Pedagogia Generale PDF
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This document explores the concept of pedagogy, examining it as a science focused on educational values and the educational process throughout life. It covers various aspects, including the study of cognitive processes, different approaches to education, and historical influences like the Enlightenment. The text discusses key figures and periods in educational history. It dives into how to improve and understand different types of education.
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pedagogia COSA È LA PEDAGOGIA ? È una scienza che si occupa di studiare i valori educativi; si occupa dell’educazione come processo di relazione sia nell'infanzia, sia nel ciclo della vita. Si occupa di insegnamento e formazione in tutte le fasi della vita: studia anche i processi cognitivi ed è un...
pedagogia COSA È LA PEDAGOGIA ? È una scienza che si occupa di studiare i valori educativi; si occupa dell’educazione come processo di relazione sia nell'infanzia, sia nel ciclo della vita. Si occupa di insegnamento e formazione in tutte le fasi della vita: studia anche i processi cognitivi ed è una scienza che si origina dalla filosofia. È una scienza che si procura il suo sapere (il modo in cui pensiamo noi deriva dalla mia educazione e dalla mia esperienza). La pedagogia viene sviluppata attraverso fonti naturali teoriche (base empirica). Educazione: progettare attività educative che hanno un fine attraverso il quale il bambino che le sperimenta sarà migliore. Quale è il metodo migliore per educare un bambino? & FASI DELLA PEDAGOGIA La Pedagogia usa 3 fasi: 1. DESCRITTIVA: esprimere un fenomeno e prendere dei dati 2. INTERPRETATIVA: interpretarlo e dargli un significato 3. COSTRUTTIVA: trasformarlo e mettere in atto obiettivi ↓ Esempio: Quale è la causa della tossicodipendenza? —> Fuga dalla realtà, insicurezza, rapporti difficili Cosa fare? 1 fase: mi informerei sulla persona che ho davanti e raccoglierei tutti i dati possibili (fini descrittivi) 2 fase: analizzo bene i miei dati e intraprendo tutto (motivo per cui è qui, come ci è arrivato) 3 fase: parte pedagogica: analizzati i dati propongo degli obiettivi per capire non chi è, ma chi deve essere e chi può e chi deve diventare. IL SETTECENTO Il settecento ha portato una profonda trasformazione nella pedagogia, in particolare con l’opera di Locke che ha posto l’educazione come strumento di formazione della mente e della morale di ogni individuo borghese. Locke enfatizza la sovranità dell’individuo e il potere quasi divino della mente, suggerendo che la formazione intellettuale e morale dipenda dall’associazione delle idee. Queste teorie saranno riprese da Cadillac e Rousseau influenzando la cultura pedagogica del ‘700. IL dibattito del secolo riguarda il rapporto tra natura e cultura, la cultura viene vista come fondamentale per la pedagogia, che diventa uno strumento per cambiare e migliorare la società. L’illuminismo inoltre gioca un ruolo fondamentale in questo processo, facendo della pedagogia uno dei motori principali della trasformazione sociale. Sono infatti gli illuministi a delineare un rinnovamento ai fini dell’educazione con nuovi metodi ed istituzioni. In Europa si sviluppò un movimento di riforma in campo pedagogico che influenzo sia le teorie educative sia le istituzioni ma in forme differenti nelle diverse aree nazionali: La Francia, nonostante fu l’epicentro teorico di questo movimento di idee, non realizzò nessun cambiamento di rilievo nelle sue istituzioni educative restando legata alla tradizione fino alla rivoluzione L’Inghilterra rimase in buona parte estranea a questa fiamma innovatrice Prussia e Austria si affermarono come il punto centrale delle riforme scolastiche in ogni ordine e grado che si adattarono alla nascente società capitalistica L’Italia delineò una trasformazione del panorama educativo negli stati più avanzati della penisola (Toscana,Lombardia e regno di Napoli) che mostrarono un interesse per il miglioramento dell’istruzione e per adattare la scuola alle esigenze sociali e culturali dell’epoca. In Francia, l’illuminismo produsse teorie pedagogiche innovative, sostenute da pensatori come Chalotais, Diderot e Voltaire che criticarono il modello educativo dei Gesuiti e promuovevano una cultura più orientata alla scienza, alla storia e all’educazione civica. Condillac sviluppò un approccio basato sulle sensazioni come base per la formazione di idee, mentre Rousseau offrì una visione educativa rivoluzionaria. In Germania la riforma educativa si consolidò verso la fine del secolo con contribuiti di Basedow, Lessing, Herder e Kant, che introdussero modelli pedagogici filosoficamente profondi. In Prussia e in Austria lo stato assunse il controllo dell’istituzione, con riforme che miravano a creare scuole e università moderne, regolamentate e adattate allo sviluppo sociale ed economico. In Italia il movimento pedagogico illuminista si concentrò sulla creazione di un’educazione pubblica, laica e accessibile a tutti, legata al progetto delle riforme politiche del tempo. Gli illuministi italiani sostenevano che l’educazione potesse promuovere l’impegno civile e la prosperità degli stati, insistendo sulla formazione in scienze e competenze pratiche anziché sulle tradizionali materie umane (istruzione moderna, legata alle esigenze della nuova società borghese). In particolare a Napoli, Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri propongono riforme educative. Genovesi sosteneva l’importanza dell’educazione come strumento per formare l’individuo e valorizzò l’uguaglianza. Propose l’istituzione di una scuola elementare gratuita e di una culla media focalizzata su matematica e fisica, evidenziando l’importanza le senso e della fantasia nella formazione infantile. Mentre Filangieri, influenzato da Locke e Rousseau, delineà un piano di educazione pubblica differenziata, egli sosteneva che le scuole dovessero essere aperte e dirette dallo stato, ma articolate in orientamenti differenziati per le diverse classi sociali —> le due fondamentali classi sociali erano le seguenti: quella produttiva: che raccoglie lavoratori, sarà formata in una scuola dai 6 ai 18 anni nella quale un ruolo centrale sarà occupato dal lavoro e l’istruzione intellettuale sarà limitata a leggere, scrivere e alla conoscenza delle normi civili. Questa scuola dovrà formare cittadini laboriosi e attenti al rispetto delle leggi quella improduttiva: comprende gli amministratori e gli intellettuali, questa scuola avrà un’educazione prevalentemente umanistica attraverso un’istruzione che segna “il piano ineffabile della natura”—> egli sosteneva che l’educazione fosse divisa in 4 tappe principali, che segue l’ordine naturale di sviluppo delle facoltà umane —> 1. PERCEZIONE che avviene nei primi anni di scuola secondaria, l’insegnamento dovrebbe stimolare la percezione sensoriale incoraggiando i giovani a osservare e comprendere il mondo circostante attraverso i sensi. 2.MEMORIA (nei 3 anni) 3.IMMAGINAZIONE. 4. RAGIONE. 2.ROUSSEAU: IL PADRE DELLA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA Nel settecento, periodo di grandi innovazioni nella filosofia dell’educazione, Rousseau emerge come la figura decisiva per la pedagogia moderna, portando una “rivoluzione copernicana” mettendo al centro della sua teoria il bambino. Rousseau si opponeva alle tradizionali idee educative dell’epoca, enfatizzando l’importanza dell’infanzia come fase naturale e buona. Egli vedeva il bambino come una persona socievole, autonoma e in evoluzione. Elaborò una nuova immagine dell’infanzia come articolata in tappe evolutive tra loro diverse per capacità cognitive e atteggiamenti morali; teorizzò una serie di modelli educativi —> due principali: quello rivolto all’uomo e quello rivolto al cittadino, posti come alternativi e complementari e come vie possibili per attuarie il rinaturamento dell’uomo. Il suo pensiero pedagogico è strettamente legato alla sua visione filosofica e politica, in cui indaga le origini del “male” nell’uomo, identificando la causa principale nella società, che allontana l’uomo dallo stato di natura. Rousseau proporne che il rimedio a questo male risieda in una organizzazione sociale basata sul “contratto sociale” che favorisce l’uguaglianza e la comunità. La pedagogia diventa quindi uno strumento per raggiungere una società più equilibrata e un uomo “rinaturato” come esemplificato nel suo lavoro “Emilio”. La sua visione è parte di un progetto più ampio di riforma antropologica e sociale, in cui la politica e l’educazione sono inseparabili e l’una alimenta completamente l’altra. In Rousseau la pedagogia è essenziale per il ritorno dell’uomo alla sua condizione naturale. Jean-Jacques Rousseau nacque a Ginevra nel 1712 e visse una vita segnata da viaggi e cambiamenti. Dopo una formazione culturale a Les Charmettas, a Savoia, nel 1970, iniziò a lavorare come precettore, poi a Parigi e a Venezia. A Parigi conobbe i filosofi dell’epoca, tra cui Diderot, e scrisse opere teatrali e musicali. Rousseau promuove un’educazione che mira a formare l’uomo secondo la sua natura, con un equilibrio tra libertà e autorità e con l’obiettivo di rinnovare la società attraverso un ritorno a principi più autentici e naturali. I temi centrali della pedagogia di Rousseau, come il puerocentrismo, l’apprendimento motivato e la dialettica tra autorità e libertà, sono alla base della pedagogia dalla presa della Bastiglia (14107/1782) contemporanea. e Segnata 3.LA RIVOLUZIONE FRANCESE E L’EDUCAZIONE: PEDAGOGIA,SCUOLA,VITA CIVILE. Il periodo della rivoluzione francese (1789-1795) segna una profonda trasformazione del sistema educativo in Francia, influenzata dalle idee dei philosophes e dalle richieste di un’educazione nazionale. Dopo l’89 si sviluppano modelli educativi innovativi che pongono la scuola come strumento di formazione civile e politica. Durante la Rivoluzione si realizzano 3 fasi significative di riforma: 1. FASE INIZIALE (fino al ‘91-‘92): un progetto di riorganizzazione dell’istruzione con l’obiettivo di creare una scuola pubblica, gratuita e laica. Condorcet, con il suo progetto, propone una scuola che favorisca l’uguaglianza tra i cittadini e che valorizzi la cultura scientifica. Il progetto fissa 5 gradi di scuola: le scuole primarie, quelle secondarie, gli istituti, i licei e le università. Questo progetto però, come quello di Talleyrand, morì sul nascere in quanto l’assemblea, dopo l’incalzare degli avvenimenti, tentennò l’attuazione. In questa prima fase si fissarono i principi della pedagogia rivoluzionaria e il quadro organico della riorganizzazione della scuola su scelta nazionale. 1. FASE GIACOBINA (1793): viene presentato all’assemblea il progetto di Le Peletier che esprime il punto di vista dei giacobini e teorizza un’educazione di maschi e di femmine (dai 5 ai 12) in collegi di stato, separando i bambini dalle famiglie e ponendoli in una comunità che doveva formarli secondo modelli di virtù civile e di opposizione alla società corrotta del tempo. —> creare un nuovo popolo attraverso un’educazione collettivista e conformatrice. Questo progetto fu ampliante criticato in quanto artificiale e macchinoso e, inoltre, perchè andava contro le leggi naturali. 2. FASE POST-TERMIDORE (1794-1795): vengono introdotte scuole speciali per formare tecnici e una nuova struttura che prevede una scuola primaria locale, senza obliquo di frequenza ma con programmi semplificati. Si creò una scuola centrale per l’insegnamento di lettere,arti e scienze articolata in 3 bienni (dai 12 ai 18). Anche in questo caso l’obiettivo era creare cittadini utili e attivi nello stato. Fu importante anche la reazione di una scuola Normale per preparare i maestri con corsi intensivi. Accanto alle riforme scolastiche, la Rivoluzione mette in atto un'intensa educazione civile, attraverso catechismi laici, feste nazionali e riti collettivi, per promuovere i valori repubblicani e creare un "sentimento nazionale". Il teatro, la pittura e la poesia diventano strumenti di educazione ideologica. Durante l'era napoleonica, il sistema educativo si diffonde in Europa, con riforme che adottano principi di laicità, obbligatorietà e gratuità dell'istruzione, creando un sistema scolastico centralizzato e statale. In Italia, nella Repubblica Cisalpina, e nel Regno di Napoli si realizzano riforme simili, con l'obiettivo di formare cittadini civili e patriottici. Le riforme napoleoniche consolidano un sistema educativo che diventerà un modello per l'Europa, segnando l'inizio di un'istruzione pubblica centralizzata, laica e orientata alla formazione di cittadini attivi nello Stato. ILLUMINISMO Tutta l’Europa fu attraversata da un vento riformatore in ambito pedagogico —> Francia epicentro ↓ rinnovamento educativo Rinnovamento dei metodi Rinnovamento delle istituzioni Riorganizzazione della scuola -1700 ILLUMINISMO : aspetti principali Francia epicentro di questa trasformazione Le idee si diffusero attraverso biblioteche, scuole pubbliche, grandi caffè e salotti privati, libri, opuscoli e giornali Il significato del termine illuminismo era illuminare le menti attraverso la Ragione e la Scienza. Le idee dell’illuminismo erano infatti: - ragione: ciascun individuo è dotato di mente razionale - ragione come strumento per verificare le conoscenze - deismo i principali filosofi illuministi furono: Montesquieu, Voltaire e Rousseau JEAN-JACQUES ROUSSEAU Il pensiero pedagogico di Rousseau —> pensiero che si interroga sull’origine del male dell’uomo (malessere e snaturamento). Le cause di questo male sono individuate nella società —> avvenuto tramite la divisione del lavoro e la proprietà privata. In questo allontanamento dello stato di natura dell’uomo viene riconosciuta la via del rimedio, qualora si organizzi secondo l’idea di contratto e vi riattivi la possibilità di ricostruire un uomo nuovo. la realtà storica, la diagnosi e la spiegazione di quel che l’uomo è divenuto (corrotto e ingiusto. Natura=bene , società= male) L’umanità, quale è può deve essere ancora nel nuovo Stato nel quale essa è entrata da secoli, lo Stato sociale !Rousseau fonda un modello di educazione che sarà un punto di riferimento. Mette al centro una visione puerocentrica. Si farà influenzare dall’ illuminismo, ma egli ritiene che il più grande bene dell’uomo non sia la ragione, ma che gli essere umani si distinguono principalmente sulla base dei loro bisogni e delle loro passioni; egli non crede nel progresso scientifico e tecnico. L’opera principale di Rousseau è L’EMILIO: è un romanzo pedagogico e manifesto educativo è un trattato di antropologia filosofica. Con la pubblicazione dell’emilio Rousseau diviene sovvertitore dell’ordine politico e religioso. L’opera sollevò un ampio clamore, ci furono 3 linee interpretative differenti: 1. Indignati 3. Fanatici 2. Mediatori L’idea che cerca di trasmettere Rousseau con l’emilio è quella del RINNOVAMENTO DELL’INDIVIDUO (il cittadino modello sarà quello in grado di comprendere la sua natura di origine). Mette in evidenza il principio del contrasto tra natura e società —> la società corrompe la bontà originaria della natura umana e quindi rende difficile l’educazione pedagogica. Nell’Emilio Rousseau attribuisce al fanciullo un’ educazione che ovviamente tenga conto della sua età e delle sue caratteristiche. Da molta importanza al ruolo dell’educatore, il quale ha il compito di tenere lontano il bambino dalla corruzione. Secondo Rousseau l’educazione deve avvenire: in modo naturale Lontano dai flussi corruttori dell’ambiente sociale Sotto la guida di un pedagogo illuminato Era fondamentale il significato di natura S -Opposto a ciò che è sociale -valorizzazione dei bisogni spontanei dei fanciulli e dei liberi processi di crescita -esigenza di un contatto con ambiente fisico non urbano considerato molto più genuino CHI È EMILIO? spadre È un ragazzo nobile e orfano; viene introdotto in campagna sotto la guida attenta e vigile del precettore. È un ragazzo ordinario che vivendo con il suo precettore-amico matura con ritmi lenti, ma si appropria delle condizioni che gli sono utili; queste vengono apprese al tempo giusto, quando la sua maturità psicologica permette una reale assimilazione. ↓ Il compito del precettore è: liberare la natura e renderla operosa, respingendo le azioni perturbatrici dell’uomo, della società falsa e corrotta è egli stesso il rappresentante di una società ideale, di un’umanità migliore, che dapprima quasi assente, a ogni modo molto riservata e discreta, va poi sempre chiaramente parlando al cuore e all’intelligenza di Emilio Il suo ruolo è quello di ritardare tali apprendimenti per permettere ad Emilio di vivere il più a lungo possibile la sua infanzia; ha inoltre anche il ruolo di guidare il fanciullo, di correggerlo, di ostacolarne le brutte abitudini e le deviazioni dai comportamenti più naturali Il concetto di "educazione negativa" è centrale : Si fonda sull'idea che l'educatore deve limitarsi LE TAPPE DELL’EDUCAZIONE a non intervenire attivamente ma piuttosto Guidare bambino attraverso l'isolamento dalle influenze 0-5 anni: educazione rivolta alla prima infanziaIl corrotte della società 6-11 anni: educazione dei sensi ↳ Il suo ruolo è di "accompagnare" il bambine 12-14 anni: educazione dell’intelletto e correggere I suoi vizi ↓ attorno ai 15 anni: educazione dei sentimenti e morale l'apprendimento avviene tramite il contatto attorno ai 18: educazione religiosa diretto con le cose , con il mondo naturale e con esperienze concrete (senza influenze 19-25: educazione politica e alla saggezza esterne 25 anni: matrimonio, unione con La Sapienza 4 Nonostante ciò Rousseau ammette il ruolo autoritario del dell'educatore, benché invisibile , nell'influenzare le azioni bambino senza che Quest'ultimo se ne accord. PRIMO LIBRO —> riguarda l’età infantile L’Emilio (primo libro) inizia illustrando il “gran principio” secondo il quale l’uomo nasce come essere buono, ma peggiora a causa degli incontri con le altre persone. In questa parte mostra il suo ideale di educazione iniziano dalla presenza di 3 maestri: 1. La natura: la quale provvede allo sviluppo interno delle nostre capacità e dei nostri organi 2. Gli uomini: che si occupano dell’uso che facciamo della natura 3. Le cose: che provvedono all’acquisizione di esperienze e oggetti Tra queste 3 noi siamo padroni solamente di quella degli uomini, in quanto la natura non dipende da noi e quella delle cose solo in parte. Per poter crescere realizzando la propria natura, il giovane dovrà assecondare i sui 3 maestri ponendo più attenzione sulle due educazioni su chi ha più controllo. ↳ L’educazione deve essere naturale= la natura per Rousseau è l’insieme delle facoltà umane e intellettive dell’uomo Per Rousseau l’educazione naturale dura 25 anni e comincia appunto dalla nascita. Egli critica alcuni errori presenti nell’educazione tradizionale come ad esempio le fasce, in quanto sostiene che limitino il movimento, le cure eccessive, le lusinghe e le minacce. La figura materna per Rousseau è molto importante in quanto è colei che porta armonia. Il successivo sviluppo del bambino dovrebbe essere affidato alla supervisione del precettore (padre). L’educazione naturale va condotta in mezzo alla natura (società lontana). All’inizio della vita la memoria e l’immaginazione sono ancora inattive, quindi il bambino presta attenzione solo a ciò che colpisce i suoi sensi, —> l’esperienza e la prima condizione dello sviluppo, infatti il bambino è portato a toccare tutto in quanto guidato dalla curiosità. Nel proseguo della storia il filosofo dice all’educatore di provvedere affinché l’emilio non contragga abitudini che lo rendono schiavo della società —> deve essere educato alla libertà con le sue stesse forze. Il fanciullo deve inoltre essere abituato a non imporre nulla. Il filosofo ritiene che il bambino inizialmente, prima di saper parlare, comunica attraverso il linguaggio del corpo (gesti, mimiche del volto, pianti..); in seguito i bambini apprendono a usare le parole seguendo le proprie regole di sviluppo, gli adulti devono quindi contribuire fornendo gradualmente termini nuovi, ben distinti e collegabili a oggetti sperimentali del bambino, fino a che il linguaggio sarà sviluppato in modo tale che non servirà solo per comunicare ma sarà anche fonte di idee. SECONDO LIBRO —> dedicato alla puerizia Il secondo libro è dedicato alla seconda età educativa che va dai 3 ai 12 anni. Nella seconda età educativa Emilio imparerà a muoversi e a parlare, acquisisce coscienza e autonomia. Per non limitare la sua felicità Emilio verrà lasciato libero di muoversi —> l’unico modo possibile per favorire la felicità di un individuo consiste nell’ educarlo a valutare i suoi desideri a seconda delle sue possibilità. Il precettore (padre): non dovrà intervenire direttamente, ma dovrà fare in modo che Emilio percepisca i propri limiti autonomamente. Il metodo del precettore sarà dunque INATTIVO, e la sua educazione negativa consisterà nel rimuovere le cattive influenze. Il giovane allievo di Rousseau dovrà apprendere dalle esperienze che avverranno in situazioni concrete predisposte dal precettore, dando al fanciullo l’impressione che siano casuali TERZO LIBRO —> dedicato all’età dell’utile Il terzo libro parla della terza età educativa che va dai 12 ai 15 anni. Grazie alla curiosità Emilio è spinto ad esplorare il mondo tramite le esperienze. Ma oltre al suo corpo inizia a sviluppare anche lo spirito, cercare di capire i motivi per cui accadono cose. Il precettore dovrà così aiutarlo a trovare le giuste soluzioni —> il giovane deve imparare autonomamente ed è per questo che il suo maestro non lo correggerà negli errori, ma lascerà che sia lui stesso a comprenderli= il ragazzo deve trovare da solo le soluzioni ai problemi. Emilio verrà spinto a fare il falegname per comprendere il valore umano ed educativo del lavoro, che lo abitui a sottoporsi a regole, a stare a contatto con gli altri e che lo renda autonomo economicamente in caso di rovesciamenti sociali; questo periodo si concentra quindi sulla conoscenza diretta delle cose ( ma è ancora troppo presto per le letture che potrebbero parlare di cose ancora sconosciute) ↓ età migliore per lo studio di nozioni limitate ma giuste. QUARTO LIBRO —> dedicato all’adolescenza Il quarto libro parla della “seconda nascita”, che va dai 15 ai 20 anni, e dell’educazione delle passioni. Per il ragazzo è giunto il momento di comprendere la società, si occupa di analizzare la morale religiosa, i sentimenti e l’esistenza delle altre persone. Il precettore dovrà essere in grado di controllare le passioni del ragazzo che non devono insorgere precocemente e incontrollate. Rousseau parla della passione come dell’amore in se, che ha il suo compimento nella benignità e nella pietà. Anche in questo momento è necessario fornire un’adeguata educazione sessuale, verrà inoltre indirizzato a tracciare l’idea della sua compagna ideale la quale dovrà essere simile a lui. QUINTO LIBRO —> dedicato alla storia tra Emilio e Sofia Il quinto libro tratta di Sofia e dell’educazione femminile. Dopo essere stato avviato alla conoscenza di emozioni e sessualità, viene indirizzato all’incontro con Sofia, la quale sarà stata educata a sua volta per poi poter giungere al matrimonio. L’educazione della donna è infatti diversa da quella dell’uomo, in quanto le sue finalità sono quelle di sposarsi e di procreare. Rousseau parla così della figura della donna, che vede come passiva e debole, fatta per essere sottomessa all’uomo ma viene apprezzata in quanto laboriosa. Emilio e Sofia saranno separati da alcuni viaggi per poter imparare il valore della fedeltà ed Emilio dovrà occuparsi della sua formazione politica. Dopodiché i due giovani si sposeranno. Il precettore rinuncia alla sua autorità su Emilio. Quest’ultimo sarà il modello per i suoi cittadini e diventerà a sua volta il precettore del suo bambino. CONCLUSIONE: Il libro scritto da Rousseau esprime un modello pedagogico piuttosto elaborato, porta avanti la sua tesi della corruzione dell’uomo nella società. L'ESPERIENZA E IL LINGUAGGIO NELL'EMILIO Nel 1762 Rousseau, che è un intellettuale già affermato, pubblica l’Emilio, un’opera che esplora la sua visione antropologia e pone le basi per le principali le opposizioni del suo pensiero. Nell’educazione Rousseau vede uno strumento fondamentale per superare i paradossi della natura umana, cercando di bilanciare l’aspetto pubblico e quello privato. Il suo progetto educativo unisce l’ideale di una società giusta con una ricerca interiore, nella speranza di formare sia cittadini virtuosi sia individui felici e autentici. 1. ESPERIENZA PURA E LINGUAGGIO Rousseau considera l’educazione naturale come basata sull’esperienza diretta come via ideale per la formazione del bambino. Nell’educazione naturale, l’esperienza autentica corrisponde a un rapporto diretto e puro del bambino con la natura. Tuttavia, per preservare questa purezza, il governeur (educatore) allontana temporaneamente il bambino dall’influenza sociale e lo guida senza imporre abitudini indotte dalla società. Rousseau identifica 3 “maestri” dell’educazione: la natura, che sviluppa le facoltà del bambino Gli uomini, che gli insegnano l’uso di questa facoltà Le cose, che gli permettono di apprendere attraverso le impressioni degli oggetti l’educazione ideale integra questi tre maestri offrendo al bambino esperienze che favoriscono uno sviluppo armonico delle sue capacità. Tuttavia, le convinzioni e le mode sociali possono compromettere l’esperienza pura impedendo al bambino di esprimere le sue inclinazioni naturali —> per questo l’educazione naturale diventa un’educazione negativa in cui l’educatore deve solo vigilare. Durante la crescita di Emilio, questa purezza viene sfidata anche dal linguaggio, che da espressione spontanea rischia di diventare un’influenza artificiale della società, minacciando la genuinità del bambino. L’intero processo educativo diventa un tentativo di preservare la purezza originaria del bambino in un mondo dove le regole sociali rischiano di comprometterla. 2. LA LINGUA UNIVERSALE DEL BAMBINO Rousseau afferma che nei primi anni di vita il bambino impara attraverso un’esperienza diretta con il mono, guidata dai suoi bisogni naturali. Questo contatto immediato con la realtà è essenziale e va rispettato senza interferenze artificiali, come le fasce che limitano il movimento dei neonati, tipiche delle mode del tempo e viste come ostacoli all’educazione naturale. Nei primi momenti della vita,il bambino comunica attraverso una “lingua universale”, fatta di pianti, suoni e gesti, che esprimono i suoi bisogni senza parole. Questa lingua, semplice e comprensibile, viene intuita da chi si prende cura di lui senza la necessità di linguaggi complessi o regole sociali —> in questa fase gli adulti interpretano e rispondono al bambino introducendo un primo elemento di mediazione tra il bambino e il mondo. 3. L’AMBIGUITÀ DEL SEGNO: LE CARTE GEOGRAFICHE LINGUAGGIO INFANTILE E SEGNO:Per Rousseau, i bambini piccoli non mentono e comunicano in modo trasparente i loro bisogni, come la fame o il desiderio di attenzione, tramite pianti, gesti e parole. Questi segni hanno una funzione duplice: da un lato, esprimono bisogni naturali; dall’altro, costruiscono le prime relazioni sociali. Rousseau considera la lingua infantile come universale, poiché la comunicazione è immediata e senza ambiguità. Tuttavia, il segno stesso, attraverso l’esperienza sensoriale, introduce una certa "contaminazione", che Rousseau non ignora ma riconosce come parte dell’evoluzione sociale. SVILUPPO DEL LINGUAGGIO E RAZIONALITÀ: Sviluppo del linguaggio e razionalità: Quando il bambino cresce, il suo linguaggio si sviluppa in modo razionale. Tuttavia, Rousseau critica la fretta di insegnare troppe parole prima che il bambino abbia un vero pensiero. Se il bambino apprende parole senza idee concrete, la sua comprensione diventa pericolosa, poiché il linguaggio rischia di allontanarlo dalla natura e dall’esperienza diretta. Per Rousseau, la razionalità deve essere legata all’esperienza sensibile. IL RISCHIO DEI SEGNI ASTRATTI: Il rischio dei segni astratti: Rousseau è critico nei confronti della cultura che privilegia i segni astratti, come quelli scritti nei libri, poiché distolgono l'attenzione dalla realtà e dall’esperienza diretta. Il segno scritto, infatti, diventa un "supplemento" che altera e distorce la comprensione autentica del mondo. Il caso della geografia è un esempio: Rousseau critica l’insegnamento tradizionale basato su mappe e manuali, che separano la conoscenza dal contatto diretto con la realtà. Egli sostiene che il miglior modo di insegnare la geografia è far osservare direttamente il mondo, come il movimento del sole, piuttosto che usare astrazioni. CONCLUSIONE SULLA PEDAGOGIA DI ROUSSEAU: La pedagogia di Rousseau si basa sull’esperienza diretta, evitando l’uso eccessivo di segni astratti. Per lui, l’educazione deve essere un processo che stimola la curiosità del bambino e lo collega alla realtà tangibile, piuttosto che alla memorizzazione di concetti teorici. Sebbene non si possa evitare completamente l’uso dei segni (come nel caso delle carte geografiche), l’obiettivo è ridurre la distanza tra il bambino e la realtà, permettendo all’esperienza di parlare da sé. IL NOVECENTO IL NOVECENTO FINO AGLI ANNI 50. SCUOLE NUOVE E IDEOLOGIE DELL’EDUCAZIONE 1.IL SECOLO DEL FANCIULLO E DELLE DONNE, DELLE MASSE E DELLA TECNICA: TRASFORMAZIONI EDUCATIVE Il XX secolo è stato un periodo di profondi cambiamenti economici, politici, sociali e culturali. In economia, si è assistito all’affermazione del capitalismo monopolistico e delle sue tensioni imperialistiche, seguite dal Welfare State e dalla "società affluente", che ha favorito l'espansione della classe media. Si è poi verificata una transizione dal capitalismo industriale a quello dei servizi, accompagnata da una crescente globalizzazione che ha coinvolto regioni come l'Asia, l'America Latina e l'Est Europa. Questo ha generato conflitti con il socialismo, che inizialmente si proponeva come alternativa al capitalismo, ma che alla fine ha portato a crisi economiche e sociali, culminando con il crollo del comunismo nel 1989. Sul piano politico, il secolo è stato segnato dal contrasto tra democrazia e totalitarismo. Regimi come il fascismo, il nazismo e l'Unione Sovietica di Stalin sono emersi come risposte alle crisi sociali ed economiche, cercando di risolverle attraverso il controllo e la repressione. Nonostante i suoi limiti, la democrazia è rimasta un valore fondamentale da difendere e sviluppare, mentre il totalitarismo, pur con le sue varie forme, si è rivelato una risposta tragica alle difficoltà del tempo. Esempi come la Germania post-Weimar, l'Italia fascista e la Spagna di Franco dimostrano come il totalitarismo abbia spesso preso piede nei momenti di crisi, mentre la democrazia ha continuato ad essere un ideale resistente. Dal punto di vista sociale, i comportamenti e la mentalità delle persone sono cambiati in modo radicale. L'individuo moderno ha iniziato a concentrarsi sempre più su se stesso, privilegiando i propri bisogni e desideri, e adottando uno stile di vita edonistico, incentrato sul consumo e sul piacere piuttosto che sul lavoro e sulla produzione. Questo ha portato a una crescente omogeneizzazione della società, in cui le persone si identificano con la massa, condividendo valori e interessi comuni, ma senza un forte legame con il passato o con una cultura profonda. L'idea di felicità è diventata strettamente legata al consumo e al progresso, alimentando una visione del presente come il punto massimo dell'esistenza. Anche la cultura ha subito trasformazioni significative. Da un lato, è diventata più ideologica, legata ai cambiamenti politici e sociali, perdendo in parte la sua autonomia e capacità di riflessione critica. Dall'altro, è diventata più tecnica e specializzata, con la scienza e la tecnologia che hanno assunto un ruolo centrale, influenzando profondamente i modelli di pensiero ei valori sociali. Questa evoluzione ha ridotto il ruolo della cultura diventando strumento di autocomprensione e progettazione del futuro. L'educazione ha risentito di questi cambiamenti. Le pratiche educative si sono adattate alla crescente democratizzazione e partecipazione sociale, introducendo nuovi protagonisti come bambini, donne e persone disabili, e rinnovando le istituzioni educative come la scuola, la famiglia e la fabbrica. La teoria educativa ha seguito l'evoluzione dei tempi, integrando le scienze umane per sviluppare una comprensione più approfondita dei processi educativi. Il XX secolo ha visto anche la nascita di diverse correnti pedagogiche, come il movimento delle "scuole nuove", l'influenza del pragmatismo americano, l'idealismo italiano e il marxismo europeo. I regimi totalitari hanno imposto modelli educativi autoritari, mentre il personalismo cristiano ha proposto un'educazione centrata sulla persona. Allo stesso tempo, la pedagogia è diventata più scientifica e si è strettamente legata alla filosofia, arricchendo le sue teorie e le sue pratiche. Inoltre, l'educazione nei paesi extraeuropei ha preso direzioni diverse, rispondendo alle esigenze di un mondo in rapido cambiamento. In sintesi, il XX secolo è stato un periodo di grandi trasformazioni, e l'educazione ha svolto un ruolo cruciale nell'adattamento delle società a questi cambiamenti. 2. RINNOVAMENTO DELLA SCUOLA E DELLA PEDAGOGIA ATTIVISTICA Nel 20esimo secolo, la scuola ha subito una grande trasformazione, diventando un’istituzione centrale nella società. Questo cambiamento è stato influenzato dall’ideologia e dall’idea di una scuola democratica che promuoveva libertà e innovazione. Una delle correnti principali di questo rinnovamento è l’attivismo pedagogico, che poneva al centro il bambino e la sua capacità di apprendere attraverso l’azione. Questo approccio sfidava la scuola tradizionale, che era vista come troppo rigida, disciplinare e teorica, e proponeva una nuova visione dell’educazione basata sull’esperienza diretta e sull’attività pratica. Il movimento dell’attivismo, che ha avuto una grande diffusione in Europa e Nord America, si è concentrato sull'importanza di un’educazione che non fosse solo teorica, ma che coinvolgesse anche l’aspetto pratico e motorio dei bambini. Secondo gli educatori attivisti, l'infanzia va vista come un periodo in cui il bambino è principalmente "attivo", e quindi la scuola deve favorire attività che stimolino il movimento e la manipolazione, piuttosto che solo l'apprendimento intellettuale. Le "scuole nuove" nacquero da questa visione, cercando di liberare i bambini dalle costrizioni della scuola tradizionale e puntando su un apprendimento che fosse legato alle esperienze quotidiane e al contatto diretto con l’ambiente circostante. L'attivismo ha anche portato alla creazione di scuole pilota e all’adozione di nuovi metodi didattici, influenzati dalle scoperte della psicologia e dalle necessità di una società che stava cambiando. L’educatore Lombardo Radice, ad esempio, proponeva una preparazione pratica e psicologica per gli insegnanti, piuttosto che solo una formazione teorica. Egli riteneva che i maestri dovessero avere una formazione specifica che includesse la psicologia e la didattica, per garantire una scuola che fosse veramente in grado di seguire le esigenze dei bambini e di promuovere una didattica più attenta e personalizzata. In Italia, Ernesto Codignola si distinse per la sua applicazione dei principi dell’attivismo, creando nel 1945 la "Scuola-città Pestalozzi" a Firenze, un esempio pratico di scuola ispirata ai principi di John Dewey. Codignola criticava l'educazione autoritaria e astratta, avvicinandosi al pragmatismo e all'idea che l’educazione dovesse essere profondamente legata alla società e alla realtà quotidiana. Per lui, l'educazione doveva andare oltre la teoria, puntando a formare cittadini attivi in una società democratica e ad aiutare i bambini a sviluppare competenze pratiche utili nel mondo reale. In sintesi, il rinnovamento educativo del XX secolo, attraverso l’attivismo, ha portato a una visione della scuola come luogo in cui il bambino è protagonista del suo apprendimento, che deve essere vissuto in modo pratico, concreto e integrato con la vita reale. L’obiettivo era rompere con la scuola tradizionale, troppo formale e teorica, e creare un ambiente educativo che stimolasse la curiosità, l’autonomia e la partecipazione attiva degli studenti. 4. TRA PRAGMATISMO E STRUMENTALISMO: LA PEDAGOGIA DI JOHN DEWEY John Dewey è stato uno dei più importanti educatori e filosofi del XX secolo, creando una nuova pedagogia basata su scienza e democrazia. Con il suo approccio, Dewey ha dato grande valore all’educazione come strumento di sviluppo democratico e sociale. Considerava la pedagogia non solo un modo per insegnare, ma una via per costruire una società migliore, più giusta e democratica, e il suo lavoro ha influenzato profondamente le scuole in tutto il mondo, come in Italia grazie a Ernesto Codignola. La sua filosofia si basa su una "teoria dell'esperienza", che vede l'apprendimento come uno scambio tra l’individuo e il suo ambiente. Per Dewey, questo scambio non è statico: ogni volta che si impara qualcosa di nuovo, la nostra esperienza e comprensione del mondo si arricchiscono. Questo processo, però, non è lineare; include crisi e rinnovamenti continui, con il pensiero che agisce per trovare soluzioni e per costruire nuovi equilibri. Nella sua visione, il metodo scientifico, fatto di sperimentazione, ipotesi e verifica, diventa il miglior approccio per affrontare e risolvere problemi in vari campi, non solo nella scienza ma anche in etica, politica ed educazione. Dewey assegnava un ruolo centrale anche all’arte e all’immaginazione, che, per lui, erano essenziali per un’esperienza più profonda e creativa. Riteneva che l’arte permettesse di riflettere e progettare in modo più intuitivo e integrato, facilitando uno sviluppo armonioso e critico della persona e della società. Nella sua visione, la democrazia non è solo una struttura politica, ma uno stile di vita che va insegnato e vissuto già dalla scuola, vista come una “comunità in miniatura” dove i bambini possono imparare partecipando attivamente. Per questo, Dewey sosteneva l’importanza di laboratori e attività manuali, come falegnameria o cucito, che non solo danno competenze pratiche, ma aiutano i giovani a capire meglio la vita quotidiana e i valori della collaborazione e della responsabilità. In breve, Dewey ha creato una pedagogia pragmatica e attiva, che unisce teoria e pratica e mette il bambino al centro dell’esperienza educativa, puntando a formare persone capaci di contribuire in modo positivo e consapevole alla società. L'opera di Dewey si concentra sull'importanza di considerare la "vita del bambino" nella scuola, cioè i suoi interessi reali e il bisogno di fare attività concrete. La scuola dovrebbe cambiare approccio, ponendo al centro della didattica le caratteristiche naturali dell'infanzia. Dewey individua quattro interessi principali dei bambini: comunicare, esplorare, costruire ed esprimersi artisticamente. Questi aspetti dovrebbero diventare il cuore del lavoro scolastico, trasformando la scuola in un ambiente che include laboratori creativi e spazi per il gioco. Nel suo libro "Democrazia ed educazione", Dewey approfondisce la sua visione di un'educazione progressiva, legata allo sviluppo sociale e agli obiettivi di crescita naturale e partecipazione sociale dell’individuo. Dewey sostiene che la scuola non debba solo adattarsi alla società, ma anche promuovere democrazia, insegnando agli studenti a partecipare attivamente alla vita sociale. L’educazione democratica, secondo Dewey, dovrebbe eliminare barriere sociali, culturali e territoriali, favorendo una società più aperta e collaborativa. Dewey ritiene che la scienza, intesa come metodo basato sulla ricerca e verifica, sia fondamentale in un'educazione democratica, poiché promuove credenze condivise e un approccio razionale all’esperienza. Questo metodo aiuta gli studenti a sviluppare soluzioni ai problemi e a collegare le proprie esperienze con un senso di significato. Tuttavia, il movimento pedagogico attivista negli Stati Uniti ha spesso travisato il pensiero di Dewey, puntando su un approccio individualistico e spontaneo, invece di valorizzare la cooperazione e la riflessione intellettuale. Dewey ha quindi ribadito che l'esperienza educativa deve essere guidata da un’organizzazione razionale e dal metodo scientifico, permettendo agli studenti di collegare ogni nuovo apprendimento alla loro esperienza complessiva. Il maestro non deve limitarsi a insegnare in modo autoritario, ma piuttosto facilitare e organizzare le esperienze e i processi di ricerca in classe. Valutazioni come voti ed esami dovrebbero aiutare gli studenti a comprendere le loro capacità e il ruolo delle regole nella comunità scolastica. L’educazione democratica, per Dewey, si applica anche all'organizzazione della scuola stessa, dove insegnanti e studenti partecipano in modo democratico alle decisioni. Dewey valorizza inoltre la "educazione cognitiva", ovvero lo sviluppo dell'intelligenza attraverso un programma di studi che si basa sulla scienza. La scuola dovrebbe quindi preparare gli studenti a investigare in modo critico e verificabile, aiutandoli a prendere decisioni razionali e a sviluppare una forma di religiosità umanistica, centrata su valori come giustizia, amore e verità. Dewey risponde così alla crescente importanza della scienza e della tecnica, del bisogno di partecipazione sociale e dell'educazione alla democrazia. Sebbene alcuni abbiano criticato il suo approccio, considerandolo utopico o troppo idealista, Dewey resta uno dei pedagogisti più influenti del secolo, grazie alla sua capacità di pensare all’educazione come processo complesso e alla sua difesa della democrazia e dell’indagine scientifica come valori centrali. 5. MODELLI DI PEDAGOGIA MARXISTA (1900-1945) La pedagogia marxista tra il 1900 e il 1945 sviluppa un modello educativo ispirato alle idee di Marx ed Engels, ma adattato e approfondito per rispondere ai bisogni dei movimenti socialisti e rivoluzionari del tempo. L’approccio marxista all’educazione non è solo un adattamento della dottrina ai contesti nazionali, ma anche un’elaborazione originale e specifica, diversa dai modelli educativi “borghesi”. Questo modello si basa su alcuni principi fondamentali: 1. Connessione dialettica tra educazione e società: secondo il marxismo, ogni sistema educativo riflette la struttura economica e politica della società in cui è inserito. L’educazione, quindi, non è mai neutrale: essa risente degli interessi della classe dominante, che usa l’istruzione per diffondere i propri valori e consolidare la propria posizione. In una società socialista, l’educazione dovrebbe promuovere la consapevolezza di classe e preparare gli individui a partecipare attivamente alla costruzione di una società equa. 2. Legame stretto tra educazione e politica: la pedagogia marxista non separa l’educazione dall’azione politica; al contrario, l’educazione deve preparare i giovani a partecipare al cambiamento rivoluzionario della società. Secondo questa visione, le scuole dovrebbero essere luoghi di formazione rivoluzionaria, in cui l’educazione non si limita a trasmettere conoscenze, ma sostiene la lotta di classe e la trasformazione politica. Anche l’interpretazione delle teorie pedagogiche di altre correnti viene vista alla luce degli obiettivi politici rivoluzionari. 3. Importanza del lavoro come strumento educativo: nel modello marxista, il lavoro è centrale per lo sviluppo personale e sociale dell’individuo. Il sistema educativo deve includere attività produttive e pratiche per insegnare non solo competenze tecniche, ma anche valori di solidarietà, collaborazione e senso di responsabilità verso la collettività. La scuola socialista ha l’obiettivo di formare persone che possano contribuire alla costruzione di una società giusta, basata sul lavoro e sulla solidarietà. 4. Emancipazione dell’individuo e formazione integrale: l’obiettivo della pedagogia marxista è creare un “uomo completo”, libero da condizioni di alienazione e subordinazione. Questo tipo di educazione promuove l’indipendenza, la consapevolezza e l’uguaglianza. L’educazione, quindi, non è solo un processo di apprendimento accademico, ma è anche un mezzo per emancipare gli individui, sviluppando in loro una coscienza di classe e una capacità critica. 5. Critica allo spontaneismo e al naturalismo ingenuo: mentre alcune correnti educative incoraggiano la spontaneità e il libero sviluppo delle inclinazioni naturali del bambino, il marxismo ritiene che questo approccio sia ingenuo e insufficiente per formare cittadini consapevoli. La pedagogia marxista valorizza invece la disciplina, l’impegno e la guida educativa, per aiutare i giovani a sviluppare una coscienza sociale e una visione critica. Questi principi si ritrovano nelle prime fasi del marxismo pedagogico del Novecento, in particolare all’interno della II Internazionale e della III Internazionale. Nella prima fase del marxismo pedagogico, che coincide con la II Internazionale, l'approccio era riformista e sosteneva una collaborazione tra socialisti e borghesi, promuovendo l’educazione laica e criticando l’insegnamento religioso obbligatorio. Tuttavia, anche se si difendevano alcuni principi progressisti, come il sostegno ai diritti dei maestri e il miglioramento delle condizioni economiche per i bambini poveri, vi era una certa tolleranza verso la militarizzazione della scuola in Germania. Figure importanti come Clara Zetkin, Max Adler e Rodolfo Mondolfo criticarono la pedagogia borghese e proposero riforme educative più radicali. Max Adler, ad esempio, legava l'educazione socialista alla lotta di classe e riteneva che dovesse formare nuove generazioni pronte a reagire contro il capitalismo, puntando a formare "uomini nuovi" con una mentalità aperta al comunismo. In sintesi, la pedagogia marxista tra il 1900 e il 1945 si sviluppa come un progetto educativo che intende formare persone critiche, consapevoli e partecipative, preparate a contribuire alla costruzione di una società socialista attraverso il lavoro, la coscienza di classe e l’impegno politico. Questo approccio educativo, in contrapposizione alle teorie educative borghesi, mette in primo piano la trasformazione della società, rifiutando l’educazione come semplice trasmissione di conoscenze e ponendo invece l’accento sulla formazione dell’individuo come parte di una collettività rivoluzionaria. IL PENSIERO DIFFERENTI SIGNIFICATI DELLA PAROLA “PENSIERO” Il miglior modo di pensare Nessuno può ire ad un’altra persona come pensare, cosi come non si può dirle come respirare o far circolare il sangue. Tuttavia, è possibile descrivere i vari modi in cui le persone pensano, evidenziando come alcuni siano più efficaci di altri e spiegandone i motivi. Conoscendo i metodi di pensiero migliori, possiamo migliorare il nostro modo di pensare, rendendolo più utile e produttivo. Il pensiero più efficace è il pensiero riflessivo: un processo che implica un’attenzione profonda e continua su un argomento. La “corrente della coscienza” Durante il giorno e a volte anche mentre dormiamo, la nostra mente è costantemente occupata da pensieri che ci attraversano. Quando siamo addormentati li chiamiamo “sogni”, ma anche da svegli facciamo fantasie, sogni ad occhi aperti e pensieri caotici e disordinanti. Questo flusso di pensieri è automatico e senza regole. Gran parte della nostra vita consiste in questo alternarsi di immagini mentali, ricordi e desideri vaghi —> quando qualcuno ti dice “ti do un penny per i tuoi pensieri” non si aspetta davvero di ottenere qualcosa di utile, perchè questi pensieri sono spesso insignificanti. Il pensiero riflessivo è una catena Il pensiero riflessivo è diverso da questo flusso casuale. Mentre il pensiero disordinato è senza sequenza, il pensiero riflessivo è una successione di idee collegate tra loro in modo logico. Ogni pensiero porta a un altro in modo coerente, come un catena. Ogni parte del pensiero si appoggia a quella precendente e aiuta a costruire un ragionamento orientato a un obiettivo. Il pensiero è di solito ristretto alle cose non direttamente percepite Pensare riguarda soprattutto ciò che non percepiamo con i sensi: cose che non vediamo o sentiamo in quel momento. Quando qualcuno dice “l’ho solo pensato”, significa che sta facendo un’idea mentale di qualcosa che non ha visto direttamente. Questo tipo di pensiero è importante quando le idee si connettono ta loro in modo coerente, creando storie o ragionamenti che preparano la mente a pensieri più strutturati e logici. In pratica pensare significa seguire una successione di immagini mentali. Il pensiero riflessivo mira ad una conclusione A differenza di un flusso di pensieri casuali e piacevoli, il pensiero riflessivo ha uno scopo preciso: arrivare a una conclusione. Un mito su un gigante può essere interessante di per sé, ma una conclusione riflessiva, come l'affermazione che i giganti abbiano vissuto sulla Terra in un tempo e luogo specifico, deve essere giustificata con prove. L'espressione inglese "Think it out" (pensarci su) riassume bene questo concetto, suggerendo che bisogna chiarire una questione complessa. Il pensiero riflessivo, quindi, è guidato da un obiettivo e deve portare a una conclusione valida, basata su un ragionamento ordinato. Pensare come sinonimo di credere Un altro significato di pensiero è simile a credenza. Ad esempio, dire "Penso che domani sarà più freddo" equivale a "Credo che sarà così". Le credenze sono idee che accettiamo come vere, ma che non sempre possiamo provare con certezza. Spesso, le credenze si formano senza un'analisi approfondita, influenzate da tradizioni, educazione o opinioni comuni. Questi pensieri, che spesso sono pregiudizi, non sono frutto di un'indagine personale, ma piuttosto di convinzioni che non sono state verificate in modo critico. Il pensiero riflessivo spinge all'indagine Il pensiero riflessivo, a differenza dei pensieri casuali o delle credenze non verificate, porta all'indagine. Mentre fantasticare su una nuvola che sembra un cammello non porta a nessuna conclusione, credere che la Terra sia rotonda richiede un esame approfondito. Cristoforo Colombo, ad esempio, ha messo in dubbio la visione tradizionale che la Terra fosse piatta e ha condotto un'indagine per raccogliere prove a sostegno della sua teoria. Il pensiero riflessivo implica una ricerca attenta, che si basa su prove e deduzioni logiche per arrivare a una conclusione solida. Anche se la conclusione fosse sbagliata, sarebbe comunque frutto di un processo di riflessione e ricerca, a differenza di una credenza presa senza indagini. Il pensiero riflessivo richiede un impegno consapevole per sostenere una credenza con ragionamenti razionali e prove. IL FATTORE CENTRALE NEL PENSARE Il suggerimento di qualcosa non va osservato Non c’è una separazione netta tra i diversi modi di pensare che abbiamo esplorato. La riflessione sarebbe più semplice se i vari tipi di pensiero non si mescolassero continuamente. Finora, abbiamo esaminato situazioni estreme per chiarire meglio la questione. Ora, consideriamo un esempio più semplice che si trova tra l’osservazione attenta e la pura immaginazione. Un uomo sta passeggiando in una giornata calda. Mentre cammina, sente che l’aria è diventata più fresca e, basandosi su questa sensazione, immagina che stia per piovere. Alzando lo sguardo, vede una nuvola che copre il sole, e decide di accelerare il passo. Qui, il pensiero non riguarda solo ciò che vede (la nuvola) ma ciò che non vede (la pioggia che potrebbe arrivare). Il pensiero in questa situazione è un suggerimento, un’idea che nasce da un’osservazione: la frescura dell’aria suggerisce la possibilità di pioggia, che consideriamo plausibile. Questo tipo di pensiero si differenzia dalla pura fantasia, come quando vediamo una nuvola e pensiamo a un volto umano. In questo caso, non crediamo che il volto esista davvero, mentre invece la possibilità di pioggia viene vista come un fatto reale che merita attenzione. La funzione del significato Il pensiero riflessivo nasce dal riconoscere che una cosa può suggerire o significare un’altra, e ci spinge a riflettere su quanto possiamo fidarci di questa connessione. Per esempio, quando vediamo una nuvola, pensiamo che possa significare che sta per piovere. Ma riflettere su questo non significa solo accettare il suggerimento, ma anche esaminare quanto questa connessione sia valida. Dobbiamo valutare se ci sono prove o indizi che confermano la nostra idea. Pensare significa quindi cercare di capire se la relazione tra ciò che vediamo e ciò che suggerisce è affidabile e giustifica la nostra credenza. La riflessione implica fede nell’evidenza La riflessione è un processo in cui accettiamo o rifiutiamo qualcosa non solo per ciò che è, ma perché ci sono prove, segnali o indizi che lo supportano. A volte vediamo direttamente un fenomeno, come la pioggia, altre volte dobbiamo inferire che qualcosa sia accaduto osservando segni o indizi, come l’aspetto del terreno o la temperatura. Pensare, quindi, è il processo in cui basiamo la nostra credenza su fatti osservati che suggeriscono altri fatti, e su relazioni reali tra gli eventi. Per esempio, le ceneri non solo suggeriscono che c’è stato un fuoco, ma lo significano realmente, poiché le ceneri sono il risultato della combustione, e quindi ci danno la prova che il fuoco è stato reale. LE FASI DEL PENSIERO RIFLESSIVO Il pensiero rifluivo è diverso da altre forme di pensiero perchè si sviluppa in due fasi principali: 1. Un periodo di dubbio o incertezza: che crea difficoltà e blocca la mente 2. Una ricerca attiva: in cui la mente indaga per trovare informazioni che risolvano il dubbio e portino a una soluzione. L'importanza dell'incertezza e dell'indagine Quando qualcosa di inaspettato accade, come un cambiamento improvviso di temperatura, la mente diventa incerta e sospende temporaneamente le credenze precedenti. Questo è un momento in cui sorge un "problema" da risolvere, anche se potrebbe sembrare banale. Per esempio, quando si percepisce un abbassamento della temperatura, si può iniziare a pensare che possa piovere. In questo caso, guardare il cielo diventa un atto di ricerca: l'osservazione delle nuvole è un tentativo di trovare una spiegazione valida per il cambiamento di temperatura. Il pensiero riflessivo nasce proprio da questa ricerca di risposte. Anche se guardare il cielo può sembrare un gesto automatico, in realtà è un atto che serve a raccogliere prove per risolvere un dubbio. Un altro esempio potrebbe essere un viaggiatore che arriva a un bivio in un luogo sconosciuto. Non essendo sicuro di quale strada prendere, il viaggiatore si ferma, si sente perplesso e inizia a cercare indizi che lo aiutino a decidere quale sia la strada giusta. Lì, il pensiero riflessivo si manifesta come una ricerca attiva, in cui il viaggiatore esplora il suo ambiente e la sua memoria per trovare segni che possano aiutarlo a prendere una decisione informata. L'atto del pensiero è regolato dal suo scopo Il pensiero riflessivo ha uno scopo ben definito: risolvere una difficoltà o un dubbio. Quando non ci sono problemi da affrontare, il pensiero può scivolare facilmente da un'idea all'altra, senza un obiettivo chiaro. Ma quando c'è una difficoltà da superare, le idee si concentrano su un obiettivo preciso, come trovare una risposta al dubbio. Il pensiero riflessivo, quindi, è guidato dal bisogno di risolvere un problema. Nel caso del viaggiatore, ad esempio, se il suo scopo è scegliere la strada migliore, cercherà segni che lo aiutino in quel senso, e non indizi che lo portino altrove. In sintesi, il pensiero riflessivo nasce dalla necessità di risolvere un'incertezza, e ogni passo del processo è orientato verso la ricerca di una risposta, con l'obiettivo di superare il dubbio e arrivare a una conclusione. SOMMARIO Il pensiero inizia sempre quando siamo confusi, dubbiosi o incerti. Non arriva da solo, ma nasce da una difficoltà che ci fa mettere in discussione quello che sappiamo. Chiedere a qualcuno di "pensare" quando non c'è una difficoltà vera è inutile, come chiedergli di sollevarsi senza aiuto. Quando c'è un problema, il pensiero parte dal cercare una soluzione, ma non viene direttamente dai fatti che conosciamo. Le soluzioni dipendono dalle esperienze passate e dalla conoscenza che abbiamo: se abbiamo già affrontato situazioni simili, troveremo più facilmente una risposta. Se non abbiamo esperienze, la confusione rimane. Quindi, chiedere a qualcuno di "pensare" senza che abbia esperienze simili è inutile. Tuttavia, non sempre riflettiamo davvero, anche se abbiamo dei suggerimenti. A volte, accettiamo una soluzione senza pensarci troppo o senza fare una ricerca, magari perché siamo pigri o impazienti. Pensare in modo riflessivo significa essere disposti a sospendere il giudizio e cercare una risposta più a fondo. Per pensare davvero, bisogna affrontare il dubbio e prenderci il tempo di cercare la soluzione, senza accontentarci di risposte veloci. La vera riflessione è quella che non accetta idee senza prima aver trovato le prove giuste per sostenerle. La differenza tra un buon pensiero e uno cattivo sta nel fatto che il buon pensiero continua a cercare risposte, invece di fermarsi alla prima idea che sembra giusta. INTRODUZIONECOME PENSIAMO In questo testo classico John Dewey descrive in modo puntuale il funzionamento di un certo modo di pensare, “il pensiero riflessivo”, da lui ritenuto quella forma di pensiero intelligente che consente di liberarsi dall’abitudine e dall’agire inconsapevole sviluppando la curiosità, l’immaginazione e l’indagine. PREMESSA ALL’EDIZIONE ITALIANA Sulla necessità e utilità dell’educazione e del pensiero. How We Think di John Dewey, pubblicata per la prima volta nel 1910 negli Stati Uniti. Questa versione del 1933, che proponiamo ora, è stata rivisitata e ampliata dallo stesso Dewey e offre una visione più ampia rispetto alla versione originale. In Italia, il libro è stato tradotto nel 1961 da Antonio Guccione Monroy. How We Think ha avuto grande successo sia negli Stati Uniti che in Europa, anche se non è conosciuto come altri suoi lavori, ma è comunque importante perché presenta per la prima volta la logica strumentalista di Dewey e il suo approccio pedagogico. Dewey, filosofo e esperto di logica, dedica molto spazio alla logica del pensiero nella versione del 1910, ma nella versione del 1933 riduce l'importanza di questi aspetti per concentrarsi maggiormente sull'insegnamento e rivolgersi agli educatori. In quest'opera, che si può considerare più una "riscrittura" che una seconda edizione, Dewey approfondisce il metodo del pensiero riflessivo, descrivendolo come un processo che parte dall'incertezza e porta a una maggiore comprensione, anche se sempre parziale. How We Think è un'opera complessa in cui Dewey esplora la logica e la pedagogia, con tesi che anticipano molte delle idee che svilupperà nei suoi lavori successivi. Qui Dewey descrive in dettaglio come funziona il pensiero riflessivo, che oggi è al centro del dibattito sulla formazione professionale. Le radici teoriche del pensiero riflessivo sono chiaramente visibili in quest'opera, e come sottolinea Schön, uno dei più importanti studiosi contemporanei del pensiero riflessivo nelle professioni, questo libro è fondamentale per comprendere il pensiero riflessivo moderno. Il pensiero riflessivo, che Dewey considera fondamentale, è ancora molto attuale. Già nella sua filosofia educativa, Dewey promuoveva l'importanza di insegnare ai giovani a pensare in modo intelligente e critico. Questo tipo di pensiero è essenziale per rinnovare la scuola, i processi di insegnamento- apprendimento e la vita sociale dell'individuo. L'educazione, secondo Dewey, non è solo un mezzo per trasmettere conoscenze, ma per sviluppare la capacità di pensare in modo riflessivo, che permette di superare la routine e i dogmatismi. In Italia, l'opera di Dewey ha avuto grande influenza, e molti studiosi, soprattutto nel campo pedagogico, l'hanno studiata. La tesi centrale del libro è che non si può dire a una persona come dovrebbe pensare, ma si può insegnare a riconoscere i diversi modi di pensare e scegliere quelli più validi. L'educazione deve creare ambienti dove gli studenti possano affrontare dubbi e incertezze, stimolando così la ricerca e l'indagine critica. Per Dewey, insegnare a pensare in modo riflessivo è un compito cruciale, soprattutto oggi, quando la mancanza di pensiero critico e l'omologazione tendono a prevalere. Il pensiero riflessivo, che unisce curiosità, immaginazione e ricerca, è essenziale per contrastare il pensiero passivo e meccanico. Dewey descrive cinque fasi del pensiero riflessivo: 1. il dubbio iniziale, 2. l'intellettualizzazione del problema, 3. la formulazione di ipotesi, 4. il ragionamento, 5. il controllo delle ipotesi. La sua riflessione centrale riguarda come formare giovani capaci di pensare in modo scientifico, cioè attraverso osservazione, ipotesi e ricerca. L'obiettivo è spingere gli studenti a passare da un pensiero impulsivo a uno più rigoroso e creativo. Anche se le sue idee risalgono a più di cento anni fa, molte delle critiche di Dewey alla scuola tradizionale sono ancora valide. La separazione tra teoria e pratica, i metodi d'insegnamento distaccati dagli interessi degli studenti e la mancanza di un pensiero critico sono ancora problemi comuni nelle scuole di oggi. Dewey invita quindi a ripensare l'educazione, mettendo al centro il pensiero riflessivo, per evitare l'omologazione e sviluppare un'agire più consapevole. La sua proposta è che la scuola diventi un laboratorio per educare al pensiero, un luogo dove gli studenti imparano a pensare in modo critico, creativo e indipendente. Questo approccio aiuta a prevenire l'azione impulsiva o dettata da tradizioni non critiche, promuovendo invece un'azione intelligente e consapevole. L'intelligenza è un metodo, un processo logico che connette e unisce concetti e idee, trasformando un'esperienza in conoscenza più profonda e riflessiva. Il pensiero, secondo Dewey, non è solo una facoltà isolata, ma è strettamente legato all'esperienza e deve essere costantemente educato per svilupparsi. Per pensare in modo efficace, sono necessarie tre attitudini: 1. apertura mentale, 2. sincerità nell’impegno 3. responsabilità nelle conseguenze delle proprie azioni. Queste attitudini, unite al metodo, permettono di sviluppare un pensiero riflessivo, che va oltre i pregiudizi e i dogmi. L'insegnante ha un ruolo centrale nell'educare il pensiero: deve creare un ambiente che stimoli la curiosità e favorisca la riflessione critica. Non basta impartire informazioni, ma bisogna guidare gli studenti a esplorare le idee in modo rigoroso, incoraggiando la ricerca e l'indagine. L'insegnante deve evitare di nutrire conoscenze superficiali e dogmatiche e, al contrario, deve stimolare il pensiero attraverso il metodo, con equilibrio. Il pensiero riflessivo, che Dewey associa alla ricerca scientifica, è attivo e diligente, basato su prove e in grado di generare nuove conoscenze. Questo tipo di pensiero si distingue dalle credenze, che sono spesso influenzate da idee non verificate e non derivano da un'analisi consapevole. Dewey suggerisce che l'educazione debba concentrarsi sulla costruzione di un pensiero critico, in grado di mettere in discussione le credenze e stimolare una continua ricerca. La scuola, quindi, deve essere un laboratorio in cui gli studenti coltivano curiosità, spirito critico e capacità di indagine. Dewey sottolinea che il pensiero deve essere un processo attivo, che nasce dall’esperienza e diventa più profondo attraverso l’uso e l’interazione con gli altri. Gli insegnanti devono essere consapevoli dell'importanza di un linguaggio preciso e di un metodo rigoroso per permettere agli studenti di sviluppare una comprensione autentica e significativa. In definitiva, Dewey invita a trasformare la scuola in uno spazio dove gli studenti possano esplorare liberamente le idee, sviluppando un pensiero che sia in grado di affrontare le sfide della modernità, come la dispersione e l'impersonalità del pensiero. Il suo approccio, centrato sulla ricerca e sul metodo, è un invito a educare il pensiero in modo attivo, riflessivo e responsabile. PREFAZIONE ALLA NUOVA EDIZIONE La nuova edizione di How We Think è una revisione approfondita del testo originale. È stata ampliata di circa un quarto, con alcune parti rimosse e altre aggiunte. Il linguaggio è stato semplificato per rendere il contenuto più chiaro, con riformulazioni delle idee difficili nella versione precedente, specialmente nella Parte Seconda, che riguarda la teoria. Le idee fondamentali sono state mantenute e sviluppate ulteriormente, con l'aggiunta di esempi pratici. Le modifiche sono particolarmente evidenti nelle sezioni sull'insegnamento, riflettendo i cambiamenti scolastici dal 1910. Infine, desidero ringraziare gli insegnanti che hanno contribuito con la loro esperienza a questa nuova edizione. PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE Il crescente numero di materie scolastiche e la loro complessità rendono difficile il lavoro degli insegnanti, che devono affrontare studenti come individui, non solo come gruppi. Per evitare che questo porti a una dispersione delle risorse, è necessario trovare un principio unificante che semplifichi l'approccio educativo. Questo libro propone che tale principio possa essere trovato nell'adozione di un atteggiamento mentale scientifico, che non è lontano dall'approccio naturale dei bambini, caratterizzato da curiosità, immaginazione e desiderio di sperimentare. L'obiettivo del libro è mostrare come questo atteggiamento scientifico, se riconosciuto e applicato nell'educazione, possa favorire il benessere dell'individuo e ridurre la dispersione sociale. Infine, l'autore esprime la sua gratitudine a sua moglie, che è stata la vera ispiratrice del libro, e a coloro che hanno collaborato con lei nella Scuola-Laboratorio di Chicago, contribuendo alla realizzazione pratica delle idee esposte. Un ringraziamento particolare va a Ella Flagg Young, che ha lavorato con lui all'Università e ora è Sovraintendente delle scuole di Chicago. JOHN DEWEY 1859-1952. Nel 1800-1900 inizia a delinearsi il dibattito riguardante l’identità e la definizione della pedagogia in termini scientifici e il rapporto con le altre discipline —> legittimazione della pedagogia come scienza in rapporto con lo sviluppo delle scienze psicologiche, antropologiche e sociali. Dewey “utilizzava” 2 filoni principali: approccio teoretico: va a mettere a fuoco gli orientamenti e le ideologie sottese ai processi educativi. —> si aggancia alla filosofia Approccio empirico: si focalizza su problemi e pratiche dell’educazione, intesa come processi situati in diversi contesti —> prende in considerazione problemi emergenti all’interno della pratica facendo riferimento sia a dati empirici sia a un metodo di ricerca. ↳ la pedagogia si collocava in un modo teorico empirico IPOTESI DI DEWEY Conserva i suoi problemi in base alla propria indagine - > scienza aperta e in progresso V Scienza da idee , contesto si colloca costruire, concentrata scienza < nelle scuole [ su problemi della società che nasce nella americano nuove /attivismo S Psiche infantile LE SCUOLE NUOVE E L’EDUCAZIONE ATTIVA 1900= esperienze di trasformazione radicale all’interno della scuola ↓ 2 La psicologia aveva affermato Movimento di emancipazione di la diversità della psiche grandi masse popolari nelle infantile rispetto a quella società occidentali —> innovazione adulta scuola Le scuole nuove —> aspetto organizzativo e istituzionale / ideali formativi e culturali ↓ Infanzia come età pre-intellettuale e pre-morale, i processi cognitivi si intrecciano all’operare nel motorio e nello psichico —> fanciullo spontaneamente attivo e necessita di essere liberato dai vincoli dell’educazione da,oliare e scolastica. La scuola fu allontanata dall’ambiente artificiale della città L’apprendimento doveva avvenire a contatto con l’ambiente esterno Attività non solo intellettuali ma anche di manipolazione (laboratori, esperimenti..) I temi della pedagogia dell’attivismo erano i seguenti: Puerocentrismo: ruolo essenziale del ragazzo in ogni processo educativo Valorizzazione del fare negli apprendimenti infantili Motivazione: ogni apprendimento reale deve essere collegato ad un interesse da parte del fanciullo Centralità dello studio dell’ambiente ( ciò che lo circonda invia stimoli al bambino ) Socializzazione come bisogno primario del fanciullo Antiautoritarismo Antintelletualismo TEORIA DELL’ESPERIENZA Scambio dell’esperienza tra soggetto e natura—> scambio attivo, trasforma entrambi. Lo scambio rimane sempre aperto ed è caratterizzato da uno squilibrio sul quale interviene il pensiero come mezzo di ricostruzione a sottoposto a nuove crisi e quindi ricerca di un nuovo equilibrio — > uomo che interagisce con l’ambiente circostante. ↳ UOMO E AMBIENTE - L'ESPERIENZA EDUCATIVA DEVE PARTIRE DALL'AMBIENTE IN CL VILE d L'ARRICCHIMENTO SI L L'ESPERIENZA È EDUCATIVA SE HA IN IN Ambiente CON Differenti IDEE PRODUCE ARRICCHIMENTO La pedagogia di Dewey si ispira al pragmatismo, permanente contato del momento teorico con quello pratico ed è impegnata a ricostruire una filosofia dell’educazione che assume un ruolo importante in campo politico e sociale COME PENSIAMO (1910, ed italiana 1961) Metodo del pensiero e della logica procedurale del pensiero riflessivo. Formare i giovani all’ “abito” mentale intelligente, rinnovamento della scuola e dei processi di apprendimento/insegnamento della vita di un individuo (pensiero riflessivo= costruire contesti scolastici favorevoli all’educazione e al miglior modo di pensare). Cosa significa EDUCARE per Dewey? Predisporre ambienti e materiali affinché i bambini e i ragazzi sperimentino situazioni di dubbio, incertezza, difficoltà che, quando sono equilibrate, spingono all’investigazione critica e all’indagine. Egli critica la scuola tradizionale del tempo- > contesto prettamente trasmissivo e tecnico. Secondo Dewey gli insegnanti/educatori erano coloro che dovevano consentire attraverso la predisposizione di ambienti e materiali adeguati la transizione dell’eccitazione su un piano intellettuale ampliare la conoscenza. ↳ affinché diventi curiosità che volga a ricerche affinché non si trasformi in abilità che consentono di nutrire l'intelletto risvegliare l'appetito e la sete di conoscenza LE FASI DEL PENSIERO RIFLESSIVO: 1. un stato di dubbio, esitazione da cui poi si origina il pensiero 2. Operazione di ricerc, di investigazione e di indagine per trovare materiali che risolveranno il dubbio —> l’iniziativa di imparare spetta all’allievo, l’insegnante rappresenta solo una guida e un direttore. LA CURIOSITÀ Ogni creatura vivente, quando è sveglia, è in interazione costante con il suo ambiente—> è impegnata in un processo consistente nell’agire sugli oggetti che lo ricordano, nel ricevere qualcosa da essi, stimoli e impressioni. Questo contesto costruisce la trama dell’esperienza. Gli esseri viventi inoltre possiedono delle tendenze che sono protese in avanti e all’esterno, che spingono verso qualcosa di nuovo —> curiosità Il pensiero riflessivo implica consequenzialità, continuità o ordinamento di suggestioni. L’accadere delle cose costituisce il pensiero, ma non quello riflessivo. La proprietà dell’ordine e della consequenzialità trasforma le suggestioni in pensiero riflessivo. (Solamente quando c’è un controllo della successione capace di trasformarla in un’ordinaria sequenza che conduca ad una conclusione contenente la forza intellettuale delle idee allora siamo in presenza del pensiero riflessivo) LE CONDIZIONI SCOLASTICHE DELL’EDUCAZIONE E DEL PENSIERO L’insegnante deve porsi un duplice problema nei riguardi della formazione degli abiti di pensierosi deve studiare i tratti e gli abiti individuali di ciascun alunno deve studiare quelle condizioni che possono modificare in meglio o in peggio le condizioni abituali nelle quali si esprimono le capacità dei singoli. Il pensiero è un processo, un qualcosa che accade, un evento che muta in continuazione, il pensiero effettivo fa sempre riferimento a qualche contesto ANALISI DEL PENSIERO RIFLESSIVO Nel momento in cui un individuo inizia a riflettere di conseguenza comincia a osservare per poter formulare l’inventario delle condizioni esistenti. I fattori correlativi e indispensabili della riflessione: sono sviluppati per mezzo DATI: formano il materiale che deve essere interpretato e chiarito IDEE: soluzioni suggerite dalle difficoltà rilevate dall’osservazione 3dell'osservazioneefere se ao che è possibile 5 fasi del pensiero riflessivo : 1. Suggestione 2. Intellettualizzazione 3. idea come guida 4. Il ragionamento 5. Il controllo dell’ipotesi I fattori del processo riflessivo 1. Giudizio —> noi facciamo la stima di qualcosa, selezioniamo e mettiamo in evidenza un particolare tratto di qualità 2. Comprensione —> capire significa afferrare, finché non abbiamo capito siamo turbati e siamo indotti a cercare 3. Concetto —> significati stabiliti, sono mezzi di giudizio perchè sono modelli di riferimento LEZIONE 21/10 contesto formale - scuda di ogni ordine e Grado contesto non formale - corsi di formazione contesto informale e comunità , familia, amici, relazioni... LEZIONE 22/10 PAOLO FREIRE Il suo lavoro si colloca nel 1921-1997 Nasce a Recife (Pernambuco) nel 1921 e nel 1947 si laurea in Giurisprudenza. Dopo la laurea decide di dedicarsi all’insegnamento della lingua portoghese—> prima a scuola poi in un’istituzione di formazione per adulti, infatti nel 1959 diventa dottore in filosofia e storia dell’educazione. Sviluppa la sua azione educativa in Brasile, ex colonia portoghese che ha ottenuto l’indipendenza nel 1822. ↓ Al tempo in questo paese c’era una grossa divergenza tra persone più ricche e con un livello culturale medio alto e persone impegnate in lavori subordinati con un basso livello culturale (analfabetizzazione). É un personaggio che ha avuto ruoli sia istituzionali che fpolitici all’interno dell’istituzione brasiliana, ed era anche un insegnante, prende infatti anche un dottorato e si “inventa” alcune idee su come insegnare e gestire i processi educativi —> il suo pensiero si basta infatti su due grandi tradizioni: da un lato alcune idee recuperate dalle prospettive marxiste e dall’altro alcune idee recuperate dal cattolicesimo. Vive in un paese complicato: era infatti presente un analfabetismo molto diffuso —> metà degli abitanti viveva nella cultura del silenzio —> data dall’impossibilità della maggior parte della popolazione a poter prendere parte a qualsiasi tipo di discussione pubblica, inoltre non potevano votare. Freire infatti assume la certezza di dover educare gli adulti: più fossero stati in grado di leggere e scrivere tanto più il paese sarebbe stato in grado di evolversi, anche in senso democratico. Freire viene invitato dal presidente della repubblica ad organizzare l’alfabetizzazione di adulti —> quale modello pedagogico utilizzare —> “circoli di cultura”. Nel 1964 c’è un golpe militare: Freire viene considerato un sovversivo poiché se avesse alfabetizzato il popolo, quest’ultimo avrebbe potuto mettere in dubbio la gerarchia utilizzata in quegli anni; viene infatti incarcerato per alcuni mesi e successivamente viene mandato in esilio. ↓ Q Bolivia : da dove va via x un altro golpe E ② ale conclude alcune sue scritture Si forma anche all’estero : ③ USA Insegna ad Harvard : & Ginevra : assume una carica importante e promuove l'alfabetizzazione in Paesi del terzo mondo Nel 1979 torna in Brasile dove fa il docente universitario e fa anche l’educatore e l’attivista sociale e assume sempre più potere anche nel campo della gestione politica del Brasile. Freire ha una formazione cristiana ed era anche un avido lettore di Marx. Nelle sue opere cita innumerevoli autori come Hegel, Buber, Fromm, Fanon, Dewey, Gramsci… BIBLIOGRAFIA —> Freire pubblicò più di 20 libri. LA PEDAGOGIA DEGLI OPPRESSI (costretto a subire un regime di continue sopraffazioni) ↓ É una sorta di manifesto della sua visione dell’educazione —> imprescindibile rapporto di fiducia che deve esserci tra educatore e educando. Esuli presenta due archetipi di educazione: depositaria problematizzante Mette in evidenza l’amore per il mondo e per gli uomini, impossibile da trovare in una situazione di oppressione —> il dialogo assume il ruolo centrale. È così strutturato: giustificazione della teoria dell’oppresso: dinamiche di pressione e falsa generosità. Senza coscienza critica —> oppressi quando cambiano status diventano più oppressori (gli oppressi che introiettano l’ombra degli oppressori e seguono i loro criteri, hanno paura della libertà in quanto quest’ultima, comportando l’espulsione di quest’ombra, esige che il vuoto da lei lasciato venga riempito con un altro “contenuto” cioè quello della loro autonomia/responsabilità senza la quale non sarebbero liberi —> la libertà esige una ricerca permanente) La concezione “depositaria” dell’educazione: rappresenta l’educazione di stampo classico, dove l’educatore deposita la propria conoscenza negli educandi, il cui compito è quello di immagazzinare quanto più materia possibile. L’educazione diventa pratica di dominio al servizio degli oppressori e non lascia spazio alla trasformazione o all’invenzione—> allievi non stimolati alla creatività o alla critica ma addestrati a rispettare l’ordine del sistema che li opprime Dialogicità e dialogo: pratica dialettica—>centrale nella proposta freiriana, la capacità di ascolto e una caratteristica fondamentale dell’educatore democratico Dialogo e anti-dialogo: ripresa e approfondimento di alcuni concetti del metodo dialettico " CONCETTI IMPORTANTI praxis: concetto centrale che Freire adotta per catturare il rapporto dialettico tra la coscienza e il mondo. Pratic e riflessione Partecipazione: poter creare, decidere e intervenire sfidando l’immobilita di essere oppressi. Essendo un atto collettivo la partecipazione è aperta all’apprendimento —> creare dialoghi e legami nelle analisi delle preoccupazione e dei problemi vissuti —> cambiamento a beneficio dell’ uguaglianza tra gli uomini Dialogo: favorisce l’incontro dell’uomo con il mondo, deve essere vissuto attraverso l’interazione tra soggetti in un atto di creazione e non può essere ridotto ad un atto di trasmissione di idee da un soggetto all’altro. Emancipazione: affinché avvenga ci vuole un cambiamento di mentalità da parte degli oppressi (coscienza critica) Assistenzialismo Freire sosteneva che l’oppressione derivasse da una condizione materiale che può condizionare la tua capacità di essere libero. Anche la più ricca persona al mondo può vivere dinamiche di oppressione. Egli sosteneva anche che chi è oppressore è esso stesso oppresso, e sosteneva anche la necessità di un terzo soggetto per liberarsi. FREIRE: L’UOMO E’ IN DIVENIRE Freire è un pedagogista ed ha una visione antropologica, cioè ha un’idea di chi è l’essere umano e cosa deve essere. Egli sostiene che l’uomo è divenire perché la sua natura antropologica, la sua essenza, tenderà sempre ad essere qualcosa di diverso, non è mai uguale a se stesso in nessun momento —>tende sempre a cambiare. La pedagogia degli oppressi si basa su queste 4 idee: 1. Assunto dialettico 2. Consapevolezza del se 3. Necessità del terzo soggetto per liberarsi: il terzo soggetto sono gli educatori, persone che si occupano di aiutare le altre persone a liberarsi. —> teoria emancipativa, liberarsi dai vincoli (spesso socio-culturali) che rendono le persone non libere. da uno scontro, un dibattito 4. Riflessione come momento di auto consapevolezza. & nascerà qualcosa di nuovo > perché ci sia un cambiamento deve essere dialettica MOVIMENTO DIALETTICO - ci La dialettica cerca sempre di rispondere alla domanda di come si sviluppo lo spirito nella storia, come è che le cose accadono e cambiano. Il movimento dialettico si sviluppa in 3 fasi: 1. La tesi: è lo stato di partenza del processo di sviluppo, la semplice cosa in sé. In questo stato gli oggetti della dialettica sono quelli che sono, si trovano in sé, il loro significato è quello palese ed evidente. 2. L’antitesi: è la negazione della tesi di partenza, per cui un’altra determinazione si oppone alla prima come parte diversa e contrapposta. La seconda fase costituisce la transizione: perchè un fenomeno muti è necessaria una negazione della cosa in sé, un cambiamento di “essenza”, un proiettarsi fuori di sé. (esempio personale: io per cambiare devo riconoscere e negare una parte della mia tesi, della mia identità —> è il momento in cui neghiamo qualcosa di noi stessi) 3. La sintesi è l’ultima parte del processo dialettico. È il momento in cui la tesi e l’antitesi si fondono in una nuova forma, la quale racchiude aspetti della prima e della seconda. È il momento in cui l’oggetto del mutamento supera la negazione e riacquista un nuovo significato in cui si trovano sintetizzati sia elementi della cosa originaria sia elementi della cosa negata. —> Affinché ci sia un cambiamento è necessario che qualcosa che esiste ed è esitabile, venga negato,discusso, combattuto, perchè da ciò si generi qualcosa di nuovo che incorpori qualcosa sia dell’uno che dell’altro. —> dopo un po’ questa sintesi diventa la nuova tesi. In questo movimento dialettico la storia si evolve. (Esempio nella slide 6!!! —> per emanciparmi devo negare qualcosa che fa parte di me, di chi sono —> fare ciò è spesso estremamente faticoso). Se si vuole generare una trasformazione si deve costruire un ambiente in cui si possa esercitare una dialettica —> se non generi un antitesi non puoi generare una sintesi. esempio : nello sviluppo di una pianta dal seme (Tesi) , al Fiore Cantitesi) , al Frutto (sintesi) , e Il Frutto che avida lo sviluppo dell'organismo e che costituisce il fine verso il cul il seme e il fiore tendono. Anche nella realtà naturale e storica lo sviluppo avvienex negazioni : Il fiore y diventare seme deve morire - negarsi , ma anche il fiore y diventare frutto deve morire. Allo stesso modo il bambino diviene adolescente solo se come bambino muore , e l'adolescente diventa adulto negando se stesso. L Ogni negazione è un'ulteriore determinazione. Il fiore nega la realtà del seme ma da senso alla vità del seme , traduce la sua fine in una vita ulteriore e più Progredita Gli oppressi vivono una condizione di contraddizione perchè incorporano il punto di vista di chi li ha resi schiavi —> il problema sorge quando ci chiediamo come potranno gli oppressi che portano dentro di se l’oppressore, partecipare all’elaborazione e della pedagogia della loro liberazione dato che sono soggetti a dualismo e inautenticità —> solo dal momento in cui scoprono di ospitare in sé l’oppressore potranno contribuire alla creazione comune della pedagogia che li libera. ↓ Nessuno possiede la libertà come condizione per essere libero: al contrario, si 6- lotta per la libertà perchè non la si possiede. La libertà è una condizione indispensabile al movimento di ricerca in cui gli uomini sono inseriti perché sono esseri inconclusi. Si impone quindi la necessità di superare la situazione di oppressione VINCOLI ALL'EMANCIPAZIONE L’uomo per se è chiamato a realizzare la propria umanità; non lo fa perchè non riesce a svincolarsi dalla “paura della libertà” che lo spinge a farsi oppressore oppure a restare legato alla propria situazione di oppresso. L’emancipazione é una conquista, solo mediante l’atto responsabile cui l’uomo si decide per essa e si impegna a realizzarla, egli intraprende il cammino della propria liberazione. La liberazione comunque non può essere ottenuta dall’uomo singolo con le sue sole forze, essa è il risultato di un processo che si realizza nel rapporto dialettico degli uomini tra loro, con la mediazione del mondo. 1.FASE DI RICERCA In questa fase di scoperta dell’universo del vocabolario, nella quale si incontrano le parole ed i temi generatori che sono relazionati alla vita quotidiana dell’alfabetizzazione dello studente e del gruppo sociale al quale appartengono. Queste parole generatrici sono selezionate in accordo alla loro lunghezza sillabica, al valore fonetico, e attraverso il senso sociale del gruppo. La scoperta di questo vocabolario universale può essere fatta attraverso riunioni informali con gli abitanti del luogo nel quale ogni schema verrà applicato. I temi generatori: questi temi e la loro analisi costituiscono lo sfondo degli apprendimenti di contenuto e sono orientati a creare le condizioni personali e di gruppo per poter apprendere, abbattendo ostacoli di intransitività quali disinteressi, distanza, paura, silenzio, scetticismo… 2.FASE DI TEMATIZZAZIONE In questa fase i temi risultanti dalla conoscenza iniziale saranno codificati e decodificati. In questo modo vengono scoperti nuovi temi generatori che sono in relazione con quelli incontrati precedentemente. 3.FASE DI PROBLEMATIZZAZIONE adesso possiamo tornare dall’estratto al concreto. Si ritrovano i limiti e le possibilità incontrati nella prima fase —> azioni concrete che vinceranno situazioni politiche, culturali, sociali ed economiche limitanti (ostacoli di “ominizzazione”), il processo di farsi uomo sarà necessario. L’abilità di leggere e scrivere si converte in strumento di lotta politica e sociale. l’obiettivo finale del metodo è la coscientizzazione. La realtà oppressiva è vissuta come un processo che può essere vinto. L’educazione per la liberazione deve risultare in una prassi trasformatrice, un atto di educare organizzato collettivamente con enfasi sul soggetto. LEZIONE 04/11 MARIA MONTESSORI Maria Montessori nacque a Chiaravalle il 31 agosto del 1870 da Renilde Stoppani e Alessandro Montessori, discendente di un’antica famiglia nobile di Bologna. Suo padre era un funzionario del nuovo stato italiano, era un uomo austero, conservatore, con un’educazione molto puntigliosa e un rigore militare molto molto rigido. Un punto di riferimento importante è stato lo zio Antonio Stoppani, abate e scienziato, che la avviò gli studi. Dalla madre ricevette un sostegno costante in tutte le sue scelte. Nel 1873 la famiglia si trasferì a Firenze e due anni dopo a Roma. Dopo il diploma conseguito alla Regi Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti di Roma si iscrisse alla facoltà di Scienza, dato che Medicina era accessibile solo a chi aveva compiuto gli studi classici —> dopo due anni si trasferì alla facoltà di Medicina e, nel 1896, una volta laureata divenne la prima donna medio dopo l’Unità di Italia. Maria Montessori aderisce e partecipa al movimento femminile di fine ‘800. —> anche se non si lega a specifiche associazioni e riviste, condivide pienamente le loro elaborazioni culturali e collabora ad esse. Essa fece la sua prima apparizione in pubblico proprio al Congresso Internazionale delle Donne del 1896 a Berlino, come delegata. —> nel 1898 partecipò al congresso pedagogico di Torino nel quale porta all’attenzione l’educazione l’educazione dei bambini “anormali” o “frenastenici”. Nello stesso anno nacque il figlio Mario, avuto da una relazione con il professore Montesano, che diede in affido per non creare scandalo. (Questo segnerà per sempre la sua vita, anche se il figlio collaborerà con lei nel suo lavoro). Subito dopo divenne direttrice della Scuola Magistrale Ortofrenica di Roma ed inizia ad insegnare antropologia e Igiene all’istituto superiore di Magister Femminile (sempre a Roma). Nel 1906 pubblica “Lezioni di Antropologia Pedagogica” ed inizia a insegnare questa materia. Nello stesso periodo visti i successi avuti con i bambini “anormali” inizia ad applicare il suo metodo anche ai bambini normodotati. 1907: prima casa dei bambini nel quartiere San lorenzo, proprio qui inizia a sviluppare il metodo montessori, aveva già una base ma continuerà a sviluppare e ad affinare il suo metodo. Due anni dopo pubblica “il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini” modificandolo fino al 1950. L’interesse generale per queste case dei bambini cresce a livello internazionale e molti studiosi vengono in Italia appositamente per studiare il metodo Montessori. Quest’ultima inizia a tenere corsi in molti paesi esteri, diffondendo così il suo metodo. Nel 1924 nasce la scuola magistrale Montessori e nel 1929 nasce l’Associazione Montessori Internazionale (AMI). RAPPORTI CON IL FASCISMO Intorno alla metà degli anni 20 Maria Montessori accettò l’appoggio di Mussolini per la creazione di nuove case per bambini in quanto era interessato a contrastare l’analfabetismo. ↓ educare i bambini e renderli indipendenti a andò infatti in contrasto con Mussolini che chiuse le sue scuole in Italia e lei fu "costretta" ad andarsene Nei primi anni del regime infatti la Montessori non ebbe ostacoli, riuscì ad aprir nuove case e a tenere corsi all’estero. I principali problemi ci furono durante gli anni ‘30 quando i principi del fascismo e quelli di “educazione libera” della Montessori iniziarono a scontrarsi —> Maria e il figlio si trovarono a girare tutta l’Europa. Nel periodo all’estero portò il suo metodo in tutto il mondo: prima in Europa, America e poi in Asia. Maria Montessori torna in Italia dopo la 2 guerra mondiale e ricostruisce il suo lavoro, viene invitata dal governo a riportare le case dei bambini e ristabilire l’opera Montessori. Muore nel 1952 a Noordwijk PENSIERO PEDAGOGICO si fonda su alcuni concetti di base: 1. L’educazione deve essere uguale per tutti e deve essere dettata dalla natura: la Montessori sostiene che i neonati, alla nascita, sono tutti uguali ed è quindi necessario che ricevano la stessa educazione durante i primi anni di vita. 2. il contatto con la natura e la sua funzione educativa: durante lo sviluppo 0-3 il bambino ha la capacità di assorbire l’ambiente che lo circonda rendendo possibili le fasi della crescita 3. Dai 3 ai 6 anni il bambino diventa cosciente dell’apprendimento e quindi ha bisogno di indipendenza, supporto e strumenti giusti per crescere —> sviluppa autonomia e indipendenza sperimentando il mondo. L’OSSERVAZIONE ALLA BASE DEL METODO Alla base del metodo Montessori e del suo sviluppo c’è l’osservazione, attraverso la quale capisce in che modo il bambino interagisce con l’ambiente e con il proprio tipo di apprendimento. Montessori applica il metodo medico-scientifico all’educazione e da qui inizia a costruire il suo pensiero pedagogico e il suo metodo. Quando si parla del metodo Montessori è importante capire come viene disposto e costruito l’ambiente —> ad esempio nella stanza di una scuola Montessoriana tutto è raggiungibile ai bambini (scaffali,tavoli) e sono molto leggeri in modo che il bambino possa spostarlo —> si da spazio all’interazione tra pari e all’esperienza che in base a come vuole impostare il proprio setting —> autonomia ed indipendenza. I suoi primi 3 libri: Descrivono teoria e pratica tratte dall’esperienza concreta - il metodo (1909) e dalle OSSERVAZIONI condotte nelle Case dei bambini e L’auto educazione (1916) nelle scuole elementari. L’autrice si concentra molto su Il mio diario (1922) aspetti utili alla pratica (Testo “l’autoeducazione” —> attraverso l’esperienza che ha il bambino capisce il suo limite e dove portarlo, anche sulla scrittura è il bambino che deve capire che ha necessità di imparare a scrivere) LA FIGURA DELL’EDUCANTE La maestra o il maestro non intervengono per, ad esempio, rispostare il tavolino o per dare l’oggetto, il bambino è autonomo in quello spaio, può fare quello che vuole —> la maestra/ il maestro è solo un osservatore che controlla innanzitutto che il setting sia sicuro e che non interviene per modificare l’apprendimento spiegando ad esempio come funziona lo strumento (o altro), semplicemente fa da guida, da lontano, non interviene e osserva. L’educante inoltre deve far capire al bambino che l’immobilità è il male perchè attraverso l’interazione, la conoscenza, l’esperienza che il bambino sviluppa l’apprendimento, l’indipendenza e l’autonomia. L’unico limite è il sociale —> nel momento in cui fa del male o non rispetta le persone che ha intorno —> il fanciullo deve procedere secondo la propria strada per raggiungere l’indipendenza sempre nel rispetto del contesto sociale in cui vive. LEZIONE 05/11