L'adozione Piena - Lezione 43 - PDF
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Questi appunti riguardano l'adozione piena, regolata dalla legge 184 del 1983. L'adozione crea un rapporto di filiazione giuridica e recidendo ogni legame con la famiglia d'origine. Vengono discussi gli effetti dell'adozione e le condizioni per la dichiarazione dello stato di abbandono del minore.
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Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena L’...
Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena L’ADOZIONE PIENA L’adozione piena, regolata dagli artt 6 e seguenti della legge 184 del 1983, ha lo scopo di trovare una famiglia a un minore quando questi si trova in una situazione di abbandono. Tutta la disciplina è fondata sul rispetto del preminente interesse del minore. Si parla di adozione nazionale quando l’adozione riguarda minori italiani o comunque presenti sul territorio italiano. È invece internazionale l’adozione di un minore straniero da parte di una coppia italiana nonché, caso ben più raro, l’adozione di un minore italiano da parte di coniugi stranieri. EFFETTI L’adozione crea un rapporto di filiazione giuridica tra soggetti non legati da vincoli di sangue recidendo ogni legame dell’adottato con la famiglia d’origine. L’adozione piena o legittimante conferisce al minore lo stato giuridico di figlio dei genitori adottanti. Il figlio infatti: assume il cognome degli adottanti, risultando come loro figlio nato nel matrimonio e non adottivo; perde ogni legame parentale con la propria famiglia d’origine (permangono solo i divieti matrimoniali); instaura rapporti di parentela con i familiari dei genitori adottivi. Ogni documento o certificato relativo all’adottato deve riportare unicamente il nome della famiglia adottante e non deve pertanto rivelare lo stato adottivo della persona né tantomeno i nomi dei genitori (art 28 legge184 del 1983). Peraltro in relazione al cognome rivoluzionaria in materia, come già più volte affermato nel corso delle lezioni, è la sentenza della Corte Costituzionale 31 maggio 2022, n 131 con la quale la Consulta ha dichiarato tra l’altro l’illegittimità costituzionale dell’articolo 27, comma 1, della legge 184 del 1983, nella parte in cui prevede che l’adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. STATO DI ABBANDONO Sono adottabili i minori in stato di abbandono, la cui sussistenza deve essere dichiarata dal tribunale per i minorenni. Lo stato di abbandono è definito dall’art 8 della legge 184 del 1983 come: mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi purché non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. 1 Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena Il successivo art 15 stabilisce che lo stato di adottabilità del minore è dichiarato, tra gli altri casi, quando i genitori non hanno adempiuto alle prescrizioni loro impartite o ne è provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole. La situazione di abbandono sussiste anche quando i minori sono ricoverati presso, comunità di tipo familiare, o si trovano in affidamento familiare. L’INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE È orientamento consolidato della Cassazione quello secondo cui l’adozione è un estrema ratio. Un provvedimento talmente drastico come la dichiarazione di adottabilità del minore, che comporta la rescissione del legame genitore figlio, può essere emanato, solamente in presenza di una accertata e irreparabile situazione di abbandono, individuata dall’art 8 della legge 184 del 83 nella privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e parenti tenuti a provvedervi. Il criterio cui la Cassazione fa costantemente riferimento, sulla base del quale può essere giustificata la dichiarazione dello stato di abbandono, infatti è l’irreparabilità del pregiudizio che può subire il minore restando nella famiglia d’origine. La situazione, nella quale il minore si trova a crescere, deve essere tale, perché sia dichiarata l’adottabilità, da compromettere irreparabilmente lo sviluppo normale della sua personalità fisica, psichica e intellettiva. La rescissione del legame familiare pertanto costituisce, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, prezzo inevitabile solo quando si può ritenere con ragionevole certezza, che le cure prestate dalla famiglia sono del tutto insufficienti a garantire quel minimo necessario per una crescita non patologica (Cass 6052 del 2012). Tali considerazioni hanno portato i giudici di legittimità a richiedere un accertamento rigoroso della situazione. In particolare, secondo le molte sentenze di legittimità in materia, la primaria esigenza che il minore cresca nella sua famiglia d’origine, non è sacrificabile in presenza di generiche carenze educative, difficoltà economiche, anomalie non gravi del carattere o della personalità del genitore e nemmeno in costanza di evidente inadeguatezza dell’assistenza o di atteggiamenti patologici del genitore (quali l’iperaffettività, la possessività esasperata, la chiusura verso il mondo esterno). Non basta pertanto, secondo la Cassazione, al fine di dichiarare l’adottabilità di un minore, che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori anche a carattere permanente, essendo in ogni caso necessario accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore medesimo sia realmente inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e delle proprie responsabilità onde offrire al figlio quel minimo di cure materiali, calore affettivo, e aiuto psicologico indispensabili per un'equilibrata e sana crescita. Più precisamente lo stato di abbandono, che giustifica la dichiarazione di adottabilità, ricorre allorquando i genitori, o i parenti, non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico 2 Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito. I giudici si sono così trovati spesso di fronte a situazioni in bilico in cui non è agevole capire se vi sia effettivamente uno stato di abbandono o se la situazione, pur difficile, sia da tutelare alla luce della primaria esigenza di crescita nella famiglia d’origine. FORZA MAGGIORE Nell’analisi di ciò che conduce alla dichiarazione dello stato di abbandono di un minore, presupposto per la sua adozione, non si può sottendere l’importanza della forza maggiore in quanto capace, se transitoria, di escluderne la valenza. Sulla base della ratio dell’istituto dell’adozione la giurisprudenza, accogliendo come interesse preminente quello del minore, valuta la situazione di carenza di assistenza morale e materiale oggettivamente, prescindendo dalla volontarietà del comportamento dei genitori. La forza maggiore, in grado di escludere lo stato di adottabilità, diviene così espressione riassuntiva di tutte quelle circostanze esterne alla condotta dei genitori che impediscono agli stessi di attendere all’assistenza morale e materiale del minore, a prescindere da qualunque aspetto sanzionatorio. Appare evidente come la forza maggiore debba comunque rivestire i caratteri della transitorietà e temporaneità. È infatti ritenuta causa di forza maggiore quella situazione che, per la sua durata, è inidonea a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore. Solo in presenza infatti di situazioni senza speranza la giurisprudenza ricorre all’estrema ratio dell’adozione, mentre di fronte a casi di assenza di cure e assistenza, a carattere transitorio, sopperiscono l’istituto dell’affidamento o le misure di sostegno quali strumenti per permettere ai genitori del bambino, sempre privilegiati ai sensi dell’art 1 della legge, di superare le situazioni contingenti. Si precisa comunque come la legge non fornisca alcun elemento sulla possibile durata di questa transitorietà, lasciando come nel suo spirito, tale accertamento all’interprete il quale dovrà sempre e comunque far riferimento all’età del minore. Appare evidente infatti che più il bambino è piccolo e più la forza maggiore dovrà poter essere superata a breve distanza. Le varie fattispecie, comunemente considerate da dottrina e giurisprudenza, come cause di forza maggiore sono la malattia, la detenzione, l’indigenza, la povertà, tutte comunque da valutarsi nel caso concreto. 3 Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena IL CASO La soggezione della madre ai maltrattamenti del padre non comporta lo stato di abbandono del figlio LA MASSIMA Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 17 novembre 2021 n 35110 Il ricorso alla dichiarazione di adottabilità di un figlio minore, ai sensi della legge n184 del 1983, articolo 15, è consentito solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, a norma dell’articolo 8 della stessa legge, che devono essere specificamente dimostrati in concreto …; una pronuncia di stato di abbandono di un minore, ai sensi della legge n184 del 1983, articolo 8, non può essere in alcun caso fondata sullo stato di sudditanza e di assoggettamento fisico e psicologico in cui versi uno dei genitori, per effetto delle reiterate e gravi violenze subite dall’altro. La vicenda La vicenda ha per protagonista una bambina moldava, nata e residente in Italia da madre e padre entrambi moldavi. Le reiterate violenze e i maltrattamenti posti in essere dal padre contro la madre e i suoi tre figli, nati da un’unione precedente, avevano portato a una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti di entrambi. La donna in particolare si poneva in un atteggiamento di totale sottomissione verso il compagno tanto che aveva ritirato una denuncia sporta nei suoi confronti a seguito di una grave aggressione. Il Tribunale per i minorenni dichiarava successivamente la bambina in stato di abbandono con provvedimento confermato in Corte d’Appello. Contro la sentenza della Corte territoriale veniva proposto ricorso in Cassazione. La Corte, con ordinanza n 15693 del 2021, rilevando la mancanza di precedenti specifici in materia, rimetteva alle Sezioni Unite l’esame della questione relativa al difetto di giurisdizione del giudice italiano. La questione Le Sezioni Unite si pronunciano su due questioni entrambe rilevanti. La prima concerne la giurisdizione relativa a un minore straniero dichiarato adottabile e che quindi si trova in stato di abbandono sul territorio italiano. La seconda riguarda i presupposti per la dichiarazione di adottabilità in particolare quando uno dei due genitori è violento e l’altro è soltanto una vittima di tali violenze. Le soluzioni giuridiche La Cassazione interviene con una lunga e articolata sentenza soffermandosi, innanzitutto, sulla questione di giurisdizione. Le Sezioni Unite analizzano la disciplina in materia richiamando sia la legge 218 del 1995 di riforma del sistema di diritto internazionale privato (artt 38 40) che la legge184 del 1983 in materia di adozione, norme, si precisa nella sentenza, da interpretare in maniera coordinata. In particolare i giudici evidenziano che secondo tali disposizioni al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione… (art 37 bis legge 184 del 1983), e si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l’adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio (art 38 legge 218 del 1995). I giudici italiani inoltre hanno giurisdizione in materia allorché.. 1 Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena l’adottando è un minore in stato di abbandono in Italia (legge 218 del 1995 art40). Allo stesso risultato, aggiungono le Sezioni Unite si arriverebbe considerando la dichiarazione di adottabilità come un istituto di protezione dei minori cui si applica, pertanto, la legge di residenza abituale del minore in base a quanto dispone l’art 42 legge 218 del 1995, che richiama in materia la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 secondo la quale Le autorità, così giudiziarie come amministrative, dello Stato di dimora abituale d'un minorenne sono competenti a prendere delle misure per la protezione della persona o dei beni dello stesso. In conclusione la Cassazione afferma che trattandosi di minore, anche straniero, in stato d’abbandono sussiste la giurisdizione del giudice italiano con applicazione della legge italiana sia in relazione all’adozione, che riguardo agli atti preliminari a questa, come la dichiarazione di adottabilità. Nello stesso senso peraltro si era già espressa la giurisprudenza di legittimità precisando che l’art 37 della legge184 del 1983 (attualmente trasposto nel 37-bis) comporta, sul piano processuale, la giurisdizione del giudice italiano, a prescindere dagli elementi di collegamento previsti dalla legislazione interna, e anche, sul piano sostanziale, l’assoggettamento del rapporto alla normativa interna, in deroga alle comuni regole di diritto internazionale privato (Cass 9576 del 1996). Chiarita la questione preliminare la Corte prosegue ritenendo di affrontare anche il merito della vicenda a causa dell’urgenza di provvedere sulla situazione giuridica della bambina che è dichiarata in stato di adottabilità. In proposito la Cassazione sottolinea innanzitutto il consolidato principio relativo all’eccezionalità dell’adozione, considerata da sempre extrema ratio cui si ricorre solo quando tutte le altre misure si siano dimostrate impraticabili. Norma cardine in questo contesto è l’art 1 della legge184 del 1983, così come modificato dalla legge 149 del 2001, che attribuisce carattere prioritario al diritto del minore a essere educato nell’ambito della propria famiglia, considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico. L’adozione infatti, secondo costante interpretazione giurisprudenziale, non è uno strumento cui ricorrere per consentire al minore di essere accolto in un contesto più favorevole per cui al giudice è richiesto un particolare rigore nella valutazione della situazione di abbandono (Cass 1932 del 2017). Soprattutto, precisa la Corte nel caso in esame, l’adozione è possibile soltanto quando entrambi i genitori non siano in grado di assicurare al figlio quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabili per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio (Cass 4503 del 2002; 10809 del 2008). Tale assunto, sottolineano le Sezioni Unite, si ricava anche dalla normativa e dalla giurisprudenza sovranazionale. Gli Ermellini in particolare evidenziano la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art 7) e la Convenzione europea dei diritti umani (art 8) che tutelano il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Ricordano inoltre la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che ha più volte precisato che l’accertamento giudiziale in ordine alla capacità genitoriale deve tendere a risultati quanto più possibile certi in relazione all’eventuale incapacità dei genitori. Gli Stati membri infatti, secondo la CEDU, devono attivare ogni loro risorsa per consentire al minore, di vivere preferibilmente nella sua famiglia di origine (CEDU, 17 aprile 2021, AI contro Italia; CEDU, 12 agosto 2020, EC contro Italia). Fondamentale, in questo contesto, prosegue la Cassazione, è il principio secondo cui l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente (art 3 Convenzione sui diritti del fanciullo). Tale principio è espressamente richiamato anche in materia di immigrazione sancendo così la sussistenza di un diritto all’unità familiare, e l’importanza della non disgregazione della famiglia d’orgine (D Lgs 286 2 Corso di Laurea: Servizi giuridici Insegnamento: Diritto di famiglia Numero lezione: 43 Titolo: L’adozione piena del 1998, art 28). In materia la giurisprudenza ha di conseguenza più volte affermato come gli Stati devono vigilare affinché il minore non sia separato dai propri genitori biologici (Cass 26831 del 2019; Cass 4197 del 2008). Di fronte a tale quadro normativo e giurisprudenziale, precisa la sentenza in esame, le posizioni dei due genitori non possono essere considerate allo stesso modo. Riguardo al padre, la Corte ritiene convincente la motivazione dei giudici d’Appello che si fonda su una condanna in via definitiva per il reato di maltrattamenti in famiglia, nonché sui suoi rifiuti a intraprendere percorsi di ravvedimento. In relazione alla donna invece la Cassazione sottolinea come, nonostante la mancanza di gravi fatti specifici rivelatori di un’incapacità genitoriale, (si parla di mera insicurezza e posizione di soggezione nei confronti dell’uomo) non era stato fatto tutto ciò che era possibile per salvaguardare il diritto del minore alla propria famiglia d'origine, come invece richiesto dalla giurisprudenza europea. Pertanto, affermano le Sezioni Unite, una pronuncia di stato di abbandono di una minore non può essere in alcun caso fondata sullo stato di sudditanza e di assoggettamento in cui vive la madre per effetto delle reiterate e gravi violenze subite dal proprio partner. Tali aspetti non possono fondare, come invece è stato nella specie, la presunta inidoneità a svolgere il ruolo di genitore; al contrario, è necessario evitare, precisa la Cassazione, la vittimizzazione secondaria, fenomeno in forza del quale persone già vittime di violenze diventano vittime una seconda volta a causa delle mancanze delle autorità. Riguardo alla madre nella specie infatti non solo non è stata dimostrata un’incapacità genitoriale, ma la stessa non è stata nemmeno adeguatamente supportata dalle istituzioni a ciò preposte. Le Sezioni Unite in conclusione ribadiscono il consolidato principio di diritto secondo cui si può ricorrere alla dichiarazione di adottabilità solamente in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, al quale aggiungono un nuovo tassello ossia che non è sufficiente uno stato di sudditanza e di assoggettamento fisico e psicologico in cui versi uno dei genitori, per effetto delle reiterate e gravi violenze subite dall’altro a dichiarare un minore in stato di abbandono. Caso tratto da Giuffré, Ilfamiliarista.it, 15 febbraio 2022, giurisprudenza commentata Autore Galluzzo SAR La soggezione della madre ai maltrattamenti del padre non comporta lo stato di abbandono del figlio (Nota a Cass 35110 del 2021) 3