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La biologia è lo studio scientifico degli organismi viventi. Questo documento esplora metodi scientifici e argomentazioni chiave della biologia cellulare, inclusa la sua struttura, funzione, interazioni e sviluppo. Sono esaminate citologia , biochimica e genetica, nonché il coinvolgimento di componenti chimiche nella biologia cellulare, il sequenziamento del genoma umano e la tecnologia di editing e più.
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LA BIOLOGIA La biologia è lo studio scientifico degli organismi viventi, comprese le loro caratteristiche,funzioni e interazioni. Per studiare gli organismi viventi abbiamo un approccio scientifico basato sui postulati del metodo scientifico. Parliamo soprattutto di biologia cellulare ,in quanto la...
LA BIOLOGIA La biologia è lo studio scientifico degli organismi viventi, comprese le loro caratteristiche,funzioni e interazioni. Per studiare gli organismi viventi abbiamo un approccio scientifico basato sui postulati del metodo scientifico. Parliamo soprattutto di biologia cellulare ,in quanto la cellula è l’unità di base degli organismi viventi. Ogni organismo è costituito da cellule o è esso stesso una singola cellula. Se vogliamo capire come funzionano gli organismi viventi dobbiamo capire da chi è formata la cellula; sia in condizioni normali che patologiche. Anche organismi molto diversi sono costituiti da cellule simili. Le cellule sono piccole unità circondate da una membrana e piene di una soluzione acquosa concentrata di sostanze chimiche, e con la straordinaria capacità di produrre copie di se stesse crescendo e poi dividendosi in due. La maggior parte degli organismi viventi è costituita da cellule singole; altri, come noi, sono vaste “città” pluricellulari in cui gruppi di cellule svolgono funzioni specializzate e sono collegati da sistemi complessi di comunicazione. Ma anche l’aggregato di più di 1013 cellule che forma un corpo umano è stato generato da divisioni cellulari a partire da una singola cellula. Questa cellula comprende il macchinario necessario a raccogliere materiali grezzi dall’ambiente e a costruire da essi una nuova cellula a sua immagine, completa di una nuova copia dell’informazione ereditaria. 1 Lo sviluppo della biologia cellulare moderna 2 La biologia cellulare moderna integra tre linee diverse di ricerca biologica: citologia ,biochimica e genetica. Sono nate in modo indipendente tra loro.Ad un certo punto questi tre rami si integrano e intrecciano. C’è una forte componente chimica alla base. 1. La prima di queste linee a emergere è stata la citologia ,che riguarda principalmente lo studio delle struttura cellulare. Ha avuto origine a metà del 600 con la comparsa dei primi microscopi ottici. L’avvento del microscopio elettronico e altre tecnologie ottiche avanzate ha aumentato enormemente le nostre conoscenze sulle strutture e le funzioni cellulari. All’inizio la citologia era basata sull’osservazione, non si sapeva nulla della funzione,mentre adesso un citologo se vi dice come è fatto ad esempio l’apparato del Golgi non può non parlare di come funziona. Allo stesso modo un biologo se ci parla di questo apparato non può non dire come è fatto. Il legame tra struttura e funzione è molto stretto. 2. La biochimica si occupa della chimica e delle funzioni delle strutture biologiche. Nel 1828 con il chimico Wöhler dimostrò che l’area, un composto organico di origine biologica, poteva essere sintetizzata in laboratorio partendo da un composto inorganico, il cianato d’ammonio. Dimostrando che un composto prodotto da organismi viventi poteva essere sintetizzato in laboratorio dissipò la convinzione che i processi biochimici non dovessero in qualche modo seguire le stesse leggi della chimica e della fisica( si credeva che gli organismi viventi facessero parte di un mondo a sé stante e che le leggi della chimica e fisica valessero solo per il mondo non vivente). 30 anni dopo Louis Pasteur dimostrò che le cellule vive del lievito erano necessarie per trasformare, attraverso la fermentazione, lo zucchero in alcol. Nel 1897 i fratelli Buchner scoprirono che la fermentazione poteva aver luogo anche con estratti delle cellule di lievito e che quindi l’integrità cellulare non era indispensabile. Divenne chiaro che gli agenti attivi negli estratti erano specifici catalizzatori biologici che da allora furono chiamati enzimi. Negli anni 20 e 30 del secolo scorso furono chiariti i singoli passaggi della complessa via biochimica a più fasi della fermentazione e dei processi cellulari connessi. Diversi biochimici tedeschi descrissero i passaggi enzimatici del processo della glicolisi e il ciclo di Krebs per la produzione di energia. Circa nello stesso periodo, il biochimico americano Fritz Lipmann identificò il composto ad alta energia adenosin trifosfato (ATP) come la principale molecola utilizzata dalla maggior parte delle cellule per immagazzinare energia. Un importante progresso nello studio delle reazioni e delle vie biochimiche avvenne quando si iniziarono a utilizzare isotopi radioattivi quali 3H, 14C e 32P, per seguire il destino metabolico di specifici atomi e molecole. Il chimico americano Melvin Calvin e i suoi colleghi dell’Università di Berkeley in California riuscirono a seguire il destino dell’anidride carbonica marcata con 14C (14CO2) nelle alghe che in presenza di luce svolgono la fotosintesi. Il loro lavoro portò, verso la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50 del secolo scorso, alla descrizione complessiva del ciclo di Calvin, la principale via per il metabolismo fotosintetico del carbonio. Il ciclo di Calvin è stato il primo processo metabolico a essere chiarito con l’utilizzo di un radioisotopo. 3 Di grande rilevanza è stato lo sviluppo di tecniche di laboratorio per la separazione e l’identificazione delle componenti cellulari quali ultracentrifugazione,cromatografia,marcatura radioattiva,elettroforesi e spettrometria di massa. Con l’aumento della capacità di osservare strutture subcellulari, di frazionarle e di isolarle, i citologi e i biochimici iniziarono a rendersi conto della stretta relazione tra struttura e funzione. 3. La genetica è lo studio dell’ereditarietà dei tratti fra generazioni e nasce con Mendel a metà 800. I risultati dei suoi esperimenti sulle piante di pisello spiegavano i principi di segregazione e di assortimento indipendente di quei fattori ereditari che oggi conosciamo come geni. Nel 1880 Flemming identificò i cromosomi , corpi filiformi osservati durante la divisione delle cellule. Chiamò il processo di divisione mitosi. Il numero dei cromosomi venne presto riconosciuto come la caratteristica distintiva di una specie e si dimostrò che rimaneva costante di generazione in generazione. Roux e Weissman nel 1883 suggerirono che gli stessi cromosomi potessero essere i portatori dell’informazione genetica. Nel 1900 vennero ripresi gli studi di Mendel e nel giro di tre anni fu formulata la teoria cromosomica dell’ereditarietà da Sutton. La teoria cromosomica dell’ereditarietà propose che i fattori ereditari responsabili dell’ereditarietà mendeliana fossero localizzati sui cromosomi all’interno del nucleo. Nel 1869 Johann Friedrich Miescher scoprì il DNA. Nel 1914, grazie alla tecnica di colorazione del chimico tedesco Robert Feulgen il DNA era considerato un'importante componente dei cromosomi. Ma era ritenuto piuttosto improbabile che il DNA potesse essere il portatore del patrimonio genetico, a causa dell'apparente monotonia della sua struttura. Infatti, nel 1930 era già noto che il DNA era costituito da solo quattro diversi monomeri (chiamati nucleotidi) e tale composizione non sembrava sufficientemente varia per essere alla base di tutta la diversità riscontrata negli organismi viventi. Le proteine, invece, presentavano una varietà molto maggiore, essendo costituite da 20 diversi aminoacidi. Pertanto, fino alla metà del XX secolo, fu opinione comune che le proteine fossero le depositarie dell'informazione genetica, in grado di trasmetterla da una generazione all'altra, poiché queste sembravano essere le uniche componenti del nucleo in grado di poter garantire l'ovvia diversità dei geni. Un esperimento che evidenziò chiaramente il ruolo del DNA come materiale genetico fu riportato nel 1944 dagli Avery,MacLeod e McCarty. Il loro lavoro dimostrò che il DNA poteva "trasformare" un ceppo non patogeno di batteri in uno patogeno, determinando un cambiamento ereditabile. 4 Nel 1953 James Watson e Francis Crick, usando immagini ottenute da Rosalind Franklin mediante cristallografia a raggi X, proposero il loro modello a doppia elica della struttura del DNA, con caratteristiche che immediatamente suggerivano come durante la divisione cellulare potesse avvenire la replicazione attraverso il preciso appaiamento delle basi tra filamenti complementari. Gli anni '60 portarono sviluppi particolarmente significativi, che includono la scoperta degli enzimi polimerasi, che permettono la sintesi del DNA e dell'RNA, e la decifrazione del codice genetico, che specifica la relazione tra l'ordine dei nucleotidi in una molecola di DNA o RNA e l'ordine degli aminoacidi nella proteina corrispondente. Nel 1953 Francis Crick formulò un modello di flusso dell'informazione genetica basato su molecole, che battezzò dogma centrale della biologia molecolare. Si noti come il flusso di informazioni genetiche comporti la replicazione del DNA per produrre due copie identiche, la trascrizione dell'informazione trasportata dal DNA in forma di RNA e la traduzione di questa informazione dall'RNA alla proteina. I recenti progressi della genetica includono il sequenziamento dell'intero genoma(tutto il DNA) dell’uomo e di altre specie, e il clonaggio (produzione di organismi geneticamente identici) di mammiferi,inclusi bestiame,animali domestici e primati, e l’editing dei genomi. Un grande successo è stato il sequenziamento dell'intero genoma umano, che è costituito da circa 3,2 miliardi di basi. L'obiettivo è stato raggiunto grazie al Progetto Genoma Umano, uno sforzo cooperativo internazionale cominciato nel 1990, che ha coinvolto centinaia di scienziati e ha stabilito la sequenza completa del genoma umano nel 2003. Una scoperta importante recente è lo sviluppo di una tecnologia per l’editing di un genoma (CRISPR/Cas9). La chiave è l’inserimento di una rottura del doppio filamento in una posizione precisa nel genoma, che è il bersaglio di un breve nucleotide chiamato RNA guida (gRNA). L’RNA guida (gRNA) aiuta la proteina Cas9 ad arrivare in un punto specifico all’interno del genoma, dove Cas9 provoca la rottura del doppio filamento nel DNA. È noto che per la cellula le rotture del doppio filamento nel DNA sono difficili da riparare. Spesso in questo processo si verificano errori di riparazione, che causano l’inattivazione del gene bersaglio. È anche possibile fornire a un frammento di DNA una sequenza alternativa che la cellula può utilizzare per riparare la rottura (chiamata stampo di riparazione) utilizzando un processo noto come ricombinazione omologa. 5 L'obiettivo di analizzare l'enorme quantità di dati derivanti dal sequenziamento del DNA ha portato alla nascita di una nuova disciplina, detta bioinformatica, che integra l'informatica e la biologia con lo scopo di dare un senso ai dati di sequenza. La bioinformatica è un'area di ricerca interdisciplinare che si occupa di sviluppare nuovi algoritmi, metodologie e strumenti software per l'analisi di dati biologici. La bioinformatica si colloca lungo un continuum multidisciplinare che comprende,oltre a biologia ed informatica, anche matematica,statistica,biochimica,vari ambiti dell'ingegneria,oltre ai contributi tecnologici dell'intelligenza artificiale. Ci sono algoritmi che analizzano le sequenze, analizzano le strutture delle proteine, tools che studiano le annotazioni di un genoma,.. Non potremo studiare questa complessità di dati senza questi nuovi strumenti. La genomica, lo studio di tutti i geni di un organismo, sta fornendo notevoli conoscenze sulla biologia cellulare e sulla salute umana. Similmente, utilizzando tecniche moderne e la bioinformatica, i ricercatori possono anche studiare il proteoma, il contenuto proteico totale di una cellula. Nel campo emergente della proteomica, i ricercatori stanno cercando di capire le funzioni e le interazioni di tutte le proteine presenti in una particolare cellula. Gli studi di proteomica consentono di capire la struttura e le proprietà di tutte le proteine prodotte da un genoma e di comprendere come esse interagiscono tra loro nelle reti biologiche per regolare le funzioni della cellula. Grazie al National Center for Biotechnology Information (NCBI), che è gestito dall'U.S. National Institutes of Health (NIH), sono disponibili pubblicamente numerosi strumenti bioinformatici. Un esempio è PubMed, un archivio di ricerca di oltre 22 milioni di citazioni da riviste scientifiche. L'ultimo decennio ha visto grandi progressi tecnologici che hanno miniaturizzato e automatizzato le analisi molecolari, rendendole molto più rapide. Questi metodi ad alta processività (high-throughput) hanno prodotto uno straordinario aumento della velocità. Per sequenziare il primo genoma umano sono stati necessari 13 anni; oggi un genoma può essere sequenziato solo in poche ore. Analogamente, i livelli di espressione di centinaia o persino di migliaia di geni possono essere monitorati insieme, permettendo di studiare contemporaneamente tutti i geni in un genoma. 6 La capacità di analizzare simultaneamente migliaia di molecole in tutta la cellula ha portato a una proliferazione degli studi "-omici", oltre la genomica e alla proteomica. I recenti progressi dei metodi di sequenziamento dell'RNA ci permettono di determinare il corredo completo dei geni trascritti in una cellula. Questo tipo di studi rientra nella trascrittomica. I ricercatori possono anche applicare la metabolomica, l'analisi di tutte le reazioni metaboliche che avvengono in un certo momento nella cellula, la lipidomica, lo studio di tutti i lipidi presenti nella cellula e anche la ionomica, lo studio di tutti gli ioni in una cellula. Il modo utilizzato fino a poco anni fa per fare scienza, ossia un approccio riduzionistico. Il riduzionismo come metodo scientifico si basa sull'idea che per comprendere un sistema complesso, è necessario studiare le sue parti costituenti e le relazioni tra di esse. Questo approccio ha portato a progressi significativi in diverse discipline scientifiche, come la biologia, la chimica e la fisica. Ad esempio, la teoria atomica, che spiega la materia come composta da atomi, è un esempio di riduzionismo nella scienza. Per affrontare la complessità dei fenomeni naturali, è necessario integrare il riduzionismo con approcci olistici e interdisciplinari, che tengano conto delle interazioni tra le diverse componenti di un sistema e delle proprietà emergenti che ne derivano. Oggi siamo passati ad un approccio riduzionistico della scienza a quella che prende il nome di system biology. 7 CARATTERISTICHE UNIVERSALI DEGLI ESSERI VIVENTI Le cellule possono essere alimentate da varie fonti di energia libera Gli organismi viventi ottengono la loro energia libera in modi diversi. Gli organismi organotrofici, come animali, funghi e batteri che vivono nell’intestino umano, la ottengono nutrendosi di altri esseri viventi o dei prodotti chimici organici che essi producono; Gli organismi fototrofici ottengono l'energia dalla luce solare, comprendono molti tipi di batteri, oltre ad alghe e vegetali. Gli organismi litotrofici catturano la loro energia da sistemi ricchi di energia di sostanze chimiche inorganiche presenti nell’ambiente (sistemi chimici lontani dall’equilibrio chimico).Gli organismi litotrofici non sono un aspetto così evidente del nostro mondo, perché sono microscopici e vivono per la maggior parte in habitat non popolati dagli esseri umani, per esempio nelle profondità dell’oceano, sepolti nella crosta terrestre o in vari altri ambienti inospitali. Gli organismi organotrofici non potrebbero esistere senza questi due convertitori primari di energia, che costituiscono la massa maggiore della materia vivente sulla Terra. La diversità biochimica maggiore si osserva fra le cellule procariotiche Dalla semplice osservazione al microscopio è chiaro da molto tempo che gli organismi viventi possono essere classificati in base alla struttura cellulare in due gruppi: gli eucarioti e i procarioti. Negli eucarioti il DNA si trova in un compartimento intracellulare distinto circondato da una membrana, chiamata nucleo. I procarioti non hanno un compartimento nucleare distinto per accogliere il loro DNA. Vegetali, funghi e animali sono eucarioti; i batteri sono procarioti, come gli archei, una classe separata di cellule procariotiche. 8 Per la maggior parte le cellule procariotiche sono piccole e semplici nell'aspetto esterno e vivono soprattutto come individui indipendenti o comunità poco organizzate anziché come organismi pluricellulari. Sono di norma sferiche o a bastoncino e misurano pochi micrometri in dimensione lineare. Spesso hanno un rivestimento protettivo robusto, chiamato parete cellulare, al di sotto del quale una membrana plasmatica racchiude un singolo compartimento citoplasmatico che contiene DNA, RNA, proteine e le molte piccole molecole necessarie per la vita. L’albero della vita ha tre ramificazioni principali: i batteri, gli archei e gli eucarioti. La classificazione degli esseri viventi è dipesa tradizionalmente dal confronto del loro aspetto esteriore. Quando le diversità fra organismi diventano molto grandi, però, in che modo possiamo decidere se un fungo è parente più stretto di un vegetale o di un animale? L’analisi del genoma ci ha dato un mezzo più semplice, più diretto e più potente per determinare relazioni evolutive. La sequenza completa del DNA di un organismo definisce la specie con precisione quasi perfetta e con un dettaglio esauriente. Poiché il DNA è soggetto a cambiamenti casuali che si accumulano in lunghi periodi di tempo (come vedremo fra breve), il numero di differenze fra le sequenze di DNA di due organismi può fornire un’indicazione diretta, oggettiva e quantitativa della distanza evolutiva fra di essi. Questo approccio ha dimostrato che alcuni degli organismi che erano tradizionalmente classificati insieme come “batteri” possono essere tanto largamente separati nella loro origine evolutiva quanto lo è un qualunque procariote da un eucariote. I procarioti comprendono due gruppi distinti chiamati batteri (o eubatteri) e archei (o ar- chebatteri). Questi due domini differiscono in modo significativo ,ma hanno anche caratteristiche in comune come il genoma circolare,mancanza di nucleo. Analisi dettagliate del genoma hanno recentemente mostrato che la prima cellula eucariotica si è formata dopo che un particolare tipo di cellula appartenente agli archei ha inglobato un antico batterio. 9 La sistematica è il campo della biologia che studia la diversità degli organismi e le loro correlazioni evolutive. Un aspetto della sistematica, la tassonomia, è la scienza che studia la nomenclatura e la classificazione degli organismi. La specie è l'unità fondamentale della tassonomia. Definisce un gruppo di individui con caratteristiche simili, capaci di accoppiarsi e produrre prole fertile (teoria che traballa dopo la scoperta che nella preistoria homo sapiens e Neanderthal si sono accoppiati producendo prole fertile). Ciascuna specie ha un nome scientifico, binomiale:genere-specie. L’ordine da seguire è :Specie - Genere - famiglia - ordine - classe - phylum - regno - dominio. 10 Attualmente gli scienziati riconoscono tre domini: batteri,archaI e eucarioti. Gli archei si trovano spesso in ambienti che gli esseri umani evitano, come paludi, impianti di trattamento di fognature, profondità oceaniche, salamoie e sorgenti bollenti acide, anche se oggi si sa che sono ben rappresentati anche in ambienti meno estremi e più favorevoli, da terreni e laghi agli stomaci del bestiame. Come aspetto esterno non sono facilmente distinguibili dai batteri. A livello molecolare gli archei sembrano assomigliare agli eucarioti in modo più diretto nel macchinario che gestisce l’informazione genetica (replicazione, trascrizione e traduzione), ma più strettamente ai batteri nell’apparato per il metabolismo e la conversione dell’energia. La vita ha avuto origine da un unico organismo ancestrale. I protisti sono organismi unicellulari e per lo più acquatici,alcuni fotosintetici. 11 Alcuni geni evolvono rapidamente, altri sono altamente conservati Sia nella conservazione che nella copiatura dell’informazione genetica si verificano incidenti ed errori casuali che alterano la sequenza nucleotidica, cioè creano mutazioni. Perciò, quando una cellula si divide, le due cellule figlie spesso non sono identiche né fra loro né alla cellula progenitrice. In rare occasioni l’errore può rappresentare un cambiamento per il meglio; più probabilmente non provocherà una differenza significativa nella prospettiva della cellula ma in molti casi l’errore causerà un danno serio, per esempio, distruggendo la sequenza che codifica una proteina chiave. I cambiamenti dovuti a errori del primo tipo tenderanno a essere perpetuati, poiché la cellula alterata ha una maggiore probabilità di riprodursi. Cambiamenti dovuti a errori del secondo tipo – cambiamenti selettivamente neutri – possono essere perpetuati o no: nella competizione per risorse limitate, se sopravviverà la cellula alterata o l’altra è una questione lasciata al caso. Cambiamenti che provocano un danno serio non portano da nessuna parte: la cellula che li subisce muore, senza lasciare progenie. Attraverso infinite ripetizioni di questo ciclo di errore e prova – di mutazione e selezione naturale – gli organismi evolvono: le loro specifiche genetiche cambiano, dando loro nuovi modi di sfruttare più efficacemente l’ambiente, di sopravvivere in competizione con altri e di riprodursi con successo. Alcune parti del genoma cambiano più facilmente di altre nel corso dell’evoluzione. Un segmento di DNA che non codifica proteine e non ha un ruolo regolatore significativo è libero di cambiare a una velocità limitata soltanto dalla frequenza degli errori casuali. Invece un gene che codifica una proteina o una molecola di RNA essenziale altamente ottimizzata non può alterarsi così facilmente: quando avvengono degli errori le cellule difettose vengono quasi sempre eliminate. I geni di questo secondo tipo sono perciò altamente conservati. Questi ultimi geni sono quelli che devono essere esaminati se vogliamo tracciare relazioni familiari fra gli organismi imparentati più alla lontana nell'albero della vita. Gli studi che hanno portato alla classificazione del mondo vivente nei tre domini dei batteri, degli archei e degli eucarioti si sono basati principalmente sull’analisi di uno degli rRNA che compongono il ribosoma. Poiché il processo di traduzione è essenziale per tutte le cellule viventi, questo componente del ribosoma si è ben conservato fin dall’inizio della storia della vita sulla Terra. 12 La maggior parte dei batteri e degli archei ha 1000-6000 geni La selezione naturale ha generalmente favorito quelle cellule procariotiche che si riproducono più velocemente assumendo materiali grezzi dall'ambiente e replicando se stesse in modo più efficiente, alla massima velocità permessa dalla disponibilità di cibo. Piccole dimensioni implicano un grande rapporto fra area di superficie e volume, aiutando così a massimizzare l’assunzione di nutrienti attraverso la membrana plasmatica e aumentando la velocità riproduttiva di una cellula. Presumibilmente per queste ragioni la maggior parte delle cellule procariotiche ha un bagaglio superfluo molto ridotto; i loro genomi sono piccoli, con i geni compattati strettamente insieme e minime quantità di DNA regolatore fra di essi. Le piccole dimensioni del genoma hanno reso facile l'utilizzo delle moderne tecniche di sequenziamento del DNA per determinare la sequenza completa dei genomi. Oggi abbiamo queste informazioni per migliaia di specie di batteri e di archei e per centinaia di specie di eucarioti. La maggior parte dei genomi dei batteri e degli archei contiene fra 106 e 107 coppie di nucleotidi, che codificano 1000-6000 geni. Una sequenza completa del DNA rivela sia i geni che un organismo possiede sia quelli di cui è privo. Quando confrontiamo i tre domini del mondo vivente, possiamo iniziare a vedere quali geni sono comuni a tutti – e devono perciò essere stati presenti nella cellula progenitrice di tutti gli esseri viventi odierni – e quali geni sono peculiari di un singolo ramo dell’albero della vita. Nuovi geni sono generati da geni preesistenti 1.Mutazione intragenica: un gene esistente può essere modificato in seguito a cambiamenti nella sequenza di DNA, tramite vari tipi di errori che si verificano soprattutto durante il processo di replicazione del DNA. 2. Duplicazione genica: un gene esistente può essere duplicato in modo da creare inizialmente una coppia di geni identici all’interno di una singola cellula; questi due geni possono quindi divergere nel corso dell’evoluzione. 3. Rimescolamento di segmenti di DNA: due o più geni esistenti possono essere spezzati e riuniti per produrre un gene ibrido che consiste di segmenti di DNA che originariamente appartenevano a geni separati. 13 4. Trasferimento orizzontale (intercellulare): un tratto di DNA può essere trasferito dal genoma di una cellula a quello di un’altra (anche a una cellula di un’altra specie). Questo processo si differenzia dal solito trasferimento verticale dell’informazione genetica da genitore a progenie. Ciascuno di questi tipi di cambiamento lascia una traccia caratteristica nella sequenza del DNA dell’organismo, fornendo una prova chiara che tutti e quattro i processi si sono verificati. Duplicazioni geniche danno origine a famiglie di geni correlati all’interno di una singola cellula Una cellula duplica il suo intero genoma ogni volta che si divide in due cellule figlie.Tuttavia, degli incidenti portano occasionalmente alla duplicazione inappropriata soltanto di una parte del genoma, con mantenimento dei segmenti originali duplicati in una singola cellula. Una volta che un gene è stato duplicato in questo modo, una delle due copie del gene è libera di mutare e di specializzarsi per svolgere una funzione diversa nella stessa cellula. Cicli ripetuti di questo processo di duplicazione e di divergenza, nel corso di molti milioni di anni, hanno permesso a un gene di dare origine a un’intera famiglia di geni che si trovano tutti all’interno di un singolo genoma. Quando i geni si duplicano e divergono in questo modo, gli individui di una specie si trovano dotati di varianti multiple di un gene primordiale. Questo processo evolutivo deve essere distinto dalla divergenza genetica che si verifica quando una specie di organismo si divide in due linee di discendenza separate a un punto di ramificazione dell’albero genealogico, per esempio quando la linea di discendenza umana si separò da quella degli scimpanzé. In questo caso i geni gradualmente si diversificano nel corso dell’evoluzione, ma è probabile che continuino ad avere funzioni corrispondenti nelle due specie sorelle. Geni che sono correlati per discendenza in questo modo – cioè geni in due specie separate che derivano dallo stesso gene ancestrale nell’ultimo progenitore comune di queste due specie – sono detti ortologhi. Geni correlati che sono derivati da un evento di duplicazione genica all’interno di un singolo genoma – ed è probabile che abbiano funzioni diverse – sono detti paraloghi. Geni che sono correlati per discendenza in uno di questi modi sono chiamati omologhi, un termine generale usato per riferirsi a entrambi i tipi di relazione. 14 I geni possono essere trasferiti tra organismi, sia in laboratorio che in natura I procarioti forniscono validi esempi di trasferimento orizzontale di geni da una specie di cellula a un’altra. I segni rivelatori più evidenti sono sequenze riconoscibili come derivate da virus batterici, chiamati anche batteriofagi. I virus sono piccoli pacchetti di materiale genetico che si sono evoluti come parassiti del macchinario riproduttivo e biosintetico delle cellule ospiti. Sebbene non siano cellule viventi, agiscono spesso da vettori per il trasferimento di geni. I virus si replicano in una cellula, ne emergono con un involucro protettivo e quindi entrano in un’altra cellula, che può essere della stessa specie o di una specie diversa, e la infettano. Spesso la cellula infettata viene uccisa dalla massiccia proliferazione delle particelle virali al suo interno, ma talvolta il DNA virale, invece di generare direttamente queste particelle, può persistere nell’ospite per molte generazioni come passeggero relativamente innocuo, come frammento intracellulare separato di DNA, noto col nome di plasmide, o come sequenza inserita nel genoma regolare della cellula. Nei loro spostamenti i virus possono accidentalmente raccogliere frammenti di DNA dal genoma di una cellula ospite e portarli in un’altra cellula. Questi trasferimenti di materiale genetico sono molto frequenti nei procarioti. Molti procarioti hanno una notevole capacità di assumere anche molecole di DNA non virale dall’ambiente circostante e catturare così l'informazione genetica portata da queste molecole. In questo modo, o tramite trasferimento mediato da virus, i batteri e gli archei in natura possono acquisire geni da cellule circostanti con relativa facilità. I geni che conferiscono resistenza a un antibiotico o la capacità di produrre una tossina, per esempio, possono essere trasferiti da specie a specie e fornire al batterio ricevente un vantaggio selettivo. In questo modo si è osservata l’evoluzione di ceppi batterici nuovi e talvolta pericolosi negli ecosistemi batterici che popolano ospedali o le varie nicchie del corpo umano. Per esempio, il trasferimento orizzontale di geni è responsabile della diffusione negli ultimi 40 anni di ceppi resistenti alla penicillina di Neisseria gonorrhoeae, il batterio che causa la gonorrea. I trasferimenti orizzontali di geni tra cellule eucariotiche di specie diverse sono molto rari. Il sesso porta a scambi orizzontali di informazione genetica all’interno di una specie Il trasferimento genico orizzontale fra i batteri ha un parallelo in un fenomeno a tutti familiare: il sesso. Oltre al consueto trasferimento verticale di materiale genetico da genitore a progenie, la riproduzione sessuale provoca un trasferimento orizzontale su vasta scala di informazioni genetiche fra due linee cellulari inizialmente separate, quelle del padre e della madre. Un aspetto chiave del sesso, naturalmente, è che lo scambio genetico normalmente avviene soltanto fra individui della stessa specie. Ma, indipendentemente dal fatto che avvenga all’interno di una specie o fra specie diverse, il trasferimento orizzontale di geni lascia un’impronta caratteristica: porta a individui che sono correlati più strettamente a una serie di parenti per quel che riguarda certi geni e più strettamente a un’altra serie di parenti per altri. La riproduzione sessuale è un fenomeno molto diffuso (anche se non universale), specialmente fra gli eucarioti. La selezione naturale ha chiaramente favorito organismi che si riproducono sessualmente, anche se i teorici dell’evoluzione ancora discutono su quale sia precisamente il vantaggio selettivo del sesso. 15 La funzione di un gene può spesso essere dedotta dalla sua sequenza Le relazioni familiari fra i geni sono importanti non soltanto per il loro interesse storico, ma perché semplificano la decifrazione della funzione di un gene. Una volta che la sequenza di un gene appena scoperto è stata determinata, un ricercatore può premere qualche tasto su un computer per cercare nell’intero database di sequenze geniche note geni a esso correlati. In molti casi la funzione di uno o più di questi omologhi sarà già stata determinata sperimentalmente e quindi, poiché la sequenza di un gene ne determina la funzione, si può spesso formulare una valida congettura sulla funzione del nuovo gene: è probabile che sia simile a quella degli omologhi già noti. In questo modo diventa possibile decifrare gran parte della biologia di un organismo semplicemente analizzando la sequenza del DNA del suo genoma e usando le informazioni che già possediamo sulle funzioni di geni in altri organismi che sono stati studiati più intensamente. Più di 200 famiglie di geni sono comuni a tutti e tre i rami principali dell’albero della vita Essendo disponibili le sequenze genomiche di organismi che rappresentano tutti e tre i domini si possono cercare sistematicamente omologie che attraversano questa enorme distanza evolutiva. In questo modo possiamo iniziare a considerare l’eredità comune di tutti gli esseri viventi. In questa impresa ci sono delle considerevoli difficoltà. Per esempio, singole specie hanno spesso perso qualche gene ancestrale; altri geni sono stati acquisiti quasi certamente per trasferimento orizzontale da un’altra specie e perciò possono non essere veramente ancestrali, anche se condivisi. In effetti i confronti dei genomi indicano con forza che sia la perdita di geni specifica di una linea, sia il trasferimento orizzontale di geni, in alcuni casi fra specie evolutivamente distanti, sono stati fattori importanti dell’evoluzione, almeno nel mondo procariotico. Infine, nel corso di 2 o 3 miliardi di anni alcuni geni che erano inizialmente condivisi saranno stati cambiati attraverso il processo di mutazione al di là di ogni possibilità di riconoscimento. A causa di tutti questi capricci del processo evolutivo sembra che soltanto una piccola percentuale di famiglie di geni ancestrali si sia mantenuta universalmente in forma riconoscibile. La grande maggioranza di queste famiglie universali comprende componenti dei sistemi di traduzione e trascrizione. È difficile che in questo modo ci si avvicini a un’approssimazione realistica di una serie di geni ancestrali. Un’idea migliore di questa serie può essere ottenuta contando le famiglie di geni che hanno rappresentanti in più specie, ma non necessariamente in tutte, tratte da tutti e tre i domini principali. Questa analisi rivela 264 antiche famiglie conservate. Ill numero maggiore di famiglie di geni condivise è coinvolto nella traduzione e nel metabolismo e trasporto degli amminoacidi. Tuttavia, questa serie di famiglie di geni altamente conservate rappresenta soltanto un quadro molto approssimativo dell’eredità comune di tutta la vita attuale; una ricostruzione più precisa del corredo di geni dell’ultimo progenitore universale comune potrebbe diventare possibile con l’ulteriore sequenziamento di genomi e con forme più sofisticate di analisi comparativa. 16 Le mutazioni rivelano le funzioni dei geni L’analisi delle funzioni dei geni dipende da due approcci complementari: genetica e biochimica. La genetica inizia con lo studio di mutanti: troviamo o produciamo un organismo in cui un gene è alterato ed esaminiamo gli effetti sulla struttura e sulle prestazioni dell’organismo. La biochimica esamina le funzioni delle molecole: estraiamo molecole da un organismo e quindi ne studiamo l’attività chimica. Unendo genetica e biochimica è possibile trovare quelle molecole la cui produzione dipende da un dato gene. Allo stesso tempo studi delle prestazioni dell’organismo mutante ci mostrano quale ruolo quelle molecole hanno nelle attività dell’organismo nel suo insieme. Quindi genetica e biochimica combinate forniscono un modo di scoprire la connessione di geni e molecole alla struttura e funzione dell’organismo. I biologi molecolari si sono concentrati di E.coli Nel mondo dei batteri il riflettore della biologia molecolare si è per lungo tempo concentrato intensamente su una singola specie come organismo modello: Escherichia coli. Questa piccola cellula batterica a forma di bastoncino vive normalmente nell’intestino dell’uomo e di altri vertebrati. Il batterio si adatta a condizioni chimiche variabili, si riproduce rapidamente e può evolvere per mutazione e selezione a notevole velocità. Come altri batteri, ceppi diversi di E. coli, anche se classificati come membri di una singola specie, differiscono geneticamente in grado maggiore di quanto differiscano fra loro varietà diverse di un organismo che si riproduce sessualmente come un vegetale o un animale. Un ceppo di E. coli può possedere centinaia di geni che sono assenti in un altro e i due ceppi possono avere in comune anche soltanto il 50% dei loro geni. Il ceppo standard di laboratorio di E. coli K-12 ha un genoma costituito approssimativamente da 4,6 milioni di coppie di nucleotidi, contenuti in una singola molecola di DNA circolare che codifica circa 4300 specie diverse di proteine. La maggior parte della nostra comprensione dei meccanismi fondamentali della vita – per esempio il modo in cui le cellule replicano il loro DNA, o come decodificano le istruzioni rappresentate nel DNA per dirigere la sintesi di proteine specifiche – è derivata dallo studio di E. coli. I meccanismi genetici di base si sono rivelati altamente conservati durante l’evoluzione: questi meccanismi sono perciò essenzialmente gli stessi nelle nostre cellule e in E. coli. 17 CELLULA EUCARIOTICA Non tutti gli eucarioti sono pluricellulari,ma ce ne sono anche costituiti da una cellula come i lieviti,ma nelle forme più evolute gli eucarioti sono pluricellulari. La specializzazione funzionale delle cellule nei diversi distretti (una cellula di un muscolo è diversa da una nervosa o del fegato e hanno funzioni diverse)si può attuare perché alla base ci sono cellule eucariotiche che a loro volta hanno compartimentato le varie funzioni. Caratteristiche generali delle cellule eucariotiche Per definizione le cellule eucariotiche custodiscono il loro DNA in un compartimento interno chiamato nucleo. Il DNA è separato dal citoplasma dall’involucro nucleare, che consiste di un doppio strato di membrana che circonda il nucleo. Le loro cellule sono, di norma, 10 volte più grandi in dimensioni lineari e 1000 volte in volume rispetto a quelle procariotiche. Esse hanno un citoscheletro, ovvero un sistema di filamenti proteici che si incrociano nel citoplasma e formano, insieme alle molte proteine che si attaccano a essi, una combinazione di fasce, corde e motori che conferiscono alla cellula forza meccanica, ne controllano la forma e ne azionano e guidano i movimenti. L’involucro nucleare è soltanto una parte di una serie complessa di membrane interne, ciascuna strutturalmente simile alla membrana plasmatica, che racchiudono tipi diversi di spazi all’interno della cellula, molti dei quali sono coinvolti in processi correlati a digestione e secrezione. 18 Essendo prive della robusta parete cellulare tipica della maggior parte dei batteri, le cellule animali e le cellule eucariotiche che vivono libere chiamate protozoi possono modificare la propria forma rapidamente e inglobare altre cellule e piccole particelle mediante la fagocitosi. Teoria endosimbiotica Una cellula progenitrice comune ha dato origine ai eubatteri e agli archeobatteri e poi da un archeobatterio che è diventato il primo eucariote si sono sviluppati ed evoluti gli eucarioti. Questo passaggio evolutivo è avvenuto circa 2 miliardi di anni fa. Come è avvenuta questa evoluzione? Quello che si pensa adesso parte da un'importante osservazione: ci sono alcuni protozoi che sono predatori, in grado di fagocitare altri procarioti e digerirli. Una funzione di questo tipo può avvenire solo perché questo protozoo è un eucariote perché ha una membrana flessibile e che può fagocitare,mentre le membrane dei batteri hanno spesso una parete esterna che li rende più rigidi nei movimenti e la membrana è meno flessibile a questo tipo di processi. Questo comportamento richiede anche un citoscheletro elaborato che guidi il movimento. Didinium: protozoo carnivoro che si nutre di altri protozoi mediante un processo di fagocitosi. 19 Un processo simile alla fagocitosi,ma la preda è sfuggita alla digestione è avvenuto in una cellula primordiale ,in un eucariote primitivo, circa 2 miliardi di anni fa. Tutte queste cellule contengono, o hanno contenuto in qualche momento della loro storia, mitocondri. Questi piccoli corpi citoplasmatici, racchiusi da un doppio strato di membrane, assumono ossigeno e imbrigliano energia dall’ossidazione di molecole di cibo – come gli zuccheri – per produrre la maggior parte dell’ATP che alimenta le attività della cellula. I mitocondri sono simili in dimensioni a piccoli batteri e, come i batteri, hanno un loro genoma sotto forma di una molecola circolare di DNA, propri ribosomi, diversi da quelli presenti altrove nella cellula eucariotica, e propri RNA transfer. È oggi generalmente accettato che i mitocondri si siano originati da batteri liberi che metabolizzavano ossigeno (aerobici) inglobati da una cellula eucariotica ancestrale che non poteva altrimenti fare uso dell’ossigeno (era cioè anaerobica). Sfuggendo alla digestione, questi batteri si sono evoluti in simbiosi con la cellula che li aveva inglobati e con la sua progenie, ricevendo riparo e nutrimento in cambio della generazione di energia che producevano per i loro ospiti. Questa simbiosi fra un predatore eucariotico anaerobico primitivo e una cellula batterica aerobica si pensa si sia stabilita circa 1,5 miliardi di anni fa, quando l’atmosfera della Terra cominciò a diventare ricca di ossigeno. Una simbiosi è la coesistenza dei due individui ed entrambi traggono vantaggio. Il batterio fagocitante acquista una funzione fondamentale ossia la capacità di produrre energia in modo più vantaggioso, in quanto il processo di respirazione mitocondriale è più vantaggioso energicamente rispetto alla glicolisi anaerobica; il batterio aerobio ha sfruttato protezione e cibo che offriva l’altro batterio. Questa simbiosi si è mantenuta evolutivamente. Analisi recenti del genoma suggeriscono che le prime cellule eucariotiche si sono formate dopo che un archebatterio ha inglobato un eubatterio aerobico. Questo spiegherebbe perché tutte le cellule eucariotiche odierne, anche quelle che vivono in condizioni strettamente anaerobiche, mostrano chiaramente di aver contenuto un tempo mitocondri. C’è una cellula anaerobica che deriva da un archeobatterio e un batterio aerobio,durante il processo di fagocitosi il batterio si porta dentro la membrana del fagocitante e lui aveva già due membrane,ma ad un certo punto perde la membrana derivata dall’ archeobatterio (quella del fagocitante),mentre la membrana interna si è evoluta per aumentare la superficie respiratoria. Il batterio fagocitato(mitocondrio) mantiene le due membrane e dentro c’è il genoma. 20 Molte cellule eucariotiche – specificamente, quelle dei vegetali e delle alghe – contengono anche un’altra classe di piccoli organelli circondati da membrana in parte simili ai mitocondri, i cloroplasti. I cloroplasti svolgono la fotosintesi, usando l’energia della luce solare per sintetizzare carboidrati da anidride carbonica atmosferica e acqua, e consegnano i prodotti alla cellula ospite come cibo. Come i mitocondri, i cloroplasti hanno un proprio genoma e quasi certamente si sono originati come batteri fotosintetici simbionti, acquisiti da cellule che possedevano già mitocondri. I cloroplasti hanno i tilacoidi, questa membrana interna che si è amplificata e è sede della fotosintesi. Anche i cloroplasti hanno un genoma che è un DNA circolare come quello batterico e hanno una doppia membrana. All’interno dei mitocondri e dei cloroplasti ci sono ribosomi, rudimenti evolutivi che ci fanno capire che quello era un organismo autonomo procariotico. Mitocondri e cloroplasti forniscono le prove evolutive della simbiosi; hanno ribosomi simili a quelli dei batteri, DNA circolare e doppia membrana. 21 La compartimentalizzazione è un evento fondamentale nella storia della vita Un altro evento fondamentale nella storia della vita è stata la comparsa della pluricellularità. Negli organismi pluricellulari ogni tipo di cellula è specializzata nel compiere una funzione specifica nella vita dell’organismo. Gli organismi pluricellulari hanno avuto origine da forme coloniali circa 750 milioni di anni fa. Un esempio di questi organismi è il Volvox, un organismo unicellulare e coloniale. Rappresenta una fase di passaggio evolutivo. Se la colonia viene disgregata i singoli elementi sopravvivono. 22 Gli eucarioti hanno genomi ibridi L’informazione genetica delle cellule eucariotiche ha un’origine ibrida (dall’archebatterio ancestrale anaerobico e dai batteri adottati come simbionti). La maggior parte di questa informazione è conservata nel nucleo, ma una piccola quantità rimane nei mitocondri e, per le cellule delle alghe e dei vegetali, nei cloroplasti. Il DNA dei mitocondri e dei cloroplasti può essere separato dal DNA nucleare e analizzato e sequenziato individualmente. I genomi dei mitocondri e dei cloroplasti si sono rivelati versioni degenerate e ridotte dei corrispondenti genomi batterici. In una cellula umana, per esempio, il genoma mitocondriale consiste soltanto di 16 569 coppie di nucleotidi e codifica solamente 13 proteine, due RNA ribosomiali e 22 RNA transfer. I geni assenti nei mitocondri e nei cloroplasti non sono andati tutti perduti con l’evoluzione; molti di essi si sono invece spostati nel DNA del nucleo della cellula ospite. Il DNA nucleare umano contiene molti geni che codificano proteine che svolgono funzioni essenziali all’interno del mitocondrio; nei vegetali il DNA nucleare contiene anche molti geni che specificano proteine necessarie nei cloroplasti. In entrambi i casi le sequenze di DNA di questi geni nucleari mostrano chiaramente la loro origine dagli antenati batterici del rispettivo organello. I genomi eucarioti sono grandi La selezione naturale ha evidentemente favorito mitocondri con genomi piccoli. Al contrario, sembra che i genomi nucleari della maggior parte degli eucarioti siano stati liberi di ingrandirsi. Forse il modo di vivere eucariotico ha reso le grandi dimensioni un vantaggio: i predatori devono essere più grandi della loro preda e le dimensioni cellulari in genere aumentano in proporzione alle dimensioni del genoma. I genomi della maggior parte degli eucarioti sono di ordini di grandezza maggiori rispetto a quelli dei batteri e degli archei. Gli eucarioti non solo hanno più geni dei procarioti; essi hanno anche molto più DNA che non codifica proteine. Il genoma umano contiene 1000 volte più coppie di nucleotidi del genoma di un batterio tipico, forse 10 volte più geni e molto più DNA non codificante (circa il 98,5% del genoma umano è non codificante, rispetto all’11% del genoma del batterio E. coli). Nella tabella sono elencati, per un facile confronto con E. coli, le dimensioni dei genomi e il numero dei geni stimati per alcuni eucarioti. 23 I genomi eucariotici sono ricchi di DNA regolatore Di buona parte del nostro DNA non codificante si potrebbe fare a meno. Una parte del DNA non codificante ha certamente funzioni importanti. In particolare, serve a regolare l’espressione di geni adiacenti. Con questo DNA regolatore gli eucarioti hanno evoluto modi caratteristici di controllare quando e dove un gene entra in azione. Questa sofisticata regolazione genica è cruciale per la formazione di complessi organismi pluricellulari. Il genoma definisce il programma dello sviluppo pluricellulare Le cellule di un singolo animale o vegetale sono straordinariamente varie. Cellule adipose, cellule della pelle, cellule dell’osso, cellule nervose sembrano tanto dissimili quanto due cellule possono esserlo. Eppure tutti questi tipi cellulari sono i discendenti di una singola cellula uovo fecondata e tutte (con rare eccezioni) contengono copie identiche del genoma della specie. Le differenze derivano dal modo in cui queste cellule fanno un uso selettivo delle loro istruzioni genetiche secondo i segnali che ricevono dall’ambiente circostante durante lo sviluppo embrionale. Il DNA non soltanto specifica le molecole che ogni cellula deve avere. Piuttosto la cellula si comporta come una macchina con più funzioni, con sensori per ricevere segnali ambientali e capacità altamente sviluppate di mettere in azione serie diverse di geni secondo le sequenze di segnali ai quali la cellula è stata esposta. Il genoma di ciascuna cellula è abbastanza grande da contenere l’informazione che specifica un intero organismo pluricellulare, ma in ogni singola cellula viene usata soltanto una parte di quella informazione. Una grande frazione dei geni del genoma eucariotico codifica proteine che servono a regolare le attività di altri geni. La maggior parte di questi regolatori di trascrizione agisce legando, direttamente o indirettamente, DNA regolatore adiacente ai geni che devono essere controllati o interferendo con la capacità di altre proteine di farlo. Le cellule non si limitano a ricevere passivamente dei segnali, ma scambiano invece attivamente segnali con le cellule circostanti. Quindi, in un organismo pluricellulare che si sviluppa, ciascuna cellula è governata dallo stesso sistema di controllo, ma con conseguenze diverse a seconda dei segnali che vengono scambiati. Il risultato, sorprendentemente, è una disposizione precisa di cellule in stati diversi, ciascuna con caratteristiche appropriate alla sua posizione nella struttura pluricellulare. Molti eucarioti vivono come cellule solitarie Molte specie di cellule eucariotiche conducono una vita solitaria: alcune come cacciatori (i protozoi), altre come fotosintetizzatori (le alghe unicellulari), alcune come spazzini (i funghi unicellulari o lieviti). 24 Un lievito serve da modello eucariotico minimo. Per analizzare il funzionamento interno della cellula eucariotica, senza i problemi ulteriori dello sviluppo pluricellulare, ha senso usare una specie che sia unicellulare e più semplice possibile. La scelta per questo ruolo di modello eucariotico minimo è stata il lievito Saccharomyces cerevisiae, la stessa specie che è usata per fare la birra e il pane. S. cerevisiae è un piccolo membro unicellulare del regno dei funghi e quindi, secondo le moderne vedute, correlato agli animali almeno tanto quanto lo è ai vegetali. È resistente e facile da far crescere in un semplice mezzo nutriente. Come altri funghi, ha una parete cellulare robusta, è relativamente immobile e possiede mitocondri ma non cloroplasti. Quando i nutrienti sono abbondanti, cresce e si divide quasi alla stessa velocità di un batterio. Si può riprodurre sia vegetativamente (cioè per semplice divisione cellulare) che sessualmente: due cellule di lievito che sono aploidi (che possiedono una singola copia del genoma) si possono fondere per creare una cellula che è diploide (che contiene una doppia copia del genoma); la cellula diploide può subire la meiosi (una divisione riduttiva) per produrre cellule che sono di nuovo aploidi. Il suo genoma, secondo gli standard eucariotici, è eccezionalmente piccolo. Sono disponibili mutanti praticamente per ogni gene e studi sui lieviti (usando sia S. cerevisiae che altre specie) hanno fornito una chiave alla comprensione di molti processi determinanti, fra cui il ciclo di divisione cellulare eucariotico (la catena cruciale di eventi per cui il nucleo e tutti gli altri componenti di una cellula si duplicano e si dividono per creare due cellule figlie). Il sistema di controllo che governa questo processo si è conservato così bene nel corso dell’evoluzione che molti dei suoi componenti possono agire in modo intercambiabile nel lievito e nelle cellule umane: se a un lievito mutante privo di un gene essenziale per il ciclo cellulare del lievito viene fornita una copia del gene omologo umano, il lievito è curato del suo difetto e diventa capace di dividersi normalmente. 25 I livelli di espressione di tutti i geni di un organismo possono essere monitorati simultaneamente La conoscenza della sequenza completa del genoma di qualunque organismo – che sia un lievito o l’uomo – apre nuove prospettive sul funzionamento della cellula. Usando determinate tecniche è oggi possibile, per esempio, monitorare simultaneamente la quantità di mRNA trascritto da ogni gene del genoma del lievito in qualunque condizione scelta e osservare come questo schema completo di attività genica cambi quando cambiano le condizioni. L’analisi può essere ripetuta con mRNA preparato da mutanti privi di un gene scelto (qualunque gene che ci interessi controllare). In linea di principio, questo approccio fornisce un modo di rivelare l’intero sistema di relazioni di controllo che governano l’espressione genica, non soltanto in queste cellule di lievito ma in qualunque organismo di cui sia nota la sequenza del genoma. Lo studio della Drosophila fornisce una chiave per lo sviluppo dei vertebrati Il moscerino della frutta Drosophila melanogaster è stato usato come organismo genetico modello più a lungo di qualunque altro. In effetti le fondamenta della genetica classica sono state costruite in gran parte su studi di questo insetto. Più di 80 anni fa questo moscerino ha fornito la prova definitiva che i geni sono portati su cromosomi. La prova dipese da una delle molte caratteristiche che rendono la Drosophila particolarmente adatta per i genetisti: i cromosomi giganti, con un tipico aspetto bandeggiato, che sono visibili in alcune delle sue cellule. Si trovò che cambiamenti specifici nell’informazione ereditaria, manifesti in famiglie di mosche mutanti, erano correlati esattamente con la perdita o l’alterazione di bande specifiche dei cromosomi giganti. Mutanti di Drosophila con parti del corpo stranamente fuori posto o con uno schema alterato hanno fornito la chiave per identificare e caratterizzare i geni necessari per costruire un corpo correttamente strutturato, con intestino, arti, occhi e tutte le altre parti al posto giusto. Una volta che questi geni di Drosophila sono stati sequenziati, è stato possibile ricercare loro omologhi nei genomi dei vertebrati. Questi sono stati trovati e le loro funzioni nei vertebrati sono state quindi controllate analizzando topi in cui i geni erano stati mutati. I risultati rivelano un grado stupefacente di somiglianza nei meccanismi molecolari dello sviluppo degli insetti e dei vertebrati. La Drosophila richiede soltanto 9 giorni per progredire da un uovo fecondato a un adulto e il suo genoma è molto più piccolo. 26 Il genoma dei vertebrati è un prodotto di duplicazioni ripetute Quasi ogni gene nel genoma dei vertebrati ha dei paraloghi (altri geni nello stesso genoma che sono senza dubbio correlati e devono essersi originati per duplicazione genica). In molti casi un intero gruppo di geni è strettamente correlato con gruppi simili presenti altrove nel genoma, suggerendo che i geni si siano duplicati in gruppi collegati invece che come individui isolati. Secondo un’ipotesi, in uno stadio precoce dell’evoluzione dei vertebrati, l’intero genoma subì una duplicazione due volte di seguito, dando origine a quattro copie di ogni gene. Il corso preciso dell’evoluzione del genoma dei vertebrati resta incerto, perché molti altri cambiamenti evolutivi si sono verificati dopo questi antichi eventi. Geni che una volta erano identici si sono diversificati; molte copie di un gene sono andate perdute in seguito a mutazioni; alcuni hanno subito ulteriori cicli di duplicazione locale; e il genoma, in ciascun ramo dell’albero genealogico dei vertebrati, ha subito ripetuti riarrangiamenti, alterando la maggior parte dell’ordine originale dei geni. Il confronto dell’ordine dei geni in due organismi correlati, come l’uomo e il topo, rivela che – nella scala temporale dell’evoluzione dei vertebrati – i cromosomi si fondono e si frammentano per spostare grandi blocchi di sequenza di DNA. In effetti è possibile che lo stato presente sia il risultato di molte duplicazioni separate di frammenti del genoma, anziché di duplicazioni dell’intero genoma. Tuttavia non c’è dubbio che queste duplicazioni dell’intero genoma avvengano veramente di tanto in tanto nel corso dell’evoluzione, Il topo è il principale organismo modello per i mammiferi I mammiferi hanno di norma due volte più geni della Drosophila, un genoma che è 16 volte più grande e milioni o miliardi di volte più cellule nel loro corpo adulto. In termini di dimensioni e funzione del genoma, di biologia cellulare e di meccanismi molecolari, i mammiferi sono tuttavia un gruppo altamente uniforme di organismi. Anche anatomicamente le differenze fra i mammiferi sono principalmente una questione di dimensioni e proporzioni; è difficile pensare a una parte del corpo umano che non abbia un corrispettivo negli elefanti e nei topi e viceversa.. Per ottenere una misura più esatta di quanto strettamente le specie dei mammiferi si assomigliano geneticamente possiamo confrontare le sequenze nucleotidiche di geni corrispondenti (ortologhi), o le sequenze degli amminoacidi delle proteine che questi geni codificano. Il topo, essendo piccolo, robusto e riproducendosi rapidamente, è diventato l’organismo modello più importante per lo studio sperimentale della genetica molecolare dei vertebrati. Sono note molte mutazioni che si verificano naturalmente e spesso queste sono simili agli effetti di mutazioni corrispondenti nell’uomo. Inoltre sono stati sviluppati metodi per controllare la funzione di qualunque gene di topo, o di qualunque porzione non codificante del genoma del topo, creando artificialmente mutazioni. 27 Gli esseri umani manifestano le proprie peculiarità Gli esseri umani sono attraenti come organismo genetico modello per una proprietà speciale: tramite esami medici e autodenuncia cataloghiamo i nostri disordini genetici (e non solo). La popolazione umana è enorme, consistendo oggi di circa 7 miliardi di individui, e questa proprietà di autodocumentazione significa che è disponibile un enorme banca dati di informazioni. La sequenza completa del genoma umano di più di 3 miliardi di coppie di nucleotidi è stata determinata per migliaia di persone diverse, rendendo più facile che mai identificare a livello molecolare lo specifico cambiamento genetico responsabile di ciascun fenotipo umano mutante. Mettendo insieme le informazioni derivate da uomo, topo, mosca, verme, lievito, vegetali e batteri – usando le somiglianze di sequenze geniche per mappare le corrispondenze fra un organismo modello e un altro – possiamo arricchire la nostra conoscenza di tutti questi organismi. Nei dettagli siamo tutti diversi In media, qualunque coppia di persone prese a caso differisce in circa uno o due nucleotidi ogni 1000 nella sequenza del DNA. Il genoma della specie umana è qualcosa di molto complesso, e contiene l’intera raccolta di varianti geniche che si trovano nella popolazione umana. La conoscenza di questa variazione ci sta aiutando a capire, ad esempio, perché alcune persone sono inclini a una malattia, altre a un’altra; perché alcune rispondono bene a un farmaco, altre invece male. Inoltre sta fornendo nuovi indizi sulla nostra storia: i movimenti di popolazioni e i mescolamenti dei nostri antenati, le infezioni di cui hanno sofferto, la dieta di cui si nutrivano.Tutto ciò ha lasciato tracce nelle forme varianti dei geni che sopravvivono oggi nelle comunità umane che popolano il pianeta. 28 TEORIA CELLULARE La cellula è l’unità fondamentale della vita. Nonostante la loro apparente diversità, gli organismi viventi sono costituiti da cellule simili nelle proprietà e nei meccanismi fondamentali. Tappe fondamentali La storia della biologia cellulare inizia più di trecento anni fa, quando alcuni studiosi europei cominciarono a osservare con microscopi rudimentali diversi materiali biologici, spaziando dalla corteccia d’albero allo sperma umano. Nel 1665 Hooke costruì un microscopio ed esaminò sottili strisce di sughero. Egli vide una rete di minuscoli compartimenti, simili a scatole, che gli rammentarono le celle degli alveari, e chiamò questi piccoli compartimenti cellulae. Hooke non osservò cellule vere e proprie. Questi minuscoli compartimenti vuoti a forma di scatola erano formati dalle pareti cellulari del tessuto morto della pianta. Le osservazioni di Hooke furono limitate dal potere d’ingrandimento del suo microscopio, che riusciva a ingrandire gli oggetti solamente fino a 30 volte (30×). Ciò rendeva difficile conoscere meglio l’organizzazione interna delle cellule. Pochi anni più tardi, Antoine van Leeuwenhoek costruì lenti in grado d’ingrandire un oggetto fino a 300 volte (300×). Utilizzando queste lenti di qualità superiore, egli fu il primo a osservare cellule vitali, come le cellule del sangue, gli spermatozoi, i batteri e gli organismi unicellulari (alghe e protozoi) trovati nell’acqua stagnante. Verso il 1830 furono raggiunti importanti miglioramenti ottici dovuti alla miglior qualità delle lenti e alla struttura del microscopio composto, nel quale una lente (oculare) ingrandisce l’immagine creata da una seconda lente (obiettivo). Ciò ha permesso un ingrandimento maggiore e una risoluzione migliore. Fu così possibile osservare chiaramente strutture con dimensioni anche di solo 1 micrometro (μm). 29 Robert Brown scoprì che ogni cellula di pianta conteneva una struttura circolare, che egli chiamò nucleo. Nel 1838 Matthias Schleiden giunse alla conclusione che tutti i tessuti delle piante erano costituiti da cellule e che una pianta embrionale nasceva sempre da una singola cellula. Simili conclusioni relativamente ai tessuti animali furono riportate solo un anno più tardi da Theodor Schwann. Schwann propose una singola teoria unificata dell’organizzazione cellulare, che ha resistito nel tempo e continua a essere il riferimento per la nostra comprensione dell’importanza fondamentale delle cellule e della biologia cellulare. (In anni recenti la scoperta di alcuni virus giganti ha portato alcuni a ipotizzare che questa definizione possa un giorno essere ampliata.) Come originariamente postulato da Schwann nel 1839, la teoria cellulare aveva due principi basilari: Tutti gli organismi consistono di una o più cellule.La cellula è l’unità di base della struttura di tutti gli organismi. Nel 1855, Rudolf Virchow era giunto alla conclusione che le cellule potevano originare in un solo modo: con la divisione da altre cellule preesistenti. Virchow enfatizzò questa conclusione con l’ormai nota frase latina omnis cellula e cellula, la cui traduzione costituisce il terzo principio della moderna teoria cellulare: tutte le cellule originano da cellule preesistenti. La teoria cellulare nella sua forma attuale Tutti gli organismi sono composti da una o più cellule e i processi della vita come il metabolismo e l'ereditarietà avvengono all'interno di esse. Le cellule sono le unità base dell'organizzazione di tutti gli organismi viventi.Le cellule si originano solo dalla divisione di cellule preesistenti. Le caratteristiche universali dei viventi (che li distinguono da virus o da esseri non viventi come un sasso): 1. Costituiti da cellule delimitate da membrane plasmatiche. I virus non hanno quasi mai membrane(possono avere membrane che hanno rubato alle cellule). 2. Costituiti da componenti chimici comuni: carboidrati, acidi grassi, acidi nucleici, aminoacididi.I virus hanno sicuramente amminoacidi,proteine ,acidi nucleici 3. Convertono molecole dell'ambiente in nuove molecole biologiche ,ad esempio il glucosio. I virus non possono. 4. Estraggono energia dall'ambiente e la trasformano in lavoro biologico. Gli organismi fotosintetici traggono energia dal sole, gli altri detti eterotrofi traggono energie da molecole chimiche che vengono degradate come il glucosio. 5. Contengono informazione genetica che usano come codice universale per specificare proteine.Il codice genetico è stato definito universale perché ciascun amminoacido è codificato dalle stesse triplette in ogni organismo vivente e in tutti gli organismi studiati, dai virus all'uomo. 6. Condividono similarità fra set di geni fondamentali e replicano queste informazioni biologiche.Certi set di geni fondamentali vengono conservati tra esseri viventi(tra noi e la zanzara o il batterio ad esempio); geni che codificano per quelle proteine responsabili di quel processo biologico sono gli stessi. 30 7. Esistono popolazioni che si evolvono nel tempo attraverso variazioni nelle frequenze delle varianti genetiche (concetto di evoluzione). Anche i virus possono avere varianti. 8. Autoregolano il loro ambiente interno, mantenendo le condizioni che permettono loro di sopravvivere. I virus non hanno quasi mai membrane(possono avere membrane che hanno rubato alle cellule). I virus hanno sicuramente amminoacidi,proteine ,acidi nucleici. Conclusione logica delle caratteristiche dei viventi Tutte le forme di vita hanno un antenato comune. È l’unica spiegazione possibile considerate tutte le caratteristiche comune che hanno gli esseri viventi. I diversi organismi oggi viventi discendono tutti da un'unica forma di vita. Le cellule sono di piccole dimensioni. Un batterio è 1 micron, una cellula animale dai 10 ai 20 e una cellula vegetale arriva fino ai 100. Sono di piccole dimensioni per facilitare lo scambio con l’esterno. Se aumentano le dimensioni,il volume aumenta secondo un ordine cubico,la superficie aumenta secondo un ordine quadrato; se aumentano tanto all’interno della cellula il metabolismo richiede uno scambio più elevato con l’esterno e la superficie limitata potrebbe non essere sufficiente. 31 LA TEORIA EVOLUZIONISTICA DI DARWIN La teoria evolutiva è al centro della biologia perché i meccanismi evolutivi chiariscono quelle caratteristiche degli organismi viventi, da un parte la varietà e la diversità e dall’altra l’unità. Ha un grande impatto sulla medicina. La teoria evoluzionistica afferma che tutti gli organismi sono legati da un filo ininterrotto perché discendenti da un unico sistema vivente, o da un piccolissimo numero di sistemi viventi ancestrali (si parla di sistemi viventi e non organismi perché inizialmente si pensa ci fossero delle protocellule, una protocellula a RNA; quindi che la molecola primordiale della vita non fosse DNA,ma RNA). Con questa teoria riusciamo a instaurare un ordine nella straordinaria varietà degli organismi e li connette con gli altri aspetti della realtà del pianeta; ad esempio la comparsa dell’ossigeno sulla terra o altre caratteristiche fisiche che hanno impattato gli esseri e la loro diversità. Fornisce una spiegazione causale del mondo vivente e della sua eterogeneità ( "nothing in biology makes sense but in the light of evolution" ,Theodisius Dobzhansky, 1900-1975). Charles Darwin è il padre di questa teoria. È inglese, da giovane si imbarca e fa il giro per il mondo e raccoglie moltissime informazioni. Il padre lo aveva prima scritto a Medicina ,ma dopo la prima autopsia abbandonò gli studi. Al suo ritorno in Inghilterra formula la sua grande teoria e la pubblica nel volume “L’orgine delle specie”. Afferma che le specie divergenti discendono da un antenato comune; aveva individuato delle caratteristiche comuni e chiamava questa divergenza evolutiva discendenza con modificazioni.Le specie non sono immutabili ma cambiano nel tempo. Il cuore di questa teoria è quella che noi chiamiamo oggi varietà genetica. Le variazioni vantaggiose tendono a essere conservate,quelle svantaggiose no. Si tratta della selezione naturale che è alla base di quella che lui aveva chiamato discendenza con modificazioni. A quegli anni già si conosceva la selezione artificiale, soprattutto in campo produttivo,bestiame,agricolo,…ma non c’era nulla di scientifico alla base di questa pratica. La selezione naturale è una forza che agisce sulla variabilità degli individui e che permette alle caratteristiche vantaggiose di emergere. La selezione naturale agisce sul fenotipo piuttosto che sul genotipo, quindi sulle caratteristiche esteriori ( ad esempio la forza fisica per un cacciatore). Non basta la selezione naturale,ma bisogna anche che questi organismi si riproducono affinché le caratteristiche vantaggiose vengano trasmesse alle generazione successive.Questa combinazione tra fenotipo vincente da un punto di vista evolutivo e capacità riproduttiva prende il nome di fitness. Soltanto se questa fitness viene trasmessa alle generazioni future,può avere effetto sulla discendenza e quindi avremo una discendenza con modificazione perché cambieranno le frequenze alleliche della popolazione. 32 L’evoluzione comprende i cambiamenti di caratteri ereditari degli organismi nel corso di numerose generazioni; non sono i nostri figli o la nostra progenie a subire gli effetti dell’evoluzione,ma un cambiamento allelico importante nella popolazione avviene con molti anni. I caratteri ereditari sono aspetti dell'organismo che si trasmettono alle generazioni successive (discendenza). La selezione naturale porta all’adattamento Immaginiamo una popolazione di organismi dove alla base abbiamo una variabilità genetica ereditaria. Se abbiamo risorse sufficienti per tutti non ci sono rischi per l’esistenza ,in questo caso la selezione naturale non funziona. Ci deve essere anche una lotta per l’esistenza. Su questi due elementi agisce la selezione naturale con anche fattori ambientali, come può essere il cambiamento climatico,una carestia,…qualcosa che avviene dall’esterno e agisce sui primi due fattori. Da qui emergono le differenze del successo riproduttivo degli individui,nella fitness. Dobzhansky ha ripreso questi concetti e li ha approfonditi. Il suo lavoro può essere riassunto in due punti : 1)I cambiamenti (mutazioni) nel DNA forniscono la variabilità genetica su cui la selezione naturale agisce nel corso dell'evoluzione; 2)Le mutazioni insorgono casualmente e sono preadattative: "la mutazione propone, le selezione dispone" (Luigi Luca Cavalli Sforza). 33 Un esempio di teoria evoluzionistica è quello della Boston betularia. Si tratta di una falena che si trova in Inghilterra e siamo nel periodo precedente alla prima rivoluzione industriale. Questa falena vive solitamente sulle betulle. Queste falene hanno il tratto chiaro è più diffuso,mentre quello tratto scuro è un mutante ed è presente con una frequenza allelica inferiore. Questa differenza allelica è perché le falene chiare si mimetizzano sul tronco,mentre quelle scure sono evidenti e facilmente catturabili da predatori. La lotta per l’esistenza è rappresentata dallo scampare dai predatori. La rivoluzione,il carbone inquina l’aria e rende tutto scuro perché ricoperto di fuliggine. A questo punto la Fitness si rovescia in quanto le falene scure si mimetizzano e quelle chiare no. Aumento drastico di falene scure a discapito di quelle chiare. La variabilità genetica ereditaria è alla base del tratto chiaro-scuro, la lotta per l’esistenza è data dalla presenza di predatori, il fattore ambientale è stata la rivoluzione industriale. Certe caratteristiche possono essere vantaggiose in particolari condizioni e possono essere selezionate producendo cambiamenti nella popolazione. Prove a sostegno della teoria Reperti fossili che ci dicono com’erano le specie. Distribuzione geografica di animali e piante che ci dice come si sono spostati e come hanno dato origine a successive popolazioni e specie. Somiglianze nelle strutture di specie correlate. Evidenze molecolari. Se noi compariamo i genomi di diverse specie ,man mano che ci allontaniamo in quella scala evolutiva,diminuiscono le omologie,ma alcuni gruppi di geni vengono mantenuti. La comparazione di genomi di organismi distanti evolutivamente fornisce una chiara evidenza della selezione naturale. Le sequenze nucleotidiche essenziali, sia nelle regioni di regolazione che in quelle codificanti (esoni) sono altamente conservate. Le sequenze non essenziali( per esempio la maggior parte degli introni) risultano così diverse che spesso non è più possibile riscontrare similitudini. Questo è un approccio utile nella scoperta di sequenze con funzioni molto importanti. 34 Il meccanismo di resistenza di batteri agli antibiotici è un meccanismo di selezione naturale All’inizio c’è una popolazione batteri che non ha vantaggi ad avere questa resistenza,ma è una mutazione sorta in modo spontaneo che resta,ma la maggioranza di questi batteri non ha acquisto questa mutazione ed è sensibile agli antibiotici. Ad un certo punto con la somministrazione dell’antibiotico uccidiamo la maggior parte delle cellule batteriche. L’antibiotico è un fattore ambientale. A questo punto il batterio resistente ha un vantaggio selettivo,ha una fitness più elevata rispetto al batterio sensibile. L’eccesso di antibiotici ha portato ad un eccesso di farmaco resistenza. Nell’evoluzione clonale del cancro,il cancro si evolve seguendo dei meccanismi evolutivi secondo la teoria di Darwin C’è una o più mutazioni alla base che inducono cambiamenti di fitness (che qui comprende anche la capacità riproduttiva aumentata perché le cellule tumorali proliferano molto). Ad un certo punto da una cellula con questo vantaggio,con questa fitness maggiore ha origine un clone che può con mutazioni successive dare origine a dei sotto cloni. A questo punto il paziente si sottopone a pressioni selettive come la chemioterapia, anche in questo caso come per i batteri e la farmaco resistenza, questo clone ( che ha una mutazione diversa da quello originale) ha una fitness superiore ,per cui le altre dopo la terapia si oppongono,ma lei va avanti ,supera questa barriera selettiva e forma un altro clone. 35 CELLULE PROCARIOTICHE Differenze tra cellule procariotiche ed eucariotiche Una cellula procariotica non ha ripartizioni interne delimitate da membrane e, in particolare, è priva di un nucleo distinto,da cui deriva il nome stesso. Il genoma batterico è circolare e contiene poche sequenze non codificanti. Una cellula eucariotica presenta compartimenti delimitati da membrane chiamati organuli, il più importante dei quali è il nucleo.Il nucleo contiene il DNA. Il genoma è lineare,ha cromosomi e contiene introni e sequenze,.. Strutture comuni a tutte le cellule procariotiche Membrana cellulare: contiene la cellula, regola il traffico di sostanze, separa l'ambiente interno da quello esterno.Tutte le cellule di tutti gli organismi viventi sono delimitate da membrana cellulare; Nucleoide: regione che contiene il DNA; Citoplasma: formato da una componente liquida (citosol)in cui sono disciolti ioni; filamenti insolubili, macromolecole, particelle varie fra cui le più importanti sono i ribosomi. Non ci sono organelli; Ribosomi: complessi di RNA e proteine, sede della sintesi proteica. Altre strutture specializzate della cellula procariotica Parete cellulare rigida costituita da peptidoglicano, esterna alla membrana cellulare;Membrana esterna addizionale; Capsula esterna (glicocalice) di natura polisaccaridica; Flagelli, che permettono ai batteri di muoversi; Pili, strutture che aiutano ad aderire ad altre cellule, o fimbrie, più corte dei pili, che aiutano ad aderire alle cellule animali; Citoscheletro, sistema di filamenti proteici che mantengono la forma cellulare e svolgono un ruolo nella divisione cellulare. 36 LA PARETE CELLULARE BATTERICA È composta di peptidoglicano (peptidi=blu, zuccheri=rosso e giallo;legati insieme ed alternati). Ci sono legami che tengono uniti trasversalmente peptidi e zuccheri a formare una struttura rigida. Protegge il batterio da un ambiente ipotonico, ad esempio l’acqua. Quando una cellula vive in un ambiente ipotonico per raggiungere un equilibrio osmotico tenderebbe ad incamerare acqua all’interno fino a che la cellula scoppia. Per evitare che il batterio scoppi la parete fa in modo di contenere l’entrata d’acqua. Regola l'ingresso di sostanze. Esistono due tipi di parete cellulare batterica Può essere estremamente spessa, oppure all’esterno della membrana plasmatica c’è una parete batterica sottile e dopo un'altra membrana plasmatica. Questa differenza nella struttura comporta un'altra colorazione (colorazione di Gram) e ci permette la prima suddivisione dei batteri in due gruppi distinti (gram+ e gram-). 37 La colorazione di Gram Questa colorazione è stata introdotta da Hans Christian Gram nel 1884, si basa sulla risposta differenziale ad un colorante basico (es. violetto di Genziana). La differenza nella capacità di trattenere il colorante basico è data dalla quantità di peptidoglicano (mureina) contenuto nella parete cellulare. Nella parete più spessa e in assenza di una membrana addizionale, una maggiore quantità di una parte del peptidoglicano che è la mureina (prende il nome dallo Acido N-acetilmuramico), è un acido e lega un colorante basico in modo più intenso.Dopo una prima colorazione generale con violetto di genziana, il metodo prevede la decolorazione dei batteri con dell'alcool etilico puro.Dunque i batteri con una parete sottile e una membrana esterna , in cui il colorante si è legato poco, perdono ulteriormente colorazione. Alla fine vengono ricolorati utilizzando la safranina per essere visibili e contabili. La colorazione di Gram è utile per la diagnosi preliminare di un’infezione batterica e per guidare il clinico nella scelta dell’antibiotico in quanto i batteri Gram+ e Gram- rispondono in maniera diversa agli antibiotici. 38 Un altra implicazione che ha la parete batterica sulla medicina ha a che fare con gli antibiotici beta-lattamici. I ß-lattamici costituiscono una grande famiglia di antibiotici, comprendente numerose molecole che hanno in comune il nucleo centrale alla base della loro struttura chimica: l'anello beta-lattamico, conosciuto anche più semplicemente come beta-lattame. L'anello beta-lattamico è il farmacoforo di queste molecole, ossia, è il gruppo che conferisce le proprietà antibatteriche tipiche di questi farmaci. Il primo antibiotico utilizzato in terapia di questa classe fu la penicillina. La penicillina è una molecola prodotta dalla muffa Penicillium notatum, scoperta da Alexander Fleming nel 1929 ed isolata solo nel 1940 da Chain e Florey dell'Università di Oxford. Per questa scoperta Alexander Fleming vinse il premio Nobel nel 1945. Fleming ha scoperto che questa muffa produceva una sostanza in grado di uccidere i batteri in una piastra batterica. Nella parete batterica gli antibiotici beta-lattamici inattivano l’enzima glicopeptide transpeptidasi coinvolto nella sintesi del peptidoglicano,impedendo la formazione. Quindi impedisce la formazione della cellula batterica completa. I procarioti comprendono due regni diversi :eubatteri e archebatteri. Questi due domini differiscono in modo significativo ,ma hanno anche caratteristiche in comune come il genoma circolare,mancanza di nucleo. Gli Archei sono stati chiamati così perché si pensava fossero più antichi ,ma in realtà alcuni studi di sequenziamento degli RNA ribosomali (Carl Woese, Ralph Wolfe) dimostrano chiaramente che tutti e tre i domini hanno avuto un unico progenitore comune. Gli eucarioti condividono un antenato comune più recente con gli archei che con i batteri. Gli archei sono dunque più evoluti e sono più simili per alcuni versi agli eucarioti rispetto agli eubatteri. Il genoma dei procarioti ha una forma circolare, ha un origine della replicazione e un termine. La maggior parte dei batteri e degli archei contengono tra 10^6 e 10^7 paia di basi che codificano per 1000-6000 geni( contro i 23 mila dell’uomo). 39 Archei Sono noti per vivere negli ambienti più estremi del pianeta: dalle bocche dei vulcani, alle distese di ghiaccio, dalle saline agli ambienti a più elevata acidità o basicità. Molti altri vivono nel suolo o nelle profondità degli oceani. Non interagiscono con l’uomo. Vivono anche nel fango e nell’intestino di alcuni animali. Possono essere dunque termofili,alofili (nelle saline),metanogeni (producono metano)I termofili vivono ad alta temperatura, hanno una DNA polimerasi che resiste ad alte temperature e noi la utilizziamo in laboratorio per fare l’amplificazione genica degli acidi nucleici. Eubatteri Comprendono la maggior parte delle specie batteriche conosciute (Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Streptococcus lactis). Quasi tutti i batteri possiedono una parete cellulare contenente peptidoglicano. Plasmidi Molecole di DNA circolare relativamente piccole (meno di 10 kbp, 2-30 geni) che contengono geni sia per la loro replicazione e sia, spesso, geni per uno o più funzioni. Oltre al DNA batterico all’interno dei batteri possiamo trovare uno o più plasmidi. Nel batterio si possono trovare plasmidi che hanno geni per i seguenti fattori :Fattori F (fertilità), coinvolti nel meccanismo di coniugazione, contribuiscono alla variabilità genetica ; Fattori R (resistenza), contengono geni che conferiscono alla cellula batterica la resistenza ai farmaci; Fattori col (colicinogenici), permettono la secrezione di colicine in grado di uccidere i batteri col negativi; Fattori di virulenza, rendono il batterio patogenetico penetrando e uccidendo le cellule dell'ospite. Alcuni batteri che normalmente convivono nel nostro organismo che non sono patogenetici possono acquisire una virulenza (come Escherichia coli); Fattori metabolici, contengono geni necessari per determinate reazioni metaboliche. 40 41 INTERAZIONI DEI BATTERI CON ALTRI ORGANISMI,IN PARTICOLARE CON L’UOMO. Solo una percentuale relativamente bassa di specie batteriche con cui veniamo in contatto può essere considerata di tipo patogeno. Tra questi : Corynebacterium diphtheriae (difterite), Bacillus anthracis (antrace), Vibrio cholera (colera) , Clostridium botulinum (botulismo), Clostridium tetani (tetano), Mycobacterium tubercolosis (tubercolosi), Bordetella pertussis (pertosse), Salmonella enterica (salmonellosi), Streptococcus mutans (carie). Alcune malattie sono state debellate,ma alcune ci toccano più da vicino come le carie. La maggior parte della biomassa della Terra è costituita da microbi che producono qualunque cosa, dall'ossigeno che respiriamo ai nutrienti del terreno utilizzati per far crescere i nostri alimenti. Anche quelle specie di microbi che colonizzano il corpo umano generalmente non causano malattie. L'insieme di microrganismi presenti in un organismo viene definito microbiota. Molti di questi microrganismi hanno un effetto benefico sulla salute dell'individuo, aiutandolo nelle sue normali funzioni di sviluppo e fisiologiche. Il microbiota umano Vivere all’interno di un organismo ospite o all'esterno è una strategia di grande efficacia ed è possibile che ogni organismo vivente della Terra sia soggetto a qualche tipo di infezione. Un ospite umano è un ambiente ricco di nutrimento, caldo e umido, che rimane a una temperatura uniforme e si rinnova continuamente. Non è quindi sorprendente che molti microrganismi abbiano evoluto la capacità di