Psicologia del Lavoro - Volume Primo PDF
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This document is a chapter on work psychology, focusing on work motivation and the role of various needs in driving individual behavior. It introduces different approaches to studying motivation, including deterministic and intentionalistic perspectives, and explores theories based on needs such as Maslow's hierarchy of needs, Alderfer's ERG theory and McClelland's need for achievement. The document explains various motivational concepts with examples and insights.
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PSICOLOGIA DEL LAVORO Capitolo 1 La motivazione lavorativa 1. Approcci allo studio della motivazione Due approcci allo studio della motivazione: Deterministico Individuo come macchina controllata da bisogni a. Teorie psicoanalitiche interni e sollecitata da st...
PSICOLOGIA DEL LAVORO Capitolo 1 La motivazione lavorativa 1. Approcci allo studio della motivazione Due approcci allo studio della motivazione: Deterministico Individuo come macchina controllata da bisogni a. Teorie psicoanalitiche interni e sollecitata da stimoli esterni; capace di b. Teorie etologiche apprendere i comportamenti funzionali al c. Teorie sociobiologiche raggiungimento di una condizione di benessere. d. Comportamentismo e la Gestalt Intenzionalistico Individuo come divinità capace di autodeterminarsi a. Cognitivismo in funzione di intenzioni e progetti; prendere b. Costruttivismo decisioni e definire strategie comportamentali. c. Interazionismo sociale Costrutti trasversali alle varie teorie: Edonismo Omeostasi Motivazione intrinseca vs estrinseca (Deci, Ryan, 1985) Propensione a massimizzare il Emozioni omeostatiche: gli Motivazione intrinseca: la piacere, la soddisfazione e gli stati individui ricercano uno stato di motivazione deriva dallo emotivi positivi ed a evitare la equilibrio interiore in cui le svolgimento dell’attività in se. sofferenza, il dolore e gli stati esigenze sono soddisfatte: ogni Motivazione estrinseca: quando emotivi negativi. spostamento da tale equilibrio l’azione di per sé non è motivante genera un comportamento che ma la si compie perché ad essa è tende a ripristinarlo. associata una ricompensa. Possono esserci differenze Emozioni antiomeostatiche: Possono esserci situazioni miste: significative individuali sia nella tendono a modificare lo stato di ad una attività di per sé stimolante valutazione delle esperienze (che equilibrio per pervenire ad un è attribuita anche una ricompensa. portano a provare piacere o nuovo stato di equilibrio più dolore), sia nella capacità di soddisfacente. transitare in una esperienza emotiva negativa al fine di conseguirne una positiva in futuro. (Es. Paura vs orgoglio) 2. La motivazione lavorativa La motivazione lavorativa è stata definita come: a. Insieme dei processi psicologici la provocano la nascita e la persistenza di azioni volontarie dirette verso un obiettivo (2004) b. Insieme degli stimoli interni alla persona che portano ad assumere un determinato comportamento o raggiungere un certo risultato (2014) c. Energia che alimenta la dinamica dei comportamenti e delle azioni individuali, e le orienta verso finalità generiche e specifiche (1999) – motivazione descritta sia come energia e direzione e avvicina le teorie psicologiche all’esperienza quotidiana. Se la motivazione può essere definita come energia e direzione delle azioni, allora nel contesto lavorativo è possibile riconoscere due ambiti di investimento motivazionale: la prestazione e l’appartenenza. 1 Duplice dimensione del lavoro: Prestazione Corrisponde al fare per l’organizzazione: Il job involvement esprime la centratura raggiungere obiettivi di produzione sulla prestazione volta ad un risultato. quantitativi e qualitativi. Appartenenza Corrisponde al stare nell’organizzazione: L’organizational commitment esprime sentirsi parte, identificarsi con l’azienda, questo attaccamento al contesto. costruire buone relazioni. Tuttavia, il concreto agire organizzativo reca in se elementi di entrambe le dimensioni, ma a fini teorici è utile poter distinguere tra profili motivazionali orientati alla prestazione o all’appartenenza. Questa riflessione ha portato a sfiorare un contenuto relativo alla goal setting theory (cap. 11 vol. 2) e al costrutto della cittadinanza organizzativa (cap. 8 vol. 1) i cui fattori tematizzano le dimensioni dello stare e del fare. 3. Le teorie legate ai bisogni Un primo approccio allo studio della motivazione lavorativa ha provato ad identificare quali bisogni si collocano alla sua origine: i bisogni insoddisfatti considerati come stati interiori che generano uno stato di disequilibrio, da cui deriva un comportamento volto a ripristinarlo. Queste teorie consentono di spiegare che mediante il lavoro (nella sua duplice dimensione di prestazione e appartenenza) si soddisfano bisogni di portata più ampia. a. Maslow e la gerarchia dei bisogni (1954) Riconduce a cinque bisogni di base l’origine dei comportamenti motivati degli individui: tali bisogni si collocano in una sequenza gerarchica – alla base vi sono i bisogni primari (fisiologici e di sicurezza) mentre nella parte alta vi sono i bisogni secondari (di affetto, di stima e di autorealizzazione). Bisogni fisiologici Bisogni di sicurezza Bisogno di Bisogno di stima Bisogno di e protezione appartenenza e autorealizzione affetto La retribuzione Un lavoro stabile e Opportunità di Comprende sia Riuscire a divenire costituisce un svolto in condizioni gratificazione l’autostima sia la ciò che si è: anche nel elemento fondante che tutelano la insita stima ricevuta da lavoro si vive tale della scelta di propria salute e nell’esperienza altri, che si esperienza nel cercare un lavoro integrità fisica, lavorativa. manifesta nell’ momento in cui si e di investire potrà consentire di apprezzamento promuove il energie in esso. soddisfare tale ricevuto per ciò benessere della bisogno. che si fa. comunità di riferimento e si concretizzano principi e valori- 2 Punti di forza: a. Tutti i bisogni umani possono trovare occasioni di soddisfazione nell’ambito dell’attività di lavoro b. I comportamenti motivati che derivano dei bisogni di ordine superiore verranno messi in atto solo se i bisogni di ordine inferiore sono soddisfatti c. Il soddisfacimento di un bisogno rende poco sensibile una persona ad ulteriori gratificazioni dello stesso tipo portandola a cercare di soddisfare bisogni di livello più elevato Punti deboli: a. Sguardo eccessivamente ottimista sulla possibilità di integrare il processo evolutivo del lavoratore con quello del contesto aziendale in cui inserito, negando l’esistenza di un conflitto di base tra l’accrescimento psicologico e le esigenze dell’organizzazione b. Modello centrato sul meccanismo di autodeterminazione dell’individuo facendo risalire le spinte motivazionali a fattori interni: viene ignorato un principio base universalmente riconosciuto Il comportamento è la determinante dell’interazione tra l’individuo e le caratteristiche dell’ambiente in cui vive c. Non è detto che le persone soddisfano i loro bisogni soltanto attraverso la propria occupazione lavorativa. Critica di Alderfer e McClelland: Il principio del dinamismo gerarchico porta a negare la possibile compresenza di più istanze motivazionali, e per questa ragione le loro proposte contemplano la presenza contemporanea di più istanze motivazionali. b. Aldefer e il modello ERG (1972) Riduce a tre i bisogni all’origine dei comportamenti motivanti, chiamati bisogni di esistenza, di relazionalità e di sviluppo. Tali bisogni, a differenza di Maslow, possono essere contemporaneamente attivi: è sufficiente un livello minimo di soddisfazione di bisogni di esistenza per provare il desiderio di sviluppo. Tale modello è stato molto apprezzato per il suo focus job-specific che ne ha consentito l’utilizzo in ambito organizzativo in riferimento all’influenza della retribuzione, e in particolare dei fringe benefit sulla motivazione lavorativa dei dipendenti. Bisogni di esistenza Bisogni di relazionalità Bisogni di sviluppo Si riferiscono al desiderio di Si riferiscono al desiderio di avere Hanno a che fare con l’autostima e mantenersi in vita relazioni interpersonali con l’autorealizzazione: rinviano al (raggruppano i desideri significative, di essere accettati desiderio di sentirsi in evoluzione fisiologici e di sicurezza) dagli altri e di appartenere ad un verso una più piena e matura gruppo (raggruppano bisogni di espressione di sé. appartenenza e affetto) Soddisfare queste esigenze implica l’esercizio di un ruolo attivo sia nei confronti dell’ambiente di riferimento che del proprio percorso di sviluppo personale. Principio frustrazione-regressione: quando i bisogni di un livello superiore non sono soddisfatti allora gli individui incrementeranno gli sforzi per soddisfare i bisogni che appartengono ad un livello inferiore; allo stesso modo il soddisfacimento dei bisogni di ordine inferiore porterà gli individui desiderare di soddisfare i bisogni di ordine superiore 3 c. McClelland e il bisogno di riuscita (1961) Personalità dell’individuo in base al tipo di bisogno dominante: Bisogno di successo Bisogno di affiliazione Bisogno di potere Il raggiungimento dell’obiettivo è Sono orientati verso la ricerca di Desiderano esercitare influenza importante per se stesso e non per buone relazioni, cooperazione e sul proprio ambiente di vita e sulle i premi che lo accompagnano. di un clima sociale positivo persone, saranno pertanto molto Parliamo di individui che all’interno dei gruppi di proattivi nel fare proposte e desiderano raggiungere appartenenza. Tali persone ipotesi di soluzione ai problemi. l’eccellenza professionali e tenderanno a lavorare soprattutto Poiché il loro obiettivo più ricercano obiettivi con coloro che si mostrano importante è esercitare influenza e qualitativamente molto alti e amichevoli: essi infatti non controllo potranno diventare lavorano con maggiore impegno traggono piacere dalla eccellenti manager se sapranno quando si aspettano di ottenere i raggiungimento di particolari impegnarsi nella ricerca di un riconoscimenti personali. Le obiettivi. In tal senso i capi con un potere istituzionale e non situazioni devono essere sfidanti forte bisogno di affiliazione personale, ovvero di perseguire il ma non impossibili altrimenti il possono trovare difficoltà a bene dell’organizzazione e non il bisogno di successo lascia il posto interpretare alcuni aspetti del loro proprio interesse. alla manifestazione motivazionale ruolo in quanto oltre un certo complementare rappresentata dal limite potrà interferire con i bisogno di evitare l’insuccesso. processi di assegnazione dei compiti, monitoraggio e feedback sulle prestazioni. L’educazione gioca un ruolo fondamentale nella dinamica motivazionale di ciascun individuo in quanto è attraverso di essa che viene a definirsi quale sarà il bisogno prevalente: la personalità dell’individuo può essere descritta in base al tipo di bisogno che risulta dominante, e dunque è possibile individuare tre tipi ideali. d. La teoria dell’autodeterminazione di Deci e Ryan (1985) Osservando la vita quotidiana delle persone si può rilevare come esse siano automotivate, ma allo stesso tempo non va negato che vi sono situazioni in cui emergono disimpegno, passività e alienazione. A partire da queste considerazioni viene approfondita tale dinamica alla base della motivazione intrinseca vs estrinseca, ed in particolare di identificare quali sono i fattori contestuali che facilitano o ostacolano la piena espressione dell’agency umana. Bisogno di competenza Bisogno di autonomia Bisogno di relazionalità Desiderio di sentirsi capaci di Desiderio di sentirsi liberi di fare Desiderio di sentirsi vicini agli poter superare le sfide che si a modo proprio altri incontrano Se un individuo nella sua esperienza ha modo di soddisfare uno o più di questi bisogni allora risulterà intrinsecamente motivato da agire (ovvero ad esprimere la propria agenticità) nella specifica situazione che si trova a vivere; mentre se ciò non è possibile la motivazione dipenderà dalla ricompensa associata allo svolgimento delle attività. a. La motivazione intrinseca a origine all’interno dell’individuo e in questa condizione egli sperimenta interesse, soddisfazione e piacere per quello che fa. i. Comportamenti a regolazione integrata - messi in atto in quanto coerenti con i propri bisogni e valori - condividono alcune caratteristiche con i comportamenti intrinsecamente motivati ma vengono messi in atto per ottenere degli scopi specifici piuttosto che il piacere che deriva dall’agire in sé. 4 ii. Comportamenti a regolazione tramite identificazione - messi in atto perché ritenuti importanti. iii. Comportamenti a regolazione tramite introiezione - messi in atto per evitare il senso di colpa o per sentirsi orgogliosi. iv. Comportamenti a regolazione esterna - messi in atto per soddisfare una richiesta oppure ottenere una ricompensa. b. La non-motivazione è lo stato in cui manca l’intenzione di agire che deriva dal non prendere in considerazione un’attività, non sentirsi in grado di svolgerla oppure non aspettarsi che conduca ad un risultato desiderato. Il continuum dell’autodeterminazione: per generare maggiore autoefficacia, persistenza, benessere e integrazione nel gruppo - e quindi per avvicinare le modalità di regolazione dell’azione verso l’autodeterminazione - consiste nel consentire di soddisfare i tre bisogni generali previsti dalla teoria sentiti eccitare eccessive pressioni. Ed è da evitare il processo opposto ovvero la trasformazione di una motivazione intrinseca in estrinseca che potrebbe avvenire a causa di una inadeguata gestione delle ricompense. e. La teoria bifattoriale di Herzberg (1959, 1966) Fattori di igiene Fattori motivazionali Soddisfano i bisogni fisiologici, di sicurezza, di affetto Soddisfano i bisogni di stima e di e di appartenenza. autorealizzazione. Se questi bisogni non vengono soddisfatti l’individuo In presenza di questi fattori l’individuo percepirà si troverà in una condizione di demotivazione e soddisfazione e motivazione lavorativa a patto però cercheranno l’opportunità di lavoro; se invece che siano presenti anche fattori di igene. vengono soddisfatti questi rappresenteranno le Solo una volta che sono garantite le condizioni di condizioni minime per poter attivare un rapporto di igiene potrà essere utile investire risorse nel lavoro ma non sono fonte di vera e propria supporto agli aspetti che rientrano nei fattori soddisfazione e motivazione lavorativa. motivazionali: ad esempio un lavoro in cui non vi siano condizioni di sicurezza fisica non sarà 5 motivante nemmeno in presenza di opportunità significative di apprendimento. Questo modello è centrato sulla creazione di condizioni di lavoro che consentano a ciascun attore organizzativo di pervenire al soddisfacimento dei bisogni superiori di stima e autorealizzazione; e all’organizzazione di indirizzare l’elemento motivazionale non tanto verso una crescita economica quanto verso una la crescita personale degli individui che lavorano al suo interno. f. McGregor e le teorie di X e Y (1960) Egli, come Maslow, riconosce che ogni forma di comportamento è sempre indirizzata al soddisfacimento dei bisogni e sostiene che le aspirazioni possono essere ordinate in modo gerarchico lungo una serie di livelli così definiti: Necessità Esigenze di Bisogni sociali Esigenze Bisogno di fisiologiche protezione egoistiche autorealizzazione Che garantiscono la Relative alla difesa Si esprimono nel Includono da un Aspirazione ad sopravvivenza dai pericoli, alla desiderio di lato la necessità di attuare le proprie dell’individuo e la salvaguardia dalla appartenere ad un autonomia e capacità conservazione della paura e alla tutela gruppo a cui si riconoscimento, e potenziali e ha specie dalle privazioni adegua il proprio dall’altro creare qualcosa comportamento e in l’esigenza di di originale cui si contribuisce al pervenire ad una raggiungimento degli posizione sociale, obiettivi comuni di essere rispettati ed apprezzati McGregor guarda all’organizzazione come ad un sistema aperto che deve adeguarsi all’individuo. Su questa base elabora una tipologia di stili direzionali (in funzione di due modi differenti di concepire il soggetto e di regolare il rapporto tra individuo e il suo lavoro): teoria x negativo e teoria y positivo. Teoria x Teoria y Negativa Positiva Considera solo i primi due tipi di bisogno e Riconosci anche l’esistenza dei bisogni di livello rappresenta il modo tradizionale di concepire l’attività più elevato, rivalutando e riscoprendo l’individuo direzionale, ovvero come Unione di energie nelle sue qualità e potenzialità individuali per il raggiungimento dei fini dell’organizzazione. a. Avversione nei confronti del lavoro d. Il lavoro e lo sforzo sono naturali quanto lo b. Deve essere costretto, controllato o svago e il riposo comandato affinché si sforzi per il e. L’individuo è in grado di auto dirigersi in conseguimento degli obiettivi funzione degli obiettivi dell’organizzazione f. L’impegno è funzione delle risorse di cui c. Tendenza ad evitare le responsabilità e ad dispone l’individuo, che un po imparare ad avere ambizioni relativamente scarse utilizzare la fantasia e la creatività. 4. Le teorie del processo motivazionale Questo approccio focalizza l’attenzione sul processo mediante il quale le istanze motivazionali si esprimono nell’azione: focus su individuazione dei fattori che intervengono nella regolazione dei comportamenti motivati, spiegando come in certe situazioni l’individuo agisce con energia e perseveranza, mentre in altre esprime un investimento minore, o rinuncia ad agire. 6 a. La teoria dell’ aspettativa di Vroom (1964) È possibile prevedere il livello di attenzione motivazionale (connesso ad una sequenza comportamentale) mediante analisi di tre variabili: Valenza (della ricompensa) Aspettative (di successo) Strumentalità (del risultato rispetto alla ricompensa) Misura di quanto intensamente si Probabilità soggettiva di essere in Stima del legame tra desidera ricevere una ricompensa. grado di eseguire l’attività o di esecuzione/raggiungimento e raggiungere l’obiettivo – l’ottenimento della ricompensa. autoefficacia “Che valore ha per me la “In che misura sarò in grado di “Quanto è probabile che una volta ricompensa che deriva dal fare fare quella cosa?” fatta quella cosa possa anche qualcosa?” ricevere la ricompensa?” Forza della motivazione = Valenza x Aspettativa x Strumentalità Le tre variabili si collocano in una relazione moltiplicativa, di conseguenza Vroom prevede che sia sufficiente che anche una sola di queste variabili sia prossima allo zero per produrre un esito drastico. A prescindere della validità empirica, essa identifica delle variabili che hanno comunque un impatto sulle decisioni individuali relative all’energia da investire nei contesti lavorativi. In questo senso la strumentalità ha a che fare con la probabilità percepita che un elevato livello di preparazione consenta di ottenere un voto elevato. b. La teoria dell’equità di Adams (basato sul concetto di giustizia) La corrispondenza tra alto impegno e alto risultato non è sufficiente a garantire un reale investimento di energia nella condotta di studio: la forza della motivazione risulterebbe in calo se lo studente avesse precedentemente andato ad osservare precedenti appelli e avesse visto che anche chi non era molto preparato andava bene. Tale teoria ha consentito di supportare la scelta di modelli di incentivazione si base meritocratica piuttosto che su base egualitaristica (secondo il quale va assegnato a tutti lo stesso incentivo indipendentemente dalle prestazioni). Valutazione equità rispetto a se stesso: Adams ritiene quindi importante sia il confronto impegno-risultato per se stessi, sia osservazione di come tale rapporto si presenta per gli altri. L’equity theory di Adams (1965) ipotizza tre processi principali riferiti a: a. Percezione di equità nelle relazioni interpersonali b. Misurazione dell’equità (in termini di allineamento vs scarto tra contributo fornito e risultato) c. Relativizzazione di tale equità per confronto con quanto accade ad altri soggetti Individuo sarà tanto più motivato quanto più alta risulterà l’equità percepita nel rapporto tra contributo fornito e risultato ottenuto. Nel caso di iniquità negativa vi sarà minore motivazione, e nel caso di iniquità positiva (risultato maggiore del contributo) vi sarà una ristrutturazione mentale del valore attribuito al risultato ottenuto. Valutazione equità rispetto agli altri: L’individuo, inoltre, valuterà in che misura altre persone a fronte del medesimo contributo ottengono anche il medesimo risultato: 7 a. Se emerge una percezione di equità allora la forza della motivazione potrà aumentare b. Se emerge inequità negativa si tenderà al disimpegno c. Se emerge inequità positiva difficilmente aumenterà il contributo offerto c. La teoria del goal-setting di Locke (1968, 1975) Locke prende in considerazione la relazione esistente tra obiettivi consapevoli, intenzioni e prestazione, giungendo a riconoscere come gli obiettivi sono le più importanti determinanti cognitive del comportamento lavorativo. Gli obiettivi influenzano il comportamento motivato in quanto: a. Dirigono l’attenzione e la concentrazione b. Mobilitano lo sforzo sul compito c. Incoraggiano la persistenza di tale sforzo d. Facilitano l’elaborazione di strategie Quindi, in presenza di obiettivi, si agisce in modo più efficace a patto che tali obiettivi siano ritenuti significativi. La mission e la vision che l’organizzazione sono in grado di definire e comunicare favoriscono la percezione di importanza degli obiettivi assegnati a ciascuno. Gli obiettivi, inoltre, per essere efficaci, devono essere: a. Chiari – facilmente comprensibili b. Specifici – circoscritti e a breve termine c. Sfidanti – se ritenuti troppo semplici, non si dedicherà ad essi alcun impegno, ma non impossibili Tale approccio ha avuto grande influenza nella definizione di politiche organizzative di Management by Objectives (MBO). d. Il modello richieste-risorse lavorative e il costrutto di engagement Benessere e prestazioni sono influenzati dal livello di equilibrio tra caratteristiche positive (risorse) e caratteristiche negative (richieste) che qualificano il lavoro svolto dagli individui. 8 Richieste lavorative Aspetti fisici, sociali o organizzativi del lavoro che richiedono Es. Conflitti e uno sforzo fisico o mentale, e che sono quindi associati ad alcuni sovraccarico di costi fisiologici e psicologici. lavoro Risorse lavorative Aspetti fisici, sociali o organizzativi del lavoro caratterizzati da Es. Possibilità di (Ruolo protettivo) uno o più dei seguenti aspetti: ricevere a. Funzionali al raggiungimento degli obiettivi lavorativi feedback e il b. Riducono le richieste lavorative e i costi fisiologici e supporto sociale psicologici associati c. Stimolano la crescita e lo sviluppo personale In sintesi, svolgono un ruolo di protezione del lavoratore attenuando l’effetto negativo delle richieste lavorative. Il modello ipotizza che richieste e risorse diano vita a due processi indipendenti: a. Processo di indebolimento della salute: eccessive richieste lavorative che portano ad un eccessivo consume di risorse energetiche che possono condurre all’esaurimento, sintomi psicosomatici e danni alla salute (componente energetica del burnout) b. Processo motivazionale: le risorse lavorative portano a impegno e motivazione da parte del lavoratore, che si lega a un incremento delle prestazioni sia in termini quantitativi che qualitativi; se mancano le risorse l’individuo però non riesce a far fronte alle richieste e a raggiungere gli obiettivi giungendo a mettere in atto comportamenti di ritiro (componente motivazionale del burnout). Modi in cui richieste e risorse interagiscono: a. Le risorse attenuano l’impatto delle richieste lavorative sulla salute, aiutandolo ad adattarsi ad essere b. Le richieste amplificano l’impatto delle risorse lavorative sulla motivazione e sull’impegno Le risorse lavorative svolgono un ruolo protettivo tanto più forte quanto sono le richieste lavorative. Work Engagement Stato mentale collegato al lavoro caratterizzato da vigore (alti livelli di energia e resilienza), dedizione (percezione di entusiasmo e stimolazione) e assorbimento (focalizzazione e coinvolgimento positivi). Esso esercita influenza positiva sulla salute e sulle prestazioni. e. Motivazione lavorativa ed esperienze di flow at work Quando vi è un livello di sfide personali elevato (richieste e risorse collocati a livelli molto alti) e un elevato livello di abilità, le persone sperimentano uno stato mentale di estremo coinvolgimento, definito flow at work. Tale condizione può essere descritta come un picco di esperienza caratterizzato da assorbimento, piacere lavorativo e motivazione intrinseca. Assorbimento Piacere lavorativo Motivazione intrinseca al lavoro Stato di profonda concentrazione Giudizio positivo sull’attività di Svolgimento di un’attività con lavoro l’intento di sperimentare piacere e soddisfazione La condizione flow è più probabile quando le persone hanno a disposizione risorse lavorative (supporto, feedback, autonomia, chiarezza del compito, controllo sul proprio lavoro); e sperimentare tale condizione può condurre ad una riduzione del malessere psico-fisico percepito, prevenire l’esaurimento e potenziare le prestazioni lavorative. Ma, se la condizione di flow permane troppo a lungo, può sopraggiungere un improvviso esaurimento delle energie. 9 f. Emozioni e motivazione lavorativa L’etimologia del termine “emozione” rimanda al movimento e all’azione, quindi ci si chiede in che musica gli stati emotivi influiscano sui processi motivazionali (nei contesti organizzativi la sfera emotiva viene continuamente sollecitata). Weiss e Cropanzano (1996) Comportamenti lavorativi guidati La loro origine sta nello stato emotivo in cui vengono agiti: quando dalle emozioni si sperimentano emozioni positive vi sarà una maggiore creatività o disponbilità alla cooperazione. Comportamenti lavorativi guidati L’emozione esercita un’influenza sui comportamenti lavorativi dal giudizio soprattutto a breve termine; anche se il comparsi di stati emotivi può avere conseguenze a medio-lungo termine, esercitando influenza sui comportamenti lavorativi guidati dal giudizio. Le emozioni positive incrementano il senso di speranza, che a sua volta favorisce il work engagement, e hanno un effetto di miglioramento delle prestazioni. g. Motivazione lavorativa e caratteristiche di personalità Esistono delle caratteristiche personali che si legano all’espressione di una motivazione lavorativa più elevata? Studi evidenziano l’influenza esercitata sulla motivazione da parte di alcune dimensioni di personalità: Locus of control Un locus of control interno risulta associato a livelli più elevati di motivazione lavorativa Self-efficacy Un’alta autoefficacia risulta associata ad una più elevata motivazione lavorativa Need for achievement Viene considerato un tratto di personalità in grado di orientare la direzione e l’intensità della motivazione lavorativa. Latham e Ernst (2006), Furnham, Forde e Ferrari (1999), Furnham, Eracleus e Chamorro-Premuzic e Parks e Guay. Secondo questi due studiosi il Modello Big Five ha assunto grande rilevanza per la ricerca psicologica in ambito lavorativo; molti studi hanno pertanto impostato il focus sulle cinque dimensioni in cui esso si articolate: Estroversione Persone con elevata estroversione attratte da attività lavorative più sfidanti, attratti da fattori motivazionali Amicalità Coscienziosità Persone con elevata coscienziosità attratte da attività lavorative che permettono di esercitare un maggior grado di autonomia, esprimono maggiore propensione ad applicarsi e a sentirsi responsabili – legame diretto con la motivazione Stabilità Persone con elevata stabilità emotiva attratte da attività in cui sono curati i fattori emotiva di igiene (Herzberg) – ruolo di protezione dalle emozioni negative e ruolo di attivazione del senso di autoefficacia. Apertura mentale 10 Si può concludere che da un lato i differenti profili di personalità hanno un potenziale motivazionale che può essere attivato dal contesto, dall’altro che la coscienziosità e la stabilità emotiva sembrano essere le dimensioni di personalità che, a prescindere dal contesti, si associano a un maggior investimento di energie nel lavoro. 5. Gli interventi in organizzazione Qualsiasi organizzazione è interessata ad alimentare e promuovere la motivazione (investimento di energie e risorse personali nell’appartenenza e nella prestazione) dei propri dipendenti. a. La progettazione del lavoro Herzberg (1959) e Oldham (1964) puntano ad evidenziare il potenziale di motivazione intrinseca presente nelle attività di lavoro e sottolineano come questo potenziale venga a volte limitato a causa di errori nella progettazione dei compiti da assegnare. Per rimediare a tali errori vengono proposte tre principali strategie di integrazione: Job enlargement Strategia di integrazione orizzontale che promuove una varietà di compiti da svolgere (con contenuti professionali differenti ma uguali caratteristiche di discrezionalità) Job enrichment Strategie di integrazione verticale che punta ad aumentare il grado di responsabilità rispetto a ciascun compito (acquisizione di spazi di discrezionalità precedentemente attribuiti ad un livello gerarchico superiore). Prima di implementare un programma di questo tipo è opportuno verificare se i lavoratori desiderano una maggiore varietà di compiti o una discrezionalità maggiore. Job rotation Strategia di integrazione a medio-lungo termine mediante assegnazione a posizioni organizzative differenti (compiti con caratteristiche di discrezionalità analoghe e competenza simili). Prima di mettere in atto politiche di questo tipo è utile verificare se le politiche di aggiornamento e formazione sono in grado di sostenere l’adeguato inserimento dei lavoratori nelle nuove posizioni. a. Contrastare i fenomeni di routinizzazione b. Facilitare la conoscenza dell’intero processo produttivo c. Facilitare lo sviluppo delle competenze e gli scambi sociali d. Facilitare la possibilità di autorealizzarsi attraverso la propria esperienza lavorativa Hackman e Oldham hanno proposto una versione più attuale degli studi precedenti che prende il nome di job characteristic model. Secondo questi autori i fattori intrinseci motivanti di una mansione sono costituiti da: Significatività Individuo deve percepire il suo lavoro come degno di valore o importante per il suo sistema di credenze Responsabilità Individuo deve essere certo di rispondere personalmente dei risultati ottenuti con i propri sforzi Conoscenza dei risultati Individuo deve essere in grado di determinare se gli esiti sono soddisfacenti oppure no La contemporanea presenza di queste tre condizioni origina una carica motivazionale interna che a sua volta genera soddisfazione e disponibilità ad impegnarsi. Ma, affinché ciò avvenga, ogni mansione deve essere progettista in modo da tenere in considerazione cinque caratteristiche: 11 Varietà delle abilità richiestePiù abilità richieste meno percezione di monotonia Identità del compito Grado di completezza delle proprie attività rispetto al processo nel suo insieme e all’obiettivo finale Significato del compito Importanza dei compiti e capacità di influenza sulle attività altrui Autonomia dell’esecuzione Possibilità di effettuare scelte e risolvere problemi Feedback ricevuti in relazione Informazioni di ritorno relative all’efficacia e alla qualità delle prestazioni ai risultati raggiunti Attraverso la valutazione di tali variabili si può determinare il livello di motivazionale potenziale: un punteggio di sintesi che riflette la probabilità che un lavoro attivi una elevata motivazione intrinseca. Per incidere sulla motivazione potenziale bisogna attuare delle politiche. b. Il Management by Objectives Quando i lavoratori vengono coinvolti nella definizione degli obiettivi e hanno un buon grado di autonomia nella scelta del corso di azione da seguire per raggiungerli, saranno più propensi a sentirsi responsabilizzati circa il conseguimento degli obiettivi stessi, e dunque ad investire energie nel lavoro. Al contrario, uno stile direttivo basato su comando e controllo può condurre ad esiti di deresponsabilizzazione e disimpegno dei lavoratori. La sfida consiste nell’ attivare un processo a cascata di progressiva ridefinizione degli obiettivi da un livello macro a un livello micro, in modo che ciascun lavoratore possa riconoscere chiaramente quali sono i traguardi che è chiamato a raggiungere. Una politica di MBO comprendere quattro passaggi: Individuazione condivisa Gli obiettivi vengono definiti attraverso un confronto al quale concorrono sia i capi che i collaboratori. Dona un valore di carattere partecipativo e di empowering, non presente nella teoria del goal- setting (che sostiene un’impostazione top-down) Specificazione in termini Gli obiettivi assegnati ai diversi attori organizzativi consistono in una misurabili sintetica illustrazione del risultato atteso misurabile quantitativamente. 12 Assegnazione di un traguardo Traguardi di medio termine vengono utilizzati per sostenere la fedeltà temporale degli individui all’organizzazione e diminuire il livello di turnover. Monitoraggio e feedback Il monitoraggio in itinere consente di verificare ad intervalli regolari il grado di raggiungimento degli obiettivi – è un importante feedback per gli individui, che possono modificare le modalità di lavoro confermando i punti forti o intervenendo sulle aree di miglioramento. Formula SMART: specifico, misurabile, assegnabile/raggiungibile e temporalizzato. La gestione per obiettivi si lega frequentemente a un sistema retributivo legato al raggiungimento degli obiettivi stessi. Bartol e Locke (2000) presentano tre modalità con cui si possono legare tra loro obiettivi e incentivi: a. Collegare il raggiungimento dell’obiettivo ad un premio “tutto o niente” – rischio di demotivazione b. Erogare incentivo in funzione del livello di raggiungimento dell’obiettivo, premiando tutto ciò che l’individuo ha conseguito al di sopra di una soglia minima concordata. c. Definire l’obiettivo e/o l’incentivo a posteriori, valutando che cosa sono stati capaci di fare e che valore hanno saputo generare per l’azienda. Questa soluzione è utile nelle situazioni di grande incertezza o per prestazioni che non sono completamente sotto il controllo dei lavoratori. Ritroviamo soprattutto l’enfasi sulla necessità di allineare gli obiettivi individuali con quelli degli altri attori dell’organizzazione di cui ciascuno è parte, e ciò rappresenta la principale differenza con la teoria del goal- setting (che evidenzia come una gestione per obiettivi favorisca la motivazione degli individui): in questo senso la motivazione circoscritta ad un solo individuo risulta insufficiente nel conseguire una maggiore efficacia organizzativa. c. La giustizia organizzativa La teoria dell’equità di Adams ha offerto un primo spunto per approfondire le componenti della giustizia organizzativa percepita dai dipendenti. Quattro principali aspetti che partecipano alla creazione di un senso di giustizia: Giustizia distributiva Equità con cui le ricompense vengono assegnate Giustizia procedurale Processo mediante il quale tali ricompense vengono assegnate – ha il maggior potere predittivo ed è influenzata positivamente dalla possibilità di partecipare al processo di valutazione Giustizia interpersonali Qualità della relazione tra coloro che hanno funzioni di controllo e coloro che vengono controllati Giustizia informazionali Adeguatezza delle spiegazioni offerte sulla modalità di valutazione e i suoi esiti in termini di tempestività, specificità e veridicità d. Il work-life balance Conciliazione tra lavoro e famiglia: gli investimenti in iniziative volte a favorire la conciliazione sono di primaria importanza per sostenere e promuovere la motivazione. Si possono distinguere soluzioni formali e informali: Soluzioni formali Ampia gamma di strumenti forniti dall’organizzazione: child-care, flessibilità d’orario ecc. Soluzioni informali Dimensione di informalità: attivazione informale di piani di lavoro flessibili e supporto fornito dai colleghi 13 e. La selezione e la valutazione del personale Le organizzazioni possono utilizzare i processi di selezione al fine di analizzare le caratteristiche del sistema motivazionale dei candidati, in termini di bisogni, aspirazioni, interessi, valori di riferimento, e verificarne la coerenza sia con le caratteristiche dell’azienda sia nella specifica posizione per cui si effettua la selezione. Strumenti: a. Colloquio: vengono verificate le scelte fatte in passato e la soddisfazione che ne è derivata, le motivazioni della candidatura, le aspettative professionali e gli interessi extraprofessionali b. Test di motivazione, interessi e valori professionali: strumenti in grado di fornire una misura della forza relativa con cui sono attive le varie in stanze motivazionali. c. Processi di assessment: rivolti al personale interno e utilizzati con finalità di gestione della carriera per un’analisi del profilo motivazionale 6. La ricerca in organizzazione La messa in atto di politiche e azioni gestionali orientate a sostenere e promuovere la motivazione, per essere efficace, deve basarsi su un sistema di raccolta e analisi di dati relativi al funzionamento dell’organizzazione e alle percezioni dei dipendenti che consenta sia di compiere le corrette scelte progettuali, sia di monitorare i risultati raggiunti. a. Individuare il livello di motivazione lavorativa (job involvement, organizational commitment, work engagement, ed organizational citizenship) b. Riconoscere il campo di forza che influenza il livello della motivazione lavorativa (job demands- resources model) c. Priorità di intervento, ovvero i cambiamenti che possono essere promossi al fine di favorire la mobilitazione di energie positive orientate alla prestazione e all’appartenenza (questionario, interviste e focus group) 14 Capitolo 2 Soddisfazione sul lavoro e affettività lavorativa 1. Introduzione Le persone hanno atteggiamenti diversi verso il loro lavoro in base agli obiettivi, alla specificità, l’intensità, la salienza e la stabilità. In questo capitolo verrà discusso l’atteggiamento verso il lavoro in riferimento alla soddisfazione lavorativa. Concetto di soddisfazione lavorativa Affonda le sue radici negli studi sugli atteggiamenti sociali (gli atteggiamenti sociali enfatizzano le componenti cognitive, affettive e comportamentali degli atteggiamenti lavorativi). Ci sono più variabili individuali che possono essere considerate come antecedenti o conseguenze di atteggiamenti verso il lavoro: la discussione sarà concentrata su l’ampiezza teorica, la forza e la generalità della relazione soddisfazione sul lavoro/comportamento lavorativo e le nuove direzioni della ricerca sugli atteggiamenti rispetto al lavoro. Vedremo le differenze e le somiglianze tra atteggiamenti sociali e diversi tipi di soddisfazione lavorativa in termini di relazioni con i comportamenti di lavoro individuali e i costrutti comportamentali generali. a. Definizione e natura della soddisfazione lavorativa Soddisfazione lavorativa È una serie di risposte psicologiche multidimensionali al proprio lavoro – tali risposte sono composte da componenti cognitive (valutative) e affettive (emozionali) - legate tra di loro come componenti degli atteggiamenti. La soddisfazione lavorativa si riferisce a valutazioni interne all’individuo della gradevolezza del proprio lavoro. Queste valutazioni possono rilevarsi all’esterno (verbalizzate) oppure all’interno (sentite). Tali risposte possono essere inoltre organizzate lungo un continuum che vanno da buono a cattivo e da positivo a negativo. Atteggiamenti sociali La definizione di soddisfazione lavorativa è consistente con la definizione degli atteggiamenti sociali offerta da Campbell (1963) e colleghi. Queste definizioni pongono l’accento sul ruolo delle valutazioni cognitive, ma includono anche l’affettività e i comportamenti quali componenti degli atteggiamenti. L’atteggiamento comprende aspetti cognitivi, affettivi e comportamentali (definizione tripartita) – il comportamento è considerato un esito degli atteggiamenti, piuttosto che una componente. La definizione tripartita degli atteggiamenti si è impoverita col tempo lasciandoci con delle concezioni degli atteggiamenti che li pongono alla stregua di valutazioni cognitive di oggetti sociali. Eagley e Chaiken definiscono l’atteggiamento come una tendenza psicologica che si esprime nel valutare una particolare entità con un certo grado di favore o sfavore – quindi nello studio della soddisfazione lavorativa, aspetti differenti del lavoro divengono oggetto delle valutazioni stesse. 15 Weiss e Cropanzano (1996) e George (1989) hanno sostenuto che l’affettività e l’umore al lavoro rappresentano componenti importanti degli atteggiamenti e anche importanti predittori dei comportamenti lavorativi – influenzando anche comportamenti non lavorativi collegati al benessere emotivo. Dimensione affettiva L’inclusione della dimensione affettiva nella definizione della dimensione lavorativa ha profonde radici teoriche, ma la misurazione ed il significato teorico di tale inclusione sono ancora poco compresi. È chiaro come i disegni di ricerca tradizionali, gli storici modelli causali e le strategie di misurazione proprie di questo ambito di ricerca possano non essere in grado di catturare la natura affettiva della soddisfazione lavorativa. b. Similarità concettuali e differenze empiriche tra atteggiamenti sociali e lavorativi Gli atteggiamenti lavorativi mostrano correlazioni maggiori degli atteggiamenti sociali con specifici comportamenti lavorativi. Eagley e Chaiken (1993) concludono che le relazioni tra atteggiamenti e comportamenti specifici è affidabile quando vengono prese in considerazione anche altre variabili. Fishbein e Ajzen (1974) hanno suggerito la necessità di distinguere tra atteggiamenti verso un oggetto, atteggiamenti verso un comportamento, e intenzioni comportamentali di portare a termine un certo atto. I primi due predicono l’ultimo, ma l’ultimo stabilisce la corrispondenza tra i primi due. Soddisfazione lavorativa e comportamenti lavorativi La ricerca sulle relazioni tra soddisfazione lavorativa e specifici comportamenti ha generato un insieme di risultati generalmente positivi. Gli atteggiamenti lavorativi sono correlati ad una larga varietà di specifici comportamenti lavorativi. Le relazioni tra soddisfazione lavorativa generale e misure aggregate di comportamenti lavorativi sono più forti e teoricamente più utili delle relazioni tra soddisfazione lavorativa generale e specifici comportamenti. Tuttavia... Previsione di un comportamento...Se si vuole prevedere la messa in atto di uno specifico comportamento, allora si può fare affidamento su una misura dell’intenzione di impegnarsi durante il periodo temporale di interesse. Ritroviamo qui la correlazione tra soddisfazione lavorativa e specifici comportamenti lavorativi (es. Presenza al lavoro, ritiro psicologico e comportamenti prosociali (ritiro dal compito); decisione di andare in pensione e il turnover (ritiro dal lavoro) – manifestazioni di una famiglia di risposte). Porre l’attenzione su famiglie di comportamento generale, piuttosto che su singole manifestazioni comportamentali, dovrebbe portare ad una comprensione più solida delle conseguenze comportamentali della soddisfazione lavorativa. Avere un lavoro non soddisfacente è ineludibile dal primo risveglio fino al ritorno a casa; il lavoro è una presenza costante e lo stress causato dall’insoddisfazione lavorativa è un compagno di viaggio; ma allo stesso tempo gli individui sono anche consapevoli della soddisfazione lavorativa che hanno verso il proprio lavoro. In questo senso... Coinvolgimento personale...Gli atteggiamenti sono inoltre altamente personali; il proprio lavoro coinvolge intimamente il sé dell’individuo. I diversi aspetti della soddisfazione lavorativa rappresentano valutazioni del proprio lavoro, delle attività che ci identificano, e dunque non sono nemmeno minimamente assimilabili a valutazioni di un concetto astratto quali sono spesso gli atteggiamenti sociali – gli individui sono definiti da quello che fanno. Questo livello di investimento personale nell’oggetto dell’atteggiamento è tipicamente assente dagli atteggiamenti sociali misurati in molte ricerche. 16 Soddisfazione lavorativa e prestazione lavorativa Dati recenti suggeriscono che la soddisfazione lavorativa correla con la prestazione lavorativa. È stato suggerito che gli aspetti della prestazione lavorativa più contestuali – piuttosto che orientati al compito – sono determinati da processi e fattori motivazionali, inclusi gli atteggiamenti lavorativi. Alcuni comportamenti al lavoro risultano dalla soddisfazione lavorativa; altri, invece, possono causare la soddisfazione lavorativa, altri ancora possono essere sia cause che prodotti. Le relazioni dinamiche tra questi costrutti e il comportamento deve essere ancora completamente chiarita. In sintesi... la presenza di robuste relazioni tra soddisfazione lavorativa e comportamenti a lavoro può riflettere l’ineludibilità dei sentimenti rispetto al lavoro, e l’importanza che il lavoro investe per molte persone; e se non è possibile evitare del tutto i sentimenti negativi ingenerati dal lavoro, allora si tende ad evitare il lavoro, mettendo in atto comportamenti di ritiro dal lavoro. Atteggiamenti positivi verso il lavoro sono verosimilmente meno connessi a comportamenti di ritiro, o tentativi di cambiare il proprio ambiente di lavoro. 2. Modelli teorici della soddisfazione lavorativa a. Il modello Cornell Tale modello ha rappresentato il fondamento teorico di una serie di studi sugli atteggiamenti relativi al lavoro e al pensionamento. Due prodotti di questa linea di ricerca sono il Job Descriptive Index (JDI) - misurazione soddisfazione lavorativa – e il Retirement Descriptive Index (RDI). Questa figura mostra le fonti di influenza sulle cornici di riferimento e come esse possono influenzare i costi dell’appartenenza al ruolo lavorativo e il valore dei risultati legati al ruolo lavorativo per i dipendenti, con gli effetti ipotizzati sulle relazioni tra job inputs, job outcomes e atteggiamenti verso il lavoro. Cornici di riferimento 17 Il modello Cornell si differenzia da altre teorie per l’influenza assegnata alle cornici di riferimento sulla valutazione degli esiti lavorativi (job outcomes) e sulle valutazioni dei job inputs. Le cornici di riferimento possono essere definite semplicemente come gli standard che le persone utilizzano per valutare i risultati ottenuti tramite il proprio lavoro: se un certo livello di risultato viene considerato soddisfacente dipende dagli strandard posseduti dall’individuo. Il concetto delle cornici di riferimento come prodotto dell’esperienza individuale è stato utilizzato per tener conto delle differenze nelle diverse componenti della soddisfazione lavorativa di individui che svolgono due lavori del tutto identici – persone che svolgono lavori obiettivamente spiacevoli con pochi risultati positivi esprimono valutazioni positive, e viceversa) - condizioni di vita migliori portano a più elevate cornici di riferimento e minore soddisfazione lavorativa – le persone che vivono in comunità più povere tendono a valutare positivamente il proprio lavoro perché le alternative potrebbero essere peggiori (la presenza di possibili alternative (agisce su input) sono simili alle cornici si riferimento (agisce su output), ma non sono assimilabili). Quindi in condizioni di crisi del mercato del lavoro, livelli di disoccupazione locale, gli individui attribuiranno minor valore ai propri input lavorativi e maggior valore agli outcomes (soddisfazione). In sintesi... Il modello Cornell evidenzia le influenze dei fattori esterni all’individuo e all’organizzazione sugli atteggiamenti lavorativi, e sul come questi fattori sono tradotti nelle valutazioni del lavoro. b. Il value percept model Locke (1976) definisce i valori come ciò che una persona desidera o considera importante. Il suo Value-Percept model sostiene che la soddisfazione lavorativa risulta dal raggiungimento di valori ritenuti importanti. Il modello esprime la soddisfazione lavorativa come segue: soddisfazione lavorativa esperita rispetto ad una caratteristica del lavoro = (ciò che voglio - ciò che ho) x importanza. Formula del modello di Locke: a. (Si) è la soddisfazione con una qualsiasi (i) tra le caratteristiche del lavoro considerate; b. (Vci) è il valore (quantità desiderata= della (i) caratteristica; c. (Pi) è la quantità della (i) caratteristica fornita dal lavoro come percepita dall’individuo; d. (Vi) è l’importanza della (i) caratteristica per lo specifico individuo. Locke ipotizza che l’esistenza di discrepanze tra ciò che è desiderato e ciò che è ricevuto è fonte di insoddisfazione solo se l’attributo è importante per l’individuo (es. La paga). In sintesi... Il value percept model esprime la soddisfazione lavorativa in riferimento ai valori dell’individuo e agli esiti percepiti del lavoro. Il modello evidenzia il ruolo delle differenze individuali nell’attribuzione di valore a ciò che offre il lavoro. c. Il job characteristic model Si basa sull’assunto che l’arricchimento di specifiche caratteristiche del lavoro sia il fattore chiave per rendere le persone soddisfatte del proprio lavoro. Tale modello, formulato da Hackman e Oldham (1976) specifica cinque caratteristiche di base che rendono il lavoro sfidante ed appagante, e che rendono i lavori più soddisfacenti e motivanti: 18 Task identity Task Skill variety Autonomy Feedback significance Grado in cui una Grado in cui il Grado in cui un Grado in cui le Grado in cui persona può proprio lavoro è lavoro permette persone hanno l’attività fornisce seguire il proprio visto come alle persone di controllo e feedback rispetto lavoro dall’inizio significativo ed svolgere compiti discrezione su a come alla fine. importante. diversi. come condurre il l’individuo sta proprio lavoro. svolgendo il lavoro. Quando si chiede alle persone di valutare l’importanza di aspetti diversi del lavoro, la natura del lavoro stessa emerge come la più importante tra le caratteristiche del lavoro – tra le caratteristiche del lavoro, la soddisfazione verso il lavoro in sé stesso è la caratteristica più fortemente correlata con la soddisfazione lavorativa generale. La formulazione originale della teoria prevedeva che le cinque caratteristiche intrinseche del lavoro fossero combinate dentro un motivating potential score (MPS): MPS= (SV + TI + TS)/3 x (A x F); tale combinazione non è stata supportata dagli studi empirici che invece hanno mostrato come le cinque dimensioni abbiano un valore predittivo maggiore attraverso la semplice somma. Costrutto del Growth Need Strenght (GNS) Rappresenta il desiderio di sviluppo personale, soprattutto in ambito lavorativo. Individui con alto GNS desiderano che il proprio lavoro li aiuti a continuare la propria crescita personale e considerano importanti le caratteristiche del lavoro. È un costrutto importante non ben definito, che può essere influenzato dalla storia personale dell’individuo, poiché la storia personale può determinare differenze nella configurazione dei bisogni individuali (il ruolo di altre differenze individuali viene minimizzato). In sintesi... Ipotizza che la soddisfazione lavorativa dipenda dalle caratteristiche stesse del lavoro e che le radici della soddisfazione risiedano all’interno dell’individuo, del lavoro e della loro relazione. d. Influenze disposizionali I primi scritti sulla soddisfazione lavorativa riconoscevano l’importanza delle influenze disposizionali sulla soddisfazione lavorativa. Il modello Cornell si basa in parte sull’idea che esistessero netturbini molto soddisfatti e dirigenti societari molto insoddisfatti e che questi livelli di soddisfazione “anomali” potessero essere spiegati in qualche modo. Solo pochi consideravano le differenze individuali come la fonte delle varie componenti della soddisfazione lavorativa; solo pochi si concentravano sulla personalità. Sembrava difficile poter stabilire una base disposizionale per la soddisfazione lavorativa senza misurare le disposizioni stabili degli individui e che la stabilità osservata nell’atteggiamento verso il proprio lavoro potesse essere spiegato facendo ricorso ad altre variabili. 19 Core self evaluations (CSE) Judge, Locke e Durham (1997) hanno preso in esame le core-self evaluations (CSE), un set di convinzioni fondamentali rispetto a sé stessi, il proprio funzionamento e il mondo. Judge, Heller e Klinger (2008) hanno inoltre trovato che di tre tassonomie (BF5, PA/NA, CSE) le core self evaluations risultavano il predittore più importante della soddisfazione lavorativa. Ma sebbene si possa essere fiduciosi nel valore predittivo, il CSE è un concetto complesso e devono ancora essere condotte ricerche mirate. 3. Confronto tra modelli teorici C’è una notevole somiglianza tra i diversi modelli appena visti. Modello integrativo Tale modello offre al modello Cornell la possibilità di aggiungere il riconoscimento che i contributi personali (input) e i risultati del ruolo lavorativo devono essere sempre contestualizzati, pertanto aggiunge la personalità. Tale modello aggiunge due elementi: la personalità e il processo di confronto. La personalità (le core self-evaluations e gli altri tratti) e i legami tra la personalità e i fattori ambientali ai contributi e ai risultati del ruolo lavorativo. Il modello include anche legami tra personalità e l’utilità e le cornici di riferimento. La personalità impatta sia sulle opportunità disponibili agli individui, sia sul come essi valutano queste opportunità. 20 Il processo di confronto è incluso come variabile a se stante. Questo riflette l’importanza (probabilmente centrale) che tale processo di confronto riveste nel Modello Cornell e nel Value- Percept model. a. Il JCM ed il value percept model di Locke enfatizzano l’influenza delle caratteristiche del lavoro, con l’influenza di ciascuna caratteristica del lavoro moderata dal valore o dal GNS dell’individuo. b. Le core self-evaluations e gli altri modelli disposizionali pongono l’accento sulle influenze dirette dalla persona e delle altre micro-variabili. c. Solo il modello cornell enfatizza l’influenza di variabili macro, o di variabili esogene, esterne al lavoro dell’individuo. d. Nessuna di queste teorie discute esplicitamente il processo di formazione degli atteggiamenti, focalizzandosi sui determinanti del livello della soddisfazione lavorativa e non sulle determinanti della sua esistenza. e. Inoltre, l’affettività è stata de-enfatizzata al punto da essere sparita dallo studio degli atteggiamenti. 4. Nuovi sviluppi teorici In questa sezione vengono discussi sviluppi teorici che cercano di espandere la tradizionale concezione degli atteggiamenti. a. Employee engagement e job satisfaction È stato recentemente proposto un altro nuovo atteggiamento lavorativo l’”employee engagement”. Nell’ambito dell’employee engagemente, Macey e Schneider (2008) hanno proposto una distinzione tra assorbimento-entusiasmo per i compiti lavorativi da una parte, e sazietà-appagamento dall’altra. Questi autori sostengono che assorbimento ed entusiasmo siano il motore della prestazione lavorativa. b. Work role affect La de-enfatizzazione della componente affettiva degli atteggiamenti sociali è andata in parallelo con lo stesso trattamento ricervato all’affetto o alle emozioni all’interno degli atteggiamenti lavorativi. Weiss e Cropanzano (1996) hanno proposto una teoria degli atteggiamenti che enfattizza l’affettività (AET), ponendola alla stessa stregua delle valutazioni cognitive e affettive, e sostenendo che esistono classi di comportamento diverse associate o all’affettività o alle cognizioni. La teoria degli eventi affettivi (AET) Tale teoria enfatizza i legami tra eventi lavorativi e affettività lavorativa, ed ipotizza legami tra gli stati affettivi al lavoro e i comportamenti spontanei concomitanti (quali ad es. il ritiro dal lavoro e i comportamenti di cittadinanza organizzativa, piuttosto che comportamenti più ragionati e messi in atto a distanza di tempo maggiore, quali il turnover o il pensionamento). Questi due insiemi di comportamento vengono considerati come comportamenti guidati dalle valutazioni cognitive. L’affettività Viene definita come le reazioni emotive degli individui ad aspetti del proprio lavoro e ad eventi che accadono mentre sono a lavoro. Questo termine si riferisce a come un individuo si sente al lavoro. Questa definizione è in contrasto con la natura cognitiva degli atteggiamenti lavorativi che rappresentano valutazioni di caratteristiche stabili del lavoro. Come ci si rappresenta il proprio lavoro al mattino, quando si arriva sul posto di lavoro, è verosimilmente abbastanza stabile e consiste con come ce lo rappresentiamo alla fine della giornata. Gli stati affettivi mattutini 21 possono essere influenzati da spostamenti verso il luogo di lavoro più lunghi del normale, sono modificati da eventi che avvengono direttamente sul posto di lavoro durate la giornata. Questi cambiamenti negli stati affettivi innescati possono essere effimeri, oppure avere un’influenza più a lungo termine su come le persone valutano il proprio lavoro. Gli stati affettivi ed i sentimenti innescati dagli eventi lavorativi, malgrado tutta la loro effimerità, hanno importanti conseguenze sui comportamenti lavorativi. L’AET si differenzia da altri approcci per: a. Le distinzioni tra struttura e caratteristiche del lavoro ed eventi lavorativi b. Enfasi sugli stati emotivi come componenti degli atteggiamenti c. Le relazioni ipotizzate tra affetto sul lavoro e comportamenti influenzati dagli stati affettivi e tra la soddisfazione lavorativa e i comportamenti influenzati dalle valutazioni cognitive del lavoro. Natura dinamica dell’affettività Le caratteristiche degli eventi lavorativi dovrebbero essere considerate come insiemi dai confini sfumati, come anche i comportamenti influenzati dallo stato affettivo e dalle valutazioni cognitive. Gli eventi lavorativi sono del tutto imprevedibili nella loro occorrenza al livello del singolo individuo. Questo problema è illustrato da Organ e Ryan (1995) che notano come nella predizione dei comportamenti di cittadinanza organizzativa (OCB) degli stati affettivi: bisognerebbe sempre riconoscere il problema del rilevare efficacemente singoli episodi di OCB e gli stati psicologici che anticipano o seguono tali episodi. Tale problema ha trovato in parte risposta nell’utilizzo dei sistemi di rilevazione istantanea degli eventi (ESM), conosciuto come “ecological momentary assessment” e l’applicazione di sofisticate tecniche di analisi multilevel che permettono di indagare separatamente ciò che accade al livello del singolo individuo da quello che accade solo a certi individui. La sfida è quella di studiare i livelli affettivi alla stregua di variabili dinamiche. Misurazioni a più livelli Valutazioni quasi in tempo reale degli stati affettivi lavorativi permettono l’analisi delle relazioni tra eventi lavorativi positivi e negativi e umore, che occorrono all’interno del singolo individuo, dopo aver controllato per il livello medio d’uore misurato all’inizio della giornata lavorativa. Approccio multilevel Un aspetto importante di questo approccio è la possibilità di indagare l’esistenza di relazioni osservate al livello del singolo individuo, per esempio tra stati affettivi e comportamento, che possono essere diverse da quelle che si osservano quando si prende in esame un campione intero di individui. A livello di analisi tra gli individui, coloro che esprimono livelli più alti di affettività positiva, tendono a mettere in atto un numero maggiore di comportamenti di cittadinanza organizzativa. A livello di analisi del singolo individuo la relazione è invece negativa; le persone riportano livelli più bassi di affettività positiva mentre sono impegnate ad aiutare qualcuno. Non bisogna aspettarsi di trovare necessariamente le stesse relazioni oppure relazioni necessariamente opposte, o di entità molto diversa, a diversi livelli di analisi. E non è possibile né si dovrebbe mai estendere una conclusione raggiunta da un qualsiasi livello d’analisi all’altro. 22 Trovare una definizione appropriata dell’affettività e delle sue relazioni all’interno del singolo individuo richiede un cambiamento nei metodi e nella direzione della ricerca. Affettività e Cognizioni La loro distinzione è imperfetta, in corrispondenza della scelta di assegnare l’affettività a livello di analisi intra-individuale e le cognizioni a livello di analisi inter-individuale. A livello neurologico potrebbero essere inseparabili: la cognizione di ordine superiore si basa su input valutativi sotto forma di emozioni; cognizioni ed emozioni sono connesse nella nostra struttura psicologica. Quando le persone pensano al proprio lavoro, esse percepiscono stati affettivi generati da ciò che pensano. Gli stati cognitivi e affettivi sono pertanto strettamente collegati, sia a livello psicologico che psicobiologico. c. Personalità, variabilità intra-individuale e core self-evaluations Versione modificata dell’Affective events theory. Il core self-evaluations – job affect multilevel (CSEJAM) model. 23 Parte intra-individuale: Parte Inter-individuale: Include gli effetti delle CSE di tratto sulle intercette (ovvero i livelli medi) delle quattro variabili intra- individuali. Queste influenze rappresentano la possibilità che le CSE possano rendere conto dei livelli medi di queste variabili. Effetti di moderazione Di maggiore interesse sono gli effetti di moderazione ipotizzati: questi effetti rendono conto, ad esempio, dell’idea che il grado in cui specifici risultati lavorativi si traducano in CSE di stato vari in funzione del loro livello di CSE di tratto (di base). d. La soddisfazione lavorativa al livello dell’unità lavorativa I ricercatori hanno cominciato a sviluppare un interesse nella soddisfazione lavorativa misurata quale variabile aggregata a livelli di analisi più alti, ad esempio quello organizzativo, quello relativo all’unità organizzativa, o del gruppo di lavoro. Il termine “unità lavorativa” fa riferimento ad uno qualsiasi di questi livelli di analisi. Unità lavorativa Bisogna pensare alla soddisfazione lavorativa come ad un costrutto aggregato che deriva dall’aggregazione dei singoli livelli di soddisfazione espressi dai singoli individui che lavorano ed appartengono all’interno dell’organizzazione. Un punteggio nella soddisfazione organizzativa a livello di unità di lavoro pari a 3 (su una scala che varia da 1 a 5) deriva da una distribuzione costante dei punteggi, in cui tutti gli individui riportano un punteggio pari a 3 (in questo caso il punteggio osservato al livello dell’unità lavorativa rifletterebbe il punteggio vero). 5. La misurazione degli atteggiamenti lavorativi 24 a. La soddisfazione lavorativa Job descriptive index (JDI) È lo strumento più ampiamente e diffusamente utilizzato per la valutazione della soddisfazione lavorativa in uso al giorno d’oggi. Misura cinque aspetti della soddisfazione lavorativa (il lavoro in sé, la paga, le opportunità di promozione e le politiche, supervisione, colleghi) chiedendo ai rispondenti di descrivere il proprio lavoro in termini di presenza o assenza di 72 caratteristiche del lavoro in sé, dei colleghi ecc. Minnesota satisfaction Job diagnostic Survey (JDS) Index of organizational questionnaire (MSDQ) reactions (IOR) Misura il grado in cui il lavoro Misura il grado in cui il lavoro Chiede ai rispondenti di viene percepito capace di è caratterizzato da alcune valutare alcune caratteristiche fornire soddisfazione ad un caratteristiche importanti (offre del lavoro e assegna loro un numero importante di bisogn di ad esempio responsabilità, punteggio su otto domensioni base del lavoratore. feedback sul proprio operato, della soddisfazione lavorativa richiede lo svolgimento di (il lavoro in se, compiti significativi) l’organizzazione, la carriera futura e la sicurezza, la paga). b. Affettività lavorativa, umore ed emozioni L’affettività lavorativa, intesa come le emozioni esperite sul posto di lavoro, presenta una differente serie di problemi concettuali e di misurazione. L’affettività e le emozioni al lavoro sono influenzate da eventi che accadono sul lavoro. Gli eventi esperiti da ciascun individuo sono verosimilmente infrequenti e difficili da predire. La natura dinamica del lavoro rende difficile l’uso di pratiche di ricerca basate su singole rilevazioni (one shot), basata sul classico utilizzo di questionari per la rilevazione degli atteggiamenti verso il lavoro; mentre una raccolta durante più giornate lavorative facilita la raccolta. Strumenti di misurazione Le valutazioni computerizzate – dove i partecipanti alla ricerca completano le stesse misure in momenti diversi durante una stessa giornata lavorativa, o durante più giornate lavorative nel corso di una intera settimana, o per più settimane – facilitano la raccolta di questo tipo di dati. I dispositivi palmari possono controllare l’orario e fornire un segnale ai partecipanti, in concomitanza del quale viene presentato l’item, mantenendolo all’interno di intervalli temporali pre-specificati. Il mood circumplex model Limiti delle dimensioni ortogonali: è difficile immaginare che un individuo possa ottenere punteggi elevati sia sulla dimensione PA che NA. Sebbene questa configurazione di punteggi sia teoricamente possibile perché NA e PA sono dimensioni indipendenti, essa sembra essere particolarmente problematica in riferimento alla misurazione dell’affettività 25 di stato, perché in questo caso l’individuo dovrebbe esprimere punteggi alti su PA e NA in uno stesso momento o, almeno, all’interno di un intervallo temporale molto breve. Capitolo 3 Le emozioni nel contesto lavorativo 1. Introduzione Lo slancio verso lo studio dell’affettività e delle emozioni nel contesto lavorativo è avvenuto nel 1996 con l’introduzione della teoria degli eventi affettivi (affective events theory – AET). In questa teoria, Weiss e Cropanzano postulano che nell’ambiente lavorativo le persone siano esposte a diversi “eventi affettivi” che inducono delle risposte affettive/emozioni, le quali determinano atteggiamenti e comportamenti. 2. Un modello multilivello per l’analisi delle emozioni in ambito organizzativo generale del costrutto Ashkanasy (2003) ha messo a punto un modello integrato, composto da cinque livelli di analisi, per l’analisi delle emozioni in ambito organizzativo; dove il filo conduttore è la neurobiologia delle emozioni. (a) Livello delle differenze intra-individuali (within-person) Il focus di questo livello di analisi è sulle variazioni temporali delle emozioni all’interno del singolo individuo: gli eventi affettivi positivi e negativi determinano risposte comportamentali immediate e lo sviluppo di atteggiamenti che possono influenzare il comportamento lavorativo a lungo termine. (b) Livello delle differenze inter-individuali (between-person) Questo livello di analisi si focalizza sulle differenze tra individui e sui loro atteggiamenti. (c) Livello delle relazioni interpersonali Questo livello di analisi comprende sia il lavoro emotivo sia i vari aspetti della comunicazione emotiva (“Inquadramento integrato del processo interpersonale” – concettualizza le emozioni come un processo con una specifica sequenza cronologica: esposizione a stimoli; elaborazione e significazione; sperimentazione stati emotivi; determinazione di atteggiamenti, comportamenti e cognizioni. (d) Livello del gruppo Il focus si sposta sui gruppi e sulla leadership, includendo il tono affettivo del gruppo e il contagio emotivo. (e) Livello dell’organizzazione Prende in esame l’organizzazione nel suo complesso ed è ispirato al concetto di clima organizzativo. a. Livello 1: variabilità emotiva intra-individuale (within-person) Il focus di questo livello di analisi è sulle variazioni temporali delle emozioni all’interno del singolo individuo: gli eventi affettivi positivi e negativi determinano risposte comportamentali immediate e lo sviluppo di atteggiamenti che possono influenzare il comportamento lavorativo a lungo termine. 26 Quindi ciò che accade nel livello 1 può essere compreso al meglio facendo ricorso alla teoria degli eventi affettivi (AET; Weiss e Cropanzano 1996). Effetti dell’affettività positiva – associata ad OCB Effetti dell’affettività negativa – associata ai CWB Secondo Isen (2002), l’affettività positiva può essere Esistono evidenze empiriche che associata a: sostengono come provare emozioni negative possa aumentare l’efficienza - a. Ad un accurato processo di elaborazione delle l’ipotesi dei “più tristi, ma più saggi”: informazioni b. A più efficienti capacità di problem solving l’affettività negativa può portare ad un c. All’apertura mentale monitoraggio più attivo degli stimoli d. Ad una maggiore persistenza nel raggiungimento di ambientali, ad una minore suscettibilità esiti desiderati alla persuasione, all’effetto delle Dunque è possibile che l’umore positivo sia in grado di distorsioni cognitive (Forgas e George, aumentare la creatività e la flessibilità cognitiva in compiti 2001). lavorativi complessi. L’infusione dell’affetto È possibile inoltre che i lavoratori siano influenzati da quello che Forgas (1995) chiama “Infusone dell’affetto”: processo in cui le emozioni influenzano i processi decisionali e impattano il giudizio delle persone, contribuendo in questo modo a determinare gli esiti di tali processi. b. Livello 2: variabilità emotiva inter-individuale (between-person) Questo livello di analisi si focalizza sulle differenze tra individui e sui loro atteggiamenti. Le differenze individuali determinano la frequenza, l’intensità e la durata delle esperienze emotive e di umore, sia positive che negative. Affettività di tratto Intelligenza emotiva Weiss e Cropanzano (1996) Mayer e Salovey (1997) hanno definito l’intelligenza emotiva come il hanno indicato come l’affettività risultato di quattro abilità: di tratto sia una caratteristica di a. Abilità di percepire le proprie emozioni e quelle degli altri personalità associata a differenze b. Abilità di assimilare le informazioni attraverso l’elaborazione stabili tra individui nella cognitiva regolazione affettiva generale. c. Abilità di comprendere la funzione delle emozioni Nel contesto organizzativo: d. Abilità di utilizzare e gestire le emozioni nei processi a. È un utile predittive decisionali della prestazione Nelle professioni con lavoro emotivo - Joseph e Newman (2010) organizzativa hanno osservato che: 27 b. L’affettività positiva di tratto predice la soddisfazione lavorativa c. L’affettività negativa di tratto è un mediatore dell’effetto degli stressor lavorativi (auto- riportati) sullo sviluppo dei sintomi dello stress d. L’affettività negativa è associata alle percezioni di giustizia c. Livello 3: emozioni a livello interpersonale Questo livello di analisi comprende sia il lavoro emotivo sia i vari aspetti della comunicazione emotiva (“Inquadramento integrato del processo interpersonale” – concettualizza le emozioni come un processo con una specifica sequenza cronologica: esposizione a stimoli; elaborazione e significazione; sperimentazione stati emotivi; determinazione di atteggiamenti, comportamenti e cognizioni. Il focus è su come le emozioni vengono mostrate e comunicate nelle interazioni diadiche. Infatti, le emozioni svolgono un ruolo chiave nei processi comunicativi. Tale interazione conduce alla messa in atto di specifici comportamenti che a loro volta possono sollecitare reazioni di altre persone e stimolare l’interazione. Le emozioni sono concettualizzate come un 28 processo con una sua specifica sequenza cronologia. Secondo Elfenbein il processo emotivo inizia quando un individuo: a. È esposto ad uno stimolo elicitante b. Lo elabora e vi attribuisce un significato c. Sperimentando così degli stati emotivi che d. Determinano atteggiamenti, comportamenti, cognizioni, così come espressioni facciali La capacità di riconoscere le espressioni non verbali è particolarmente rilevante per l’esercizio della leadership trasformazionale e per una supervisione efficace. Il lavoro emotivo (emotional labour) Arlie Hochschild (1983) ha notato come molte organizzazioni richiedano ai dipendenti di esprimere alcune emozioni verso i clienti o gli utenti nello svolgimento del loro lavoro in maniera controllata e adeguata al contesto. I lavoratori svolgono un ruolo emotivo ogni volta in cui l’esercizio del loro ruolo professionale richiede la manifestazione di alcune specifiche emozioni verso clienti o utenti. Hochschild descrive, inoltre, due tipi di lavoro emotivo: a. La recitazione di superficie (surface acting) consiste nel manifestare agli altri emozioni non effettivamente provate. La recitazione di superficie è associata all’umore negativo, all’esaurimento emotivo e alla diminuzione dei livelli di soddisfazione lavorativa. b. Nella recitazione profonda (deep acting) i lavoratori tentano di sperimentare le emozioni che sono tenuti a mostrare. La recitazione profonda non ha alcun effetto sulla soddisfazione lavorativa. Inoltre, le persone estroverse sembrano essere capaci di affrontare il lavoro emotivo con un minor rischio di conseguenze psicologiche negative. Ashforth e Humphrey (1993) hanno suggerito che le emozioni sperimentate in modo spontaneo e autentico rappresentino anch’esse un modo per aderire alle regole di espressione emotiva e dovrebbero quindi essere considerate come una terza forma di lavoro emotivo. Il lavoro emotivo può avere conseguenze particolarmente negative per chi opera nel settore dei servizi: dissonanza emotiva e sentimenti di non-autentiticità. Il percepire dissonanza emotiva espone i lavoratori a livelli più elevati di esaurimento emotivo. d. Livello 4: leadership e gruppi Il focus si sposta sui gruppi e sulla leadership, includendo il tono affettivo del gruppo e il contagio emotivo.Esistono due correnti di ricerca principali sugli effetti delle emozioni per la gestione della leadership e il funzionamento dei gruppi. a. La prima si è focalizzata sul ruolo dei leader come gestori dell’umore del gruppo b. La seconda rappresenta il punto di incontro tra intelligenza emotiva e leadership Leader come gestori dell’umore La gestione dell’umore dei membri del gruppo è una funzione essenziale della leadership. I leader con alti livelli di intelligenza emotiva sono maggiormente in grado di creare un senso di entusiasmo nei membri del loro gruppo. I leader emergenti (membri del gruppo che esercitano influenza sul gruppo): a. Comprendono meglio come reagire a diversi eventi lavorativi carichi dal punto di vista emotivo b. Influenzano gli altri membri facendo loro da modello rispetto alla risposta emotiva corretta da adottare 29 c. Condividono le loro esperienze emotive, aiutando i membri a legare tra loro I leader trasformazionali: a. Possono aiutare i loro collaboratori a superare gli effetti negativi degli eventi frustranti che incidono negativamente sull’umore. b. Possono incrementare la prestazione migliorando l’umore dei loro collaboratori c. Infondono sentimenti di ottimismo incrementano il raggiungimento degli obiettivi Il contagio emotivo è uno dei modi principali in cui i leader possono influenzare l’umore dei loro collaboratori o membri del gruppo – avviene quando le emozioni si diffondono da una persona all’altra, spesso attraverso l’imitazione reciproca delle espressioni emotive, del linguaggio del corpo e del tono della voce. I leader primari: a. Uno dei principali modi in cui la leadership emotiva funziona è attraverso la creazione del contagio emotivo b. Agiscono per stimolare una sincronizzazione motiva, detta anche risonanza, attraverso la quale sia il leader che i collaboratori si avvicinano emotivamente. c. Successivamente i leader utilizzano il loro legame emotivo con i membri del gruppo per produrre nuovi stati emotivi insieme ai loro collaboratori. d. Il contagio emotivo può anche influire sul leader, dando inizio ad una spirale motiva. e. Livello 5: l’organizzazione Prende in esame l’organizzazione nel suo complesso ed è ispirato al concetto di clima organizzativo. A questo livello l’obiettivo principale è la comprensione dei fattori che determinano e mantengono un clima emozionale positivo, ovvero volto a sostenere le emozioni positive e a diffonderle a tutti i livelli dell’organizzazione. Ma ciò che avviene al livello 5, tiene conto anche delle interazioni dei livelli sottostanti. D’altra parte, rendere conto delle dinamiche emotive diventa molto più complesso ed entrano in gioco le possibili interazioni tra livelli diversi. Dasborough e colleghi (2009= hanno descritto il contagio emotivo come un processo in grado di diffondere uno stato emotivo tra i diversi livelli organizzativi, determinando un’interazione tra ke dinamiche emotive che avvengono a livelli diversi. Inoltre, Momeni (2009) ha notato che l’intelligenza emotiva dei superiori (livello 2) aveva un impatto diretto sul clima (livello 5). Questa complessità può essere ricondotta a due aspetti: il clima emozionale e le policy organizzative riguardo alle regole di manifestazione delle emozioni. Clima emozionale De Rivera (1992) ha introdotto e definito il concetto di clima emozionale come quel fenomeno di gruppo oggettivo, che può essere chiaramente percepito – come quando si arriva ad una festa o in una città e si prova un senso di gioia o tristezza, apertura o paura. Pertanto il clima emozionale è un sottoinsieme del concetto di clima organizzativo ma: a. Il clima emozionale si focalizza sull’umore collettivo b. Rappresenta un costrutto diverso in quanto è meno stabile della cultura e non fa riferimento alle credenze, ai valori e agli assunti profondi dei membri. Regole di manifestazione delle emozioni La cultura organizzativa ha una profonda influenza sulle policy dell’organizzazione che regolano la manifestazione delle emozioni o il lavoro emotivo. Diefendorff e colleghi (2009): 30 a. hanno analizzato l’interazione tra le regole di manifestazione delle emozioni e le variabili individuali e di contesto: in caso di emozioni positive le persone tendono a manifestare il loro stato emotivo così com’era, oppure a manifestarlo in maniera meno intensa a seconda delle regole di manifestazione emotiva; in caso di emozioni negative invece le regole di manifestazione portavano le persone a non mostrare le proprie emozioni. b. Hanno evidenziato come le regole di manifestazione potessero essere diverse a seconda delle persone con cui si interagisce (livelli di controllo più elevati verso clienti e livelli di controllo più bassi verso i colleghi). Infine alcuni autori hanno posto l’attenzione sulla necessità di creare un clima/cultura emozionale positivo di benessere. Cooper e Williams (1994) hanno osservato che le organizzazioni sane attribuiscono lo stesso livello di priorità al benessere dei lavoratori e ai risultati dell’organizzazione. Le policy dell’organizzazione sono spesso le determinanti principali degli esiti emotivi individuali e di gruppo. Capitolo 4 La discriminazione a lavoro legata all’età 1. Introduzione Cambiamenti demografici hanno implicazioni sul fatto che persone di età diverse tenderanno sempre più a lavorare insieme, e di conseguenza si innalza la probabilità che avvengano discriminazioni legate all’età sul posto di lavoro. 2. Stereotipo vs discriminazione Stereotipo Discriminazione Si riferisce ad un processo di generalizzazione delle caratteristiche di uno specifico Implica la traduzione gruppo. degli stereotipi in Gli stereotipi comuni sui lavoratori più nazioni includono l’essere piu costosi, effettivi essere. Poco disposti ad apprendere, resistere alle nuove tecnologie e al comportamenti che cambiamento, nonostante i lavoratori anziani siano al contempo considerati più investono le politiche affidabili. Seìtereotipare è il processo che è alla base dei comportamenti di di assunzione, discriminazione, ma spesso non riflettono la realtà: solo lo stereotipo della minore promozione, motivazione ad apprendere aveva una base reale, e che invece sono coloro che formazione, hanno atteggiamenti più positivi dei lavoratori giovani, che esprimono una valutazioni delle prestazione lavorativa migliore in termini di comportamenti di sicurezza e prestazioni, cittadinanza organizzativa. maltrattamento a. Stereotipi espliciti sono a livello cosciente informale da parte dei b. Stereotipi impliciti sono a livello incosciente più difficili da contrastare colleghi. 3. La fasce di età, stereotipi e discriminazione nei contesti lavorativi La letteratura sulla discriminazione di età nei contesti lavorativi si è focalizzata sulla discriminazione nei confronti dei lavoratori più anziani, tuttavia, una sfida ancora aperta in questo ambito è quella di determinare chi può essere considerato un lavoratore anziano. Operazionalizzazioni di ciò che si intende per lavoratore anziano si sono focalizzate su quanto una persona è vicina all’età di pensionamento nel proprio contesto nazionale. 31 4. I meccanismi di azione (sottostanti agli stereotipi) teorici degli stereotipi e della discriminazione legati all’età a. Il modello del contenuto dello stereotipo (stereotype content model - SCM): competenza vs calore Questo modello assume che gli individui formano i propri giudizi in base a due dimensioni: competenza e calore. Modello bidimensionale “calore x competenza”: Giudizi relativi al calore Giudizi relativi alla competenza Includono caratteristiche associate con l’essere Si riferiscono ad avere ottime capacità e all’essere gentile, sincero e onesto. intelligente. Gli individui si valuterebbero l’un l’altro in base a quanto calore e quanta competenza hanno percepito, e tali giudizi sociali andrebbero a determinare i vari stereotipi circa i membri di alcuni gruppi. Insieme al modello bidimensionale, le persone possono essere categorizzate in quattro gruppi: 1. Bassa competenza – Alto calore 2. Bassa competenza – Basso calore 3. Alta competenza – Basso calore: alle persone anziane viene attribuito solitamente il punto più alto nella dimensione del calore, ma meno competenti. 4. Alta competenza – Alto calore Una delle implicazioni del SCM è che gli stereotipi possono essere legati sia a giudizi positivi che negativi da parte degli altri. A causa dell’esistenza di stereotipi, i lavoratori più anziani potrebbero dunque subire discriminazioni legate all’età anche all’interno dei normali processo legati alla gestione delle risorse umane. b. La teoria dell’identità sociale (social identity theory – SIT), la categorizzazione sociale e gli stereotipi di età lavorativa La teoria dell’identità sociale afferma che gli individui vivono in un mondo sociale all’interno del quale si costruiscono un’immagine di se sulla base delle appartenenze ai loro gruppi. La relazione di un individui con un determinato gruppo può essere classificata in: individui interno del gruppo; individuo esterno del gruppo. I lavoratori possono identificarsi in una fascia di età compresa tra quella dei lavoratori più anziani o dei lavoratori più giovani: sia i lavoratori più anziani che più giovani possono essere rispettivamente vittime degli stereotipi legati all’età. Job-age stereotype Si verifica in base alle percezioni di corrispondenza (o “fit”) tra l’età di una persona e l’età stereotipicamente associata allo svolgimento di una determinata occupazione lavorativa. c. Stereotipi impliciti vs stereotipi espliciti Sistema duale di atteggiamenti che implica una differenziazione tra atteggiamenti impliciti verso le persone e gli atteggiamenti consciamente controllati. Stereotipi espliciti (risposte dirette auto- Stereotipi impliciti (non prontamente accessibili a riportate) livello cosciente) 32 Gli atteggiamenti espliciti si riferiscono a processi Gli atteggiamenti impliciti si riferiscono a processi cognitivi che sono controllati consciamente. cognitivi che si verificano automaticamente al di fuori della consapevolezza. Misura Misura Sebbene la valutazione degli stereotipi espliciti Metodi utilizzati: legati all’età sia iniziata con indagini self-report, 1. Priming cognitivo (presentazione di uno queste misure potrebbero essere capaci di cogliere stimolo che resta fuori dalla coscienza, ovvero colo una parte del fenom