Psicologia dello Sviluppo - Lezione 18 Novembre 2024 PDF

Summary

Lezione di psicologia dello sviluppo del 18 novembre 2024. Il documento si concentra sul ruolo dell'adulto nello sviluppo della comunicazione e del linguaggio nei bambini, analizzando alcune caratteristiche del comportamento degli adulti, e le strategie per sostenerlo. Il documento analizza il linguaggio verbale e non verbale.

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Psicologia dello sviluppo Lezione 18 novembre 2024 Oggi ci soffermeremo su un aspetto fondamentale che è il ruolo dell’adulto. Perché il ruolo dell’adulto è importante nello sviluppo della comunicazione e del linguaggio e soprattutto come può l’adulto sostenere lo sviluppo della comunicazione del li...

Psicologia dello sviluppo Lezione 18 novembre 2024 Oggi ci soffermeremo su un aspetto fondamentale che è il ruolo dell’adulto. Perché il ruolo dell’adulto è importante nello sviluppo della comunicazione e del linguaggio e soprattutto come può l’adulto sostenere lo sviluppo della comunicazione del linguaggio nei bambini e nelle bambine. Vedremo alcune caratteristiche del comportamento degli adulti, alcune strategie per sostenere lo sviluppo del linguaggio. Quindi partendo dall’inizio, comunicazione e linguaggio. Perché non solo un termine? Perché comunicazione è qualche cosa di decisamente più ampio, comunicazione non è solo il linguaggio verbale tanto è vero che i bambini comunicano molto prima di acquisire la loro prima parola e anche noi adulti comunichiamo in modi diversi che non passano attraverso il linguaggio verbale. Comunichiamo attraverso le espressioni del nostro ruolo, attraverso la nostra postura, comunichiamo anche con aspetti come il tono della voce, le pause, i silenzi. E’ impossibile non comunicare. Qualunque cosa noi facciamo o non facciamo, è comunicazione, cioè un invio di un messaggio agli altri. Il linguaggio è quindi una forma di comunicazione basata su dei simboli che sono semi-convenzionali che cambiano ovviamente a seconda della lingua che parliamo che ci consente attraverso un numero relativamente non grandissimo, un numero finito di parole, se pur la lingua italiana è molto ricca, e di generare, per fare presto dovendo comunque seguire delle regole che rendono le frasi corrette o non corrette e comprensibili all’ascolto. Ma come dicevamo comunichiamo anche in molti altri modi e molto spesso la comunicazione che passa attraverso altri canali che non sono quelli verbali diventa altro. Se voi incontrate una persona che vi dice una parola ma vi sembra mostrare un significato opposto con la sua postura, con la sua espressione, tendenzialmente tendiamo a fidarci un po’ di più della comunicazione non verbale. Durante la vostra prima uscita con questo nuovo ragazzo, che ha le braccia conserte, il muso lungo, che parla con un tono di voce bassa, non è che ci convinca così tanto. In questi casi la comunicazione non verbale ci sembra più affidabile. E sulla comunicazione non verbale i bambini molto piccoli sono pari. Prima che i bambini parlino, il loro sguardo, la loro espressione, il loro pianto, il loro sorriso, sono tutte modalità attraverso il quale il genitore o chi in quel momento si sta prendendo cura di lui, deduce come sta il bambino o se ci sta chiedendo qualcosa. Sono strumenti attraverso il quale il bambino comunica il suo stato interno, i suoi bisogni, le sue necessità e il suo interesse verso chi è lì per lui. E’ chiaro però che quando ne rappresento il linguaggio verbale la possibilità di comunicazione si apre decisamente tantissimo. Noi attraverso le parole riusciamo ad esprimere, a raccontare, a esplicitare, a fare ragionamenti, riusciamo a comunicare cose che altrimenti sarebbe molto difficile comunicare. Possiamo parlare di qualcosa di astratto, che non è presente in quel momento. Possiamo descriverlo molto più dettagliatamente. Facciamo un esempio, della comunicazione legata al nostro stato interno: quando abbiamo il linguaggio verbale riusciamo a descrivere cosa stiamo provando in quel momento in modo sufficientemente chiaro e più comprensibile all’altro. Quindi sicuramente la posizione del linguaggio verbale influenza la capacità di comunicazione. Prima, in relazione ai bambini, dobbiamo dedurre qual è lo stato d’animo dall’espressione del volto, se è arrabbiato, o se non lo è. Dobbiamo immaginarlo sulla base di ciò che esterniamo, sulla base del comportamento del bambino, una volta che il linguaggio verbale è stato acquisito i bambini su questo ci possono aiutare. Una volta acquisito il linguaggio, migliorano anche le capacità di auto-regolazione cioè di monitoraggio e regolazione del proprio comportamento perché abbiamo utilizzato il linguaggio per regolare ciò che noi facciamo. Pensate a chi ha descritto bene questo processo, è qualche cosa che arriva per l’introiezione di qualcosa che non si è mai provato nell’interazione sociale. Mamma e papà aiutano i bambini a regolare il loro comportamento dicendo loro cosa si può fare e cosa non. In questo modo, poi i bambini attraverso queste interazioni con l’altro e allo stesso modo il loro linguaggio detto ad alta voce e poi nella mente , imparano a regolare il loro comportamento. Pensate anche a voi quando vi trovate in una situazione in cui avete bisogno di gestire il vostro comportamento, di modulare la vostra attivazione emotiva, molte volte il vostro linguaggio interiore non è più consapevole e fa un passo falso. Qui l’acquisizione del linguaggio in questo modo è importante anche per poter sviluppare la capacità di regolare maggiormente il proprio comportamento, la propria attivazione emotiva. E poi ancora, la settimana scorsa abbiamo descritto l’approccio di Vygotsky, sicuramente la posizione del linguaggio impatta anche sullo sviluppo del pensiero. Una volta acquisito il linguaggio, anche le nostre capacità di pensiero, il ragionamento logico, il problem solving vengono notevolmente influenzate dalla possibilità di utilizzare questo strumento culturale fondamentale che rende possibile una serie di attività e processi cognitivi che altrimenti sarebbero decisamente impossibili. Anche una volta acquisito il linguaggio e tutto il resto della comunicazione, continuiamo a comunicare sia attraverso il linguaggio verbale ma anche attraverso tutto il linguaggio non verbale, fatto per esempio di postura e di gesti, altro aspetto molto importante nella comunicazione. Oggi sappiamo che bambine e bambini sono naturalmente predisposti allo sviluppo delle abilità linguistiche. Vengono al mondo decisamente predisposti a comunicare con gli altri, vengono al mondo capaci di comunicare il loro stato interno attraverso l’espressione emotiva, l’espressione del volto, attraverso i loro primi comportamenti. Ma oggi sappiamo anche che non è soltanto questo ad impattare sullo sviluppo comunicativo e linguistico di bambini e bambine ma anche il tipo di esperienze che fanno , l’ambiente che incontrano. E’ un esempio che abbiamo fatto più volte, sappiamo che famiglie nei quali i genitori parlano di più ai bambini e alle bambine sono famiglie caratterizzate da figli e figlie con abilità linguistiche più ampie. Più i genitori parlano ai bambini e più ricco è il vocabolario dei bambini. Quindi l’esperienza, la familiarità, l’utilizzo del linguaggio nel contesto familiare e non solo, hanno un impatto importante per lo sviluppo comunicativo e linguistico. Questo per sottolineare come i genitori e in generale le figure adulte possono sostenere lo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino. Sul linguaggio e in particolare sull’apprendimento della lingua madre quella che alla quale si è esposti fin dalla nascita dobbiamo tenere in mente un aspetto importante: come i bambini apprendono una lingua ? L’apprendono in modo spontaneo, i bambini imparano non soltanto il vocabolario che caratterizza la lingua che stanno apprendendo, le parole dell’italiano per i bambini nel nostro contesto, ma imparano anche quali sono le regole con cui tenere insieme quelle parole. E’ vero che poi a questo si affiancherà lo studio formale della lingua che inizierà poi dalla scuola primaria e continuerà negli anni successivi, però quando arrivano alla primaria i bambini sanno già parlare, sanno già applicare le regole della loro lingua, chi più e chi meno. Ma lo sanno già fare. Non conoscono formalmente quelle regole, a meno che qualcuno non gliele abbia spiegate, però le sanno usare. Sanno creare frasi di senso compiuto che gli altri capiscono, sanno dire in ordine corretto soggetto-verbo- complemento, sanno utilizzare i verbi in modo corretto… Alcuni sanno già usare il congiuntivo. Perché lo sanno fare? Perché imparano, e questo denota la capacità cognitiva elevatissima dei bambini molto piccoli, deducendo le regole dalla loro esperienza e piano piano cercheremo di descrivere come avviene questo. Però l’acquisizione della prima lingua avviene in questo modo, cambia invece per l’acquisizione della seconda lingua soprattutto se la apprendiamo da grandi. Quali sono le diverse componenti del linguaggio? Dicevamo prima che sicuramente l’apprendimento avviene in parallelo nei bambini imparano i suoni che caratterizzano una lingua , il modo in cui possono essere combinati quei suoni per formare parole di senso compiuto nella lingua che stanno apprendendo. Imparano contemporaneamente il significato di quella parola che è fatta da quell’abbinamento di suoni particolari. Imparano quali sono le regole per utilizzare quel tipo di parola, quel tipo di scritta nel loro contesto culturale a seconda della situazione in cui trovano; cioè, viaggiano in parallelo con tempi diversi però avvengono tutte queste diverse componenti del linguaggio che però possono essere descritti separatamente. Una prima componente importante del linguaggio è quella fonologica: La fonologia corrisponde al sistema dei suoni che caratterizzano una lingua, cioè quelli che sono i fonemi, le unità di base che caratterizzano la lingua. I fonemi sono le più piccole unità di suono che sono presenti in una particolare lingua. Non tutti i fonemi sono presenti nelle lingue che vengono apprese. Per esempio, nella nostra lingua, alcuni fonemi non sono presenti ma sono presenti in altre. I bambini durante il primo anno di vita cominciano a familiarizzare con i fonemi, cioè con i suoni che sono presenti nella loro lingua; diventano abili conoscitori di quei fonemi a discapito dei fonemi che invece non sono presenti nella loro lingua. Questo è un punto importante. Non solo imparano a riconoscere i fonemi che sono caratteristici nella loro lingua, ma imparano anche quale sono le regole per unire questi fonemi tra di loro sempre attraverso l’esperienza. Ogni lingua ha regole diverse. Alcuni fonemi in italiano non possono stare insieme. Altre lingue hanno regole fonetiche molto diverse. Quindi, quando parliamo di fonologia facciamo riferimento sia all’aspetto dei fonemi e dei suoni tipici di una particolare lingua, di quelli che sono più frequenti o meno frequenti in una certa lingua, e sia a delle regole, ovvero questi fonemi possono o non possono essere abbinate tra di loro per formare suoni caratteristici e presenti. Una seconda componente importante del linguaggio è la semantica: la semantica ha a che fare con il significato delle parole, i bambini devono imparare anche questo Non soltanto i fonemi, ma anche il senso e il significato delle parole. Altra componente fondamentale del linguaggio è la grammatica: la grammatica ha a che fare con la struttura del linguaggio (dalla scuola primaria in poi). Possiamo individuare due componenti differenti all’interno della grammatica: la morfologia e la sintassi. Quando facciamo riferimento alla morfologia, facciamo riferimento alle unità più piccole dotate di significato all’interno di una lingua che sono i morfemi e alle regole che ci dicono come quei morfemi possono essere combinati tra di loro per creare parole di senso compiuto. Una parola, per esempio, è composta da una radice e da un prefisso o suffisso che ci consente di declinare una parola al singolare o al plurale. Mentre l’inizio della parola, la radice, è sempre identica. Ci consente di coniugare i verbi in modo differente, cambiando la parte finale della parola, mettendo la desinenza corretta. Quando parliamo di sintassi facciamo riferimento all’ordine della parola all’interno della frase; le regole sintattiche sono molto differenti a seconda della lingua. Dobbiamo imparare a costruire e ad utilizzare una sintassi che sia corretta per la lingua che stiamo utilizzando e dobbiamo imparare anche come cambia la sintassi a seconda per esempio se la frase sia affermativa, negativa o interrogativa. Ogni lingua ha le sue regole sintattiche che raccontano come debba essere costruita una frase affinchè possa essere riconosciuta e compresa dalle altre persone che parlano quella lingua. Anche perché se io mettessi delle parole in ordine sparso, la frase in italiano non si capirebbe più. Ci vuole un certo ordine perché la frase, a livello sintattico, possa essere dotata di significato di senso comprensibile non solo a chi l’ha pensata ma anche a chi l’ascolta e a chi la legge. Ultima componente fondamentale del linguaggio è la pragmatica. La pragmatica ha a che fare con l’utilizzo del linguaggio nel contesto. Regole che noi utilizziamo affinchè il linguaggio sia appropriato e consono al contesto nel quale ci troviamo. I bambini molto presto devono imparare le regole di pragmatica, dell’ utilizzo del linguaggio che sono parte della nostra vita che sono fondamentali per il nostro adattamento sociale. Per esempio, i diversi modi di salutare di ringraziare. Piano piano i bambini devono imparare che non possono dire “ciao” a chiunque incontrino per la strada ma che il saluto deve essere variato a seconda della persona che viene incontrata. Le regole di pragmatica e di una serie di altre sociali, hanno a che fare con un modo in cui utilizzo il linguaggio a seconda del contesto in cui mi trovo in modo che sia appropriato alle caratteristiche del contesto nel quale mi trovo. Ricordiamoci che queste componenti si sviluppano in modo sincrono. Quando parliamo di sviluppo del linguaggio possiamo sostanzialmente distinguere due periodi importanti: periodo pre-linguistico periodo linguistico Il periodo pre-linguistico è quello che precede la comparsa del linguaggio verbale Il periodo linguistico è quello che inizia con la comparsa delle prime parole Questi periodi non sono separati tra di loro, sono strettamente legati e ciò che accade nel primo periodo è importantissimo perché noi sappiamo che tutto ciò che accade prima della comparsa della prima parola in realtà può essere un fattore che favorisce lo sviluppo successivo. E’ un buon indicatore di quello che accadrà subito dopo. Quindi le caratteristiche dello sviluppo pre-linguistico ci consentono di avere un’informazione rispetto a come poi potrebbe accadere anche lo sviluppo del linguaggio. Quando parliamo di sviluppo pre-linguistico possiamo sostanzialmente individuare che abbiamo sia uno sviluppo legato alla componente fonologica che inizia già a partire dalla nascita, sia un altro aspetto centrale dello sviluppo pre-linguistico che è legato all’utilizzo dei gesti di tipo comunicativo che i bambini e le bambine cominciano ad utilizzare dalla seconda metà del primo anno di vita. Le differenze individuali sono elevatissime. C’è moltissima variabilità individuale legata alla comparsa della prima parola, alla rapidità con cui viene ampliato il vocabolario, alla capacità di utilizzare due o più parole, di combinare il gesto con la parola. Nel nostro percorso, vedremo che diversissime sono le esperienze quotidiane che dipendono dai loro ambienti di vita e questo impatta sulla velocità di acquisizione del linguaggio oltre alla componente biologica. E’ vero che le differenze sono molto elevate, è vero che i bambini e le bambine apprendono anche lingue diverse ma ciò che noi possiamo osservare nei bambini e nelle bambine indipendentemente dalla lingua che stanno apprendendo, sono alcune somiglianze, alcuni passaggi sempre identici. Prima osserviamo che compaiono delle forme di comunicazione pre-linguistica , che passano da suoni gutturali, vocalici, poi piano piano i bambini iniziano a combinare fra di loro quei suoni (consonante-vocale) producendo una combinazione di suoni, detta lallazione, che corrisponde alla ripetizione di sillabe. Dopo la comunicazione pre-linguistica, compaiono le lallazioni , sono un po’ più complesse, combinazioni di suoni che sembrano delle parole ma non sono ancora delle vere e proprie parole, non sono le parole convenzionali della lingua che stiamo apprendendo, pur avendo le caratteristiche simili a quelle delle parole. Pensate ai bambini molto piccoli che magari chiamano il loro pupazzetto con un nomignolo particolare, quelle non sono parole della lingua che stanno apprendendo ma sono delle protoparole, qualcosa che assomiglia e questo compare in molti bambini con delle parole che stanno apprendendo. Poi compaiono le parole che sono utilizzate singolarmente, la singola parola, poi compare la possibilità di utilizzare più parole in modo semplice, due parole affiancate una all'altra e poi piano piano la costruzione della frase. Indipendentemente quindi dalla lingua che viene appresa, noi possiamo osservare che questi passaggi dalla fase pre-linguistica sono davvero simili anche se già a livello di sviluppo fonologico, a livello di produzione di poche parole noi osserviamo delle differenze a seconda del contesto linguistico nel quale i bambini crescono perché già in questo momento comincia ad essere chiara l’influenza del contesto nel quale si cresce quindi della lingua che viene appresa. Lo sviluppo fonologico inizia dalla nascita e non termina nel periodo linguistico, prosegue e si conclude di solito entro i tre anni, anche se molto spesso alcuni fonemi quelli più complessi da pronunciare possono anche essere affinati dopo; sono i fonemi più complessi per esempio l'abbinamento S non semplicissimo da pronunciare spesso crea qualche difficoltà per i bambini alla scuola d'infanzia che hanno ancora qualche difficoltà a pronunciare perfettamente questi fonemi. E’ un'attenzione però che negli ultimi anni è davvero molto elevata, quindi molto spesso i bambini e le bambine vengono invitati a seguire percorsi logopedici per riuscire a pronunciare alcuni fonemi, quindi di solito tendenzialmente si chiude entro i tre anni a testare queste piccole difficoltà, ma ci sono fonemi più difficili che possono essere presenti ancora successivamente. La seconda componente fondamentale nel periodo pre-linguistico sono i gesti, abbiamo già incontrato un tipo di gesto e lo rincontreremo; i gesti sono una modalità comunicativa fondamentale in tutte le lingue, in tutte le culture, nella lingua e nella cultura italiana sono molto utilizzati anche dopo che si è appreso il linguaggio verbale, sono una parte della nostra comunicazione; sono però un aspetto molto importante e la possibilità e la capacità di bimbi e bimbe di utilizzare bene i gesti nei primi anni di vita o nel primo e nel secondo anno di vita sono un buon indice dello sviluppo linguistico successivo. Allora proviamo a vedere quali sono queste caratteristiche difficili di questo periodo pre-linguistico per quanto riguarda lo sviluppo fonologico. Più o meno vi ho raccontato quali sono le tappe tipiche che accomunano bimbi e bimbe che apprendono lingue diverse, proviamo a vederle un po’ più nello specifico: le prime forme di comunicazione naturalmente non verbale che noi osserviamo nei bambini e nelle bambine sono i suoni vegetativi e i pianti che sono presenti fin dalla prima settimana di vita; suoni gutturali legati al pianto, ai singhiozzi, ai ruttini, sbadigli, emettono tutti dei suoni che sono una comunicazione verso l'altro. Attenzione, il bambino la bambina non emette questi suoni, non piange con l’intento di far sì che mamma o papà si prenda cura del suo bisogno, lo fa in modo spontaneo. Ma chi è di fronte al bambino interpreta quel messaggio come un messaggio, come una comunicazione a lui o a lei diretta e quindi interviene. Questo è punto centrale per lo sviluppo dei bambini e delle bambine sul quale ritornerei spesso perché è fondamentale per lo sviluppo emotivo, oltre a quello linguistico, del bambino o della bambina e per chi si prende cura di lui. Quindi il bambino è consapevole di fare qualcosa ma non di emettere un segnale comunicativo verso il genitore però questa è l’attenzione che ha quel pianto o quel suono. Poco dopo intorno ai due mesi cominciano a comparire una forma di suoni differenti di solito sono suoni legati ai suoni vocalici che sono più semplici da emettere, emettono dei suoni simili a quelli del tubare dei colombi e alcuni suoni consonantici compaiono poco dopo intorno ai quattro mesi perché sono più complessi da emettere. Ciò che è importante notare per quanto riguarda lo sviluppo comunicativo e linguistico non è solo che i bambini e le bambine cominciano ad emettere questi primi suoni e questi fonemi presenti fin dalla nascita, ma quando noi osserviamo un’interazione tra il bambino e la bambina e l’adulto che in quel momento si sta relazionando con il bambino e la bambina, noi notiamo alcune caratteristiche molto importanti che sono state descritte per esempio da che l’hanno portato a chiamare questo tipo di interazione un accordo di conversazione. Che cosa vuol dire? Quando noi guardiamo l’interazione tra il genitore e il bambino noi vediamo qualche cosa che è simile ad una conversazione ma avviene senza linguaggio verbale soprattutto da parte del bambino (il genitore il linguaggio verbale lo utilizza) ma ci sono tutte una serie di caratteristiche che sono simili alle conversazioni tra adulti, tra persone che parlano il linguaggio verbale. I vocalizzi del bambino di solito sono presenti nelle pause del discorso del genitore che utilizza il suo linguaggio quando il bambino ha un momento di pausa. Questo iniziare con un’alternanza dei turni , aspetto tipico di una conversazione che funziona (parla uno e l’altro ascolta), è tipico delle interazioni con i bambini. E’ ovvio che all’inizio il ruolo di regolazione è più dell’adulto, ma il bambino comincia ad essere capace di utilizzare i suoi vocalizzi nelle pause fatte dall’adulto. Più è bravo l’adulto a rispettare l’attivazione del bambino e migliore diventa questa alternanza (video alternanza neonato-adulto). Quindi questo, mano a mano che il bambino con l’adulto imparerà ad interagire tra di loro è proprio questo scambio , è un’interazione che se noi mettessimo delle parole potrebbe funzionare. Da una parte abbiamo un bambino, in questo caso un bambino che utilizza vocalizzi che non ha ancora il rimando verbale della combinazione di consonante-vocale che comparirà dopo ma cominciamo ad osservare il ruolo attivo sviene svolto in modo alternato un po’ dal neonato e un po’ dall’adulto. Quest’alternanza di turni sarà centrale in tutte le conversazioni successive che segnano le caratteristiche del corpo della conversazione. Ne video appena visto si nota tutta una serie di aspetti che sono centrali nell’interazione precoce tra bambino piccolo e adulto, avete visto quanto la componente dell’emozione è presente, quanto l’imitazione è presente. All’inizio è più l’adulto che imita i vocalizzi del bambino, mano a mano l’imitazione diventerà sempre più condivisa; ogni tanto ci sarà l’adulto che imita il bambino e ogni tanto sarà il bambino che imita i suoni, le voci, il tono, proposto dall’adulto. Un’altra tappa fondamentale dello sviluppo del linguaggio è intorno alla metà del primo anno con la comparsa della lallazione. La prima forma di lallazione che compare viene chiamata lallazione canonica ed è la forma più semplice di lallazione che prevede la ripetizione della stessa sillaba (abbinamento vocale-consonante). Quindi il bambino o la bambina comincia ad abbinare una consonante a una vocale e la ripete (ma-ma- ma); al passaggio successivo compare la lallazione variata in cui non viene ancora ripetuta la stessa sillaba ma comincia a cambiare, cambia la vocale o cambia la consonante (ma-me). Attenzione al comportamento dell’adulto, qualcosa su cui torneremo ma è davvero fondamentale. Il comportamento dell’adulto di fronte alle prime produzioni nel bambino: avete visto questo genitore quando il bambino emetteva un vocalizzo lui ripeteva quel vocalizzo rinforzava quel vocalizzo sottolineando quanto avvenuto, sorridendo mostrando un’espressione compiaciuta di fronte al vocalizzo. Mano a mano che passa il tempo, i genitori rinforzeranno meno quel tipo di emissione di suono vocale e si sposterà, quando compare la lallazione, il genitore comincerà a sottolineare l’importanza di ciò che è accaduto anche perché di solito le prime lallazioni sono ma-ma-ma- “Sta dicendo mamma “ ma senza nessun intento di riferirsi alla mamma. Questo comportamento del genitore viene chiamato marcatura espressiva perché marca che sta accadendo qualcosa di importante, sottolinea l’importanza di ciò che è accaduto. Se ogni volta che il bambino emette un vocalizzo, io sorrido a 32 denti, vado lì, lo conforto, gli dico bravo che bello, il bambino produrrà maggiormente questo suono (l’ha raccontato Skinner un bel po’ di tempo fa). Quando però compare la lallazione, il genitore smette di rinforzare , di rimarcare il singolo suono, si sposta sulla lallazione che quindi diventerà sempre più frequente. Quando compare la lallazione variata, questa marcatura espressiva si sposta su questa nuova produzione linguistica, quindi l’adulto sostiene in questo modo lo sviluppo linguistico nei bambini e nelle bambine (video). I genitori sostengono queste lallazioni e attribuiscono un intento comunicativo (“Che cosa mi vuoi dire?”), danno un senso alla comunicazione che sta avvenendo e questo favorisce lo sviluppo linguistico nei bambini e nelle bambine (video). Questo video ci mostra anche la capacità di comprensione del bambino che è decisamente più alta rispetto alla sua capacità di produzione e ala mamma risponde a gesti (scuotere la testa). Dopo le lallazioni caconiche e variate, di solito compaiono le protoparole che fanno ancora parte del periodo pre-linguistico. Le protoparole compaiono di solito verso la fine del primo anno sono delle parole inventate dal bambino nel suo linguaggio personale che di solito conoscono le persone più familiari che non hanno un significato reale sono dei segni della lingua che il bambino sta apprendendo però vengono già utilizzate come dei segni che hanno un significato preciso; il bambino o la bambina utilizzano sempre quel termine per riferirsi al suo pupazzo, al suo cane, o alla sua mamma, o al suo amico.. la parola è sempre la stessa. Queste hanno caratteristiche simili alle parole della lingua che stanno apprendendo ma non sono parole della loro lingua. Vi mostro questo bellissimo dialogo tra due gemelli che ci racconta un po’ di questa importanza della comunicazione non verbale (video).Non sappiamo che cosa si siano raccontati questi due bimbi, però loro si sono capiti. Abbiamo visto com’erano precisi nell’alternanza dei suoni, parlava uno o parlava l’altro; hanno utilizzato moltissimo anche tutto ciò che è non verbale, i movimenti, i gesti, le espressioni. I gemelli hanno poi un modo particolare di crescere, di svilupparsi, anche per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio; costruiscono un linguaggio solo loro, che soltanto loro condividono e capiscono. Vediamo l’altro aspetto centrale dello sviluppo comunicativo pre- linguistico che è la comparsa dei gesti. I gesti sono azioni che vengono messe in atto con il nostro corpo, che hanno un intento comunicativo, vogliono comunicare qualcosa all’altro. Il bambino o la bambina li utilizza in questo modo. Sono tendenzialmente convenzionali, hanno un significato condiviso, convenzionale; si riferiscono a qualche cosa che è all’esterno del bambino o della bambina, qualcosa che vuole, qualcosa che lo o la interessa. Possiamo osservare dalla seconda metà del primo anno, all’incirca dagli 8 o 9 mesi. I 9 mesi momento importante di sviluppo dei bambini e delle bambine, si registrano grandissimi cambiamenti nella loro capacità di interazione con gli altri. Come vi dicevo sono un indicatore importante dello sviluppo dei bambini e delle bambine perché sono un indicatore precoce del successivo sviluppo linguistico. Bambini e bambine che utilizzano bene e tanto i gesti alla fine del primo e nel secondo anno sono bimbi e bimbe che avranno, da lì a qualche mese, un vocabolario più ricco. Ci sono due tipologie differenti di gesti: gesti deittici o performativi gesti referenziali o simbolici Sono due tipologie di gesti differenti che hanno caratteristiche diverse che tendenzialmente compaiono non in contemporanea. I gesti deittici sono la prima tipologia di gesti che di solito compare nello sviluppo dei bambini e delle bambine intorno agli 8 o 9 mesi. Vengono messi in atto dal bambino con un intento comunicativo, vuole comunicare qualche cosa al genitore, all’adulto che in quel momento è a fianco a lui/lei ed è un gesto che viene fatto dal bambino o dalla bambina facendo riferimento a qualcosa che è presente nell’ambiente vicino al bambino o alla bambina. E’ un gesto di cui possiamo comprendere il senso solo se vediamo la situazione in cui viene messo in atto: il bambino mostra qualcosa, indica. Indicare è il gesto più studiato. La capacità di comprendere il gesto di indicare, di usare il gesto di indicare, si sviluppa nel primo anno; all’inizio è il genitore che indica qualche cosa al bambino e il bambino all’inizio guarda il dito del genitore e in un secondo momento capisce che ciò che deve guardare è l’oggetto verso cui quel dito punta. E proprio dalla seconda metà del primo anno , la capacità di comprendere di guardare nella direzione corretta e la possibilità di effettuare il gesto di indicare. Il gesto di indicare è un gesto che può essere utilizzato con due funzioni diverse: può essere utilizzato come una funzione richiestiva o come una funzione dichiarativa. Il gesto viene utilizzato con funzione richiestiva quando il bambino mostra, indica, qualcosa all’adulto perché vuole che l’adulto faccia qualcosa al posto suo, per richiedere qualche cosa al genitore. Lo stesso gesto può essere utilizzato con funzione dichiarativa (attenzione condivisa), questo l’abbiamo incontrato qualche lezione fa per lo sviluppo dell’azione della mente. In questo caso lo stesso gesto dell’indicare, viene utilizzato non perché voglio che il genitore faccia qualcosa per me, ma perché voglio dichiarare il mio interesse verso un certo oggetto al genitore affinchè il genitore condivida con me l’attenzione su quell’oggetto. Di solito i gesti dichiarativi terminano con momenti di attenzione condivisa, altro momento centrale per lo sviluppo di bambini e bambine e Bruner descrive come in questi momenti di attenzione condivisa avvenga qualche cosa di importante. Pensate allo sviluppo nel linguaggio: un bambino o una bambina vede qualcosa che gli/le interessa, la indica al genitore e il genitore come prima cosa quando sposta l’attenzione su ciò che sta interessando il bambino è dire il nome di quell’oggetto e poi magari che funziona ha, a cosa serve, cosa si può fare con quell’oggetto però la denominazione dell’oggetto è il punto centrale dell’acquisizione di un nuovo vocabolo da parte del bambino. Quindi lo stesso tipo di gesto viene utilizzato in due modi diversi: per chiedere all’adulto di fare qualcosa che magari il bambino non è ancora in grado di fare per influenzare lo stato mentale dell’adulto, affinchè questo si attivi su ciò che in quel momento gli o le interessa In entrambi le funzioni, si tratta sempre di un gesto di cui riesco a comprendere il significato solo se osservo quella situazione. Diversi sono i gesti referenziali. I gesti referenziali o simbolici sono gesti che hanno un significato preciso indipendentemente dal contesto in viene messo in atto. Di solito compaiono all’inizio del secondo anno e il significato di quel gesto è sempre identico e non cambia a seconda della circostanza, della situazione in cui viene messo in atto. Possono essere utilizzati per riferirsi all’azione, all’oggetto, all’intento.. Per esempio, imparano a fare “ciao ciao” con la manina e utilizzano quel gesto, che è un gesto referenziale, ha sempre lo stesso significato a seconda del contesto nel quale viene messo in atto. Quando qualcosa per esempio sparisce non è più visibile, possono alzare le manine per dire non c’è più, è un gesto simbolico referenziale, ha sempre lo stesso significato (anche sì e no con la testa). Sono dei gesti che compaiono poco dopo, perché un po’ più complesso perché il referente è sempre lo stesso, un gesto simbolico che rimane sempre uguale indipendentemente dal contesto nel quale viene messo in atto e ha sempre lo stesso significato. I gesti rimarranno molto presenti nell’espressione comportamentale del bambino fino a quando le parole diventeranno dominanti, fino a quando il vocabolario del bambino non sarà sufficientemente ricco da poter consentire l’uso di due o più parole; fino ad allora il gesto affianca la comunicazione dei bambini e delle bambine. Un altro punto centrale per lo sviluppo comunicativo dei bambini e delle bambine è la comprensione del linguaggio; essi devono imparare non solo a dire qualche cosa, ma a capire; abbiamo già visto prima quel bambino che rispondeva alla domanda e scuoteva la testa dimostrando di aver compreso, pur non potendo ancora utilizzare una forma di linguaggio verbale e ci fermiamo su un aspetto ancora precedente che è legato ai fonemi, alla capacità di discriminare i fonemi. Abbiamo già visto in precedenza che nelle prime fasi di vita possono essere presenti dei momenti in cui si perdono delle capacità precedentemente presenti; questo è ciò che accade nel primo anno di vita rispetto allo sviluppo del linguaggio e in particolare rispetto alla discriminazione dei fonemi. I bambini e le bambine vengono al mondo capaci potenzialmente di discriminare tutti i fonemi, ma già nel corso del primo anno le loro capacità vengono orientate verso la loro lingua madre. Cioè, perdono la capacità di discriminare fonemi che non sono utili nel contesto nel quale stanno crescendo per diventare molto più abili a riconoscere fonemi che sono presenti nella loro lingua. Questo è utilissimo in un mondo caratterizzato dal dover imparare una sola lingua anche se oggi però, di fronte alla necessità di scambio più alta, ci può mettere più in difficoltà. Perché alcuni fonemi che non sono presenti nella nostra lingua, e che quindi abbiamo perso la capacità di discriminarli quando eravamo piccoli, per noi sono differenti. E quindi certi suoni che sono presenti in alcune lingue, come nelle lingue slave, rendono difficile per noi sentire che c’è una differenza tra questi. Questa capacità di comprensione precoce è stata studiata nei bambini molto piccoli; gli studi più classici hanno confrontato la capacità dei bambini americani e dei bambini giapponesi di discriminare fonemi che sono presenti in una lingua e non nell’altra. La lingua americana, come per la lingua italiana, distingue tra i fonemi che la caratterizzano due suoni diversi ; questo ci permette di riconoscere parole che hanno quel fonema e non l’altro. Nella lingua giapponese esiste un unico fonema e questo implica la difficoltà dei giapponesi di imparare, per esempio, la nostra lingua perché non sanno pronunciare i fonemi, non li comprendono e fanno anche fatica a sentirli. Alcuni studi si sono concentrati su bambini molto piccoli, quindi sui bambini nel primo anno di vita e hanno cominciato a studiare perché e quando i bambini giapponesi e i bambini americani cambiano questa loro capacità. E’ stato registrato la loro capacità di discriminare i fonemi nel primo semestre di vita e si osserva che sostanzialmente si comportano nello stesso modo, cioè che nei primi sei mesi di vita sono abili ugualmente a discriminare questi due fonemi; ma se sposto l’osservazione nei bambini di pochi mesi , alla fine del primo anno intorno ai 10 mesi, io vedrò che gli stessi bambini che pochi mesi fa sapevano discriminare allo stesso modo i fonemi, si comporteranno in modo diverso. I bambini americani saranno diventati ancora più bravi a discriminare quei fonemi, mentre i bambini giapponesi saranno meno bravi a discriminare questi fonemi. Sta succedendo che quei bambini si stanno specializzando nella loro lingua, a livello economico dobbiamo diventare più abili in quello che ci serve effettivamente e quindi tagliare ciò che non è utile e lavorare di più su ciò che a noi serve. Se vivo in un contesto statunitense e devo apprendere l’inglese, certi fonemi, certi suoni, servono perché è qualcosa di cui faccio esperienza quotidianamente e quindi è funzionale che io li conosca ancora di più; se vivo invece in un contesto linguistico in cui quei fonemi non ci sono e non esistono, la mia abilità di discriminare quei fonemi diminuisce. Ecco quindi che, alla fine del primo anno, cominciamo a specializzarci nella lingua che abbiamo appreso. Patricia Kuhl, neuroscienziata, è una delle studiose maggiori di questo aspetto con una serie di ricerche (video): quando viene fatto ascoltare, in questo caso, un fonema particolare e il bambino si gira dalla parte di chi lo emette, viene attivato lo stimolo che attiva poi l’interesse dei bambini e delle bambine. Con questo tipo di osservazione si è visto che i bambini e le bambine molto piccoli discriminano tutti i fonemi. Ma…Quanto è frequente quel suono nella mia lingua? Quante volte lo sento? Quindi i bambini cominciano a specializzarsi in suoni che sono statisticamente più frequenti nella loro lingua perché sono più utili per il loro sviluppo. Kuhl si chiede ora se e in che modo è possibile modificare questo aspetto osservando bambini esposti a due lingue diverse. Hanno preso fonemi presenti nella lingua cinese mandarina, e non in inglese, ed esposto bambini americani del periodo critico, quindi intorno ai 10 mesi, alla persona fisica che parla mandarino davanti a loro e ciò che si osserva è che questi bimbi nei mesi successivi sono abili quanto i cinesi a discriminare quei fonemi. Hanno provato a creare uno studio sperimentale nel quale oltre ai bambini americani esposti alla persona che parla cinese, hanno affiancato altri bambini che, attraverso lo schermo, guardavano una persona parlare cinese mandarino e un altro gruppo nel quale i bambini ascoltavano una voce che parlava in cinese mandarino. Ciò che si osserva è che questi due gruppi si comportano come i bambini americani che non sono stati esposti al cinese mandarino, cioè che non è la trasmissione immediata attraverso lo schermo e neanche sentire il linguaggio ad essere una condizione necessaria sufficiente affinchè i bambini facciano statistiche su quella lingua, ma è necessaria la presenza fisica della persona che parla cinese mandarino per far sì che i bambini e le bambine continuino a fare statistiche anche su quella lingua. Questo è un punto importante sull’apprendimento della lingua in prima infanzia. Questi studi ci raccontano che nel primo anno i bambini e le bambine si specializzano nella loro lingua o nella lingua alla quale sono esposti direttamente. La presentazione di una lingua inviata attraverso la televisione, o un computer o registrazioni audio non serve a nulla per riuscire a discriminare fonemi, ma è soltanto la presenza diretta ad essere utile. Questo aspetto ci fa capire quanto l’apprendimento sia basato sull’interazione sociale con una persona che interagisce con il bambino o con la bambina. Che cosa fa il bambino per la comprensione del linguaggio in questa prima fase nel periodo pre-linguistico? Non solo come ci dice Kuhl, fanno statistiche legate ai fonemi che sono più presenti o meno nella loro lingua ma, l’esposizione alla lingua consente al bambino e alla bambina anche di acquisire tutta una serie di altre conoscenze sulla lingua, di fare tutta una serie di analisi statistiche della loro lingua per esempio rispetto alle regole fonologiche, quali suoni possono stare insieme e quali no. Per esempio attraverso l’esposizione al linguaggio, possono vedere come vengono combinati tra di loro i suoni in modo più frequente o meno frequente nella lingua, e questo predispone poi all’acquisizione delle parole. Imparano quali sono le regolarità, quali sono gli accenti che caratterizzano la lingua, la melodia del discorso. All’interno di un discorso, che è un flusso di parole che l’adulto fa, i bambini e le bambine imparano a separare le singole parole, a capire dove finisce una parola e ne inizia un’altra sulla base delle ricorrenze di certi suoni. Questo linguaggio che gli adulti, e non solo gli adulti, utilizzano nei confronti dei bambini hanno certe caratteristiche, perché favorisce questo tipo di operazioni: individuare suoni, quelli che si presentano insieme, quelli ricorrenti, evidenziare la fine di un parola.. tutta una serie di analisi statistiche, ci dice Kuhl, che i bambini e le bambine fanno e che consentono questa acquisizione del linguaggio dei bambini e delle bambine. Non si ha bisogno di dire il significato della singola parola, parlando con i bambini le parole più comuni che hanno a che fare con la loro realtà quotidiana vengono apprese in questo modo: il bambino impara a dividere il flusso del suono che arriva in singole parole di senso compiuto. Impara che certi suoni non stanno insieme nella sua lingua perché ci sono regole nella dimensione fonologica che vengono apprese da lui in questo modo, non ha bisogno di studiare; apprende dall’esperienza, dall’esposizione al linguaggio. Proprio questo ci racconta perché è così importante questa fase nei bambini perché è solo attraverso l’esposizione al linguaggio che i bambini e le bambine hanno la possibilità di fare statistiche di frequenza dei suoni, dei fonemi , delle parole. Meno esperienza hanno, più fatica fanno a cogliere queste operazioni, quindi più lento è il processo di acquisizione del linguaggio. Più sono esposti al linguaggio, più c’è la presenza fisica di una persona che parla e che dialoga con loro, più diventa per loro possibile fare esperienze per fare statistiche, più abili diventano a discriminare la loro lingua, i suoni predominanti , quali suoni più frequenti, quali sono le sequenze di suoni ricorrenti nella frasi che vengono dette che costituiscono le singole unità cioè le parole, come le posso variare e così via. Quindi tutto ciò che sta accadendo prima ancora che il bambino pronunci la sua prima parola, è fondamentale perché potrà rendere più agevole o meno agevole il passaggio successivo alla fase linguistica. Per quanto riguarda la comprensione del linguaggio (la parte legata alla comprensione de fonemi ce la siamo detti), è evidente che la capacità dei bambini e delle bambine di comprendere ciò che viene detto, è molto più alta rispetto alla capacità di produrre testi che è ancora nulla per quanto riguarda le parole.

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