La Morte Cellulare - Patologia Generale I - 08.03.2024 PDF
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Lezione di patologia generale sull'argomento 'La Morte Cellulare'. L'appunto presenta diversi tipi di morte cellulare, descrivendone le caratteristiche e le differenze. Sono inclusi anche esempi pratici.
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Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni LA MORTE CELLULARE La prof introduce la lezione anticipando che tratterà i di...
Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni LA MORTE CELLULARE La prof introduce la lezione anticipando che tratterà i diversi tipi di morte cellulare: necrosi, apoptosi, autofagia, necroptosi e ferroptosi. Ricorda inoltre che la morte cellulare è un evento indispensabile per mantenere l’omeostasi, essendo quest’ultima un concetto dinamico. TIPOLOGIE DI MORTE CELLULARE La morte cellulare può essere: -un evento casuale; -un evento programmato (con base genetica); Esistono diversi tipi di morte cellulare: 1) NECROSI: processo di morte cellulare accidentale. L’omeostasi non può essere mantenuta per cui la cellula si rompe liberando il suo contenuto. È sempre una porzione tissutale che va in necrosi e si accompagna sempre con un filtrato infiammatorio. 2) APOPTOSI: processo di morte cellulare programmata e determinata geneticamente. È un processo silenzioso e controllato. Richiede ATP, per cui i mitocondri devono rimanere intatti per molto tempo. Ha dei geni proapoptotici e antiapoptotici che la regolano. È un programma genetico che può interessare anche una singola cellula, di cui ne prevede una riprogrammazione della struttura nucleare e citoscheletrica, fino a frammentarla completamente in corpi apoptotici, che verranno riconosciuti da recettori presenti sui fagociti. 3) NECROPTOSI: meccanismo di morte intermedio tra apoptosi e necrosi. 4) AUTOFAGIA: meccanismo che si può considerare sia di morte cellulare sia di sopravvivenza. Apoptosi e necrosi non sono due fenomeni completamente separati. La morte cellulare, solitamente, dipende dal fatto che la cellula ha un danno irreversibile e questo determina la scelta di indurre un programma di morte. Non necessariamente, ogni volta che si hanno degli stimoli dannosi, le cellule vanno incontro a morte. Esiste un programma di adattabilità allo stress, in grado di sopperire ad un cambiamento delle condizioni in cui la cellula si viene a trovare, che permette di ripristinare le condizioni omeostatiche. Si consideri una condizione di ipertermia, questa è caratterizzata da più livelli: 1. Temperatura leggermente superiore a 37 gradi (es. 39/40 gradi): la cellula si adatta. Produce delle proteine chiamate heat schock protein, chaperonine che aiutano il refolding delle proteine che si stanno denaturando. Dunque, finché la temperatura rimane in un range abbastanza controllato la cellula riesce a adattarsi. 2. Temperatura superiore a 37 gradi (es. 43 gradi): nella cellula iniziano a verificarsi alterazioni, soprattutto a livello della cromatina, che aumentano il rischio di mutazioni. Per cui la cellula preferisce attivare l’apoptosi, piuttosto che andare incontro a mutazioni. 3. Temperatura molto superiore a 37 gradi (es. 50 gradi): la membrana plasmatica si liquefà e la cellula va in necrosi. 1 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni DIFFERENZA TRA NECROSI E APOPTOSI: L’apoptosi è un processo di morte cellulare controllata e determinata geneticamente. La cellula si rimpicciolisce Nel processo di apoptosi, la cellula si frammenta in corpi apoptotici, piccoli frammenti delimitati dalla membrana cellulare, che rimane integra, che vengono inglobati ed eliminati dai fagociti. Non vi è quindi spargimento citoplasmatico nel tessuto. La cellula sparisce senza lasciare alcun danno tessutale. La morte riguarda la singola cellula. Richiede ATP Regolata da geni e proteine La necrosi è un processo patologico di morte accidentale, sempre accompagnato da un processo infiammatorio. È un disequilibrio della membrana plasmatica e da un crollo di ATP. La cellula si ingrandisce La morte colpisce un’area tessutale, riguarda più cellule. La cellula perde l'integrità delle membrane al suo interno, per cui vi è una fuoriuscita di materiale citoplasmatico e enzimatico nel tessuto, ciò causa un danno tessutale. Crolla l’ATP, aumenta lo stress ossidativo. Termini da ricordare: Nucleo picnotico= nucleo, rispetto alla cellula normale, più condensato e più piccolo Carioressi= frammentazione del nucleo Cariolisi= lisi completa del nucleo, il quale diventa invisibile nella cellula TIPI DI NECROSI Si distinguono: 1) NECROSI COAUGULATIVA: nei primi giorni, successivi a un’ischemia, la struttura tessutale è conservata, ma si ha una denaturazione di tutte le proteine. I nuclei risultano picnotici ovvero più condensati e piccoli rispetto al normale. È la tipologia dell’infarto, tranne l’ictus che non ha una necrosi coaugulativa ma una colliquativa. Quando si ha una necrosi ischemica si trovano dei marker nel plasma. In particolare, si alza il livello plasmatico di troponina I, che è un marcatore specifico dell’infarto miocardico. Nell’angina pectoris, una cardiopatia ischemica ma non infartuale, l’ischemia dura per un periodo più corto rispetto a quello che porta alla necrosi. Se il periodo supera i 15-20 minuti di ischemia, si ha l’infarto e si nota la presenza in circolo dei marcatori. 2 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni 2) NECROSI COLLIQUATIVA: associata spesso a infezioni batteriche o fungine. In questo caso la citoarchitettura viene persa, per cui si forma un liquido che, se ricco di neutrofili, viene chiamato pus (essudato purulento). 3) NECROSI GRASSA o STEATONECROSI: complicanza molto pericolosa, ad esempio di una pancreatite acuta. Si osserva soprattutto a livello pancreatico e nella cavità peritoneale. È legata all’azione delle lipasi pancreatiche che vanno a digerire gli adipociti presenti nel peritoneo, dando origine a morte massiva. 4) NECROSI CASEOSA: è tipica dell’infezione del batterio della tubercolosi. Si presenta all’interno di strutture chiamate granulomi, strutture concentriche al cui centro è presente la zona necrotica. Si tratta di infiammazioni croniche di lunga durata, di ipersensibilità di quarto tipo ritardata. 5) NECROSI GANGRENOSA: si applica soprattutto agli arti inferiori. Caratterizzata da una riduzione importante del flusso ematico, spesso arricchita da sovrainfezioni batteriche. Spesso colpisce i soggetti con diabete non compensato. È spesso chiesta l’amputazione dell’arto. 3 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni MECCANISMI DI MORTE PER APOPTOSI L’apoptosi non è solo legata a condizioni patologiche, ma si verifica anche in condizioni fisiologiche: SVILUPPO EMBRIONALE/FETALE: Alcune strutture presenti a livello embrionale o fetale regrediscono con lo sviluppo. Ad esempio, la digestione della membrana interdigitale che si ha nelle mani e nei piedi per la formazione delle dita, avviene grazie a fenomeni di apoptosi. Anche la coda, nelle prime fasi di sviluppo embrionale, viene riassorbita mediante apoptosi. Tutta la morfogenesi si basa su meccanismi di proliferazione e rimodellamento. FISIOLOGICO TURNOVER TESSUTALE SVILUPPO DELLE CELLULE DEL SISTEMA IMMUNITARIO: in diversi momenti dello sviluppo delle cellule immunitarie, sia nel caso dei linfociti T che dei linfociti B, le cellule vanno incontro ad apoptosi. ELIMINAZIONE DI CELLULE TUMORALI RISPONDERE A LIVELLI MEDI DI STRESS: l’esposizione a tossine, radiazioni e virus inducono apoptosi. PROCESSO APOPTOTICO È un processo stabile e fisso, costituito da più fasi: 1. INDUZIONE: la cellula si rimpicciolisce e la cromatina si condensa. 2. ESECUZIONE: si formano i bleb di membrana (corpi apoptotici) che andranno a staccarsi e poi verranno eliminati dai fagociti. Solo in vitro, in cui non sono presenti i fagociti, i corpi apoptotici vanno incontro a necrosi secondaria perché questi corpi apoptotici quando l’ATP crolla e l’integrità di membrana non può più essere mantenuta, vengono distrutti.1 Il riconoscimento dei corpi apoptotici da parte dei fagociti è dovuto all’esposizione di un segnale di danno che corrisponde a un cambiamento dei fosfolipidi di membrana. Normalmente è presente un fosfolipide, la fosfatidilserina, che si trova sul lato citosolico della membrana. Quando si ha apoptosi la fosfatidilserina trasloca sul lato esterno, dove viene riconosciuta da recettori specifici presenti sui fagociti, portando alla fagocitosi dei corpi apoptotici. LE CASPASI (CISTEINA-ASPARTASI) Le caspasi sono enzimi responsabili delle modificazioni legate all’apoptosi e tutte le nostre cellule posseggono geni che codificano per le caspasi. Le caspasi sono proteasi: vanno a tagliare substrati specifici a livello di residui di cisteina e acido aspartico. Sulla base della loro funzione le caspasi possono essere distinte in 3 categorie: 1. CASPASI INIZIATRICI: provocano l’innesco del processo apoptotico. Fanno parte di questo gruppo la casp8, casp9 [da ricordare]. 2. CASPASI EFFETTRICI: portano a compimento la morte per apoptosi. Fanno parte di questo gruppo la casp3, casp7 [da ricordare]. 3. CASPASI INFIAMMATORIE: non sono coinvolte nel processo apoptotico, ma svolgono funzioni diverse come quello di innescare il processo infiammatorio. 1 Quando si osservano al microscopio elettronico cellule in apoptosi si nota innanzitutto un’importante compattazione cromatinica, seguita dalla formazione di corpi apoptotici che, poco alla volta, si rompono. Un colorante che si lega al DNA (ioduro di propidio) entra nella cellula solo quando la membrana non è più intatta e comincia a colorare di rosso i corpi apoptotici. Questo avviene SOLO in vitro!! 4 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni Le caspasi esistono nelle cellule come proteine in una forma inattiva che prende il nome di pro-caspasi. Per essere attivate devono subire due tagli proteolitici, in zone chiamate linker. Le caspasi sono formate da tre domini: 1. il prodominio, 2. il dominio grande (large), 3. il dominio piccolo (small). L’attivazione della procaspasi in caspasi attiva è data dall’eliminazione del prodominio con un primo taglio proteolitico. Questo primo taglio proteolitico trasforma la procaspasi in caspasi. Successivamente subisce un secondo taglio, per poi formare per omodimerizzazione dei tetrameri (4 subunità). Le caspasi vengono attivate, appunto, per TAGLIO PROTEOLITICO. Questo può avvenire in tre modi: 1. EFFETTUATO DA UN’ALTRA CASPASI 2. ATTIVAZIONE PER PROSSIMITÁ: quando raggiungono una certa concentrazione critica avviene un’autocatalisi. 3. ASSOCIAZIONE CON PROTEINE REGOLATORIE: ad esempio l’apoptosoma, che inducono attivazione. CASPASI EFFETTRICI Il loro compito è quello di creare i corpi apoptotici. Per cui devono: 5 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni Disassemblare la membrana nucleare Permettere alla cromatina di condensarsi e frammentarsi Riorganizzare il citoscheletro Inibire i fenomeni di riparazione del DNA Bloccare eventuali inibitori del processo apoptotico Durante e solo in apoptosi si ha l’attivazione di una endonucleasi, chiamata CAD. Quest’ultima, normalmente, è mantenuta inibita da un inibitore. La caspasi va a inattivare l’inibitore, CAD si attiva e taglia il DNA in maniera controllata: tra un nucleosoma e l’altro (ogni 1,2,3,4 etc), lasciando quindi dei frammenti di 180 pb (o multipli di 180, perché ogni nucleosoma è costituito da 180 pb). L’elettroforesi su gel di agarosio di un DNA apoptotico fornisce un profilo a scaletta. Questo è caratteristico della morte apoptotica. Invece nel caso di necrosi si ottiene una “strisciata” in quanto la digestione del DNA è casuale. ATTIVAZIONE APOPTOSI: CASPASI INIZIATRICI Nell’attivazione del processo apoptotico si distinguono due vie: 1. Via intrinseca (o mitocondriale) —> pro-caspasi 9: viene attivata da: ⮚ Danno cellulare ⮚ Assenza di fattori di crescita ⮚ Stress del RE Queste informazioni vengono recepite dalla cellula e induco il mitocondrio ad aprire un poro di permeabilità da cui esce una proteina: il citocromo c. Quest’ultimo andrà a reclutare una particolare caspasi iniziatrice (casp9). Gli eventi che seguono sono gli stessi: frammentazione del nucleo, frammentazione del citoscheletro e corpi apoptotici. 2. Via estrinseca (o recettoriale) —> pro-caspasi 8: si basa su recettori di morte che appartengono alla famiglia del tumor necrosis factor. I più importanti sono: ⮚ TNFR ⮚ Fas Il complesso ligando-recettore attiva un’altra caspasi iniziatrice (casp8) che recluterà le stesse caspasi effettrici dell’altra via, portando quindi agli stessi eventi. 6 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni VIA MITOCONDRIALE Una cellula sana possiede il citocromo c all’interno del mitocondrio. Questo è garantito da proteine chiamate antiapoptotiche di cui la più importante è Bcl-2. Quando arrivano determinati segnali alla cellula vengono attivate altre proteine, dette proapoptotiche, che “aprono” Bcl-2. La capostipite di quest’ultime è la proteina Bax. Quando prevalgono le proteine proapoptotiche, il citocromo esce nel citosol e determina apoptosi. Questo equilibrio, tra proteine antiapoptotiche e proapoptotiche, nei tumori viene perso.2 Il citocromo, nel citosol, si associa ad altre proteine tra cui AIF e Apaf-1. Assieme a queste proteine, il citocromo si va a associare (attraverso un processo ATP-dipendente) alla pro-caspasi 9 formando una struttura chiamata apoptosoma. Come conseguenza la caspasi 9 viene clivata e si attiva. Quest’ultima, una volta attivata, andrà ad attivare la caspasi 3, ovvero quella effettrice. È evidente quindi che in questo processo gioca un ruolo fondamentale l’equilibrio tra proteine proapoptotiche e antiapoptotiche: se prevalgono le prime il citocromo fuoriesce dal mitocondrio (apoptosi); se invece prevalgono le proteine antiapoptotiche, il citocromo C non può uscire (sopravvivenza). STRESS DEL RETICOLO L’apoptosi è particolarmente indotta: 1. DALL’ACCUMULO DI PROTEINE UNFOLDED che non riescono ad essere smaltite dalla sintesi di chaperonine, proteine che ripiegano correttamente le proteine denaturate. In una situazione di iperproduzione di proteine denaturate, la cellula non riesce ad adattarsi per cui viene indotta la fuoriuscita di citocromo c dal mitocondrio, con conseguente attivazione del processo apoptotico (via mitocondriale). 2. VIA APOPTOTICA ESTRINSECA o RECETTORIALE 2 Esiste un linfoma, chiamato linfoma follicolare dei linfociti B, che si forma per alterazione dei linfociti B nei follicoli linfonodali. Questo linfoma, piuttosto chemoresistente, è dovuto a una traslocazione, detta 14-18, in cui Bcl2, un gene antiapoptotico, si sposta dal cromosoma 18 sul cromosoma 14, dove viene sottoposto a un controllo meno restringente poiché si avvicina ai geni che codificano per le catene pesanti degli anticorpi. Di conseguenza Bcl2 viene overespresso, per cui i linfociti non muoiono più e si forma il tumore. 7 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni In questo caso il processo apoptotico è innescato da segnali solubili di morte, quindi “recettori di morte”, presenti in tutte le cellule sulla membrana citoplasmatica. Appartengono alla famiglia dei Tumor Necrosis Factor e i più importanti sono il FAS e TNFR. [n.d.s.: la prof sottolinea più volte di tenere a mente il TFNR, lo affronterà più avanti] L’interazione del recettore di morte con il suo ligando attiva un’altra caspasi iniziatrice, ovvero la caspasi 8, mentre le effettrici sono le stesse della via mitocondriale (caspasi 3, caspasi 6 e caspasi 7) FAS Recettore che possiede una componente extracellulare, una transmembrana e una intracellulare con il dominio di morte. È presente in tutte le cellule. In condizione fisiologica si presenta come mononomero quando arriva il suo ligando FASL il monomero trimerizza, si associa a una proteina che si chiama FADD, che attiva la pro-caspasi 8. La proteina caspasi va incontro a un clivaggio autocatalitico e dà origine all’attivazione delle caspasi esecutrici Tutta questa struttura che si forma sul lato citoplasmatico del recettore prende il nome di DISC (Death Inducing Signaling Complex). Anche i nostri linfociti citotossici uccidono cellule infettate da un virus tramite questo meccanismo, dopo averle riconosciute, per questo si può affermare che l’apoptosi per via estrinseca è un meccanismo effettore del sistema immunitario. [n.d.s.: la prof. accenna all’esistenza di proteine inibitrici fra cui FLIP, ma afferma che sono troppo specifiche] TNFR È un recettore di morte ambiguo, che troviamo anche in altre forme di apoptosi, come la necroptosi. “Ambiguo” perché a seconda del contesto in cui ci troviamo e del pattern con cui si lega può indurre: morte eventi proliferativi INTEGRAZIONE FRA LA VIA APOPTOTICA ESTRINSECA E INTRINSECA La via estrinseca attiva la caspasi 8, che può: 1. andare a produrre apoptosi tramite il clivaggio della caspasi 3 2. clivare una proteina che si chiama BID, che è in grado di far fuoriuscire il citocromo C 🡪 apoptosoma 🡪 casp 9 🡪 casp 3 8 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni La via estrinseca dell’apoptosi, quindi, può regolare anche la via intrinseca dell’apoptosi. MORTE APOPTOTICA DOVUTA A GRANZIMI (enzimi del sistema immunitario) I granzimi sono proteine, presenti all’interno dei granuli nei linfociti. Sono molecole già attive trasferite nelle cellule bersaglio da cellule del sistema immunitario, come i linfociti T citotossici (CTL) o cellule natural killer (NK), sotto forma di granuli. Questi linfociti possono: 1. esprimere FASL e indurre morte tramite la via recettoriale 2. liberare i granuli che contengono i granzimi, i quali possono attivare le caspasi effettrici, bypassando la necessità di avere una via di iniziazione delle caspasi, perché le attivano da soli. La regolazione del processo apoptotico rappresenta un meccanismo fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi tissutale. ALTERAZIONI del processo apoptotico in difetto o in eccesso possono determinare l’insorgenza di diverse patologie. Nei tumori spesso è fortemente inibito, perché la sopravvivenza cellulare è alla base del mantenimento di una popolazione di cellule tumorali in rapida crescita. In altre condizioni questo processo è esageratamente presente e potrebbe essere legato a disordini come: − malattie neurodegenerative, caratterizzate da un’aumentata morte di cellule neuronali − malattie che hanno alla base un’immunodeficienza, con un’aumentata morte di cellule del sistema immunitario [n.d.s.: La prof mostra alcune slide affermando che esistono molte e diverse alterazioni del pathway apoptotico importanti nell’insorgenza e per il mantenimento del fenotipo tumorale, ma afferma che li approfondirà in seguito] DOMANDA D’ESAME: esempi di apoptosi del sistema immunitario L’apoptosi a questo livello è presente: durante la maturazione dei linfociti, durante l’acquisizione delle competenze, come tolleranza sia per i linfociti B che T sia a livello centrale che periferico a livello dei linfonodi per gestire l’aumento della specificità e dell’affinità degli anticorpi 9 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni durante la contrazione della risposta immunitaria, quando il sistema immunitario “deve spegnersi” per evitare un eccesso di linfociti effettori nell’azione citotossica dei linfociti CTL e delle cellule natural killer NK (Questo potrebbe essere un punto di partenza per preparare la domanda d’esame e sviscerare tutti gli aspetti dell’apoptosi all’interno del sistema immunitario) NECROPTOSI È una forma di morte cellulare intermedia, caratterizzata da aspetti ibridi sia di: apoptosi, è geneticamente programmata indotta da proteine chinasi RIPK, associate al recettore TNFR-1, uno dei recettori più importanti che inducono necroptosi, il quale: − quando lega il suo ligando, attiva le proteine RIPK, che vanno ad attivare per fosforilazione altre proteine MLKL, che possono portare alla morte per necroptosi, mentre le caspasi 8 vengono inattivate − quando lega FADD, attiva le caspasi 🡪 morte apoptotica Tuttavia è caspasi indipendente. necrosi, morfologicamente è una necrosi, perché si ha il rigonfiamento cellulare con successiva lisi, abbiamo la fuoriuscita di organelli e enzimi lisosomiali, il crollo di ATP, la produzione di ROS e rottura della membrana plasmatica. [n.d.s.: la prof. consiglia di comprare il libro di Patologia Generale “Robbins”, da cui ha preso molte immagini delle slide, perché afferma che è utile per patologia sia del secondo che del terzo anno, per integrare e arricchire il programma trattato a lezione] La necroptosi è stata studiata a livello molecolare durante: − accrescimento osseo − formazione delle cartilagini − malattie neurogenerative (es. Parkinson) − i fenomeni di infiammazione − i danni da riperfusione (ischemia) − infezioni di citomegalovirus e virus che inibiscono le caspasi 10 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni [n.d.s.: la prof fa un accenno alla PIROPTOSI, una morta infiammatoria programmata legata ad un’attivazione di caspasi infiammatorie, in particolare la caspasi 1 e l’inflammasoma, ma che studieremo più avanti perché non abbiamo affrontato abbastanza argomenti per poterne discutere] AUTOFAGIA L’autofagia è un processo cellulare di autodigestione che consiste nella degradazione per via lisosomiale di proteine e altre molecole e organelli danneggiati o superflui. Inizialmente è stata identificata come un meccanismo di sopravvivenza, una sorta di autocannibalismo: se la cellula di trova in difficoltà va a degradare proteine e organelli con i lisosomi, creandosi dei “mattoncini” o strutture dette corpi autofagici, che possono servire a una sua sopravvivenza. 1. L’autofagia c’è in tutte le cellule, detta AUTOFAGIA COSTITUTIVA O BASALE: meccanismo omeostatico, finemente regolato, molto semplice, che serve per i processi di turnover e di digestione di organelli che hanno esaurito la loro funzione e proteine non correttamente folded. Evitandone l’accumulo si previene lo stress del reticolo. L’autofagia è fondamentale, in quanto in condizioni fisiologiche serve per: Controllo della crescita cellulare Risposta a carenza di nutrimenti Anti-invecchiamento Il sistema immunitario (immunità innata e acquisita) Processi di sviluppo e differenziamento 2. L’autofagia basale può essere incrementata in AUTOFAGIA INDOTTA, che è particolarmente importante nell’adattamento (= cercare di mantenere l’omeostasi anche quando c’è uno stress intracellulare importante e uno stress extracellulare). Sulla base di quanto detto prima, quindi, l’autofagia antagonizza l’apoptosi. FASI DEL PROCESSO AUTOFAGICO Le fasi del processo autofagico, che è un processo geneticamente controllato, prevedono: 1. Evento di nucleazione, attivazione, in cui si forma una membrana a doppio strato (FAGOFORO) 2. La membrana inizia ad allungarsi e poi si chiude, includendo all’interno proteine e organuli citosolici 3. L’autofagosoma che si è formato va incontro a un processo di maturazione 4. Quando questo autofagosoma è maturo, si fonde con i lisosomi, formando un autolisosoma 5. All’interno dell’autolisosoma abbiamo la digestione e il recupero di ciò che sto degradando Posso vedere l’autofagia in laboratorio? Sì, si possono vedere vacuoli autofagici grazie ad un marcatore importante che si chiama LC3. I geni che controllano il processo autofagico (e che sono stati scoperti nel lievito) sono i geni Atg. Anche nell’uomo vengono spesso chiamati così, ma non sempre, in quanto alcuni sono leggermente diversi, come il gene Beclin. 11 Patologia Generale I e Immunologia n°04 del 08.03.2024 (prof.ssa R. Alfieri) Sbobinatore: Alberto Bianchini, Chiara Borghi Controllore: Beatrice Ciatto Supercontrollore: Monica Brioni I geni dell’autofagia inducono: l’attivazione del processo la formazione dell’autofagosoma la fusione del fagosoma con il lisosoma In alcuni contesti l’autofagia non è più un meccanismo di sopravvivenza e, invece di antagonizzare l’apoptosi favorendo un recupero della sopravvivenza, coopera con questa per indurre la morte cellulare. 1. Possono cooperare una indipendentemente dall’altra per indurre morte 2. L’autofagia può attivare l’apoptosi 3. L’apoptosi può ostacolare l’autofagia come meccanismo di sopravvivenza. Quest’ultima, quando viene spenta, automaticamente potenzia la morte cellulare. Anche la deregolazione dell’autofagia può contribuire allo sviluppo di diverse patologie (la prof anticipa che verranno trattate più avanti): − Cardiomiopatie − Malattie del muscolo scheletrico − Disordini neurodegenerativi − Malattie infettive − Cancro FERROPTOSI [n.d.s.: la prof introduce la ferroptosi, dato che negli ultimi anni è diventato un argomento di interesse per la ricerca] La ferroptosi è un meccanismo di morte che dipende dall’aumento dello stress ossidativo. Avviene quando i meccanismi antiossidanti non riescono a controbilanciare la presenza di uno stress ossidativo, legato in questo caso ad un aumento di ferro nelle cellule. Non è associabile né alla necrosi, né all’apoptosi, né all’autofagia e nemmeno alla necroptosi, perché: − Non c’è condensazione della cromatina − Non c’è perdita di integrità della membrana plasmatica − Non c’è formazione di autofagosomi Per questo motivo le è stato dato un nome diverso e si è ricercato un meccanismo di induzione differente. Le cellule che vanno incontro a ferroptosi presentano solitamente queste caratteristiche morfologiche: 1. mitocondri più piccoli del normale 2. assenza di creste mitocondriali 3. densità di membrana che permette una colorazione distintiva 4. un eccesso di ROS (radicali liberi dell’ossigeno) a livello molecolare La ferroptosi è un meccanismo geneticamente controllato (per esempio dalle MAP chinasi, p53), geni che possono regolarla positivamente o negativamente. In questa immagine possiamo vedere una cellula normale e le sue varie forme di morte cellulare. 1. apoptosi, con la formazione di corpi apoptotici e il macrofago che va a fagocitare 2. autofagia, con formazione di vacuoli citosolici 3. necroptosi 4. ferroptosi, le piccole strutture visibili sono i piccoli mitocondri tipici di questa tipologia di morte programmata 12