DIRITTO PENALE COMMERCIALE PDF
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This document discusses Italian criminal and commercial law. It outlines the principles of criminal law, including the concept of criminal offenses, penalties, and their impact on fundamental rights. The text also examines the legal framework, and the role of the European Court of Human Rights in shaping Italian law.
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DIRITTO PENALE COMMERCIALE Prima di tutto è bene sottolineare che l’ordinamento penale è governato da un novero molto maggiore di principi di garanzia rispetto ad altri rami del diritto. ESEMPIO DI NORMA PENALE: Art. 575 cp - Omicidio: “Chiunque cagiona la morte di un uomo (PARTE PRECETTIVA, che c...
DIRITTO PENALE COMMERCIALE Prima di tutto è bene sottolineare che l’ordinamento penale è governato da un novero molto maggiore di principi di garanzia rispetto ad altri rami del diritto. ESEMPIO DI NORMA PENALE: Art. 575 cp - Omicidio: “Chiunque cagiona la morte di un uomo (PARTE PRECETTIVA, che contiene l’obbligo di condotta, ad esempio un divieto o un comando) è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno (SANZIONE particolarmente afflittiva perché incide sulla libertà della persona e sulla sua dignità)”. La disobbedienza al precetto, proprio perché ci troviamo in materia penale, è collegata alla previsione di una sanzione particolarmente severa. La sanzione è anche, nel nostro ordinamento, l’unico criterio identificativo formale del reato rispetto ad illeciti di altra natura. Pertanto, se vogliamo capire se il legislatore con un nuovo decreto o con una nuova legge ha introdotto anche degli illeciti penali, è necessario andare a verificare se prevedono queste sanzioni. Le sanzioni per i delitti, che sono la tipologia più grave di reato: - Detentive (ergastolo art. 22 cp e reclusione art.23 cp); - Pecuniarie (multa art. 24 cp). Le pene previste per le contravvenzioni, che sono la tipologia meno grave di reato: - Arresto (art. 25 cp) —> limitazione della libertà personale, cambia solamente la denominazione in modo tale da far comprendere meglio la differenza con i delitti; - Ammenda (art. 26 cp). Il legislatore alle volte assiste i suoi precetti con sanzioni che formalmente non hanno natura penale, ma che sono solitamente molto elevate e, alle volte, amministrative (cd. Illecito amministrativo punitivo). In poche parole, l’obiettivo del legislatore è quello di punire chi viola un determinato precetto, quindi dissuaderlo attraverso la minaccia di una sanzione che, anche se formalmente amministrativa e non penale, risulta particolarmente afflittiva. Da questo punto di vista, a porre rimedio a queste derive legislative è stata sopratutto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, proprio perché l’Italia, essendo un Paese membro della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, è vincolata a rispettare le decisioni e a conformare le sue leggi ai principi di garanzia contenuti nella Convenzione come interpretati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a partire dal ’76 con la cosiddetta “Sentenza Engel”, sancisce che le garanzie convenzionali tipiche della materia penale, a partire dal principio di legalità, si applicano in presenza di previsioni sostanzialmente penali (pertanto, non solo quelle formalmente penali, ma anche quelle che per come sono formulate risultano sorbire lo stesso effetto). Quando siamo difronte a un illecito punitivo? Vengono stabiliti una serie di criteri: - Qualificazione giuridica interna (formale: cede); - Natura dell’illecito e funzione del provvedimento conseguente (com’è stata costruita la disposizione?) —> se si tratta di una norma generale e astratta potrebbe trattarsi di un provvedimento penale. Se l’effetto è inequivocabilmente e in misura preponderante afflittivo anziché preventivo, allora la norma sarà di tipo penale; - Severità della sanzione (anche se non necessariamente privativa della libertà personale) —> se la sanzione è elevata, e in alcuni casi sproporzionata al danno, probabilmente si tratta di una sanzione penale. 1 EFFETTI DELLA RIFORMA CARTABIA (D. LGS. 150/2022) Art. 20 bis cp - Pene sostitutive delle pene detentive brevi (queste vengono applicate direttamente dal Giudice di cognizione alla fine del processo): “Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell'arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti: 1) La semilibertà sostitutiva 2) La detenzione domiciliare sostitutiva 3) Il lavoro di pubblica utilità sostitutiva 4) La pena pecuniaria sostitutiva La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni. La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a un anno”. Perché esistono le pene sostitutive? Il ragionamento è che una pena detentiva di breve durata rischia di essere più criminogena che non utile alla rieducazione del condannato. Il reato lede due fondamentali diritti costituzionali: ✦Libertà personale (art. 13 Cost.) —> nel caso di sanzioni pecuniarie penali, se non vengono eseguite, vanno ad incidere sulla libertà personale e possono essere convertite nelle corrispondenti pene detentive o sostitutive; anche se avviene la conversione in una pena sostitutiva, che ha comunque già un effetto limitativo della libertà, se il soggetto non ottempera alle prescrizioni che vengono date con la pena sostitutiva, si torna in pieno alla sanzione privativa della libertà personale. Pertanto, sullo sfondo della sanzione pecuniaria penale c’è sempre la possibilità di una conversione, seppur in due livelli, in una pena detentiva e, quindi, direttamente impattante sulla libertà personale; ✦Dignità e onore (art. 3 Cost.). Proprio perché la pena, a differenza delle altre sanzioni, va ad impattare su diritti primari, il diritto penale è assistito da una serie di garanzie costituzionali: ✦ PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ: almeno nel nostro ordinamento legittima è solo una previsione penale che abbia la finalità di tutelare un interesse afferrabile da una offesa del pari apprezzabile. L’ordinamento penale, quindi, non può essere utilizzato per presidiare regole morali: il legislatore è obbligato a ridurre la libertà di una persona solo se questo è utile a limitare determinate condotte dannose (sia lesive che potenzialmente lesive), cioè a salvaguardare determinati interessi primari; ✦ PRINCIPIO DI MATERIALITÀ, Il principio di materialità stabilisce che il reato deve consistere in un fatto umano che si manifesti concretamente nel mondo esterno. Il principio di materialità del reato afferma che nessuna offesa può essere considerata penalmente rilevante senza un'azione che la causi; ✦EXTREMA RATIO o SUSSIDIARIETÀ, legato all’importanza primaria dei diritti e dei beni su cui incide la pena, che fanno sì che il legislatore non sia giustificato ad utilizzare lo strumento penale quando lo stesso risultato sarebbe raggiungibile con provvedimenti meno afflittivi. ✦PRINCIPIO DI LEGALITÀ (art. 25 co. 2 Cost.: “Nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”) —> l’ordinamento vuole proteggere la libertà di AUTODETERMINAZIONE: il soggetto non pu essere libero di scegliere di compiere un’azione piuttosto che un’altra se prima non conosce con certezza le conseguenze. Il principio di legalità penale, in diritto, è un principio giuridico in base al quale sia il fatto che costituisce reato sia la sanzione che si ricollega alla sua commissione devono essere espressamente previsti dalla legge. Pertanto, vengono sanciti 5 punti: - Riserva di legge à(legge in senso tecnico, legge parlamentare, poiché rappresenta maggioranza e minoranza; sono escluse le leggi regionali) —> in materia penale deve intendersi tendenzialmente assoluta, perché la legge deve necessariamente definire in modo chiaro la sanzione e il precetto. La 2 riserva di legge, come è noto, nel riservare al monopolio della legge la funzione di definire la norma incriminatrice, concerne le fonti del diritto penale e, dunque, tutela la libertà individuale dagli arbitri del potere esecutivo. La riserva di legge è tendenzialmente assoluta, ci significa che determinate materie possono essere disciplinate solo e esclusivamente dalla legge o da atti aventi forza di legge (ad esempio, leggi ordinarie o decreti legislativi), senza che sia possibile delegare ad altre fonti del diritto (come regolamenti, circolari o altre forme di normazione secondaria) il compito di integrare o specificare ulteriormente la disciplina. Dettagli di specificazione tecnica, invece, possono essere definiti da un atto sublegislativo (es. il traffico di droga è un reato ma la lista delle sostanze chimiche che sono qualificate come stupefacenti è contenuta in Decreti Ministeriali, proprio perché deve essere aggiornata in tempi rapidi). - Irretroattività; - Precisione àil legislatore ha l’obbligo di adottare formulazioni precise, chiare, non equivoche; - Determinatezza à richiede al legislatore che la norma non sia solo chiara, ma che il fatto descritto nella norma sia anche suscettibile di essere provato. Non si pu essere condannati senza accertamenti e, pertanto, il legislatore deve fornire delle fattispecie idonee a identificare il reato; - Divieto di analogia à al giudice penale è fatto divieto di applicare pene a fatti non previsti dalla legge come reato e di applicare pene più severe rispetto a quelle previste. Il principio di IRRETROATTIVITÀ vale per qualunque modifica di disciplina che vada a incidere in modo sostanziale sulla natura della pena/sanzione amministrativa punitiva, nonché sulla sua incidenza sulla libertà personale, (quali ad es. modifiche relative alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale o al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla condanna). Un esempio è il seguente: Art. 2 cp “Successione di leggi penali”: “Nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali. Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135. Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti”. Perché se il legislatore modifica in meglio, in senso più mite, la disciplina penale (es. abroga le pene, introduce delle circostanze attenuanti) pu retroagire, salvo il limite del giudicato? In questo caso si tratta di una SITUAZIONE DI EGUAGLIANZA: se il legislatore rivaluta, lo fa per tutti. Pertanto, quello che si applica nella norma non è il principio di legalità ma il cd. PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA, che prevede che situazioni diverse vadano trattate in maniera diversa e che situazioni uguali vadano trattate in maniera uguale. Il principio di RAGIONEVOLEZZA (RETROATTIVITA’ IN MITIUS) che, a differenza del principio di irretroattività, pu riconoscere limitazioni (se sono a loro volta ragionevoli): quindi, risulta chiaro che se il legislatore elimina il reato oppure converte una pena detentiva in pena pecuniaria questo travolge il giudicato, poiché si applica iper-retroattivamente, ma non succede se il legislatore, invece, si limita a diminuire la pena o a modificare la disciplina sanzionatoria (anche la stabilità dei giudicati è un valore meritevole di tutela nell’ordinamento, così come l’efficacia delle leggi temporanee ed eccezionali che, se sono favorevoli, non ha senso farle retroagire prima che si manifesti la situazione eccezionale). Pertanto, la retroattività in mitius, cioè a favore delle norme favorevoli, a differenza del principio di irretroattività, può legittimamente conoscere delle eccezioni, purché siano ragionevoli. 3 IMPLICAZIONE: sono LEGITTIME deroghe al principio di retroattività della norma penale più favorevole OGNI VOLTA che esse siano sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli (es. intangibilità del giudicato). Questo vale anche per le modifiche favorevoli di illeciti amministrativi punitivi (Sentenza Corte Costituzionale 2019). Mentre nella cd. Legge di Depenalizzazione (Legge 689/81) è affermato chiaramente che le sanzioni amministrative non si applicano retroattivamente salvo espressa previsione del legislatore, nulla è affermato rispetto alla retroattività delle modifiche favorevoli di disciplina negli illeciti punitivi amministrativi. Nel diritto penale, ma in generale nel diritto, è frequente che il legislatore non faccia interventi semplici (es. abrogazione, riduzione della pena etc.) ma manipoli i testi delle norme. In quel caso pu non essere semplice capire se ci sia stata una successione di legge (in questo caso si applica l’art. 2 cp) o una abrogazione di quella norma con la contestuale nuova introduzione di una nuova altra norma con cui non c’è un rapporto di successione. Il criterio da ultimo utilizzato, che è anche il criterio più logico, è un criterio STRUTTURALE: secondo questa metodologia si vanno a confrontare i testi delle norme per capire se ci sia un’area di sovrapposizione. Se è presente, per quel nucleo comune, si applica l’articolo 2 cp; se una delle due o più norme include delle condotte in più, si tratterà di una nuova incriminazione; se una delle norme che si sono susseguite taglia fuori delle condotte che prima di allora erano punibili, allora ci troviamo difronte a un caso di depenalizzazione parziale. CASI DI “ESCISSIONE” DI UNA NORMA PENALE NON CONFIGURANTI ABROGAZIONE Dichiarazione di illegittimità costituzionale: à disposizione in malam partem: inefficacia dal giorno successivo alla pubblicazione; necessaria retroattività in mitius; travolto il giudicato. à disposizione a favore: inefficacia dal giorno successivo alla pubblicazione; applicabilità a condotte successive alla decisione stessa; applicabilità a condotte precedenti l’introduzione della norma di favore; inapplicabilità a condotte concomitanti all’(apparente) vigenza della n.d.f. Contrasto con disposizione euro unitaria dotata di inefficacia diretta (primoutè del diritto europeo) àdisposizione in malam partem : inefficacia dal giorno successivo all’entrata in vigore della norma UE; necessaria retroattività in mitius: mera sospensione della norma confliggente. à disposizione a favore: ? Una disposizione penale può anche sparire dall’ordinamento, non solo perché viene abrogata dal legislatore, ma per altri motivi legati sostanzialmente alla gerarchia delle fonti (quindi i rapporti tra fonti): le norme della Costituzione sono di rango primario, quindi qualsiasi norma di rango subcostituzionale che si ponga in contrasto con la Costituzione è illegittima, e se viene dichiarata (non si può parlare di abrogazione perché la Corte non è il legislatore) illegittima dalla Corte Costituzionale, viene eliminata dall’ordinamento. Si tratta di una norma che non è mai validamente esistita nell’ordinamento proprio perché in conflitto con la Costituzione, che è una fonte primaria. In materia penale ciò significa che la norma non solo non si pu più applicare dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale in Gazzetta Ufficiale, ma anche che se è stata pronunciata una condanna applicando quella norma costituzionalmente illegittima, la condanna è vanificata; ne segue la cessione dell’esecuzione e gli effetti penali. È COME SE LA NORMA NON FOSSE MAI ESISTITA PERCHÉ CONFLIGGE CON LA COSTITUZIONE, PER CUI RETROAGISCE. 4 Nell’ambito penale sono presenti delle disposizioni di favore che comportano un trattamento favorevole ed escludono la punibilità per un certo fatto di reato o in alcune particolari situazioni prevedono una riduzione di pena, quindi di circostanze attenuanti. Anche queste potrebbero essere in contrasto con principi imposti dalla Costituzione. Il problema sorge quando la Corte Costituzionale dichiara incostituzionale una norma che produce un effetto favorevole in materia penale. In tal caso, bisogna considerare la situazione del soggetto che, al momento dell'entrata in vigore della norma, faceva affidamento su di essa poiché la norma appariva validamente in vigore. Proprio per questo, è importante prevedere le conseguenze penali della propria condotta e, quindi, per la Corte Costituzionale è possibile dichiarare incostituzionali le norme di favore, ma la pronuncia non opera retroattivamente: l’effetto della pronuncia, quindi, opera solo per i fatti commessi successivamente e per i fatti commessi prima che la norma di favore venisse introdotta, proprio perché, in quel caso, il soggetto non contava su nulla (in questo senso retroagisce). Può anche succedere che una norma dell’ordinamento penale italiano sia in contrasto con il diritto dell’Unione europea: anche in questo caso ci si rifà alla gerarchia delle fonti, proprio perché l’Italia legifera in ottemperanza agli obblighi assunti in quanto membro dell’Unione europea. Anche in questa situazione abbiamo un caso che non è di abrogazione, in quanto la norma interna confliggente con il diritto eurounitario cede, nel senso che non si applica; Nel caso in cui l’ordinamento comunitario produca un effetto favorevole, questo retroagisce. In questo caso, la norma non viene abrogata e non risulta nemmeno illegittima in senso assoluto: se quella norma eurounitaria viene eliminata o se l’Italia esce dall’Unione europea, a quel punto la norma interna si rispande, proprio perché non ci sarà più alcun problema di conflitto. Può anche succedere che sia il legislatore italiano che ha introdotto una norma di favore e che questa sia in contrasto con una norma eurounitaria: anche in questo caso è presente un problema perché, se questa viene sospesa, l’effetto sarà in malam partem e che questo faccia riespandere le norme penali; la riserva di legge, tuttavia, è riserva di legge statale e l’Unione europea non ha competenza legislativa in materia penale, salvo rarissimi casi specifici: La Corte di Giustizia ha riconosciuto tale contrasto e ha richiesto all’Italia di disapplicare la norma che collideva con il diritto comunitario che, come detto prima, ha la primazia. Da ciò è stata sollevata una questione di legittimità costituzionale, proprio perché la Corte stava violando la riserva di legge italiana. Dopo una serie di rinvii tra la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Giustizia europea, e proprio perché non può esistere un ambito in cui questa gerarchia non si applichi, anche le norme interne di favore che risultano in contrasto con quelle comunitarie devono tendenzialmente essere disapplicate. Tuttavia, il principio di irretroattività, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, impone che tale disapplicazione operi solo a partire dal momento successivo alla pronuncia della Corte di Giustizia. In secondo luogo, da questa situazione sorge un ulteriore problema, ovvero quello della precisione delle norme penali. A volte, il risultato della disapplicazione interpretativa della norma interna è che il precetto che ne deriva potrebbe non essere sufficientemente preciso. Pertanto, non è possibile violare neanche il 5 principio di determinatezza. Anche in questo caso sarà la Corte Costituzionale a decidere se, eliminando la norma di favore, sia ancora possibile mantenere una norma penale sufficientemente precisa. In caso di esito positivo, la normativa risultante dalla disapplicazione della norma di favore potrà essere applicata da quel momento in avanti; in caso contrario, dovrà intervenire il legislatore. PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA - personalità della responsabilità penale (art. 27 co. 1 Cost.) —> la responsabilità penale è personale, cosa che in ambito civile è diversa (es. si può essere colpevoli per danno prodotto dai dipendenti); - necessaria rimproverabilità (colpevolezza: art. 27 co. 1 e 3 Cost.) —> il soggetto ha agito con una determinata volontà o negligenza, potendo evitare l'illecito. - proporzione delle pene rispetto al livello di rimproverabilità —> il legislatore per primo deve prevedere delle pene che siano proporzionate, non solo alla gravità oggettiva, ma anche a quella soggettiva. È il motivo per cui i reati dolosi sono sempre puniti più severamente dei reati colposi (il dolo, dal punto di vista soggettivo della colpa, è più grave). FRAMMENTARIETA’ DELL’ORDINAMENTO PENALE Un ordinamento penale sano dovrebbe sempre essere frammentato. La frammentarietà è il concetto che esprime come l'applicazione del diritto penale avvenga in modo puntiforme, a seguito di una scelta del legislatore che decide quali fatti specifici debbano essere classificati come reati e quindi puniti, lasciando alcune aree dell'agire umano scoperte dal suo intervento. LEGALITÀ OFFENSIVITÀ à L’offensività in concreto corrisponde invece ad un criterio interpretativo a disposizione del giudice, in base al quale egli deve verificare che il caso sottoposto al suo scrutinio, oltre a rientrare in astratto nella fattispecie tipica, sia in concreto offensivo di quel bene o interesse che la norma tende a tutelare. SUSSIDIARIETÀà richiede che la sanzione penale venga utilizzata solo allorquando, per reprimere un certo fatto, l'ordinamento non disponga di altri strumenti di tutela parimenti efficaci. COLPEVOLEZZA LIMITE: RAGIONEVOLEZZAà bisogna considerare allo stesso modo situazioni uguali e viceversa situazioni diverse vanno trattate diversamente. FUNZIONI DELLA PENA La funzione di risocializzazione (o rieducazione) a cui le pene devono tendere è l’unica finalità di rilievo costituzionale. Tuttavia, la stessa Corte Costituzionale riconosce l’esistenza di altre finalità: - Prevenzione generale negativa (deterrenza) —> minaccia che ha un effetto deterrente verso tutti i cittadini; - Prevenzione generale positiva —> il legislatore decide di tutelare certi beni da certe condotte lesive con lo strumento penale sta affermando che questi sono i comporti dovuti e più importanti per la società; - Prevenzione speciale: 1. Neutralizzazione —> nel periodo in cui il soggetto è condannato a una pena non ha modo di compiere determinati reati; 2. Deterrenza individuale; 3. Rieducazione (art. 27 co. 3 Cost.) —> reinserimento nella società; PENE ACCESSORIE (pene previste solo per alcuni reati dal legislatore) o INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI; o INTERDIZIONE/SOSPENSIONE DA UNA PROFESSIONE O DA UN’ARTE; 6 o INTERDIZIONE LEGALE —>si tratta di una forma di incapacità di agire perché il soggetto che ha avuto questa pena accessoria non può agire legalmente; o INTERDIZIONE/SOSPENSIONE DAGLI UFFICI DIRETTIVI DELLE PERSONE GIURIDICHE; o INCAPACITA’ DI CONTRATTARE CON LA P.A.; o ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO; o DECADENZA/SOSPENSIONE DALLA RESPONSABILITA’ GENITORIALE; o PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA DI CONDANNA. Art. 202 cp - “Applicabilità delle misure di sicurezza”: “Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato (anche un QUASI reato). La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato”. Le misure di sicurezza, quindi, seguono a un reato, in aggiunta o in alternativa alla pena, in presenza di presupposti stabiliti dall’art. 202-203 del cp. Funzione preventiva, non definitiva. Le misure detentive sono: - l’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro (per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; - il ricovero in una casa di cura e custodia (per i condannati a pena diminuita per infermità psichica o per intossicazione cronica da alcool e sostanze stupefacenti) a seguito dei decreto-legge 22 dicembre 2011 n. 211 e 31 marzo 2014 n.52 dal 1°aprile 2015 sostituito dal ricovero nelle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS); - il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati prosciolti per i motivi di cui sopra) - dal 1°aprile 2015 sostituito dal ricovero nelle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS); - il ricovero in riformatorio giudiziario per i minori, misura soppressa dall'art. 36 del DPR 448/1988 che ha previsto che vada eseguita solo, se necessario, nelle forme di collocamento in comunità. Le misure non detentive sono: - la libertà vigilata (ad esempio obbligo di avere una stabile attività lavorativa, obbligo di ritirarsi a casa entro una certa ora); - il divieto di soggiorno (in uno o più comuni ovvero in una o più province); - il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche; - l'espulsione dello straniero dallo Stato. Le misure patrimoniali sono: - cauzione di buona condotta - confisca. 7 ù PENE ACCESSORIE (ART. 19 CP) ✦DELITTI: - Interdizione dai pubblici uffici; - Interdizione da una professione o da un’arte; - Interdizione legale; - Interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche; - Incapacità di contrattare con la P.A.; - Estinzione del rapporto di lavoro; - Decadenza/sospensione dalla responsabilità genitoriale. ✦CONTRAVVENZIONI: - Sospensione da una professione o da un’arte - Sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche. Ad entrambe le casiste si aggiunge la possibilità di pubblicazione della sentenza di condanna (art. 36 cp). ELEMENTI SOGGETTIVI ✦DELITTI: Dolo (salvo espressa previsione della forma colposa) —> Art. 42 co. 2 cp ✦CONTRAVVENZIONI: dolo/colpa (salvo incompatibilità strutturali) —> Art. 42 co. 4 cp Per i delitti si è punibili in caso di: - TENTATIVO, quando il reato non è stato consumato (art. 56 cp); - ACCORDO INATTUATO/ISTIGAZIONE NON ACCOLTA (art. 115 cc. 2 e 4 cp); - RECIDIVA, punisce che chi, pur essendo stato già condannato, commette ancora dei reati (art. 99 cp). GARANZIE DI FAVORE Garanzie di favore dei DELITTI: - REVOCA DELLA NON MENZIONE DELLA CONDANNA (art. 175 co. 3 cp); - APPLICABILITÀ DELLA LEGGE ITALIANA AL REATO COMMESSO ALL’ESTERO (artt. 7-10 cp). Garanzie di favore per le CONTRAVVENZIONI: - OBLAZIONE (artt. 162 e 162 bis cp), cioè una forma di estinzione del reato. DISCIPLINA PROCESSUALE ✦DELITTI: 8 - PROCEDIBILITA’ D’UFFICIO, O A QUERELA OVE ESPRESSAMENTE PREVISTO; - MISURE PRECAUTELARI E CAUTELARI COERCITIVE; - RIDUZIONE DI 1/3 DELLA PENA PER IL GIUDIZIO ABBREVIATO. ✦CONTRAVVENZIONI: - PROCEDIBILITA’ D’UFFICIO (di solito) —> Sono perseguibili d’ufficio perché sono una forma di anticipazione della tutela, perché queste, se ignorate, potrebbero portare a comportamenti più gravi. - RIDUZIONE DI 1/2 DELLA PENA PER IL GIUDIZIO ABBREVIATO. Rispetto ai diversi tipi di reato abbiamo: - REATI DI MERA CONDOTTA, ad esempio il furto o l’omissione di soccorso; - REATI DI EVENTO (producono un evento naturalistico), ad esempio omicidio o truffa —> necessario identificare un nesso di causalità tra condotta ed evento. In più: - REATI COMMISSIVI, ad esempio furto, truffa, omicidio; - REATI OMISSIVI, ad esempio omissione di soccorso, rifiuto o omissione di atti d’ufficio, omicidio mediante omissione. Ci sono anche molti reati che sono costruiti in forma attiva che possono diventare punibili anche in forma omissiva, ad esempio i reati di evento: l’omicidio è punibile non solo in forma attiva, ma anche se il soggetto, con la sua inerzia, cagiona la morta di un uomo in determinate condizioni (cd. REATO OMISSIVO IMPROPRIO). Inoltre: - REATO DI DANNO, ad esempio furto, truffa, omicidio —> si punisce una effettiva lesione; - REATO DI PERICOLO: Concreto (ad esempio incendio di cosa propria) —> punibile solo se ha comportato pericolo per la comunità, Astratto (ad esempio incendio di cosa altrui) —> sapendo idealmente che alcune condotte sono potenzialmente pericolose (es. sostanze inquinanti), il legislatore proibisce il rilascio nell’ambiente e punisce la violazione di quella regola. Ancora: - REATI COMUNI, ad esempio furto, truffa, omicidio —> quelli che, per come sono descritti dal legislatore, possono essere commessi da chiunque; - REATI PROPRI, ad esempio concussione, rifiuto e omissione di atti d’ufficio, incendio di cosa propria —> viene sanzionata quando viene commessa da soggetti qualificati o diventa ancora più grave quando viene commessa da questi soggetti. Infine: 9 - REATI ISTANTANEI, ad esempio omicidio —> quelli in cui l’offesa si esaurisce nel momento in cui si verifica quella singola condotta; - REATI ABITUALI, ad esempio maltrattamenti —> richiede una ripetizione nel tempo della stessa condotta un numero apprezzabile di volte; - REATI PERMANENTI, ad esempio sequestro di persona —> reato di durata, perché l’offesa si concretizza in una sorta di compressione prolungata del bene giuridico che dipende dalla persistente condotta del soggetto che commette il reato. IL FATTO TIPICO Andiamo ora ad analizzare il fatto tipico e gli elementi che possono rendere un fatto apparentemente conformi alla descrizione legale ma che in realtà non si configura come tipico. Pertanto, la condotta, per essere punibile, deve corrispondere alla descrizione che ne fa il legislatore, cioè deve essere tipica. Art. 2621, co. 1 cc - False comunicazioni sociali (falso in bilancio): “Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi”. - Individuazione dei SOGGETTI ATTIVI tipici - Individuazione della CONDOTTA tipica e delle sue condizioni di rilevanza - Individuazione dell’ELEMENTO SOGGETTIVO tipico (qui esclusivamente il dolo, con una componente di dolo specifico) Ci troviamo in un caso di reato PROPRIO, perché si rifà a specifiche cariche aziendali. Nei reati propri vengono anche puntualmente tipizzati i possibili soggetti attivi: chi risulta fuori da quella descrizione, anche se tiene la condotta descritta, non è punibile, quantomeno per quel reato. Può capitare che una condotta apparentemente tipica (cioè sembra apparire quantomeno alla descrizione) in realtà manchi di qualcosa. Nell’art. 42 del cp, in particolare i commi 1 e 4, sia per i delitti che per le contravvenzioni, il legislatore pone un prerequisito: “Nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà….Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”. Quindi, per tutti i reati il prerequisito è che l'atto sia cosciente e volontario; questo viene definito anche suitas. Ciò significa che, prima di tutto, l'atto deve essere compiuto come un'azione propriamente umana (non dominata né dominabile da forze estranee alla volontà). Ad esempio, se una persona spinge un'altra deliberatamente, facendola cadere, c'è suitas perché l'azione è compiuta in modo consapevole e volontario. In questo caso, l'azione è dominata dalla volontà della persona che ha spinto, quindi risponde a uno dei requisiti per configurare un reato. Al contrario, se la stessa persona ha un attacco epilettico improvviso e, durante la crisi, colpisce un'altra persona facendola cadere, non c'è suitas. In questa situazione, l'azione non è stata compiuta consapevolmente o volontariamente, ma è stata il risultato di un evento che la persona non poteva controllare. Non essendoci il controllo della volontà, manca il presupposto fondamentale per attribuire responsabilità penale. 10 Spesso, nella colpa, la violazione della regola che dà luogo a responsabilità colposa è consapevole (es. è fatta per distrazione) ma il rimprovero si basa sul fatto che il soggetto abbia violato quella particolare regola. Anche se si tratta di un fatto inconsapevole in questo senso, è comunque cosciente e volontario nel senso dell’art. 42 comma 1, perché se il soggetto avesse prestato attenzione avrebbe potuto osservare la regola; se, invece, il soggetto si trova in una condizione come quella del secondo caso, mancherà la suitas, quindi sarà un fatto umano, ma un qualcosa che viene ancora prima della rimproverabilità. Se manca la SUITAS non abbiamo un fatto tipico ma non solo, perché se il fatto che è astrattamente riconducibile a un reato si dice SUSSUMIBILE sotto un tipo legale, in realtà non lede in nessun modo il bene giuridico che il legislatore voleva tutelare e, pertanto, non è dotato di tipicità (es. il furto: se il soggetto, ad esempio, ruba un acido d’uva al contadino, non crea un’offesa effettiva al suo patrimonio). Se il comportamento è affine al tipo, ma in realtà è radicalmente inoffensivo, anche in questo caso mancherà un profilo di tipicità perché nella tipicità rientra anche l’effettiva offesa al bene che il legislatore voleva tutelare. Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono che siamo fuori dal fatto tipico, quindi punibile in quanto tale, se la condotta è radicalmente inoffensiva (Cass. SU 6 aprile 2016 n. 13681 Tushaj). Art. 131 bis cc. - “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”: “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. L'offesa non pu essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.” TIPICITA’ DOLOSA E COLPOSA Nella tipicità rientra anche la scelta che il legislatore fa se costruire il reato dal punto di vista dell’elemento soggettivo come un fatto doloso o colposo. Art. 43 co. 1 cp - “Elemento psicologico del reato”: “Il delitto: è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione; è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. Il dolo si fonda quindi su una volontà concreta (un "coefficiente psichico effettivo") di realizzare l'azione proibita e accettarne le conseguenze. La colpa, invece, è qualcosa di necessariamente non voluto ed è qualcosa che il soggetto causa in violazione di una regola cd. Cautelare, cioè volta a prevenire dei danni per beni giuridici. CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA TIPICITA’ - DI PORTATA GENERALE: o Mancanza di suitas (art. 42 cc. 1 e 4 cp.) 11 o Mancanza di offensività in concreto; o Forza maggiore (caso specifico di mancanza di suites) (art. 45 pt. seconda cp.); o Costringimento fisico (cd. Vis absoluta, caso specifico di mancanza di suitas) (art. 46 cp). SPECIFICHE: il legislatore per qualche reato introduce norme di chiarificazione del precetto che affermano che in un determinato caso la condotta non sia rilevante perché non è perfettamente corrispondente al tipo. STRUTTURA DEI REATI (COMMISSIVI) DI EVENTO Art. 575 cp - “Omicidio”: “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. Art. 640 co. 1 cp - “Truffa”: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1032”. - Nesso di causalità - Evento (unico: morte; finale: profitto con altrui danno; intermedio: errore) - Modalità tipiche della condotta (artifizi e aggiri, induzione in errore) - Andiamo ora ad analizzare l’accertamento del nesso di causalità nei reati di evento. I reati di evento sono quelli nei quali la costruzione del tipo include un evento naturalistico che deve conseguire alla condotta umana, ad esempio l’omicidio e la truffa (che si configura come REATO A DOPPIO EVENTO). Nella truffa l’obiettivo finale è il profitto con inganno, ma è necessario, affinché si configuri come truffa, integrare un reato intermedio, cioè la volontà di indurre qualcuno in errore. Nel codice penale sono presenti due articoli che sono specificamente dedicati al nesso di causalità nei reati di evento: Art. 40 co. 1 cp - “Rapporto di causalità”: “Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Art. 41 cp - “Concorso di cause”: “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In al caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”. 12 Da questi articoli possiamo desumere che il concetto di causa penalmente rilevante che dà il legislatore è l’idea che la causa penalmente rilevante sia la CONDIZIONE di un determinato evento dannoso che si verifica nel mondo esterno. AZIONE UMANA —— nesso causale ———-> EVENTO (ACCADIMENTO NATURALISTICO) Pertanto, nesso causale significa che quella condotta è condizione di quell’evento. Il problema è che il termine “conseguenza” utilizzato dal legislatore sembra intuitivo, ma in realtà non ci dice ancora nulla su come si debba accertare la sussistenza di questo rapporto. Il rapporto è individuabile tramite un procedimento mentale che prende il nome di GIUDIZIO CONTROFATTUALE (andiamo contro quello che in realtà è successo): si elimina mentalmente l’azione che c’è stata e ci si domanda se l’evento si sarebbe verificato lo stesso anche in assenza di quella azione che lo ha preceduto. Se l’evento non si sarebbe verificato senza l’azione precedente, allora la condotta è condizionante; al contrario, la condotta non sarebbe condizionante (condicio sine qua non = Condizione indispensabile, senza la quale non si può compiere un'azione o mandare a effetto un proposito). La Sentenza Franzese (Cass. SU 11 settembre 2002 n. 30320) ha fatto ordine su questo principio sancendo che la causalità deve essere giustificata da leggi scientifiche. Nella spiegazione del nesso causale, il giudice deve pensare passando da un dato individualizzante a un metodo generalizzato. Deve partire dal caso concreto, operando una descrizione dell’evento, che ne identifichi le modalità specifiche rilevanti penalmente seguendo una legge scientifica. Le leggi scientifiche devono mostrare la causa dell’evento. Va precisato che il giudice non crea le leggi, ma ne è semplicemente un fruitore. Questo funziona per le leggi universali: quando per si ragiona in termini probabilistici, ad esempio parlando di la salute umana, c’è il rischio di incriminare degli innocenti. La giurisprudenza prima della sentenza Franzese era appunto divisa sulla probabilità necessaria che la legge scientifica doveva possedere per poter essere utilizzata. La sentenza Franzese distingue tra la probabilità statistica dato generale che “attiene alla verifica empirica circa la misura della frequenza relativa nella successione degli eventi” e la probabilità logica, o credibilità razionale, che segue un processo induttivo e “contiene la verifica aggiuntiva, sulla base dell’intera evidenza disponibile, dell’attendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento”. Vi è quindi rapporto di causalità tra condotta ed evento in concreto se si può affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la condotta è stata causa dell’evento. L’inciso significa che va ragionevolmente escluso l’intervento di fattori causali alternativi dotati di efficacia esplicativa, ossia di elementi che abbiano potuto determinare l’evento. L’accertamento del nesso causale per via induttiva viene escluso dal grado di certezza della legge di copertura, che comporterebbe l’esclusivo utilizzo di leggi universali. Vengono poi parificate le condotte attive e omissive e si ammette la possibilità di fondare il rapporto di causalità anche su una generalizzazione del senso comune, ossia su massime di esperienza. GIUDIZIO CONTRAFFATTUALE E’ implicito ma il legislatore ha voluto comunque esplicitarlo che una condizione necessaria non deve essere anche necessariamente una condizione sufficiente perché, in realtà, la maggior parte degli eventi reali hanno una serie di cause. Il legislatore sa che tutti i fatti umani hanno una pluralità di antecedenti e, pertanto, ci dice nell’art. 41 cp che il concorso di case preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione o omissione del colpevole non esclude rapporto di causalità tra l'azione o omissione e l’evento. Pertanto, anche se si sono interposti altri fattori causali, se non sono stati quelli da soli sufficienti, non escludono una rilevanza penale. Ad esempio, un soggetto che percuote una persona anziana, la quale cadendo batte la testa e muore (omicidio preterintenzionale). Se quella persona non avesse avuto una serie di patologie pregresse, non correlate all'azione del picchiatore, non sarebbe morta. Tuttavia, senza le percosse, quelle stesse condizioni patologiche non avrebbero provocato il decesso. Pertanto, la condotta aggressiva è una delle cause necessarie dell'evento morte, e poiché è necessaria, è penalmente rilevante. Questo principio si applica 13 anche, come afferma l'ultimo comma dell'articolo 41, quando la condotta interferente è un fatto illecito altrui. Ad esempio, pensiamo a un incidente stradale in cui ci siano lesioni personali ai due conducenti di automobili che si scontrano a un incrocio: uno passa con il semaforo rosso, mentre l'altro procede a velocità eccessiva nonostante il semaforo verde. Se entrambi non si fossero comportati in quel modo, l'incidente e le lesioni personali non si sarebbero verificati. Entrambe le condotte, quindi, sono causali e illecite. Si tratta di due fatti colposi indipendenti, e ognuno risponderà in proporzione al proprio contributo nella creazione dell'evento lesivo. Non si verifica un'interruzione del nesso causale, pertanto ciascuno risponderà per sé. In poche parole, l’evento descritto nel fatto tipico rimane imputabile al soggetto tutte le volte in cui, eliminando mentalmente la sua condotta e mantenendo invariati gli altri antecedenti, l'evento non si sarebbe verificato. Si parla in questo caso di condizione contingentemente necessaria, ossia in presenza degli stessi antecedenti. A tal proposito, si utilizza anche il brocardo latino ceteris paribus, che significa 'a parità delle altre condizioni’. È importante precisare che l’evento rispetto al quale si accerta il nesso di causalità è quello concreto, con tutte le sue specificità hic et nunc (qui e ora). Ad esempio, se ho ucciso mio zio paralitico per ereditare e affermo che, in ogni caso, la casa era esposta a un incendio imminente e che, anche senza il mio intervento, mio zio sarebbe morto un'ora dopo a causa dell'incendio, questo ragionamento non è valido. Non stiamo infatti parlando di un nesso causale rispetto al genere dell’evento (la morte), ma del nesso causale rispetto all'evento specifico della morte, nei modi, nei tempi e nei luoghi in cui si è verificato (mio zio è morto accoltellato a quell’ora e in quel luogo). Se si rimuove mentalmente la condotta dell’assassino, il soggetto sarebbe comunque morto nell'incendio, ma questo sarebbe un evento diverso, che condivide con l’omicidio solo il genus (la morte). Pertanto, come chiarito dalle Sezioni Unite, l’accertamento deve sempre riguardare l’evento con tutte le sue concrete specificità. Come si può affermare con ragionevole certezza che, in assenza di una determinata condotta, l'evento non si sarebbe verificato? Ad esempio, il fatto che si sostenga che, senza l'accoltellamento, il soggetto non sarebbe morto dipende da una conoscenza ulteriore, come quella relativa al fatto che il cuore è un organo vitale e che, quando viene perforato, ne consegue il decesso. La formula del giudizio controfattuale, di per sé, è una formula vuota, una formula euristica che deve essere riempita di contenuto con elementi esterni. Si parla delle cosiddette "leggi di copertura”, ossia conoscenze generali e astratte che indicano che a una certa classe di accadimenti segue un'altra classe di accadimenti. In generale, si sa che la perforazione del cuore nei mammiferi porta alla morte. Pertanto, poiché in concreto Tizio ha pugnalato al cuore Caio, si può affermare che l'azione di Tizio è stata causa della morte di Caio. È necessario, quindi, disporre di queste leggi di copertura; senza una conoscenza delle regolarità che collegano certi accadimenti, non è possibile sussumere il caso concreto sotto una legge di copertura e rispondere alla domanda iniziale. Le leggi di copertura sono tratte dall’esperienza e dalle conoscenze della vita. Queste leggi dovrebbero essere frutto della migliore scienza ed esperienza del momento storico. Sulla base di queste leggi si potrà concludere se o meno l’evento è riconducibile a una determinata condotta. “Causa (in senso nomologico-funzionale) dell’evento è ogni azione che, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, non può essere eliminata mentalmente sulla base di leggi scientifiche, senza che l’evento come concretamente realizzatosi venga meno”. Il problema è che non tutte le leggi di copertura a disposizione del giudice sono dello stesso tipo. L’ideale sarebbe utilizzare leggi di portata generale, cioè applicabili in ogni circostanza, ma individuarne una non è semplice. Di fatto, le leggi universali sono quelle che possono essere dedotte sillogisticamente (ad esempio, tutti i mammiferi hanno bisogno del cuore per vivere e, poiché Tizio è un mammifero, ha bisogno del cuore per vivere). La conclusione delle Sezioni Unite è che questo può essere fatto anche quando si dispone solo di leggi scientifiche di natura statistica con un coefficiente di probabilità medio-basso, a condizione che, sulla base 14 degli elementi acquisiti durante il procedimento penale, si sia in grado di escludere oltre ogni ragionevole dubbio tutti gli altri possibili fattori scatenanti. In questo senso, ciò che viene valorizzato nella sentenza delle Sezioni Unite è la probabilità logica della conclusione, intesa come la sussistenza del nesso di causa. Tale conclusione non può e non deve basarsi su un semplice coefficiente di probabilità statistica dell'applicazione della legge. Da un lato, non si può dedurre automaticamente, dalla validità di una legge nel 100% dei casi, che in un caso concreto quella condotta sia stata la causa di quell'effetto. Dall’altro lato, non si può affermare che, poiché la percentuale di applicazione della legge statisticamente è solo del 50%, non sia possibile riconoscere la sussistenza del nesso di causa. Ciò che conta è la credibilità razionale, ovvero la probabilità logica della conclusione. Considerati tutti gli elementi del fatto e il compendio probatorio acquisito, è necessario poter escludere con ragionevole certezza tutti gli altri fattori causali alternativi. In questo modo, con un’elevata probabilità logica, si può affermare che, senza quella condotta, l’evento non si sarebbe verificato nel caso concreto. Alle volte, purtroppo, la prova potrebbe mancare del tutto, proprio perché non si arriva alla prova OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO del nesso causale. Nei contesti complessi, la giurisprudenza, in passato esplicitamente e oggi in modo meno evidente ma comunque nei fatti, ha spesso superato il problema della prova del nesso di causa accontentandosi della dimostrazione che la condotta dell’imputato ha aumentato il rischio di verificazione dell’evento. Questo avviene soprattutto nei reati di evento omissivi (i cosiddetti reati omissivi impropri), poiché provare il nesso di causa tra un'inerzia o una mancata azione e un evento esterno è considerato più difficile (es. nel 30% dei casi nei soggetti esposti a una determinata sostanza l’incidenza di malattie è del 50% superiore rispetto a soggetti non esposti). Ciò che conta è il rispetto del principio di legalità e di personalità della responsabilità penale. Se il legislatore ha previsto un reato di evento e non un reato di pericolo astratto, come ad esempio quando un soggetto viene punito per aver esposto i propri lavoratori a una sostanza oltre una certa soglia, il giudice, omettendo l'accertamento del nesso di causa, che è un requisito strutturale di un reato di evento, contravviene a quanto stabilito dal legislatore. In tal modo, il giudice trasforma un reato di evento in un reato di pericolo astratto. Si viola così il principio di legalità, poiché è come se il giudice stesse creando una nuova regola. Inoltre, si viola il principio di personalità della responsabilità penale, perché in un reato di evento il legislatore richiede l'accertamento che la condotta del singolo individuo sia la causa di quell’evento. In caso contrario, non si può provare che l’evento concreto sia riconducibile alla condotta di quell’individuo, rischiando così di attribuirgli la responsabilità per un fatto altrui. E’ presente un’altra disposizione nell’art. 41 che dice che le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita. Si tratta, in realtà, di una disposizione che implicitamente conferma quanto già spiegato in precedenza, ma a questa si collega una norma di disciplina. Infatti, se il nesso di causa manca perché un'altra condizione, successiva alla condotta dell’imputato, è stata da sola sufficiente a causare l’evento, l’imputato rimane comunque punibile per un diverso reato, qualora la sua condotta integri gli estremi di un altro fatto di reato. Ad esempio, un soggetto predispone una bomba con l'intento di uccidere Tizio, ma quest'ultimo ha un infarto e muore di cause naturali prima che l'ordigno esploda. L'infarto costituisce una causa sopravvenuta da sola sufficiente, pertanto chi aveva predisposto la bomba non ha nemmeno concorso a causare l'evento, poiché la morte è stata provocata dall'infarto. Tuttavia, piazzare un ordigno esplosivo in casa di qualcuno configura il reato di tentato omicidio, per il quale il soggetto sarà punibile autonomamente. Mentre le cause preesistenti e simultanee sono per ovvi motivi conosciute al soggetto agente, il quale agisce in un quadro causale già delineato, le cause sopravvenute non sono conosciute dal soggetto e pertanto egli non risponderà dell'evento nel caso in cui queste siano state da sole sufficienti a determinarlo. Tuttavia, riguardo a quest'ultimo punto, dottrina e giurisprudenza hanno chiarito che, se le cause sopravvenute erano prevedibili, il soggetto non potrà ritenersi esente da responsabilità, mentre, per affermare che esse siano state da sole sufficienti a causare l'evento, bisogna compiere un giudizio in merito alla loro atipicità, anomalia ed eccezionalità, pur non essendo necessario che esse siano del tutto avulse dalla condotta del soggetto agente. 15 Art. 328 cp -“ Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione”: “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”. La disposizione include due autonome fattispecie penalmente rilevanti: - al primo comma si punisce il pubblico funzionario che rifiuti indebitamente di compiere un atto che per vari motivi d'urgenza deve essere compiuto senza ritardo; - al secondo comma il pubblico funzionario che non compia entro trenta giorni l'atto dovuto, decorrenti dalla richiesta di chi vi abbia un legittimo interesse. Mentre la condotta di cui al primo comma è monoffensiva, tutelando solo il buon andamento della P.A. ed il suo normale funzionamento, quella di cui al secondo comma presenta invece una natura plurioffensiva, tutelando anche il concorrente interesse del privato richiedente un atto dovuto. I due commi hanno in comune che costituiscono entrambi ipotesi di reati di pericolo e di reato omissivo proprio, dato che puniscono una condotta consistente in un semplice non fare, prescindendo completamente dalla causazione di un evento di danno naturalisticamente inteso. Con riguardo al primo comma, il rifiuto può manifestarsi in qualsiasi forma, sia scritta che orale, e deve essere indebito (quindi non sorretto da cause di giustificazione). La connotazione indebita, secondo la giurisprudenza, sussiste quando risulti che il soggetto non abbia esercitato alcuna discrezionalità tecnica, ma si sia semplicemente sottratto alla valutazione d'urgenza dell'atto del suo ufficio. IL REATO OMISSIVO Il reato omissivo punisce il NON AGIRE, a fonte dell’obbligo di agire. Contrapposto all’azione è l’omissione che viene definita anche comportamento negativo ovvero azione in senso negativo. Per aversi omissione occorre che il soggetto abbia l’effettiva capacità di compiere l’azione richiestagli. Risulta complesso, tuttavia, individuare quando un’omissione risulti meritevole di essere punita. Si distingue tra reati omissivi propri (reato di pura condotta), quelli per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa del reo e reati commissivi mediante omissione (reato di evento), nei quali il soggetto deve aver causato, con la propria omissione, un dato evento. Si ha reato omissivo proprio nel momento in cui esiste una norma specifica all’interno del codice penale che impone al soggetto, in presenza di determinate circostanze, di agire. Ad esempio, nell’omissione di soccorso non si punisce l’eventuale verificarsi della morte per non aver soccorso una persona, ma si punisce il non aver soccorso una persona (non facere). Il reato omissivo proprio è sempre previsto da una norma di parte speciale. I reati omissivi propri non possono essere dedotti solo dai principi generali del diritto penale (parte generale), ma devono essere esplicitamente previsti da una norma specifica che impone un determinato dovere di agire. Ad esempio, il Codice Penale italiano, all'articolo 366, prevede che un pubblico ufficiale abbia l'obbligo di riferire all'autorità giudiziaria quando viene a conoscenza di un reato. Se non lo fa, commette un reato omissivo proprio. A differenza del reato omissivo proprio, il reato omissivo improprio non è espressamente previsto da una norma di parte speciale, perché la sua configurazione si basa su norme generali e su un obbligo giuridico che viene assunto in relazione alla posizione di garanzia di una persona. Il reato omissivo 16 improprio sorge quando una persona si trova in una posizione di garanzia, ossia è giuridicamente tenuta a evitare che si verifichi un determinato evento lesivo per altre persone. Il reato omissivo improprio è regolato dal principio generale dell'art. 40, comma 2 del Codice Penale italiano, il quale stabilisce che: "Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.” (Clausola di equivalenza). Tale clausola dispone che, nei casi in cui sussiste un obbligo giuridico di impedire l’evento, l’omesso impedimento di quest’ultimo equivale alla produzione dello stesso mediante una condotta attiva. Se il legislatore amplia a dismisura il novero di persone alle quali richiedere di impedire beni giuridici, amplia in maniera illimitata l’area di responsabilità penale. Parlare di reato omissivo significa anticipare la tutela penale e allargarla a un novero di persone diverse dal titolare del bene giuridico leso. Pertanto, il reato omissivo improprio risponde alla funzione di garantire adeguata tutela a un bene giuridico di primaria rilevanza nei casi in cui il titolare del bene giuridico non sia nelle condizioni di dargli tutela (es. un neonato). Ma se vengono allargate le maglie di responsabilità, come facciamo a distinguere chi è il responsabile? Il legislatore decide di punire solo coloro i quali sono nella posizione di impedire; questi soggetti devono impedire perché possono impedire la lesione del bene giuridico. Un criterio generale è quello della VICINANZA AL BENE GIURIDICO: il legislatore seleziona le persone che devono impedire in base alla concreta possibilità da parte loro di impedire l’evento avverso (es. in caso di morte del minore, ne risponde il genitore per la sua omissione). Pertanto, il reato omissivo improprio si fonda su due assunti: - la necessità di garantire che determinati beni giuridici di importanza fondamentale (vita e integrità fisica) abbiano una protezione allargata —> questo è realizzabile allargando le maglie delle persone che possono essere chiamate a rispondere per non aver impedito eventi avversi; - la selezione delle persone che possono essere chiamate a risponderne. REATI OMISSIVI IMPROPRI STRUTTURA - Situazione tipica —> ci si deve trovare nella situazione che fa attivare l’obbligo di azione (es. genitore che ha un bambino che butta delle statuine dal balcone e che può far male ad altre persone); - Condotta omissiva; - Possibilità materiale di agire nel senso richiesto dalla norma —> perché si possa rispondere a titolo omissivo ci vuole la possibilità materiale di agire nel senso richiesto dalla norma (ad esempio, se sono il genitore del bambino e mi trovo a lavoro non devo impedire che mio figlio metta le mani nella presa, ma devo essere lì avendo la possibilità materiale di agire); - Posizione di garanzia —> è sinonimo di “obbligo giuridico”, cioè quella situazione che è in capo al garante ed impone di agire; - Evento; - Nesso di causalità tra omissione ed evento —> bisogna dimostrare che l’evento si è verificato perché c’è stata una determinata omissione. N.B. Poiché nei reati omissivi impropri MANCA la previsione legale ESPRESSA di tutte le componenti del fatto per l’operare della generale clausola di equivalenza (—> problemi di precisione), in questo caso la situazione tipica è data dall’insieme dei presupposti DI FATTO che danno vita NEL CASO CONCRETO a un pericolo per il bene giuridico, rendendo ATTUALE l’obbligo di attivarsi. 17 Ciò vuol dire che finché non si verificano le circostanze di fatto al ricorrere delle quali il bene giuridico è in pericolo, non c’è bisogno di attivarsi (ad es. il datore di lavoro non deve monitorare costantemente il lavoratore ma deve precostituire un ambiente lavorativo salubre). Per quanto riguarda la possibilità materiale di agire nel senso richiesto dalla norma, la giurisprudenza italiana tende a ricondurre l’assenza in capo al soggetto attivo dei poteri - giuridici o di fatto - necessari a impedire l’evento alla (mancata) sussistenza di una posizione di garanzia. La giurisprudenza italiana ritiene che, se una persona non ha il potere legale o concreto di prevenire un evento dannoso, ciò significa che non si trova in una vera posizione di garanzia. Di conseguenza, non può essere considerata penalmente responsabile per non aver impedito l’evento. Ad esempio, Immaginiamo che un insegnante veda un suo studente annegare in una piscina durante una gita scolastica. L'insegnante si trova in una posizione di garanzia nei confronti degli studenti, quindi è obbligato a intervenire. Se l'insegnante non fa nulla e il bambino muore, potrebbe essere ritenuto responsabile per la morte. Tuttavia, se in quella situazione l'insegnante non ha i poteri di fatto per intervenire (ad esempio, non sa nuotare o è infortunato e quindi fisicamente impossibilitato a salvare il bambino), la giurisprudenza potrebbe ritenere che l'insegnante non possa essere responsabile, poiché non aveva la capacità concreta di impedire l'evento, nonostante fosse in una posizione di garanzia. Per quanto riguarda la posizione di garanzia, questa viene osservata dal lato della persona gravata dall’obbligo giuridico di attivarsi (cd. garante, perché deve garantire che i beni non vengano lesi). Art. 40 co. 2 cp - “Rapporto di causalità”: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire (POSIZIONE DI GARANZIA), equivale a cagionarlo”. Ma come vanno individuati gli “obblighi giuridicamente rilevanti” ai sensi dell’art. 40 co. 2? FONTI DELLE POSIZIONI DI GARANZIA: - LEGGE, di qualsiasi rango; - CONTRATTO perché esso stabilisce obblighi specifici tra le parti che creano un dovere giuridico di protezione o di cura nei confronti di altre persone o beni. Questo dovere di protezione o cura pone la persona in una posizione di garanzia, cioè la obbliga a prevenire la realizzazione di eventi dannosi, e la mancata osservanza di tali obblighi pu comportare responsabilità penale in caso di omissione. - PRECEDENTE AZIONE PERICOLOSA. Queste rappresentano le fonti dettate dalla TEORIA FORMALE perché guarda alla legge e al contratto come fonti scritte dalle quali deriva la posizione di garanzia. Fonte della posizione di garanzia può essere solo qualcosa di SCRITTO (1o ORIENTAMENTO DELLA POSIZIONE DI GARANZIA). CRITICHE La teoria NON è in grado di spiegare perché NON OGNI obbligo extrapenale di attivarsi si traduca automaticamente in una posizione di garanzia penalmente rilevante; VICEVERSA, se utilizzata per affermare la rilevanza sul piano penale di ogni obbligo di attivarsi proveniente da altra fonte, produrrebbe una dilatazione dell’area della punibilità INCOMPATIBILE con la natura frammentaria dell’intervento penale. Pertanto, è necessario comprendere il limite della teoria formale. Si consideri, ad esempio, un contratto da babysitter in cui si stabilisce che il turno inizia alle ore 20, momento in cui ha inizio la posizione di garanzia nei confronti del bambino di 3 anni. Se la babysitter arriva a casa del bambino alle ore 20.10, si trova in violazione del contratto. I genitori, confidando nella puntualità della babysitter, escono di casa alle 20, e tra le 20 e le 20.10 il bambino cade dalle scale e muore. Secondo la teoria formale, poiché il contratto era in vigore a partire dalle ore 20, la posizione di garanzia della babysitter era già operativa, e il suo ritardo la porrebbe in una situazione di responsabilità per l'accaduto. Tuttavia, questo approccio risulta problematico, in quanto non tiene conto della possibilità 18 materiale di impedire l’evento: sebbene la babysitter abbia violato i termini del contratto arrivando tardi, era realmente in grado di evitare l’incidente? O, al contrario, la responsabilità ricadrebbe sui genitori, che sono usciti senza verificare l'effettiva presa in carico del bambino? Il limite della teoria formale, dunque, risiede nel fatto che potrebbe non considerare adeguatamente la possibilità concreta di agire, trascurando di verificare l’effettiva presa in carico del bene oggetto di garanzia. Un esempio opposto si verifica nel caso di un contratto invalido per mancanza di firma, ma in cui la babysitter ha già preso pienamente possesso del bene giuridico e avrebbe potuto evitare l’evento. In questo caso, la responsabilità non può essere esclusa solo a causa dell'invalidità del contratto. Il limite della teoria formale risiede nel fatto che, legandosi strettamente alle vicende contrattuali, rischia di perdere di vista la reale e materiale possibilità di agire. Per quanto riguarda la teoria della precedente azione pericolosa, una delle critiche che possono essere sollevate è che non esiste un principio normativo esplicito secondo cui, assumendosi la responsabilità di una persona, si debba automaticamente assumere anche la responsabilità di evitare che si verifichino eventi gravi. Prima di tutto, ritenere che la precedente azione pericolosa possa fondare una posizione di garanzia è in contraddizione con quell’esigenza di limitare l’ampliamento della responsabilità penale. E’ necessario, pertanto, optare per una via di mezzo tra la certezza che deriva dalla norma e l’esigenza di tenere conto della concreta presa in carico del bene giuridico. Proprio per questo, in giurisprudenza si è imposta la cd. TEORIA FUNZIONALE (o SOSTANZIALE) (2o ORIENTAMENTO DELLA POSIZIONE DI GARANZIA) Tale teoria ci dice che ai fini dell’imputazione penale non rileva la presenza formale di obblighi impeditivi, bensì l’assunzione materiale di una posizione di garanzia nei confronti del bene, la quale implica una forma di signoria sui potenziali sviluppi dannosi della situazione. Questa teoria riconosce la necessità di un aggancio formale, ma sottolinea l'importanza di verificare, nel caso concreto, se il soggetto abbia materialmente assunto la posizione di garante. Tale verifica si effettua valutando se il soggetto avesse la possibilità di influire (signoria) sugli eventuali sviluppi dannosi della situazione: DOVERE à sulla base del à POTERE DI AGIRE Il fondamento di questa Teoria Funzionale si rinviene negli obblighi solidaristici di natura costituzionale (es. art. 32 Costituzione, Diritto alla Salute). TIPOLOGIE DI POSIZIONI DI GARANZIA (domanda esame) Quando si parla di posizione di garanzia, la dottrina solitamente distingue tra diverse tipologie di posizione di garanzia: - POSIZIONI DI PROTEZIONE: obbligo di preservare determinati beni giuridici da tutti i pericoli che possano minacciarli (es. il bagnino ha la posizione di protezione nei confronti dei soggetti che utilizzano la piscina); - POSIZIONI DI CONTROLLO: obbligo di neutralizzare determinate fonti di pericolo onde preservare tutti i beni giuridici che possano esserne minacciati. Quindi, mentre la posizione di protezione si rivolge al bene giuridico, quella di controllo si rivolge alla fonte di pericolo (es. il datore di lavoro deve assicurare che la propria attività pericolosa non nuoccia alla salute dei lavoratori e dei loro familiari); - POSIZIONI ORIGINARIE: nascono in capo a specifici soggetti in ragione dello specifico ruolo o posizione; - POSIZIONI DERIVATE: trapassano in capo a un diverso soggetto (di solito tramite atto negoziale). 19 3o ORIENTAMENTO DELLA POSIZIONE DI GARANZIA: TEORIA ECLETTICA (MISTA). Tale teoria ci dice che ai fini dell’imputazione penale occorrono sia la presenza formale di obblighi impeditivi, sia l’assunzione materiale di una posizione di garanzia con effettiva signoria sulla situazione. Tornando alla struttura, per EVENTO si intende la realizzazione dell’evento naturalistico previsto da una fattispecie attiva di parte speciale. Quando si parla di evento, bisogna confrontarsi inevitabilmente con la necessità di capire se tale evento sia originato e determinato da una condotta dell’agente (accertamento del NESSO DI CAUSALITA’). Con l’accertamento del nesso di causalità ci si chiede se, eliminando mentalmente la condotta, l’evento si sarebbe comunque verificato. Se, eliminata mentalmente la condotta, viene meno l’evento vuol dire che le due situazioni sono incorrelate. Proprio per questo si parla di “Giudizio controfattuale”, cioè uno strumento logico-giuridico utilizzato in ambito penale per valutare la causalità tra un'azione (o omissione) e un evento dannoso. Consiste nell'immaginare una situazione ipotetica diversa da quella realmente accaduta, in cui l'azione omessa viene effettivamente compiuta, per verificare se il comportamento omesso avrebbe evitato o meno l'evento dannoso. Per quanto riguarda il reato omissivo, non è possibile applicare l'eliminazione mentale, poiché la condotta manca. Per stabilire se la condotta omissiva e l'evento siano collegati, è necessario fare un ragionamento doppiamente ipotetico. Quando l'antecedente causale è l'omissione, il giudizio controfattuale viene effettuato valutando se, nel caso in cui il garante avesse posto in essere la condotta dovuta, l'evento si sarebbe evitato. Se si dimostra che, in presenza della condotta doverosa, l'evento non si sarebbe verificato, si stabilisce il nesso di causalità. Al contrario, se anche con la condotta doverosa l'evento si sarebbe comunque verificato, il nesso di causalità non sussiste. Pertanto, nel caso di un reato commissivo è necessario eliminare la condotta e valutare se l'evento si sarebbe verificato in assenza di essa. Nel caso di un reato omissivo, è necessario considerare se, se fosse stata posta in essere la condotta omessa, l'evento si sarebbe verificato o meno: si parla in questo caso di ADDIZIONE MENTALE. Pertanto, sempre secondo l’art. 40 co. 2 cp, l’omissione O è causa dell’evento E se pu affermarsi che in presenza dell’azione doverosa A, che è stata omessa, l’evento E non si sarebbe verificato. Quindi, dal lato commissivo, se in mancanza della condotta viene meno l’evento, allora abbiamo il nesso di causa; se in mancanza della condotta l’evento c’è, allora non abbiamo il nesso di causa. Dal lato omissivo, se in presenza della condotta doverosa viene meno l’evento, allora abbiamo il nesso di causa. Ma la natura del nesso di causalità è identica nel reato attivo e in quello omissivo? Secondo l'orientamento dominante, la risposta è negativa, poiché solo la causalità attiva è considerata una causalità reale. Solo in questo caso è possibile verificare cosa accade e cosa non accade a fronte dell'eliminazione mentale. La causalità omissiva, invece, è sempre e solo una causalità ipotetica. Ne deriva che il giudizio sulla causalità omissiva è intrinsecamente ipotetico e di tipo prognostico. Il giudizio sulla causalità ipotetica richiede una duplice indagine: prima sulla reale causa dell'evento realizzato e poi sull'eventuale efficacia impeditiva della condotta omessa. Ad esempio, riguardo alla sentenza Franzese, l'accusa sosteneva che il medico avesse omesso di trattare la patologia postoperatoria con i farmaci adeguati. In questo contesto, per verificare se l’omessa somministrazione del farmaco sia causa della morte, è necessario dimostrare che, se il medico avesse somministrato i farmaci adeguati, l'evento morte si sarebbe evitato. Per dimostrare ci , è fondamentale conoscere la reale causa dell'evento e poi analizzare la condotta omessa. 20 Secondo l'orientamento dominante, il caso Franzese sarebbe stato irrisolvibile, poiché si sarebbe dovuto accontentare di una probabilità: non è possibile dimostrare con certezza che, se fosse stata posta in essere la condotta doverosa, l'evento sarebbe stato evitato oltre ogni ragionevole dubbio. àUn ordinamento minoritario ritiene che il nesso causale leghi PROCESSI e NON implichi necessariamente il dispiego di energie materiali; Quindi è possibile individuare il nesso tanto per la condotta attiva quanto per quella passiva. Il giudizio controfattuale riguarda sempre una CONDOTTA - indifferentemente attiva o omissiva - in rapporto a un dato evento. Ogni giudizio sulla causalità ha un carattere necessariamente IPOTETICO. Al netto di queste due posizioni, è importante chiarire quali elementi debbano essere provati in giudizio. La Sentenza Franzese si colloca proprio in questo contesto. Per comprendere la questione, è utile rifarsi a un esempio: è evidente che, se non si tira un pugno a una persona, un livido non si forma. È più complesso comprendere se l'inalazione di fibre di amianto, che porta allo sviluppo di un tumore dopo 30 anni, sia collegata a quest'ultimo. È pertanto necessario che ci sia qualcuno in grado di dimostrare, in via generale e astratta, l'esistenza di un legame tra un antecedente e un conseguente, richiedendo così una conoscenza scientifica. Tuttavia, le conoscenze scientifiche generali non forniscono mai certezze assolute, ma operano sempre in termini di probabilità. Quando si ragiona in termini di probabilità, è fondamentale considerare che i penalisti, che cercano di stabilire la verità oltre ogni ragionevole dubbio, devono accontentarsi delle leggi probabilistiche in casi di incertezza scientifica. Pertanto, se ci si deve accontentare delle leggi probabilistiche, è necessario utilizzarle in modo da ottenere una prova quanto più vicina possibile alla certezza. La sentenza Franzese affronta proprio questo aspetto, evidenziando quali leggi generali possano essere utilizzate nel giudizio. Essa stabilisce che, ai fini dell’individuazione del nesso di causalità, il giudice può avvalersi di leggi con un coefficiente esplicativo di tipo probabilistico, anche di medio-bassa affidabilità. Questo è solo il primo passaggio di un’indagine più complessa. A questo primo passaggio, denominato individuazione della probabilità statistica, si affianca un secondo momento in cui il giudice deve verificare se quella conoscenza generale ed astratta si applica al caso concreto e rappresenta l'unica spiegazione del caso specifico secondo un alto grado di probabilità logica. Con probabilità logica si intende la capacità di affermare che l'unica spiegazione del caso concreto è quella fornita da una legge generale, escludendo i cosiddetti decorsi causali alternativi. SU “FRANZESE”, n. 30328/2002: “Pur dandosi atto della peculiarità concettuale dell’omissione (è tuttora controversa la natura reale o meramente normativa dell’efficienza condizionante di un fattore statico negli sviluppi della catena causale), si orrserva che lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del “condizionale controfattuale”, la cui formula dovrà rispondere al quesito se, mentalmente eliminato il mancato compimento dell’azione doverosa e sostituito alla componente statistica un ipotetico processo dinamico corrispondente al comportamento doveroso, supposto come realizzato, il singolo evento lesivo, hic et nunc, verificatosi, sarebbe, o non, venuto meno, mediante un enunciato esplicativo “coperto” dal sapere scientifico del tempo. Considerato che anche la spiegazione della causalità attiva ricorre a contrattuali ipotetici, il citato indirizzo interpretativo ha dunque ridimensionato la tesi per la quale la verifica giudiziale della condizionalità necessaria dell’omissione pretenderebbe un grado di “certezza” meno rigoroso rispetto ai comuni canoni richiesti per la condotta propria dei reati commissivi”. In definitiva: - la responsabilità può essere affermata se la condotta doverosa omessa avrebbe avuto una “buona”, “seria” o “ragionevole” probabilità di evitare l’evento; - NON è necessario accertare che l’azione doverosa avrebbe impedito l’evento, BENSÌ che l’omissione antidoverosa abbia aumentato il rischio (ovvero: non abbia diminuito il rischio) del verificarsi di eventi del tipo di quello concretizzatosi; 21 - la causalità omissiva va accertata con lo stesso tipo di giudizio controfattuale e gli stessi standard probatori della causalità attiva. IL GIUDIZIO CONTROFATTUALE DI SECONDO GRADO Anche per la causalità omissiva si deve ricorrere al giudizio controfattuale. Unica differenza è che in questo caso debba essere DOPPIAMENTE IPOTETICO: 1. Occorre inserire mentalmente la condotta doverosa che è stata omessa (1a ipotesi); 2. E accertare che l’evento realmente accaduto non si sarebbe verificato (2a ipotesi). In definitiva, la Sentenza Franzese sancisce l'utilizzabilità di elementi scientifici con un coefficiente di probabilità medio-basso, ma di fatto consente di considerare causa un comportamento che potrebbe aver solo aumentato il rischio di verificazione dell'evento. Pur accettando l'uso di una legge generale e astratta con un coefficiente di probabilità medio-basso, a condizione che si fornisca prova del caso concreto, è necessario ricordare che non sarà mai possibile escludere tutte le ipotesi alternative. Questo potrebbe portare a una spiegazione che si accontenta del mero aumento del rischio di verificazione dell'evento, il che non è compatibile con il sistema penale, dove è richiesto di raggiungere la certezza dell’accertamento. Accontentarsi di spiegazioni deboli significa ritenere provata la causalità senza un'adeguata forza esplicativa della legge. In assenza di una spiegazione solida, si rischia di appiattirsi sulla mera esistenza della posizione di garanzia. Questo porta a una causalità in cui si mescolano componenti ipotetiche, che possono compromettere il giudizio di certezza del nesso di causalità e indurre ad accettare spiegazioni basate su mere probabilità. ANTIGIURIDICITA’ Si tratta di un concetto declinato in positivo poiché un fatto risulta antigiuridico nel momento in cui si pone in contrasto con tutte le norme dell’ordinamento. Tuttavia, esistono ipotesi in cui non vi è una perfetta coincidenza tra tipicità, realizzazione della condotta tipica e antigiuridicità, ossia il contrasto della condotta tipica con l'ordinamento. Questo perché, in alcuni casi, un comportamento apparentemente antigiuridico pu risultare lecito se si considerano altre norme dell'ordinamento che eliminano tale carattere di antigiuridicità, rendendo il fatto consentito. In questi casi si verifica inevitabilmente un conflitto tra valori, e il legislatore, attraverso un bilanciamento anticipato, decide quale valore prevale. Ad esempio, una persona che si ubriaca e viene minacciata da un aggressore potrebbe difendersi con uno spray al peperoncino, causando lesioni all'aggressore. Questa è una situazione di legittima difesa, in cui si reagisce a un’offesa imminente. Si tratta di un conflitto tra due valori: da una parte l'integrità fisica dell'aggredito e dall’altra quella dell'aggressore. In questo contesto, il legislatore sceglie di tutelare l'integrità fisica dell'aggredito, eliminando la rilevanza penale di un atto che, altrimenti, sarebbe stato considerato un reato. CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE Si tratta di situazioni normative previste in presenza delle quali viene meno la presunzione di antigiuridicità connessa alla realizzazione di un fatto tipico. - Previsioni che facoltizzano o impongono un comportamento altrimenti illecito; - Possono essere desunte da qualsiasi ramo dell’ordinamento; - Alcune sono disciplinate nel codice penale: es. legittima difesa, esercizio di un diritto, adempimento di un dovere, consenso dell’avente diritto (artt. 50 - 54 cp: discussa è la natura giuridica dello “stato di necessità”). La causa di giustificazione fa sì che il comportamento sia lecito per tutti i rami dell’ordinamento. Ciò significa che se, ad esempio, in caso di legittima difesa, l’aggredito che viene discriminato dal punto di vista penale non viene incriminato per ripagare i danni all’aggressore ferito dallo spray al peperoncino. 22 Si distingue tra: ▪ CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE COMUNI: si applicano a tutti i reati (salve incompatibilità strutturali) —> art. 50-54 cp ▪ CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE SPECIALI: si applicano solo a specifici reati —> es. art. 9, l.n. 146/2006). Si dice che questo giudizio di oggettività abbia CARATTERE OGGETTIVO, ciò vuol dire che queste circostanze “sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti” (art. 59, co. 1, cp). Ad esempio, se Tizio spara a un individuo senza accorgersi che quest'ultimo aveva già iniziato un'aggressione nei suoi confronti, l'azione di Tizio rientra comunque nella legittima difesa. Anche se Tizio non era consapevole che stava reagendo a un'aggressione, la circostanza oggettiva dell'aggressione esistente giustifica il suo comportamento. Nel Codice penale sono presenti delle norme che si riferiscono a tutte le cause di giustificazione senza distinzione. Una di queste è l’erronea supposizione dell’esistenza di una causa di giustificazione. Ad esempio, nel caso dell'uso dello spray al peperoncino, se si scopre successivamente che l'aggressore era in realtà un amico che voleva fare uno scherzo, la legittima difesa non sussisteva realmente. Tuttavia, ciò che rileva per il legislatore è l'intenzione del soggetto che ha reagito, poiché credeva di trovarsi in una situazione di aggressione. Di conseguenza, il soggetto che si è difeso viene trattato come se la causa di giustificazione esistesse davvero, in base al principio della legittima difesa putativa (causa di giustificazione putativa). In questo contesto, al legislatore interessa comprendere perché il soggetto abbia reagito. Se l'azione è stata motivata dalla convinzione di trovarsi in una situazione di pericolo che richiedeva difesa, verrà trattato come se la situazione fosse realmente tale. Art. 59, co. 4, cp - “Circostanze non conosciute o erroneamente supposte): “Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. Art. 55 cp - “Eccesso colposo”: “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”. Il caso dell'eccesso colposo si verifica quando, pur operando in presenza di una causa di giustificazione, se ne superano i limiti. In altre parole, gli estremi di fatto della giustificazione esistono, ma l'azione eccede i confini stabiliti. Ad esempio, se un soggetto tenta un'aggressione e si reagisce utilizzando non lo spray al peperoncino, ma un coltello presente nella tasca, infliggendo una coltellata, l'azione, pur finalizzata alla difesa, risulterebbe sproporzionata rispetto all'attacco. In tal caso, il legislatore considera la reazione non proporzionata rispetto all’aggressione. Ciò può verificarsi per due ragioni: 23 - il soggetto valuta erroneamente la situazione di fatto (es. Tizio, aggredito con un frustino, lo scambia avventatamente per un’arma da punta e reagisce con una pugnalata); - per un errore esecutivo (errore-inabilità) (es. Tizio estrae un’arma per spaventare l’aggressore che sta per percuoterlo, ma nel maneggiarla maldestramente, esplode un colpo che lo uccide). à La differenza tra l’articolo 59 e l’articolo 55 risiede nel fatto che il comma dell’articolo 59 si riferisce all’"erronea supposizione", ossia il caso in cui il soggetto crede erroneamente che una causa di giustificazione esista, e il legislatore lo tratta come se effettivamente esistesse. Nell’articolo 55, invece, la causa di giustificazione è presente, ma il soggetto ne eccede i limiti. Art. 52, co. 1 cp - “Difesa legittima”: “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Dalla norma si può dedurre che la legittima difesa è giustificata in presenza di un pericolo attuale di un'offesa ingiusta, che può riguardare sia la vita che i beni patrimoniali. Il pericolo è considerato attuale, ovvero imminente, e il soggetto reagisce a esso perché costretto dalla necessità: l'unica via per sottrarsi a tale situazione è reagire, a condizione che la difesa sia proporzionata all’offesa perché, altrimenti, si andrebbe oltre i limiti della legittima difesa. Art. 52, co. 2 e 3 c.p. - “Difesa legittima”: “Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b)i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”—> LEGITTIMA DIFESA “DOMICILIARE” Tale comma è stato inserito dalla le. 13 febbraio 2006, n.59 (art. 1), relativamente ai casi di violazione di domicilio cui all'art. 614 del c.p., comma 1 e 2, cui vengono assimilate le violazione di quei luoghi in cui viene esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Il legislatore, in questi casi, ha previsto una presunzione assoluta di proporzione fra difesa e offesa, che opera in presenza di alcuni requisiti: il soggetto che ha posto in essere la legittima difesa aveva il diritto di trovarsi in quel luogo, l'incolumità della persona fosse in pericolo, la legittima difesa è stata attuata attraverso un'arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto. Qualora tutte queste condizioni siano presenti la presunzione opera automaticamente, se invece manca anche una queste la presunzione non ha luogo, ma sarà comunque possibile accertare la proporzione fra mezzi di difesa e di offesa. Art. 52, co 4 cp - “Difesa legittima”: “Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”. Tale disposizione è stata modificata dall'art. 1 comma 1 lett. a) della L. 26 aprile 2019 n. 36. Si tratta di un’ipotesi (ulteriormente speciale) di legittima difesa “domiciliare” in caso di MODALITA’ VIOLENTE DI INTRUSIONE. 24 Il legislatore ha avuto modo di ritenere che esista una presunzione assoluta di sussistenza di tutti i requisiti di legittima difesa in caso di reazione difensiva posta in essere in una situazione di violazione di domicilio aggravata. Art. 54 cp - “Stato di necessità”: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo”. In che cosa si differenziano la legittima difesa e lo stato di necessità? Nella legittima difesa il soggetto aggredito reagisce nei confronti dell’aggressore, in una situazione in cui è presente un pericolo attuale del bene vita o del bene patrimonio. Nello stato di necessità il soggetto in pericolo reagisce non nei confronti di chi li aggredisce, ma nei confronti del pericolo stesso. Il problema è che a farne le spese sono terzi innocenti. Ad esempio, se un paziente perde conoscenza e si trova in una condizione che mette a rischio la sua vita, un medico può agire somministrando cure anche senza ottenere il consenso del paziente o dei familiari. Questo intervento sarebbe giustificato dallo stato di necessità. Tuttavia, il legislatore stabilisce che, nei casi in cui si è costretti a scegliere tra salvare sé stessi o un terzo, è consentito salvare sé stessi, purché siano presenti tutte le caratteristiche Art. 51 cp - “Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”: “L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.” La norma disciplina congiuntamente le due scriminanti, in quanto accomunate dalla medesima ratio, ovvero il principio di non contraddizione, secondo cui l'ordinamento non può da un lato riconoscere al soggetto la possibilità di agire in un certo modo e dall'altro sanzionare tale suo comportamento. La differenza si situa poi nel fatto che l'esercizio del diritto presuppone un potere di agire riconosciuto dalla legge, mentre l'adempimento del dovere si riferisce ad un obbligo e non ad una scelta di agire, presupponendo che il comportamento sia ammesso dalla legge in quanto imposto. 25 COLPEVOLEZZA La Corte Costituzionale stabilisce che nessuno può essere punito se il reato commesso non è imputabile sotto tutti i profili che riguardano la colpevolezza. Questo principio vincola sia il legislatore sia il giudice. Di conseguenza, il legislatore deve definire le fattispecie in modo tale da garantire che siano applicabili solo a soggetti rimproverabili, ossia che abbiano agito con dolo o colpa. L'interprete, nel valutare fattispecie che possono presentare ambiguità nella loro formulazione, deve interpretarle in modo da renderle conformi al principio di colpevolezza. In caso contrario, potrebbero sorgere problemi di costituzionalità, e la Corte potrebbe dichiarare una norma incostituzionale per violazione di tale principio. Art. 27 Costituzione: “La responsabilità penale è personale… Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Il terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione afferma che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Questo implica una forma di prevenzione speciale, che consiste nel fornire al condannato opportunità di rieducazione ai valori e alle regole della società, favorendone il reinserimento nella convivenza sociale pienamente legale. Tuttavia, chi non è pienamente rimproverabile per il fatto non necessita di rieducazione o socializzazione. In questa costruzione costituzionale è implicita la necessità che, per la punibilità, vi sia piena rimproverabilità. Da c deriva il principio di colpevolezza, strettamente connesso al rifiuto di forme di responsabilità oggettiva. Per quanto riguarda la responsabilità oggettiva, il codice penale all'articolo 42 ne prevede la possibilità, ma va ricordato che esso risale al 1930, quindi precedente alla Costituzione. Dal momento in cui la Costituzione è entrata in vigore, eventuali norme che contemplano responsabilità oggettiva dovrebbero essere dichiarate incostituzionali o, in alternativa, interpretate dai giudici in modo tale da richiedere almeno una forma di rimproverabilità, consistente nella colpa, per quegli elementi di responsabilità oggettiva. Se si parla di dolo e colpa, i due criteri di imputazione soggettiva dei reati (oltre alla preterintenzione, che ha poca rilevanza nel diritto penale commerciale poiché si applica solo ai casi di omicidio e aborto preterintenzionale) hanno una duplice collocazione sistematica. - In primo luogo, incidono sul piano della tipicità: il reato viene costruito in modo diverso a seconda che sia doloso o colposo. - In secondo luogo, rilevano sul piano della colpevolezza, in quanto costituiscono un profilo di colpevolezza previsto dal legislatore, che deve essere presente in concreto; altrimenti, il fatto non è punibile. - Quindi, prima di tutto, è necessario verificare se il legislatore abbia configurato il reato come doloso o colposo, e successivamente accertare in concreto se l'imputato ha commesso il fatto con l'elemento soggettivo richiesto (dolo o colpa). In assenza di tale elemento, manca un profilo essenziale della colpevolezza. Sul fronte dei principi generali, affermare che la colpevolezza è un principio di garanzia dell'ordinamento penale significa che, indipendentemente da come il legislatore abbia costruito la fattispecie, anche se vi ha incluso elementi di responsabilità oggettiva, è compito dell'interprete assicurarsi che, nel momento dell'accertamento, ognuno degli elementi essenziali del fatto di reato sia rimproverabile. Questo implica che debba essere, almeno, coperto da colpa, anche nel caso in cui il legislatore abbia strutturato il reato come una fattispecie di responsabilità oggettiva o parzialmente oggettiva L'attuale concezione della colpevolezza è chiamata concezione normativa, in contrapposizione a quella psicologica. Non ci si limita all'accertamento della sola sussistenza dell'elemento psicologico (dolo o colpa), ma la colpevolezza equivale alla rimproverabilità del fatto di reato, e pertanto è essenziale che sia presente e accertata. Un fatto è pienamente rimproverabile quando è stato commesso con il dolo o la colpa richiesti dal legislatore e quando la norma penale violata era almeno conoscibile dal soggetto. Spetta al legislatore il dovere di rendere i precetti penali comprensibili e conoscibili. Inoltre, il soggetto deve essere pienamente imputabile (o almeno parzialmente imputabile), a condizione che non abbia agito in presenza di una scusante. Le scusanti, o cause di esclusione della colpevolezza, sono situazioni eccezionali individuate dal legislatore in cui si ritiene che il fatto non sia rimproverabile a causa di una pressione psicologica tale da rendere non esigibile un comportamento conforme alla legge. In questi casi, la violazione della norma penale non è rimproverabile. Il primo requisito fondamentale è l'imputabilità: soggetti non imputabili non sono punibili, in quanto manca un elemento essenziale della rimproverabilità. L'imputabilità è definita all'articolo 85 del Codice Penale, che stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se, al momento della sua commissione (rileva sempre la situazione del momento del fatto), non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere. Questa espressione indica che il soggetto deve trovarsi in una condizione di piena maturità e