Genetica Umana 2023/24 PDF - Università

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2023

Giuseppe Matullo

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genetica umana genetica medica malattie genetiche medicina

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Il documento fornisce un'introduzione al corso di Genetica Umana, anno accademico 2023/2024. Esso descrive il programma del corso, la suddivisione delle lezioni, il docente, i testi consigliati, le modalità d'esame e fornisce concetti introduttivi base sulle malattie genetiche e sulla consulenza genetica.

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GENETICA UMANA ANNO 2023/2024 Docente: Giuseppe Matullo CANALE I B 1.GENETICA UMANA - Lezione 1 - Prof. Giuseppe Matullo 05/12/2023 SBOBINATORE: Crosetto Alessandro REVISORE: Del Vesco Marianna...

GENETICA UMANA ANNO 2023/2024 Docente: Giuseppe Matullo CANALE I B 1.GENETICA UMANA - Lezione 1 - Prof. Giuseppe Matullo 05/12/2023 SBOBINATORE: Crosetto Alessandro REVISORE: Del Vesco Marianna LEZIONE 1 - GENETICA UMANA INTRODUZIONE E PRESENTAZIONE GENERALE DEL CORSO Il professore comincia la lezione presentandosi e fornendo una breve descrizione della struttura e del programma del corso denominato “Genetica umana”. L’obiettivo del corso è quello di fornire delle basi e cominciare a formare sulla parte della genetica umana, che verrà ripresa in seguito al quinto anno, con il modulo denominato “Genetica medica”, facente parte del corso di Medicina Interna I. Sarebbe bello, a detta del docente, che qualcuno mantenesse vivo il suo interesse per questa branca della medicina in modo da poter continuare dopo la laurea in questa direzione. Il corso è articolato in otto lezioni della durata di due ore ciascuna. La suddivisione dei singoli argomenti per lezione viene indicata di seguito: Lezione 1 Introduzione: la genetica umana per i medici. presentazione del Corso, siti Internet utili da consultare. L’avvento dell’era genomica: il Progetto Genoma Umano. (Prof Matullo). Lezione 2 Le malattie monogeniche: come si identifica un gene mutato, il clonaggio funzionale: fenilchetonuria, anemia di Fanconi. Analisi di linkage e clonaggio posizionale. L’esempio della fibrosi cistica, l’esempio della emocromatosi e le distrofie muscolari. (Prof Matullo). Lezione 3 Altri esempi di patologie monogeniche. Geni e popolazioni. Proporzioni di Hardy-Weinberg e legge dell’equilibrio delle frequenze genotipiche. Calcolo delle frequenze geniche e metodo della conta diretta e indiretta. (Prof Matullo). Lezione 4 L’ Evoluzione umana e la medicina darwiniana. La selezione naturale e l’equilibrio fra selezione e mutazione nelle malattie ereditarie. Il polimorfismo bilanciato e la malaria. (Prof Matullo). Lezione 5 Il sistema genetico maggiore dell’Istocompatibilità: il sistema HLA. Identificazione, struttura genetica, funzione. Malattie associate al sistema HLA e frequenza nelle popolazioni. HLA e Trapianti. (Prof Deaglio). Lezione 6 Eredità e studio dei caratteri quantitativi. Caratteri complessi: eredità poligenica, eredità multifattoriale. Ereditabilità e rischio relativo: il modello additivo a soglia. Gli studi di associazione sull'intero genoma. Il caso del diabete. Malattia di Alzheimer. (Prof Matullo). Lezione 7 Tumori Ereditari e genetica del cancro (Prof Matullo) Lezione 8 L’impatto della genomica e dell'epigenomica sull’analisi di caratteri multifattoriali complessi: genetica ed epigenetica dell’obesità, studi di associazione epigenomici ed epigenetica dell’olfatto e della vitamina D. Dalla genetica all’epigenetica: modificazioni adattative individuali. (Prof Matullo). La professoressa Deaglio terrà una lezione sul tema del “HLA”, il sistema di difesa immunitario che si sa essere anche legato alla riuscita dei trapianti in medicina e alla compatibilità tra donatore e ricevente. Per quanto riguarda invece i libri di testo consigliati, il docente suggerisce i seguenti volumi: 1. A. Read, T. Strachan, Genetica Molecolare Umana, Editore: UTET. 2. Thompson & Thompson Genetica in Medicina, 8a Edizione. Editore: Edises. 3. Giovanni Neri, Maurizio Genuardi, Genetica Umana e Medica, Editore: Edra Vengono forniti inoltre i seguenti contatti per eventuali dubbi e chiarimenti: [email protected] 011-670-5601. MODALITA D’ESAME Per valutare le conoscenze apprese, il professore si avvale di una prova d’esame in forma scritta, composta da 32 domande a risposta multipla. Chi risponde correttamente a tutte le 32 domande ottiene la valutazione di 30 con lode. Non viene attribuita alcuna penalizzazione per le risposte errate. LE CARATTERISTICHE GENERALI DELLA MALATTIE GENETICHE Si iniziano a vedere quelle che sono le caratteristiche in generale delle patologie genetiche. Intanto si deve dire che se c’è una componente “genetica” è molto probabile che la malattia insorga precocemente. Quanto più una malattia ha una componente genetica, tanto più precocemente insorge. Inoltre, esiste una correlazione tra l’insorgenza precoce ed i danni arrecati all’individuo dalla malattia genetica. Viene stimato che il 25% di tutti i pazienti in età pediatrica manifesti patologie correlate ad una componente genetica ereditaria. Sono però presenti anche patologie genetiche ad insorgenza tardiva che saranno trattate nello specifico più avanti. Esistono anche una serie di patologie che insorgono in età tardiva in quanto non sono legate esclusivamente ad una componente genetica, ma anche ad una componente ambientale. Rientrano in questa categoria le malattie multifattoriali, patologie influenzate dalla genetica ma che poi, a seconda dello stile di vita, del contesto sociale in cui si vive e di altri fattori, possono insorgere con un aspetto un po’ “proprio” a seconda degli individui; si va avanti con l’età fino a quando l’accumulo di questi fattori può sfociare in una patologia. Un esempio di quanto appena detto sono le patologie tumorali; più si invecchia infatti e più c’è possibilità di insorgenza di un tumore. Un altro ambito di interesse che verrà trattato sarà quello della genetica di popolazione e di come si distribuiscono varianti patogenetiche e mutazioni tra le diverse popolazioni. Si sa già in partenza che non tutte le popolazioni sono uguali; alcune popolazioni presentano un’incidenza ed una prevalenza maggiore per determinate malattie e quindi cercheremo di capire il perché di questo fenomeno; per esempio, la Fibrosi Cistica per gli europei, in particolare nel Nord Europa, l’anemia falciforme nel Mediterraneo e in Africa e il Tay-Sachs negli Ebrei askenaziti. DIFFERENZE TRA MALATTIA GENETICA E MALATTIA CONGENITA Per malattia genetica si intende una patologia causata da una componente genetica. Invece, una malattia viene definita congenita quando è presente alla nascita; potrebbe presentare una componente genetica o una componente multifattoriale, ma non per forza. Potrebbe anche essere legata ad un virus o ad un’infezione presente in quel momento nell’individuo. MALATTIE GENETICHE CORRELATE ALL’ETÀ Si vede a questo punto l’età di insorgenza di alcune malattie genetiche. Durante il periodo prenatale e poco prima della nascita, si può osservare come siano presenti delle alterazioni molto importanti. Come si è già accennato in precedenza, prima l’alterazione si presenta e più probabile è che questa comporti dei gravi danni. Questo perché abbiamo molti geni coinvolti, come per esempio nei casi delle aberrazioni cromosomiche (inserzioni, delezioni, traslocazioni ecc.). Subito dopo la nascita, si trovano delle patologie sulle quali in alcuni casi si può intervenire in maniera tempestiva. Per esempio, nel caso della fenilchetonuria se si è in grado di agire con un piano dietetico che elimini l’amminoacido fenilalanina e quindi tutte le proteine che lo contengono, si può evitare che si sviluppi il ritardo mentale caratteristico di questa patologia. La fibrosi cistica invece, anch’essa insorgente dopo la nascita, rappresenta invece un esempio negativo poiché pur essendo in grado di identificarla fin da subito non si è in grado ad oggi di curarla completamente. Durante il primo anno si può trovare la distrofia muscolare di Duchenne, che con il tempo peggiora fino a compromettere irrimediabilmente le capacità motorie dei soggetti colpiti, oltre che alla funzionalità dei muscoli cardiaci e respiratori. Un’altra patologia a carico dell’apparato locomotore ma che questa volta insorge più tardi è la distrofia muscolare dei cingoli, meno grave della distrofia di Duchenne. Infine, vi sono alcune patologie ad età variabile, come il diabete mellito (patologia complessa dovuta a più geni mutati) ma anche la Corea di Huntington, causata dalla mutazione di un singolo gene. Si vedrà come ci siano anche dei problemi di carattere etico legati a queste patologie, perché nel caso della Corea di Huntington si è in grado di scoprire qual è la mutazione, ma quest’ultima insorge in età avanzata (in genere dai 50 anni in su) e quindi si può comunicare al paziente la probabilità quasi certa di sviluppare la malattia in futuro. Di fatto, se ci sono epoche diverse di insorgenza della malattia c'è la necessità di intervenire in tempi diversi. La diagnosi, quindi, può essere eseguita in età prenatale, neonatale, adolescenziale, adulta e sicuramente per quanto riguarda l’attività del genetista è importante arrivare a fare un’operazione di prevenzione e di follow-up a livello familiare per poter intervenire per tempo. Nella genetica in medicina è importante andare a ricercare qualsiasi associazione di geni di suscettibilità alla malattia; più si conosce del genoma, dei pathways e più si è in grado di intervenire a livello terapeutico. In ogni caso si deve tenere a mente che si è tutti diversi gli uni dagli altri e quindi è complicato tracciare un confine netto tra normalità e patogenicità. L'obbiettivo è quello di cercare di capire questa differenza e molto spesso proprio la presenza di una certa mutazione ci da questa informazione, poiché è chiaro che se abbiamo una mutazione molto frequente nella popolazione non ci aspettiamo che causi una malattia molto grave, perché altrimenti saremmo tutti gravemente malati. Quanto appena detto rende l’idea del fatto che più la frequenza di una malattia genetica è bassa e più la mutazione risulta essere grave. Si parlerà anche in seguito di farmacogenetica e di medicina personalizzata, vale a dire di come si può impostare una terapia personalizzata per una determinata mutazione genetica presente in un paziente poiché si sa che quella terapia è particolarmente efficace per quella specifica mutazione. CONSULENZA GENETICA La consulenza genetica, che si approfondirà al quinto anno con l’altra parte del corso, risulta essere particolarmente importante perché fa parte delle prime avvisaglie che ci potrebbero dare informazioni su un’eventuale componente familiare della patologia e quindi suggerisce la necessità di approfondire le informazioni non solo sul paziente che si reca a consulenza ma anche sulla storia familiare. In questo modo, si riesce a capire quali siano i rischi per i familiari e per le generazioni successive che derivano dal soggetto malato. La pratica di consulenza genetica, attraverso una buona capacità comunicativa, deve quindi avere lo scopo di aiutare il paziente e la sua famiglia a: comprendere le informazioni mediche; comprendere la componente genetica e quindi il rischio di trasmettere la malattia; comprendere le opzioni disponibili nell’affrontare la malattia; comprendere le opzioni procreative; affrontare le scelte più appropriate; realizzare il miglior adattamento alla malattia. Occorre sottolineare come nei prossimi anni ci saranno ulteriori cambiamenti riguardo la figura del genetista medico, che dovrà essere in grado di coprire dei settori lasciati scoperti ad oggi, come essere capace di seguire quei pazienti affetti da patologie genetiche che, dopo essere stati seguiti in età pediatrica, sono rimasti senza la figura di uno specialista di riferimento da adulti. Ci si deve anche ricordare del fatto che gran parte della genetica si occupa di ricerca, nello specifico nell’identificare geni, pathways e vie su cui si può intervenire nella pratica clinica. Ritornando alla consulenza genetica, si parte dalla raccolta di dati anamnestici per poi costruire un albero genealogico e andare a valutare la condizione clinica del probando e dei suoi familiari. In figura vengono mostrati i principali simboli utilizzati per la costruzione degli alberi genealogici in genetica: il quadrato ed il cerchio vuoto, per indicare rispettivamente un maschio ed una femmina sani, il quadrato ed il cerchio pieni, nel caso invece di individui malati ed infine il quadrato ed il cerchio semipieni per rappresentare individui portatori sani che possono trasmettere la mutazione alla progenie (carrier). Per le patologie recessive è importante la doppia barra orizzontale tra due genitori perché è indice di consanguineità tra i due soggetti. I TEST GENETICI Per quanto riguarda i test genetici, è possibile elencarne diverse tipologie che permettono di identificare il gene o i geni di interesse e forniscono informazioni su come ed a che livello intervenire: Test diagnostici: impiegati maggiormente per le malattie monofattoriali (anche dette monogeniche perché causate da un singolo gene mutato); Test per l’identificazione dei portatori sani: utili per stimare il rischio di avere un figlio malato sapendo che entrambi i genitori sono portatori sani; Test preclinici o pre-sintomatici: utili per identificare la presenza di malattia ad esordio tardivo; Test di suscettibilità (o predisposizione): impiegati per analizzare la probabilità che un individuo sviluppi una patologia influenzata non soltanto da una componente genetica, ma anche da una componente ambientale. Questa tipologia di test va interpretata nel modo corretto per cercare di comprendere i rischi poligenici caratteristici per ogni individuo. Ognuno infatti presenta determinate varianti geniche che potrebbero predisporre a sviluppare una patologia. Queste varianti prese singolarmente non riescono a dire molto, ma se le si considera nelle loro interazioni si riesce ad avere un quadro più preciso; Test per lo studio della variabilità individuale: permettono di andare ad analizzare la variabilità individuale normale confrontandola con quella patologica. In questo modo si è in grado di interpretare la malattia poiché, per esempio, se un gene ha bisogno di produrre una certa proteina in determinate quantità per poter funzionare correttamente, tutti i valori al di sopra o al di sotto di questa soglia di normalità sono indice della presenza di una patologia; Test di farmacogenetica: eseguiti verrannoper valutare ripresi le potenziali capacità di risposta di una persona in seguito; ad un farmaco, per la medicina forense e per la determinazione della paternità. Test finalizzati alla ricerca: per descriverli, si prende ad esempio un test diagnostico per il tumore della mammella. Si conoscono i geni specifici che sono da studiare per comprendere le mutazioni Brca 1 e Brca 2. Questi geni, che sono quelli maggiormente coinvolti su cui c’è la certezza di procedere correttamente se li si va a studiare a livello diagnostico in un individuo, si sa anche che però hanno un limite, poiché non riescono a coprire la totalità della popolazione. Di conseguenza, si ha una grossa percentuale di soggetti di cui non si riesce ad individuare il gene mutato se si studiano solo i geni “principali”. Per superare questo inconveniente si allarga quindi a tanti altri geni anche per motivi di ricerca, anche se la diagnosi rimane solo su quella serie di geni che sono dal punto di vista clinico importanti. Come evolve una malattia genetica nel corso del tempo: Si hanno delle mutazioni che insorgono ad un certo punto della storia evolutiva dell’uomo. Queste mutazioni però, se hanno un significato negativo, come mai riescono a tramandarsi di generazione in generazione? SI cercherà quindi di capire come mai queste malattie si mantengono anche nel corso dell’evoluzione. SCREENING GENETICO Un altro aspetto importante sul quale si sta cercando di lavorare è identificare quei geni in cui è veramente necessario ed utile intervenire dal punto di vista della salute pubblica per fare uno screening. Bisogna però comprendere che queste operazioni di screening si basano su un discorso di equilibri tra costi e benefici, perché i costi di uno screening sono notevoli, soprattutto se si fa uno screening genetico, al contrario magari di uno screening biochimico dove i costi sarebbero molto più sostenibili e la procedura molto più semplice, perché per alcune patologie sarebbe in grado di dire istantaneamente il difetto a livello biochimico. Dalla biochimica poi, si cerca di arrivare alla genetica. Il nostro obbiettivo è quello di essere in grado di identificare precocemente soggetti che presentano mutazioni importanti, a prescindere dalla storia familiare, perché va detto che purtroppo le mutazioni de novo esistono e ognuno nel suo genoma porta delle mutazioni più o meno gravi. Nelle tabelle sottostanti vengono indicate alcune malattie per le quali viene fornito uno screening genetico neonatale. Chiaramente paesi diversi presentano programmi di screening diversi, in base soprattutto a quanto questi screening vengono coperti ed incentivati a livello finanziario. Vengono indicate nella tabella di sinistra le frequenze ogni centomila nati. Per fortuna non sono patologie che prese singolarmente presentano frequenze elevatissime, però se si vanno a sommare anche tutte le altre patologie rare che qui non vengono indicate, si comprende che la frequenza totale aumenta. Un altro punto importante legato allo screening è che non serve solo considerare il tema dei costi ma anche quello dei benefici e valutarli in maniera appropriata per l’individuo; si decide di fare uno screening se si è in grado di trovare una persona a rischio che possa sviluppare la malattia e parallelamente ci possa essere una possibilità di intervento. Bisogna essere in grado di fornire un farmaco in grado di curare la patologia, altrimenti lo screening di per sé non è giustificato. REAZIONI AVVERSE AI FARMACI La farmacogenetica sta assumendo anche un ruolo di vitale importanza nell’analisi di farmaci prima del loro rilascio sul mercato. Si decide di eseguire un esame genetico sui farmaci per poterne comprendere i loro effetti avversi correlati con una determinata predisposizione genetica. Un esempio è il caso dell’Abacavir, farmaco impiegato contro l’HIV, che si è visto causare reazioni di ipersensibilità nei soggetti malati legate alla presenza dell’allele HLA B 5701. Prima di prescrivere quindi questa terapia ai malati di HIV bisognerebbe indagare sull’eventuale presenza di questo allele. Nella tabella vengono indicati alcuni geni e rispettivi alleli che possono rappresentare un fattore di rischio per la comparsa di reazioni avverse a farmaci. Alcuni presentano delle frequenze non molto basse, come per esempio UGTIA1, che presenta una frequenza del 32%, vale a dire che il 32% della popolazione presenta questo allele e quindi quel tipo di farmaco andrebbe prescritto con una certa attenzione. VARIABILITÀ INTERINDIVIDUALE E SUSCETTIBILITÀ ALLE MALATTIE GENETICHE Sempre parlando poi del cambiamento della variabilità in termini individuali, è importante riflettere su un ulteriore aspetto. Molto spesso, a causa di varianti genetiche neutrali - che quindi non hanno una grossa influenza - ma anche a causa di mutazioni che in realtà hanno un’influenza sull’insorgenza delle malattie, non si è in grado di osservare una distribuzione tutto o nulla; quindi, una situazione in cui una popolazione presenta una specifica variante e una specifica mutazione che le altre popolazioni non presentano. Il testo “The History and Geography of Human Genes” ci dice esattamente questo. Si osserva una distribuzione in climi, secondo gradienti, sia delle varianti neutrali sia delle mutazioni. Si ritornerà su questo concetto quando si studierà la genetica di popolazione, in cui si potranno avere delle popolazioni in cui insorge una mutazione e se l’aumento della frequenza di questa mutazione é correlato con una migrazione di individui che la presentano, attorno comincerà a crearsi un gradiente, un effetto di diluizione da un punto di massima frequenza a punti di minore frequenza. METODI D’INDAGINE GENETICA Osservando il grafico mostrato in figura, ci si accorge di come negli ultimi anni la genetica abbia conosciuto dei metodi d’indagine sempre più tecnologici. Si è passati da una genetica più grossolana, che era basata più sullo studio e l’osservazione dei cromosomi, ad una genetica somatica; quindi, a cominciare a coltivare le cellule per capire quali fossero gli errori metabolici. Poi si arriva finalmente negli anni 80 alla genetica molecolare, studi di linkage, quindi studi sulla capacità di sfruttare la segregazione dei geni e la ricombinazione per poter mappare i geni di importanti malattie. Inoltre, vengono introdotte anche le validazioni eseguite su modelli animali. Dopo aver identificato un gene “sospetto” bisogna anche andare a dimostrare, attraverso l’utilizzo di modelli funzionali in vivo e in vitro (topi transgenici), l’effettiva correlazione tra la presenza di una mutazione e l’insorgenza di una determinata malattia. Intorno agli anni duemila, si è assistito ad una riorganizzazione dell’informazione sui metodi di ricerca in genetica grazie all’utilizzo di database, importanti non solo per tutta la parte di ricerca ma anche di diagnostica. Ulteriore step importante è stato l’avvento dei microchip, grazie ai quali si è arrivati a miniaturizzare buona parte delle analisi, in modo da avere più informazioni possibili in un colpo solo per poter analizzare il DNA di un individuo. In questa casistica però ci si trova sempre ad analizzare varianti che sono state scoperte, come vedremo, attraverso progetti di sequenziamento. La vera rivoluzione è nata con l’introduzione del NGS (Next Generation Sequencing) anche detto sequenziamento di nuova generazione, che ha portato al sequenziamento dell’intero genoma o meglio dell’intero esoma. Questo termine ricorda gli esoni del DNA, vale a dire le sue porzioni codificanti. L’esoma è quindi costituito da tutti gli esoni del genoma. Conoscendo queste informazioni, le applicazioni sono molteplici: dalla medicina personalizzata alla farmacogenetica, alla ricerca sulla suscettibilità a patologie. Prima degli anni duemila gli studi non portavano a grossi risvolti terapeutici, oggi invece la conoscenza sta cominciando ad aumentare la quantità di scoperte che possono essere correlate allo sviluppo di nuovi farmaci. Si tornerà anche a parlare in seguito del concetto di poligenicità, soffermandosi sugli “SNP” (single nucleotide polymorfism), ovvero tutti quei polimorfismi legati all’alterazione di una singola base. La sfida di oggi è quella di capire come queste singole varianti, presenti in centinaia di milioni, ricorrenti con una certa frequenza nei geni della popolazione, possano dare una predisposizione a determinate patologie se combinate assieme. Per avere una visione d’insieme completa, bisogna considerare il fatto che se ci si concentra solo esclusivamente sulla genetica, ci si limitiamo a considerare solo un aspetto legato allo sviluppo delle patologie. La genetica deve collaborare con altri livelli, anche detti livelli omici (genomica, epigenomica, metabolomica, trascrittomica e proteomica). Si deve mantenere sempre una visione d’insieme, in modo da poter capire cosa succede dalla molecola di DNA allo sviluppo della patologia. I LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE DEL GENOMA UMANO Il genoma aploide è costituito da 3,5 miliardi di basi quindi quello umano (diploide) risulta essere costituito da circa 7 miliardi di basi. Se si considera questo parallelo tra una lettera dell’alfabeto e una singola base, usando la Divina Commedia come metro di paragone, si otterranno circa 500 000 lettere e 7024 Divine Commedie. Ci si concentra ora sui differenti livelli di organizzazione del DNA. Si parte da un livello interfasico, completamente despiralizzato e rilassato nella cellula che non si divide, per poi passare nella fase mitotica in cui c’è una compattazione del materiale genetico. I cromosomi cominciano ad addensarsi fino ad avere un aspetto molto compatto. Questo addensamento è legato anche alla presenza di proteine istoniche, questi dischi che vediamo in figura. L’avvolgimento permette la compattazione ad anse e a superanse fino al massimo livello di compattazione che è rappresentato dal cromosoma metafasico. Gli istoni sono molto importanti perché quando parleremo di aspetti epigenetici noteremo che ci saranno delle modificazioni istoniche in grado di rilassare o compattare il genoma. Nel caso di un rilassamento, sarà possibile esporre i geni e di conseguenza esprimerli, perché la struttura cromatidica risulterà aperta. Al contrario, nel caso di compattazione del materiale genetico, si assisterà ad un blocco dell’espressione dei geni, dal momento che la polimerasi non riuscirà ad agganciarsi per poterli trascrivere. DISTRIBUZIONE DEL DNA IN RELAZIONE ALLA SUA FUNZIONE Si deve tenere a mente che i geni non sono costituiti esclusivamente da esoni, ma anche da introni, che sono presenti in quantità maggiore. Chiaramente questi devono essere eliminati attraverso il processo di splicing, che porta alla maturazione dell’RNA. Non sempre però lo splicing è unico per un gene; possiamo avere il così detto splicing differenziale (o alternativo). Questo processo fa capire come si sia passati dal credere che i geni all’interno del genoma fossero nell’ordine di centinaia di migliaia, poiché tramite progetti di sequenziamento precedenti si erano ottenuti trascritti nell’ordine di centinaia di migliaia e quindi si credeva che ad ogni trascritto corrispondesse un singolo gene. In realtà non è così; uno stesso gene, infatti, può produrre più trascritti (splicing differenziale). Questo ha portato a correggere il tiro ed a stimare un numero di geni pari ad un quarto di quanto fatto in precedenza, arrivando ad un numero compreso tra i 20 000 e i 25 000 geni umani. Si nota dal grafico che ben tre quarti del genoma è formato da DNA intergenico, che sembrerebbe non avere alcuna funzione (lo si pensava soprattutto in passato, tant’è che venne coniato il termine di DNA spazzatura). Adesso si sa bene che presenta una funziona di regolazione, contiene regioni ripetute (sequenze tandem) che sono importanti per mantenere la struttura genomica intatta. Un’altra funzione molto importante che si crede possa contribuire a svolgere è quella del rimaneggiamento della cromatina e della struttura dei cromosomi, perché se queste sequenze sono altamente ripetute (anche dette omologhe) e le si trova su cromosomi differenti, potrebbero essere in grado di riarrangiare, creando così delle anomalie. Anche il DNA mitocondriale merita attenzione. Si sa che i mitocondri hanno un genoma a parte che contiene davvero pochi geni; questo però non vuol dire che le patologie originabili da mutazioni siano poche, perché il DNA mitocondriale ha un ruolo chiave nel controllare diversi processi legati alla regolazione dell’energia e molte reazioni cellulari. Si ritornerà in seguito su questo argomento. IL GENOMA UMANO IN NUMERI Tra gli individui della nostra specie il DNA differisce in media del 2 per mille (uno ogni 500 nucleotidi), non una piccola differenza considerando la vastità dei genomi (se si svolgesse il DNA contenuto nelle nostre cellule osserveremmo una sequenza lunga circa un metro e mezzo). Inoltre nel nostro corpo sono presenti 100 mila miliardi di cellule. Si vedono adesso quali sono stati i contributi importanti che hanno dato uno stimolo all’avanzamento delle conoscenze in ambito genetico e cerchiamo di riflettere su cosa ci si potrà aspettare nei prossimi anni. Nei primi anni 2000 si è cercato di colmare dei gap sul genoma. Per quanto fossero avanti nel 2001, le procedure di sequenziamento (inteso come l’identificazione di base per base del nostro genoma) non erano così all’avanguardia da riuscire a comprenderlo ed analizzarlo nella sua interezza. Gli scienziati fecero uno sforzo enorme nel 2001, eppure molto regioni risultavano estremamente difficili da sequenziare. Ad oggi, con la tecnologia che si è evoluta, si sta cercando di coprire le zone d’ombra. SI vede in questa immagine una stima generale, per darci un’idea sulla lunghezza media di un gene (17000 basi). Si può anche dire 17k basi. Numero di esoni medio pari a 7, lunghezza dell’esone compresa in un range di 100-200 nucleotidi e lunghezza dell’introne compresa tra 200 a 2000 nucleotidi. Si vede ancora una volta indicato il processo dello splicing e l’importanza delle regioni ai confini tra esoni e introni, chiamate appunto sequenze di splicing. Si immagini dove ci sono tutte queste righe in figura che ci siano delle sequenze specifiche all’interno degli introni. Se dovesse avvenire una mutazione su queste sequenze, lo splicing risulterebbe bloccato, quindi sono mutazioni estremamente deleterie. Si vedono anche le sequenze di poli A che stabilizzano l’RNA messaggero. Ci sono anche delle sequenze all’inizio del trascritto che segnalano dove debba avvenire la traduzione. Una scoperta rilevante è stata quella che ha portato all’identificazione di regioni caratterizzate da una diversa presenza di geni e da una colorazione specifica. Si vede infatti che le regioni ricche in G-C normalmente contengono molti geni mentre le regioni A-T ne contengono molti meno. I geni sono posizionati in modo random lungo il genoma, anche se tra un individuo e un altro sono conservati, perché in caso contrario non potremmo garantire la continuità della specie. Adiacenti ai geni ci sono regioni espanse fino a 30k basi di CpG, dette anche CpG islands (la p sta per il gruppo fosfato). Sono dei dinucleotidi che riprenderemo quando parleremo di epigenetica. Degno di nota è il fatto che a livello di queste citosine si assiste molto spesso ad una metilazione, importante perché se avviene sul sito del promotore, il fattore di trascrizione non è in grado di legarsi. Di conseguenza, si viene a bloccare la trascrizione genica e conseguentemente si arresta la produzione di mRNA. Come si nota anche nell’immagine, le bande G scure sono ricche di coppie A-T, di conseguenza presentano meno geni, mentre invece le bande più chiare caratterizzate da una maggior prevalenza di G-C presentano molti più geni. Breve excursus su telomeri e centromeri I telemori: sono strutture presenti ai confini estremi del cromosoma e servono per proteggerlo dagli accorciamenti. I centromeri: servono nel corso dei processi di divisone cellulare poiché nel corso della mitosi e della meiosi permettono l’aggancio dei cromosomi alle fibre del fuso. COME POSSIAMO STUDIARE I CROMOSOMI? Attraverso tecniche di citogenetica, possiamo studiare la piastra cromosomica. Per studiare i cromosomi si induce in divisione la cellula che vogliamo studiare, per esempio se vogliamo analizzare dei linfociti, per prima cosa eseguiremo un prelievo di sangue e poi li indurremo in divisione, utilizzando un inibitore del fuso mitotico per permettere di bloccare il processo di duplicazione in metafase. Questo è infatti il momento migliore per osservare i cromosomi perché sono più compatti. In seguito, la cellula si fa scoppiare, si ritagliano i cromosomi ad uno ad uno e si crea la piastra metafasica. Questa è la citogenetica “old style”; adesso si procede con l’utilizzo di diversi coloranti che ci permettono di distinguere quanto prima e in maniera più accurata i cromosomi. In figura vengono mostrati diversi tipi di bandeggi. Si noti come i cromosomi vengano allineati e numerati con numeri da 1 a 22, ad esclusione dei cromosomi sessuali indicati in ultima posizione. Il cromosoma X contiene molti geni importanti anche per diverse funzionalità per gli individui di sesso maschile, mentre il cromosoma sessuale Y in realtà porta solo i caratteri sessuali maschili. LE ANOMALIE CROMOSOMICHE Si fa ora un focus sui concetti importanti legati alle mutazioni cromosomiche, soprattutto sugli aspetti chiave delle aneuploidie e delle aberrazioni cromosomiche. Innanzitutto, bisogna darne una definizione in base al coinvolgimento delle cellule. - Se la mutazione coinvolge tutte le cellule del nostro corpo, prenderà il nome di anomalia costituzionale. Vuol dire che praticamente si ha ereditato la mutazione al momento della nascita. Tutto ciò che coinvolge tutte le cellule molto probabilmente è stato ereditato dai genitori. - Se invece la mutazione avviene in un momento successivo della divisione, vuol dire che non è stata ereditata dai genitori ma che ad un certo punto è comparsa una mutazione in una cellula e da lì tutte le cellule che derivano da quella mutata porteranno a loro volta la mutazione. Si parla quindi di anomalie somatiche perché nella formazione del soma cominciamo ad avere una mutazione che va a dare origine ad altre cellule mutate. Di fatto, più la mutazione avviene in fasi precoci e più il numero di cellule coinvolte sarà elevato. Si avrà quindi un certo numero di cellule mutate insieme a cellule normali; il fatto di avere tipi cellulari diversi nello stesso organismo viene definito mosaico genetico. Questo concetto va ricordato perché è proprio il mosaico genetico che fa sì che le conseguenze fenotipiche di quella mutazione siano proporzionali al numero di cellule mutate presenti nell’organismo. Esistono però vari “gradi” di mosaico genetico. Per esempio, se sono presenti sono il 5% di cellule mutate, quell’individuo non avrà alcuna problematica, se invece la percentuale supera il 50%, l’individuo potrebbe presentare numerose problematiche con effetti osservabili anche a livello fenotipico. Si parla adesso di alcuni tipi di anomalie cromosomiche. Le due classi principali riguardano le anomalie di numero e le anomalie di struttura. -Le anomalie di numero sono importanti, perché la presenza di un cromosoma in più o di un cromosoma in meno risulta essere molto impattante. SI ragiona sul fatto che già solo se abbiamo una mutazione di un singolo nucleotide su un gene, si possono sviluppare malattie gravissime. Figuriamoci pensare di avere un intero cromosoma in più o in meno. Questo tipo di anomalie dovrebbero essere incompatibili con la vita; infatti, tra quelle che coinvolgono i cromosomi non sessuali soltanto la sindrome di Down (trisomia 21) presenta una compatibilità con la vita che va oltre l’età dei primi anni di vita. Parlando di trisomia chiaramente si intende la presenza di tre copie di un determinato cromosoma, mentre si parla di monosomia quando un cromosoma risulta assente. Queste risultano essere gravissime e non esistono forme compatibili con la vita tranne il caso della sindrome di Turner (X0) che coinvolge, a differenza di quella di Down, un cromosoma sessuale. Va aperta una parentesi sui cromosomi sessuali, perché nel caso di Turner si assiste al fenomeno di inattivazione del X. Tutti i cromosomi sessuali in più che l’individuo presenta vengono neutralizzati dall’inattivazione del X. Se presentassi quattro X, tre verrebbero inattivati per lasciarne attivo solo uno. Ancora, se presentassi due X ed un Y, verrebbe inattivato un solo X, lasciando operativi l’altro X e l’Y. Questa situazione rappresenta la sindrome di Klinefelter XXY. Se già in queste situazioni gli effetti prodotti sono gravi, si immagini ad esempio le situazioni oltre la triploidia (ad esempio in caso di tetraploidia): chiaramente sono entrambe incompatibili con la vita. Ci si concentra ora sulle anomalie di struttura, tra le quali annoveriamo inversioni, delezioni, traslocazioni e duplicazioni. La gravità del fenotipo dipende proprio da quanti geni sono stati coinvolti dall’anomalia; se per esempio un pezzo di cromosoma non presentasse geni non ci sarebbero conseguenze. Queste anomalie però, andando a colpire pezzi grossi di cromosoma, generalmente causano conseguenze riscontrabili. Come mai possono avvenire queste anomalie di struttura? Qui vengono mostrati meccanismi legati alla ricombinazione omologa, ma anche regioni che scambiano pezzi di cromosoma. Bisogna stare attenti alle sequenze ripetute, perché all’interno del cromosoma possono portare a ricombinazione e a riarrangiamenti. Un altro punto fondamentale sul quale occorre riflettere, è la differenza tra anomalie bilanciate e anomalie sbilanciate. Le anomalie bilanciate presentano nella maggior parte dei casi un fenotipo normale poiché non c’è la perdita di materiale genetico e questo non è disposto in una maniera pericolosa da poter arrecare danni ai cromosomi, infatti un individuo potrebbe tranquillamente vivere con tute le cellule traslocate. Un individuo affetto da questa anomalia può tranquillamente vivere. Le conseguenze più evidenti non sono tanto per il portatore ma più per le generazioni successive, poiché in questa casistica è presente un elevato tasso di aborto nelle gravidanze. Riprendendo meglio in seguito questo punto. Invece per quanto riguarda le anomalie sbilanciate, la situazione cambia. Perché se si ha un’anomalia che comporta perdita di materiale genetico e rottura di cromosomi, si avranno delle conseguenze molto gravi che possono anche portare a malformazioni. Per curiosità, si vede in figura un esempio di anomalia bilanciata. Si vede il cromosoma 21 che è andato a traslocare sul cromosoma 14. Non si hanno perdite di materiale genetico; il cromosoma si è spostato in un’altra posizione. Il soggetto sta bene perché non c’è stata perdita di materiale genetico. Invece, in quest’altra situazione, il 21 si è sempre spostato sul 14, ma questa volta, purtroppo, rimane anche un altro cromosoma 21 nella posizione originale. Questo soggetto ha quindi tre copie del cromosoma 21 e ci troviamo nel caso della sindrome di Down. Non sono tre copie libere (in quel caso si parlerebbe di trisomia libera) ma in questo caso c’è una traslocazione. Si cerca di capire ora come il concetto di traslocazione bilanciata possa portare ad una situazione di sbilanciamento nei gameti e ovviamente poi nella prole. SI vede in figura che cosa possa succedere da una doppia rottura su due cromosomi diversi. In questa situazione può formarsi da un lato una situazione bilanciata compatibile con la vita, dall’altro lato si crea una situazione sbilanciata in cui se un pezzo di cromosoma con il suo centromero va ad unirsi all’altro cromosoma, si ottiene un cromosoma dicentrico. Può succedere quindi che il cromosoma non più agganciato al centromero vada perso perché incapace di essere agganciato alle fibre del fuso mitotico, mentre l’altro che presenta due centromeri venga tirato da entrambe le parti dalle fibre del fuso e quindi rischi di spezzarsi. Partendo dalla situazione bilanciata di cui si è parlato poco prima, si può analizzare la probabilità di produrre dei gameti bilanciati o sbilanciati. Se uno dei genitori presenta una situazione come quella indica nell’immagine, saranno prodotti un gamete completamente normale e un gamete che presenta una mutazione bilanciata. Queste due condizioni sono compatibili con la vita. La situazione non positiva si verifica quando uno dei due cromosomi risulta possedere una traslocazione con perdita di materiale genetico, creando così in un gamete una parziale trisomia e nell’altro una parziale monosomia. LA TRASLOCAZIONE ROBERTSONIANA SI torna adesso a parlare della traslocazione del cromosoma 21 sul cromosoma 14. Essa può anche essere definita come traslocazione robertsoniana. Coinvolge due cromosomi acrocentrici, ovvero due cromosomi che presentano il centromero tutto spostato all’estremità di un braccio. L’altro braccio che dovrebbe essere quello corto risulta essere praticamente inesistente. Si trova una porzione o satellite di DNA che contiene dei geni che codificano per delle proteine ribosomiali. Il fatto che presentiamo nel nostro genoma diversi cromosomi acrocentrici fa sì che si abbiano tante porzioni che codificano per geni ribosomiali; in un certo senso sono in eccesso, non è che non se ne abbia bisogno, però si dovessero perdere alcune di queste porzioni a causa di una traslocazione bilanciata non si osserverebbero problematiche di alcun tipo. La traslocazione robertsoniana risulta essere bilanciata perché i due cromosomi acrocentrici hanno perso soltanto le due porzioni contenenti il DNA satellite. Anche in questo caso si origineranno due gameti bilanciati, però la probabilità di generare degli aborti aumenterà. Infatti, se prima avevamo una probabilità del 50% di generare gameti mutati (incompatibili con la vita), adesso avremo la probabilità di un terzo di avere gameti bilanciati e la probabilità di due terzi di avere gameti non bilanciati. CAUSE DELLE ANEUPLOIDIE Prima di soffermarsi sulle cause scatenanti aneuploidie, si spendono due parole sulle cellule neoplastiche o tumorali, cellule caratterizzate da un elevatissimo numero di anomalie cromosomiche. Questo perché insorgono specificatamente in un tessuto maturo, già differenziato e quindi una singola cellula, perdendo il controllo, può cominciare a sviluppare anomalie che incentivano la sua proliferazione. Tra le cause principali delle aneuploidie troviamo la non-disgiunzione. Per capire questo concetto, ci si deve ricollegare alle divisioni mitotiche e meiotiche. La non-disgiunzione si verifica quando i due cromatidi fratelli che sono uniti non riescono a separarsi e finiscono entrambi nella stessa cellula. Concetto leggermente diverso è quello del ritardo afasico. In questa situazione la divisone è stata effettuata correttamente ma, mentre tutti i cromosomi cominciano a migrare alla giusta velocità, un cromosoma risulterà più attardato. In questo modo, si verificherà la perdita del cromosoma in questione che non riuscirà ad essere incorporato nel nucleo di una delle cellule figlie. FATTORI CHE INFLUENZANO LA NON-DISGIUNZIONE Sicuramente l’età dei genitori. Uno dei consigli che si danno per ridurre i rischi di non-disgiunzione è quello di cercare di avere figli in età non troppo avanzata. Più si invecchia e più c’è il rischio sia per gli individui di sesso maschile che per quelli di sesso femminile, di produrre gameti mutati. La non-disgiunzione si è osservata comparire con maggiore frequenza nella prima divisone meiotica materna. ISODISOMIA E IMPRINTING GENETICO Esiste un’ulteriore condizione che può essere causata da una non-disgiunzione. Si sta parlando della isodisomia. In questo caso, un individuo invece che avere un cromosoma composto da una copia materna ed una paterna, ha entrambe le copie provenienti da un singolo genitore. In una situazione del genere l’individuo è malato o normale? Per rispondere a questa domanda si deve riflettere sul concetto di imprinting, fenomeno per il quale all’interno del nostro genoma abbiamo una diversità di espressione dei geni che sono ereditati per via materna o paterna. Chiaramente avere una copia di un gene di origine paterna rispetto ad una copia materna cambia radicalmente. Avere entrambe le copie di un gene provenienti dallo stesso genitore implica che, ad esempio se uno dei due geni non è espresso per via paterna e sono presenti copie provenienti esclusivamente da questa via, mi ritroverò ad avere un gene non espresso. L’imprinting, quindi, è il fenomeno per il quale una copia dei due geni viene silenziata, permettendo così l’espressione soltanto dei geni presenti sull’altra copia. Attualmente si conoscono circa 150 geni umani che sono sottoposti ad imprinting materno o paterno. Quindi, in caso di imprinting paterno, la copia paterna di quel gene sarà silenziata; questo vale per tutti gli individui. Se invece l’imprinting è materno, la copia materna sarà spenta. Il risultato è che per questi geni presentiamo soltanto una copia attiva. Come abbiamo già precedentemente accennato, la situazione patologica si verifica nel momento in cui l’imprinting permette l’espressione di due copie di un gene proveniente dallo stesso genitore o quando le silenzia entrambe. Si torna adesso a parlare di fattori che favoriscono la non-disgiunzione. Si è già accennato come ci sia una correlazione diretta con l’età materna; più si invecchia e più abbiamo problemi di non-disgiunzione. Inoltre, la frequenza di anomalie cromosomiche è inversamente correlata all’epoca gestazionale. Ciò significa che è più probabile trovare anomalie cromosomiche che abbiano conseguenze sulla vita del feto, quanto più è precoce il periodo di gestazione che stiamo considerando. Se si trova un’anomalia nei primi tre mesi è molto probabile che questa comporti delle conseguenze importanti. Nella tabella sottostante, vengono mostrate alcune percentuali su come si distribuiscono diverse anomalie cromosomiche. Tra le trisomie ricordiamo che l’unica veramente compatibile con la vita è quella di Down. Le sindromi di Edwards e di Patau che riguardano rispettivamente il cromosoma 18 e il cromosoma 13, in realtà sono compatibili con la vita ma solo per un breve lasso di tempo. I soggetti, infatti, nel giro di giorni o mesi muoiono. Invece per le trisomie che colpiscono i cromosomi sessuali, la situazione è un po’ diversa. Per esempio, nel caso della sindrome di Turner (45 X), l’unico cromosoma X rimane attivo. Per capire meglio questo fenomeno, dobbiamo riflettere su una caratteristica peculiare dei cromosomi sessuali. Essi presentano infatti alle estremità non telomeriche, delle regioni che vengono definite pseudoautosomiche. Quest’ultime sono delle regioni di omologia sulle quali possono avvenire degli scambi e delle ricombinazioni. Queste regioni pseudoautosomiche sono però responsabili anche delle anomalie legate ai cromosomi sessuali. Infatti, quando l’X deve essere inattivato, queste regioni pseudoautosomiche rimangono accese e sono proprio loro a fare la differenza tra un fenotipo normale XX e un fenotipo 45 X0. Infatti, saremmo portati a pensare che per il principio di inattivazione le due condizioni siano esattamente uguali. Tuttavia, non è così, proprio per la presenza della regione pseudoautosomica che continua ad essere attiva anche sul cromosoma spento. Ritornando alle percentuali sulle anomalie cromosomiche, si nota che il dato relativo alle traslocazioni bilanciate è notevolmente alto. Grazie a questa immagine possiamo notare alcuni punti critici per il concepimento. Riguardo agli aborti, il 20% dei concepiti vengono abortiti prima dell’impianto, il 42% alla settima settimana, il 10 % tra la settima e la dodicesima settimana. Solo il 3% dopo la dodicesima settimana. Complessivamente, solo il 25 % dei concepiti arriva alla nascita. Questo dato evidenzia il fatto che esistono dei meccanismi che operano la selezione contro i gameti anomali. SI vede come la gran parte delle trisomie siano di carattere autosomico e quindi siano associate ad una maggiore gravità. Anche un discreto numero di 45 X porta ad aborti. Per quanto riguarda invece le anomalie cromosomiche negli individui di sesso maschile, si vede come circa il 10% dei gameti ne sia caratterizzato. Di questi, il 45% presenta anomalie numeriche mente il 55% anomalie strutturali. Negli individui di sesso femminile invece, il discorso è più complesso perché si assiste al fenomeno di maturazione dell’ovocita e del conseguente suo blocco nella prima divisione meiotica. Questo blocco può portare a divisioni non corrette. LE ANALISI CITOGENETICHE Si parla adesso di analisi citogenetiche. Si è partiti dall’utilizzare il microscopio ottico che permetteva di vedere variazioni di 5 milioni di basi, per arrivare adesso alla citogenetica molecolare. Si introduce il concetto di sonda, vale a dire un frammento di DNA che viene utilizzato per andare a identificare una molecola bersaglio. Si può marcare questa sonda con determinati coloranti per facilitare il riconoscimento delle molecole bersaglio. Un’applicazione di quanto appena detto, è il cromosome painting, che permette di associare ad un certo cromosoma un colore specifico, rendendone più facile l’identificazione. A livello diagnostico, risulta essere molto utile per studiare alcune aneuploidie associate a specifici cromosomi. In figura si vede delle sonde per il cromosoma 21 di colore rosa e altre sonde specifiche per il cromosoma X e Y. Si nota come i tre “pallini” rosa suggeriscano la presenza di tre copie di quel cromosoma e quindi una trisomia 21. Inoltre, vedendo che il cromosoma Y viene marcato con il colore giallo, in questo caso si tratterà di un individuo di sesso femminile perché vengono evidenziate due X azzurrine e nessun Y verde. FIBER FISH Questa è un’altra applicazione innovativa dei fluorocromi, che permette di analizzare non solo i cromosomi compattati ma anche quelli despiralizzati; la sonda riesce ad attaccarsi alla molecola bersaglio indipendentemente dal fatto che il cromosoma sia compattato o meno. Un vantaggio di questa tecnica è legato al fatto che non si devono più costruire metafasi per studiare i cromosomi. POLIMORFISMI CROMOSOMICI Si è parlarlo precedentemente di SNP (single nucleotide polymorphism). Per comprendere meglio questo concetto, si deve fare una suddivisione tra polimorfismi e variazione genetiche in generale. Quando si parla di polimorfismo, si intende una variazione genetica non patogenica che nelle popolazioni si presenta con una frequenza maggiore o uguale all’1%. Per un certo allele si possono avere diverse varianti che si distribuiscono in popolazioni diverse. Per parlare della presenza di un polimorfismo, ci devono essere almeno due varianti di questi alleli: una è quella originaria e l’altra è quella generata da una nuova mutazione; se quest’ultima presenta una frequenza almeno dell’1% siamo in presenza di un polimorfismo genetico. Quando la frequenza risulta essere sotto all’1%, non si parla più di polimorfismi ma di “varianti rare”. Abbiamo già parlato del fatto che più una variante risulta essere rara e più c’è il rischio che sia pericolosa. In figura si vedono classificate le lunghezze dei singoli cromosomi per basi. Chiaramente, più un cromosoma è grande e più geni saranno presenti al suo interno. Un punto importante su cui occorre riflettere è il fatto che esistono dei geni che codificano RNA ma che non vengono tradotti. Di conseguenza, non producono proteine ma possiedono tuttavia delle funzioni importanti che vedremo più avanti nel corso. Esistono anche gli pseudogeni, che sono dei geni che hanno subito delle mutazioni nel corso dell’evoluzione e sono diventati inattivi. Ci si è soffermati precedentemente sulle variazioni a carico di singoli nucleotidi e sugli arrangiamenti cromosomici. Quando si parla di variazioni del numero di copie di regioni cromosomiche, ci si riferisce alle CNV (copy number variation). Alcuni soggetti potrebbero presentare una duplicazione di una specifica regione di un cromosoma, rimanendo tuttavia normali. Si faranno degli esempi in cui avere due copie di un gene può diventare vantaggioso nel corso dell’evoluzione. Quando si parla di differenze in termini individuali, non si sta parlando esclusivamente di variazioni di singole basi ma più in generale di differenze del numero di copie di regioni cromosomiche. Si conclude la lezione riflettendo sul fatto che tutti gli sviluppi e le innovazioni che sono state viste hanno portato ad una quantità di dati enorme, in termini di sequenziamento del genoma. Questi dati sono stati organizzati in database utili per la ricerca ma anche per la diagnostica che verrà vista nelle prossime lezioni. 2.GENETICA UMANA - Lezione 2 - Prof. Giuseppe Matullo 08/01/2024 SBOBINATORE: Distratis Carlo REVISORE: Gerardo Margherita LEZIONE 2 – GENETICA UMANA INTRODUZIONE Il professore inizia la lezione parlando di polimorfismi, per poi fare una lista di database online scientifici utili allo studio e alla ricerca. In seguito, procede con l’approfondimento di alcuni progetti e ricerche sullo studio dei genomi che hanno segnato particolarmente la storia della genetica umana. I polimorfismi possono riguardare variazioni più o meno ampie del genoma. Se sono polimorfismi vuol dire che sono presenti nella popolazione ad una certa frequenza e quindi dovrebbero essere meno pericolosi delle mutazioni, fatta eccezione per alcuni casi che si vedranno in futuro. I polimorfismi cromosomici a livello del genoma sono variazioni molto grosse che possono consistere in duplicazioni di alcune regioni chiamate Copy Number Variatons (CNV) che possono essere abbastanza ampie. Nel 2006 si è scoperto questo fenomeno che destò stupore dal momento che si è visto che c’è un grande contributo delle variazioni del numero di copie in tutto il genoma permettendo così di aumentare la diversità. I polimorfismi possono non avere un significato patogenetico, però queste variazioni molto spesso possono causare patologie. Ci sono diversi database che sono fondamentali per la consultazione della variabilità del genoma. SITI ONLINE UTILI Human Genome resources at NCBI (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/projects/genome/guide/human/) Pub Med (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov) Online Mendelian Inheritance in Men OMIM (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/omim/?term=) EMBL-EBI (https://www.ebi.ac.uk) PROGETTO HAP MAP Questo progetto è nato per studiare la diversità tra i gruppi etnici e inizialmente si avevano solo quattro popolazioni e anche il numero di individui non era così importante, però al tempo era già uno sforzo grosso. Quello che si cercava di fare non era solo capire quali erano le diversità delle frequenze di alcune varianti tra popolazioni ma vedere anche le combinazioni di questi eventi tra le popolazioni che prendono il nome di aplotipi. Il progetto si chiama HAP MAP che significa mappare la struttura aplotipica delle popolazioni. Aplotipo → combinazioni di alleli su loci vicini. In generale, combinazioni di alleli che si trovano sullo stesso cromosoma. La prima fase del progetto risale al 2005, mentre la seconda e la terza fase risalgono al 2007-2008. Si può notare come siano aumentati negli anni il numero di campioni. Lo scopo era quello di avere un quadro migliore legato alla diversità. PROGETTO 1000 GENOMI Ben diverso è il progetto 1000 genomi, l'obiettivo era quello di produrre sequenze genomiche su un grosso numero. L’approccio rispetto a quello precedente è completamente diverso poiché prima, in HAP MAP, si studiava ciò che si conosceva, mentre nel progetto 1000 genomi si studiano le varianti nuove che ancora non si conoscono ma le si può scoprire grazie al sequenziamento che è fondamentale perché fa trovare nuove varianti e vedere la distribuzione di nuove popolazioni. Grazie a questo progetto si sono scoperti circa 90 milioni di SNP. Ma ci sono altri tipi di mutazioni come delezioni, duplicazioni e inversioni. È interessante vedere che ci sono tante sequenze ripetute quindi sequenze identiche che si trovano in posizioni diverse del genoma. Cosa può succedere se ci sono sequenze ripetute su cromosomi diversi? Che queste sequenze nel momento in cui si vanno ad appaiare da cromosomi diversi possono essere cause di malattie, e quindi devono essere tenute sotto controllo tramite diversi meccanismi come la metilazione del DNA. Nella fase 3 si può vedere quante popolazioni sono state analizzate e si vede come ci sono diverse tipologie di varianti che si possono distinguere sulla base della condivisione tra popolazioni. Quelle che sono colorate sono le sequenze che sono più specifiche delle popolazioni o che comunque sono condivise da poche popolazioni nello stesso territorio. Invece, quelle grigie chiaro e grigio scuro, sono condivise tra le popolazioni; quindi, praticamente tutti gli esseri umani hanno queste variazioni e sono condivise. Uno degli ultimi progetti è stato quello dei centomila genomi. Genomi sequenziati vuol dire l'intero genoma non un singolo gene. Questa è una svolta pazzesca perché permette di cominciare a realizzare bene la variabilità tra individui. Quindi si sono sequenziati 100.000 genomi su pazienti che hanno tumori e anche su pazienti che hanno malattie rare. Oltre ai pazienti malati si è analizzato anche il genoma dei membri della famiglia, per avere una conferma. DOMANDA: “Come mai sono 100.000 genomi relativi a 70.000 persone?” RISPOSTA: “Perché 70.000 sono i provanti e i 30.000 sono i familiari. Quindi i provanti sono quelli che sono malati realmente e poi gli altri sono i familiari.” PROGETTO ENCODE Il progetto ENCODE è stato uno dei primi a trattare la funzionalità di regioni ad esempio regolatrici, e come il cambiamento provoca l'influenza dell’espressione genica. È stato fondamentale sia perché si sono messi in evidenza una serie di elementi che tutt’ora sono ancora studiati, perché in alcuni progetti si è visto che non c'è la classica trasmissione di informazione. MALATTIE MONOFATTORIALI Adesso bisogna considerare i geni e cosa questi causano e determinano in caso di patologie. Come si vede nell’immagine alcune di queste seguono la genetica mendeliana mentre altre patologie no. Si ricorda che il DNA mitocondriale è costituito da pochi geni, ovvero 37 geni, ma è importante ricordare che quando c'è stata l'integrazione del mitocondrio nella cellula (teoria endosimbiotica) è stata talmente forte, che in realtà molti dei geni nucleari servono anche al funzionamento del mitocondrio. Questo è importante perché vuol dire che le patologie mitocondriali non derivano soltanto da alterazioni del DNA mitocondriale ma anche da alterazioni cromosomiche. Il cromosoma Y è uno dei più piccoli ed è ereditato per via paterna. L'altra tipologia di trasmissione è quella mendeliana monogenica (poi verrà approfondita in una lezione a parte) ed è distinta in: Eredità poligenica→ il fenotipo dipende dall’espressione di più geni Eredità multifattoriale→ il fenotipo, oltre che dipendere dall’espressione di più geni, dipende anche dalle componenti ambientali. Si vedrà in seguito che questa variazione fenotipica può essere considerata in due modi: Variazione continua→ È quella che si può presentare quando intervengono una serie di variazioni fenotipiche. Una distribuzione continua del fenotipo. Ad esempio, i livelli di colesterolo sono misurati su una scala continua. Variazione discontinua→ presenza di classi fenotipiche ben distinte e non sovrapposte. MALATTIE MONOGENICHE - TERMINOLOGIA Il professore fa un elenco di alcuni termini importanti da sapere. Su alcuni si sofferma di più mentre su altri enuncia solo la definizione dal momento che li da come assodati. Locus= la posizione di un gene su un cromosoma. Alleli= forme alternative di un gene. Si parla di alleli anche quando parliamo di mutazioni. Si possono avere alleli normali ma anche alleli mutati. Omozigote= porta due alleli identici ad un locus      Eterozigote= porta due alleli differenti ad un locus  S. Eterozigote composto= sono presenti due mutazioni entrambe patogenetiche, funzionalmente negative, che sono portate dallo stesso individuo sullo stesso locus. Quindi, vuol dire che non sono esattamente la stessa mutazione, ma sono due mutazioni nello stesso gene che provocano due mutazioni diverse. Portatore sano= eterozigote asintomatico. Probando= individuo affetto attraverso il quale la famiglia di cui fa parte viene portata all’esame. Genotipo= costituzione genetica di un individuo nella sua totalità o riferita ad un gene specifico. Fenotipo= caratteristica osservabile di un individuo o di una cellula. Dominante= ogni tratto o carattere che si esprima nell’eterozigote, cioè, nel caso di malattia, in cui sia sufficiente una sola copia del gene difettoso per esprimere il fenotipo affetto. Recessivo= ogni tratto o carattere che si esprima solo nell’omozigote, cioè, nel caso di malattia, in cui entrambe le copie del gene difettoso devono essere presenti per esprimere un fenotipo affetto. Codominante= nel caso in cui lo stato eterozigote esprima un fenotipo distinto da quello dei due stati omozigoti. La codominanza rispecchia che ogni allele si osservabile; quindi, se si hanno entrambi gli alleli, osservo entrambi gli alleli. Ad esempio, i gruppi sanguigni, il sistema AB0 dove A e B sono codominanti tra di loro, mentre lo 0 è recessivo. MALATTIE EREDITARIE DOMINANTI Si iniziano a vedere alcuni aspetti che sono più legati all’ambito molecolare L'insufficienza del corredo aploide Si sa che per un certo gene si ha la copia paterna e materia; quindi, può essere alterato uno dei due. Quindi si inattiva completamente quella copia, paterna o materna, e l'altra copia che rimane invece funziona. È sufficiente o non è sufficiente a svolgere la funzione per quel determinato gene? Bisogna introdurre il concetto di aploinsufficienza. Vuol dire che il gene che rimane attivo, da solo, non è sufficiente a svolgere la sua funzione. L'esempio che si fa è l’ipercolesterolemia familiare. È una mutazione che colpisce prevalentemente, ma non esclusivamente, il recettore delle LDL. Mutazioni che inducono un eccesso di funzione La mutazione si ha quando è presente un eccesso di produzione di una proteina. Quindi, in questo caso, avere tre copie di un gene, può provocare la patologia chiamata Charcot-Marie-Tooth, ovvero una malattia neurodegenerativa. Mutazioni dominanti negative Questa mutazione fa sì che venga prodotta una proteina alterata, che si va a combinare con altre proteine normali. Ma se anche una di queste proteine che si assembla è mutata, inibisce o interferisce con tutte le altre proteine sane. Ad esempio, l’osteogenesis imperfecta, una patologia che riguarda il collagene di tipo I che è una triplice elica che può essere assemblata da eliche diverse codificate da geni diversi, quindi c'è un'influenza negativa. MALATTIE EREDITARIE RECESSIVE Sono malattie che inducono una perdita di funzione, e quindi si parla di aplosufficienza vuol dire che la copia che rimane è sufficiente alla funzionalità della cellula e dell'organismo, per cui gli eterozigoti sono asintomatici. Solo gli omozigoti sono affetti come per esempio l’anemia falciforme. In questa immagine si può osservare la diversa proporzione di patologie che sono state assegnate finora con meccanismi autosomici dominanti e recessivi. Possiamo notare molte più patologie autosomiche dal momento che sono 22 coppie, però le X-Linked sono di più rispetto alle Y-Linked, essendo X un cromosoma grosso rispetto al cromosoma Y che è più piccolo e quindi X può causare più patologie. Inoltre, X non è importante solo per il carattere femminile a differenza dell’Y, ma sull’X ci sono tanti geni importanti sia per il metabolismo di femminile che maschile. MALATTIE EREDITARIE Il professore fa un ripasso veloce su quelle che sono le malattie autosomiche dominanti AUTOSOMICA DOMINANTE 1. Un individuo affetto ha comunemente almeno un genitore affetto. Questa è la causa più frequente di una malattia dominante, in cui c'è uno dei genitori che ha una mutazione, in eterozigosi normalmente, perché la mutazione di una omozigosi per una malattia dominante potrebbe essere talmente grave che molti geni non arrivano nemmeno a nascere. 2. La trasmissione non dipende dal sesso, possono essere colpiti sia maschi che femmine. 3. Un figlio di una persona affetta e di una persona non affetta ha il 50% di probabilità di essere affetto. Questa è la probabilità di passare la mutazione. 4. Gli individui non affetti non trasmettono la malattia. Questa è una regola generale, anche se presenta alcune eccezioni perché si vedrà in seguito il concetto di penetranza incompleta. AUTOSOMICA RECESSIVA 1. Individui malati in omozigosi. 2. In questo caso, in media, 1 figlio su 4 è affetto. 3. La trasmissione non dipende dal sesso. 4. Matrimoni tra individui affetti e non affetti genera solo figli eterozigoti sani, a meno che il non affetto sia portatore sano quindi eterozigote. 5. La consanguineità è un aspetto molto importante dal momento che più è rara la malattia, più è probabile che l’individuo affetto sia figlio di genitori consanguinei tra di loro. Se in quella famiglia c'è una mutazione anche in eterozigosi che circola, se viene trasmessa la stessa mutazione da antenati comuni ai figli e poi a cugini, perché ovviamente il matrimonio tra cugini porta ad un incrocio che rende loro omozigoti, ma esattamente per la stessa mutazione. Si tornerà in futuro sulla consanguineità in modo più approfondito. X-LINKED RECESSIVA 1. È recessiva per le femmine poiché hanno due X, quindi se ce n’è una mutata l'altra dovrebbe compensare. 2. Nei maschi non è recessiva perché il maschio ha una sola X e quindi risulta essere più frequente nei maschi. 3. In media 1 su 4 dei figli è affetto, però il 50% dei maschi di una fratria è affetto. Se è la madre è portatrice può trasmettere o la mutazione o il gene non mutato quindi il 50% di possibilità per un maschio. 4. Un concetto importante da ricordare è che nelle malattie X-Linked recessive gli alberi genealogici molto spesso hanno più maschi affetti. Si troveranno alcuni pedigree (alberi genealogici) nei quali ci sono solo maschi affetti. Si potrebbe pensare che sia una malattia legata all’Y, però se in un pedigree non vi è mai la trasmissione da padre a figlio, allora vuol dire che quella malattia non è legata all’Y, perché il padre può trasmettere solo Y al figlio mentre la madre può trasmettere una delle due X. Quindi la malattia sarà legata all’X. Un caso che potrebbe far confondere è quello di un matrimonio di un maschio affetto con una femmina portatrice che potrebbe sembrare una trasmissione da maschio a maschio. Questo è il concetto che ci permette di distinguere con sicurezza tra una malattia X-Linked e Y-linked. X-LINKED DOMINANTE (RARA) 1. Generalmente le femmine sono affette il doppio delle volte dei maschi. 2. Alcune malattie sono letali nel maschio emizigote, mentre nelle femmine la malattia è meno grave dei maschi ma più frequente. È meno grave perché nelle femmine con due cromosomi X si ha l’inattivazione di uno dei due cromosomi. L’inattivazione è casuale e può essere o dell'X materno o dell'X paterno. Quindi nel caso di malattia in cui una X è mutata la donna ha un vantaggio quando viene inattivato l'X mutato e si ha una percentuale del 50% dal momento che 1 volta su 2 viene inattivato il cromosoma mutato. 3. Padri affetti possono avere solo figlie femmine affette ma non figli maschi affetti perché il padre al figlio maschio trasmette solo la Y e non trasmette la X mutata. In media però il 50% di tutti i figli di una madre affetta saranno affetti. Y-LINKED 1. Solo individui maschi sono affetti e la trasmissione avviene in modo diretto da padre a figlio. 2. I figli maschi affetti avranno sempre un padre affetto a meno che non sia insorta una nuova mutazione. VARIABILITÀ DI TRASMISSIONE ED ESPRESSIONE GENICA La penetranza è la frequenza che un genotipo esprima il fenotipo. Si hanno tanti casi di penetranza incompleta vuol dire che su 100 individui che hanno ereditato la mutazione 80 manifestano la malattia; quindi, si parla di una penetranza dell’80%. E un 20% di questi individui non manifestano la malattia. Vuol dire che in realtà ci sono altri geni che risultano protettivi e che controbilanciano l'effetto della mutazione. Un esempio di penetranza incompleta è la sindrome dell’X fragile, che ha una penetranza dell’80%. L’espressività indica la natura e la gravità del fenotipo quindi si possono avere più soggetti con la stessa mutazione che variano per la gravità delle manifestazioni. Anche in questo ci sono geni modificatori che rendono più o meno grave il fenotipo dei soggetti diversi. Un esempio è la sindrome di Marfan che si manifesta con un ampio spettro di gravità clinica. La pleiotropia è quando si ha un gene che manifesta diversi caratteri fenotipici. Si hanno 25.000 geni, però di questi 25.000 geni non tutti sono attivi contemporaneamente in tutte le cellule perché ogni cellula poi si differenzia e si specializza. Quindi ci sono alcuni geni che sono importanti per alcune specializzazioni e altri meno. In media si hanno in ogni tipo cellulare circa 5.000 geni che sono accesi. Però ci sono diversi geni che sono attivi in tutte le cellule e quindi sono importanti, ad esempio, geni che codificano per proteine strutturali come il collagene che è presente in tutte le cellule. Ad esempio, di nuovo, la sindrome di Marfan che si manifesta con difetti a carica dello scheletro, del cuore e degli occhi. L’eterogeneità genica si ha quando lo stesso fenotipo è causato da mutazione a geni diversi. Si deve distinguere tra eterogeneità genica e eterogeneità allelica. In quella genica ci sono più geni che se mutati separatamente, possono dare lo stesso fenotipo; mentre in quella allelica si hanno più mutazioni sullo stesso gene che sono presenti in punti diversi. Un esempio di eterogeneità genica è la Osteogenesis Imperfecta (OI) già citata in precedenza prima perché la tripla elica del collagene è formata da proteine codificate da geni diversi su cromosomi diversi. Un altro esempio di eterogeneità genica sono le tante forme che si possono avere di sordità legata all’eredità, che molto spesso è autosomica recessiva; ci possono però essere sordi, che hanno fenotipo uguale e sono sordi uguali, la cui sordità è causata da geni diversi. TIPI DI MUTAZIONI Il professore illustra l’immagine soffermandosi in particolare su alcune mutazioni. La natura molecolare può essere una mutazione piccola puntiforme, oppure cromosomica quindi più ampia. Gli effetti che provocano sulla proteina sono alterazioni, ad esempio, missenso ovvero che cambia l'aminoacido quindi si potrebbero avere cambiamenti amminoacidici conservativi o non conservativi. Conservativi quando l'amminoacido cambia con un altro aminoacido dello stesso tipo, polare o non polare, non causando grosse ripercussioni funzionali. Viceversa, si parla di non conservativo quando cambia l’amminoacido con un amminoacido diverso. Le mutazioni silenti sono quelle sinonime poiché non cambia l'aminoacido, ma c'è solo un cambiamento di nucleotide che appunto non cambia l'aminoacido ma cambia la sequenza del DNA. A volte questo cambiamento può provocare qualche problema, indipendentemente dall'aminoacido, generando dei nuovi siti di splicing portando a mutazioni frame shift e quindi uno scivolamento della cornice di lettura. Mutazione germinale è sinonimo di mutazione costitutiva, ovvero che riguarda tutte le cellule del nostro organismo. Se la mutazione era germinale nei genitori significa che la si è ereditata in tutte le nostre cellule e quindi tutti i tessuti sono mutati. Mutazione somatica vuol dire che la mutazione avviene in una regione particolare del mio corpo e quindi non riguarda tutte le cellule. riassunto effetto delle mutazioni: a) Amminoacido diverso provoca una proteina diversa quindi le conseguenze dipendono da quanto è diversa questa nuova proteina. b) Un codone di stop provoca una proteina tronca con conseguenze gravi molto spesso patologiche. Si può avere un codone di stop non solo quando si cambia un singolo nucleotide, ma anche quando si ha lo scivolamento della cornice di lettura ed è molto probabile che a un certo punto le triplette codifichino un codone di stop. c) Stesso amminoacido codifica la stessa proteina quelle che si possono avere sono conseguenze legate al cambiamento nucleotidico. MUTAZIONI DI SPLICING Le classiche mutazioni di splicing sono quelle in cui si effettuano degli errori nelle zone fiancheggianti gli esoni causando così una mutazione della proteina da produrre. Queste regioni adiacenti agli esoni sono: GT → sito canonico donatore di splicing; G → sito canonico accettore di splicing. Ad esempio, a causa di una mutazione si può avere uno slittamento della cornice di lettura che codificherà degli introni; si produrrà così una proteina non funzionante. Oppure un cambiamento di un singolo nucleotide situato in un sito di splicing potrebbe generare un nuovo sito di splicing causando così diversi malfunzionamenti. MUTAZIONI IN BASE AL FENOTIPO Mutazioni morfologiche = determinano nuove caratteristiche fenotipiche visibili. Mutazioni letali = modificano la sopravvivenza. Mutazioni condizionali = condizionano le caratteristiche del fenotipo solo in ambiente permissivo. Ad esempio, quando si può attivare la mutazione e renderla attiva in determinate condizioni come in coltura se lo faccio in vitro, cambio le condizioni di coltura, e così facendo magari non attivo la mutazione. Mutazioni auxotrofiche= compromettono la capacità di sintetizzare uno specifico nutriente. Mutazioni con perdita di funzione (loss of function) = mutazioni che possono portare all'inattivazione di un gene in due modi: il primo perché l’RNA non viene proprio prodotto; il secondo perché l’RNA viene prodotto in modo alterato e quindi si può produrre una proteina alterata. Quindi abbiamo due livelli, o a livello di espressione dove l'RNA non viene proprio espresso e la proteina non viene prodotta, oppure a livello di alterazione, dove si ha RNA mutato che produce una proteina mutata. Mutazioni con acquisto di funzione (gain of function) = la mutazione conferisce alla proteina un’acquisizione di una funzione. Ad esempio, una proteina rimane sempre attiva, invece di spegnersi. In seguito, diverse definizioni che vengono molto utilizzate: Mutazione ipomorfica→ si ha quando un nuovo gene è meno attivo del gene selvatico. Mutazione amorfica→ il gene che ne deriva è inattivo. Mutazione ipermorfica→ quando il gene nuovo è più attivo del selvatico. Mutazione antimorfica→ l'effetto è opposto rispetto a quello svolto dal gene selvatico. Mutazione neomorfica→ quando viene espresso un nuovo carattere. ESEMPI MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI 1. ACONDROPLASIA (definita anche come nanismo) 2. MALATTIA DI HUNTINGTON 3. RENE POLICISTICO 4. SINDROME DI MARFAN 5. NEUROFIBROMATOSI di tipo I 6. DISTROFIA MIOTONICA Si deve ragionare su mutazioni ereditate, perché si sta parlando di mutazioni mendeliane, ma ci può essere il caso in cui un individuo ha i genitori completamente normali e la nuova mutazione sorge nel nascituro, questa non è ereditaria. Questo tipo di mutazione può essere spesso presente nel nanismo acondroplasico. Può anche capitare la penetranza ridotta del gene, ovvero quando nasce un figlio affetto da un genitore apparentemente normale. Questi due meccanismi sembrerebbero difficilmente distinguibili perché ci si trova nella stessa situazione: genitore sano e figlio malato; bisogna quindi distinguere se il genitore è sano perché non ha la mutazione o potrebbe avere la mutazione, ma c’è penetranza ridotta. Queste due varianti si devono tenere in considerazione. SINDROME DI MARFAN È una malattia del tessuto connettivo. Non è molto comune, presenta incidenza di 1/5000 – 1/10.000. Si parla di sindrome perché colpisce per effetto pleiotropico diversi tessuti. È dovuta alla mutazione di un singolo gene ovvero la fibrillina 1 (FBN1), l'alterazione avviene a livello del tessuto connettivo della matrice extracellulare. Il gene fibrillina 1 è importante perché regola l’attività del TGF-beta, che a sua volta è importante per l'organizzazione della matrice extracellulare. La sindrome di Marfan è dominante negativa e ha penetranza variabile. Ha diversi sintomi e può influire su occhi, ossa, legamenti, cuore e vasi sanguigni Alcuni soggetti che presentano questa mutazione possono andare incontro alla morte se si ha la dissecazione dell’aorta. Il gene FBN1 determina anche quadri clinici ritenuti più lievi rispetto alla sindrome di Marfan come, ad esempio, la sindrome della dislocazione del cristallino e la sindrome MASS con la dilatazione della radica aortica, pelle, scheletro. OSTEOGENESI IMPERFETTA L’osteogenesi imperfetta (OI), esempio di dominanza negativa. Si ritorna al concetto di tripla elica, dove se una di queste eliche è mutata, va a rendere non funzionale tutta la tripla elica. Non è molto comune circa 1/10.000. Il sintomo prevalente di questa malattia riguarda soprattutto le ossa. Si ha una fragilità ossea (fratture multiple) che si manifesta con incurvamento e fratture spontanee soprattutto delle ossa lunghe, accompagnate da altri difetti: -dentinogenesi imperfetta, -tendenza a perdita dell’udito in giovane età, -ossificazione non canonica delle suture craniche, -colore grigio-ceruleo delle sclere (“sclere blu”), -alterazioni dei tessuti molli, -prolasso o insufficienza della valvola mitralica e/o dilatazione o insufficienza aortica. Circa il 95% dei casi di OI origina da alterazioni in eterozigosi (AD) in COL1A1 e COL1A2. Si vede nell’immagine come l'unica condizione per la quale la catena di collagene è normale è la situazione in cui tutte e tre le catene non presentano mutazioni. Se si ha anche solo una catena mutata è presente una situazione di anormalità. La probabilità su otto campioni di avere una catena normale è 1/8, di avere una catena mutata è di 3/8, di avere due catene mutate è di 3/8, di avere tutte e tre le catene di collagene mutate è di 1/8. Quando non è identificata una variante patogena in COL1A1 e COL1A2 è opportuno estendere l’indagine ai geni associati alle rare forme a trasmissione autosomica recessiva, che comprendono: BMP1, CREB3L1, CRTAP, FKBP10, IFITM5, LEPRE1, PLOD2, PPIB, SERPINF1, SERPINH1, SP7, TMEM38B e WNT1. Esiste, inoltre, una variante rarissima legata al cromosoma X, ma ci possono essere anche dei casi di mosaicismi germinali che possono giustificare la ricorrenza tra fratelli di una patologia autosomica dominante di cui non sono affetti i genitori. Mosaicismo germinale = non tutte le cellule germinali; quindi, le cellule che producono i gameti sono mutate. Mosaicismo poiché è presente una parte di cellule normali e una parte di cellule mutate. ETEROGENEITÀ ALLELICA Si è parlato in precedenza di eterogeneità genica e adesso invece si parla di eterogeneità allelica, che in realtà è molto comune, perché si parla di allelismo anche quando si parla di mutazione. Quindi l'allele può essere normale, l'allele può essere mutato. Si sa che tutti i geni variano però bisogna capire se la variabilità è pericolosa o non è pericolosa. Rimanendo nel concetto di malattia, e quindi di mutazioni, l'eterogeneità allelica è quella malattia causata da un gene e può essere causata da mutazioni diverse di quello stesso gene. Quindi semplicemente abbiamo tante mutazioni diverse per lo stesso gene, ogni gene può avere tante alterazioni, normali, non gravi o patogenetiche, che portano a una malattia. Esempi di eterogeneità allelica sono: 1. l’ipercolesterolemia familiare, una patologia autosomica dominante; 2. la beta-talassemia, una patologia autosomica recessiva. 1. IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE È una malattia abbastanza frequente con un tasso di incidenza di circa 1/500. Essendo autosomica dominante (AD) ha come caratteristiche i portatori malati e sono presenti malati in ogni generazione a differenza delle malattie autosomiche recessive. In questa patologia il colesterolo si accumula in tutta una serie di tessuti: in genere i più pericolosi sono a livello dei vasi, del tessuto cardiaco ma anche nelle giunzioni articolari spesso si verifica questo accumulo di grasso (come si vede nella foto). Esistono diversi tipi di terapie. Quella più usata consiste nell’uso di statine che riescono a bloccare la produzione endogena di colesterolo dal momento che se ne integra già tanto dall’esterno. Se si vuole eliminare colesterolo invece c'è una terapia con resina che permette l'eliminazione di questo, oppure la coordinazione di statina e resina. La mutazione riguarda il recettore del LDL. Nell’immagine si ha una schematizzazione di una cellula. Si può notare che l’LDL-recettore non si lega direttamente alle LDL, ma ha bisogno di un'altra molecola che è l'ApoB100 (apolipoproteina). È fondamentale poiché senza questo intermedio il recettore non si può legare alle LDL. Quindi si può avere una mutazione del recettore, oppure si può avere una mutazione a livello dell'apolipoproteina B100. Quelle più frequenti e più pericolose sono quelle che riguardano il recettore LDL sicuramente la mutazione principale è il BDL nel recettore. Sono presenti due geni, quindi si è in una condizione di eterogenità genica, perché abbiamo due geni che possono causare la stessa patologia. Però l'ipercolesterolemia familiare è anche un esempio di eterogenità allelica, perché ci sono tante mutazioni che possono colpire domini diversi della stessa proteina, dello stesso gene. Quindi se il recettore non è funzionante il colesterolo rimane in circolo. In questa immagine a sinistra si possono notare i diversi domini del recettore delle LDL In questa altra immagine si possono distinguere in rosso gli esoni e in blu gli introni che dovranno essere eliminati con lo splicing. Si può notare come un esone (esone 1) o un gruppo di esoni (esoni 2,3,4,5,6) corrispondono a domini proteici che hanno specifiche funzioni. Ad esempio, se si ha mutazione nell'esone 2 o nell'esone 6, si avrà sempre una mutazione nella zona che regola il legame con il ligando e quindi si avranno effetti simili. Esistono, quindi, diversi tipi di mutazione del recettore: Recettore negativo (mancata sintesi)→ la mutazione genica determina la mancata traduzione del recettore per le LDL. Recettore negativo (mancato trasporto al Golgi)→ la mutazione genica determina la mancata maturazione del recettore e il suo trasporto in membrana. Recettore deficiente→ la mutazione genica determina la sintesi di un recettore caratterizzato da limitata capacità di legare le LDL (da 1 a 10% rispetto al recettore wild-type). Internalizzazione deficiente→ la mutazione genica determina la sintesi di un recettore capace di legare le LDL, ma non di internalizzarle. VARIABILITÀ DI TRASMISSIONE ED ESPRESSIONE GENICA Per poter parlare di imprinting genomico, bisogna prima definire il concetto di imprinting che è la capacità del patrimonio paterno e materno di esprimere geni diversi a seconda del genitore da cui deriva il patrimonio genetico. Semplificando si può dire che sono presenti geni che vengono spenti oppure “imprintati” (imprintati = spenti) quando sono ereditati per via paterna, e altri geni che vengono spenti quando vengono ereditati per via materna. L’imprinting non è casuale ed è un meccanismo fisiologico e ha proprio la capacità di spegnere geni per via paterna e lasciare accesi quelli materni e viceversa. I geni si possono spegnere per metilazione, ad esempio, nella zona del promotore così non si lega il fattore di trascrizione e quindi non viene espresso quel gene. Due esempi di patologie legate all’imprinting genomico sono la sindrome di Prader-Willi e di Angelman. SINDROME DI PRADER-WILLI Questa malattia è dovuta ad una piccola delezione del cromosoma paterno 15 (zona 15q11-13). Colpisce geni che sono normalmente espressi per via paterna e repressi per via materna. Si ha questa sindrome anche quando si ha la presenza di 2 copie materne del cromosoma 15 (dovrebbe essere represso invece si hanno due copie espresse). Caratteristiche cliniche: -Ipotonia nell’infanzia -Obesità -Mani e piedi piccoli -Bassa statura -Ipogonadismo -Ritardo mentale SINDROME DI ANGELMAN Nella stessa regione della sindrome di Prader-Willi, ovvero 15q11-13, se in questa regione si ha una piccola delezione del cromosoma materno 15 si hanno sintomi diversi e la malattia prende il nome di sindrome di Angelman. Infatti, in questo caso, si ha una repressione del cromosoma paterno ed una espressione del cromosoma materno. Si può avere la malattia anche quando si ha la presenza di 2 copie paterne del cromosoma 15 che appunto dovrebbe essere represso. I sintomi sono: -Iperattività, andatura a scatti (atassica) -Risate frequenti e inappropriate -Bocca larga, lingua protrudente -Mandibola prominente, Labbro superiore sottile -Ritardo mentale, assenza di parola -Epilessia In questa immagine si può vedere bene il significato di imprinting legato a queste due malattie. Nel caso della sindrome di Prader-Willi si ha una delezione nel cromosoma 15 paterno, che è quello espresso, causando così una patologia. Se la delezione fosse avvenuta in quello materno, non si sarebbe andati in contro alcuna patologia dal momento che era spento quindi ininfluente. Viceversa, nella sindrome di Angelman, si ha una delezione nel cromosoma 15 materno che è quello espresso, causando così una patologia. Mentre, se la delezione fosse avvenuta sul cromosoma 15 paterno non si sarebbe andati in contro ad alcuna patologia. In queste due tabelle si possono vedere, in modo più specifico, altri meccanismi legati alla sindrome di Prader- Willi e di Angelman. In particolare, si nota la disomia uniparentale. In questo caso si hanno dei soggetti che hanno entrambi i cromosomi 15 derivanti dallo stesso genitore. Quindi se si hanno due copie dallo stesso genitore e si ha un imprinting paterno vuol dire che mancano le copie attive materne. 3.GENETICA UMANA - Lezione 3 - Prof. Giuseppe Matullo 9/01/2024 SBOBINATORE: Godone Edoardo REVISORE: Comune Sara LEZIONE 3 - GENETICA UMANA LE MUTAZIONI DINAMICHE Si è accennato alle mutazioni dinamiche, ma come fanno le mutazioni a cambiare? Non cambia nell’individuo, ma cambia in realtà da una generazione all’altra, si hanno quindi tanti esempi di malattie probabilmente già sentite. Per esempio, la Corea di Huntington, la distrofia miotonica e la sindrome dell’X fragile sono tutte malattie che sono legate a questo meccanismo di amplificazione di lunghezza di una serie di triplette nucleotidiche. Le triplette nucleotidiche vengono anche definite microsatelliti oppure “short tandem repeats” (STR). I microsatelliti sono sequenze corte da 1 a 6 o 7 nucleotidi, ma in questo caso si parla di trinucleotidi ripetuti in tandem, ovvero uno dietro l’altro. È chiaro che dipende un po’ dove le sequenze di microsatelliti vanno a localizzarsi all’interno del genoma, ad esempio i microsatelliti possono essere all’interno dei geni o in regioni non codificanti. Chiaramente la probabilità maggiore di avere qualche effetto si ha quando i microsatelliti si trovano nei geni, ma anche all’interno dei geni si ha qualche differenza, poichè i microsatelliti possono essere al 5’ o al 3’. Possono inoltre trovarsi all’interno degli esoni e all’interno degli introni. Quando i microsatelliti capitano nei geni, possono essere patogenetici. Nell’immagine sotto si può vedere uno schema abbastanza semplificativo, di alcune delle malattie dovute all’espansione di triplette. Si vede come c’è una differenza in alcune patologie, per esempio: la sindrome dell’X fragile possiede questa tripletta “CGG”, la quale si va a localizzare nel 5’UTR. UTR vuol dire “untranslated”, quindi una porzione che non viene tradotta in proteine. triplette che si organizzano negli introni come nel caso dell’atassia di Friedreich triplette che si organizzano negli esoni, che vanno a codificare per degli amminoacidi triplette al 3’ non tradotto, per esempio la distrofia miotonica, caratterizzata dalla ripetizione della tripletta CTG Sono quindi delle mutazioni dinamiche in cui c’è la possibiltà ad ogni generazione che aumenti l’espansione, quindi il numero di sequenze ripetute. Se queste espansioni rimangono entro certi limiti e range normali non si hanno malattie, ma se si supera questo range e si hanno espansioni sempre più lunghe si va incontro a malattie. Si sono visti alcuni esempi, ma ci sono almeno 30 condizioni riconducibili a queste mutazioni dinamiche. COME AVVIENE L’ESPANSIONE? Perchè queste sequenze vanno incontro ad espansione? Se si hanno tante sequenze ripetute uguali la polimerasi le riconosce, soprattutto quando bisogna replicare il DNA le eliche devono separarsi, e nel caso dei microsatelliti si allineano le sequenze tutte uguali. Questo allineamento può venire sfasato e può portare alla formazione di un ripiegamento su una parte dell’elica. Il ripiegamento potrebbe portare ad un’espansione o ad una delezione. Se si ha un ripiegamento sul filamento stampo, si avrà una delezione e un filamento neosintetizzato più corto perchè non verrà sintetizzata la parte intermedia che ha subito un ripiegamento. Al contrario se si genera un mismatch sul filamento neosintetizzato si otterrà un’espansione. Se ciò avviene in regioni codificanti possono quindi venir sintetizzate delle proteine più lunghe o più corte e portare a delle mutazioni “gain of function” o “loss of function”. SINDROME DELL’X FRAGILE La sigla XLID, “X-linked Intellectual Disability, indica tante forme di disabilità intellettuale tra cui anche l’X- fragile. L’X-fragile è stata una delle prime XLID scoperte: al tempo non si sapeva ancora questo meccanismo, è stato scoperto per caso con la sindrome dell’X-fragile caratterizzato da un assottigliamento del cromosoma X. L’assottigliamento del cromosoma, in realtà, non si vede in condizioni normali, ma solamente in un terreno di coltura privo di folati, necessari per una sintesi normale. Ci sono quindi condizioni particolari di coltura che mettono in evidenza l’assottigliamento del cromosoma e di conseguenza la sindrome dell’X-fragile. Perché è presente questo assottigliamento? L’assottigliamento è dovuto ad un’espansione notevole di triplette. Essendo sul cromosoma X sappiamo che questa sindrome è sicuramente più frequente nei maschi. Ci sono tantissime forme che possono portare l’Intellectual Disability, che coinvolgono quindi tantissimi geni, questa malattia costituisce il 15% di tutte le XLID e comprende 130 geni responsabili su 900 geni totali dell’X. Gli individui affetti da questa sindrome hanno delle caratteristiche dismorfiche facciali, che permettono di individuare questi soggetti, ma non da appena nati, quindi per individuare questa sindrome appena nati bisogna fare un esame molecolare. Le caratteristiche cliniche sono: Faccia allungata Lineamenti del viso grossolani Testa larga ritardo mentale (una delle forme più comuni) L’incidenza cambia abbastanza: 1/150

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