Riassunto Manuale di Linguistica Italiana PDF
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Questo documento è un riassunto di un manuale di linguistica italiana, che esplora l'evoluzione della lingua italiana a partire dall'epoca preistorica, analizzandone le caratteristiche peculiari e le differenze dalle altre lingue romanze.
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lOMoARcPSD|36924465 LINGUISTICA ITALIANA DA UN VILLAGGIO PREISTORICO A NOI 1. L’ITALIANO COME LINGUA PER ELABORAZIONE L’italiano è riconosciuto come LINGUA PER ELABORAZIONE. Ha una lunga tradizione scritta, quantificabile in almeno otto secoli di stori...
lOMoARcPSD|36924465 LINGUISTICA ITALIANA DA UN VILLAGGIO PREISTORICO A NOI 1. L’ITALIANO COME LINGUA PER ELABORAZIONE L’italiano è riconosciuto come LINGUA PER ELABORAZIONE. Ha una lunga tradizione scritta, quantificabile in almeno otto secoli di storia, se parliamo del toscano; se parliamo di altre tradizioni scrittorie (→ITALOROMANZE), superiamo di gran lunga i mille anni. L’italiano è una lingua con un RICONOSCIMENTO UFFICIALE che viene usato nelle scuole, nell’apparato pubblico statale e locale, nei mezzi di comunicazione di massa, nelle leggi, nei tribunali, etc. Si appoggia a un paese di media grandezza dai confini stabilizzati e si identifica in una serie di simboli e di icone (→BANDIERA TRICOLORE, NAZIONALE DI CALCIO, etc.). L’italiano è anche una lingua che presenta uno scarto netto sia nei confronti di quelle lingue con cui si alterna nello spazio (tedesco, francese) sia rispetto a quelle con cui non confina direttamente → nello SCARTO LINGUISTICO la vicinanza geografica ha una sua rilevanza, come viene dimostrato dai dialetti: un parlante del dialetto calabrese meridionale capirà il calabrese settentrionale, quello salentino e quello siciliano, ma capirà meno quello pugliese e troverà incomprensibile un dialetto emiliano. L’italiano presenta delle caratteristiche che lo distinguono dalle altre lingue romanze europee: 1. L’IMPORTANZA DELLE VOCALI: quasi tutte le parole italiane finiscono per vocale. 2. LA RELATIVA LIBERTÀ DI POSIZIONE DELL’ACCENTO: la grande maggioranza delle parole italiane ha l’accento sulla penultima sillaba (→ACCENTO PIANO), ma ci sono alcune parole in cui l’accento cade sull’ultima (→ACCENTO TRONCO) o sulla terzultima (→ACCENTO SDRUCCIOLO). 3. FORMARE ALTERATI PER ESPRIMERE CONCETTI DI PICCOLEZZA O GRANDEZZA: questa possibilità esprime una questione di quantità ma anche di coinvolgimento affettivo: casetta, tesoruccio (→coinvolgimento positivo) o ragazzaccio (→coinvolgimento negativo). 4. FORMARE PAROLE COMPOSTE: i composti erano possibili già in latino, ma con l’italiano vennero usati ben più di quanto non avvenisse in passato. 5. LA NON OBBLIGATORIETÀ DI ESPRIMERE IL PRONOME SOGGETTO: l’italiano può non esprimere esplicitamente il pronome soggetto, a differenza di altre lingue romanze o non romanze. In italiano si può dire tu vai oppure vai, senza soggetto espresso. 6. PREFERENZA DELL’ORDINE DETERMINATO-DETERMINANTE: in italiano, come nelle altre lingue romanze, adottiamo l’ordine PRIMA IL DETERMINATO E POI IL DETERMINANTE (→albero di mele), mentre in inglese e in altre lingue è il contrario, cioè il determinante viene prima (→red carpet). 7. CONCENTRARE L’INFORMAZIONE SEMANTICA NEL NOME ANZICHÉ NEL VERBO: in italiano i verbi sono piuttosto generali, mentre nelle lingue germaniche sono più specifici; ad esempio, nei verbi di movimento per l’italiano conta soprattutto la direzione (andare-venire, scendere-salire), mentre nelle lingue germaniche conta il modo in cui è eseguito il movimento. 8. LIBERTÀ NEL DECIDERE L’ORDINE DELLE PAROLE IN UNA FRASE: l’ordine delle parole in italiano è più libero che in altre lingue: l’ordine è SVO (=soggetto-verbo-oggetto), ma è possibile mettere dopo il soggetto (→il postino ha suonato oppure ha suonato il postino). La fisionomia dell’italiano è quella di una lingua di cultura europea con notevoli PUNTI DI FORZA: la tradizione letteraria, lo sviluppo e l’articolazione su tutti i punti (→lingua scritta, parlata, usata e compresa nella produzione ufficiale della Repubblica, per la comunicazione scientifica, per l’uso familiare, etc.). Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 L’italiano ha in comune con gran parte delle lingue neolatine il sistema vocalico, il “ SISTEMA ROMANZO COMUNE”, composto da sette vocali: A = ă+ā, E = ĭ+ē, ε = ĕ, I = ī, O = ō+ŭ, ɔ = ŏ, U = ū. La crisi della quantità delle vocali è già documentata nelle ISCRIZIONI DI POMPEI, prima del 79 DC; questa crisi diventa effettiva qualche secolo dopo, quando Sant’Agostino (354-430) si lamentava che i suoi fedeli avessero dei problemi a distinguere la quantità delle vocali. A ciò si accompagna una crisi delle CONSONANTI FINALI: la -m si scrive ma non si legge, mentre nei graffiti di Pompei, i verbi che richiederebbero la -t ne sono sprovvisti. Parallelamente, ha inizio, nel I secolo, il DECLINO DEL NEUTRO che non esiste più in italiano e nelle lingue neolatine. Il processo di completerà molto dopo, ma al tradizionale sistema con TRE GENERI DEL LATINO (→maschile, femminile e neutro) finisce per sostituirsi un sistema con solo DUE GENERI (→maschile e femminile) — i neutri migrarono verso il genere maschile. Nel II secolo si ha un altro passo per il crollo del sistema: il livellamento della DISTINZIONZIONE TRA NOMINATIVO (=soggetto) e ACCUSATIVO (=complemento oggetto), prima rigorosamente DISTINTI. Questo implica il fatto che, per capire chi compie un’azione, è necessario spostare la sua posizione all’ INIZIO DELLA FRASE — prima non era necessario perché bastava la DESINENZA, ma adesso lo è. Questo caso che viene dalla fusione di nominativo e accusativo si chiama CASO RETTO UNICO. Contemporaneamente ha inizio un’altra ristrutturazione e inizia ad entrare in crisi il FUTURO a causa di un FATTO FONETICO: la pronuncia di v e b inizia a confondersi, dato che quest’ultima fa parte della desinenza dei futuri di due coniugazioni su quattro; tale questione porta ad una CONFUSIONE tra passato e futuro. Allora il sistema linguistico, per rientrare in equilibrio, ABBANDONA IL FUTURO SEMPLICE e lo si sostituisce. Il latino esiste ancora e si capisce da un angolo all’altro dell’Impero, ma si preparano secoli in cui gli eventi sociali e politici cominciano ad INTACCARE I CAPISALDI del latino: l’unità politica, il sistema scolastico e la coscienza comune di appartenere ad un’unica entità. La situazione politica del III secolo è in profonda crisi perché si rompono gli equilibri e non viene colmato il vuoto politico: la fase di espansione dell’impero è finita e il potere si sposta su soldati o legionari che ACQUISTANO POTERE, trasformandosi da elemento di stabilità e sicurezza sui confini esterni in un fatto di ANARCHIA POLITICA e MILITARE. A questa situazione si aggiunse una CRISI ECONOMICA che porta all’impoverimento generale e alla scomparsa di intere classi sociali — anche questo, dal PUNTO DI VISTA LINGUISTICO, ha un enorme impatto perché riduce la mobilità delle persone e favorisce la frammentazione locale del latino in migliaia di pezzi da cui si origineranno i VOLGARI LOCALI e poi i DIALETTI. Più in generale, le innovazione partite già nell’epoca precedente si consolidano e si affermano tre il III e il IV secolo, come nel il CRT (=caso retto unico). Cominciano ad essere intaccati gli ultimi due pezzi delle desinenze, il GENITIVO e il DATIVO, sostituiti da sintagmi (→struttura linguistica costituita da una parola o da una combinazione di più elementi) introdotti rispettivamente da de e ad → folia de oliva, “foglia di olivo”, che si legge in un trattato veterinario del IV. Si ha anche lo sfaldamento e la ristrutturazione del SISTEMA VERBALE: il verbo AVERE comincia ad essere impiegato in modo molto flessibile, nasce il PASSATO REMOTO e il CONDIZIONALE, che prima non esisteva. Il colpo di grazie delle lingua latina viene dato dalla nascita dell’ ARTICOLO, presente in tutte le lingue Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 romanze e assente nel latino. Il processo questa volta è lunghissimo e parte dagli ARTICOLOIDI (o QUASI- ARTICOLI), vale a dire dalla presenza di ille e ipse davanti a nomi che non rappresentano più un aggettivo. La fine convenzionale del latino lo fissiamo tradizionalmente nel 630 e la lingua non è più latina e non ancora volgare, per la quale è stata avanzata la proposta di etichettarla come PROTOROMANZO. Sono ora poste le premesse per la fase che venne chiamata ETÀ DELLA SPECIAZIONE, cioè della nascita della specie, quella in cui da una sola varietà di latino ne nascono centinaia. 2.2 QUANDO È NATA LA LINGUA ITALIANA? La fine del latino come lingua viva ha destato per secoli interrogativi e discussioni, soprattutto nel corso del Medioevo. Dante credeva che la situazione tra il LATINO (→usato nella scienza, nella comunità dei dotti e nello scritto medievale medio-alto) e il VOLGARE (→posseduto dall’intera comunità) fosse proiettabile fino ai tempi dell’Antica Roma. La risposta alla domanda “quando è nata la lingua italiana?” è molto problematica per via di una questione preliminare: tutti i parlanti tra il IV-V e il IX secolo sono stati CONVINTI DI PARLARE LA STESSA LINGUA dei loro padri e delle loro madri, dei loro nonni e persino dei loro figli. Così, la VARIETÀ SCRITTA rimaneva IMMOBILE, gli uomini e le donne stavano cominciando a parlare un’altra lingua perché IL PARLATO si DISTACCAVA sempre di più dal punto di partenza. Mentre per Romolo Augustolo, quella tra scritto e parlato era solo una DIFFERENZA DI REGISTRO tra una varietà FORMALE e COLLOQUIALE, qualche secolo dopo non era più così: erano nate, senza che nessuno se ne accorgesse, delle NUOVE LINGUE. Quindi, per rispondere alla domanda iniziale, NON ESISTE NESSUNA DATA DI NASCITA di nessuna lingua: gli uomini e le donne di allora credevano di parlare come avevano sempre fatto — questo fatto deve essere visto in una prospettiva di millenni e non di secoli. Abbiamo così tre grandi fasi: 1. FASE LATINA (→dall’VIII secolo a.C.); 2. FASE DELLA FRAMMENTAZIONE E DELLA NASCITA DEI VOLGARI; 3. FASE DELLA NASCITA DELL’ITALIANO (che viene dal fiorentino, uno dei volgari). La comunicazione linguistica nei secoli successivi avvenne con un RAPPORTO DI DIGLOSSIA: la VARIETÀ BASSA conosciuta da tutti indipendentemente dal grado di istruzione e usata per le ESIGENZE COLLOQUIALI di persone che non si muovevano dalla loro comunità; la VARIETÀ ALTA che era prerogativa di una minoranza che assolveva agli interventi di tipo amministrativo, giuridico, letterario che trascendevano il rapporto colloquiale. Venne così il momento in cui la varietà parlata cominciò ad allontanarsi da quella scritta, ma questo non avvenne dappertutto con gli stessi ritmi. Il primo nucleo che prese coscienza dell’incolmabile distanza tra LINGUA PARLATA-LINGUA SCRITTA fu la FRANCIA: nell’842 si ebbe la rottura ufficiale con i GIURAMENTI DI STRASBURGO → i figli di Carlo Magno, CARLO IL CALVO e LUDOVICO IL GERMIANICO, si coalizzarono contro LOTARIO e sancirono quest’alleanza davanti alle loro truppe. Carlo giurò in ALTO-TEDESCO ANTICO, mentre Ludovico giurò in PROTOFRANCESE; i due fratelli pronunciarono il giuramento nelle loro lingue d’uso e non in latino, proprio perché testo fosse COMPRENSIBILE A TUTTI. Nello spazio italoromanzo si ha la prima traccia seria della scrittura in una lingua diversa da quella latina nel 960, con i cosiddetti PLACITI CAMPANI → quello più famoso è il PLACITO CAPUANO, un atto notarile scritto in Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 LATINO MEDIEVALE. Il notaio, nel momento in cui doveva registrare la testimonianza di un contadino del luogo, decise di non tradurla bensì di scriverla ina varietà di latino parlato a Capua (→ SAO anziché SAPIO). Esistono altre testimonianze che sono giunte fino a noi: GRAFFITO DELLA CATACOMBA DI COMMODILLA (Roma, circa IX secolo) → si suggeriva di non pregare ad alta voce. Al di sopra vediamo incisa l’iscrizione “Non dicere illa secrita a bboce” (in latino → “Non dicere illa secreta ad vocem). Tramite questa fonte comprendiamo che è ormai presente il fenomeno del BETACISMO, ovvero la trasformazione di qualcosa in b; nel nostro caso, avremo la trasformazione di b in v, e viceversa — è un fenomeno che coinvolge tutte le varietà meridionali italiane. Inoltre, proprio grazie alla presenza di questo fenomeno, comprendiamo che l’incisione è stata fatta da qualcuno che parlava una varietà meridionale. INDOVINELLO VERONESE (fine VIII-IX secolo) → si ha la caduta della -t in tutti i verbi nella terza persona singolare (→parebat, arabat, etc.). L’indovinello è scritto in una varietà latina tipica dell’area veronese e lo possiamo notare da “albo versorio”, ovvero un termine con cui si indica l’aratro (→il termine “versorio” è tutt’oggi utilizzato nel dialetto veronese). APPENDIX PROBI (fine III secolo) → L’Appendix Probi è un elenco di 227 parole che si trova alla fine di un manoscritto che contiene una grammatica. È opera di un maestro di scuole che, verso la fine del III secolo, segnala le FORME CORRETTE e quelle ERRATE che tendevano ad essere usate dai suoi allievi → molto probabilmente pronunciavano e scrivevano certe forme. SPECULUM non SPECLUM MASCULUS non MUSCLUS VETULUS non VECLUS FRIGIDA non FRICDA OCULUS non OCLUS VIRIDIS non VIRDIS In questi casi si ha una SINCOPE → cade la vocale o l’intera sillaba ATONA. La liberazione del volgare, già pienamente formato, avviene solo nel XII secolo, anche se non dappertutto. In molti luoghi diversi c’è una fioritura nella PRODUZIONE SCRITTA anche letteraria per tutto il Duecento: si leggono NARRATIVE AUTONOME o RIELALABORAZIONI DAL FRANCESE; mentre nell’Italia Meridionale il VOLGARE SICILIANO esplode nello scritto (→dalle scritture amministrative alla letteratura d’alta scuola). Qui bisogna considerare il primo problema: l’affermazione della lingua italiana (→una lingua che discende in linea diretta dal fiorentino del Trecento) è il risultato di un PROCESSO STORICO che ha una base, il SICILIANO — precede il fiorentino ma si interrompe sul nascere SENZA LASCIARE TRACCE LINGUISTICHE che lo impongano come volgare-guida agli altri, ma solo un’eredità culturale che si impianta in Toscana. In questo caso, parliamo della SCUOLA POETICA SICILIANA, che si sviluppa intorno alla corte di Federico II e che cessa di esistere a metà del Duecento (→morte di Federico II, nel 1250). Nel Basso Medioevo (tra XI-XIV secolo) si vede la moltiplicazione delle forme e dei modi per l’affermazione del volgare, ma questa fioritura va messa in relazione con fatti esterni la lingua: le condizioni economiche e politiche sono profondamente mutate e l’espansione dei commerci e della navigazione, la nascita delle banche e il nuovo ruolo delle città consente alla classe sociale mercantile e artigiane di emergere, ritagliando al volgare nuovi spazi — la comunicazione tra mercanti avveniva in VOLGARE e non in latino. All’inizio del Trecento, Firenze pone le basi per l’affermazione del suo volgare. Il sistema di istruzione è vivace e, dopo la formazione elementare in latino, ci sono due vie: la SCUOLA DI GRAMMATICA E DI LOGICA Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 che introduce alle carriere dei dotti, oppure le SCUOLE DI ABACO con INDIRIZZO PROFESSIONALE e che son volte all’apprendimento di nozioni aritmetiche, geografiche, cartografiche — la lingua che verrà insegnata in queste scuole, che trovano il loro completamento nelle botteghe artigiane, è il VOLGARE. È in questo vivace contesto sociale e culturale che si deve l’affermazione del FIORENTINO: all’inizio della sua storia non aveva niente di più o di meno degli altri volgari, nulla che avrebbe fatto presagire il fatto che sarebbe diventato la LINGUA DELLA LETTERATURA. Un secolo prima anche il SICILIANO aveva cominciato lo stesso processo, che si era poi interrotto: i letterati avevano eliminato i tratti e le caratteristiche di caratterizzazione locale e lo aveva irrobustito con molti LATINISMI e con STRUTTURE PROVENZALI, rendendolo una lingua usabile anche da poeti che non erano siciliani. Il siciliano di questi poeti aveva assunto delle forme sovraregionali che ne avevano sfumato l’IMPRONTA DIALETTALE, distanziandolo dal parlato. 3. IL SECONDO SNODO: LA CODIFICAZIONE CINQUECENTESCA Molteplici sono gli elementi che fanno del Cinquecento una fase cruciale della storia della nostra lingua: il raggiungimento della PIENA MATURITÀ DEL VOLGARE; la diffusione del LIBRO A STAMPA e la nascita di imprese editoriali di vasto successo; la fiorente pubblicazione di TRATTATI, GRAMMATICHE e VOCABOLARI; la RICERCA DI REGOLE che consentissero anche a tutti di SAPER SCRIVERE IN MODO CORRETTO; la conquista da parte dell’italiano letterario di uno status di LINGUA e CULTURA DI PRESTIGIO all’estero. Il processo di unificazione linguistica fu un PROCESSO SOVRANAZIONALE (→la penisola era frammentata in diversi stati) e, in quel periodo, i rapporti interni tra i vari stati preunitari diventa più forte: i volgari regionali vanno lentamente ad AVVICINARSI e ASSIMILARSI l’uno all’altro, sollecitati dai fitti scambi e dalle intense relazioni diplomatiche che si svolgono tra gli stati della Penisola; le testimonianze più significative di questo processo sono forse nelle lettere dei RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI dei vari principati che erano costretti a spostarsi di corte in corte, di stato in stato, e si trovavano di fronte alla necessità di adeguare il loro volgare originario ai volgari che incontravano, con il fine di renderlo utilizzabile in ogni ambiente. Possiamo dire che l’italiano è una lingua che si è diffusa principalmente per via culturale. Questo non esclude che non ci siano testimonianze del fatto che tra individui di stati regionali diversi, una comunicazione parlata non possa essere STENTATA; alcune di queste testimonianze anticipano la nascita della LINGUA DEI SEMICOLTI, ma altre occupano una posizione intermedia tra gli scriventi con una COMPRENSIONE BASSA DELLA LINGUA, e chi compone ODI e SONETTI. Si tratta dell’ITALIANO NASCOSTO e che racchiude le funzioni di questa lingua tra persone di CULTURA DIVERSA o che erano CITTADINI DI STATI PREUNITARI DIFFERENTI. La codificazione dell’italiano ha DUE SNODI fondamentali: 1. La QUESTIONE DELLA LINGUA del Cinquecento; 2. La fissazione dell’italiano nelle GRAMMATICHE e nei VOCABOLARI — importanti per la diffusione di un determinato modello linguistico. 3.1 LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL CINQUECENTO Il volgare italiano manifesta SEGNI DI VIVACITÀ e altrettanti di INSTABILITÀ, di FRAMMENTAZIONE LOCALE. Una soluzione ai punti deboli della produzione letteraria in volgare è data dalla riflessione di PIETRO BEMBO, che la avanza nella sua opera “Prose della volgar lingua” (1525) → un dialogo immaginario tra quattro personaggi che discutono della lingua volgare, in cui si offrono una serie di INDICAZIONI LINGUISTICHE e GRAMMATICALI. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 Bembo avanza un modello per l’italiano (→in parallelo con il latino: prosa=Cicerone e poesia=Virgilio): si deve guardare al “DECAMERON” di Boccaccio per la PROSA e al “CANZONIERE” di Petrarca per la POESIA. Il punto fondamentale è che la proposta di Bembo non ha nulla a che fare con il parlato, ma solo con l’adozione di MODELLI SCRITTI per ridurre la frammentazione che gli sembrava un grave difetto. Quella di Bembo è chiamata GRAMMATICA SILENZIOSA → una grammatica che non fornisce indicazioni mediante una loro codificazione, ma anche in altri modi. Non solo agli scrittori e ai poeti non toscani Bembo forniva un modello chiaro e imitabile ma, nello stesso periodo, si ebbe la DIFFUSIONE DELLA STAMPA che venne inventata nel 1455 e la cui capitale fu VENEZIA. La stampa ha un ruolo importante nelle vicende linguistiche: diffonde la LINGUA LETTERARIA, la NORMA GRAMMATICALE e a sostituisce un modello che si fonda sull’oralità con uno che si fonda sulla scrittura → prima dell’invenzione della stampa era diffusa la SCRIPTIO CONTINUA, ovvero l’abitudine di non separare le parole o di separarle meno di quanto non lo si faccia oggi (→“accasa” o “a casa”); con la stampa si introduce l’abitudine di SEPARARE LE PAROLE, facendolo con CRITERI OMOGENEI e UGUALI. 3.2 L’INVENZIONE DEL VOCABOLARIO Se il primo passaggio dello snodo del Cinquecento sono i dibattiti noti come “questione della lingua”, passato qualche decennio nella Firenze di fine secolo viene creato uno strumento di grande impatto culturale: il VOCABOLARIO → nel 1612 esce la PRIMA EDIZIONE (→ o IMPRESSIONE) del VOCABOLARIO DEGLI ACCADEMICI DELLA CRUSCA. Il Vocabolario era fondato su presupposti teorici SEMPLICI e CHIARI e, durante il suo allestimento, venivano esaminati e schedati tutti gli AUTORI TOSCANI DEL ‘200-300, a cominciare dalle TRE CORONE (→Dante, Petrarca e Boccaccio) considerati degli autori della “prima classe” per la loro autorevolezza. Sotto la spinta di VINCENZO BORGHINI venivano presi in considerazione anche moltissimi AUTORI MINORI o ANONIMI purché fossero vissuti in TOSCANA durante il ‘300. La prima edizione del Vocabolario della Crusca riflette quindi una visione di lingua che va oltre le posizioni del Bembo, e risale a un ideale di lingua fiorentina, pura e naturale. Vediamo com’è articolata una voce del Vocabolario, “affamare”, traendola dalla prima edizione: al lemma (→AFFAMARE) segue una definizione abbastanza chiara, “indur fame, e appetito di mangiare”, a cui segue la corrispondenza in latino (→famem inferre). Poi cominciano gli esempi, partendo da Dante (→esempio tratto dal Purgatorio) e poi dal PALLADIO, un anonimo trattato di agricoltura tradotto dal latino. Troviamo quindi la perfetta applicazione dei principi esposti prima: un esempio tratto da un poeta maggiore, ma anche da uno minore dello stesso secolo e che hanno in comune due punti fondamentali: sono scritti tutti nel TRECENTO e tutti in TOSCANA, preferibilmente a Firenze. Possiamo dire che la struttura del Vocabolario della Crusca è di sorprendente SISTEMICITÀ e MODERNITÀ sin dalla prima edizione e, dal punto di vista culturale, l’italiano aveva un dizionario contenente più di 40.000 lemmi → ne seguirono l’impianto il DICTIONNAIRE DE L’ACADEMIE FRANCAIS, il DICCIONARIO DE LA LENGUA CASTELLANA e il DICTIONARY OF THE ENGLISH LANGUAGE. 4. TERZO SNODO: L’ITALIANO COME LINGUA NAZIONALE L’Unità del 1861 sposta l’asse della discussione su temi completamente diversi, facendo risultare vecchio il dibattito che continuava da secoli su quale lingua usare nella comunicazione letteraria. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 Il confronto linguistico del primo Ottocento si era svolto tra CLASSICISTI e PURISTI: il capofila dei PURISTI sosteneva come modello il FIORENTINO TRECENTESCO, indipendentemente dal valore letterario delle scritture (→potevano essere sia di Petrarca come di uno scrittore anonimo), bastava che fossero delle scritture della Firenze del Trecento; i CLASSICISTI, a cui apparteneva anche il poeta VINCENZO MONTI, insistevano sulla QUALITÀ LETTERARIA e ARTISTICA dei modelli — non era importante il luogo e un determinato periodo bensì la qualità delle opere degli scrittori e dei poeti, indipendentemente da dove provenissero. 4.1 LA QUESTIONE DELLA LINGUA La reimpostazione di un dibattito che aveva riguardato solo i dotti e la letteratura avviene per merito di ALESSANDRO MANZONI, che rifiuta la letteratura come unica fonte di legittimazione e produce una riflessione i cui cardini sono: la necessità di UNA LINGUA NAZIONALE SOVRAORDINATA rispetto ai dialetti; questa potenziale lingua esiste già, ed è il FIORENTINO; il fiorentino individuato da Manzoni non è generico, ma quello PARLATO DALLE PERSONE COLTE. Il fiorentino era una lingua unitaria perché usata per OGNI ESIGENZA SOCIALE DI COMUNICAZIONE; quindi, l’USO e la SINCRONIA diventano i cardini per una proposta semplice e di immediata applicabilità. Nei primi anni dopo l’Unità, Alessandro Manzoni ebbe modo di applicare le sue idee grazie al suo prestigio intellettuale, ma anche dal fatto che alcuni dei ministri della Pubblica Istruzione erano suoi discepoli. Manzoni venne nominato nel 1868 a capo di una COMMISSIONE MINISTERIALE per la DIFFUSIONE DELLA LINGUA ITALIANA; egli individuò la SCUOLA e la PUBBLICA ISTRUZIONE come motore per la diffusione della lingua italiana — l’educazione e la formazione degli insegnanti doveva passare attraverso la Toscana. Un VOCABOLARIO NAZIONALE UNITARIO e una GRAMMATICA che raccogliessero l’uso di Firenze dovevano diventare gli strumenti per la promozione dell’italiano — non si volevano soffocare i dialetti, ma di affiancare a un registro dell’intimità familiare un NUOVO STRUMENTO DI COMUNICAZIONE. Le idee linguistiche di Manzoni furono messe in discussione da ASCOLI, il fondatore delle discipline linguistiche in Italia, il quale ne evidenziò i punti deboli. A suo avviso, il modello andava cercato nella REALTÀ TEDESCA, che veniva da una frammentatissima storia politica e aveva trovato il punto di unificazione linguistica in un FATTO CULTURALE: la traduzione della Bibbia nel Cinquecento da Lutero. L’unificazione doveva essere così cercata nella diffusione della cultura e nella riduzione del divario tra ANALFABETI e INTELLETTUALI — in quest’idea il ruolo degli intellettuali era primario. Ma Ascoli e Manzoni davano un diverso peso alla sincronia, cioè ciò che una LINGUA È, e non come si forma: il modello manzoniano non riconosce a Firenze NESSUNA SUPREMAZIA STORICA, ma riconosce il fiorentino solo perché è CONOSCIUTO FUORI DALLA TOSCANA a chi sa leggere e scrivere → viene riconosciuto come punto di partenza per la nuova lingua nazionale che avrebbe poi camminato con le proprie gambe. 4.2 FATTA L’ITALIA, BISOGNA FARE L’ITALIANO La situazione della scuola e della conoscenza della lingua nazionale da parte dei cittadini del nuovo Staro è abbastanza impressionante: si ha un tasso medio di analfabetismo che raggiungeva i TRE QUARTI DELLA POPOLAZIONE, distribuiti in modo diseguale — l’analfabetismo era molto basso in Lombardia, ma nell’ex Regno di Napoli raggiungeva i 9/10 degli adulti. La sovrapposizione tra ALFABETIZZATO e ITALOFONO non era affatto coincidente. Nella “Storia linguistica dell’Italia unita” si era calcolato che, negli anni dell’unificazione nazionale, gli italofoni erano poco più del 2,5% della popolazione. Queste cifre vennero messe in discussione dopo Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 qualche anno e venne dimostrato questi risultati devono essere COSTANTEMENTE RIVISTI; infatti, si ebbe un rialzo che si aggirava intorno al 10% della popolazione — a questi italiani che parlavano italiano con COMPETENZA ATTIVA, andavano aggiunti quelli che avevano una COMPETENZA PASSIVA (→capivano la lingua, ma non la parlavano). Emerse il fatto che, il restante 90%, aveva dei problemi con la lingua nazionale. Il compito delle classi dirigenti dell’Italia postunitaria, della Destra e della Sinistra storica, è stato gigantesco poiché portò l’ANALFABETISMO A SCENDERE a meno del 40% della popolazione — sono comunque dati che devono essere presi con le pinze poiché il Piemonte attestava l’11%, mentre la Calabria il 70%. Nonostante ciò, era stato fatto molto: le RIFORME DELLA SCUOLA avevano innalzato l’obbligo scolastico e avevano sottratto ai Comuni l’organizzazione dell’istruzione elementare → la LEGGE CASATI (1859) prevedeva l’obbligatorietà del primo biennio delle elementari; la LEGGE COPPINO (1877) estende l’obbligatorietà di un anno; la LEGGE ORLANDO (1904) la porta al dodicesimo anno di età. Indipendentemente dalle riforme scolastiche, rimane il problema di come considerare il DIALETTO che portò alla fondazione di due tendenze opposte: una fondata sull’opinione che l’acquisizione della lingua comporti il SACRIFICIO DEL DIALETTO; l’altra che tratta quest’ultimo come PUNTO DI PARTE UTILE per la conquista dell’italiano, in quanto già posseduto dagli scolari. La frequenza ai gradi di istruzione successivi alle elementari si era intensificata, ed è un fatto fondamentale → la sola istruzione elementare non riusciva a garantire un CONTATTO DURATURO CON LA LINGUA NAZIONALE poiché il reale contatto con la lingua comune e la sua definitiva acquisizione avveniva soltanto con coloro che, dopo le scuole elementari, continuavano per qualche anno gli studi. Nel giro di pochi anni, l’IDENTITÀ NAZIONALE e la LINGUA ITALIANA cominciano ad essere uno strumento di POTERE CULTURALE per le classi dirigenti: si ha una situazione per cui l’istruzione e la lingua italiana diventano un PRIVILEGIO da conquistare e un’ISPIRAZIONE per conservare e gestire il potere. L’istruzione divenne anche un oggetto di SCONTRO tra le POSIZIONI POLITICHE che ritenevano l’alfabetizzazione delle classi popolari una PERDITA DI TEMPO; mentre le POSIZIONI ILLUMINATE vedevano in essa uno strumento di PROGRESSO SOCIALE. L’andamento della società, in pochi decenni, subisce un’accelerazione che delle conseguenze linguistiche: la LEVA MILITARE, a causa della mobilità obbligatoria, porta migliaia di giovani ad entrare in contatto con COETANEI DI ALTRE REGIONI. Il codice linguistico comune è l’italiano che, per quanto stentato, è difeso e propagato dalle SCUOLE REGGIMENTALI → si occupano di combattere l’analfabetismo tra gli adulti; il TRASFERIMENTO DALLE CAMPAGNE ALLE CITTÀ prende piede verso la seconda metà del Novecento, in corrispondenza della diffusione dell’industria e del settore terziario; tra l’unità politica e la prima guerra mondiale si ha l’ EMIGRAZIONE ITALIA ALL’ESTERO (→verso le Americhe), l’EMIGRAZIONE EUROPEA (→alimentata soprattutto dal nord) e l’EMIGRAZIONE VERSO IL SETTENTRIONE (→da parte delle regioni del sud). Dal punto di vista linguistico, è evidente che si tratti di un contesto che spinge verso l’italofonia, sia per motivi di PROMOZIONE SOCIALE che per MOTIVI COMUNICATIVI. La mobilità porta anche enormi benefici in termini di CIRCOLAZIONE DELLE IDEE, oltre che della lingua italiana → si ha l’affermazione delle LOTTE PER I DIRITTI CIVILI che caratterizzano gli anni Sessanta e Settanta non solo al nord e nelle grandi città, ma anche nei centri minori e nel Sud Italia. Si ha l’invenzione del GIORNALE che, alla fine dell’Ottocento, ha uno sviluppo vigoroso → la creazione delle EDICOLE comporta alla vendita e alla diffusione del giornale (→Corriere della Sera e gazzette locali). I fattori di crescita del giornale nella società italiana sono: 1. l’ALLARGAMENTO DELL’UTENZA che consegue al progressivo allargamento del DIRITTO DI VOTO e alla NASCITA DEL GIORNALISMO POLITICO; Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 IL PARLATO RADIOTELEVISIVO NON PROGRAMMATO → Tra gli esempi di PARLATO-PARLATO (=il parlato non programmato bensì improvvisato) il più significativo è la CRONACA SPORTIVA, quella CALCISTICA. La sua importanza si colloca non tanto nella copertura di singoli eventi quanto nella SERIALITÀ SETTIMANALE. Il calcio in tv, inoltre, è una novità legata alla DIRETTA e si contraddistingue rispetto ai programmi narrativi proprio per questa caratteristica — quest’ultimi sono sempre meno legati al mezzo televisivo. Le caratteristiche della cronaca sportiva consistono nell’adozione dei TRATTI DELL’ITALIANO DELL’USO MEDIO approvati anche nello standard, un chiaro segno che non c’è sempre la necessità al ricordo di moduli linguistici e comunicativi della tv spazzatura; infatti, non si SCENDE MAI SOTTO UN CERTO LIVELLO. 6. NOI E GLI ALTRI 1. NESSUNA LINGUA È UN’ISOLA Le società umane non sono entità a sé stati, ma interagiscono tra di loro. Il mondo attuale, con la GLOBALIZZAZIONE messa in atto dalle scoperte geografiche cinquecentesche, ha reso chiara l’INTERRELAZIONE TRA LE CULTURE. Il mondo, quindi, viene percepito come più affollato e ha messo in evidenza il fatto che la DIVERSITÀ CULTURALE è una grande ricchezza, ma dall’altra parte ha evidenziato come il volere di MANTENERE SEPARATE LE CULTURE UMANE è una realtà fallimentare. Le lingue europee, per esempio, hanno costruito delle RETI LESSICALI COMUNI che hanno evitato il loro impoverimento e le hanno trasformate in STRUMENTI DI COMUNICAZIONE e di POTERE POLITICO. Questo fenomeno conosce varie tappe: 1. CRISTIANESIMO → il lessico dell’esperienza religiosa si diffonde attraverso dei PRESTITI (=prestito dal greco di epìskopos che in italiano diventa vescovo); 2. POESIA CORTESE → proveniente dalla Francia; 3. CULTURA RINASCIMENTALE → che diffonde molte creazioni linguistiche greco-latine; 4. ILLUMINISMO → in cui agisce un modello francese. Oggi il conguaglio lessicale nelle società post-industriali, che ha definitivamente sconfitto l’analfabetismo, è in atto e si accompagna all’ADOZIONE DI PRESTITI in tutte le lingue. Il PRESTITO LINGUISTICO è il sistema più veloce ed efficace per COLMARE I DIVARI e l’unità europea procede più stabilmente in questa modo che in altri. Questi fenomeni agiscono su più piani (=lessicale, morfologico, sintattico), ma i più frequenti sono sul piano LESSICALE poiché le parole migrano con grande velocità. Le parole straniere che passano da una lingua a un’altra vengono definiti come PRESTITI — nella vita reale i prestiti presuppongono la restituzione, ma ciò non succede nelle lingue: quando una parola migra può CAMBIARE SIGNIFICATO, ma non viene restituita. Non c’è quindi la restituzione di un prestito linguistico, ma si ha una sorta di RIENTRO che viene chiamato CAVALLO DI RITORNO: quando usiamo la parola camera (=macchina da ripresa) usiamo una parola è arrivato come prestito in inglese, il quale a sua volta lo ha restituito all’italiano con un nuovo significato. Ogni lingua, dunque, acquisisce dalle altre lingue un certo numero di parole straniere donandone altre in cambio. La lingua che acquisisce un prestito si chiama RICEVENTE e quella che la dona FORNITRICE. Lo sviluppo del TURISMO DI MASSA determina degli importanti RIFLESSI LINGUISTICI, soprattutto se si ha una disponibilità mentale all’apertura nei confronti di altre lingue e di culture diverse dalla propria. È probabile che si comunichi in inglese andando in vacanza, ma c’è anche uno spazio verso le altre culture: è probabile che in Spagna si venga incontro ai termini paella o tapas. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 2. LE MODALITÀ DI ACQUISIZIONE E LA NATURA DI UN PRESTITO I flussi di prestito tra lingue diverse sono regolati dal PRESTIGIO: la lingua sentita dal parlante come più prestigiosa è quella che dà più prestiti alla lingua sentita come meno prestigiosa → nell’Europa del Sette e Ottocento, la lingua più prestigiosa era il FRANCESE che donava parecchi prestiti alle altre lingue europee, ricevendone in cambio ben pochi; lo stesso accade oggi con l’ INGLESE che occupa una posizione dominante, con l’unica differenze che riceve parecchi prestiti in cambio (=anche dall’italiano). Una lingua prestigiosa nel momento in cui viene percepita come UTILE PER LA COMUNICAZIONE e per il PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE, ma anche per la propria FORZA CULTURALE: nell’inglese oggi conta la tradizione letteraria di Shakespeare ma anche altri aspetti come quello del cinema e dello stile di vita. C’è anche un’indubbia FORZA ECONOMICA e MILITARE, anche se non sempre la varietà più prestigiosa è quella più forte sul piano politico-economico — un esempio può essere la GRECIA ANTICA che, quando fu conquistata dai Romani, era più avanti nella CIVILTÀ, nelle ARTI, nel PENSIERO, nelle SCIENZE, etc.; infatti, fu il LATINO (=sentito come meno prestigioso) a prendere dal greco un grande numero di prestiti. Imparare una parola straniera è prima di tutto frutto di un’ ACQUISIZIONE INDIVIDUALE e questo singolo gesto non entra nel repertorio della comunità, ma finisce per diventarne parte quando si allarga. La SOMIGLIANZA LESSICALE tra la lingua fornitrice e ricevente è un fattore molto importante: più le lingue si somigliano e più è facile che si SCAMBINO PAROLE — anche se ci sono lingue come l’arabo che hanno fornito centinaia di parole all’italiano e alle altre lingue romanze. La somiglianza lessicale, inoltre, rende possibile l’identificazione degli ELEMENTI LESSICALI, cioè il RICONOSCIMENTO di moltissime parole che nelle varie lingue differiscono solo per MINIMI DETTAGLI come la DESINENZA o il SUFFISSO. Un fattore che ha contato molto è quello della VICINANZA: le lingue parlate in aree più vicine a noi hanno maggior peso e sono più rilevanti. Man mano che ci si allontana, i PRESTITI DIMINUISCONO. I prestiti che vengono da lingue lontane NON SONO DIRETTI, ma sono mediati da lingue internazionali → la parola tsunami viene a noi attraverso l’inglese che lo ha distribuita in tutte le lingue. Esistono quindi LINGUE FORNITRICI FISSE che travasano parole ed elementi strutturali ed esercitano sulla lingua ricevente un influsso costante che comprende termini ASTRATTI, VERBI, AGGETTIVI ed ELEMENTI GRAMMATICALI che contribuiscono all’arricchimento delle sue capacità espressive. Relativamente alle tipologie di prestito, la distinzione avveniva tra: PRESTITI ADATTATI → poiché l’ostilità della lingua italiana a contemplare parole che terminassero per consonante è stata una potente spinta verso l’integrazione dei prestiti nelle strutture fonetiche e morfologiche dell’italiano; PRESTITI NON ADATTATI → la tendenza si è invertita nel Novecento e l’italiano contemporaneo iniziò ad accogliere i prestiti in forma non adattata. I prestiti non sono l’unico modo in cui le altre lingue influenzano la nostra. Le parole straniere e i loro significati possono sviluppare pressioni sotto la cui spinta una parola italiana può anche EVOLVERE: abbiamo così un CALCO. La differenza tra il PRESTITO e il CALCO consiste nel fatto che il primo è una parola straniera, mentre il secondo è una parola italiana su cui agisce un influsso straniero. Esistono due tipi di calco: CALCO STRUTTURALE → si ha quando si traduce una parola o un’espressione fissa dove le parole italiane sono chiare per il parlante, che non è cosciente del fatto che usa parole che hanno un influsso straniero; CALCO SEMANTINO → quando una parola già esistente sviluppa un nuovo significato per effetto dell’influsso di una parola straniera (=stella “attore famoso” sotto influsso di star). Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 Bisogna considerare anche la CORRISPONDENZA DI SIGNIFICATO tra le parole provenienti dalla lingua originale a quella della lingua di arrivo, che non è perfetta e presenta: RESTRINGIMENTO SEMANTICO → la parola fiction dei paesi inglesi è usata per designare un qualunque tipo di opera di fantasia, mentre in Italia il significato si è ristretto ai soli prodotti narrativi di tipo televisivo; ALLARGAMENTO SEMANTICO → nell’inglese raid ha un significato militare, mentre in Italia acquista significati più generici, fino ad indicare qualunque azione compiuta da un gruppo di persone. 3. NON SOLO IL LESSICO Anche gli altri livelli della lingua sono coinvolti dai contatti con le altre lingue: nella GRAFIA, l’apprendimento delle lingue straniere, ha determinato il fatto che abbiamo maggiore FAMILIARITÀ con le lettere che un tempo erano considerate esotiche (=x, y, w e j); nella FONETICA non è cambiato molto in relazione ai singoli suoni, ma è cambiata la nostra disponibilità ad accogliere suoni che per tradizione non fanno parte del nostro repertorio, o che non ricorrono in determinate posizioni, come le consonanti in posizione finale a cui i nostri antenati erano ostili; a livello MORFOLOGICO e SINTATTICO sono di ORIGINE FRANCESE suffissi come -iere (=soprattutto in ambito di professioni o mestieri come barbiere, giardiniere) o -aggio (=come lavaggio, montaggio); nella SINTASSI all’influsso francese va ricondotta la FRASE SCISSA, in cui una frase normale viene spezzata in due parti che vengono collegate tramite un che (=È il professore che ha comprato il libro, che mette in evidenza il fatto che è proprio il professore che ha compito l’azione, non un’altra persona). Anche l’INGLESE condiziona le strutture delle lingue con cui entra in contatto. Ad esempio la FRASE INTERROGATIVA MULTIPLA (=dobbiamo stabilire chi ha detto che cosa) e le costruzione con NO+SOSTANTIVO (=no foto, no glutine che riproducono il modulo originale come no global). 4. QUANDO E DA DOVE ARRIVANO I PRESTITI 4.1 LA TARDA ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO Rilevante è l’apporto GERMANICO dei secoli compresi tra il TARDO IMPERO ROMANO e l’ALTO MEDIOEVO. In questo caso i contatti erano ravvicinatissimi: le popolazioni avevano rapporti stretti con i romani anche quando si trovavano nel ruolo dei conquistati. A cominciare dagli ultimi tempi dell’Impero Romano d’Occidente, varie popolazione germaniche invasero a più riprese anche l’Italia. Il loro apporto alla formazione dei nascenti volgari italiani fu fondamentale: durante tutto il Medio Evo, le LINGUE GERMANICHE sono vere e proprie fornitrici fisse di parole ed elementi strutturali — è probabile che il germanismo più antico sia la parola che in italiano conosciamo come sapone, ma tra i germanismi più tardi conosciamo la parola guerra che sostituisce il latino bellum. Tramontato l’influsso germanico, il BASSO MEDIOEVO è caratterizzato da profondi rapporti tra la penisola italiana e la Francia, dove il FRANCESE ANTICO aveva assunto un importante ruolo nella penisola e toccava l’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, gli INSEDIAMENTI MONASTICI, la LETTERATURA. Il bagaglio più interessante viene dai contatti commerciali tra i mercanti francesi e quelli della penisola; la stessa parola viaggio è un francesismo medievale, insieme ad oste e ostello. L’Impero Romano d’Oriente (=BIZANTINO), che parlava GRECO, aveva importanti proiezioni nell’Italia altomedievale: erano greci il DUCATO DI VENEZIA e la ROMAGNA, così come una buona parte dell’Italia Meridionale (=PUGLIA, CALABRIA MERIDIONALE e SICILIA). Entrano così un importante gruppo di grecismi commerciali come raso, calamaio, vernice ma il greco medievale è colmo anche di termini legati al DIRITTO Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 COMMERCIALE e alla NAVIGAZIONE come catasto, anagrafe, avaria, ormeggiare, etc. A parte le parole greche, la civiltà bizantina si fa veicolo di una serie di TERMINI ORIENTALI (=arabi, turchi e persiano) che vengono chiamati ISLAMISMI perché chi sentiva queste parole non era in grado di fare alcune differenza tra ORIENTE SLAVO, GRECO e ARABO. L’influsso delle lingue islamiche sull’ ITALIANO e sui DIALETTI è stato fortissimo e non solo a causa del DOMINIO POLITICO, ma anche di intensi SCAMBI COMMERCIALI sulle sponde del Mediterraneo e di un INFLUSSO INTELLETTUALE legato alla filosofia e alle scienze del mondo arabo medievale. Ancora oggi usiamo inconsapevolmente nomi provenienti dall’arabo: albicocco, arancio, melanzana. Anche la LINGUA DELLA NAVIGAZIONE e della MARINERIA pullula di arabismi: arsenale, tariffa, ammiraglio, dogana; e lo stesso accade nella LINGUA DELLA MATEMATICA con l’algebra, ma anche con zero o cifra. Esistono degli arabismi persino nella CHIMICA e nella FARMACOPEA con alchimica, talco, sciroppo. 4.2 L’ETÀ MODERNA L’età delle scoperte geografiche apre un mondo nuovo e comporterà lo spostamento dell’asse politico dall’Europa del Mediterraneo. Questa situazione comporterà delle CONSEGUENZE LINGUISTICHE molto importanti poiché affluiscono, oltre che un quantitativo non indifferente di ricchezze e metalli preziosi, nuovi ANIMALI, nuove PIANTE e nuovi OGGETTI. Queste parole entrano anche in italiano attraverso la mediazione delle LINGUE DEI NAVIGATORI e delle POTENZE COLONIALI (=spagnolo, portoghese, francese, inglese) → nell’acquisizione di prestiti dalle Americhe, il tramite principale è lo SPAGNOLO attraverso cui giungono VOCI CARAIBICHE (=amaca) e AZTECHE (=cacao e cioccolata). Le direttrici di diffusione dello spagnolo sono molteplici: dalla BUROCRAZIA all’azione dei MERCANTI e dei BANCHIERI ITALIANI in Spagna, dalla RELIGIONE alla CULTURA. È così l’influenza spagnola è data dalla terminologia dei rapporti sociali e del costume, e quel che resta è una serie di parole che appartengono all’EDUCAZIONE e al COMPORTAMENTE PUBBLICO: baciamano, etichetta, sfarzo. Nel Settecento nasce il fenomeno della GALLOMANIA che si dispiega su piani più profondi e comportò un’IMITAZIONE MASSICIA: si copiarono l’abbigliamento civile e militare, le abitudine gastronomiche, la struttura e l’arredamento delle abitazioni — tale ricalco toccò anche l’ ATTEGGIAMENTO INTELLETTUALE. Siamo nel secolo dei lumi e dei filosofi che genera l’ ENCICLOPEDIA O DIZIONARIO RAGIONATO DELLE SCIENZE, DELLE ARTI E DEI MESTIERI che circola in Italia in lingua originale: uno dei tanti segni del fatto che il francese era noto a quasi tutte le parole di cultura medio-alta. Nell’Ottocento gli eventi della storia francese sono travagliati e si hanno delle ripercussioni anche sull’Italia dove si rafforza un MOVIMENTO DI RIFIUTO che andava a RIGETTARE L’ELEMENTO GALLICO nel nome dell’ideale della purezza della lingua (=TENSIONI PATRIOTTICHE). A questo movimento di rifiuto risalgono i modi di dire Scusate il francesismo o Passatemi il francesismo, che oggi vengono utilizzate in maniera ironica e scherzosa; ai tempi veniva usato in maniera seria quando una persona utilizzava una costruzione di origine francese, quasi a scusarsi di averlo fatto. L’influsso dell’INGLESE fu nullo per tutto il Medioevo ed è scarso anche nel periodo successivo. La scoperta della cultura inglese comincia nel Settecento, anche se gli ANGLICISMI continuano ad essere pochi e trattano principalmente i fondamentali del funzionamento della democrazia: atto, proroga, commissione, legislatura, opposizione, ultimatum. 4.3 L’ETÀ MODERNA L’influenza del francese fu forte nel corso del Novecento e durante il dopoguerra, ma si ha una battuta d’arresto negli ultimi anni. A partire dagli anni Settanta l’ INGLESE lo sorpassa in maniera stabile e gran parte Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 dei prestiti in italiano viene proprio dall’inglese e il suo influsso tocca TUTTI I LIVELLI dell’acquisizione. La PANDEMIA 2019-2021 ci ha restituito dei PRESTITI (=lockdown), CALCHI (=zona rossa) e SIGLE (=covid19). Sono anche interessanti gli PSEUDOANGLICISMI, cioè una serie di vocaboli che un inglese o un americano NON CAPIREBBERO → autostop, bar, pullman, slip, etc. Ancora oggi lo SPAGNOLO gode di buona salute e tutto ciò si traduce in un’impennata dei PRESTITI IBERICI negli ultimi decenni del Novecento. Tra i prestiti recenti, entrano stabilmente in italiano dall’Ottocento guerriglia e guerrigliero, ma anche miliziano o pronunciamento (=in caso di colpo di stato); mentre, nel campo della diffusione delle droghe pesanti abbiamo coca e narco — questi termini vengono usati anche come PREFISSOIDI in parole come narcotraffico e narcotrafficante. Tra le LINGUE EXTRAEUROPEE abbiamo vari prestiti, tutti mediati dall’inglese → dall’ ARABO abbiamo sharia (=legge coranica), shahid (=usato per designare gli attentatori suicidi), jihad (=guerra santa), etc. 4.4 LE LINGUE ANTICHE La tessitura dell’Occidente si fonda sulla cultura antica e sulle sue tre lingue: LATINO, GRECO ed EBRAICO. Per una lingua romanza come l’italiano l’influsso del LATINO è importante perché la maggior parte delle parole italiane DERIVANO proprio da latino. Se una buona parte delle parole latine si è estinta, i doti di ogni età successiva alla fine del latino hanno utilizzato questa lingua come un appoggio a cui attingere in CASO DI NECESSITÀ, ovvero quando le lingue moderne hanno avuto bisogno di designare oggetti o concetti per cui non avevano un corrispondente, lo hanno cercato nel LATINO SCRITTO. Questo accade ancora oggi: computer, internet, smartphone che crediamo vengano dall’inglese, non sono altro che parole LATINE o GRECHE. C’è poi un fenomeno interessante, quello riguardante una serie di PAROLE o ESPRESSIONI LATINE VERE E PROPRIE che sono entrate nel linguaggio comune attraverso la LITURGIA, il DIRITTO, la SCUOLA e altro. Dall’AMBITO RELIGIOSO provengono espressioni come in extremis, vade retro o mea culpa. Naturalmente non tutti i relitti latini hanno un’origine ecclesiastica: alibi, alter ego, promemoria, referendum, curriculum, una tantum sono parole latine giunte a noi dal mondo del DIRITTO, della DIPLOMAZIA e della POLITICA. L’altra lingua classica che ha fornito un enorme contributo alla cultura moderna è il GRECO, la cui presenza dei GRECISMI nel vocabolario di tutte le principali lingue europee è un FATTO IMPORTANTE. A partire dal Sei-Settecento si ha un fenomeno che comportò la circolazione dei FRANCOLATINISMI e FRANCOGRECISMI, ovvero parole di origine classica che vennero riprese in francese e poi trasmesse. Il greco ha un’importanza fondamentale nella formazione di nuovi composti che ne conservano lo schema grammaticale ed è un fenomeno ricorrente nei LINGUAGGI SPECIALISTICI; però, non dobbiamo parlare di grecismi, ma semplicemente di RADICI GRECHE usate come PREFISSI e SUFFISSI → antropologia e filologo non sono mai esistite nel greco, ma posseggono solo gli elementi costitutivi del greco. Si formulano così una serie di parole in cui il suffisso indica PROCESSI o PATOLOGIE, come accade nella LINGUA DELLA MEDICINA → il suffisso -ite indica dei PROCESSI INFIAMMATORI (=artrite, laringite), -oma indica delle TUMEFAZIONI (=ematoma) o delle AFFEZIONI TUMORALI (=adenoma, fibroma). La terza lingua dell’antichità è l’EBRAICO il cui contributo venne esercitato per via della BIBBIA, ma bisogna dire che non si tratta di un IMPATTO DIRETTO poiché viene letta in traduzione, non nell’originale. Le traduzioni della Bibbia dipendono dal testo latino chiamato VULGATA in cui compaiono alcuni ebraismi che si sono diffusi: amen, alleluia, Messia, cherubino, etc. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 5. I PRESTITI ITALIANI NELEL ALTRE LINGUE Così come l’italiano è interessato a un antico e massiccio afflusso di prestiti da altre lingue, anche le altre lingue europee sono raggiunte da vari ITALIANISMI. La lingua più interessata all’afflusso di prestiti italiani è senza dubbio il FRANCESE, seguita dall’INGLESE. Un settore che ha veicolato un patrimonio intellettuale è quello ARTISTICO e ARCHITETTONICO. La componente più forte è quello dell’ARCHITETTURA, in cui da sempre gli italiani sono all’avanguardia sia dal punto di vista della teorizzazione sia da quello delle realizzazioni, seguita dalla PITTURA; entrano così come italianismi in tutte le lingue termini come affresco, baldacchino, ritratto, modello, etc. Sono italianismi recenti e ormai diffusissimi in tutte le lingue il saluto ciao, l’esclamazione bravo, alcuni nomi di cibi come pizza, spaghetti, cappuccino, espresso, risotto, etc. Scaricato da lanna Ran ([email protected])