Capitolo 9 - Storia Contemporanea (PDF)
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Questo documento presenta un capitolo sulla storia contemporanea, dalla Grande Guerra ai giorni nostri, focalizzandosi sulle origini dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
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lOMoARcPSD|46709396 Capitolo 9 - Storia contemporanea: dalla Grande Guerra a oggi Storia Contemporanea (Università degli Studi di Milano) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato...
lOMoARcPSD|46709396 Capitolo 9 - Storia contemporanea: dalla Grande Guerra a oggi Storia Contemporanea (Università degli Studi di Milano) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 CAPITOLO 9 L'ETÀ DELLA GUERRA FREDDA La nascita dell’Onu Allo scopo di rifondare il sistema delle relazioni internazionali su basi più stabili, nella conferenza di San Francisco tra aprile e giugno 1945, ancora a guerra in corso, nacque l'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), ovvero un’organizzazione permanente che andava a sostituire la Società delle Nazioni nel compito di mantenere la pace e la sicurezza internazionale e di promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli. In questo contesto, 50 Stati sottoscrissero lo Statuto delle Nazioni Unite, ispirato ai principi della «Carta Atlantica» e basato sui principi dell’universalità e dell’uguaglianza tra le nazioni. I principali organi dell’Onu, tuttora esistenti, sono: 1. Assemblea generale degli Stati membri, che si riunisce annualmente e che può adottare solo risoluzioni non vincolanti; 2. Consiglio di sicurezza, che ha il potere di adottare misure e prendere decisioni vincolanti per gli Stati membri in caso di crisi internazionale e che si compone di 5 membri permanenti, ovvero le maggiori potenze vincitrici (USA, Urss poi Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) che godono di un diritto di veto, e altri 10 Stati membri eletti a turno; 3. Consiglio economico e sociale, da cui dipendono le agenzie specializzate (come Unesco, Fao e Unicef) per la cooperazione nei vari campi; 4. Corte internazionale di giustizia, che ha il compito di risolvere le controversie tra gli Stati membri e che ha sede a L’Aja, in Olanda. Contestualmente, nel tentativo di aggiornare il diritto internazionale, a guerra conclusa, il 6 ottobre 1945 gli alleati sottoscrissero la Carta del Tribunale militare internazionale, che prevedeva l’aggiunta di due nuovi capi d’accusa, ovvero «crimini contro l'umanità» e «cospirazione contro la pace», e la costituzione di tribunali militari per giudicare i crimini delle potenze sconfitte, da cui ne conseguirono i Processi di Norimberga contro i capi nazisti e i Processi di Tokyo contro i dirigenti giapponesi. Invece, in riferimento alle relazioni internazionali in campo economico, nel luglio 1944 furono sottoscritti gli Accordi di Bretton Woods, basati sulla filosofia economica americana e sugli interessi del capitalismo americano, denotando quindi un rafforzamento del controllo degli Stati Uniti sulle economie occidentali. Secondo tali accordi, furono istituiti: → Fondo monetario internazionale, con lo scopo di costituire un adeguato ammontare di riserve a cui gli Stati potessero attingere in caso di necessità e di assicurare la stabilità dei cambi fra le monete; → Banca mondiale, con il compito di concedere prestiti a medio lungo termine ai singoli Stati per favorirne la ricostruzione e lo sviluppo. Inoltre, in seguito all’Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt) stipulato a Ginevra nell’ottobre 1947, fu instaurato un sistema fondato sul libero scambio che prevedeva un generale abbassamento dei dazi doganali. I nuovi equilibri mondiali Il secondo conflitto mondiale segnò mutamento irreversibile degli equilibri internazionali, infatti, le antiche grandi potenze, ovvero Gran Bretagna e Francia, già esaurite dal primo conflitto mondiale, Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 persero le proprie posizioni di dominio e l’Europa perse definitivamente la sua centralità. In tal senso, le uniche superpotenze rimaste erano: → Stati Uniti, che vantavano una schiacciante superiorità economica e una netta supremazia militare; → Unione Sovietica, che disponeva di un imponente apparato industriale militare e che si estendeva su un vastissimo territorio, la metà orientale del continente europeo. Tuttavia, a partire dalla conferenza di Potsdam tra luglio e agosto 1945, in cui si stava elaborando un nuovo ordine internazionale, emersero tra le due superpotenze divergenze profonde, in particolare in riferimento al futuro dell’Europa, per cui: → Gli Stati Uniti puntavano a una ricostruzione nel segno dell’economia di mercato della libertà degli scambi internazionali, in modo da far valere la propria egemonia; → L’Unione Sovietica, che esercitava un forte controllo nei paesi occupati dell’Europa orientale con mezzi coercitivi, a discapito della volontà popolare, pretendeva dagli Stati aggressori adeguate riparazioni economiche e garanzie territoriali contro ogni possibile attacco. A guerra finita, l’ultimo atto di cooperazione tra Urss e Stati Uniti fu rappresentato dalla conferenza di pace di Parigi del luglio 1946, in cui furono definiti i trattati con i paesi che erano stati alleati dalla Germania. In seguito, i contrasti si approfondirono e gli Stati Uniti, in base alla «dottrina Truman», ovvero la strategia di politica estera ideata dal presidente Truman ed annunciata nel marzo 1947, applicarono la «teoria del contenimento» e si dichiararono pronti a intervenire militarmente in sostegno dei paesi che si sentissero minacciati da nuove mire espansionistiche dell’Urss, dando stabilmente origine ad un rapporto conflittuale. Tale rapporto conflittuale diede inizio alla «guerra fredda», così definita dal giornalista americano Walter Lippmann, la quale non fu mai combattuta direttamente, in quanto anche l’Urss si dotò dell’arma nucleare e un conflitto atomico avrebbe avuto conseguenze terrificanti per il mondo intero, ma solo con le armi dell’ideologia e della propaganda e che vide la formazione di un nuovo sistema bipolare diviso in due blocchi contrapposti: → Blocco occidentale, che riconosceva l’egemonia politica e culturale degli Stati Uniti e si ispirava agli ideali della democrazia rappresentativa del libero scambio dell’iniziativa individuale; → Blocco orientale, guidato dall’Urss e Organizzato secondo i principi del comunismo e dell’economia pianificata, in base ad un’etica anti-individualista fondata sulla disciplina e sul sacrificio. In questo contesto, in seguito alla suddivisione della Germania e della città di Berlino in quattro zone di occupazione (statunitense, britannica, francese e sovietica), come determinato nelle conferenze di Yalta e di Potsdam, nel giugno 1948 i sovietici attuarono il blocco di Berlino, che si trovava nella loro zona di occupazione, ostacolando tutti gli accessi via terra nella speranza di riuscire a isolare e a occupare la città, tuttavia, gli Alleati riuscirono comunque a rifornire la capitale attraverso un imponente ponte aereo e nel maggio 1949 i sovietici cedettero e il blocco fu rimosso. Date le tensioni, il 4 aprile 1949 i paesi dell’Europa occidentale, gli Stati Uniti e il Canada sottoscrissero a Washington il trattato del Nord Atlantico, conosciuto come «Patto atlantico», che sanciva un’alleanza difensiva e in forza del quale fu istituita la Nato (Organizzazione del trattato Nord Atlantico). Il 23 maggio 1949, con l’unificazione delle tre zone occidentali (statunitense, britannica e francese) della Germania, fu proclamata la Repubblica federale tedesca, che aveva la sua capitale a Bonn. In Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 risposta, nella parte orientale del paese, il 7 ottobre 1949 i sovietici proclamarono la Repubblica democratica tedesca, che aveva la sua capitale a Pankow (Berlino), e nel 1955 l’Urss e i paesi dell’Europa orientale sottoscrissero il Patto di Varsavia, che sanciva un'alleanza militare di cooperazione e mutua assistenza. Ricostruzione e riforme Nel dopo guerra, gli Stati Uniti si impegnarono a rilanciare le economie dei paesi dell’Europa occidentale, infatti, nel giugno 1947 l’amministrazione Truman lanciò l’European Recovery Program (Erp), conosciuto come «piano Marshall», ovvero un vasto programma di aiuti economici e materiali di ogni genere all’Europa, tuttavia, ne beneficiarono solo i paesi dell’Europa occidentale, in quanto i paesi dell’Europa orientale respinsero il progetto sotto imposizione dei sovietici, i quali pensavano che l’aiuto promesso fosse un modo per affermare l’egemonia americana all’interno dell’area di influenza sovietica. Contestualmente, negli Stati Uniti, il forte deficit del bilancio statale, gravato dalle spese militari e dalle spese per gli aiuti all’estero, e l’abolizione dei controlli sulle attività industriali provocarono un sensibile aumento del costo della vita, a cui seguirono scioperi e proteste operaie per rivendicazioni salariali. In risposta, nel 1947 il Congresso approvò, contro il volere del presidente Truman, il Taft- Hartley Act, che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Invece, il presidente Truman, che fu rieletto nel 1948, tentò di fare largo ricorso all’intervento statale ed elaborò il Fair Deal, ovvero un programma di politica economica e sociale che proponeva di portare avanti la politica riformista iniziata con il New Deal e che purtroppo si realizzò solo in parte, a causa delle resistenze del Congresso a maggioranza repubblicana. Allo stesso tempo, in Gran Bretagna, seguendo il piano Beveridge, si gettarono le basi del Welfare State (ovvero «Stato del benessere»), che aveva l’ambizione di assistere il cittadino nel corso della sua esistenza e, in particolare, nelle fasi della vita più difficili, nelle condizioni di maggiore disagio e nei settori sociali più svantaggiati. In tal senso, il nuovo governo guidato da Clement Attlee approvò una serie di provvedimenti per: 1. Nazionalizzazione delle industrie elettriche e carbonifere, della siderurgia e dei trasporti; 2. Introduzione del salario minimo; 3. Introduzione del Servizio sanitario nazionale, che prevedeva la completa gratuità delle prestazioni mediche; 4. Riformazione in senso progressivo della fiscalità; 5. Estensione del sistema di sicurezza sociale. L’Urss e le «democrazie popolari» Alla fine del secondo conflitto mondiale, nell’area di influenza sovietica nell’Europa orientale, l’Urss intraprese un processo di sovietizzazione, imponendo forzatamente il modello politico ed economico sovietico ai paesi occupati dall’Armata rossa, i quali furono trasformati in paesi «satelliti» subordinati allo «Stato-guida». In tali paesi (Polonia, Germania orientale, Ungheria, Romania, Bulgaria e Albania) si instaurarono «democrazie popolari», ovvero dei regimi in cui le istituzioni democratiche, seppur formalmente presenti, erano di fatto svuotate dei loro principi, in quanto, a causa di elezioni condizionate e manipolate, tutte le posizioni chiave furono attribuite ai partiti comunisti «fratelli», riuniti dal settembre 1947 nel Cominform, e gli altri partiti furono gradualmente emarginati, perseguitati e poi sciolti. Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 In questo contesto, costituirono dei casi a parte: → Cecoslovacchia, dove i comunisti avevano legittimamente ottenuto la maggioranza nelle elezioni del maggio 1946, denotando la formazione di un governo che era guidato dal leader comunista Klement Gottwald e che si fondava sull’alleanza tra i partiti di sinistra. Tuttavia, nel febbraio 1948, al momento di decidere circa l’accettazione degli aiuti del «piano Marshall», i comunisti, gli unici ad osteggiarne l’approvazione, attuarono un colpo di Stato e costrinsero il presidente della Repubblica, che poi si dimise, a nominare un nuovo governo da loro completamente controllato, il quale elaborò una nuova Costituzione che trasformava definitivamente il paese in una «democrazia popolare». → Jugoslavia, dove i comunisti, guidati dall’allora presidente della nuova Repubblica jugoslava Tito, si imposero facilmente al potere anche grazie al prestigio guadagnato con l’impegno nel movimento di Resistenza che aveva liberato il paese dall’occupazione nazista. Tuttavia, nel giugno 1948, quando si manifestò la volontà jugoslava di affermare la propria influenza nei Balcani e di perseguire una via autonoma allo sviluppo industriale, i comunisti jugoslavi furono accusati di deviazionismo e furono espulsi dal Cominform. In generale, l’imposizione del modello sovietico nei paesi occupati ebbe conseguenze profonde sugli assetti socio-economici dell’Europa orientale, infatti, grazie alla maggiore industrializzazione e alla nazionalizzazione delle imprese e delle banche, la crescita produttiva fu notevole ma lo sviluppo era condizionato dalla subordinazione dei paesi «satelliti» allo «Stato-guida», in quanto gli obiettivi di produzione erano regolati dal Comecon, il Consiglio di mutua assistenza economica fondato nel gennaio 1949, ed erano scelti in modo da risultare complementari a quelli dell’Urss. Rivoluzione in Cina, guerra in Corea Nel continente asiatico, nonostante la sconfitta del Giappone e la fine del conflitto mondiale, la Cina era sempre più lacerata dallo scontro tra il governo nazionalista di Chiang Kai-shek e i comunisti di Mao Zedong, che occupavano e amministravano ampie zone del territorio cinese. Infatti, fallito ogni tentativo di accordo, tra 1946 e 1947, Chiang Kai-shek lanciò una violenta offensiva militare contro i comunisti, che, dopo un primo arretramento, riuscirono a riorganizzarsi e a contrattaccare grazie all’appoggio delle masse contadine. Nel febbraio 1949 i comunisti di Mao Zedong occuparono Pechino e nell’aprile 1949 conquistarono anche Nanchino, l’allora capitale della Cina nazionalista, di conseguenza, Chiang Kai-shek e ciò che restava del governo e dell’esercito fuggirono sull’isola di Taiwan. L’1 ottobre 1949 fu proclamata la Repubblica popolare cinese, la quale fu subito riconosciuta dall’Urss e dalla Gran Bretagna ma non dagli Stati Uniti da molti dei loro alleati, che continuarono a considerare come legittimo governo cinese quello di Taiwan. Inoltre, l’Urss, preoccupata dall’emergere di una nuova potenza capace di proporsi come modello di società comunista, stipulò subito con il nuovo regime un trattato di amicizia e di mutua assistenza. Contestualmente, alla fine del secondo conflitto mondiale, la Corea, a lungo contesa tra Cina e Giappone, fu divisa in due zone, quali: → Corea del Nord, che era governata da un regime comunista guidato da Kim Il Sung e appoggiato dall’Urss; → Corea del Sud, che era governata da un governo nazionalista appoggiato dagli Stati Uniti. Nel giugno 1950, le forze della Nord-Corea invasero la Corea del Sud, determinando un’espansione del blocco comunista, perciò gli Stati Uniti intervennero e inviarono in Corea un forte contingente Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 che respinse l’avanzata nord-coreana, di conseguenza, la Cina appena formata di Mao Zedong decise di intervenire in difesa dei comunisti. Dato lo stallo, nell’aprile 1951 si aprirono le trattative tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord e i negoziati si conclusero nel 1953 con il ritorno alla situazione precedente, per cui la Corea fu nuovamente divisa in due da una zona demilitarizzata. Il Giappone: da nemico ad alleato Dopo la sconfitta, il Giappone fu sottoposto a un duro regime di occupazione affidato al generale MacArthur e, con la supervisione degli Stati Uniti, si affermò un modello di organizzazione politica e sociale ispirato all’Occidente. Infatti, nel 1946 fu approvata una nuova Costituzione, che decretò la nascita di una monarchia parlamentare in cui l’imperatore Hirohito poté conservare il trono. In questo contesto, con l’assistenza degli Stati Uniti, a partire dagli anni ‘50 la quasi completa assenza di spese militari imposta dal trattato di pace e una politica economica fondata sul contenimento dei consumi permisero una rapidissima ripresa economica, che puntò sui settori in crescita e sulle tecnologie d’avanguardia. Guerra fredda e coesistenza pacifica Il quinquennio tra la crisi di Berlino e la fine del conflitto in Corea (1948-1953) fu il periodo più buio della guerra fredda, infatti, in questo periodo: → In Urss furono accentuati i connotati autocratici e repressivi del regime, in particolare, dato che per mantenere unita la propria area di influenza, era necessario esercitare un forte controllo sul partito comunista centrale e sui partiti comunisti dei paesi «satelliti», furono attuate massicce «purghe» nei confronti dei dirigenti comunisti dell’Europa orientale, caratterizzate da arresti arbitrari, inverosimili accuse di tradimento o di altri crimini, confessioni estorte con la tortura e pesanti condanne; → Negli Stati Uniti nacque il «maccartismo», ovvero una campagna anti-comunista che ebbe il suo principale esponente nel senatore repubblicano Joseph McCarthy, presidente di una commissione parlamentare istituita per reprimere le «attività anti-americane» sovversive e, a tale scopo, nel 1950 il Congresso approvò l’Internal Security Act. In seguito, vi fu l’uscita di scena dei principali protagonisti della «guerra fredda», ovvero: → Il presidente statunitense Truman, che non si ripresentò alle elezioni presidenziali del 1952, in cui il generale Eisenhower, già comandante delle forze armate alleate nell’ultima fase della Seconda guerra mondiale, fu eletto trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti; → Stalin, che morì improvvisamente il 5 marzo 1953 e a cui succedette inizialmente una direzione collegiale, la quale nel giugno 1953 represse sanguinosamente la rivolta degli operai di Berlino Est per protestare contro le dure condizioni di vita imposte dal regime comunista, e successivamente Nikita Kruscëv, che, pur non apportando mutamenti sostanziali nella struttura di potere e nella gestione centralizzata dell’economia, si fece promotore di alcune significative aperture in politica estera e in politica interna, come: 1. Riconciliazione con i comunisti jugoslavi nel 1955; 2. Trattato di Vienna del 15 maggio 1955, con cui i sovietici accettarono di ritirare le proprie truppe di occupazione dall’Austria in cambio della neutralità del paese; 3. Scioglimento del Cominform nel 1956. 4. Maggiore attenzione alle condizioni di vita dei cittadini. Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 Kruscëv, inoltre, diede inizio ad un processo di destalinizzazione, che portò ad una sistematica denuncia dei crimini commessi in Unione Sovietica per volere di Stalin e dagli errori e delle deviazioni derivanti dal culto della personalità di Stalin e dall’eccessivo potere della burocrazia. La destalinizzazione ebbe effetti traumatizzanti nell’Europa orientale, in particolare in: - Polonia, dove, dopo una serie di proteste, i sovietici favorirono il ritorno al potere del leader comunista Gomulka, vittima delle epurazioni staliniste; - Ungheria, dove, dopo una serie di agitazioni che sfociarono in una vera e propria insurrezione, i sovietici favorirono l’ascesa al potere del leader comunista Nagy, che l’1 novembre 1956 annunciò l’uscita del paese dal Patto di Varsavia. Di conseguenza, dopo che le truppe sovietiche occuparono Budapest e stroncarono in pochi giorni la resistenza delle milizie popolari, Nagy fu fucilato e sostituito dal segretario del Partito comunista ungherese Kádár. In questo contesto, maturò un atteggiamento di accettazione reciproca che, pur non comportando alcuna tregua nei confronti ideologico o nella corsa agli armamenti, costituiva almeno la premessa per una coesistenza pacifica. Infatti, in questa fase, Stati Uniti e Urss rinunciarono ad agire militarmente fuori delle rispettive aree di influenza e arrivarono a collaborare per il mantenimento della pace durante la crisi di Suez del 1956, determinata dall'occupazione militare del canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito e Israele. Le democrazie europee e l’avvio dell’integrazione economica A partire dagli anni ‘50, nella parte centro-occidentale del continente, che aveva sofferto i traumi e le distruzioni della guerra, la ripresa economica e il rilancio produttivo furono accompagnati all’avvio di un processo di integrazione economica tra gli Stati. Infatti, il 18 aprile 1951 Francia, Germania occidentale, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo sottoscrissero il trattato di Parigi, con cui fu creata la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), che aveva il compito di coordinare la produzione e i prezzi nei settori chiave della grande industria. In seguito, il 25 marzo 1957 i sei Stati membri della Ceca sottoscrissero i trattati di Roma, con cui furono istituiti: → Comunità europea dell’energia atomica (Ceea) o Euratom, un ente che aveva il compito di coordinare gli sforzi dei paesi membri per lo sfruttamento pacifico dell’energia nucleare; → Comunità economica europea (Cee), un organismo che aveva il principale scopo di creare un Mercato comune (Mec) mediante il graduale abbassamento delle tariffe doganali, il coordinamento delle politiche industriali e la libera circolazione della forza-lavoro e dei capitali. I principali organi della Cee erano: 1. Commissione, ovvero un organismo tecnico che aveva lo scopo di proporre i piani di intervento e di disporne l’attuazione; 2. Consiglio, che era formato da delegati dei governi dei paesi membri; 3. Corte di giustizia, che aveva il compito di risolvere le controversie tra gli Stati membri; 4. Parlamento europeo, che era inizialmente composto da rappresentanti dei Parlamenti nazionali e che aveva funzioni puramente consultive; In questo contesto, spiccavano le esperienze di due Stati membri, quali: → Germania occidentale, che costituiva un caso esemplare di ripresa economica e politica, in particolare grazie all’aiuto degli Stati Uniti; Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 → Francia, che, al contrario delle altre democrazie europee, era caratterizzata da una forte instabilità istituzionale e politica, aspramente criticata dal generale De Gaulle, e che, nel corso della smobilitazione dell’impero coloniale francese, fu sconvolta dalla crisi algerina, a causa della quale il generale De Gaulle fu chiamato a formare un nuovo governo di coalizione con poteri straordinari mentre il Parlamento avviava un processo di revisione costituzionale. In seguito, De Gaulle nel 1958 fu eletto presidente della Repubblica e, come tale, risolse la crisi algerina con gli accordi di Evian del 1962, che riconoscevano l’indipendenza dell’Algeria, e nel 1966 ritirò le truppe francesi dall’organizzazione militare della Nato, pur senza mettere in discussione l’Alleanza atlantica. Distensione e confronto: gli anni di Kennedy e Kruscëv Nel 1960 John Fitzgerald Kennedy fu eletto trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti e, in riferimento alla politica interna, promosse alcune importanti riforme, tra cui: → Forte incremento della spesa pubblica per programmi sociali ed esplorazioni spaziali; → Sostegno al movimento per i diritti civili dei neri, guidato da Martin Luther King, allo scopo di imporre l’integrazione negli Stati che ancora praticavano forme di discriminazione razziale. Nonostante il clima di diffuso ottimismo e di apparente distensione tra i due blocchi, nel giugno 1961, a Vienna, il primo incontro tra Kennedy e Kruscëv, dedicato al problema di Berlino Ovest, si risolse in un fallimento e nell’agosto 1961 i sovietici costruirono il Muro di Berlino, ovvero un sistema di fortificazioni che separava la parte Ovest e la parte Est della città e che impediva la libera circolazione, rendendo pressoché impossibili le fughe dal settore orientale a quello occidentale. Altro motivo di scontro tra le due superpotenze fu l’isola di Cuba, dove gli Stati Uniti tentarono di soffocare il regime socialista di Fidel Castro mentre l’Unione Sovietica offrì ai cubani assistenza economica e militare allo scopo di installare alcune basi di lancio per missili nucleari. Nell’ottobre 1962, dopo che le basi missilistiche furono scoperte da aerei-spia americani, Kennedy ordinò un blocco navale attorno a Cuba per impedire alle navi sovietiche di raggiungere l’isola e Kruscëv, in cambio dell’impegno statunitense ad astenersi da azioni militari contro Cuba e a ritirare i loro missili nucleari dalle basi Nato in Turchia, acconsentì a smantellare le basi. Successivamente, tra le superpotenze si aprì un dialogo e, in seguito ai sempre più frequenti test nucleari, nell’agosto 1963 Stati Uniti e Urss firmarono un trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari nell’atmosfera, a causa della possibilità di contaminazione radioattiva dell’ambiente, mentre continuarono gli esperimenti nucleari sotterranei, meno pericolosi per le conseguenze sull’ambiente. Tuttavia, in questo contesto, si verificò l’uscita di scena dei principali protagonisti della scena internazionale, infatti: → Il 22 novembre 1962 Kennedy fu ucciso a Dallas, nel Texas, in un attentato di cui non si scoprirono mai i mandanti, di conseguenza, subentrò alla presidenza il vice-presidente Lyndon Johnson, che fu poi eletto trentaseiesimo presidente degli Stati Uniti nel 1964 e che riuscì ad ampliare alcuni importanti progetti avviati in epoca kennediana; → Nell’ottobre 1964 Kruscëv fu estromesso da tutte le sue cariche e sostituito da una direzione collegiale guidata da Leonid Brežnev, a causa delle divisioni interne e del fallimento della promessa al suo popolo di un livello di vita superiore a quello dei paesi capitalistici. Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 Nuove tensioni nei due blocchi: guerra del Vietnam e crisi cecoslovacca Tra 1964 e 1975, gli Stati Uniti, in nome della lotta contro il comunismo, parteciparono alla guerra del Vietnam, la quale fu oggetto di un acceso dibattito nell’opinione pubblica americana, tanto che i settori più progressisti, che consideravano il conflitto vietnamita una «guerra sporca» e fondamentalmente ingiusta in quanto contraria alle tradizioni della democrazia americana, furono protagonisti di imponenti manifestazioni di protesta e molti giovani in età di leva rifiutarono di indossare la divisa. Inizialmente il Vietnam era diviso in: → Vietnam del Nord, in cui vi era la Repubblica democratica del Vietnam governata dai comunisti di Ho Chi-minh appoggiati dall’Unione Sovietica e dalla Cina; → Vietnam del Sud, in cui vi era la Repubblica del Vietnam governata da un regime semi- dittatoriale appoggiato dagli Stati Uniti. Nel Vietnam del Sud, si sviluppò un movimento di guerriglia guidato dai comunisti e conosciuto come Vietcong, che godeva di vasti appoggi tra le masse contadine e che era sostenuto dal Vietnam del Nord, il quale infiltrò nel territorio truppe sempre più numerose del suo esercito regolare. Date le dimensioni del movimento, gli Stati Uniti inviarono nel Vietnam del Sud un contingente di consiglieri militari e nell’agosto 1964, in risposta ad un attacco subito da due navi da guerra statunitensi nel Golfo del Tonchino nel Mar Cinese Meridionale, il presidente Johnson ordinò una sempre maggiore dilatazione dell’impegno militare americano nel territorio vietnamita, il bombardamento di alcuni obiettivi militari nel Vietnam del Nord e, in seguito, bombardamenti sistematici. Nonostante i continui attacchi da parte degli Stati Uniti, che causarono danni strutturali rilevanti ma non decisivi nella società arretrata e contadina vietnamita, il morale della popolazione e del movimento non crollò e nei primi mesi del 1968 i Vietcong lanciarono una grande offensiva contro le principali città del Vietnam del Sud, di conseguenza, nel marzo 1968, Johnson ordinò la sospensione dei bombardamenti sul Vietnam del Nord. In seguito, nel 1969 il trentasettesimo presidente degli Stati Uniti Richard Nixon avviò negoziati ufficiali con il Vietnam del Nord e con i rappresentanti del Vietcong, riducendo progressivamente l’impegno militare americano nel territorio vietnamita. Tuttavia, allo stesso tempo, Nixon decise di allargare le operazioni belliche agli Stati confinanti, il Laos e la Cambogia, nel tentativo di tagliare le vie di rifornimento ai Vietcong. Infine, il 27 gennaio 1973 gli Stati Uniti e il Vietnam del Nord firmarono gli accordi di Parigi, i quali costituivano un armistizio che prevedeva il graduale ritiro delle forze statunitensi dal territorio vietnamita, e il 30 aprile 1975 i Vietcong e le truppe nord-vietnamite conquistarono Saigon, l’allora capitale del Vietnam del Sud, causando l’abbandono della città da parte dei membri del governo, mentre le guerriglie comunisti degli Stati confinanti conquistarono il Laos e la Cambogia, per cui gli Stati Uniti subirono la prima vera sconfitta politico-militare della loro storia. Invece, in Unione Sovietica, la direzione collegiale guidata da Brežnev in politica estera procedette al rafforzamento delle forze e delle attrezzature militari, assorbendo quote crescenti del bilancio a scapito del tenore di vita dei cittadini, e in politica interna accentuò la repressione di ogni forma di dissenso e fu ribadito il vincolo di subordinazione che legava lo Stato-guida e i paesi satelliti dell’Europa orientale. In questo contesto, spiccavano le esperienze di due paesi satelliti, quali: Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 → Romania, che, sotto la guida del partito comunista romeno di Ceauşescu, riuscì a conquistare una certa autonomia sia sul piano delle scelte economiche sia sul piano della politica internazionale; → Cecoslovacchia, dove nel 1968 il partito comunista cecoslovacco di Dubček, premuto dall’opinione pubblica, diede inizio alla «primavera di Praga» con un programma di radicale rinnovamento, comprendente l’introduzione di elementi di pluralismo economico e politico e di una più ampia libertà di stampa e di opinione. Tuttavia, la direzione collegiale sovietica percepì il mutamento come una minaccia per gli effetti di contagio che avrebbe potuto avere sugli altri paesi satelliti del blocco orientale e il 21 agosto 1968 le truppe sovietiche, insieme a reparti di altri paesi del Patto di Varsavia, occuparono la Cecoslovacchia, per cui i dirigenti riformisti furono costretti in un primo tempo a mantenere i loro incarichi sotto il controllo delle forze di occupazione e furono poi progressivamente emarginati per essere sostituiti con dirigenti fidati guidati da Husák, con cui cominciò una fase di normalizzazione e si chiuse ogni residuo spazio di libertà. La Cina di Mao Zedong Nel corso degli anni ‘50, la Cina di Mao Zedong, con l’obiettivo di proporsi, in concorrenza con l’Urss, come guida e modello per i movimenti rivoluzionari di tutto il mondo, in particolare, dei paesi che si stavano emancipando dal dominio coloniale, accentuò i tratti radicali del regime comunista. In tal senso, attuò processi di: → Industrializzazione, per cui i settori industriale e commerciale furono nazionalizzati, denotando una rapida crescita; → Collettivizzazione, per cui nel settore agricolo, in cui era occupata la maggior parte della popolazione, le terre furono distribuite tra i contadini in base alla riforma agraria del 1950 e, di conseguenza, furono create una miriade di piccole aziende agricole obbligate a riunirsi in cooperative controllate dalle autorità statali. Nel 1958, con la strategia del «grande balzo in avanti», le cooperative furono riunite in comuni popolari, ovvero unità più grandi che dovevano tendere all’autosufficienza economica, tuttavia, la produzione agricola crollò, provocando una spaventosa carestia e costringendo la Cina a massicce importazioni di cereali. L’Urss criticò ampiamente la strategia del «grande balzo in avanti» e accusò la Cina di deviazionismo, denotando nel 1958 l’inizio di una rottura tra i due paesi che raggiunse l’apice nel 1969 con lo scoppio di episodici scontri armati lungo il fiume Ussuri, tra la Siberia e la Manciuria, dovuti a divergenze territoriali di confine. Inoltre, il fallimento del «grande balzo in avanti» generò un terremoto all’interno del gruppo dirigente comunista, dando spazio alle componenti più moderate rappresentate dal presidente della Repubblica Liu Shan-chi. Di conseguenza, nel 1966 Mao, allo scopo di promuovere un radicale mutamento nella mentalità collettiva, lanciò una campagna politica che prese il nome di «rivoluzione culturale», con la quale si esortò i giovani a ribellarsi contro i dirigenti sospettati di percorrere la «via capitalistica», provocando una rivolta generazionale. I giovani rivoluzionari, conosciuti come «guardie rosse», denunciarono insegnanti, dirigenti politici, intellettuali e funzionari, i quali furono internati in «campi di rieducazione» e sottoposti a torture fisiche e psicologiche, provocando la morte di circa un milione di persone. A partire dal 1968, dato che la «rivoluzione culturale» stava Scaricato da Sabri Piazza ([email protected]) lOMoARcPSD|46709396 provocando profonde spaccature interne al partito comunista cinese, lo stesso Mao Zedong impose un arretramento al movimento da lui ideato e, in tal senso, le «guardie rosse» furono allontanate dalle città e i leader più radicali furono emarginati. La «rivoluzione culturale» si concluse nel settembre 1971 con la morte del maresciallo Lin Piao, protagonista della rivoluzione culturale e successore designato di Mao, che scomparve in un incidente avvolto nel mistero e che, per screditarne la figura, fu successivamente accusato di aver tentato di fuggire dopo un fallito complotto anti-maoista. Con la fine della «rivoluzione culturale», riacquistarono peso tecnici ed esperti, come il primo ministro cinese Chou En-lai, che avviò, a causa dall’isolamento economico e diplomatico in cui il paese si trovava, una linea di apertura in campo internazionale e, in particolare, con gli Stati Uniti, che fu sancita nell’ottobre 1971 dall’ammissione della Cina comunista all’Onu e nel febbraio 1972 da un viaggio del presidente Nixon a Pechino. Scaricato da Sabri Piazza ([email protected])