Domande pedagogia generale PDF
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Questo documento presenta un questionario su pedagogia generale, includendo domande su diverse teorie pedagogiche e approcci educativi. Il documento esplora concetti come l'apprendimento programmato, la responsabilità educativa, e la valutazione.
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Domande pedagogia generale 1. Skinner si trova nelle pedagogie dell’apprendimento o dell’insegnamento? Skinner si trova nelle pedagogie dell’insegnamento (comportamentismo), le quali cercano di migliorare il modo in cui si insegna. Skinner è colui che enuncia la teoria dell’is...
Domande pedagogia generale 1. Skinner si trova nelle pedagogie dell’apprendimento o dell’insegnamento? Skinner si trova nelle pedagogie dell’insegnamento (comportamentismo), le quali cercano di migliorare il modo in cui si insegna. Skinner è colui che enuncia la teoria dell’istruzione programmata, ritiene che bisogna utilizzare apposite “macchine per insegnare”, predisposte per assicurare apprendimenti efficaci e corretti. Ritiene inoltre che l’apprendimento debba essere graduale e sequenziale, partendo dalle cose più semplici e arrivando alle più difficili. (Altro pedagogista Bloom—> capacità soggetto condizionate da 3 fattori: tempo, assistenza didattica e controlli durante l’insegnamento. Enuncia due principi: principio programmazione didattica —> si ha unità didattiche stabilite, il cui apprendimento può avvenire in tempi differenziati in base alle capacità dei diversi alunni. E principio della valutazione formativa —> prove di verifica somministrate agli alunni per individuare eventuali lacune predisporre attività di recupero) 2. Responsabilità educative verso chi? L’educatore ha una funzione di mediatore, in quanto si pone sempre a metà strada tra una realtà ed un’altra. In quanto mediatore, l’educatore ha un’etica professionale che corrisponde al riconoscimento della propria responsabilità nei confronti dell’altro. Questa responsabilità si può dividere in 3 livelli - Responsabilità verso la professione, in quanto l’educatore è tenuto ad impegnarsi in un arricchimento continuo e costante del proprio bagaglio di competenze. - Responsabilità verso i destinatari dell’intervento, perché l’educatore è responsabile della relazione che si instaura con l’altro - Responsabilità verso la società, in quanto l’educatore deve sollecitare la partecipazione dei destinatari alla vita sociale. 3. Maritain, che cosa dice? Qual è il fine ultimo del processo educativo? Maritain lo si può trovare nelle pedagogie della persona, in particolare nell’esperienza sapienzIale (SAPIENZA, aiuta l’uomo a conoscere ogni cosa all’interno della vastità creata da Dio) Maritain promuove la ragione sapienziale, ovvero fornire all’allievo un insieme di conoscenze per la comprensione per la comprensione di fatti e significati. Per lui educare l’intelligenza/sapienza significa educare a ricercare il vero, l’autenticità. Maritain immagina l’educazione come un training spirituale verso la perfezione, ovvero educare le persone a compiersi. Quindi sapienza —> serve per il raggiungimento della perfezione 4. Gramsci, qual è la sua visione educativa e quella della moglie? Gramsci lo si può trovare nel libro “per lettera”, in particolare quando si parla di “padri per lettera”. Lui si trova in carcere e per mantenere i contatti con la sua famiglia, in particolare con la moglie, inizia a scrivere lettere. Da queste lettere si riesce a comprendere la visione educativa sia di Gramsci e sia della moglie, la quale viene criticata da Gramsci perché ha uno stile troppo “libero” con i figli e ritiene che debba essere più rigida e dura. La moglie però ritiene che sia difficile essere più rigida nei confronti dei figli perché si trova da sola e in un momento di depressione. Quindi per questo tende a lasciare più libertà e meno durezza. Quindi la visione educativa di Gramsci è una visione educativa basata sull’autorevolezza (o stile direttivo), mentre quello della moglie e più basato sulla libertà (o stile della libertà). 5. Quali sono le tre costanti di una lettera? 6. Qual è il concetto di persona per i pedagogisti? Per i pedagogisti la persona non si identifica con la capacità di apprendimento, ma la persona è un insieme di aspetti che la connotano in senso generale. Quindi vedono la persona non solo come qualcuno che può imparare, ma come un qualcosa di più e i pedagogisti cercano di intervenire per migliorare la persona che hanno davanti, pur sempre rispettandola. I pedagogisti considerano la persona nella sua globalità, accettando i punti di forza e non. Quindi si parla delle pedagogie della persona, in cui si ha la sacralità e centralità della persona e si cerca di educarla in quanto essere globale. ….. (vedi domanda 21) 7. Concetto di complessità? Il concetto di complessità viene usato da Morin quando parla dell’apprendimento nella complessità. Sottolinea come la società contemporanea sia a-centrica, senza gerarchie prestabilite e come l’uomo debba imparare a convivere all’interno di questi sistemi complessi. L’uomo deve imparare a confrontarsi con la multifattorialità, la probabilità e il multidisciplinare. Deve stimolare un’avventura della conoscenza, cioè il “pensare senza mai chiudere i concetti” e si fa riferimento quindi alla vitalità del pensiero umano, ovvero la sua capacità di muoversi come una mente ecologica —> capace di essere interattiva e di reagire. (Morin parla del pensiero che interconnette, cioè la necessità di intercomunicazione tra i differenti campi di conoscenza e ricerca, per elaborare un livello più alto di conoscenza) 8. Cos’è l’approccio costruttivista? Il costruttivismo nasce in seguito ad un simposio internazionale tenuto a Ginevra nel settembre del 2000. Il costruttivismo corrisponde alla teoria del soggetto che si autocostruisce, integrando i prodotti culturali e i processi mentali. Il costruttivista è un a-realista, non ammette che nella mente ci sia una rappresentazione del mondo “là fuori”, in quanto ritengono che la cognizione è una riorganizzazione delle proprie esperienze, senza la pretesa di rappresentare lo stato nel mondo. I costruttivisti sociali sottolineano come la conoscenza si svolga entro un contesto che influenza e da cui è influenzata. Sono interessati principalmente - Alle azioni cognitive individuali - Alle relazioni cognitive che intercorrono tra il soggetto e il contesto socioculturale Quindi la realtà e i prodotti di conoscenza sono risultanti dei processi di scambio, dialogo e negoziazione sociale. I costruttivisti danno vita a diversi principi per la gestione delle attività didattiche: - Principio della negoziazione: costruzione della conoscenza su negoziazione interna che porta all’articolazione di processi mentali - Principio della riproduzione: l’apprendimento ha efficacia solo se sfocia in forme di conoscenza varie e impresse - Principio del contesto: apprendimento favorito dall’immersione degli alunni entro contesti di vita reali - Principio della padronanza degli strumenti cognitivi: efficacia conoscenza quando alunno consapevole della strumentalizzazione concettuale a sua disposizione - Principio collaborazione tra chi apprende e l’insegnante: l’insegnante deve predisporre ambienti consoni per chi apprende. 9. Cos’è il Cooperative Learning? Si basa sulla naturale disposizione dell’essere umano alla socializzazione, per favorire l’inserimento sociale, per agevolare l’apprendimento e migliorare le competenze. Questo tipo di apprendimento non è solo diretto e asimmetrico, ma anche orizzontale e simmetrico (alunno- alunno—> possibile se il clima non è competitivo). Quindi si può dire che il cooperative Learning sia una corrente in cui confluiscono esperienze maturate in contesti ambientali e culturali diversi, il gruppo cooperativo è tenuto insieme dalla condivisione di un obiettivo comune. L’obiettivo comune deve essere percepito come vitale, essere accettato o condiviso da tutti i membri del gruppo e indurre alla sfida. Molto importante è il clima in cui si svolge l’esperienza: nasce da occasioni informali e occasionali e si alimenta attraverso l’assistenza, l’apertura e la conoscenza reciproca. La costruzione del buon clima ha tempi lunghi ed è molto fragile, può essere facilmente distrutto da reazioni minime di chiusura o rivalità. Il cooperative Learning può avere un rischio, cioè quello di attenuare la responsabilità individuale all’interno del gruppo, quindi la persona potrebbe avere un determinato ruolo o compito da svolgere e potrebbe svolgerlo superficialmente o non svolgerlo. 10. Che cos’è la valutazione? La valutazione si può trovare come ultima tappa dell’articolazione del progetto, che prevede la conoscenza della realtà (attraverso una serie di azioni si cerca di informarsi ed esplorare per conoscere la realtà), la rappresentazione del cambiamento (si definisce il percorso di cambiamento), la definizione dell’ itinerario di cambiamento (consente di realizzare l’obiettivo della trasformazione), l’attuazione (si cerca di attuare/mettere in prova l’itinerario di cambiamento) e infine la valutazione, che serve per verificare la validità della prova/del cambiamento e cerca di rispondere alla domanda “ha funzionato?”. Quindi la valutazione porta alla capacità di possedere un agire valutativo, che struttura l’intero processo educativo, è un’azione regolatrice e centrale (permette di individuare gli interventi efficaci). L’aggressione valutativo si divide in piano - Descrittivo: azione misura il cambiamento compiuto, com’era l’azione prima e dopo l’intervento (quantitativo) - Normativo: cerca di attribuire un senso e valore alle fasi (qualitativo) “che senso ha?” La valutazione in ambito educativo porta sempre delle criticità, è sempre un aspetto critico: - Rigore: non bisogna essere schiavi della valutazione, non sempre l’evidenza immediata è simbolo di un successo educativo. La valutazione è un metodo di orientamento. - Soggettività: la valutazione non è mai oggettiva/neutrale, questo perché non possiamo mai essere completamente oggettivi. Quello che possiamo fare è educare la nostra soggettività, che non significa escludere il nostro punto di vista ma usarlo in modo critico all’interno della valutazione. 11. Che cos’è l’animazione? È una delle possibili modalità d’intervento dell’azione educativa. È rivolta alla valorizzazione dell’espressione personale e alla partecipazione sociale. Ha tre caratteristiche: - Attira - Coinvolge - Diverte La sua azione ha carattere - Promozionale —> porta in scena il singolo o il gruppo facendoli diventare reali protagonisti delle loro esperienze. Questo perché libera, rende visibili e fa emergere risorse che saranno desideri, opinioni e gusti. Rafforza l’espressione e la partecipazione sociale - Aggregativo —> favorisce l’avvicinamento reciproco tra soggetti diversi attraverso l’apertura relazionale. Aiuta a riconoscere il proprio punto di vista, per poi accettare quello di altri per poi confrontarsi. - Ideativo —> invita a coordinare le proposte di ciascuno per far si che siano reale collaborazione per la definizione di un progetto comune Altra caratterista importante è l’improvvisazione, non potendo conoscere le opportunità che una situazione può offrire non è presente una struttura che regoli i passaggi secondo un ordine, lo spazio è quello della libera espressione. Inoltre l’azione animativa si rivolge a ciò che è significativo in quella situazione, per quella persona o per quel gruppo. 12. Cos’è l’agire competente? L’agire competente fa riferimento all’educatore competente, cioè colui che agisce in modo operativo, significativo e adeguato alla situazione. All’interno dell’ agire competente si svolge una sintesi tra teoria e pratica - Punto di vista teorico —> si fa riferimento al “cosa sa”: conosce bene l’oggetto dell’intervento, le procedure e gli strumenti. - Punto di vista pratico —> si fa riferimento al “cosa fa”: sa agire in relazione alla situazione, è pronto quindi a rispondere e adattare quello che conosce alla situazione. (Improvvisazione) Quando si unisce teoria e pratica si dà vita a - Critica —> cosa sappiamo fare - Euristica —> la situazione ci impone di rinnovarci e di imparare cose nuove, altrimenti si rischia di fare tutto allo stesso modo. 13. Qual è il ruolo educativo della scrittura? Il significato pedagogico/ruolo educativo della lettera sta nel fatto che - Sia un’occasione per un esercizio auto-formativo nei confronti di chi scrive (si parla dello scrivere per educarli, io scrivo e nel frattempo mi auto-educo—> far capire all’altro cosa scrivo, cosa intendo) Inoltre è una pratica auto formativa nel senso che permette di riflettere su se stessi e sulle cose che si fanno (diario). Limite—> rischio di una chiusura e di rifugiarsi in un’esistenza parallela (es. il vero me è quello che c’è nel diario). - Sia anche un gesto educativo volto alla crescita dell’altro, in quanto con la lettera si educa l’altro 14. Educazione e formazione in età adulta, caratteristiche principali Si fa riferimento al fatto che l’uomo è soggetto di educazione per l’intero ciclo di vita e che le esigenze del mondo del lavoro spronano allo sforzo continuo per il riallineamento delle competenze. Negli anni ’50 e ’60 si è sentita la necessità di una piena alfabetizzazione degli adulti per la loro integrazione sociale ed economica in un mondo ricco di nuovi progressi. Successivamente il termine “alfabetizzazione” è stato superato con quello di “ life long learning” ovvero EDUCAZIONE PERMANENTE. Knowees ridefinì il quadro teorico della formazione adulta, dando vita ad una nuova disciplina l’androgogia, che corrisponde alla scienza della formazione adulta in contrapposizione alla pedagogia. L’andragogia si caratterizza dalla convinzione che gli adulti abbiamo interessi e capacità diverse da quelle dei soggetti in età evolutiva, infatti l’approccio formativo segue linee centrate sull’esperienza e con modalità meno direttive. Gli adulti hanno bisogno di conoscere e hanno il desiderio di essere trattate come persone autonome. Inoltre è molto importante l’esperienza che è fattore determinante per il successo o L’insuccesso degli apprendimenti (ognuno ha una storia, un passato). Apprendono in funzione di bisogni reali, che sono le motivazioni che spingono gli adulti ad apprendere (denaro o avanzamento carriera). Ci sono state numerose critiche nei confronti di Knowles per aver considerato l’educazione degli adulti un campo separato dalla pedagogia, lui rispose ritenendo che questo permette maggiore flessibilità, in quando pedagogia e andragogia si trovano all’interno dello stesso continuum educativo in cui si pongono in logica sequenziale (froom pedagogy to andragogy) 15. Dilemmi disorientanti I dilemmi disorientanti si trovano nell’apprendimento trasformativo, studiato da Mezirow. Mezirow approfondisce le ragioni sulla cui base gli adulti possono ripensarsi e riprogettassi nel corso della vita. L’apprendimento trasformativo parte da un dilemma disorientante che porta l’adulto ad una modifica e reintegrazione nel contesto della propria vita. Mezirow ha un’immagine di adulto e anziano non statica, ma capace di cambiamento che lo porta ad interrogarsi e a mettersi in discussione (dilemma disorientante). Mezirow ritiene che esistano due tipi di uomini: - Uomo della risposta —> ha bisogno di certezze, più risposte ha e più si sente ricco e per lui il sapere è un bene - Uomo della domanda —> non ha certezze e fa utilizza la dialettica per comprendere i cambiamenti della realtà Nessuno si identifica in uno o nell’altro. 16. Spazio della famiglia, quali sono le caratteristiche e perché è importante La famiglia è il primo spazio educativo, in quanto è un luogo di Emancipazione—> esperienza rivolta a scoprire un’identità che deve compiersi libera e responsabile Protezione—> sa accogliere e sostenere, attendere e incoraggiare In questo spazio coesistono codice materno e paterno. Termine “famiglia” inteso in senso originario, tutti discendono da qualcuno, e iniziale, perché per prima apre e introduce al mondo. Comprende le prime forme di relazioni e l’esperienza si svolge in prove di - Legami—> fanno prova di alterità: riconoscimento, accettazione e rispetto della presenza dell’altro E prova di reciprocità: affermazione di una continuità che unisce e vincola. - Ruoli—> la famiglia è un sistema di relazioni e implica un’ordinanza che ne mantenga l’equilibrio di stabilità e cambiamento. Definisce il ruolo che ciascuno assume all’interno della famiglia e definisce con chiarezza le regole. - Compiti—> lo spazio famigliare è esperienza di partecipazione a una causa comune ed è da provare quale spazio di condivisione. La famiglia è il primo e fondamentale spazio di prova per un autentico e concreto processo di umanizzazione. È definita da protezione ed emancipazione. I legami, ruoli, compiti e valori esperiti nei confini della famiglia sono provati esistenzialmente. La famiglia educa attraverso la vita famigliare, ma soprattutto dagli esempi dati dalle figure genitoriali. La famiglia è spazio di fiducia che è accordata sulle promesse fatte. La fiducia in famiglia è quella particolare fiducia che consolida la fiducia in sé e negli altri, alimentando la speranza nel mondo intero. 17. Perché è importante creare la memoria famigliare? 18. Quali sono i compiti/funzioni dell’educatore - Funzione di mediatore: in quanto media tra soggetto e realtà - Funzione di liberazione: libera le potenzialità espressive e comunicative del soggetto —> mette il soggetto in condizione di apprezzare e apprezzarti - Funzione di decondizionamento: permette che ognuno possa agire in libertà e aiuta l’altro a diventare consapevole dei propri condizionamenti per fargli averne una scelta più consapevole - Funzione emancipatrice: fornisce le capacità di saper andare al di la di quello che l’esperienza indica. Aiuta a creare condizioni di autonomia. - Funzione accomunante: deve essere contemporaneamente tutte queste funzioni 19. Che cos’è l’empatia L’empatia la si può trovare nelle pedagogie della persona, in particolare nell’esperienza dialogica. Si fa riferimento a Stein, con questo termine vuole indicare la capacità di “sentire dentro” l’altro, capacità di provare dentro sé che cosa sente l’altro. Non c’è educazione se non c’è empatia, se non sappiamo essere empatici. Quindi si sviluppa come condivisione emotiva dell’esperienza vissuta dall’altro; il soggetto, conoscendo e vivendo in prima persona i pensieri e i sentimenti dell’altro, diviene capace di guardarlo per quello che egli è (empatia matura). Non guardare la persona solo per come appare. 20. Qual è il terzo elemento per Buber? Corrisponde al dialogo io-tu: caratterizzato dalla reciprocità, il riconoscimento dell’altra persona che è diversa da me. Si può intraprendere in due direzioni: 1. Come comunità: la relazione tra io-tu avviene sempre all’interno di una comunità di altre persone 2. Come l’Altro: nell’incontro con l’Altro, si pensa che nell’altro si incontri Dio. Quando ho una relazione/dialogo genuino con un “tu”, in questo dialogo genuino in te incontro Dio. Buber aveva un’idea di Dio molto presente nel mondo e pensava che potesse essere anche dei valori, essi sono interessanti se interpretati come terzo elemento del dialogo in quanto io e l’altra persona ci incontriamo ma abbiamo sempre come riferimento dei valori quindi i valori sono presupposti del dialogo educativo e orientano l’azione educativa 21. Quali sono le pedagogie della persona? Per i pedagogisti la persona non si identifica con la capacità di apprendimento, ma la persona è un insieme di aspetti che la connotano in senso generale. Quindi vedono la persona non solo come qualcuno che può imparare, ma come un qualcosa di più e i pedagogisti cercano di intervenire per migliorare la persona che hanno davanti, pur sempre rispettandola. I pedagogisti considerano la persona nella sua globalità, accettando i punti di forza e non. Quindi si parla delle pedagogie della persona, in cui si ha la sacralità e centralità della persona e si cerca di educarla in quanto essere globale. In esse l’educazione è vista come esperienza sapienziale: Sapienza—> attraverso essa l’uomo conosce ogni singola cosa all’interno della totalità della realtà creata da dio. Due pedagogisti: 1) Maritain —> promuove la ragione sapienziale, ovvero fornire all’allievo un insieme di conoscenze per la comprensione per la comprensione di fatti e significati. Per lui educare l’intelligenza/sapienza significa educare a ricercare il vero, l’autenticità. Maritain immagina l’educazione come un training spirituale verso la perfezione, ovvero educare le persone a compiersi. Quindi sapienza —> serve per il raggiungimento della perfezione 2) Giussani—> vede l’educazione come quel percorso attraverso cui una persona impara a farsi domande sul significato della vita, ovvero accettazione di una disponibilità a rischiare. L’uomo, però, non è disposto ad accettare la categoria del rischio e questo porta ad un duplice atteggiamento: - Capacità dell’uomo di sfuggire - Disponibilità a “mettersi in gioco”, lasciarsi pervadere dal rischio. Rischio —> metafora dell’uomo che accetta a mettersi in gioco per conquistare il livello più profondo di conoscenza del mistero, dunque di dio. Esperienza dialogica Attraverso: 1. Relazione—> essenziale per l’educazione. Possibile solo quando ci si rapporta con l’altro, quindi quando si trova un’interelazione: non c’è io senza tu. Non posso diventare quello che sono senza entrare in relazione con qualcun altro. Per questo la dimensione della relazione è il centro del lavoro con l’educazione. 2. Empatia —> si fa riferimento a Stein, con questo termine vuole indicare la capacità di “sentire dentro” l’altro, capacità di provare dentro sé che cosa sente l’altro. Non c’è educazione se non c’è empatia, se non sappiamo essere empatici. Quindi è la percezione dell’altro nel suo calore peculiare e con il mondo di valori che l’altro ha fatto suo. 3. Incontro—> pedagogisti Guardini e Buber. - Guardini ritiene che l’incontro sia la centralità della relazione, in quanto essa corrisponde ad un incontro di persone, dove si prospettano dignità e responsabilità (es. crescere l’altro) - Buber pone l’accento nel rapporto io-tu, in quanto non si può riconoscere la propria esistenza senza l’altro, che è un qualcosa simile a me. Rapporto io-esso, il soggetto vede l’altro come un qualcosa da utilizzare, un mezzo per raggiungere un fine. Questo si collega al peccato della modernità, cioè alla riduzione dell’uomo a singolo, dove nella relazione esiste soltanto lui e l’altro assume un ruolo di “oggetto”/“mezzo”. 4. Parola—> si fa riferimento all’empacipazione che passa dalla sua conquista. Non è solo uno strumento per comunicare, ma espressione di dignità della persona, porta all’accesso alla vita sociale, alla comunicazione e alla partecipazione. La parola—> genera, libera e emancipa. - Freire si reca in molti paesi in via di sviluppo e ritiene che la parola sia ciò che consente ad una persona di cambiare la propria visione nel mondo. Ritiene che attraverso l’alfabetizzazione avvenga la trasformazione del mondo, grazie a leggere e a scrivere si impara a percepire che la propria posizione all’interno di una comunità sia una condizione che può essere trasformata —> la parola permette un processo di coscientizzazione - Milani ha un pensiero analogo a quello di Freire, opera in Toscana (Barbania) e ritiene che attraverso un intervento educativo, volto all’alfabetizzazione, si può cambiare la visione della realtà che può essere trasformata. Quindi vede l’educazione come un passaggio da uno stato di marginalità ad uno di libertà e autonomia grazie alla PAROLA EMANCIPATRICE—> parola di Dio. 22. Qual è l’idea di Maritain? Maritain lo si può trovare nelle pedagogie della persona, in particolare nell’esperienza sapienzIale (SAPIENZA, aiuta l’uomo a conoscere ogni cosa all’interno della vastità creata da Dio) Maritain promuove la ragione sapienziale, ovvero fornire all’allievo un insieme di conoscenze per la comprensione per la comprensione di fatti e significati. Per lui educare l’intelligenza/sapienza significa educare a ricercare il vero, l’autenticità. Maritain immagina l’educazione come un training spirituale verso la perfezione, ovvero educare le persone a compiersi. Quindi sapienza —> serve per il raggiungimento della perfezione 23. Incompiutezza dell’essere umano L’incompiutezza dell’essere umano è un testo di Freire e fa riferimento al cambiamento, al fatto che il soggetto nel corso della sua vita cambia e si trasforma. Attraverso questo testo, Freire, spiega come a lui piaccia essere persona in quanto essere incompiuto, che non assume una connotazione negativa, ma positiva in quanto sinonimo di vitalità. Ritiene che è bello essere persona perché essere incompiuto e quindi non determinato, porta quindi a far si che l’uomo nella sua vita sia cambiamento per andare a costituire la sua identità. Se noi non cambiassimo non sarebbe possibile parlare di educazione, perché significherebbe nascere già con un’identità e saremmo essere determinati. Invece noi siamo incompiuti, non determinati, costruttori della nostra identità senza il cambiamento. Essere condizionato o essere determinato? Cos’è meglio? 24. Gli ambiti della relazione educativa La relazione educativa è la possibilità dio un cambiamento che ha valore trasformativo e di relazione con l’altro. Ha 3 caratteristiche: - Orienta: viene proposta una direzione verso l’ordine per il quale agire - Pone delle domande: aiuta il soggetto a farsi delle domande (chi voglio diventare?) - Richiama una risposta: in mancanza di una risposta non è possibile avanzare nel processo Inoltre è espressione di - Originarietà: tramite il rapporto con l’altro è possibile una crescita che lo porta a costruirsi un’identità - Reciprocità: la relazione non è a senso unico, ma tramite il confronto con l’altro è possibile uno scambio di conoscenze ed esperienze. Implica il coinvolgimento di entrambe le parti - Processualità: è una dimensione in divenire, richiama un inizio e comporta tutte le dinamiche di una realtà in trasformazione. È molto importante che l’educatore sappia gestire la relazione educativa, per spiegare la gestione si può prendere l’esempio che Shopenawer fa sui ricci: In una giornata d’inverno i ricci sono portati ad avvicinarsi e a stringersi per riscaldarsi, inizialmente la situazione sarà piacevole in quanto sentiranno il calore reciproco, fino a che non inizieranno a sentire il dolore causato dalle spine che possiedono. Quindi iniziano ad allontanarsi, se tento un sollievo momentaneo perché di nuovo sentono freddo e sentono il bisogno di riavvicinarsi. Continuano così un paio di volte fino a quando non trovano la giusta distanza, che permette di non sentire né troppo freddo e nemmeno il dolore delle spine. La relazione educativa, e in particolare il ruolo dell’educatore, consiste proprio in questo, nel trovare la giusta distanza/il giusto equilibrio che è, però, faticoso perché se l’educatore è troppo distante si avrà una relazione educativa fredda e non accogliente(con solo l’educatore che chiede, senza interessarsi dell’altro), mentre se l’educatore è troppo vicino, rischia di far del male in quanto accoglie troppo (figura dell’educatore- amico, al primo “no” si rovina il rapporto e il soggetto con cui ci rapportiamo perde la nostra fiducia/ci viene contro). L’educatore nella relazione educativa deve saper gestire tre dinamiche: 1. Dinamica tra autorità-libertà: Autorità=educatore Libertà=educando Significa parlare della gestione dell’asimmetria, questo perché l’educatore e l’educazione non si trovano sullo stesso piano, non hanno la stessa funzione (non a livello di dignità). C’è sempre reciprocità, hanno solo funzioni/ruoli diversi. L’asimmetria deve lentamente trasformarsi in simmetria, cioè quando l’educazione sente di non aver più bisogno dell’educatore. Quando si parla della gestione dell’asimmetria si fa riferimento al fatto che l’educatore deve saper gestire il principio di autorità, perché può portare a due rischi: - Che sfoci in un autoritarismo—>prevale l’autorità dell’ educatore, la libertà dell’altro non è contemplata - Che sfoci in un permissivismo—> porta all’essere troppo permissivi, troppa libertà nell’ educando, no autorità “fai quello che vuoi” Una buona gestione dell’autorità deve portare all’autorevolezza, che tiene insieme codice materno e paterno, tiene insieme il ruolo dell’educatore nel possedere una certa autorità, ma anche la libertà di chi sta crescendo. 2. Dinamica sensibilità affettiva: Nella relazione educativa si possono trovare delle emozioni (rabbia, tristezza, felicità, paura…) e il compito dell’educatore è quello di aiutare il soggetto a riconoscerle, in quanto ha il diritto di provare emozioni. Es. bambino arrabbiato, aiutarlo a riconoscere l’emozione della rabbia In questo modo aiuta il soggetto a non aver paura delle emozioni. Aiutare il soggetto a riconoscere le proprie emozioni, a rispettarle e a trasformarle. 3. Dinamica tra i vissuti: se si parla di relazione educativa, significa che ci rapportiamo prima di tutto con una persona e in quanto tale avrà una storia perché ha fatto delle esperienze. Il compito dell’educatore quindi è quello di conoscere la persona, conoscere la sua storia senza giudicarla. È importante fare questo, perché magari avrà delle esperienze che l’avranno segnata e quindi bisogna aiutare la persona a rielaborarle, non cambiandole ma magari cercando di aiutarla a superare 25. III elemento per Calogero Il terzo elemento per Calogero è: l’altra persona. Ritiene che dopo aver fatto porre all’io il proprio limite nel tu, bisogna indurre il tu a porre il proprio limite nel lui. Questo perché nella relazione educativa, l’educatore non solo pensa a rispettare la libertà e il diritto dell’educando, ma si impegna affinché quest’ultimo si impegni a sua volta a rispettare la libertà e il diritto delle d’altre persone che incontrerà nella propria vita. La teoria del dialogo calogeriana, con il riferimento al terzo elemento nella relazione, si caratterizza per la forte valenza sociale e democratica. L’educazione alla persona si configura come confronto con i limiti e come apertura all’altro, nella direzione della socialità. 26. Ruolo del rispetto nella relazione educativa (parlare della dinamica autorità-libertà, gestione autorità. Rispetto nelle emozioni dell’educando. Rispetto della storia che l’educazione possiede) Nella relazione educativa il rispetto assume un ruolo fondamentale e proprio per questo deve essere gestito al meglio attraverso: - La dinamica autorità-libertà: significa parlare della gestione dell’asimmetria, questo perché la relazione educativa è asimmetrica, cioè che l’educatore e il soggetto non hanno la stessa funzione nella relazione, non sono messi sullo stesso piano in termini funzionali: il loro ruolo è diverso, NON la dignità—>c’è sempre il rispetto dell’altro. Nonostante sia asimmetrica, la relazione educativa è sempre reciproca. L’asimmetria dovrà lentamente trasformarsi in simmetria, quindi quando l’educando sentirà di non aver bisogno dell’educatore. È importante che l’educatore gestisca, oltre che l’asimmetria, anche l’autorità: l’educatore deve saper gestire il principio di autorità (autorevolezza, tenere insieme il ruolo dell’educatore come punto di riferimento e contemporaneamente accogliere la libertà di chi sta crescendo), se viene gestita male può portare a due generazioni: —>autoritarismo: prevale l’autorità, l’educatore ha il comando e la libertà dell’altro non è contemplata (no rispetto dell’altro) —>permessivismo: porta all’essere troppo permissivi, troppa libertà all’educando - La dinamica della sensibilità affettiva: nella relazione educativa possiamo trovare delle emozioni, sia positive che negative, il compito dell’educatore è quello di aiutare le persone a riconoscere queste emozioni. Il soggetto ha il diritto di provare emozioni (rispetto dell’altro e delle sue emozioni). Aspetto fondamentale: aiutare il soggetto a riconoscere le proprie emozioni, a rispettarle e provare ad aiutare a trasformarle (es. bambino triste perché ha preso un brutto voto, accogliere quella tristezza ma poi aiutarlo a capire che può far di meglio e capire meglio i concetti): - La dinamica dei vissuti: nella relazione educativa ci si rapporta con una persona che ha una propria storia e dei propri vissuti in quanto ognuno ha fatto delle esperienze. Il compito dell’educatore è conoscere la storia delle persone senza giudicare, ascoltarle e rispettarle (rispetto dell’altro e dei propri vissuti). Importante è cercare di aiutare la persona con una sorta di rielaborazione (non sminuire le esperienze altrui), proprio perché molte volte le persone non riescono a superare determinate esperienze. 27. La distanza nella lettera La lettera corrisponde ad un dialogo a distanza, si parla quindi di una conversazione a metà in quanto si svolge tra due persone distanti nello spazio e nel tempo. Il fattore distanza può sembrare un fattore negativo, in quando le persone non si trovano a comunicare nel “presente” e soprattutto nell’attimo. Ma si può dire che in un certo senso assuma una connotazione positiva, in quanto permette di togliere la risposta immediata, che si avrebbe con un discorso dal vivo, e permette di soffermarsi su quello che si sta dicendo/pensando. Quindi si può dire che la distanza nella lettera sia positiva per il mantenimento della relazione perché aiuta a soffermarsi su quello che si vuole esprimere. Inoltre la distanza può trasformarsi in una risorsa, perché permette di dire qualcosa che in presenza non saremo in grado di esprimere e di oltrepassare le difficoltà legate alla timidezza. La distanza però può essere anche negativa, in quanto significa potersi proteggere/prendere le distanze da altri, il rischio è quello di rinchiudersi in una fortezza solipsistica (isolamenti dell’io). 28. Pedagogie dei valori Verso la fine del 1800 nasce la pedagogia dei valori: Valore—> tutto ciò a cui l’uomo conferisce importanza. Agiscono come criterio di giudizio e valutazione delle azioni. Successivamente si ha un declino delle teorie valoriali, in particolare Weber ritiene che ci siano valori contrastanti e parla di “politeismo dei valori” (più idee di valori). Nella scuola di Francoforte, il valore è visto come una “copertura dell’ideologia dominante”—> forma di adeguamento allo stato delle cose. Il valore si può pensare in una prospettiva oggettiva e personale, - Prospettiva oggettiva: fattori comuni, condivisi, che diventano d’ispirazione per tutti, per la crescita delle persone (educazione alla pace, alla legalità,…) - Prospettiva personale: capacità personale di conferire senso e significato. Si intende quindi un percorso soggettivo, diventa un percorso personale. Gli studiosi che si soffermano sulla prospettiva personale, si chiedono come si sviluppa il senso morale. Ci sono stati diversi studi, il più importante è stato quello di Kohlberg: che si chiede come avvenga lo sviluppo del senso morale nelle persone. Il senso morale si sviluppa attraverso tre fasi: 1. Pre-convenzionale: Riguarda soprattutto i bambini. Quando ci si comporta in un determinato modo per paura delle conseguenze. (Es. Bambino che mette a posto la stanza per paura delle conseguenze) 2. Convenzionale: Riguarda i pre-adolescenti. Quando ci si comporta in un determinato modo perché lo fanno tutti (Es. Ragazzo che mette a posto la camera perché si fa così, hanno insegnato così) 3. Post-convenzionale: Riguarda gli adulti. Quando ormai si ha una normale morale, si sceglie in autonomia di comportarsi in un determinato modo. (Es. La persona sceglie di mettersi in ordine la stanza o lasciarla disordinata) Per costruire l’ultimo senso morale è possibile far riferimento ai dilemmi etici, racconti che mostrino posizioni differenti per far si che ci si ponga cosa sia giusto o sbagliato. 29. Stili educativi-limiti-qual è il migliore: Lo stile educativo è una modalità stabile di comportamento tra educatore e soggetto, definisce il clima del contesto in cui si svolge l’azione educativa. Questa nozione si deve a Lenin, che individuò 3 principali categorie: 1. Stile direttivo: caratterizzato da un grande rilievo dell’autorità intesa come autorevolezza non autoritarismo Rischio: procedure soffocanti e perdita di efficacia, inoltre si rischia di farlo sfociare in un autoritarismo 2. Stile non direttivo o della libertà: la priorità è lo sviluppo dell’io personale a partire dalla piena e autonomia valorizzazione delle risorse della persona. L’educatore è un organizzatore di esperienze. Rischio: che ci sia troppa libertà, trascuratezza e incapacità di sostenere la crescita 3. Stile relazionale o della cooperazione: attenzione all’autenticità e reciprocità del rapporto tra educatore ed educando. Rischio: che non ci sia una vera autenticità, in quanto la relazione può essere viziata da sentimentalismi o autoritarismi mascherati. Confusione dei ruoli (es. adulto-amico). Non c’è uno stile migliore, tutto dipende dal contesto e dalla situazione. 30. Azione valutazione/valutativa-quali sono i due piani? Quali sono le criticità? (Vedi domanda 10) 31. Maritain, obiettivo educazione (Vedi domanda 22) 32. Prospettiva liberal È una teoria individualista. Fa riferimento alla convivenza sociale e sottolinea che l’elemento principale del proprio lavoro debba concentrarsi sulla giustizia individuale. Convivenza civile=giustizia individuale. La convivenza sociale si realizza quando tutti i soggetti vengono considerati nella loro interezza. Quando si considera il singolo individuo e questo riesce ad esprimere se stesso. Punto principale della teoria e la “posizione originaria”, che è una condizione ideale per la tutela dei diritti personali in quanto nessuno conosce il proprio posto nella società, quindi nessuno è vantaggiato o svantaggiato dal caso naturale. Posizione originaria diversa da stato di natura Ciascun individuo è autonomo, capace di autodeterminarsi La società deve proteggere e tutelare l’azione individuale, rimuovere gli ostacoli che non consentono alla persona di agire. L’idea di educazione è la centralità del soggetto e della sua capacità di auto-determinarsi. I legami (familiari..) sono considerati in termini di debolezza, utili soltanto nel momento in cui consentono al soggetto di scegliere liberamente. 3 percorsi della pedagogia liberal: - Coltivazione dell’amore proprio: (savater, foucault, Demetrio), si concentrano sulle possibilità auto- formative del soggetto. Savater—> “IO=PRIMARIO COMPITO DI PRENDERSI CURA DI SE STESSO”. Scopo: vivere il proprio esserci, vita degna di essere vissuta Foucault—> parla delle tecnologie del sé (meditazione, memorizzazione, attività fisica…). Obiettivo: il buon rapporto con se stessi porta all’auto-determinazione Demetrio—> attraverso l’analisi della propria storia si impara apprendendo da se stessi. (Autoeducazione) - Visione cosmopolita dei rapporti umani: il compito dell’educazione è di coltivare un’individualità che possa far riconoscere l’individuo come “cittadino del mondo”. Idea universale di essere umano—> cittadino del mondo - Valorizzazione degli affetti e delle emozioni: elementi che permettono al soggetto di poter riuscire a individuare e cogliere le emozioni Questa prospettiva ha come criticità un’eccessiva auto-centratura del soggetto, come se non esistesse nient’altro che il soggetto, quindi il rischio è che l’educazione sia un semplice accompagnamento e che perda il proprio ruolo di essere anche una proposta. 33. Prospettiva comunitaria: l’attenzione è posta sul bene comune, raggiungibile solo se si accettano vincoli sociali ed etici che permettono di far parte e conservare la comunità. I comunitari ritengono che ciascun soggetto è sempre legato alle altre persone, ci sono dei vincoli di natura etica, sociale e culturale che lo legano agli altri. Ogni individuo non ha solo diritti, ma anche doveri—> responsabilità nei confronti degli altri. La comunità è l’anello che lega l’individuo e la società: - È luogo di vita ed educazione - Luogo che si pone a metà strada , come spazio intermedio tra individuo e sfera politica 34. Distinzione tra soggetto e persona in ambito educativo 35. Cap. 1 “educazione non è curare”, perché non è curare? (Fare educazione) 36. L’agire intenzionale-intenzionalità pedagogica-differenza intenzioni e iniziative Fa riferimento all’intenzionalità: un sapere dove voglio arrivare, senza raggiungere per forza l’obiettivo. Possiamo dire quindi che sia un agire mirato, l’azione umana viene fatta perché pensata, scelta e realizzata. L’agire intenzionale è espressione di: - Volontà: l’agire ha origine in una volontà che “muove” l’azione - Capacità: occorre confrontarsi con le risorse a disposizione - Responsabilità: azione va pensata come atto che andrà a confrontarsi con i risultati ottenuti L’intenzionalità è un agire - Cosciente di —> nel senso che è anticipazione che agisce sullo stesso agire, segnandone direzione e significato - Tendente a—> è sforzo che raccoglie volontà, capacità e responsabilità in un atto compiuto Inoltre struttura l’agire in - Intenzioni: prospettano scenari futuro - Iniziative: promuovono le intenzioni rendendole fattibili 37. Bertagna—> intenzionalità come regione Bertagna vede l’intenzionalità come un continente diviso in regioni: 1. Direzioni: questa prima regione si collega al concetto di atto mentale, perché tale atto implica sempre la presenza e consapevolezza di una direzione verso un qualcosa 2. Rappresentazione ed esecuzione di intenzioni: seconda regione, nell’uomo si manifesta la capacità di rappresentare mentalmente gli scopi da realizzare e i modi di realizzarli 3. Analisi formale delle rappresentazioni: terza regione, ci si chiede se i concetti concepiti nella seconda regione concretamente funzionano 4. Coscienza e autocoscienza: quarta regione, unifica tutti gli elementi precedenti. Non ci sarebbe nessuna direzione senza una coscienza che costituisca il luogo in cui questi elementi si rendono possibili. 38. Azione di mediazione-margiotta: caratteristiche insegnante di qualità L’educatore ha una funzione di mediatore, nel senso che si pone sempre a metà strada tra una realtà e l’altra. La mediazione è una forma costitutiva dell’intervento, fa riferimento ad un mettere in relazione il destinatario con una situazione. Implica che ci sia - Implicazione etica: fa riferimento ad una condotta che sia rispetto e promozione dell’umano - Etica professionale: riferimento della propria responsabilità nei confronti dell’altro. L’etica professionale si può dividere in tre livelli: - Responsabilità verso la professione: sono tenuti ad impegnarsi in un arricchimento continuo e costante del proprio bagaglio culturale - Responsabilità verso i destinatari dell’intervento: responsabili della relazione che si instaura con l’altro - Responsabilità verso la società: sollecitare la partecipazione dei destinatari alla vita sociale Margiotta ritiene che il concetto di “qualità dell’insegnante” si estende lungo 5 dimensioni: - Conoscenza degli specifici settori disciplinari e del contenuto dei programmi - Competenze didattiche, cioè padronanza di un repertorio di strategie didattiche e capacità di applicarle - Capacità di riflessione e di autocritica, visti come carattere distintivo della professionalità dell’insegnante - Empatia o capacità di identificarsi negli altri e riconoscimento della loro dignità - Competenza gestionale, dato che gli insegnati devono assumersi responsabilità gestionale La qualità dell’insegnante deve essere vista in modo olistico e globale. 39. Questione esemplarità (il dialogo) Esemplarità: l’educatore deve essere esempio delle virtù che incarna e delle cose che si aspetta. È importante dare delle regole, ma anche dare l’esempio e seguire quindi le stesse regole date all’educando. Bisogna che ci sia credibilità dell’educatore, che sia un esempio ammirevole, deve suscitare ammirazione ed essere imitabile: deve far vedere che i suo comportamenti sono alla portata di tutti. 3 caratteristiche: 1. Essere ammirevole 2. Essere raggiungibile/concreto 3. Essere motivante 40. Cosa ti è piaciuto in “per lettera”? In particolare mi è piaciuta la caratteristica della distanza, che è presente nella lettera: La lettera corrisponde ad un dialogo a distanza, si parla quindi di una conversazione a metà in quanto si svolge tra due persone distanti nello spazio e nel tempo. Il fattore distanza può sembrare un fattore negativo, in quando le persone non si trovano a comunicare nel “presente” e soprattutto nell’attimo. Ma si può dire che in un certo senso assuma una connotazione positiva, in quanto permette di togliere la risposta immediata, che si avrebbe con un discorso dal vivo, e permette di soffermarsi su quello che si sta dicendo/pensando. Quindi si può dire che la distanza nella lettera sia positiva per il mantenimento della relazione perché aiuta a soffermarsi su quello che si vuole esprimere. Inoltre la distanza può trasformarsi in una risorsa, perché permette di dire qualcosa che in presenza non saremo in grado di esprimere e di oltrepassare le difficoltà legate alla timidezza. La distanza però può essere anche negativa, in quanto significa potersi proteggere/prendere le distanze da altri, il rischio è quello di rinchiudersi in una fortezza solipsistica (isolamenti dell’io). 41. Che stile educativo individuano Gramsci e Florenskj? Gramsci è stato giornalista il dirigente politico del Partito comunista, mentre florenskij era fisico-matematico e filosofo russo, entrambi condividono l’anno di morte: 1937, Gramsci muore per le condizioni fisiche dovute all’incarcerazione, mentre florenskij muore per le esecuzioni mediante fucilazione. Un’altra caratteristica che gli accomuna e la paternità distanza, che si realizza in condizioni particolari di scrittura: lontananza forzata, censura della corrispondenza, quantità limitata di lettere che era possibile inviare e soprattutto stato psicofisico dei condannati. Nella corrispondenza tra Gramsci e la moglie si riesce a comprendere la visione educativa di Gramsci, il quale critica la moglie perché ha uno stile troppo “libero” con i figli e ritiene che debba essere più rigida e dura. La moglie però ritiene che sia difficile essere più rigida nei confronti dei figli perché si trova da sola e in un momento di depressione. Quindi per questo tende a lasciare più libertà e meno durezza. Gramsci inoltre ritiene che i bambini meritano di essere trattati come esseri dotati di ragione e che con loro si possa parlare seriamente di tutto, ritiene anche che spesso l’adulto dimentica di essere stato per piumò bambino e non ricorda quanto i piccoli gesti e attenzioni quotidiane possono essere fondamentali per stabilire un rapporto di fiducia. Gramsci si ritrova convinto della propria posizione: che bisogna dire i bambini dove si trova realmente perché non pensino di essere stati dimenticati, ciononostante accetta la posizione la moglie (la quale ritiene che sia importante non dire dove si trova il padre) in quanto convinto che è ancora peggiore creare interferenze contrastanti nell’educazione. Florenskij si avvicina al mondo della sua bambina con estrema sensibilità pedagogica, costruendo un atteggiamento curioso e attento, ma non accondiscendente. Florenskij riconosce la fatica della moglie Anna nel gestire il suo ruolo educativo da sola e la incoraggia a mantenere un clima familiare gioioso e sereno, inoltre riconosce in Anna un ruolo insostituibile per l’educazione figli e quindi anche la fatica di educare. Tiene conto delle possibili conseguenze della situazione che si è venuta a creare in seguito al suo arresto ed invita la moglie a continuare ad educare nonostante le difficoltà. Al momento del suo arresto la figlia di florenskij, Olga, ha circa 15 anni e si trova quindi nel pieno dell’adolescenza, molto interessante è l’atteggiamento di Florenskij verso questa fase: egli prende per mano Olga e l’aiuta a transitare in questo passaggio esistenziale, per mano e non in braccio perché non compie i passi al suo posto ma le resta vicino. Questo si può notare nel momento in cui Olga subisce un rallentamento, a causa della condizione del padre, che non le consente l’accesso agli studi universitari, ma florenskij la incoraggia a studiare momentaneamente da sola piuttosto che incoraggiarla a cercare un lavoro, inoltre cerca di sostenerla senza negarle la tristezza e cercando di contenere la rabbia di Olga rivolta alla sua insegnante di musica. Il consiglio paterno è quello di saper vedere e apprezzare la profondità di ciò che ci circonda nel presente, nel qui e ora, sviluppare la capacità di guardarsi attorno. 42. Morin Morin fa riferimento all’apprendimento nella complessità. In particolare sottolinea come la società contemporanea sia a-centrica, quindi senza gerarchie prestabilite. L’uomo deve imparare a convivere all’interno di sistemi complessi e a costruire logiche poli-disciplinari. Viene stimolato il “pensare senza mai chiudere i concetti”, quindi l’avventura della conoscenza-esigenza. Si parla quindi di una “mente ecologica”, ovvero la vitalità del pensiero umano, la sua capacità di muoversi nella possibilità di essere interattiva e di reagire. Per Morin il tempo è scandito da sfide continue ed educative, si parla quindi di una “riforma del pensiero”, che è affidata a due attitudini: - Attitudine generale: l’educazione deve risolvere i problemi e stimolare l’attitudine indagatrice, coltivando l’esercizio del dubbio - Attitudine a contestualizzare: padronanza dei processi di contestualizzazione, capacità di collocare in un contesto informazioni e dati e vedere come le conoscenze lo modifichino Si tratta quindi di un pensiero che interconnette, interconnessione tra i differenti campi di conoscenza 43. Character skills Sono state enunciate da Heckman, che ha un forte interesse per il futuro delle giovani generazioni e cerca di promuovere delle dimensioni valoriali, che riguardano il carattere delle persone. Sostiene che uno dei compiti dell’educazione è quello di promuovere le character skills, sviluppando i “big five”: 1. Coerenza nell’impegno—> capacità di mantenere gli impegni 2. Amicalità—> capacità di avere un atteggiamento amichevole 3. Coscienziosità—> capacità di porsi delle domande 4. Stabilità emotiva—> cspscità di gestire le emozioni 5. Visione positiva dell’esperienza—> capacità di cogliere in tutte le esperienze la possibilità di imparare qualcosa Fanno riferimento a tutto ciò che qualifica un individuo come lavoratore, cittadino e persona. Non basta identificarli, ma bisogna perseguirli sul piano personale per renderli concreti. 44. L’oggetto/concetto della diversità: L’attenzione educativa è sempre rivolta alla situazione considerata nei suoi particolari, che costituiscono la diversità con cui l’intervento educativo si misura. La diversità può presentarsi come: 1. Condizione da-conquistare: - Delimita: originalità, unicità e irripetibilità dell’identità umana - Si tratta di una diversità originaria, cioè una diversità che caratterizza l’essere umano in quanto tale. Quindi ognuno deve portarla a termine in quanto originalità, unicità e irripetibilità. 2. Diversità da tutelare o da coltivare: Sono le diversità implicite all’idea di genere, cultura e disabilità. - Diversità di genere: È esperienza della propria identità, fondamentale per la formazione dell’identità. Intreccia dimensioni, aspettative e significati diversi - Diversità culturale Fa riferimento alla compresenza in uno spazio di più gruppi di diverse culture, la cui diversità è spesso affrontata da un pregiudizio di inferiorità di una cultura dominante. Il pregiudizio tenta di reprimere la diversità altrui per negarla. L’agire educativo tenta di tutelare questa differenza culturale, affinché sia espressione dell’identità valore-umano La diversità culturale è da considerare come risorsa che alimenta il dinamismo della cultura. - Diversità disabilità Condizione per la quale il disabile presenta un’oggettiva anomalia (danni sensoriali, motori o fisici), portando a delle limitazioni. Nel confronto sociale il disabile vive la disabilità in termini di difficoltà nello svolgere compiti, in quanto è interpretabile come inaccessibilità in un mondo fatto secondo misure che non la comprendono. L’intervento è rivolto a queste diversità tratta di guardare alla disabilità secondo un approccio di pari opportunità, per favorirne integrazione sociale. Tutte queste diversità si confrontano con barriere che confinano e mettono da parte (discriminazioni e stigmazioni) La barriera che impedisce l’accesso di queste diversità si può abbattere: - Svincolando l’idea di diversità da quella di ostacolo (diversità diversa da ostacolo) - Affermando una prospettiva più ampia di integrazione Sono presenti anche diversità da prevenire o da normalizzare: cioè che esprimono comportamenti di disagio o di disadattamento e forme di devianza. Diversità che hanno carenza di rapporti adeguati con le figure educative. Il disagio presenta delle diversità, legate alle difficoltà nel riconoscersi e nel vivere secondo quanto implicato da un’identità. Difficoltà=condizione di malessere causato da una mancanza di integrazione nella rete di relazioni sociali. Disagio evolutivo—> il disagio è implicito nel processo che porta al compimento della propria identità. Si tratta di una difficoltà di “passaggio” ed è superabile. Disagio sociale—> fa riferimento ad una mancanza di integrazione che è conseguenza di una reale inadeguatezza Nel caso del disagio l’agire educativo ha il compito di intervenire come prevenzione. 45. Devianza-come la definisce Milani Con devianza si intendono atti e comportamenti he violano le norme sociali. È importante intervenire affinché si riesce ad attenuare - Distanze tra devianza e normalità - Per normalizzare i rapporti Disagio della devianza—> si tratta di una posizione presa per affermare la propria identità in modo non conforme alle norme etico-sociali. Tale presa di posizione è espressione di un giudizio che non riconosce nel sistema normativo un sistema giusto e uguale. Milan parla della devianza minorile, fa riferimento all’atto trasgressivo e ritiene che esso sia un atto comunicativo, in quanto attraverso l’azione deviante il soggetto esprime i propri bisogni legati principalmente alla costruzione dell’identità. La trasgressione del minore non è illogica (come invece si pensa quando di associa la minore età con l’immaturità), ma la risposta deviante del minore può essere una reazione a una realtà ingiusta, frustante o inadeguata. È necessario intervenire con la normalizzazione e con il controllo sociale per convertire il polo negativo della devianza con il polo positivo favorendo lo sviluppo delle dinamiche costruttive che lo inducano a trovare delle forme alternative di espressione del proprio disagio. 46. Agire competente Vedi domanda 14 47. Il dialogo: idea pedagogica di Buber Buber ritiene che l’uomo sia un essere dialogico, caratterizzato dal dialogare con gli altri. Ritiene che il dialogo sia il “tra”, quindi che permette di unire due persone (tra me e te c’è dialogo). Secondo Buber esistono due modalità di relazionarmi con gli altri: - Modalità io-tu: caratterizzata dalla reciprocità, cioè dal riconoscimento dell’altra persona che è diversa da me. - Modalità io-esso: caratterizza il modo che abbiamo di relazionarci sia con le persone che con le cose, perché in questa mdalità ci si relaziona all’altro trattandolo come se fosse una cosa. Buber all’interno del dialogo distingue 3 forme: 1. Dialogo tecnico: è un dialogo che avviene con una persona per capire un aspetto tecnico 2. Dialogo camuffato: quando si fa finta di dialogare, ma in realtà si sta facendo un monologo (io parlo, l’altra persona ascolta) 3. Dialogo genuino: caratterizza le relazione educative, perché per Buber è quello del dialogismo forte/il dialogo autentico. Quest’ultimo è caratterizzato da 3 aspetti: - Ricomprensione e contenimento: capacità che si ha di percepire il punto di vista dell’altro, senza annullare me stesso - L’apertura: riconoscere che l’altro è presente davanti a me e io devo essere aperto a lui e alle sue idee - Il silenzio: il dialogo è anche silenzio—> silenzio comunicativo, in quanto è uno spazio di ascolto: io parlo, ma c’è l’altro in silenzio che ascolta. Il dialogo non passa solo attraverso le parole, ma anche attraverso - Sistema cinesico: mimica facciale, contatto visivo, gesti… - Prossemica: come occupiamo lo spazio, che distanza manteniamo con l’altra persona quando le parliamo - L’Abdica: contatto fisico 48. Per lettera-Don Milani-di Tarso In per lettera si è visto come la scrittura è importante perché permette di educare e di auto-educarsi. In particolare si è visto come la scrittura assuma un valore importante per di tarso e Don Milani, in quanto entrambi hanno in mente la costruzione di una comunità e attraverso la loro corrispondenza epistolare vogliono costruirla, rivolgendosi proprio ad essa. Di Tarso Ritiene che scrivere serva per educare una comunità. Scrive per diffondere la fede nella comunità proponendo consiglio regole di vita e approfondendo le questioni dottrinali. Nelle sue lettere lo stile si adegua di volta in volta a ciascuna comunità e alle esigenze cui la lettera risponde, inoltre non appare come un amico assente ma più come la figura di padre, quindi le sue lettere sono confidenziali, ma non private perché rivolte ad un gruppo di persone e servono a mantenere i rapporti con i credenti di comunità lontane. Lettere confidenziali indirizzate non al singolo, ma ad una comunità per tenere i rapporti con i cristiani lontani. Si ritrova a comunicare con degli interlocutori da cui è separato sia dalla distanza geografica e successivamente anche dalla distanza temporale. Il primo obiettivo delle sue lettere è quello di essere presente nonostante l’assenza fisica e la lontananza. Si può dire quindi che la lontananza diventi occasione per attenuare la figura del portatore del messaggio e suscitare adesione al contenuto trasmesso. Il ruolo delle lettere è quindi quello di costruire e consolidare la comunità cristiana. Don Milani invece scrive per continuare ad educare. Si offre come figura-ponte tra intenzionalità formativa e l’educazione informale attivata tramite corrispondenza. Ha instaurato un rapporto “paterno” ma senza sostituirsi alla figura della famiglia, infatti spinge i ragazzi a scrivere ai genitori e aiutarli nel sostentamento della famiglia. Il mittente nelle sue lettere è collettivo, ovvero i ragazzi della sua scuola (grandi) che venivano mandarti lontani per fare esperienza, lavorare e studiare. Nelle corrispondenze vi sono raccomandazioni, preoccupazioni, richieste di avere notizie per continuare a partecipare alla vita dei ragazzi. Ha un’educazione continua, tutti i fatti gli servono per insegnare e la relazione asimmetrica lavora per l’indipendenza dei ragazzi, con il tempo l’educatore si fa da parte e invita i ragazzi a prendere decisioni in autonomia. Fa riferimento soprattutto alla scuola di Barbania, nella quale aiuto educare le classi più povere e in particolare i bambini poveri che non poteva andare a scuola. Scrive e attraverso la parola riesce a portare una sorta di emancipazione, in quanto essa genera, libera ed emancipa. 49. Scritturite Per scritturite si intente un eccesso di scrittura in educazione, che può trasformarsi in una pratica meccanica, ripetitiva e omologante senza essere in grado di dare seguito ad un agire coerente con ciò che si è scritto. Quando lo scrivere diventa uno scrivere automatico, slegato dall’evento e diventando un atto burocratico. 50. Responsabilità dell’educazione 51. Differenza tra fine e obiettivo Fine: nel fine l’azione educativa agisce in relazione ad un’idea che è scelta e pensata per orientare l’intero processo di trasformazione. Quindi fine—> idea che guida nel processo educativo e porta a far emergere dei valori - Orienta tutto il processo - Non va confuso con il punto di arrivo, ma piuttosto è una cosa che sta all’interno: è posto in ogni fase del processo - Domanda principale: “per che cosa?”—> ci aiuta a scegliere nella concretezza - Può essere soggettivo/personale e quindi svolgersi su un piano individuale Fine—> idea astratta che orienta l’azione, ci aiuta a scegliere come fare le cose Obiettivo: Nell’obiettivo l’azione educativa agisce in relazione a dei traguardi. Obiettivo—> corrisponde a dei traguardi attraverso cui avanza il processo educativo - Ogni obiettivo identifica un contenuto che è verificabile e misurabile - Ogni obiettivo è esauribile: una volta raggiunto non è più valido e deve essere sostituito con un altro traguardo - Obiettivo: deve essere definito e raggiungibile (risponde al criterio di efficacia) - Si pone a metà strada tra il fine e la situazione particolare - Grazie all’obiettivo si possono organizzare le azioni, selezionare gli strumenti e valutare l’avanzamento del processo 52. Come si definiscono gli obiettivi-Pellerey Pellerey ritiene che per la determinazione degli obbiettivi, vengano percorse tre strade: - Discentende: detta anche deduttiva o analitica, tende ad identificare progressivamente obiettivi sempre più particolari e precisi—> sotto obiettivi - Ascendente: detta anche induttiva, tende a far emergere un quadro di obiettivi coerenti con finalità proprie dell’istituzione nella quale si opera - Integra ascendente+discendente: si basa sul concetto di bisogno educativo, inteso come distanza tra esistente tra una situazione “quale dovrebbe essere” e la situazione “qual è” La determinazione degli obiettivi prevede che ci sia una scelta di quadro, una scelta di finalità educative congruenti con i soggetti e occorre determinarne anche l’importanza, costruirne una struttura ordinata 53. Bruner Lo si trova nelle pedagogie dell’apprendimento, in particolare nel cognitivismo, il quale indaga il come il soggetto apprende. Ritiene che la conoscenza più efficace sia quella che riproduce il processo di scoperta scientifica, mediante l’attivazione di uno sforzo induttivo Finalità: portare l’allievo alla capacità di apprendere in modo personale, il ruolo dell’insegnante e quello di stimolatore dell’attività esploratrice. Ci sono varie tipologie d’intervento: - Didattica della ricerca (apprendimento per scoperta): l’allievo sperimenta i passaggi dell’indagine scientifica attraverso la maturazione di abiti mentali di tipo esplorativo-critico. - Strutturalismo didattico (didattica strutturale): sistemazione della didattica entro un contesto che consenta di razionalizzare e trasferire il risultato raggiunto. Tre strutture: 1. Disciplinari 2. Cognitive 3. Didattiche Importante che l’insegnante offra strumenti con il quale il soggetto apprenda. Bruner insiste sull’importanza del sapere e della conoscenza (altro cognitivista: ausbel—> privilegia la conoscenza pragmatica, per lui è fondamentale la nozione di struttura cognitiva: insieme delle conoscenze possedute dal soggetto da collegare con nuove informazioni attraverso processi di analisi e sintesi) 54. Freire (vuole il collegamento di “studiare pedagogia” con “per lettera”) Freire è uno dei pedagogisti della parola insieme a Don Milani. Lavorano entrambi sulla parola e sull’emancipazione che passa dalla sua conquista. Freire si reca in molti paesi in via di sviluppo e ritiene che la parola sia ciò che consente ad una persona di cambiare la propria visione del mondo. Es. Adulti del Brasile Ritiene che attraverso l’alfabetizzazione avvenga la trasformazione del mondo: grazie a leggere e scrivere si impara a percepire che la propria posizione sia una condizione che può essere trasformata—> no condizione stabile La parola non è solo uno strumento per comunicare, ma espressione di dignità della persona Parola—> genera, libera, emancipa (Per lettera) imparare a scrivere significa imparare a posizionarsi nella realtà, freire infatti ritiene che l’analfabeta veda il mondo in un modo, una volta che impara a leggere e/o scrivere lo vede in un altro. Quindi è importante l’apprendimento, che è il primo rapporto che si trova tra scrittura ed educazione 55. Rapporto scrittura ed educazione Tra scrittura ed educazione ci sono tre tipi di rapporti: 1. Un primo rapporto di apprendimento: imparare a scrivere significa imparare a posizionarsi nella realtà, infatti imparare a leggere e/o scrivere dovrebbe darci la possibilità di leggere il mondo in modo diverso, dandoci una nuova visione del mondo e della realtà 2. Un secondo rapporto scrivere per educarsi: La scrittura è una pratica autoformativa, permette di riflettere su se stessi e sulle cose che si fanno. C’è un limite: il rischio di chiusura e di rifugiarsi in un’esistenza parallela ( il vero me è quello che c’è nel diario). Quindi che diventi una forma di rifugio, mentre serve per andare oltre se stessi diventando ricca di spunti educativi 3. Un terzo rapporto: scritture professionale Spesso si scrive per rendere visibile quello che si è fatto in ambito professionale (scrivere una relazione sul proprio lavoro). Il ruolo delle scritture professionali è importante perché nel momento in cui si scrive, si coglie una riflessione, si ripensa a quello che si è fatto e diventa quindi un’occasione per imparare dall’esperienza. Rischio: scritturite: quando lo scrivere professionale diventa uno scrivere automatico, quindi slegato dall’eveto e si trasforma in una procedura burocratica —> scrittura diventa un atto burocratico 56. Scrittura di sé e per sé (?) Il rapporto di educazione e scrittura può essere occasioni di auto-educazione: può dare vita ad un processo di in-significazione del passato e costruire un ampliamento dell’esperienza declinata al futuro. Si rischia che questo esercizio sfoci nell’intimismo e quindi nello scrivere di se e per se. 57. Cos’è la relazione educativa È la condizione di possibilità di un cambiamento che ha valore trasformativo e di confronto con l’altro È caratteristiche: - Orienta: in quanto viene proposta una direzione verso l’ordine per il quale agire - Pone delle domande: in quanto aiuta il soggetto a farsi delle domande (es. chi voglio essere?” - Richiama una risposta: l’azione educativa deve compiersi in una risposta, in mancanza di essa non è possibile avanzare nel processo educativo La relazione educativa è espressione di 1. Originarietà: tramite il rapporto con l’altro avviene una crescita che porta il soggetto a costruirsi un’identità autentica 2. Reciprocità: la relazione non è a senso unico, ma è presente uno scambio che permette un confronto 3. Processualità: la relazione è compresa in una dimensione in divenire, richiede un inizio e comporta tutte le dinamiche di una realtà in trasformazione 58. Azione di istruzione Si concentra sulla capacità di apprendimento Si articola in: - Capacità di acquisire conoscenze: imparare qualcosa - Capacità di rispondere alle sollecitazioni dell’esperienza: rispondere alle “sfide” della realtà a partire da ciò che si è imparato Si svolge attraverso una complessa attività: 1. Acquisizione: l’obiettivo è l’apprendimento della conoscenza o il cogliere una conoscenza all’interno della rete di conoscenze. Conoscenza—> ognuna è il punto di arrivo di una serie di conoscenze legate tra loro 2. Organizzazione: articolata in funzioni di - Pianificazione—> attenta alla preparazione della situazione di apprendimento - Gestione—> indicazioni di possibili direttive per l’apprendimento futuro 3. Valutazione: rivolta a misurare i risultati dell’apprendimento e a esprimere il peso e il valore dei risultati raggiunti L’azione di istruzione risponde a particolari condizioni: - Interne: riferimento alle capacità già possedute da colui a cui è rivolto il processo di istruzione - Esterne: condizioni predeterminate 59. Spazio dei pari- peer education —>Il gruppo dei pari identifica lo spazio nel quale adolescenti e giovani compiono esperienze di passaggio necessarie, inoltre risponde al bisogno di stare insieme per comprendersi e confermarsi reciprocamente. —>Attività che caratterizzano il gruppo dei pari: 1. Emancipazione: provata in uno spazio perché misurato sul confronto con pari che, vivendo stesse paure, possono comprendersi e accertarsi per come sono - Spazio che agevola l’ascolto, confronto e la condivisione dei vissuti - Passaggio all’autonomia graduale - Si condividono le difficoltà del “far da soli” 2. Accettazione: le dinamiche tra pari vivono di confronti che facilitano un processo di accettazione di sé attraverso il riconoscimento da parte di altri 3. Protezione: il cambiamento porta con sé incertezze e paure. È nel gruppo che si ritrovano la sicurezza e la forza —>Il gruppo dei pari è spazio esperienziale comune: è esperienza di gruppo, mediante il gruppo. In gruppo ci si scopre diversi da e uguali a: si inizia a tracciare quello che sarà il proprio modello di vita. —>nasce da una condivisione affettiva: è il legame d’amicizia a sostenere e incoraggiare questa fase di costruzione d’identità In quanto esperienza di passaggio è anche uno spazio di transizione a condizione problematiche o trasgressive: il gruppo può essere origine del comportamento trasgressivo. Sono i casi in cui si degenera in “cattive compagnie” all’interno delle quali i rapporti orizzontali perdono carattere di parità e si lascia spazio ad aggressività e violenza. Gruppo dei pari caratterizzato dal —>rapporto peer to peer: canale di conoscenza di straordinaria rilevanza. Le diverse informazioni assumono particolare eco quando sono veicolate da una rete di relazioni “orizzontali” fondate su amicizia, confidenza e fiducia reciproca. 60. Fantasmi dell’educazione: Questo concetto è stato utilizzato per la prima volta da Enriquez per fare una sintesi delle possibili autorappresentazioni che ognuno può avere rispetto alla relazione educativa. Si intente quindi che ognuno ha una propria rappresentazione del proprio lavoro, in quanto essa si costruisce tramite l’esperienza. Quindi ognuno ha un proprio fantasma, avere questa rappresentazione non è una cosa negativa perché: - Ci permette di capire se siamo vicini ad un fantasma piuttosto che ad un altro - Conoscere i punti di forza - Conoscere i punti di debolezza —>ognuno ha un’auto-rappresentazione, cioè una certa idea di quale sia il proprio ruolo. 1. Primo fantasma (il formatore): - Immagina il proprio lavoro come quello di un educatore che è un formatore, quindi come colui che è capace di dare una buona forma all’altro. - L’altro: visto come una persona imperfetta—> educatore ha il compito di dare una buona forma - Educatore: ha dei punti di forza, in quanto è sicuro di sé e ha bene in mente una forma ideale - Rischio: quello di inseguire il modello che ha in mente e di perdere quindi di vista la persona 2. Secondo fantasma (il terapeuta) - Immagina il proprio lavoro come quello di un terapeuta - L’altro: visto come una persona che ha delle mancanze - Punti di forza: coglie con attenzione l’azione riparativa - Rischio: non è detto che tutti vogliano essere guariti, rischiamo di pensare la persona solo in termini di ciò che non sa fare 3. Terzo fantasma (il maieuta) - Educatore che vede sempre del buono - Compito: far emergere le parti buone - Rischio: che non i vedano i difetti - Punti di forza: educatore sempre aperto al confronto con l’altro, speranzoso - Rischio: che possa diventare iper protettivo 4. Quarto fantasma (l’interpretante) - Educatore che scava sempre a fondo, cerca di interpretare ad ogni costo - Punto di forza: ottimista - Rischio: quella di perdersi nelle proprie interpretazioni 5. Quinto fantasma (il militante) - Colui che vuole agire, spaccare il mondo. Guidato da una spinta ideologica al cambiamento - Ritiene che tutto il male sia situato nel mondo e che l’educazione ne sia una vittima - Punto di forza: grande spinta ideologica - Rischio: parte con una grande spinta, ma quando trova difficoltà si ferma 6. Sesto fantasma ( il riparatore) - Educatore che fa diventare i problemi degli altri i suoi - Coglie la sofferenza dell’altro - L’altro visto come una persona che soffre, che sta male - Punto di forza: coglie la sofferenza dell’altro - Problema: si addossa autonomamente la responsabilità di risolvere i problemi dell’altra persona - Rischio: non rende autonomo l’altro e risolve lui i suoi problemi 7. Settimo fantasma (il trasgressore) - Colui che legge ed interpreta tutte le regole come un qualcosa che soffoca la libertà delle persone. - Regola=elemento di soffocamento - L’altro: visto come qualcuno che deve essere liberato - Punto di forza: funzione liberatrice - Rischi: perdere il senso delle regole, cioè che sono un qualcosa che regola 8. Ottavo fantasma (il distruttore) - Educatore che distrugge al posto di guarire - Punto di forza: sorveglia e punisce - Rischio: fa appassire l’altro 61. Dewey- quando l’esperienza è educativa? Dewey nel 1938 scrive “esperienze ed educazione”, in cui afferma: - Che non esiste educazione senza esperienza - Che non tutte le esperienze sono educative Questo vuol dire che non basta fare esperienza per essere educati, è una condizione necessaria ma non sufficiente. Dipende dalla qualità dell’esperienza: Le esperienze che non hanno determinate qualità non sono educative. I criteri di questa esperienza per Dewey sono due: 1. Principio di continuità: un’esperienza è educativa quando apre ad altre esperienze, sia che esse siano piacevoli o sgradevoli, in quanto anche quelle sgradevoli sono ampiamente educative —>non è educativa l’esperienza che finisce in se stessa 2. Principio di interazione: un’esperienza è educativa nel momento in cui avviene un confronto diretto tra soggetto e realtà. Permette un confronto diretto con la realtà Il confronto diretto con la realtà non avviene nel momento in cui non facciamo concretamente quello che pensiamo. Idealmente facciamo esperienze, concretamente no. Quindi Dewey parla di “imparare facendo” (Smetterla di far vedere ai bambini come cresce un fiore solo dai libri, ma farlo vedere realmente.). Ma questo non basta, si apprende davvero così capisce il perché di quello che si sta facendo. Quindi l’esperienza educativa quando fa scattare una riflessione di quello che si fa. 62. Concetto di educazione - L’educazione è l’azione con cui l’uomo interviene sul processo di cambiamento per trasformarlo: - L’azione educativa compie questa trasformazione perché: 1. Spinge oltre: invita l’uomo a trasformarsi 2. Richiama: l’attenzione per la trasformazione 3. Respinge: valuta e seleziona le differenti possibilità - Il termine “educazione” fa riferimento a due nuclei semantici: —>edere: movimento da esterno verso l’interno —>educare: movimento da interno verso l’esterno Il giusto concetto sta nella tensione dialettica (le due dimensioni devono coesistere), essa si traduce in 2 codici comportamentali: —>materno: accoglie, protettivo ( da esterno verso interno) —>paterno: riconosce le capacità dell’individuo (da interno verso esterno) Non si sa il momento esatto in cui bilanciare i codici, sta a noi applicarli a seconda della situazione. - L’educazione lavora con un’azione che è: —>proposta: la trasformazione avviene in seguito ad un’azione che pone davanti al soggetto un materiale che lo coltiva e alimenta (dall’esterno verso l’interno) —>promozione: colui che cambia risponde e si fa avanti (dall’interno verso l’esterno) —>quindi l’azione educativa è trasformativo perché propone per promuoverepersonale: struttura e consolida le capacità che costituiscono l’originalità e autenticità di ciascuno —>relazionale: c’è sempre un confronto con l’altro e unicamente in questo confronto si può crescere —>culturale: orienta i cambiamenti sulla base dei valori che caratterizzano la tradizione di una determinata società —>situazionale: si tratta di un’azione radicata nella situazione particolare. Dipende dalla situazione in cui ci si trova - 3 campi dell’azione educativa: 1. Formale —> comprende attività che propongono e promuovono secondo un ordine progettuale. Opera in tutte le istituzioni che hanno compiti e obiettivi specifici (es. istituzioni scolastiche) 2. Informale—> è propria della quotidianità (continua occasione di esperienze). Sono azioni che non hanno intenzionalità educativa e che non sono comprese in alcun progetto. Portata educativa: implicita e silente (es. contenuti di canzoni) 3. Non formale—> agisce intenzionalmente e progettualmente. Campo d’azione: extrascolastico (attività sportiva, volontariato…) 63. Competenza pedagogica 64. Dimensione situazionale 65. Differenza tra procedure e competenze 66. Guardini- la credibilità di chi educa Guardini pone l’accento sull’incontro e si parla quindi della pedagogia dell’incontro. Ritiene che l’educazione sia innanzitutto un incontro tra persone, dove si prospettano delle dignità e dove si hanno delle responsabilità. Prevede due tipi di incontro: 1. Incontro persona-persona: manifestazione del livello più alto della forza umanizzatrice e quindi educatrice 2. Incontro con Dio: incontro che va al di là dell’esperienza umana, le da senso e la giustifica 67. Freire, essere condizionati o determinati? Freire parla dell’ incompiutezza dell’essere umano, propone quindi una riflessione partendo dall’identità dell’uomo, che è “da fare”. L’incompiutezza dell’essere umano è propria dell’esperienza vitale, quindi non è mancanza, ma è un bene perché sinonimo di vitalità. Nel testo spiega come a lui piaccia essere persona perché significa essere incompiuto e non determinato, quindi il destino non è prefissato e si trova in una condizione di scelta e cambiamento. Quindi tra l’essere condizionati o determinati è meglio essere condizionati, in quanto ce sempre una possibilità di scegliere da cosa essere condizionati, mentre non è meglio essere determinati perché è come se avessimo già una nostra identità e un destino già scritto, senza possibilità di scelta. 68. Buber- idea di pedagogia Vedi domanda 48 69. Osservazione di Platone nei confronti della scrittura Platone ritiene che la scoperta della scrittura produce la dimenticanza e l’oblio, questo perché scrivere rinsecchisce la memoria, non rende sapienti ma fa credere di esserlo. La parola scritta resta muta, non sa difendersi o spiegarsi da sola, ma ha bisogno che il proprio autore la accompagni. La parola, soprattutto nell’antica Grecia, è un confronto che si perde nel momento in cui si scrive perché non si è di fronte all’interlocutore.