidio del consenziente il principio di offensività imporrebbe l’assoluzione dell’omicida. Quanto all’indisponibilità di tale bene giuridico, la dottrina odierna la considera semplicemente come una caratteristica della tutela. 1 Il SOGGETTO PASSIVO + OGGETTO MATERIALE dell’atto la persona umana. QUANDO un essere vivente esce dallo stato PRE-NATALE? un essere vivente VIENE IDENTIFICATO COME PERSONA UMANA a partire dalla fase del parto (il cui inizio è identificato dalla giurisprudenza con la rottura delle acque) infatti l’art. 578 c.p. equipara l’uccisione del neonato immediatamente dopo il parto a quella del feto durante il parto ciò segna il discrimine tra l’applicazione della disciplina sull’omicidio e quella extra codicistica a tutela del feto e dell’embrione VITALITÀ DEL FETO/NEONATO era considerata dalla dottrina come requisito per (ossia la sua “idoneità alla vita” una volta l’esistenza del soggetto passivo separato dall’organismo materno) (sostenendo che l’omicidio di un feto/neonato non vitale non costituisse omicidio) ad oggi è da considerarsi superata. In materia sono da segnalare le severe conclusioni tratte da una sentenza della Cassazione del 2004, riguardante i medici di una clinica di aborti clandestini (praticati fuori dai limiti legali, ossia dopo i 90 giorni di gestazione e senza che sussistessero pericoli in capo alla madre): i giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la contestazione ai medici dell’accusa di omicidio doloso, in quanto era stato accertato che la SOPPRESSIONE DEI FETI avveniva dopo il distacco dall’utero della madre (distacco dall’utero: rottura acque) non risultando quindi più applicabili le pene previste per l’interruzione illecita di gravidanza, che riguardano ipotesi di causazione della morte di feti nel grembo materno. Peraltro, nella stessa sentenza, era stata affermata la possibilità di procedere per concorso in omicidio doloso aggravato dalla discendenza (pena: ergastolo) nei confronti delle donne che si erano sottoposte volontariamente all’aborto (gli esiti del procedimento a carico delle madri non sono noti). Sempre con riguardo al soggetto passivo, se esso è: il Presidente della Repubblica (a cui i patti lateranensi equiparano il Papa) un Capo di Stato straniero si applicano le disposizioni speciali di cui agli artt. 276 e 295 c.p., ove vengono sanzionate a titolo di delitto consumato anche le condotte di attentato (nel caso del Pdr, non solo alla vita, ma anche solo all’incolumità fisica o alla libertà personale). 2 EVENTO: è rappresentato dalla MORTE (intesa come cessazione irreversibile delle funzioni cerebrali) del soggetto passivo ciò esclude l’applicabilità delle norme lo stesso accadrà, in virtù del PRINCIPIO incriminatrici dell’omicidio alle condotte DELL’IN DUBIO PRO REO incidenti su un essere umano cadavere quando all’esito dell’istruttoria in luogo si applicheranno quelle sui delitti risulti incerto se il soggetto passivo contro la pietà dei defunti era ancora in vita al momento della condotta CONDOTTA: l’omicidio è un REATO D’EVENTO A FORMA LIBERA il delitto di omicidio è realizzabile con qualsiasi condotta commissiva od omissiva che rappresenti un antecedente causale dell’evento-morte NB: di OMICIDIO PER OMISSIONE potrà rispondere solo chi rivestiva una posizione di garanzia nei confronti del soggetto passivo es. medico nei confronti del paziente; datore nei confronti del lavoratore, etc. La giurisprudenza ha mostrato a lungo incertezze sulla qualificazione commissiva od omissiva dell’azione in alcuni settori, in particolare: Nel settore delle MALATTIE PROFESSIONALI era solita qualificare la responsabilità in termini omissivi, posto che oggetto di rimprovero era la mancata predisposizione delle misure di sicurezza; tuttavia tale orientamento è mutato a seguito di pesanti critiche dottrinali, basate sul fatto che l’omissione rileva nel momento della valutazione della colpa (in cui è sempre presente una componente omissiva, in quanto si rimprovera di non avere tenuto il comportamento doveroso) mentre la RESPONSABILITÀ È COMMISSIVA, in quanto all’imputato si contesta di avere esposto i lavoratori al contatto con gli agenti nocivi. Con la sentenza del processo che vedeva imputati i dirigenti del Petrolchimico di Porto Marghera, la Cassazione ha affermato che la condotta di sottoporre i lavoratori alle esposizioni nocive, pur connotata da condotte omissive, è attiva. Quanto ALL’ATTIVITÀ MEDICA, la responsabilità ha, secondo la dottrina largamente prevalente, NATURA OMISSIVA, in quanto l’imputazione è a titolo commissivo solo quando la condotta dell’agente abbia ricoperto un ruolo effettivo nel decorso causale. 3 §IL NESSO CAUSALE La causalità è stata analizzata, negli ultimi trent’anni, soprattutto in tre ambiti: malattie professionali, responsabilità medica e contagio da HIV. Negli anni ’90 prevaleva in giurisprudenza, in ambito di causalità omissiva, il criterio dell’aumento del rischio, che conduceva a ritenere sussistente il nesso causale sulla base del riscontro che la condotta doverosa omessa avrebbe diminuito le probabilità di verificazione dell’evento: tale teoria ha sollevato numerose critiche dottrinali, basate sul fatto che essa viola: il principio di legalità, trasformando l’omicidio il principio dell’in dubio pro reo: da reato di danno in reato di pericolo il dubbio sull’efficacia impeditiva dell’azione omessa non osta alla condanna dell’imputato. Tali critiche hanno dunque portato all’affermazione di un modello diverso, che, sia in ambito commissivo che omissivo, richiedeva una legge scientifica con probabilità statistica prossima al 100%. Entrambi tali modelli sono poi stati superati dalle SS.UU. nella Sentenza Franzese (2002), che introduceva un modello bifasico di accertamento causale, particolarmente utile in materia di contagio da HIV a causa della distinzione tra probabilità statistica e probabilità logica (cfr. caso Lucini), mentre impercorribile in ambito omissivo, in cui non è possibile eliminare i possibili decorsi alternativi. Quanto al nesso causale tra la morte ed una condotta che ha solo ANTICIPATO il decesso della vittima giurisprudenza e dottrina non dubitano sull’esistenza di tale nesso, in virtù del principio generale per cui la relazione causale va instaurata tra la condotta e l’evento hic et nunc (e non tra la condotta ed un generale evento morte) in ambito medico, basterà provare che le terapie omesse avrebbero anche solo prolungato la vita del paziente. DOLO INTENZIONALE: si verifica quando lo scopo del delitto commesso è quello di realizzare la condotta criminosa o di provocare l’evento. DOLO DIRETTO: si verifica quando vengono rappresentati gli elementi costitutivi del reato e si è consapevoli che agendo in un certo modo li si commetterà. Il reato non rappresenta lo scopo da realizzare ma lo strumento utilizzato per raggiungere l’obiettivo. DOLO EVENTUALE: si verifica quando anche se non si agisce con l’intenzione di commettere un reato si è consapevoli che ciò potrebbe accadere e si accetta il rischio che accada. DOLO GENERICO: si manifesta per il semplice fatto che chi commette il reato ne sia consapevole e lo abbia provocato in modo volontario DOLO SPECIFICO: si persegue un fine ben preciso che tuttavia non deve verificarsi concretamente affinché il reato possa configurarsi. 4 §L’OMICIDIO DOLOSO Art 575 c.p. : chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. Il codice Zanardelli nella definizione dell’omicidio doloso conteneva l’inciso “a fine di uccidere”, formula che venne soppressa nel codice attuale perché ritenuta superflua. Il fine di uccidere non può ritenersi necessario perché non sempre vi è questa volontà infatti si può rispondere anche a titolo di dolo diretto o eventuale. Quanto al problema del confine tra dolo eventuale e colpa cosciente: Nel caso Lucini, (cassazione2000) in MATERIA DI CONTAGIO DA HIV, nella condanna a titolo di omicidio colposo di un soggetto sieropositivo che aveva avuto rapporti non protetti con la moglie, poi morta è stata valorizzata la RIMOZIONE MENTALE, da parte dell’imputato, del pericolo di contagio, comprovata dal fatto che costui aveva anche scelto di interrompere le cure Il marito non aveva la volontà di contagiare la moglie e farla morire Criterio distintivo del dolo eventuale all’epoca era l’accettazione del rischio (colpa: se non accetti il rischio) il marito avendo dei rapporti sessuali con la moglie ha accettato il rischio di contagio (secondo l’accusa) Diversi e numerosi casi di MACROSCOPICHE VIOLAZIONI DEL CODICE DELLA STRADA, in materia di morti cagionate nell’ambito della circolazione stradale hanno portato la giurisprudenza (prima dell’introduzione dei reati di omicidio e lesioni stradali) a forzare la categoria del dolo eventuale, (es. soggetto che, in fuga dai poliziotti, cagiona un incidente mortale passando col rosso; oppure soggetto che lo cagiona essendosi messo alla guida sotto effetto di alcool e psicofarmaci ecc. ecc.) in favore di un coefficiente colposo, spesso aggravato dalla previsione (propria di chi si raffigura l’evento ma sottovaluta le probabilità che si verifichi o sopravvaluta le proprie capacità di evitarlo) La categoria dei casi di COLLUTTAZIONI O SCONTRI A FUOCO in cui la giurisprudenza si interroga sui casi in cui l’evento morte non è causato: si risponde di tentato omicidio o di lesioni (tentate o eventualmente consumate) nel caso, più ricorrente, del soggetto che per sfuggire alle forze dell’ordine spara alla cieca nella loro direzione? In ipotesi del genere la giurisprudenza tende a ravvisare un TENTATO OMICIDIO A TITOLO DI DOLO ALTERNATIVO (considerato equivalente al dolo diretto) 5 proprio di chi prevede e vuole, indifferentemente, l’uno o l’altro evento: nel caso di specie, morte o rallentamento della vittima Tale categoria è criticata dalla dottrina, in quanto considerata nient’altro che un escamotage terminologico per superare il problema dell’incompatibilità tra tentativo e dolo eventuale, al quale il dolo alternativo corrisponde, secondo la dottrina IL CASO THYSSENKRUPP in cui le SS.UU. hanno fornito una serie di indicatori per accertare il coefficiente psichico in esame (c.d. criteri Thyssen) IL CASO DELLA CLINICA DEGLI ORRORI in cui un’equipe medica eseguiva interventi non necessari né utili, in assenza di valido consenso dei pazienti, per far ottenere alla casa di cura i rimborsi da parte della Regione per le prestazioni eseguite. In tale caso la qualificazione, data dai giudici di merito, di OMICIDIO DOLOSO CON DOLO EVENTUALE è stata corretta dalla Cassazione in OMICIDIO PRETERINTENZIONALE, in quanto i giudici di legittimità non hanno rilevato alcuna volontà omicida in capo ai medici, neanche sotto la forma del dolo eventuale Infine, facendo una valutazione complessiva dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di dolo eventuale nel delitto di omicidio, pare che rivestano in concreto grande importanza: il contesto lecito o illecito in cui si sia verificata la condotta il tipo di agente (“persona perbene” o “criminale”: dal testo traspare una velata critica a tale valutazione giurisprudenziale “stereotipata”). §LE IPOTESI DI ABERRATIO CAUSAE ED IL C.D. DOLUS GENERALIS Un classico caso di ABERRATIO CAUSAE in materia di omicidio si ha nell’esempio più classico di dolo colpito a mezza via dall’errore: l’imputato provoca volontariamente la morte della persona offesa ma il decesso si verifica per un decorso causale diverso da quello che l’agente si era rappresentato nel caso giurisprudenziale, gli imputati compiono un feroce pestaggio fino al momento in cui ritengono la vittima morta, successivamente la collocano in un bagagliaio di un’auto a cui danno fuoco per occultare il (da loro considerato) cadavere: tuttavia in seguito si scopre che la vittima era morta per ustioni derivanti dall’incendio e non per il pestaggio 6 In materia, la giurisprudenza più risalente adottava l’istituto del DOLUS GENERALIS ai fini di condannare per omicidio volontario: il dolo che sorreggeva la prima condotta era ritenuto idoneo a coprire anche la morte verificatasi in seguito alla seconda azione. Tale istituto è stato superato da una costante giurisprudenza che ritiene necessario SCINDERE LE DIVERSE FASI DELLA VICENDA, riscontrando: per la prima un TENTATO per la seconda un OMICIDIO COLPOSO la colpa sta nel fatto che l’agente modello si OMICIDIO (con dolo intenzionale) sarebbe accorto che la vittima era in realtà ancora viva Secondo gli autori bisognerà verificare: se la PRIMA CONDOTTA sia almeno una CONCAUSA DELL’EVENTO MORTE (es. se la vittima del pestaggio non fosse stata tramortita, non sarebbe stato possibile dare il suo corpo alle fiamme) se la NUOVA CONDOTTA inseritasi nel decorso causale abbia o meno le caratteristiche di eccezionalità tali da interrompere il nesso causale ai sensi della teoria della causalità umana Se la prima risposta è positiva e la seconda è negativa, ci si troverà davanti ad una condotta (la prima) dolosa e causalmente legata all’evento tanto basterà per fondare una CONDANNA PER OMICIDIO VOLONTARIO (SENZA CONCORSO DI ALTRI REATI). Tuttavia, si sottolinea che tale questione perde gran parte della sua importanza all’atto pratico: infatti, nella maggior parte dei casi, l’occultamento del (presunto) cadavere si realizzerà quando esso è “rantolante, che si sta dibattendo tra la vita e la morte”, e dunque non ci sarà l’assoluta certezza che la vittima sia morta (idonea ad escludere il dolo) ma un dubbio, il quale è invece compatibile con l’elemento del dolo (eventuale o, volendo accogliere la legittimità di tale figura, alternativo) §LA PROVA DEL DOLO DI OMICIDIO Come in tutti i problemi probatori, nel caso della prova del dolo di omicidio bisognerà avere innanzitutto riguardo al caso concreto. Nonostante ciò, dottrina e giurisprudenza hanno elaborato una serie di indici fattuali a cui il giudice può fare ricorso. 7 I più importanti sono gli indici oggettivi, la cui presenza rende plausibile la volontà omicida: essi sono la natura e micidialità del mezzo prescelto (sparare ad un soggetto con un fucile renderà plausibile un dolo di omicidio; percuoterlo con un bastone, cagionandone tuttavia inopinatamente la morte farà propendere per un coefficiente colposo) il numero dei colpi sparati o inferti alla vittima e la violenza con cui lo strumento è stato utilizzato (30 pugnalate saranno indice di dolo; una coltellata di striscio no) la distanza tra l’agente e la vittima, nelle ipotesi di omicidio mediante arma da fuoco la regione del corpo attinta o presa di mira (una coltellata al petto sarà indice di dolo, una al piede no; un colpo sparato mirando al cuore ma che attinge il soggetto al piede, causandone la morte per dissanguamento invece che sul colpo (aberratio causae) sarà comunque indice di dolo; un colpo sparato mirando al piede ma che attinge il soggetto, inopinatamente abbassatosi, alla testa sarà comunque indice di colpa) Quanto agli INDICI SOGGETTIVI, essi hanno un ruolo meramente sussidiario che però può essere anche decisivo qualora gli indici oggettivi non forniscano risposte univoche tra di essi spicca il movente (la causale dell’azione illecita). §CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE Le cause di giustificazione tipicamente invocate in tema di omicidio sono : la legittima difesa l’uso legittimo delle armi consenso dell’avente diritto esercizio di un diritto adempimento di un dovere In questa sede gli autori si concentrano sulla configurabilità di un tentato omicidio quando all’agente sia stato riconosciuto un eccesso colposo di legittima difesa nel caso giurisprudenziale, l’imputato era stato aggredito a mani nude per futili motivi, ed aveva risposto vibrando diverse coltellate all’aggressore, che riportava ferite guaribili in 40 giorni in materia è opinione della Cassazione, condivisa dagli autori, che ogniqualvolta si configuri un eccesso colposo, il vizio nella formazione della volontà rende inapplicabile l’istituto del tentativo (che richiede un dolo almeno diretto). Dunque la condotta dell’agente andrà derubricata in lesioni colpose. 8 §IL TENTATIVO DI OMICIDIO: L’ELEMENTO OGGETTIVO E LA DESISTENZA ELEMENTO OGGETTIVO: quale è la soglia di prossimità alla consumazione dell’omicidio da raggiungere per considerare l’autore punibile di omicidio tentato? 1. Sono punibili anche gli atti preparatori o solo gli atti esecutivi? 2. Cosa accade in caso di interruzione del piano criminoso da parte delle forze dell’ordine? Quanto ALL’IDONEITÀ DEGLI ATTI a cagionare la morte del soggetto passivo, la Cassazione ha ritenuto presente tale requisito nei casi in cui la condotta che l’agente ha tentato di tenere (senza riuscirci) era da considerarsi EFFICIENTE: nel primo caso è stato condannato un soggetto che ha tentato di sparare alla persona offesa, senza riuscirci perché la pistola aveva la sicura nel secondo il soggetto condannato ha cosparso la vittima di benzina minacciando di darle fuoco, salvo non riuscirci per il mancato reperimento di un accendino. Quanto alla configurabilità della DESISTENZA nel delitto di omicidio, la giurisprudenza la esclude quando l’agente abbia eseguito una parte della condotta già dotata di potenzialità letale: in tali casi si potrà tuttalpiù configurare un recesso attivo, in quanto la desistenza presuppone che la condotta già tenuta non sia ancora potenzialmente in grado di cagionare l’evento (si parla di tentativo incompiuto: nel caso del tentativo compiuto si può avere solo recesso attivo). §CONCORSO DI PERSONE In materia trovano applicazione i consueti requisiti del concorso di persone. Quanto al CONCORSO MORALE, gli autori si concentrano sulla SENTENZA DORONZO (Cass. 1999), che si pone in contrasto con i consolidati principi della materia concorsuale. Il caso è quello di due soggetti che, nel corso di una rissa, sparano entrambi alla vittima, cagionandone la morte, ma l’istruttoria non consente di accertare da chi fosse stato esploso l’unico colpo rivelatosi letale i due soggetti vengono condannati per concorso morale in omicidio, in quanto le simultanee e coordinate condotte, secondo la Cassazione, erano idonee a rafforzare la determinazione ad agire. Tale sentenza lascia perplessi, in quanto fondare la responsabilità a titolo di concorso morale sul riscontro ex ante che la condotta dell’imputato era idonea a rafforzare il proposito criminoso 9 espone al rischio che vengano punite anche condotte che ex post si scoprono ininfluenti su tale proposito criminoso in palese violazione del principio di offensività. Sempre in materia di concorso morale, la Cassazione ha più volte affermato che la responsabilità (a titolo di concorso morale in omicidio) dei VERTICI MAFIOSI per gli omicidi compiuti dai loro affiliati non può basarsi solamente sull’appartenenza di essi all’organismo direttivo dell’associazione (la c.d. commissione, o cupola) ma bisognerà verificare se ciascun capo-mandamento (nome del vertice mafioso) abbia o meno fornito un contributo all’assunzione della decisione da parte dell’organo collegiale in ambiente mafioso vige la regola secondo cui un “omicidio eccellente” non può essere commesso senza la preventiva approvazione di tutti i capi-mandamento. Dunque, da un lato la mera presenza in commissione non è sufficiente a fondare una responsabilità penale, ma dall’altro può esserlo un’assenza o un mancato dissenso, ove sia provato che essi fossero univocamente espressivi del consenso (tacito) del capo-mandamento Quanto alla responsabilità a titolo di concorso ex art. 110 (c.d. concorso pieno) piuttosto che ex art. 116 (c.d. concorso anomalo), il concorrente risponderà: a titolo di CONCORSO PIENO A titolo di CONCORSO ANOMALO ex art 110 c.p Ex art 116 c.p. (con conseguente diminuzione di pena per chi ha quando il rischio di omicidio fosse voluto il reato meno grave, es. rapina invece che stato preventivato da tutti i omicidio) concorrenti quando il reato diverso non è stato previsto (nemmeno a titolo di dolo eventuale) dal concorrente in questione, anche se era prevedibile. Infine, se l’omicidio (o comunque il reato diverso da quello voluto) era imprevedibile nel caso concreto es. una rapina senza armi vere con un soggetto incensurato che è improvvisamente preso da un raptus e soffoca una vittima il concorrente risponderà del solo reato da lui voluto (nell’esempio, la rapina). 10 §RAPPORTI CON ALTRE FIGURE DI REATO Il delitto di omicidio doloso può essere assorbito nel delitto di strage, dove la causazione (con dolo intenzionale) della morte di una o più persone è elemento costitutivo delle fattispecie più gravi, quelle punite con l’ergastolo. In materia, per DISTINGUERE tra L’OMICIDIO DOLOSO PLURIMO e la STRAGE: sarà necessario verificare se la condotta fosse idonea a mettere in pericolo l’incolumità pubblica, oltre che la vita delle persone sussistendo tali condizioni, offese l’imputazione sarà per strage e se il dolo del reo coprisse anche tale pericolo In materia la Cassazione ha respinto l’eccezione del difensore di uno dei membri della Commissione che aveva deciso L’OMICIDIO DI GIOVANNI FALCONE: il difensore sosteneva che il suo assistito avesse solo il dolo di omicidio e non quello di strage, avendo lui dato l’assenso all’omicidio di Falcone, senza conoscere le concrete modalità di realizzazione del delitto. tale obiezione è stata respinta in quanto i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’uccisione di un soggetto costantemente sotto scorta armata non poteva che avvenire in una maniera idonea a porre in pericolo l’incolumità pubblica (come poi effettivamente è stato). Nei numerosi DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO, in cui la causazione della morte di un uomo è evento aggravante di un reato base diverso (es. la pena per l’abbandono di minore è aggravata se dall’abbandono deriva la morte del minore stesso) l’omicidio è assorbito solo se la morte non è stata oggetto di volizione da parte dell’agente Quando essa sia stata voluta, anche solo a titolo di dolo eventuale, l’imputato risponderà del reato base (non aggravato) in concorso con l’omicidio volontario es. Tizio abbandona un bambino di sei anni nella foresta accettando il rischio che questi muoia di stenti: risponderà di abbandono di minore non aggravato in concorso con omicidio volontario Quanto alla possibilità di concorso formale tra il tentato omicidio e la resistenza a pubblico ufficiale (es. Tizio fermato in macchina dal vigile riparte a tutta velocità costringendo il vigile ad un balzo per non essere investito), la risposta della giurisprudenza è affermativa, visto che le due fattispecie tutelano beni giuridici diversi: 11 la violenza (costitutiva della resistenza a pubblico ufficiale) potrà dunque assorbire al massimo il delitto di percosse, ma non condotte che fuoriescono dalla violenza funzionale all’esercizio della resistenza. §PROFILI PROCESSUALI Per tutte le ipotesi di: o omicidio doloso (compresi i reati di cui al 578, salvo che per la madre, 579 e 580) o omicidio preterintenzionale è competente la Corte d’assise composta da quattro giudici popolari e due togati Salvo che l’imputato non opti per il rito abbreviato (per cui è competente il giudice monocratico). La presenza di giurati popolari, unita al forte impatto psicologico esercitato su chiunque (giudice popolare o togato) dai fatti di omicidio, hanno condotto in alcuni casi le Corti d’assise a decisioni molto fragili nelle motivazioni, ed ispirate ad evidenti finalità equitative (anche se molto più spesso i giudici togati riescono a convincere i giudici popolari a seguirli, anche per il fatto che basta convincerne uno, dato che in caso di parità prevale il voto del presidente): es. in un caso che vedeva un soggetto assolto dall’accusa di aver ucciso, in un momento di disperazione, la moglie ricoverata in rianimazione, i giudici avevano motivato che non fosse certo oltre ogni ragionevole dubbio che la vittima fosse ancora viva al momento in cui l’imputato aveva strappato i supporti vitali (quando in realtà non c’era alcun ragionevole motivo per credere che la moglie, in condizioni gravi ma stabili, fosse già morta) in tale caso è evidente che i giudici popolari hanno messo in minoranza quelli togati, costretti poi a motivare in qualche modo la decisione della Corte nel suo insieme. §LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI SPECIALI DELL’OMICIDIO DOLOSO Le aggravanti speciali dell’omicidio doloso sono previste agli artt. 576 e 577 (la divisione è dovuta al fatto che, quando era in vigore la pena di morte, le aggravanti di cui al 576 portavano a tale sanzione, mentre quelle di cui al 577 solo all’ergastolo) in presenza di esse si applica la pena dell’ergastolo (fatta eccezione per il 577 co. 2), in luogo della reclusione non inferiore ad anni 21 prevista dal 575. 12 A seconda della ratio dell’aggravamento di pena, si distinguono cinque tipologie di aggravanti dell’omicidio doloso: 1) QUELLE ATTINENTI ALLE MODALITÀ OGGETTIVE DELL’AZIONE: ESSE SONO: o l’utilizzo di sostanze venefiche o altro mezzo insidioso (577): la condotta fraudolenta, che priva la vittima di ogni possibilità di difesa, rende il fatto più grave. Dunque, mezzo insidioso è quello che per la sua natura ingannevole o per le circostanze dell’utilizzo, reca in sé un pericolo nascosto (dunque non è tale un coltello a serramanico, arma in cui la lama è sì “non sguainata”, ma sicuramente il farla scattare non sorprende la vittima). N.b. che tale aggravante opera quando la sostanza venefica o il mezzo insidioso cagionino la morte del soggetto (dunque non quando es. venga utilizzato un sonnifero per assopire la vittima, in modo da poterla asfissiare) o L’aver agito con sevizie o crudeltà verso le persone (circostanza comune prevista al 61 c.p. ma richiamata dal 577): in tale caso, invece, non è necessario che le sevizie fossero finalizzate ad uccidere, ma basta che abbiano accompagnato la realizzazione della condotta dunque l’aggravante si configura comunque nel caso dei militari argentini che torturavano i desaparecidos per ottenere informazioni, e poi li uccidevano senza adoperare sevizie in tale secondo momento Quanto all’elevato numero di colpi inflitti alla vittima, tale dato non è di per sé sufficiente per giustificare l’aggravante, in quanto può ricadere nei limiti della violenza necessaria a cagionare la morte es. uccidere una persona con un coltellino svizzero richiede svariate coltellate, ma non per questo c’è una particolare efferatezza CRUDELTA’: inflizione di una sofferenza non necessaria per la causazione della morte (50 coltellate n.b. con coltellino non c’è crudeltà se ho bisogno effettivamente di 50 coltellate per uccidere il soggetto) QUELLE ATTINENTI AL COEFFICIENTE SOGGETTIVO DELL’AUTORE: o La PREMEDITAZIONE (577) c’è il massimo della volizione del risultato della morte: propria di chi ha commesso il fatto all’esito di un proposito omicida insistito e perdurante nel tempo. La configurazione di tale aggravante richiede la sussistenza di due requisiti: 13 1. lasso di tempo tra l’insorgenza e l’attuazione del proposito omicida (non rigidamente determinabile in astratto: ci sono state cassazioni che hanno ritenuto sufficiente un’ora ed altre che non l’hanno ritenuta sufficiente); 2. persistere senza resipiscenza (aka ravvedimento) del proposito criminoso, che perdurando nel tempo ha avuto modo di tradursi in un’accurata macchinazione dell’omicidio. Quanto invece al MOVENTE, esso non è necessario perché si configuri la premeditazione. A causa del fatto che la premeditazione rappresenta la forma più intensa di dolo, essa si ritiene (in dottrina e giurisprudenza) strutturalmente incompatibile con il dolo eventuale. Tale figura può sussistere anche in forma condizionata (premeditazione condizionata), ossia quando l’agente premediti l’omicidio, subordinandolo però al verificarsi di una condizione indipendente dalla sua volontà: es. marito che programma di uccidere la moglie se lei non recede dalla volontà di separarsi analogamente può sussistere anche nei casi di aberratio ictus (premedito di sparare a Tizio per ucciderlo ma lo manco e uccido Caio), sulla base dell’insegnamento giurisprudenziale per cui in tali casi il dolo va parametrato con riguardo alla persona cui l’offesa era diretta, non con riguardo a quella effettivamente attinta (nell’esempio il mio dolo di omicidio di Tizio era intenzionale e premeditato, mentre quello di omicidio di Caio era al massimo eventuale, se non del tutto assente: ciononostante rispondo di omicidio premeditato). Infine, quanto alla compatibilità della premeditazione con il vizio parziale di mente, dottrina e giurisprudenza la ritengono possibile a condizione che il perdurante proposito criminoso non sia riconducibile a un’idea ossessiva facente parte del quadro psicologico. o I MOTIVI ABIETTI O FUTILI: il motivo è abietto quando appare ignobile e spregevole (bestie di satana che uccidono per sacrificare vite ai demoni); il motivo è futile quando totalmente sproporzionato rispetto al reato (qui l’omicidio) a cui ha dato origine (caso di scuola: Tizio non mi dà la precedenza, io scendo dalla macchina e gli sparo). La giurisprudenza tende ad escludere la gelosia come motivo futile, quando essa costituisca uno stato passionale, in quanto “per la coscienza collettiva non è tale da costituire una ragione inapprezzabile di pulsioni illecite”; viceversa, alcune sentenza hanno ammesso l’aggravante se l’omicidio è originato da uno spirito 14 punitivo nei confronti dell’ex-coniuge (una in cui era stato ucciso l’ex, una in cui era stato ucciso il nuovo compagno dell’ex). Casi giurisprudenziali in cui sono stati riconosciuti dei motivi abietti sono, tra gli altri: o i sacrifici umani compiuti dal gruppo criminale noto come “Bestie di Satana” o il reato compiuto solamente per dimostrare la forza e il prestigio dell’organizzazione mafiosa a cui l’agente era affiliato o l’omicidio originato dal rifiuto della vittima di compiere atti sessuali ecc. QUELLE INERENTI AI RAPPORTI TRA IL COLPEVOLE E L’OFFESO O A PARTICOLARI QUALITÀ DELLA PERSONA OFFESA: o L’AVER CAGIONATO LA MORTE DI UN ASCENDENTE O DISCENDENTE (C.D. PARRICIDIO) con il concorso delle circostanze di cui ai n. 1 (motivi abietti o futili) e 4 (sevizie o crudeltà) o adoperando mezzi venefici o insidiosi parricidio aggravato o con premeditazione Tale ipotesi, prevista al 576 (e originariamente punita con la pena capitale) si distingue da quella del parricidio semplice (577) in quanto quest’ultima non è aggravata da altre circostanze oltre al rapporto di ascendenza/discendenza con la vittima: in materia è evidente l’irrazionalità del sistema sanzionatorio per cui il parricidio aggravato e quello semplice, con l’abolizione della pena di morte, sono puniti allo stesso modo: in materia gli autori auspicano un intervento di riordino. o Il parricidio semplice di cui al 577 cui sono state aggiunte con recenti riforme le ipotesi di omicidio del coniuge, anche legalmente separato, dell’altra parte dell’unione civile e della persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva o Le ipotesi disciplinate al 577 co. 2, che non configurano l’ergastolo, bensì prevedono la reclusione da 24 a 30 anni, qualora il fatto sia commesso da : il coniuge divorziato l’altra parte dell’unione civile ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessata, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato nei casi di adozione di maggiorenne, il padre o la madre adottivi, 15 il figlio adottivo (sempre nei casi di adozione di maggiorenne) o un affine in linea retta. In tali casi la pena è meno aggravata, rispetto a quella prevista dal 575, a causa del fatto che il legame tra agente e vittima è meno intenso rispetto agli altri casi. o L’aver cagionato il fatto contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio. Tale circostanza configura un’ipotesi speciale rispetto alla circostanza comune di cui al 61 n.10 che tutela i pubblici ufficiali e le persone incaricate di pubblico servizio. Dunque, l’applicazione della circostanza speciale esclude l’applicazione di quella generale. QUELLE RELATIVE A QUALITÀ PERSONALI DELL’AUTORE: o Il fatto che l’omicidio sia cagionato da un latitante, per sottrarsi all’arresto o alla cattura. In questo caso, a differenza dell’aggravante comune (che prevede l’aumento di pena se il fatto è commesso da un latitante), serve anche un nesso finalistico tra la commissione del fatto e l’elusione della cattura. Quanto all’applicabilità dell’aggravante all’evaso, la giurisprudenza la ammette, sulla base del fatto che il 296 c.p.p. equipara l’evaso al latitante per ogni effetto; viceversa, la dottrina ritiene che tale norma riguardi solo gli effetti processuali. o Il fatto che l’omicidio sia cagionato dall’associato per delinquere, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione. In tal caso la qualità di associato per delinquere deve essere accertata con sentenza passata in giudicato (ma non serve che tale passaggio in giudicato sia precedente alla commissione del fatto) QUELLE RELATIVE ALLA CONNESSIONE CON ALTRE FIGURE DI REATO: o Quando il reato è compiuto per eseguirne od occultarne un altro, o per assicurare a sé o altri il profitto o l’impunità di un altro reato (c.d. nesso teleologico). Anche in tale caso il 576 rimanda al 61. In tale caso, la giurisprudenza è solita escludere l’aggravante quando l’omicidio sia stato compiuto dopo un furto, per assicurare a sé o altri il possesso della cosa: in questo caso, infatti, la violenza è elemento costitutivo della rapina impropria, reato di cui l’agente risponderà in concorso con l’omicidio semplice. 16 o Quando l’omicidio sia compiuto in occasione della commissione di taluno di una serie di delitti: maltrattamenti deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso prostituzione minorile pornografia minorile violenza sessuale atti sessuali con minorenne violenza sessuale di gruppo In tali casi, il reato in occasione del quale è cagionata la morte rimane assorbito nell’omicidio aggravato non è richiesto un nesso teleologico tra il reato e l’omicidio, e qualora esso ci sia, si applicheranno entrambe le aggravanti. o Quando il fatto sia commesso dall’autore del delitto di atti persecutori (c.d. stalking) nei confronti della stessa persona offesa §L’ESTENSIONE DELLE CIRCOSTANZE AI CONCORRENTI DEL REATO Il 118 c.p. prevede che le circostanze aggravanti concernenti: i motivi a delinquere l’intensità del dolo sono valutate soltanto riguardo alla il grado della colpa persona a cui si riferiscono le circostanze inerenti alla persona del colpevole Le altre saranno comunicabili a ciascuno dei concorrenti, purché da questi: conosciute ignorate per colpa ritenute insussistenti per errore determinato da colpa se essi invece le ignorano incolpevolmente o le ritengono insussistenti per errore incolpevole, le circostanze non potranno estendersi ai concorrenti Quanto alle aggravanti speciali dell’omicidio, ai sensi del 118 sono tutte estensibili ai concorrenti tranne: la premeditazione (che riguarda l’intensità del dolo) i motivi abietti e futili la connessione teleologica (riguardanti i motivi a delinquere). 17 §LE IPOTESI PRIVILEGIATE DI OMICIDIO VOLONTARIO (DOLOSO) – L’INFANTICIDIO IN CONDIZIONI DI ABBANDONO Le ipotesi privilegiate sono dotate di una propria cornice edittale. L’INFANTICIDIO IN CONDIZIONI DI ABBANDONO MORALE E MATERIALE punito al 578 c.p. con la reclusione da 4 a 12 anni (n.b. per il 575 non meno di 21). In particolare è punita la madre che cagione la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. In mancanza di anche uno solo degli elementi specializzanti, riacquista vigore la disciplina generale, e dunque il fatto sarà punibile con l’ergastolo (omicidio doloso aggravato dalla discendenza). La ratio del trattamento sanzionatorio privilegiato è soggettiva: si punisce meno gravemente la madre non perché la condotta sia meno lesiva del bene giuridico vita del neonato, ma perché il fatto è meno rimproverabile in ragione del turbamento psichico ed emotivo connesso al parto ed alle condizioni di difficoltà di esso. il 578 è un reato proprio in deroga ai principi generali in tema di concorso nel reato proprio, ai concorrenti si applicheranno le pene del 575, con un’eventuale riduzione qualora essi abbiano agito al solo scopo di favorire la madre. Gli elementi specializzanti sono due: IL FATTO CHE L’OMICIDIO SIA AVVENUTO DURANTE O IMMEDIATAMENTE DOPO IL PARTO. In materia la dottrina concorda sull’elasticità con cui bisogna interpretare l’avverbio “immediatamente”, avendo riguardo soprattutto alla circostanza che perduri o meno lo stato di intenso turbamento psichico legato al parto LE CONDIZIONI DI ABBANDONO MORALE E MATERIALE IN CUI LA MADRE DEVE TROVARSI AL MOMENTO DEL PARTO. La giurisprudenza più recente afferma che tale requisito vada valutato in senso individualizzante, applicando la fattispecie anche quando la madre aveva oggettivamente possibilità di ricevere aiuto (almeno dalle istituzioni pubbliche: in sostanza, poteva andare in ospedale ed essere aiutata lì), ma si trovava in condizioni di solitudine esistenziale (es. una ragazza madre cacciata di casa dai genitori e lasciata dal padre del bambino) ELEMENTO PSICOLOGICO: è sufficiente anche un dolo eventuale (esempio della madre che, accettando il rischio della morte del figlio, lo abbandona davanti ad un convento di notte e al freddo). 18 AGGRAVANTI: non sono applicabili le aggravanti comuni del 61 le aggravanti del 576 e 577, che possono accedere solo alla figura di omicidio doloso ex 575. §L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE Il 579 c.p. punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chiunque cagiona la morte di un uomo col consenso di lui. LA VITA nonostante sia un bene individuale e non pubblico è considerato un bene indisponibile dunque l’omicidio del consenziente non può essere scriminato dal 50 c.p. (consenso dell’avente diritto). La ratio del trattamento sanzionatorio privilegiato qui è: OGGETTIVA: viene sì leso il bene vita della vittima, ma non la sua libertà morale di disporre della sua esistenza SOGGETTIVA: il consenso rende il fatto di cagionare la morte non un’aggressione alla vita altrui, ma un modo estremo di assecondare fino in fondo l’altrui volontà L’unico elemento specializzante è il consenso della vittima alla causazione della propria morte, che però (a pena dell’applicazione del 575) non deve essere: Prestato da un minorenne Prestato da un infermo di mente o da soggetto in condizione di deficienza psichica per altra infermità o per abuso di alcolici o stupefacenti Estorto con violenza, minaccia, suggestione o carpito con l’inganno Secondo la giurisprudenza il consenso deve essere: serio senza riserve esplicito e non equivoco perdurante fino al momento in cui il colpevole commette il fatto. Quanto alla RAPPRESENTAZIONE SOGGETTIVA DEL CONSENSO: Se il soggetto ha cagionato la morte della vittima ignorando che questa volesse essere uccisa, risponderà comunque di omicidio del consenziente le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute o ritenute inesistenti ex art. 59 Se il soggetto ha cagionato la morte della vittima nell’erronea convinzione che essa fosse consenziente, secondo gli autori si applicherà il 59 co. 4 se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di attenuazione o esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui: 19 in materia n.b. che si applicherà il 579 e non il 589), ma la questione è molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza Anche in questo caso non sono applicabili le aggravanti comuni per esplicita previsione del 579, né quelle speciali riguardanti l’omicidio doloso, proprio perché riguardano tale fattispecie. §L’ISTIGAZIONE O L’AIUTO AL SUICIDIO è sanzionato con la reclusione da 5 a 12 anni chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio (istigazione) ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione (aiuto). La sola differenza tra le fattispecie previste al 579 ed al 580 è che: nel caso dell’omicidio del consenziente nel caso dell’istigazione o aiuto al suicidio, la sua l’agente realizza direttamente l’azione condotta configura una forma di concorso omicida nell’auto-causazione della morte. In materia, gli autori sottolineano che la norma punisce con la medesima sanzione due condotte con un disvalore profondamente diverso, al punto da violare il principio di ragionevolezza: un conto è convincere qualcuno a suicidarsi “sfruttando ignobilmente la sua debolezza psichica o disperazione”, un altro conto è aiutare materialmente chi aveva già deciso di suicidarsi. Come in tutte le ipotesi di responsabilità concorsuale, la punibilità del concorso è subordinata all’accertamento del NESSO DI CAUSALITÀ tra le condotte e la realizzazione del reato es. in caso di istigazione, il soggetto non sarà punito se il suicida era omnimodo facturus ossia aveva già deciso di suicidarsi Quando l’agente realizzi entrambe le condotte descritte dalla norma (istigazione e aiuto) non si configura un concorso di reati trattandosi di c.d. NORMA PENALE MISTA (o a più fattispecie), in cui l’offesa al bene giuridico si considera unica. Si discute in dottrina sulla possibilità di configurare il reato nelle ipotesi di condotte di partecipazione in incertam personam (l’ipotesi è quella dell’autore di un libro che esalti il suicidio): gli autori sembrano propendere per la tesi negativa, basandosi sul principio della libera manifestazione del pensiero. ELEMENTO SOGGETTIVO: è il dolo generico in materia è rilevante il caso di un soggetto, morbosamente geloso della fidanzata, che, di fronte alle minacce di lei di uccidersi se lui non avesse cambiato atteggiamento, l’aveva ripetutamente sfidata a compiere davvero quanto minacciato, affermando che il suicidio sarebbe stata la soluzione migliore ma che lei non ne avrebbe avuto il coraggio. 20