🎧 New: AI-Generated Podcasts Turn your study notes into engaging audio conversations. Learn more

qnalom-storia_contemporanea_1.downloadable.pdf

Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...

Full Transcript

Appunti di Storia Contemporanea - Lezioni di Bruno Maida DAMS Storia Università di Torino (UNITO) 62 pag. Document shared on https://www...

Appunti di Storia Contemporanea - Lezioni di Bruno Maida DAMS Storia Università di Torino (UNITO) 62 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ STORIA CONTEMPORANEA Che cos'è la storia? È il titolo di un opera pubblicata nel 1961 da un grande storico del 900, Edward Carr, tradotto in italiano in "Sei lezioni sulla storia", fu un grande storico e un protagonista del '900, un diplomatico, che vide da vicino i mutamenti che segnarono la storia europea e mondiale del '900, quel periodo così intenso e decisivo fra le due guerre mondiali, e in mezzo la crisi della democrazia, l'avvento dei fascismi, la nascita dell'unione sovietica e del comunismo, Carr fu l'autore di una monumentale opera in 14 volumi sull'Unione Sovietica, opera che fu utilissima a diversi studiosi del tempo. Egli conobbe queste trasformazioni e quindi la sua opera era una sorta di sintesi delle sue riflessioni di storia vissuta, e in quell'opera Carr dà una definizione di storia, e la sua definizioni è la seguente: "La storia è un continuo processo di interazione fra lo storico e i fatti storici, un dialogo senza fine fra passato e presente" È necessario affiancare una seconda definizione, in modo da poterle confrontare, la definizione di un altro grande storico del '900, Marc Bloch, fu uno storico del medioevo, scrisse diverse opere essenziali, che cambiò l'idea di studio, di fonti, di sguardo sulla storia del medioevo, fu altrettanto importante per la formazione di una rivista, Les Annales, fondata insieme a Luciene Febvre, ha cambiato il modo di fare storia nel '900, egli non visse tutto il '900 e durante la seconda guerra mondiale, all'invasione della Francia si arruolò prima nell'esercito e poi nella resistenza, e come tale fu catturato e fucilato. Durante quegli anni Bloch si occupò anche di occupare a scrivere una riflessione sulla storia, storia che fino a quel momento sembrava aver tradito gli uomini, definendola in questo modo, nell'opera Apologia della Storia o Il Mestiere dello Storico: "La storia è la scienza degli uomini nel tempo." Gli elementi comuni sono in primis la centralità dell'uomo, umanità come protagonista della storia, che sono protagonisti e costruiscono stati, istituzioni, applicano ideologie, e uomini anche che la scrivono la storia, ma non è sufficiente pensare agli uomini come elementi unici per definire la storia, anche perché una buona parte delle scienze si occupa di uomini, la medicina, l'antropologia, ecc. Un secondo elemento è l'uso del concetto del tempo, del passato, anch'esso da solo non è sufficiente, la storia non è la scienza del passato, come ad esempio la geologia, il tempo nella storia è più complesso, non è la misura, ma è il rapporto tra continuità e mutamento, ciò che segue in processi di lungo periodo e ciò che muta, ci pone un problema molto grosso: quello delle Periodizzazioni, cioè come questo tempo lo definiamo, per fratture, scansioni o continuità. Un terzo elemento, che è implicito, cioè che la materia della storia sono i fatti i storici. Tuttavia non si può dire il contrario, i fatti storici NON sono la storia, perché come vedremo, la storia è interpretazione, ma i fatti storici ne sono la materia essenziale. Un quarto elemento è che uno die protagonisti della storia è lo storico, qualcuno che vive in un tempo, portatore di idee, convinzioni, conoscenze, che ricostruisce la storia profondamente influenzato dal tempo in cui vive, questo è importante perché ogni storico porta parte di sé Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ dentro la storia, la storia non è oggettiva, lo storico ne condiziona l'interpretazione, e ci pone un altro grande problema: quello del rapporto tra storia e autobiografia, fra chi studia w insegna la storia, chi la legge e chi la acquisisce. Che cos'è un fatto storico? Poniamoci la domanda, che cosa ho fatto ieri? Se la risposta fosse: "Mi sono alzato, ho fatto colazione, mi sono vestito, sono andato al supermercato ecc." allora la natura della risposta sarebbe molto analitica, un accumulazione di fatti, senza nessuna gerarchia, senza nessuna selezione, la mia storia di ieri coincide con tutto quello che ho fatto. Se la risposta fosse: "Ho preparato questa lezione." allora il discorso cambierebbe, la mia storia di ieri coincide con l'evento essenziale, cioè ho selezionato quell'evento sulla base di un senso, su una mia interpretazione della giornata. Questa è una questione importante perché segna un momento storico fra '800 e '900, un passaggio, tra una storia che pensava che l'accumulazione, la conoscenza più globale di tutto ciò che è successo nel passato coincidesse con la storia, una storia enciclopedica, più so ciò che è accaduto più conosco la storia. E invece una storia di tipo diverso, che non parte da un accumulazione ma seleziona i fatti storici sulla base delle domande che ha, sulla base della conoscenza che costruisce, la domanda si focalizza su "Che cosa ho fatto che dà senso alla narrazione di ieri?" piuttosto che "Che cosa ho fatto ieri?" I fatti storici lo storico li deve conoscere, come Carr disse, per lo storico l'accuratezza è un dovere e non una virtù, sapere il più possibile di quell'evento è un dovere, come complimentarsi con un architetto perché il ponte che ha costruito non crolla. La storia non coincide con quel dovere, ma nasce nel momento in cui esiste una gerarchia che a sua volta nasce dalle domande che si pone. Quindi quand'è che un fatto diventa un fatto storico? Diventa un fatto storico quando assume un importanza che prima non aveva sulla conoscenza del passato e sulle base delle interpretazioni. Ecco un esempio: il 20 gennaio 1942 un gruppo di ministri tedeschi si incontra sul lago di Wansnsee discutono fra di loro e di questa discussione viene fatto un verbale, questo fatto prima della fine della guerra non era un fatto storico, quando però quel verbale viene rintracciato, veniamo a sapere che in quella riunione la stesura del verbale compiuto dal segretario Adolf Eichmann, sapendo cos'è accaduto, quello diventa un fatto storico, scopriamo che in quella riunione i tedeschi decisero e organizzarono in modo scientifico e industriale la soluzione finale. Ecco dunque che quell'evento divento un fatto storico che interessa lo storico, perché è ciò che distingue il passato dalla storia. Il passato è tutto ciò che è accaduto, conosciuto o meno, la storia invece non è tutto ciò che è accaduto, ma è l'interpretazione di ciò che è accaduto, cerca di dare un senso a ciò che è accaduto, per questo fa una selezione e un'interpretazione. Dunque qual è il rapporto tra passato e presente? Rifacendoci a Bloch, dove dice nel suo libro, il presente è necessario comprendere il passato e viceversa, il passato è sicuramente utile a comprendere il presente: ad esempio se noi prendiamo il documento della Costituzione Italiana ci accorgeremo di quanto sia difficile cambiarla, questo perché la costituzione precedente, Lo Statuto Albertino, era una costituzione flessibile, le cui normi potevano essere mutate, talmente flessibile che il fascismo aveva cambiando completamente la struttura e le regole dello Statuto Albertino, tanto che per paradosso, così come nel 1922 a Mussolini è stato dato l'incarico di formare il governo da parte del re Vittorio Emanuele III, seguendo l'articolo 5 dello Statuto Albertino che dava questo potere al re, così il 25 luglio del 43 e il re, sulla base di quello stesso articolo, toglie dagli incarichi a Mussolini e lo da Badoglio. Ad esempio quel passato ci fa capire perché la nostra Costituzione è così rigida. Il passato ha insegnato a chi è venuto dopo. Ma anche il presente ci fa comprendere il passato, il presente ci consente di andare a ritroso per comprendere i fenomeni, come la crisi del 2008 ci ha aiutato a comprendere le crisi del '29 e del passato. Il presente è anche lo storico, il tempo in cui vive, il presente aiuta a comprendere il passato perché è il tempo che lo storico ha imparato, il mondo di oggi che interpreta il mondo di ieri, per questo incontreremo un'interpretazione della storia diversa in ogni epoca. Benedetto Croce disse che la storia è sempre storia contemporanea, quel riverberarsi del passato nella storia che è essenziale per comprendere la storia stessa. Come si osservano i fatti storici? Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ Lo storico si ritrova in un'evidente impossibilità, non è presente quando i fatti storici accadono, ed è qui l'ambiguità. Nessuna scienza osserva tutti i fatti del passato, ne osserva soltanto una parte: ad esempio l'economista che studia la crisi del '29, non p che studiandola controlla ogni conto bancario del tempo, ma si occupa di statistiche riassuntive proveniente da fonti, non osserva ogni atto, li riassume attraverso documenti specifici. Oppure pensiamo a Freud, per elaborare la sua teoria non ha analizzato la psiche di tutti, ma ha selezionato le sue esperienze più memorabili, ha trovato una serie di tracce che gli hanno fatto elaborare quelle teorie, nessuno studioso ha davanti la completa realtà. Ciò che distingue i fatti dalle scienze umane a le scienze esatte, è che i fenomeni storici sono eccezionali in quanto non riproducibili, come invece sono i fenomeni scientifici. Questo perché la storia si occupa dell'elemento più mutevole nell'universo, cioè l'essere umano. Immaginiamo che lo storico possa trovarsi nel cuore degli eventi che studia, con capacità di muoversi nel tempo, quello storico in che condizioni si troverebbe? Ad esempio, nella Battaglia di Stalingrado, cosa vedrebbe? In realtà ben poco, porzioni piccole di una battaglia gigantesca, o pensiamo invece che possa sorvolare la zona volando, sarebbe capace di avere solo una dimensione generale, e fare ben poco attenzione ai particolari. Sempre lo storico si trova di fronte a una porzione di realtà, l'ambiguità sta nel fatto che la conoscenza dello storico non è una conoscenza legata ai fatti, ma alle tracce, alle testimonianze, nel momento in cui si trova di fronte queste cose, si trova di fronte alla storia. La conoscenza storica è una conoscenza per via di tracce, non riproduce l'evento ma lo ricostruisce attraverso le tracce del passato. Il passato di per sé è immodificabile, ciò che cambia è la nostra conoscenza storica, che muta in base alle nuove fonti, alle nuova tracce e alla nostra capacità di collegarli. Ciò che il passato ci restituisce non sempre ci arriva, come nella storia antica, dove le tracce sono molto preziose, nella storia contemporanea invece ci troviamo al contrario, sovrabbondanti di tracce, il problema oggi è riuscire a selezionare ciò che è utile da ciò che è secondario, dunque saper analizzare le fonti e avere regole e strumenti scientifici che lo storico utilizza. Le fonti si classificano tradizionalmente in questo modo: Fonti involontarie: sono quelle che ci sono arrivate dal passato senza che sano state prodotte per essere una fonte, non sono state volutamente tramandate ai posteri, come un diario personale, o anche uno strumento come l'aratro, non uno strumento narrativo, ma che ci spiega il funzionamento, l'uso, il livello tecnologico, ci aiuta a capire quel periodo. Fonti volontarie: sono quelle che sono volutamente pensate e dedicate ai posteri, come i testi storici, le autobiografie, o anche più semplicemente, una lapide, un monumento dei caduti. La fonte involontaria non è di per sé sincera, perché si omettono informazioni, le si distorcono, si sbagliano date e descrizione di eventi poiché il documento in sé non è pensato per trasmettere una determinata visione del mondo. La fonte volontaria non necessariamente ci interessa per quello che dice, ma per quello che significa, come le fonti agiografiche, i testi che raccontano le vite dei santi: per lo storico non è rilevante perché gli svela la verità dei miracoli, ma ci rivela il modo di pensare dei religiosi, delle comunità, e la costituzioni culturale di qualcuno che vuole diffondere un pensiero, paradossalmente ci interessa più per quello che non dice piuttosto che per quello che dice. Le testimonianze non parlano da sole, lo storico deve saperla interrogare, saper fare le domande giuste. Questa questione è un nodo essenziale, ci mette di fronte una terza funzione importante, una sorta di rivoluzione copernicana nel mondo delle fonti, che parte dalla rivista Les annales e i suoi fondatori, questa rivoluzione consiste nel sostituire la centralità del documento con la centralità delle domande. Fino all'800 la storia era ricostruito soprattutto attraverso la fonte scritta, i documenti diplomatici, i diari, limitate a una porzione limitata di popolazione che sapeva leggere e scrivere, e prodotte dalle classi dirigenti che governavano. Nel momento in cui c'è la necessita di cambiare lo sguardo, nascono le domande di rappresentare la storia dei milioni di "Renzo e Lucia", le masse propoli che entrano nel mondo storico attraverso la democrazie avanzante, le forme di partecipazione collettive, le proteste operaie ecc. A quel punto lo storico ha bisogno di altri fonti. Ad esempio per comprendere come vivevano le masse contadine, poco Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ ci interesserà il punto di vista del grande latifondista, ma dovremmo trovare delle fonti che ci restituisca il mondo contadino, uno sguardo agli utensili, alle case, ecco dunque che cambiando la domanda il mondo delle fonti si allarga straordinariamente, dunque in quel momento l'aratro, semplice attrezzo, diventa elemento per il lavoro dello storico. L'allargamento delle fonti indica anche la pluralità degli approcci e strumenti disciplinari che usa lo storico, se tutto diventa una fonte, allora risponderanno a competenze di analisi diverse, ad esempio: nella prima guerra mondiale sappiamo che molti soldati si rifiutavano di combattere a causa della situazione psicologica, tuttavia erano considerati pazzi, per capire quella vicenda dovremmo analizzare le cartelle cliniche di quei soldati, ma dovremmo avere una competenza scientifica e di medicina psichiatrica il lavoro dello storico dunque diventa multidisciplinare oppure interdisciplinare ovvero più studiosi di diverse discipline si concentrano su un certo evento, oppure interdisciplinare, ovvero lo storico cerca di acquisire più competenze possibili di una certa disciplina altro elemento da considerare e che queste fonti vanno raccolte come compito dello storico, quello di raccogliere e rendere conto tutte le fonti disponibili, attraverso ciò che scrive, come il sistema di formazioni nelle note, dove ci sono riferimenti a archivi e luoghi che lo storico a utilizzato, dandoci la possibilità di ricostruire il suo percorso di studi, per con testarlo criticarlo e così via. Un ulteriore tema è quello della verità o della falsità di un documento, solitamente non sono né falsi né veri, a volte vi sono errori involontari, come l'esempio del diario di prima. Oppure sono volontariamente falsi, come la fotografia notissima dei soldati sovietici su un palazzo a Berlino con una bandiera sovietica, in realtà la bandiera non c'era ma è stata aggiunta per propaganda, ci sono epoche di falsi, come le periodo del neoclassicismo, le fonti alla Hossenberg (?), l'invenzione di un a letteratura di miti per fondare le ragioni di quella comunità ma che sono evidentemente falsi. La il compito dello storico non è capire cosa è falso per gettarlo, o cosa è vero per acquisirlo perché dietro ogni falso c'è un falsario qualcuno che ha costruito quel falso, che ci dice molto. Una fotografia celebre quella degli americani a conquista di Okinawa, con i soldati che tengono la bandiera in una immagine di forza, come i soldati abbiano conquistato e rappresentato quella forza in una battaglia così lunga, in realtà nella foto originale i soldati faticano molto, erano di meno, erano deboli, quella falsa, più se tale, racconta meglio il significato di quell'evento, quindi dietro a ogni documento falso c'è una storia da raccontare, il documento falso più celebre la donazione di Costantino, cioè l'attribuzione del potere temporale del papa, ci dice molto sulla storia della chiesa sulla visione del mondo, scoperto poi da Lorenzo Balla nel 400. Fonti vere e false hanno bisogno di un analisi specifica non solo per capire cosa e vero e cosa è falso, ma anche comprendere le ragioni 3 in modo in cui sono stati costruite. Lo storico deve avere un metodo critico per analizzare le fonti, lo storico si muove seguendo alcune sintetiche norme essenziali, la prima cosa che fa è comparare documenti simili, per capire somiglianze, che sia unico o simile, il documento assoluto non esiste, esistono la pluralità di documenti. Il secondo aspetto è quello della coerenza con la società che l'ha prodotto, i casi estremi in cui in una fonte c'è un informazione che in quel tempo non poteva esserci, le fonti devono restituire il mondo in cui sono state prodotte. Un terzo aspetto e l'analisi filologica di un documento, un foglio scritto con la macchina da scrivere in età romana sarebbe filologicamente scorretto, ma la dimensione esterna, il materiale con cui è prodotto, ci restituiscono i caratteri esterni, e poi internamente, il contenuto, cosa dice tale documento. Poi deve rispondere al principio di verosimiglianza, cioè non potendo riprodurre il passato cerca di raccontare il tutto in modo verosimile, cercando di mettere insieme tutti gli aspetti. La restituzione ci pone il problema scientifico del linguaggio, in che modo la storia comunica, la storia non ha un suo linguaggio specifico come tante altre scienze, il linguaggio della storia è il linguaggio del tempo in cui viene scritta, coerente con la sua forma narrativa, la storia deve è stare attenta quando racconta ad usare termini così come sono stati e trasformati nel tempo, se noi usiamo nel '800 la parola schiavitù quando oramai non esiste più, la intenderemo in modo metaforico, oppure il linguaggio varia all'interno delle nazioni, come la parola "Holocaust" nei paesi anglosassoni viene usata, negli altri paesi invece si utilizza la parola "Shoah" con significato interno a quello dell'olocausto. Ogni paese ha una lingua e il significato varia. Il peccato mortale dello storico quando scrive è l'anacronismo, utilizzazione di termini e concetti non contestualizzate, che appartengono ad altre epoche. Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ Dunque la conoscenza storica è fondata sulle trace, sulla lor analisi scientifica, ed è fondata poi soprattutto sull'interpretazione, ovvero il tentativo di dare un significato degli eventi storici, significato che cambi a causa del tempo, degli strumenti e della nostra conoscenza. Le Periodizzazioni Il tema delle periodizzazioni fa emergere la parola date. Periodizzare la storia non significa ricordare una data, ma collocare in un determinato tempo, e quindi comprendere le ragioni di quella collocazione, un certo evento. In realtà periodizzare è un atteggiamento particolare. Umberto Eco, nei suoi sipari all'interno del quotidiano "L'Espresso" chiamati "Bustine di Minerva", parla anche delle periodizzazioni. Fa un esempio, dal punto di vista dello studente, a cui viene messo davanti una tripartizione manuale: Storia Medievale, Storia Moderna e Storia Contemporanea, se lo studente alla domanda "In quale manuale è presente la Rivoluzione Francese?" Rispondesse il manuale centrale, allora sarebbe capace di periodizzare, tanto più se fosse capace di individuare in quale parte del manuale è presente, ovvero quella finale, questo significa periodizzare. Ha saputo collocare temporalmente un evento, non mettendolo vicino a Carlo Magno, o alla seconda guerra mondiale, ma lo collocato in modo corretto e contestualizzato. Le due letture estreme della periodizzazione sono: L'interpretazione realistica: secondo la quale la periodizzazione è implicito nella realtà, è il riflesso della realtà, ad esempio 14 luglio del 1789, la presa della Bastiglia è talmente simbolica da essere selezionato come l'inizio della Rivoluzione Francese, così come Colombo che scende dalla Santa Maria a ottobre del 1492 dando inizio a una nuova epoca. Essendo il riflesso della realtà, la storia è un procedere per svolte, per rotture, il che significa che non ci siano tante periodizzazioni possibili, ce n'è solo una per ogni rottura, non ci sono più date possibili per la Rivoluzione Francese ne tanto meno per l'inizio della realtà moderna. Questa è l'interpretazione estrema di una visione positivistica, ovvero fattuale e oggettiva, in cui i fatti contano, sono imprescindibili, più ne conosciamo e meglio è. L'interpretazione della periodizzazione come "male necessario": cioè, un portato, una conseguenza dell'insicurezza scientifica oppure di un'esigenza didattica, ossia che è difficile considerare il tempo come un flusso continuo, senza svolte e senza fratture. Da questo punto di vista, la periodizzazione NON è il riflesso della realtà, ma è una DEFORMAZIONE della realtà, periodizzare significa inserire delle fratture dove invece la storia è continua, la data, la frattura è un'escamotage, per coprire processi più lenti e meno rigorosi. Da questo punto di vista siamo all'opposto dell'interpretazione precedente. Questa seconda interpretazione è l'estremizzazione di un punto di vista relativista. Dobbiamo considerare che entrambe queste interpretazione hanno qualcosa di vero, potremmo dire infatti che una periodizzazione non è del tutto una convenzione e non è neanche del tutto una realtà, potremmo dire cos'è e a cosa serve una periodizzazione. Una periodizzazione serve a rendere intellegibile e decifrabile il mutamento storico, conoscendo e determinando la successione di momenti e epoche in una stessa civiltà o di distante civiltà nell'umanità intera. Uno strumento che rende comprensibile il mutamento, il flusso della realtà e le sue trasformazioni. La tripartizione tradizionale, età medievale, moderna e contemporanea, è caratterizzata inevitabilmente da delle date: l'inizio dell'età medievale è considerata la fine dell'impero romano, il 476 d.c con l'ultimo imperatore Romolo Augustolo, sappiamo che attraversando l'intera epoca medievale arriviamo all'età moderna che viene fatta iniziare nel 14 ottobre del 1492, che a sua volta ci porta fino all'inizio dell'eta contemporanea, che comprende Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ il 14 luglio del 1789, la Rivoluzione Francese, ma si utilizza come data d'inizio il congresso di Vienna, ovvero il 1815: la fine delle guerre napoleoniche. Questo tipo di definizione ha diversi problemi. Indubbiamente segna fine e inizio di intere epoche, a partire dalla fine del '400 fino alla fine delle grandi rivoluzioni, indubbiamente troviamo dei caratteri succentemente uniformi da individuarci un'epoca intera. È una definizione, in primis, molto occidentale ed Eurocentrica, dimenticando la periodizzazione di altre parti del mondo, come la periodizzazione Asiatica o Africana, che è diversa dalla nostra. Quindi sì, c'è qualcosa di vero, ma è anche una convenzione. Questa tripartizione è ancora più convenzione perché non nasce a caso, fino all'Umanesimo il Medioevo non esisteva, vi erano Antichi e Moderni, vi era una rottura diversa, l'Umanesimo inventa il Medioevo come età cupa e buia, quell'età diventa parte della tripartizione, che nasce dentro alle università, in un riflesso di una specializzazione disciplinare. Il problema ritorna sempre, ci troviamo sempre nella necessità di indicare un prima e un dopo, quelle date per quanto individuino un fatto di importanza, individuano solo una porzione del cambiamento. Ad esempio la scoperta dell'America, indubbiamente il mondo si allarga e improvvisamente il mondo diventa più grande, avvengono fatti fuori dall'Europa, tuttavia se pensiamo a quella fase, nei decenni prima e dopo, troviamo trasformazioni altrettanto importanti, come ad esempio l'invenzione della stampa, o la riforma protestante, o ancora il processo lento della laicizzazione della politica, o addirittura la nascita dei primi stati nazionali. Fino al 1500 la parola secolo non indicava 100 anni, ma un periodo di tempo genericamente lungo, un'epoca, o il mondo intero. Con le lotte religiose si inizia a contare il tempo dall'anno del nascita di Gesù, L'anno Domini. Si inizia a contare il tempo in termini di 100 anni. La parola secolo, il tempo, la periodizzazione è cambiato nel tempo, noi stessi utilizziamo la parola secolo non per parlare di 100 anni, come il "secolo" di Luigi XIV, che è ben meno di un secolo, o ancora il secolo della borghesia, in realtà indichiamo dal 1815 alla prima guerra mondiale, un secolo che sta fuori dal secolo, o ancora è il '900 inteso come "secolo breve", cioè il periodo dal 1914 al 1989. Noi usiamo la parola secolo ma la stessa parola ha subito trasformazioni. Ci troviamo davanti alla necessità di dover periodizzare, è un bisogno scientifico, didattico, persino esistenziale. Alcune date simboleggiano con estrema forza, come il martedì nero del 1929, il crollo della borsa di Wall Street che ha portato a una fra le più grandi crisi mondiali. Yerushialmi definisce questi eventi irripetibili, irripetibile è una grande contraddizione, perché in realtà qualsiasi fatto è irripetibile, nessuno è uguale all'altro, ma indicare quella straordinaria irrepetibilità significa segnalarne il forte valore simbolico, come la caduta del muro di Berlino, significa la frantumazione di un simbolo che aveva incarnato l'oppressione, la privazione dell'oppressione, non segna la fine del comunismo, ma è un valore simbolico. La contemporaneità non è un elemento cronologico, è una relazione col presente, indica da un punto di vista teoretico ciò che noi individuiamo come caratteristica la nostra relazione ocn il presente. Contemporaneità sta alla Storia Contemporanea come la modernità sta alla Storia Moderna. Sono i caratteri che definiscono un'epoca. Bisogna dunque tenere ben presente una definizione, che scrive Benedetto Croce: "Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni." La storia è sempre contemporanea perché si riferisce sempre al presente, è una definizione importante perché rimanda al mestiere dello storico, al perché se ne occupa. Lo storico non si occupa del passato, ma cerca nel passato le risposte alle domande che si pone nel presente. Un esempio particolare è un'osservazione che fece Leopardi dopo aver finalmente raggiunto Roma dopo anni che cercava di fuggire da Recanati, dicendo che aveva trovato solo "Archeologi", solo elementi del passato, e nulla del presente. Quindi indipendentemente da differenza tra Storia Contemporanea e Contemporaneità, dobbiamo porci il problema di come periodizziamo la storia contemporanea, che ha un carattere diverso rispetto alle altre. Come abbiamo detto, la storia medievale inizia quando crolla l'impero romano e finisce con la scoperta dell'America, ovvero quando inizia la storia moderna che si conclude con la fase di transizione delle rivoluzioni e il congresso di Vienna, che viene usato Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ come punto di partenza della storia contemporanea. Il vero problema non è quando inizia la storia contemporanea, ma quando finisce. Per esempio, la storia contemporanea che nasce negli '60 come disciplina universitaria, fino a quel momento non esisteva, esisteva la storia moderna che arrivava fino alla seconda guerra mondiale, una delle principali opere, sulla storia dell'Italia dal periodo dalla Rivoluzione Francese fino ad oggi, scritto da Giorgio Candeloro, arrivava fino al dopoguerra, e questa raccolta di volumi si chiamava Storia dell'Italia MODERNA. Non possiamo dire quando finisce la storia contemporanea poiché si sposta completamente. Lo spostamento del punto finale è anche uno degli aspetti più affascinanti. Indubbiamente però possiamo interrogarci su quando inizia, vi sono tre principali interpretazioni: La storia contemporanea inizia con il Congresso di Vienna del 1815: dà un nuovo assetto alle relazioni nazionali e prende atto delle trasformazioni avvenute, sembrerebbe essere il momento finale di una transizione profonda avvenuta nel mondo dopo tre rivoluzioni, quella Industriale, quella Francese e quella Americana. Tre grandi rivoluzioni che hanno distrutto il mondo precedente, "L'Ancien Regime", o il modo di produrre. A partire dal 1815 nascono le grandi famiglie che determineranno le ideologie del 1800, il liberalismo, il socialismo e la democrazia. Dal '8000 anche il lento rivelarsi di una società di massa. La storia contemporanea come "lungo '900": si dipana a partire dall'ultimo trentennio dell'800, quindi la storia contemporanea inizierebbe al 1870, con la piena affermazione della società borghese anche perché siamo di fronte a una seconda rivoluzione industriale, che mette al centro nuovi prodotti, forme di energia, sistemi di fabbriche, metodi d'intrattenimento, ma è anche il periodo in cui sono nati nuove identità statale, e si affermano, come la Germania, L'italia, ma anche il Giappone che conosce una vera e propria rivoluzione, che porta all'affermazione militare i industriale giapponese. In più, col 1870 indichiamo un altro importante passaggio, riguardo i domini coloniali, dal tradizionale colonialismo all'affermazione dell'imperialismo. La storia contemporanea come '900: un novecento che inizia con la prima guerra mondiale e si conclude con la fine e dissoluzione dell'Unione Sovietica, questo significa mettere al centro le grandi ideologie del secolo, i fascismi, comunismi, le democrazie. E poi il '900 come parte della storia umana in cui si è dispiegata la società di massa, nei consumi, nella comunicazione, ma è anche il secolo in cui più si è dispiegato il ritmo di sviluppo economico, così come la potenza mortale degli uomini, le guerre hanno segnato gli uomini, dal punto di vista della distruzione e del numero di morti. In qualche modo queste tre interpretazioni sono intrecciabili. Un'altra definizione di storia contemporanea, di un grande storico inglese, Geoffrey Barraclough, scritta nella sua Guida alla storia contemporanea, cita la nascita della storia contemporanea che inizia quando iniziano a manifestarsi problemi che sono oggi rilevanti. Questa definizione che ha inizio in questo modo è importante da tenere presente, perché mette al centro quel rapporto tra presente e passato che lo storico si deve sempre porre, ciò che noi oggi vediamo come significativo ci domandiamo quando ha iniziato a manifestarsi. La Società di Massa Una delle caratteristiche della storia contemporanea è lo sviluppo dell a società di massa. Le tante definizioni date del '900 rinviano a questo: il secolo delle guerre, il secolo dei genocidi, il secolo delle ciminiere, il secolo dei bambini, in ogni caso ogni definizione rinvia alla partecipazione di massa. Le masse sterminate, le masse di soldati, le guerre gigantesche, le masse dei consumatori, le masse di donne e bambini e così via. Il carattere di massa è un carattere comune ai fenomeni novecenteschi. Massa indica qualcosa di uniforme, in senso negativo. In senso etimologico la "massa" è l'impasto del pane, elemento in cui diversi componenti perdono la loro specificità diventando Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ una cosa singola. Le masse dei consumatori che comprano le stesse cose, le masse di turisti che invadono le stesse città, le masse di appassionati di sport, un termine negativo che tende ad uniformare. a far perdere a ogni individuo la sua specificità. Un altro termine è usato in modo alternativo a massa, cioè le folle, qualcosa di un po più distinto, determinate da uno spazio definito, come le folle del 14 luglio 1489 alla presa della Bastiglia, le folle sono anche quelle di cui parla Manzoni, le folle che assaltono i forni delle grucce durante la carestia a Milano, le folle di appassionati che davanti al negozio di cellulare X aspettano in fila per poterlo acquistare, a volte le folle invece sono protagoniste di eventi di cose positive, come rivoluzioni che cambiano in meglio, sport che tifiamo, eccetera. Folle e Massa insomma, si sovrappongono, e tendono a identificare in momenti diversi soggetti diversi, nel 800 viene utilizzato il termine massa per identificare le classi subalterne, i contadini, gli operai, coloro che erano in gravi condizioni sociali. In altri casi le masse sono il contrario di questo, usato anche per indicare le classi medie moderate e misurate che costituiscono il cuore della nuova società borghesia, una massa indistinta ma vista in modo positivo. Poi ancora viene usato il modo psicosociale, le masse che agiscono e quando agiscono fanno paura, quelle che la borghesia ottocentesca chiama folle pericolose, coloro che agiscono nella storia, si comportano in modo conflittuale rispetto ala sistema esistente. Tra fine '800 e inizio '900 si determinano le due interpretazioni principali di ciò che intendiamo come massa o folla: La prima interpretazione, di Gustav Le Bon, in un testo chiamato Psicologia delle folle, scritto in quanto colpito da alcuni eventi di massa in Francia, come l'Affair Dreyfus o la comune di Parigi, poiché mette in gioco le masse, le folle che manifestano, per o contro l'innocenza o la colpevolezza di Dreyfus, lui analizza questi comportamenti, e per lui le folle sono l'opposto dell'individuo. L'individuo costruisce, le folle distruggono, folle come oggetti collettivi che sono mosse da un inconscio che deresponsabilizza l'individuo, disponibile all'autoritarismo. Massa e Folla coincidono, ed è comunque una lettura negativa e indubitabilmente lo certifica. La sua opera fu letta e presa in cara considerazione da Mussolini, la lettura di Le Bon aiuta a capire quando le masse diventano strumento politici e essenziali di una violenza collettiva, e da qui possiamo delineare una struttura ideologica, non continua, che collegherebbe l'ideologia di Le Bon all'avvento delle masse e all'avvento del Fascismo. La seconda interpretazione, altrettanto negativa, poiché aristocratica, in cui si denuncia la crisi della società aristocratica attraverso la nascita delle masse, in uno scritto di un filosofo spagnolo, José Ortega y Gasset, intitolato La ribellione delle masse, in quanto spettatore diretto della svolta autoritaria Spagnola, con Primo de Rivera, e anche spettatore del fascismo italiano. Secondo Ortega y Gasset abbiamo una crisi della democrazia che fa si che le moltitudini non siano più una ricchezza ma un pericolo, attraverso la formazione di un "uomo massa" perché è il soggettive più appetibile nei confronti di uomo massa, scrive infatti: "Massa è l'uomo medio, uomo in quanto non si differenza dagli altri uomini, ma ripete in sé stesso un tipo generico" oppure un'altra citazione " Semplicissimo ad essere enunciato, per quanto non sia altrettanto semplice ad essere analizzato, lo possiamo denominare il fenomeno della agglomerazione, del «pieno». Le città sono piene di gente. Le case, piene di inquilini. Gli alberghi, pieni di ospiti. I treni, pieni di viaggiatori. I caffè, pieni di consumatori. Le strade, piene di passanti. Le anticamere dei medici più noti, piene di ammalati. Gli spettacoli, non appena non sono troppo estemporanei, pieni di spettatori. Le spiagge, piene di bagnanti. Quello che prima non solleva essere un problema incomincia ad esserlo quasi a ogni momento: trovar posto." Lo vede in maniera pericolosa poiché mette in pericolo lo sviluppo della società aristocratica. Una definizione effettiva di società di massa è: "La società di massa è una società in cui la popolazione partecipa su larga scala alle attività di produzione, distribuzione e consumo di merce e servizi, non che a qualche forma di attività politica e culturale in quanto consumatrice di cultura di massa." Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ In questa definizioni abbiamo tre grandi questioni che definiscono la società di massa: la politica, la produzione e il consumo. Il rapporto tra Massa e Politica Per parlare di discorso fra massa e politica possiamo fare riferimento a un film, Il Trionfo della Volontà di Leni Riefenstahl, che si affiancò a Hitler nella produzione cinematografica e propagandistica della Germania Nazista, celebre per Olimpia per festeggiare le olimpiadi di Berlino. Il trionfo della volontà racconta il raduno nel '34 a Norimberga, la città simbolo del raduno nazista. C'è una totale identificazione tra popolo e potere politico, alternati a momenti dove c'è la celebrazione della potenza, dove politica e totalitarismo trovano il punto essenziale della loro rappresentazione in cui lo stesso cinema diventa strumento della celebrazione e della costruzione del consenso politico, in cui la folla uniforme nei gesti e nei comportamenti, piena di bambini, è una folla che definisce lo stesso spazio della celebrazione. Un grande storico tedesco George Mosse, fece notare come questi raduni segnarono una grande trasformazione nell'organizzazione dello spazio, non si organizzano in uno spazipo definito, come uno stadio, ma sono esse stesse a definire i limiti della loro celebrazione. Un secondo film, La Corazzata Potëmkin di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, in questo caso abbiamo una celebrazione della rivoluzione e poi del regime staliniano, ma allo stesso tempo ci colpisce perché ci dà un immagine in parte alternativa. Racconta l'ammutinamento di una nave a Odessa nel 1905, quella che viene detta la prima rivoluzione russa, soldati che si rifiutano di uccidere altri loro compagni che manifestavano. Ci sono alcuni morti per l'ammutinamento, poi dal porto arriva una massa di persone che attraversa la città di Odessa, masse rivoluzionarie, non raccontano la partecipazione del potere ma si oppongono al potere, quindi un secondo elemento importante del '900. Da questo punto di vista consideriamo due passaggi che segnano la storia contemporanea: Un evento persino precedente, un processo iniziato nel '500, ovvero la laicizzazione della politica. L apolitica non si fonda più sulla derivazione di Dio, ma diventa laica, nasce dagli uomini e dalle loro scelte e si riconosce anche nelle forme progressive di partecipazione delle diverse parti della società. Questo significa che lungo i secoli abbiamo la trasformazione da qualcosa che era dato per fondante, cioè la disuguaglianza fra le persone all'affermazione dell'uguaglianza come naturale. Se le persone sono uguali, si deve costruire in modo diverso la politica, le istituzioni e le forme del potere. Questa ha una conseguenza ulteriore, ovviamente se le persone sono naturalmente uguali e se il fondamento del potere non deriva da Dio ma dagli uomini, ecco che dunque che il rapporto tra chi governa e chi è governato non èp più dato per assoluto, ma è invece è un patto tra chi governa e chi è governato, un patto che definisce ruoli e limiti, dunque c'è il diritto di resistenza, il diritto di ribellarsi a chi ha il potere. Il passaggio dall'assolutismo, al diritto di resistere. Questo dato è importante poiché ci rinvia a un altro elemento importante, ovvero le decisioni politiche sono generate da una volontà collettiva, non più di una singola persona. Il momento successivo della rivoluzione francese, rimangono i semi dell'illuminismo e della rivoluzione, questo lo si vede con due aspetti essenziali dei nuovi sistemi politici, che comunque devono fare i conti da un minimo a un massimo di presenza con aspetti costituzionali e parlamentari. Costituzione e parlamenti rappresentano i due aspetti più nuovi e interessanti dei nuovi sistemi politici legati comunque al potere assoluto, che comunque devono fare i conti con le trasformazione della rivoluzione francese. Il costituzionalismo è la rappresentazione di quel patto, si definiscono i limiti stessi del potere, l'idea che un sistema politico sia definita da principi generali che valgono per tutti è n aspetto essenziale dei nuovi sistemi politici. Per l'Italia sappiamo che la prima costituzione è lo Statuto Albertino del 1848, una costituzione con grandi limiti, che rimane tale per esattamente un secolo, fino alla Costituzione Repubblicana del 1948, un quadro normativo decisamente più alto, una legge deve attenersi ai principi della costituzione. Altro elemento è il Parlamentarismo, sviluppatosi nel '800 anche se ne esistevano altri precedentemente, un po' più fallaci. I parlamenti hanno compito di determinare le leggi di un paese coloro che sono i rappresentanti del popolo. Questo significa che c'è una Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ rappresentanza delle persone, le persone che non accedono al potere sono rappresentate in parlamento. Parti del parlamento sono nominate, come il senato italiano, ma una parte sempre maggiore di persone che sono elette, quindi si presenta il problema del suffragio, fenomeno che tende ad allargarsi, con l'età, la dimensione di genere. Nel corso dell'800 sono due le cantieristiche da coloro che sono considerate elettori, un certo censo e una certa istruzione, due caratteristiche che al tempo limitano coloro che possono votare. I nuovi soggetti politici spingono sul suffragio, quindi da parte di partiti e sindacati di massa, cioè con l'affermazione del nuovo ruolo di soggetti collettivi, come le masse proletarie. significa partiti con caratteristiche di massa, interessi di massa, hanno persino dei simboli dei partiti, che rappresentano enormi quantità di persone, si caratterizzano per un ideologia narrata attraverso propaganda e comizi, costruendo una propria simbologia fatta di inni, di nomi, di figure, di bandiere, siamo dunque davanti alla professionalizzazione della politica, non più notai o proprietari terrieri che fanno politica. Questo aspetto ci fa capire che ogni nazione costruisce un insieme di valori che sono in grado di unire la nazione, attraverso istituzioni che educano i cittadini ad unirsi sotto lo stesso tetto patriottico, attraverso l'educazione di massa e la narrazione di un'identità nazionale. Questa idea di nazione in parte "inventata" in cui si costruiscono le sue ragioni è ben diversa da un altra caratteristica che si estenderà a fine ottocento, ovvero il nazionalismo: non più l'idea di nazione in quanto valore identitarie che caratterizzano quella forma tradizionale, ma il nazionalismo è aggressivo, nazione come diritti propri rispetto ad altri, una sorta di legittimazione alla possibilità di aggredire le altre nazioni. Questi aspetti si sviluppano nel '900, ponendosi alcuni problemi di fondo come il rapporto fra Democrazia e Totalitarismi, il tema del consenso e infine la comunicazione di massa, che diventano strumenti politici, mirato alla costruzione del consenso politico. Il rapporto tra Massa e Produzione Anche qui possiamo fare riferimento a due film, il primo è Metropolis di Fritz Lang, riflettendo sulle trasformazioni della società, sulle angosce della società, incarnando sotto diversi profili le paure e le angoscie, e gli stessi angoscianti comportamenti di massa. Nel film si vede un immagine fantascientifica della trasformazione di una società in cui le persone sono costrette a vivere con ritmi che tolgono umanità mettendo le macchine come unico motore vero e continuo della società. Il secondo film è Tempi Moderni di Charlie Chaplin, la serialità delle azioni dei comportamenti di massa si trasferisce in modo ironico all'interno della fabbrica, in una sorta di sconfitta dell'uomo davanti alla macchina. Questi due film rappresentano le trasformazioni del tempo, trasformazioni come la serialità, dettate da le tre grandi rivoluzioni industriali: la prima nella seconda metà del settecento, segnato dalla filatura come elemento della produzione e come fonte di energia il carbone. La seconda, quella di dine '800, segnata dalla chimica, dall'industria pesante e dall'energia elettrica, e una terza rivoluzione industriale, quella della seconda metà del '900, la nascita dell'energia atomica e dell'informatica. Gli aspetti caratteristici del '900 nel rapporto fra massa e produzione sono: La creazione delle fabbriche come luogo di lavoro e produzione, mettendo insieme macchine e uomini, differenziandosi dall'attività agricola, questo significa una progressiva diminuzione della manodopera qualificata a favore della manodopera che non ha bisogno di qualificazione, quindi facilmente sostituibile dalla stessa manodopera infantile o femminile non qualificato. La trasformazione urbanistica, lo spostamento delle popolazioni all'interno delle città, quindi la modifica stessa della realtà, dell'urbanizzazione, la presenza di grandi periferie, da un alto in cui abitano le grandi masse operaie ma anche una modificazione dei tempi di vita che invece intere generazioni avevano acquisito all'interno delle campagne: Sempre minore è la parte i popolazione che vive e produce per l'agricoltura. Questo noto proletariato va a definire un sistema di vita drammatico, un sistema in cui la fabbrica diventa il cuore pulsante di ogni attività, segna il tempo della vita delle persone, ma anche la nascita progressiva di diritti e di rivendicazione da parte del mondo operaio, ecco Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ dunque che i partiti incarneranno tale rivendicazioni, in parallelo alla nascita dei sindacati che difendono tali rivendicazioni. Il cambiamento della composizione sociale, la parte di popolazione sempre meno si occuperà di agricoltura, sempre di più in ambito industriale, e nella second parte del novecento sempre più ampio sarà invece il settore della borghesia impiegatizia, appunto impiegata nei servizi, nello stato e nell'industria privata. Il rapporto tra Massa e Consumi Anche qui facciamo riferimento a un film, Zabriske Point di Michelangelo Antonioni, dove nella scena finale nell'esplosione di una casa si vedono volare via gli oggetti simbolo del consumismo. Un racconto invece, di Italo Calvino, Marcovaldo al Supermarket, entra in un supermercato senza poter comprare nulla, ma accedendo alla visione dei consumi. Questi due sono elementi che dobbiamo ricordare: Il passaggio da un economia basato sull'autoconsumo, si consuma ciò che si produce, a un'economia basata sulla produzione di massa, dove si produce più rispetto a ciò che si consuma. L'acquisizione dei prodotti non è solo nella funzione di consumarli ma anche nella loro funzione simbolica, dello status sociale, nel percorso di vita degli individui. Un esempio tipico è il basso di Napoli, case povere in cui era però presente un televisore, non a segnalare una ricchezza ma a simboleggiare un sentimento di accessione alla possibilità del consumo, come elemento di fondazione della cittadinanza Dunque il consumo viene visto come elemento fondante del cittadino, affiancato al declino dell'autoconsumo, in sé la trasformazione dei luoghi del consumo, dal negozio di alimentari al ipermercato, luoghi della socialità, non dove si compra, ma dove si sta, dove si costruisce una sorta di piazza, di riproduzione cittadina. Il consumo si lega alla sua possibilità di diffusione, si passa dalla risposta ai bisogni delle persone alla creazione del bisogno, in questa trasformazione da vizio a virtù, noi vediamo come muti profondamente l'identità stessa del cittadino, riconosciuto non più e non solo nella sua funzione politica e sociale ma come consumatore sociale, facente parte della sua partecipazione nella comunità. Crisi e Sviluppo Partendo da un fenomeno che prende piede fra il 1873 e il 1896, ci si presenta una fase di grande crisi economica. A ridosso degli anni '70 possiamo far riconoscere il lungo 900, uno di queste ragioni è lo sviluppo di questa grande crisi, chiamata Grande Depressione, inizia come crisi agricola seguita da una grande crisi industriali, e i contemporanei sentono il peso di tale crisi, tuttavia guardando i dati complessivi, salvo la Russia, gli altri stati non decrescono, ma anzi il loro PIL aumenta, come il caso francese che cresce del 3%, o il 10% della Germania e dell'Inghilterra, e persino l'Italia cresce dell'1,5%. Se vediamo l'evoluzione della popolazione vediamo che cresce, fra il 1870 e il 1913, la popolazione aumenta del 126%, aumento che solitamente non si accompagna al periodo di crisi, la si può legare all'aumento della produzione manifatturiera che cresce del 400%, cosa che non era mai successa nella storia. In un certo senso la popolazione cresce tre volte meno rispetto alla produzione dei beni di consumo, rendendo evidenti gli sprechi. La dimensione contraddittoria è dovuta a questo: la grande espansione economica effettivamente accade ma anche con dei grandi costi e trasformazioni radicali che danno sentimenti di angoscia e paura a masse di persone, un esempio è la diffusione del fenomeno emigratorio, come l'Italia ad esempio, che emigra verso gli Stati Uniti, un fenomeno di grandissimo spaesamento, quindi una fase di trasformazione Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ dell'esistenza delle persone e così anche dell'economia, una fase in cui cambia la composizione stessa degli elementi che sono alla base dello sviluppo economico, come la presenza di forza lavoro dell'agricoltura, forza lavoro che si sposta nelle città e nelle fabbriche, storicamente questa fase viene chiamata Seconda Rivoluzione Industriale, con l'introduzione della siderurgia, il lavoro dei nuovi metalli, che permettono di costruire nuovi mezzi di trasporto resistenti, O pensiamo che cambia la fonte di energia, non più il carbone ma l'elettricità, le città diventano illuminate in un momento in cui tutti gli esseri umani avevano vissuto gran parte della loro esistenza al buio, ma non solo quello, l'utilizzo della luce permette ai tempi di lavoro di essere scanditi in modo diverso, se la luce continua ad esserci, si continua a lavorare, cambia profondamente la chimica con l'uso dei fertilizzanti, o anche la medicina, il tempo in cui si realizzano i raggi X, l'anestetico, le cure per la tubercolosi, si curano malattie per la quale precedentemente si moriva, o ancore alle comunicazioni, il tempo del telegrafo, del cinema della radio, strumenti che avvicinano, cambiano la nostra percezione mondiale. Non cambia soltanto l'economia ma cambia anche tutto il sistema economico e tutti i soggetti economici, dove la rivoluzione industriale non segue quello inglese, quello del libero mercato, in un espansione così ampia e veloce, inizia a manifestarsi il ruolo dello stato, perché soltanto lo stato è in grado di guidare le politiche economiche, non è la scelta del singolo industriale, ma l'economia è un elemento che determina le politiche degli stati dunque sono gli stati stessi a definirne le linee. Peraltro un processo che avviene in questi anni è la progressiva finalizzazione dell'economia, fino a quel momento l'economia aveva avuto le caratteristiche di tipo familiare, un imprenditore creava un industria finanziandola da se perché le dimensioni dell'impresa erano possibili da sostenere per un singolo individuo, più le industrie crescono producendo elementi diversi diventando gigantesche a quel punto il singolo imprenditore non è più sufficiente, occorre dunque creare una società per azioni, più imprenditori finanziano grandi imprese e in quel caso lo Stato si farà imprenditori finanziando direttamente le grandi imprese, come ad esempio il controllo dell'energia elettrica. Ma in questa trasformazione in cui si creano gruppi di imprese che si accodano nella produzione, nell'accordo dei prezzi, come nella produzione auto che richiede più tipologie di lavori diversi, e quindi di industrie diverse. Ciò che cambia in questa fase la geografia dell'economia, lo sviluppo degli Stati Uniti ad esempio, a cui parallelamente cresce l'industrializzazione del Giappone che sul piano asiatico e mondiale diventerà un soggetto essenziale, e infine sono gli anni dello sviluppo degli imperialismo, che sostituisce il colonialismo che aveva caratterizzato Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo, rimarranno forti solamente Inghilterra e Francia, l'imperialismo indica una trasformazione profonda del mondo in cui i grandi imperi si relazionano alle colonie, non è più un controllo diretto, ma il controllo delle sue concessioni, delle risorse, la possibilità di investire in quei paesi, quest'espansione europea determina una ricchezza tale per cui le grandi industrie hanno bisogno di vendere i prodotti e investire capitali, ecco che le colonie vengono viste come luogo dove investire le risorse. Questa dimensione dell'imperialismo significa che nella progressiva divisione di tutti i territori, che finisce nel 800 il conflitto per il controllo di questi territori e le loro risorse sarà fonte di conflitti fra i paesi che aumenteranno sempre di più, le esigenze di sviluppo economico e prestigio economico che porteranno allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Quando si parla di crisi si parla di crisi cicliche, anche se stanno aumentando gli strumenti degli stati per saper affrontare le crisi, aumentano anche gli strumenti di protezione alle singole persone, le assicurazioni e così via, il '900 si caratterizza come lunghi momenti di crisi che ci aiutano a capire le trasformazioni dell'economia. La Crisi del '29 Le radici della crisi si collocano negli Stati Uniti, che escono dalla prima guerra mondiale in modo favorito, con pochi morti, senza aver il loro territorio colpito, entrato tardi nella guerra e uscendo vincitore, con grandi crediti da parte degli altri paesi e una moneta sempre più forte, Uscendo rafforzati dalla prima guerra mondiale, l'orgoglio americano è molto forte, anni di grandi fiducia e contraddizioni. Gli anni '20 sono un momento di grandissimi espansione e felicità degli Stati Uniti, addirittura chiamati "Roaring Twenties" l'età del jazz, della libertà, della Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ rottura del corpo femminile, desiderio di cambiamento, modernità, rischio, anni della diffusione dell'automobile incarnando l'ideologia di potenza, libertà e forza. Anche il cinema ha un grande ruolo, il cinema nasce alla fine dell'800 ma alla fine degli anni '20 viene introdotto il sonoro, e nel cinema troviamo elementi della modernità, della grandezza, ma anche delle contraddizioni. Questa trasformazione radicale vede gli Stati Uniti come uno dei centri essenziali, attraverso il cambiamento dell'organizzazione produttiva. Due nomi fra tutti: Frederick Taylor, che nel 1911 sviluppa un nuovo modello di organizzazione del lavoro che parte dalla pianificazione e divisione del lavoro, dall'artigiano che produce tutto a un operaio che svolge una specifica mansione, questo determina ritmi rapidi e la pianificazione diventa uno strumento essenziale nell'espansione della fabbrica moderna. Un secondo nome è Harry Ford che applica il metodo Tayloristico nelle sue fabbriche con lo strumento della catena di montaggio, nella sua produzione automobilistica. Il Fordismo si fonda sulla catena di montaggio, un modello paternalistico in cui il padrone della fabbrica determina i tempi del lavoro ma anche in una serie di strumenti nel miglioramento delle condizioni dei lavoratori, in primis l'aumento dei salari, avendo la consapevolezza che la sua produzione produceva di più in meno tempo, dunque a costi più bassi, aumentava la platea di consumatori a condizione che i consumatori potessero spendere, creando un circolo virtuoso che permise un enorme sviluppo. La crisi del '29 è una crisi mondiale, anche europea, vanno tenuti in mentre tre elementi nel rapporto fra USA e Europa: L'Europa dipende molto dagli Stati Uniti in quegli anni, dopo la prima guerra mondiale l'Europa è debitrice nei confronti degli stati uniti, a cause delle finanze delle spese di guerra e rispetto alla successiva ripresa economica, come quella tedesca degli anni '20. La dimensione agricola: fino a metà degli anni '20 l'economia agricola europea ha uno sviluppo molto lento, e gli USA detengono ancora il primato d'esportazione e nel moemnto dello scoppio della crisi ciò creerà problemi anche in Europa Lo sviluppo del primo dopoguerra è fondato normalmente sulla sterlina come strumento di garanzia degli scambi delle monete ma in cui in realtà ha il centro il dollaro, che a un certo punto esplode, affaticando ogni economia una volt ai calo. Vanno tenuti in mente diversi momenti di esplosione della crisi, non solo quella della borsa: La crisi agricola: a metà degli anni '20 l'Europa inizia ad esportare beni dai suoi territori i prezzi americani dei beni agricoli crollano improvvisamente mettendo in crisi un settore fondamentale La crisi borsistica: negli anni '20 si erano accompagnati a un enorme fiducia economica e nello sviluppo, i valori delle azioni, delle imprese che vengono quotate erano aumentate così tanto da non corrispondere più al valore reale e in questo sistema di eccesso di valore nel momento in cui il sistema inizia a scricchiolare tale valore crolla, anche perché non esistevano sufficienti sistemi di controllo azionario. Questa crisi verrà affrontata con alcune iniziative, non "aspettandone il termine", con il nuovo presidente americano Delano Roosvelt, e con l'iniziativa del New Deal a partire dal '32. Il New Deal partiva da alcuni presupposti fondamentali: Le crisi non si aspetta che terminino, ma si interviene al più presto. Crisi deriva dal greco che significa "momento della malattia verso la guarigione o verso la morte." Nella crisi secondo il New Deal deve agire il soggetto più importante, ovvero Lo Stato, poiché è quello con maggiori risorse e strumenti, con politiche espansive, investire molto per sostenere il lavoro, l'occupazione e le industrie, creando un patto di fiducia fra stato e cittadini, intervenendo concretamente. Queste teorie che Keynse applica in questo momento verranno elaborate meglio da John Maynard Keynse, l'economista di riferimento degli anni '70, le cui teorie del ruolo dello stato in una dimensione espansiva saranno essenziali per spiegare le politiche statali occidentali fono agli anni '70. Questo vuol dire difesa dei piccoli risparmiatori, Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ incrementando e alimentando consumi e risparmi, sostegno dell'agricoltura, garantendo prezzi sufficienti, grandi opere pubbliche, come la Tennesee Valley, che possono essere sostenute solo dagli Stati creando obiettivamente nuovi posti di lavoro, guadagnano per poi consumare. Lo Stato poi garantisce un patto attraverso i diritti, dando maggiore pesi ai sindacati, quindi alla contrattazione salare, garanzia ai lavoratori con assicurazioni eccetera, questo intervento consente agli Stati Uniti di tornare a metà anni '30 a com'era inizialmente. Non tutti i paesi reagiscono nello stesso modo, c'è sicuro molto protezionismo, ogni paese protegge la propria economia, alcuni esempi sono: un tipo molto autarchico, con politica di riarmi, investimenti statale nelle armi, come in Italia e in Germania, l'investimento delle armi è chiaramente legata a una volontà bellica, aggressiva e espansiva, oppure con la politica dell'industrializzazione forzata con i piani quinquennali dell'Unione Sovietica. La Crisi del '73 La Crisi definita petrolifera, nasce da una guerra, la guerra dell'Egitto contro Israele e dalla risposta che dà la guerra ai paesi dell'Opek, l'insieme dei paesi Arabi che controllano la maggior parte del petrolio, con la vittoria d?Israele sostenuto dai paesi occidentali, che per contro diminuiscono l'esportazione di gregio, raddoppiando il prezzo del petrolio, determinano una crisi profonda dell'economia occidentale, in gran parte fondata sul petrolio. Il basso prezzo del petrolio negli anni precedenti fu una delle cause della Golden Age dell'economia occidentale, che aveva visto fra la fine della seconda guerra alla fine degli anni 60 aveva vissuto un'enorme espansione economica. Le ragioni erano state queste, in più la stabilità monetaria, stabilita dopo la guerra, e la stabilità del dollaro che dopo la seconda guerra aveva sostituito la sterlina come moneta di riferimento, quasi come garanzia, ogni moneta poteva essere convertita il dollaro, nel '71 questa fase di convertibilità finisce a causa dello sforzo economico della guerra del Vietnam. Questa serie di elementi, insieme al consenso dei paesi occidentali e il basso costo della manodopera, aveva garantito questo periodo di espansione economica che finisce con la crisi del '73, ma in realtà nella seconda metà degli anni 60 aveva già rallentato. Mettendo in luce i temi di risorse e ecologia, si usa ameno petrolio e meno energia, e quindi ci si pone il problema del fatto che le energie non erano infinite, questo tema della rinnovabilità delle risorse è ancora vivo ancora oggi. Uno degli effetti più strano si sviluppò un nuovo fenomeno, quello della stagflazione. L'inflazione è l'aumento dei prezzi, una maggiore circolazione di monete, la deflazione invece si traduce in minore circolazione della moneta e si diminuiscono i prezzi e investimenti, la stagflazione è invece l'inflazione insieme alla recessione, cioè stallo dell'economia, in realtà c'è recessione per le ragioni di crisi ma allo stesso tempo è aumentato in modo artificiale ed esterno il prezzo del petrolio. LA risposta generale alla crisi si presenta con la crescita del Neoliberismo, con dunque l'abbandono delle teorie di Keynse, non la lotta la disoccupazione ma la lotta all'inflazione, con uno stato che interviene sempre meno nel gioco economico. La linea economica è quindi opposta a quella precedente. Questa risposta Neoliberista viene incarnata da due persone, due paesi e due politiche, quella di Margaret Thatcher, primo primo ministro donna dell'Inghilterra e Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti, i loro interventi sono di varia natura, in primis l'intervento di mettere al centro dello sviluppo l'impresa e non il lavoro, l'imprenditore e non il lavoratore, con la limitazione dei consumi, ci devono essere grandi profitti delle imprese, che investiranno e creeranno ricchezza, un circolo virtuoso diverso da quello di Rooslvelt, a questo si accompagna la "The Regulation" la de-regolazione delle norme, limitazione dell'intervento dello stato nelle imprese, più libere di agire con meno regole, quindi un mercato del lavoro più libero, per questo i governi conservatori della Gran Bretagna e degli Stati Uniti si oppongono, a questo si accompagna le meno spese per le garanzie dei cittadini, le assicurazioni, la sanità, le pensioni e i servizi, e le spese militari maggiori per volano dello sviluppo economico, come sempre un'economia dunque aggressiva anche grazia la progressiva crisi dell'unione sovietica. Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ La Crisi del 2008 Crisi diversa dalle precedenti, mentre quella del '73 è una crisi fortemente economico- finanziaria, è una crisi sostanzialmente finanziaria, una crisi che nasce di nuovo dagli Stati Uniti, da un mercato finanziario speculativo e irreale, in particolare a causa della bolla speculativa sui prezzi degli immobili, prestiti dati dalle banche di affari a coloro che non avevano le condizioni per avere un credito, quindi per poi ripagarlo, questa espansione dettata dagli interessi finanziari, quando poi esplode a causa dei crediti non più restituiti, ci saranno case perdute e posti di lavoro persi, questa bolla si espande in tutto il mondo con una crisi estremamente grave, incidendo con un enorme recessione, chiusura di aziende e disoccupazione che non si vedeva dal '29. Le politiche recessive ad esempio causano la profondissima crisi della Grecia, producono anche altri due effetti: La precarizzazione del lavoro: dopo generazioni cresciute nel lavoro fisso come uno degli elementi di garanzie delle famiglie, questo elemento diventa in crisi, il lavoro diventa sempre più precario, un lavoro che impedisce di investire sul futuro. Il secondo elemento è la crisi dei diritti: il rapporto tra individuo e diritti che sembravano garantiti, i diritti sul lavoro ad esempio, una serie di elementi fondativi di un modo di essere cittadini che entrano progressivamente in crisi, insieme alle garanzie del UELF che lentamente vengono erose. Vi sono due grandi momenti di sviluppo nel '900 Quello collegato alla grande depressione di fine '800, la straordinaria espansione legata alla seconda rivoluzione industriale, a livello della composizione sociale, politica, tecnologica, un esempio è l'emigrazione. La fase di sviluppo tra le due guerre, in cui gli Stati Uniti avevano il primato economico, i famosi Roaring Twenthies, caratterizzati economicamente dal Taylorismo e dal Fordismo, dunque un nuovo modello industriale. Bisogna considerare due fatti: il novecento è stato caratterizzato in alcune aree del pianeta da tassi di sviluppo straordinariamente alti, in particolare a fine '800 e dopo la seconda guerra mondiale, che hanno cambiato il modo di vivere delle persone, con l'avvento della società di massa, diffusione di migliori condizioni di vita, salute, istruzione, possibilità di lavoro, ricchezza che mai si erano determinati in tutta la storia dell'uomo, questo non significa che l'intero pianeta vive il '900 come progressivo benessere e ricchezza, ma solo una porzione limitata, nel resto del pianete, e le aree più povere il riverberarsi di questa ricchezza esiste, ma in realtà è la disuguaglianza e la povertà a segnare queste parti del mondo. Nel corso del '900 il momento più significativo in ambito economico è la Golden Age, dal 1950 al 1973, che si chiude con l'inizio della crisi petrolifera, il 1950 invece sta a significare la fine della ricostruzione postbellica e la ripresa delle nazioni. Questo ci fa capire che il '900 è caratterizzato altamente da queste due gigantesche guerre, ecco il secondo elemento essenziale. Questi due passaggi che sono enormemente distruttivi, ma sono anche passaggi di ricostruzioni, trasformazioni e investimenti. Indubbiamente ciò che accade negli anni precedenti al '50 hanno un peso enorme. Bisogna tenere presente diversi fattori, fra cui un'accordo avvenuto in una cittadina del New Hampshire negli USA, dove diverse nazioni si riuniscono, i principali paesi industrializzati, si mettono d'accordo per trovare delle norme per far sì che ci sia un ordine monetario che venga concordato e rispettato, il tutto avviene nel '44, quando la guerra è ancora in atto. I paesi si mettono d'accordo perché comprendono dopo la crisi del '29, quanto sia importante formulare questo accordo, il famoso accordo di Bretton Woods. L'accordo intende due principali elementi: Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ Ogni paese si impegna ad adottare una politica monetaria che si impegni a stabilizzare la moneta, ponendo al centro il dollaro. Questa è la rettifica della realtà, gli USA sono gli unici che possiedono una moneta a cui glia altri paesi possono fare riferimento. La creazione del fondo monetario internazionale come strumento per "equilibrare gli squilibri", dovute dalle crisi dei diversi paesi, uno strumento di garanzia e equilibrio. Questo progetto di equilibrio mondiale doveva fare i conti con le estreme differenziazioni dei paesi all'uscita dalla guerra, con paesi vincitori, vinti, puliti e distrutti, per questo l'idea nel momento in cui si vuole ricostruire il mondo occidentale, significa che tutti i paesi devono riprendere il proprio sviluppo economico, per questo nel '47 il generale Marshall propone un piano di aiuti ai paesi Europei: L'European Recovery Program, ma più famoso come Piano Marshall, una quantità enorme di denaro, circa tredici miliardi di dollari, doveva essere uno strumento necessario alla crescita europea, perché consente agli stessi stati uniti di usare le materie prime che ha prodotto durante la guerra, e usare le sue grandi risorse finanziarie, in modo da avere enormi quantità di consumatori. Non possiamo dimenticare che il Piano Marshall ha sia una funzione economica, come ricostruzione dell'economia mondiale, e dall'altra parte però ha una funzione politica, esporta denaro e beni, ma anche una visione del mondo, "The American Way of Life", il capitalismo e liberalismo americano, che invade l'occidente e si contrappone al modello socialista sovietico, un modello di produzione, di vita e consumo opposto. Per comprendere meglio la natura della Golden Age dobbiamo fare riferimento a diversi numeri: il tasso medio annuo di sviluppo Europeo fra 1900 e 1945 fu dell'1,5%, mentre fra il 1950 e il 1973 è del 4,1%. ovvero più che raddoppiato. Per gli Stati Uniti nello stesso momento fu del 2,4%, per il Giappone dell'8%, tassi mai visti prima e che non si vedranno mai più. O Ancora, Tassi di inflazione bassissimi, del 4% in Europa e in Italia del 3,9%, o ancora la disoccupazione, con un tasso medio del 2,2%, sostanzialmente la piena occupazione, un ultimo dato la produzione manifatturiera in Gran Bretagna del 100%, in Italia del 400%, e in Giappone del 1200%. Siamo di fronte a una crescita economica inarrivabile, ma per quale motivo questo avviene? I fattori sono molti: Il ruolo dello Stato: ruolo cresciuto nel corso del '900, avvenuto sia nella prima guerra e nei vari regimi totalitari e democratici, Stato che controlla, investe. Sempre più potente e centrale, un elemento che favorisce lo sviluppo La cooperazione interazionale: con la creazione di istituzioni internazionale, come il fondo monetario nazionale, o ad esempio, lo sviluppo della comunità europea La presenza di un enorme quantità di manodopera a basso costo, avviene un trasferimento dall'agricoltura all'industria con grandi spostamenti di popolazione, ad esempio per gli Italiani il luogo di emigrazione non sono più il Sud america o gli Stati Uniti ma l'europa stessa. Il processo di emigrazione dal sud al nord, dal 58 al 63, chiamato "Miracolo economico italiano", un'enorme quantità di manodopera. Il basso prezzo delle materie prime, con l'aumento dei salari dovuto al rafforzamento dei salari, creando virtuoso giro fra produzione e consumo, anche quegli oggetti del desiderio che erano parte di poche persone, diviene oggetto di comunità, come l'automobili, il simbolo di benessere acquisito, o anche il frigorifero. La diversa velocità: i paesi che arrivano dopo nello sviluppo, Italia, Germania, come la grande quantità di distruzione, hanno un'accelerazione straordinaria, la velocità e quantità dello sviluppo è maggiore. Welfare State: costituisce un elemento importante del consenso politico che lo sviluppo necessita, questo avviene grazie a politiche sociali che cambiano le condizioni di vita dei cittadini. Bisogna anche tener conto del ruolo della sterlina e della geografia economica, alla centralità del dollaro e degli Stati Uniti, ma anche lo sviluppo Indiano, del Taiwan, Hong Kong, Singapore, fino Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ ad arrivare la potenza gigantesca Cinese. Il Welfare State È l'insieme delle politiche pubbliche che uno stato mette in essere all'interno di un'economia di mercato che ha l'obbiettivo di garantire ai suoi cittadini, si l'assistenza, sia il benessere, con strumenti che permettano la redistribuzione della ricchezza generata dal mercato. Il Welfare State prende anche nomi diversi, indicando sfumature nel suo significato, come ad esempio Status Sociale o Status Assistenziale, dove assistenziale veniva reso in senso negativo, che non redistribuisce la ricchezza, ma dà soldi a chi è inattivo per mancanza di voglia, marginale e inetta, all'interno di aeree che non sanno trovare strumenti e modi per mantenersi autonomamente, ma in realtà è un'espressione parallela a Stato Sociale o di Benessere. Consideriamo tre passaggi che ci hanno fatto arrivare al Welfare State: Il più antico: nel 1600 in Inghilterra vengono approvate le Poor Law le prime leggi a favore delle famiglie povere, impoverite a causa dell'espulsione dalle campagne, quindi un atteggiamento statale di pura assistenza a una parte specifica della popolazione. Nel'800, dopo la rivoluzione francese e lo sviluppo del costituzionalismo, ci troviamo di fronte a nazioni che sempre più si devono porre il problema di rispondere ai problemi dei propri cittadini, quel "patto" che garantisce ai cittadini determinate condizioni devono trovare risposta all'interno delle leggi. Avviene in Gran Bretagna soprattutto in difesa degli operai, delle condizioni di lavoro e della legislazione industriale. Accade anche nella Germania Guglielmina, quando per favorire la riduzione della mortalità o degli infortuni all'interno dei luoghi di lavoro e anche per acquisire il consenso delle masse lavoratrici vengono messe in atto una serie di norme per le condizioni dei lavoratori. In particolare norme che garantiscono fasi malattia e infortunio, o che consentono di avere una pensione. Forme di diritti che sono garantite dallo stesso salario degli operai e in parti dai contributi degli imprenditori, non si tratta dello Stato che finanzia queste norme ma le permette, siamo di nuovo in un caso in cui non è garantito un diritto a tutti i cittadini, ma in particolare a una porzione di cittadini, di lavoratori. Il passaggio decisivo avviene durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1942, la guerra ha reso evidente la parità delle condizioni di tutti i cittadini, lo stato di guerra ha messo in luce questa condizione. Un economista parlamentare inglese Lord William Berridge sviluppa un piano, il Piano Berridge, con il quale si pensa che alcuni caratteri universali devono essere garantiti a tutti i cittadini, non si tratta non più di garantire qualcosa ad alcune categorie di persone, generalmente lavoratori, ma è invece relativo ad ogni singolo cittadino. Questi elementi sviluppati da Berridge non sono del tutto nuovi, qualcosa di simile era già avvenuto come detto precedentemente in Germania, o molto più semplicemente, il New Deal, che ha introdotto garanzie per una fascia di popolazione, ma si sviluppa lentamente quell'idea che ci siano elementi essenziali per la vita dei cittadini e che lo Stato se ne debba occupare, che interviene nell'economia e nella gestione delle condizioni della vita dei cittadini. Questi beni di cui si parla, a cui tutti devono avere accesso sono, l'istruzione, la sanità, le assicurazioni, le pensioni, qui dunque individuiamo le ragioni fondamentali per cui si sviluppa il Welfare Estate, lo sviluppo nel corso di due secoli dell'idea che esistano dei diritti universali. Sei anni dopo ci sarebbe stata la Dichiarazione dei Diritti Umani. Un secondo aspetto per comprendere lo sviluppo del Welfare State è lo sviluppo delle progressive tappe del passaggio dell'affermazione dai diritti politici a diritti sociali: un cittadino parte della comunità non è solo portatore di diritti politici, quei diritti affermatosi dal 800, come il diritto di essere elettore, il suffragio universale, avere partiti in cui riconoscersi, ma è anche portatore di diritti sociali, questo vuol dire che un cittadino ha diritto di sviluppare il suo ruolo all'interno della società. Un terzo elemento è il peso politico del Welfare State, che è sì una forma di ridistribuzione di ricchezza, è sì un'affermazione dei diritti sociali del cittadino all'interno dello stato, ma è anche un elemento di consenso politico: se uno stato sviluppa una serie di garanzie che rendono la vita del cittadino migliore, caratterizzata da benessere e sicurezza, questi elementi hanno come effetto una minore conflittualità, una maggiore adesione a quelle Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ leggi e a quelle politiche, in un paese dove i lavoratori hanno salari e diritti che gli permettono di avere una vita serena, quelle politiche lo hanno garantite saranno viste positivamente e le persone aderiranno più facilmente. Il vero problema che ci si presenta è l'affermazione e l'applicazione dei vari principi costituzionali nella realtà, il mondo è davvero egualitario? Poiché gli stati che sviluppano Welfare sono stati che si dedicano all'economia di Mercato, quindi stati democratici liberali, il loro obbiettivo non sarà quello di parificare i salari, ma di far sì che ci sia una forma di redistribuzione delle ricchezze, come un sistema proporzionale tassativa. In generale si cerca di stare la stessa possibilità a tutti, se ad esempio non ho i soldi per una visita medica privata, lo stato dovrebbe fornirmi un sistema sanitario che mi permetta di essere curato come chiunque altro, o se non ho i soldi per comprare un libro lo stato deve mettere a disposizione biblioteche che mi possano permettere di reperire la cultura come ogni altra persona, o ancora se non ho una pensione garantita a causa dei pochi beni, lo stato dovrebbe garantirmi una pensione dignitosa per vivere il resto della mia vita. Questo comporta delle contraddizioni, perché alcuni sistemi vengono poco finanziati o si indeboliscono, e tali garanzie non vengono sempre garantite al massimo. Il Welfare è stato applicato in modi diversi, principalmente in tre modi diversi: Un tipo di Welfare liberale: pensa che i diritti sociali siano il riflesso del bisogno, cioè coloro che non possono in altro modo rispondere ai bisogni che hanno, dunque non è diritto universale, ma calcolato in base al bisogno. Un tipico esempio è la sanità americana. (rivedere) Un tipo di Welfare conservatorio: il Welfare è il riflesso della posizione lavorativa che una persona ha, tipico dei paesi del centro europa, come l'Italia, il Welfare riflette il tipo di pensione e assicurazione, in cui altri elementi sono di tipo universalistico. Un tipo di Welfare scandinavo: Universalisitico e di tradizione socialista, i diritti sono per tutti i cittadini, senza distinzioni. Tutto questo è un effetto della Golden Age, che ha coinvolto tutti in un progressivo sviluppo sociale, essendone la causa, ma anche l'effetto, perché il Welfare ha dei costi altissimi. (rivedere ultimi tre minuti lezione 5 parte 3) Le Guerre: Dalla Guerra Civile America alle Guerre del '900 Per poter analizzare le trasformazioni delle guerre nel '900, iniziamo da una citazione di un libro scritto nel 1929 da Eric Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, che poi l'anno dopo sarebbe diventato un film, All'ovest niente di nuovo, un film come il libro, pacifista, che racconta la prima guerra mondiale, e sulla base della grandezza distruttiva ha uno sguardo critico e appunto pacifista e nel romanzo il protagonista dice: "È la guerra che ci ha reso inetti a tutto." e il secondo protagonista, Paul dice: "Avevamo diciott'anni, cominciavamo ad amare il mondo, l'esistenza. Ci hanno costretti a spararle contro." In questo breve passaggio vengono messe in luce alcune questioni: in particolare il protagonismo dei giovani all'interno della prima guerra mondiale, la gioventù come categoria sociale che nasce nella prima guerra mondiale, categoria che diverrà protagonista delle lotte politiche e sociali. La guerra è una sorta di frattura simbolica come fine dell'innocenza della patria, società che perde la sua identità attraverso la guerra e attraverso la guerra stessa deve riconquistarla. Tra società e guerra c'è una sorta di rapporto necessario, gli uomini fanno la guerra, ogni società ha cercato un equilibrio fra la dimensione bellicistica dell'uomo e la dimensione irenica, pacifista, influenzata dalle grandi religioni. Uno storico che si è occupato spesso di guerra, Keigan scrisse: "La nostra cultura cerca il compromesso, e quello cui è pervenuto nella violenza pubblica chiede di Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ deprecarne la manifestazione ma di legittimarne l'uso" essenzialmente dice che il pacifismo è l'ideale ma l'uso delle armi è necessario. Questo tema del rapporto fra pacifismo e guerra, società pacifica e necessità della guerra, pone problemi tipicamente novecenteschi, in primis il rapporta tra la brutalizzazione e la civilizzazione delle guerre. Nel '900 da un lato vediamo la brutalizzazione della guerra, più cruda, distruttiva, con dimensioni di morte e crudeltà sempre maggiore, ma parallelamente a questa brutalizzazione le guerre vengono sempre di più regolate, per i suoi protagonisti, per i rapporti fra le nazioni e comunità, come dimostra la nascita dell'ONU. La guerra ha sempre segnato la storia dell'umanità, in 5000 anni di storia si sono registrate 14.600 guerre, cioè una ogni circa due-tre anni di storia, vale anche ricordare cosa diceva il filosofo Montaigne: "La guerra è la testimonianza della debolezza e imperfezione dell'uomo" o ancora come viene detto da Clausewitz, un pensatore dell'arte militare, che dopo la sua morte fu pubblicato uno dei trattati fondamentali dell'arte militare, Della Guerra, dicendo che: "La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, non è solamente un atto politico, ma un vero e proprio strumento della politica, non scoppia mai come improvviso, ed è caratterizzata da tre elementi: violenza, dall'imprevedibilità del suo esito e dal calcolo razionale" guerra vista come organizzazione razionale, e non solo come debolezza dell'uomo, ma un vero e proprio fatto scientifico, da studiare, che va applicato con determinate strategie nella realtà. La guerra si fa con gli eserciti, ma soprattutto le armi, dunque la tecnologia, come il passaggio di archi e frecce a polvere da sparo, creando distanza tra chi utilizza e da chi viene colpito, o la creazione del cannone, o elementi che non sembrano armi ma cambiano la guerra, come il treno, che diventa un'arma, che porta persone, alimenti, materie prime, diminuendo la distanza tra il fronte e le retrovie, prima dell'esistenza del treno per portare armi e soldati ci voleva molto di più. La tecnologia è un aspetto che dobbiamo tenere presente nel discorso delle guerre. Le guerre sono sempre più un elemento che segna le nazioni, le quali introno agli eserciti costruiscono un aspetto fondamentale della loro nazionalizzazione, creando un forte nazionalismo, una forte idea di patria, la guerra diventa uno strumento di affermazione della nazione, il nazionalismo che sarà un carattere molto forte troverà la sua realizzazione attraverso la modernizzazione degli eserciti ma anche la funzione simbolica per incarnare l'idea stessa di patria. La Guerra Civile Americana Uno dei passaggi essenziali per capire il processo di trasformazione della guerra, uno dei nodi più significativi è la Guerra Civile Americana, che avviene tra 1860 e 1865, che fu la prima guerra contemporanea: Un primo motivo per cui è così importante, che ritroviamo poi nelle guerre successive, è la prima guerra in cui diventa determinante la forza dell'assetto produttivo, non è solo lo scontro fra l'affermazione di una parte di società che vuole continuare e fondarsi su un economia di tipo agricolo e latifondista, dall'altra parte invece un'economia che vuole svilupparsi continuando su un percorso più industriale, fra Nord e Sud del paese, l'aspetto interessante è che la guerra viene vinta da chi ha alle spalle un'aspetto produttivo moderno, industriale, alla fine risulterà vincitrice chi riuscirà a sostenere dal punto di vista industriale, la guerra. CI dimostra dunque l'importanza dell'aspetto produttivo industriale durante la guerra. L'uso sistematico delle ferrovie, il treno usato per le sue grandi capacità spiegate prima, la modernità dei mezzi di trasporto diventa essenziale nel mondo della guerra. Una totale mobilitazione della popolazione, delle ideologie e delle risorse, guerra che come le altre del '900 mobilitano tutta la società, introducendo il concetto di fronte interno, combattono tutti, anche coloro che non vanno in guerra, producendo beni bellici, risorse per gli eserciti, alimentando le ideologie, le propagande. Una guerra ideologica, l'ideologia diventa un aspetto essenziale per segnare le differenze fra un soggetto e l'altro, guerre non solo più fra schieramenti, ma fra idee. Nel caso della guerra civile, pro o contro lo schiavismo, ma meno semplicemente, due idee di società differenti. Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ Gli strumenti di comunicazione, il telegrafo, la fotografia, la figura dell'inviato di guerra, il giornalista che racconta la guerra sul luogo, abbiamo dunque le prime fotografie di guerra che al tempo ebbero un impatto straordinario, sulla conoscenza della guerra, per chi la non la viveva e la ascoltava solamente, chi finalmente la vedeva, attraverso la morte, fecero cambiare la concezione di guerra, dall'oralità della guerra alla guerra "in diretta" Introdusse armi più avanzate, le Colt, le pistole a tamburo, le mitragliatrici che diventeranno essenziali nella prima guerra mondiale, cambiando anche le tattiche con cui si combatte, esercito in formazione sparsa, non più chiusa. Diventa fondamentale un altro tipo di marina, con le corazzate, i cannoni, i sottomarini. La morte di massa, la prima guerra dove si muore in massa, circa 600.000 i morti della guerra civile americana, cosa che diventerà straordinariamente più grande nelle guerre successive, anche perché le armi sono sempre più pensate come distruzione di massa. La capacità distruttiva che dimostrò la Guerra Civile Americana fu un elemento che convinse i contemporanei che non ci sarebbero state più guerre e che sarebbe stata sufficiente la capacità dissuasiva degli arsenali a convincere gli stati a non combattere più. Con così tanti morti sui campi di battaglia era necessario intervenire, da un lato un filantropo svizzero, colpito dalla battaglia di Solferino, si rese conto che bisognava occuparsi dei feriti e dei morti sui campi di battaglia e dunque fondò un'organizzazione che si occupava di questo, ovvero La Croce Rossa internazionale, che nasce in un contesto di guerra, tutto ciò che succede causa la creazione di un istituzione che si occupava dei morti. Parallelamente ci si pone il problema della civilizzazione, cioè iniziare a determinare regole tra i combattenti e a protezione dei civili, in guerre che si allargano sempre di più, ed ecco che nella seconda metà dell'800 la tutela dei diritti della popolazione durante la guerra inizia a diffondersi, tanto che a fine '800, alcune conferenze, in particolare a l'Aia in Olanda, definiranno i diritti e i doveri dei combattenti e di diritti della popolazione in guerra. Le Guerre del '900 Si possono dividere in tre grandi fasi, ma sono tutte accomunate da elementi importanti: Sono guerre di massa: non solo in quantità morti e distruzione, ma guerre all'interno della società di massa. Sono guerre in cui la relazione tra brutalizzazione e civilizzazione è sempre più presente Sono guerre in cui cambia profondamente il rapporto fra soldati e civili, che sono sempre più mobilitati a sostenere le guerre, essendo vittime, si pensi alle guerre a inizio novecento dove si parla di morti militari e alle guerre post novecentesche dove si parla quasi unicamente di morti civili. Sono guerre dove è molto forte la relazione ai genocidi, la prima guerra mondiale è la guerra all'interno della quale avviene il genocidio armeno, la seconda guerra mondiale è la guerra al cui intento avviene la Shoah, la guerra di Cambogia e Vietnam ha come effetto il genocidio Cambogiano, e poi le guerre di fine secolo, come le guerra dell'ex Iugoslavia e la sua pulizia etnica, o la guerra in Ruanda e il relativo genocidio. La guerra con la sua rottura delle regole, e la sua dimensione di massa nella morte è legata fortemente, ma non sempre, a episodi genocidiali L'importanza dei mezzi di comunicazioni di massa, guerre raccontante sui giornali, alla radio, nel cinema e poi soprattutto la televisione, che diventa luogo di racconto in diretta, con la guerra del golfo e del Vietnam, una guerra che arriva dentro le case, costruendo icone: come ad esempio la condizione dell'infanzia nella guerra, l'anti-umanità della guerra venne raccontata da fotografie di bambini, come la fotografia del bambino che alza le mani davanti ai soldati tedeschi a Varsavia, o la bambina fotografata durante un attacco Napalm nel confine fra il Vietnam e la Cambogia. O anche il cinema, che raccontano l'intreccio fra società e guerra, come Apolaypse Now, Taxi Driver. Tema del rapporto tra guerra e diritti, se nella seconda metà dell'800 inizia a presentarsi questo problema, nel '900 tutto questo si espande maggiormente, con la stipulazione di documenti come i Punti di Wilson alla fine della prima guerra mondiale, o la Carta Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ Atlantica del 1941, o la Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo del 1948. La dimostrazione che questa concezione di evitare la guerra sia in realtà non rispettata, è che negli anni '60 nascano le organizzazioni umanitarie, The Human Rights, Amnesty International, Medici senza frontiere, nascono tutti in un contesto in cui sono molte le guerre locali. Le tre fasi del novecento: In primis la fase delle Guerre Mondiali: anche intesa come una lunga guerra, si sviluppa con diverse guerre, la Prima Guerra Mondiale, la guerra civile spagnola, le guerre coloniali italian e in Africa, fino ad arrivare la Seconda Guerra Mondiale. La Prima Guerra Mondiale: il termine "Mondiale" non indica il territorio in cui viene combattuta, ma coinvolge tutto il mondo, in qualche modo fa rientrare moltissimi paesi del mondo e ha anche degli effetti su tutto il mondo. È la prima guerra di grandissime dimensioni, gli alleati movimentano 40 milioni di persone, con 5 milioni di morti, gli imperi centrali ne mobilitano 22 milioni con 3,3 milioni di morti, i numeri dei caduti in generale supera i 10 milioni. Un numero di vittime che sumera il numero delle vittime dei due secoli precedenti. Ai 10 milioni bisogna aggiungere i 6,5 milioni di mutilati, i 4 milioni di vedove, 8 milioni di orfani. Uno degli effetti della Prima Guerra sulla società è quella sulla popolazione civile, tutti questi morti incidono sui modi di intendere il mondo dopo un evento simile. La prima Guerra è uno spartiacque, un momento che separa quella società progressiva e razionale a quella successiva. La prima Guerra causa la fine di diversi imperi, l'impero austriaco, tedesco, russo e ottomano. Strutture che avevano retto nei secoli che vengono spazzate via, questo significa anche la nascita di nuove nazioni, cambiando la geografia politica. Anche se non è visibile in quel momento, gli Stati Uniti soppiantano la Gran Bretagna dal punto di vista politico e economico, finanziando la parte finale della guerra. Ricordandoci un nodo importante dal punto di vista ideologico, il fatto che la guerra viene combattuta dall'intesa contro le potenze della Triplice, quelle autoritarie, la Germania e L'Austria, contro le Democrazie, un nodo molto ambiguo poiché insieme a Inghilterra e Francia combatteva la Russia che probabilmente era il più autoritario in assoluto, in questo senso il 1917 è risolutore perché segna l'uscita della Russia a causa ella rivoluzione, e la potenza democratica degli Stati Uniti. I processi di decolonizzazione che vedremo svilupparsi nella seconda metà del '900 pongono le loro basi con la fine della Prima Guerra Mondiale, l'ideologie d'indipendenze delle colonie iniziano proprio da qui. Ci fu una gigantesca mobilitazione civile, della propaganda, del lavoro, in cui nelle fabbriche si applica una logica di guerra, militari che combattono nel fronte interno, il lavoro si trasforma perché si inseriscono le donne nel sistema produttivo, poiché gli uomini erano in guerra, presentandosi come uno dei passaggi dell'emancipazione della donna, quell'esperienza di protagonismo che passa dalla sfera privata a quella pubblica. Va ricordato che la Prima Guerra è importante poiché avviene la Rivoluzione Russa, con l'affermazione di un'ideologia diversa, che inizia a separare il capitalismo e comunismo, segnando quelli che poi saranno gli eventi futuri del '900. La Seconda Guerra Mondiale: è una guerra mondiale e totale, si combatte davvero in tutto il mondo e totale perché ancor più della Prima coinvolge l'intera società umana. Buona parte dei paesi sono coinvolti, coinvolgendo gli stessi civili, con enormi spostamenti di massa. Cambia il modo di fare guerra, non è più orizzontale, ma una guerra verticale, con i bombardamenti, persone che a causa di ciò dovevano sfollare dalle città, determinando anche un cambiamento fra giorno e notte, i bombardamenti sono di notte dunque di notte si va nei rifugi, cambia completamente la vita delle persone. In questo cambiamento di vita c'è un fenomeno tipico della seconda guerra mondiale, ovvero la resistenza e il collaborazionismo. Il modo di combattere questa guerra perlopiù di occupazione cambia tutto. Nell'Europa dominata dal Nazismo da un lato ci saranno governi Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-di-storia-contemporanea-lezioni-di-bruno-maida-dams/7101195/ collaborazionisti, ovvero che accettano l'occupate e collaborano con lui, come la Francia di Vichy, la Repubblica Sociale italiana, la Norvegia, paesi che aderiscono alle posizioni dell'occupante e partecipando con comunione ideologica, ma dall'altra parte nasce la resistenza non è soltanto nei paesi come l'Italia, la resistenza non è solo un aspetto militare, ma è anche un progetto di ricostruzione antifascista, quindi anche un aspetto costituzionale. La fase della Guerra Fredda La Guerra Fredda, appunto, quella guerra che non si combatte direttamente tra i due soggetti, viene combattuta per procura, conflitti locali, a cui Usa e URSS partecipano, finanziando o appoggiando, o facendo proprie le ragioni di un determinato paese, sostenendo la sua liberazione, appoggiando le ideologie, lo stesso vale per l'Unione Sovietica, la Guerra fredda è un luogo in cui le guerre che si combattono fanno parte di quella contrapposizione che dalla fine della guerra al 1989 aveva caratterizzato tutto il mondo. Si tratta perlopiù di Guerre di Decolonizzazione: paesi che vogliono acquisire indipendenza e autonomi all'interno della quale si collocano da una parte o dall'altra della Guerra Fredda, la stessa Guerra del Vietnam, che nasce come guerra di

Use Quizgecko on...
Browser
Browser