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italian linguistics language evolution vocabulary linguistic borrowing

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This document discusses the historical reasons behind contemporary Italian vocabulary, focusing on how the language evolves through borrowing and adaptation from other languages. It examines the different types of borrowing, including integral, semantic, and adapted loans. The document also covers the role of social and cultural contexts in shaping linguistic change. An example of linguistic features (including new words, grammatical features, etc) and their cultural background is explored.

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**Le ragioni storiche dell'italiano contemporaneo risiedono** - Nella lingua che segue, inevitabilmente, le [contaminazioni] della società; di fatto la lingua viva è un corpo sociale e registra le tensioni esterne, accogliendole e riplasmandole. - Il dialogo con l'esterno della lin...

**Le ragioni storiche dell'italiano contemporaneo risiedono** - Nella lingua che segue, inevitabilmente, le [contaminazioni] della società; di fatto la lingua viva è un corpo sociale e registra le tensioni esterne, accogliendole e riplasmandole. - Il dialogo con l'esterno della lingua stessa. L'articolo "cosa significa oggi essere "Mother"", oltre ad attuare il tema del significato stesso della parola in evoluzione cita altri problemi. Le varie generazioni si suddividono in: boomer (figli del boom economico), la generazione X (dal 1965 al 1980), millenial, generazione Z (dal 1997 al 2010; la suddivisione, attuata dai sociologi sta ad indicare "zoomer", ovvero legati al mondo di internet) ed infine la generazione alpha. [Lessico] lessico italiano registrato dai dizionari. In termini tecnici le parole si chiamano [lessemi o lemmi,] nel caso in cui siano lemmi si sta facendo riferimento ai dizionari. Sono, infatti, l'unità costitutiva, registrati convenzionalmente al maschile ed al singolare. I lemmi hanno delle accezioni, ovvero dei significati precisi che si accumulano nel corso della storia (esempio: rete (accezioni: molteplici; rete delle telecomunicazioni informatiche...), navigare...)). Nel caso del vocabolario inglese, e non solo, il vocabolo "mother": sembra essere in procinto di acquistare una nuova accezione. La [comunicazione] non è singolare: c'è anche l'altro che partecipa e "traduce" il significato letterale e quello simbolico, che porta ad un [ascolto completo del messaggio], acquisendo così un significato ulteriore alla citazione. Da ciò derivano il [significato enciclopedico], diverso dal [significato dizionariale]. Se l'altro non coglie la spiegazione il dialogo volge verso un altro significato. L'altro perciò interagisce, completa, dando senso. Osservando come terminano le parole in italiano (solitamente per vocale) è possibile identificare quelle "importate" e che hanno assunto una nuova accezione, venendo poi integrate nel vocabolario italiano. (Perché non traduce "mother"?) Alcune delle parole presenti all'interno dell'articolo sono state, o meno, da poco registrate nel vocabolario italiano. - Web (non appartiene all'italiano): è stato registrato di recente nel vocabolario italiano con, come equivalente, rete telematica (anche social è attestato dal vocabolario italiano) - Fan: registrata nel vocabolario, dall'inglese. È l'abbreviazione di "fanatic", utilizzato fin dal 1700 in Inghilterra. Venne poi abbandonata e ripresa in America, per indicare gli appassionati di baseball. In italiano il corrispondente sarebbe "fanatico", dal francese "fanatisme" che aveva, a sua volta, a che fare con la religione. - Slang: l'equivalente italiano potrebbe essere gergo che, tuttavia, a differenza di slang, ha una connotazione "negativa", con un carattere du "segretezza". La parola è entrata nel vocabolario italiano. Di fatto, è un elemento di conoscenza enciclopedica - Underground: corrisponde sostanzialmente alla cultura anticonformista, che si oppone alla cultura "altra", ufficiale. Nasce negli Stati Uniti negli ani '60 e rappresenta ciò che non rientra nella "linea tradizionale della cultura". - Ball room: parola non attestata nel vocabolario italiano, essendo essa una realtà non legata a quella italiana o nazionale. Esempi: - Mother: nuova accezione che non coincide con la nostra accezione di madre, si parla di prestito semantico (prendere una parola da un'altra lingua con un'accezione diversa dal suo significato italiano). - Matriarcato: parola che entra nell'uso comune, distaccandosi dai patriarchi che sono personaggi della Bibbia. - Gollonzo: chiacchiere libere su temi calcistici ed extra in cimoagnia di due appassionati. - Rapallizzare: riferimento a Rapallo, città ligure, dove la cementificazione è stata tale da rappresentare un esempio negativo di abuso del territorio. - Mentore: protettore, è il nome proprio di un personaggio dell'Odissea che ha aiutato Telemaco in mancanza di Ulisse (diverso da Don Giovanni/ Otello che è un'autnomasia) - Sponsor: viene dal latino ma torna all'italiano dalla lingua inglese, colui che finanzia (Self- love (amor proprio): perché non viene tradotto?) - Iconico: se ripreso dal significato inglese sta a rappresentare qualcosa di assoluto, accezione non presente nell'italiano corrente. L'accezione italiana, accettata dal vocabolario, sarebbe quella di un'immagine sacra. Non è perciò ancora registrato con "iconico, ciò che simboleggia" (accezione figurativa). L'uso odierno della parola è così diffuso poiché deriva dall'inglese e l'attuale significato attribuitogli è un "prestito nascosto", legato alla pressione di un'altra lingua (in questo caso l'inglese) che porta, conseguentemente, ad un'interferenza linguistica. Lo stesso ragionamento può essere fatto con la parola "basico" che, letteralmente significa solo il contrario di "acido" "[Pressione dell'altra] [lingua]" [interferenza linguistica]. L'interferenza linguistica può essere "[integrale]" se vistosa (fan, underground). Il prestito di altre parole può essere perciò - [Nascosto]: l'interferenza linguistica porta ad un aumento dell'utilizzo della parola ed ad una nuova accezione attribuitagli) - [Semantico]: la parola esiste già ed è spinta, da un'altra lingua, a prendere un altro significato (rete). - [Adattato o integrato]: la lingua che lo accoglie ne modifica la forma ed adeguarlo (durante il ventennio fascista fu l'occasione della parola ananas/ ananass(o/i). Il prestito è perciò assimilato poiché la parola viene presa ed adattata alle regole fonomorfologiche (Newyorkesi) - [Integrale]: il materiale fonico non è modificato (fan, queen: è uno fra i più vistosi) Fan- (vocale finale) (plurale adattato alle regole fonomorfologiche della lingua) (fan-o/i), oppure, lasciandola in corsi la rendo plurale come sarebbe resa tale al plurale "fans". [Le lingue vivono nella società e da sempre una accanto all'altra. ] [Accademia della Crusca]: prima accademia che si occupa della lingua e punto di riferimento (il simbolo sono le pale della Crusca, che pale con cui si inforna la pagnotta; metaforicamente si doveva purificare la lingua. La [lingua] vive nella [società] ed [assorbe ciò che la società esprime]. Bisogna trovare un modo per dare al sistema [visibilità], che però parta dalla società, quindi dall'[extra- linguistico]. (Petrarca: l'Accademia della Crusca il più bel fiore ne coglie) Ragionando sul lessico si possono mettere a fuoco certi elementi: il [lessico] è una [categoria aperta], si arricchisce, non è chiuso né mai definito. "[Lemma]" (come la parola viene lemmatizzata nel vocabolario"): parole che hanno diverse accezioni. [Icona] la usiamo con un'accezione non registrata. Un esempio di interferenza linguistica è dato dal contatto fra le lingue (esempi difficili da intercettare): esempio "incorretto". Si manifesta per: - [Prestito integrale] (modo vistoso): fan e queen (non sono adattati) - [Prestiti adattati]: prestiti che vengono [adattati alle regole fonomorfologiche dell'italiano] (calchi strutturali o semantici, che hanno base italiana (come rete, che assume il significato di web): zone intermedie): "stella" acquista la nuova accezione di stella del cinema dalla pressione della lingua inglese star. [Patriarcato], in modo analogo, calca la parola "matriarcato". Patriarcato assume un'accezione nuova, che era partita dalla concezione biblica. Il lessico si arricchisce perciò di accezioni nuove, quindi c'è una [storia delle parole] e quando la [dimensione storica] è [recuperata] si parla di [diacronia], ovvero so che le [lingue cambiano nel tempo]. La [variazione linguistica] corre lungo la storia, facendole acquistare significati nuovi. [Nel tempo cambia anche la mia idea di lingua, la costruzione della frase, cambia anche ciò che noi sappiamo della lingua e la sensibilità collettiva nei confronti di essa.] Parola "[ferrovia]" (railway): l'italiano prende il modello, la struttura (prestito strutturale); (bandito, criminale; fuori legge). Si prestano anche strutture sintattiche. "[Matriarcato]": formata per analogia con "patriarcato" alla fine dell'800 ed incarna un'ipotesi di Bahofen che parlava di una società matriarcale, a prevalenza di linea di trasmissione materna, il tuto trovò poi una nuova spinta. Le spinte che fanno si che il [lessico si ampli]: - [Prendere da altre lingue] - Si forma attraverso i [sistemi della creazione della parola] (killare: base straniera inserita nei processi la formazione della parola). Il verbo viene quindi creato sulla base di un prestito integrale. Le parole non attestate sono scritte in corsivo. Queen, non ancora attestata ma drag queen. ["Grande dizionario della lingua italiana"]: è un dizionario storico che registra anche le parole in disuso ed ha [24 volumi], quello più recente che toglie le parole in disuso ne ha solo 6. Nel momento in cui la parola non attecchisce non viene registrata nel dizionario e sono chiamati "[neologismi effimeri]". Chi decide se la parola attecchisce o meno? Nessuno, lo definisce l'uso. Petalo (petalo)+ oso (abbondanza di): la parla è formata bene, ma non si sa se attecchirà o meno. - Come si riesce a capire se una parola entra nell'uso? Si guardano i testi scritti, prevalentemente, per vedere se sono attestati dalla fonte scritta. Le parole che entrano sono lo specchio dei nostri tempi, di un costume nuovo, il lessicografo non decide sulla lingua. Ogni epoca ha un corollario di parole. [Diacronia]: orale e scritto hanno due velocità diverse. L'orale è più difficile da controllare, lo scritto è più conservativo. I dizionari cercano di trovare la stabilità dello scritto. - Mentore (mentor coach): la parla mentore viene dal greco (personaggio dell'Odissea, protettore di Telemaco quando Ulisse non c'è). Il nome proprio entra nella lingua comune, come mecenate (nome del protettore di Orazio). Sta tornando molto utilizzato per la pressione dell'inglese. Un nome proprio ritorna in uso comune. - Sponsor (dal latino all'inglese, rientra in italiano attraverso l'inglese) *[Perché alcune parole sono in corsivo ed altre no?]* Perché stando a ciò che dice l'articolo la parola potrebbe avere un'accezione nuova: c'è in embrione una nuova accezione di "mother", intesa come punto di riferimento nei social. Ecco una delle ragioni per cui non scrive "madre". *[Cos'è che rende facile lo scambio continuo di parola da una lingua all'altra?]* Intercettano dei concetti nuovi, dietro alla [dinamica] che porta a nuove accezioni ci sono dei fatti di costume, che rendono facile scambiarsi le parole. Delle idee nuove che si affermano e [l'innovazione del lessico è legato alle idee, concezioni e pratiche sociali nuove.] Lo scambio di idee e concezioni nuove porta a nuove pratiche. [Tradurre], per esempio in passato, era un sinonimo non molto utilizzato (si utilizzavano translatare, rivoltare, volgarizzare): si afferma nel '500 la concezione moderna della traduzione e quindi c'è la necessità di usare una parola moderna per inidicarne il nuovo concetto. Un veicolo di diffusione fortissimo è il web. C'è una condizione e rapidità della comunicazione che rende tutto molto veloce. Ho bisogno di parole nuove quando ci sono oggetti e referenti nuovi, con orizzonti nuovi alcune lingue fanno in tempo, altre no. Il francese traduce anche le sigle, in italiano no. Vi è la critica di un "troppo inglese" nell'italiano. La [cultura inglese] si esprime attraverso la rete ed è quindi la cultura dominante del momento, così fu anche per il francese (tutti i paesi europei prendono tanto dal francese, e dall'Illuminismo per esempio per i concetti politici), ed ancora prima per l'Italia ci fu l'arabo (con le parole più complesse e che riguardano i numeri). [Tutte le grandi dittature cercano di cambiare le lingue: contro i dialetti ed i prestiti stranieri. ] *[Perché si utilizzano le parole inglesi?]* Per fare parte degli "happy few" (da Shakespeare), riperso poi da Stendhal. Questi modi e comportamenti sono ripresi da altre lingue ed io le utilizzo per far parte di questi gruppi, per cercare di essere aderente a questi gruppi. *[C'è una lingua che orienta i nostri comportamenti linguistici, l'interlocutore sa di cosa si parla? ]* Nel caso in cui si chieda la [chiarezza comunicativa] la decisione di usare vocaboli ed usi che [offuscano la comunicazione] è grave (fra l'istituzione ed i cittadini). Questi contribuiscono a creare una [barriera] fra noi ed il cittadino (nel caso delle proposte di legge): se non è chiara va eliminata. Per la Crusca ci sono degli equivalenti inglese insostituibili (jet lag, trolley, blogger, start up, selfie), l'inglese di troppo (location, job act, family act, stepchild adoption, spending review, default, crowfounding, bail in (finanziatori di una banca toscana, norme europee inserite in modo che la banca faccia leva sui finanzi dei risparmiatori), authority, default (bancarotta). Alcune parole sono in [corsivo] perché non sono ancora state attestate italiane, sono "nuove" (esempio: "queen" ancora non è registrata in italiano, è registrato invece "drag queen"; "pop star" è attestato; "mentore" (dal greco, è un personaggio dell'Odissea ed il protettore di Telemaco, quando Ulisse non c'è): coach (dall'inglese), nel caso dell'italiano un nome proprio entra nella lingua comune; un po' come "mecenate" (nome del protettore delle armi, entrato nella lingua comune). Il nome "mentore" viene improvvisamente a recuperare grande vitalità per interferenza dell'inglese. Lo stesso accadde con "sponsor", dal latino ripreso dagli inglesi e poi rientra nell'italiano, attraverso la pressione dell'inglese). *[C'è forse troppo inglese nell'italiano corrente? ]* [L'accademia della Crusca], così come [l'enciclopedia treccani], sono sicuramente di siti autorevoli, poiché vi sono dei filtri. Una delle cose più interessanti dell'articolo è, senza alcun dubbio, la forte presenza di [parole straniere.] Sul lessico si è incominciato a vedere come sia una categoria aperta, che si può arricchire, non è quindi una categoria chiusa né definita. Si parla, quindi di [lemma], un concetto che rinvia al [dizionario], a come questa venga [lemmatizzata] nei dizionari, di interfererna linguistica (eventualmente) e, infine, delle varie accezioni delle parole (si possono vedere a partire da "icona" e "basico"). Importante è ricordare che [noi non siamo la misura della lingua]: ognuno ha la propria "parole", ovvero [lingua individuale,] che è diversa dalla "[langue]", ovvero il sistema sociale della lingua, costituita dalle tante "[parole]". [L'individuo, infatti, declina la lingua alla propria maniera, che non può essere confusa con il sistema. ] Recuperando il tema dell'[interferenza linguistica], ci sono molte parole già attestate nel nostro dizionario che sono prestiti integrali e ce ne accorgiamo poiché non sono adattati. I [prestiti adattati] sono, per esempio, i prestiti adattati alle [regole fonomorfologiche] dell'italiano; altro ancora sono i [calchi strutturali o semantici]. Dal [prestito integrale] al [prestito adattato] ci sono delle zone intermedie: questi sono appunto i [calchi o prestiti semantici] (se un domani basico sarà attestato nel vocabolario italiano con un significato di essenziale o di base, questo sarà un'accezione con un alto semantico dall'inglese. Un altro esempio vistoso è il caso si "star": stella, parola antica in italiano acquisterà una nuova accezione su pressione di un'altra lingua). Un'altra parola importante dell'articolo è "[patriarcato]" ed in maniera analoga vi è la costruzione di [matriarcato]. La parola "[patriarcato]" ha una storia lunga: si parte da patriarchi della Bibbia, per arrivare ai giorni nostri con un'accezione nuova. Ciò significa che una parola nel corso della sua storia si arricchisce, ed è uno dei modi attraverso cui il lessico si arricchisce di nuove accezioni. La parola "[matriarcato]", di cui si parla molto oggi (diversamente si parla di patrimonio culturale): la parola è stata formata per analogia da patriarcato alla fine dell''800, che incarna l'ipotesi di un grande studioso, Backofen, che ne aveva parlato per la prima volta, riferendosi ad un matriarcato, ovvero una società matriarcale, in cui le vie di trasmissione erano materne. La parola, nata inizialmente in quel modo, si è arricchita ed oggi ha una nuova spinta. Le [spinte] che fanno si che il lessico si ampli sono: da una parte prendendo parole dalle altre lingue, dall'altra formando una parola seguendo i sistemi di formazione tipici di una lingua. Di conseguenza, si ha una [storia delle parole]: quando si recupera questa [dimensione storica si è nella diacronia.] In conclusione, io so che [le lingue cambiano nel tempo]: la [variazione linguistica] corre lungo la storia e, nel caso delle singole parole, è l'elemento più vistoso, poiché acquistano dei significati nuovi. Nel tempo cambia anche l'idea di lingua, le [strutture grammaticali], la [costruzione della frase] e tutto ciò che la riguarda, compresa la [sensibilità collettiva nei confronti di essa]. Un altro modo per costruire le parole e prenderle da un'altra lingua è [matenere la struttura dell'altra lingua e farla con materiali italiani] (per esempio la parola ferrovia, presa dall'inglese "railway", grattacielo da "skyscraper"; [fuorilegge] (l'effettiva parola italiana sarebbe "bandito", da "mettere al bando"; ed "outlaw"): [prestito strutturale] proprio perché si prende la struttura e la si traduce. [L'interferenza linguistica] realizza in questa maniera, più o meno vistose. Le lingue si prestano a molto altro, non solo nel lessico: si possono prestare [strutture sintattiche], dei generi testuali e così via. Il tema del contatto linguistico si ripercuotere a tutti i livelli di questa (killare è un esempio di come, prendendo una base straniera, la lingua venga inserita nei processi di formazione italiani). Le ligue si "passano dei materiali", da sempre. Esempi: competitor, performance, sold out, droplet, Smart working, endorsement (sostegno/ appoggio), bal in (acquisto interno), caregiver (badante), job act (riforma del mercato del lavoro), step- child adoption (adozione del figlio del padre), plogging (pratica di raccogliere i rifiuti durante il jogging), oblast (parole legate al conflitto russo ucraino), holodomor (sterminio per ame perpetuato dal regime sovietico nei confronti della popolazione ucraina nel '32/'33) *[Come lavorano i dizionari?]* Registrano parole nuove e, nel tema della diacronia, eliminano quelle che escono dall'uso. Una premessa importante, da ricordare, è che [non tutti i dizionari le eliminano]: ci sono dei dizionari che hanno l'ambizione di registrare tutte le parole comparse in italiano. Il dizionario storico italiano che si occupa di ciò è il [GRADIT] ([Grande Dizionario della lingua italiana]): viene indicato come "storico" perché cerca di registrare tutte le parole, anche quelle cadute in disuso; viceversa fa un dizionario moderno. Questo dizionario ha 24 volumi, il dizionario più ampio dell'italiano contemporaneo, invece, ha solo 6 volumi, per dare l'idea del rinnovamento continuo che necessita il lessico. Non basta tuttavia, soffermarsi sui singoli significati: infatti, i giovani inventano "slang" e danno nuovi significati alle parole, significati che non sono registrati da dizionari, perché una parola sia attestata deve essere usata. Si possono creare continuamente nuove parole e nuovi significati, nel momento in cui la parola non nasce e muore con me, e di conseguenza non attecchisce, essa muore e non viene registrata sul dizionario. Questi vocaboli saranno chiamati [neologismi]. Nessuno, se non l'uso, decide se la parola attecchisce o meno (esempio: il caso della parola "petaloso". Una nuova neoconazione, costruita da petalo+ suffisso aggettivale "oso", ovvero abbondanza di una determinata qualità. La crusca ha affermato come questa parola sia formata bene, ma non sarà questa a decidere se attecchirà o meno e, di conseguenza, se entrerà in uso o meno). Importante è ricordare che [le lingue non si comandando dall'alto.] *[Come si fa a capire se una parola è entrata nell'uso?]* Non è semplice neanche per i [lessicografi], le [parole] infatti rappresentano una sorta di [specchio dei nostri tempi], segni di nuovi costumi o tempi passati (esempio: benaltrismo, ovvero un modo per dire "i problemi sono altri"). Il problema dei dizionari è incorrere in parole che il giorno dopo moriranno poiché "fanno male" il loro lavoro. Il [lessicografo], per capire che sono entrate nell'uso, e quindi segnarle, cerca di tracciare la storia delle nostre abitudini guardando, prevalentemente, testi scritti poiché l'orale è troppo impalpabile (si osservano quindi, soprattutto, le fonti gironalistiche, web...). L'attestazione è quindi, solitamente, dallo scritto. Si parla di [diacronia], quindi [storia della lingua] e di come questa cambi nel tempo ma è importate ricordare che [orale e scritto hanno due velocità diverse]. L'orale è più difficile da codificare ed è più "casuale ed accidentato", lo scritto, invece, è più conservativo. In conclusione, in questa diacronia, ci sono due velcità diverse: i dizionari nei loro aggiornamenti cercano di trovare, soprattutto, la stabilità dello scritto. - *[Perché alcune parole sono in corsivo?]* - *[Perché non traduce la parola "mother"?]* Perché, stando a quello che dice l'articolo, potremmo avere una nuova accezione di "madre". Siccome è un qualcosa di nuovo l'autrice non la traduce, vuole far capire che c'è in embrione, probabilmente, una nuova accezione, intesa come punto di riferimento e nuova costruzione dei social. Ecco una ragione per cui non scrive "madre". - *[Che cos'è che rende così evidente scambiare parole da una lingua all'altra, cosa c'è dietro questo scambio contino di lingue?]* Ci scambiamo parole nuove o prese da un'altra lingua poiché intercettano dei [concetti nuovi]. Sicuramente ci sono, quindi, cose che nascono in altri paesi e vengono catapultate nel nostro paese, dietro la dinamica che porta a creare [nuove accezioni,] ci sono dei fatti di costume che rendono facile questo scambio (esempio "fan" e "fanatismo": fatto di costume riportato nella nostra lingua), delle nuove idee che si affermano, ed allora quella parola si registra, portando così un [legame ovvio tra l'innovazione del linguaggio e quella delle idee], concezioni e pratiche sociali nuove. Allora, una delle dinamiche più importanti è lo scambio di idee nuove. La pratica stessa della [traduzione] (passa da volgarizzare, traspare, tradurre era un sinonimo non moto utilizzato e l'interprete era soprattutto legato all'orale. Si inizia ad usare [tradurre] poiché nel '500 si afferma la [concezione moderna della traduzione], ed allora ci vuole una parola nuova, non compromessa, chi indica quella concezione moderna) cambiò concezione solo nel '500, con la parola mother si vuole indicare una nuova idea di madre, che potrebbe modificare il numero precedente di accezioni. Questa [rapidità] con cui le parole si scambiano è legata al web, alla velocità, non si fa in tempo a mediarla che nel web è già diffusa, per cui, questo è un veicolo di diffusone fortissimo di prestiti e calchi. Di conseguenza, la comunicazione è molto veloce. [Si ha bisogno di nuove parole poiché vi sono nuovi referenti]: l'orizzonte dell realtà e delle nuove cose cambino di continuo, per cui arrivano con referenti nuovi, che spesso arrivano già con la nuova parola. Non sempre è così: alcune lingue fanno in tempo a coniare nuovi termini, altre no, ed allora qui sorge spontanea la domanda "*[troppi prestiti inglesi nell'italiano?]*" (diversamente fa il francese, che sostituisce anche le sigle, creandone di nuove). L'Italia, a volte, prende addirittura [parole inglesi] per coniare espressioni prettamente utilizzate in contesti italiani (come per esempio smart working). L'inglese viene, invece, preso come punto di riferimento poiché la [cultura della rete] si esprime attraverso di esso, in passato fu così con il francese, a causa del [movimento illuminista], di cui tutti i concetti politici e lessico politico sono figli. Prima ancora di queste lingue per l'italiano c'era l'arabo (storicamente l'italiano prede dall'arabo tante parole come il lessico della matematica dell'amministrazione della navigazione), infatti nell'VIII secolo erano portatori della cultura. È importante quindi ricordare come le lingue non si [comandino]: solo le grandi [dittature] hanno cercato di farlo: il Fascismo era, per esempio, contro i dialetti, i forestierismi stranieri, per cui si era multati se si usavano parole straniere, proponendo alcuni vocaboli come "polibibita" (cocktail), i vari termini del calcio vennero completamente italianizzati, "tramezzino" (al posto di sandwich). Le varie parole sono però poi morte, perché non si può decidere come deve andare la lingua, non è però un cas le dittature abbiano cercato di farlo. Non ci sono quindi mi regole ma contesti dove dobbiamo capir come comportarci si può quindi cogliere, non è mai una sostituzione delle parole ed in tutto ciò il lessicografo non può farci nulla. *[Qual è l'inglese che funziona e quello che non funziona, in conclusione? Come si fa a trovare un discrime, una posizione, senza comportarmi come un regime totalitario? ]* Vi sono due ordini di problemi: possiamo usare vocaboli come "mission", "outfit", "location" ed intenderli come [mode], per cui l'utilizzo porta a comportamenti extra linguistici: l'io usa queste parole per essere più interessante, per appartenere agli "happy few" (da Shakespeare, ripreso da Stendhal), che si "godono la vita" (non è l'accezione shakespeariana). Questi utilizzi sono legati a [ragioni extra linguistiche], di [prestigio sociale], che seguono le regole di alcuni gruppi, si cercherà quindi di esservi aderente. [L'inglese] è quindi legato, momentaneamente, alla [volontà extra linguistica], non ha delle [ragioni di scambio di parole e concetti]. Il discrimine si può trovare grazie ad una linea ragionevole, non di governo della lingua ma che orienta i nostri comportamenti linguistici: ciò che suggerisce [l'Accademia della Crusca] è di utilizzare parole che effectivemente l'interlocutore conosce (esempio legge "Family Act", che riguarda tutti gli italiani, è quindi giusto utilizzare questa parola per la riforma dello Stato di Famiglia; la stessa cosa vale per "Stepchild Adoption", "Jobs Act"). Di conseguenza, dentro ad un tipo di [comunicazione] che [chiede la chiarezza comunicativa] questi usi sono criminali, secondo [l'Accademia della Crusca], perché l'italiano ha le parole, non solo, ma questi usi offuscano la comunicazione, in questo caso gravissimo, fra l'istituzione ed i suoi cittadini, contribuendo a creare una barriera fra il singolo ed i cittadini. Vi è quindi la necessità di eliminarla. [L'inglese], accettato senza problemi, riguardala sua chiarezza per tutti (per esempio trolley, jet-lag, blogger, start up, selfie), altri con corrispettivi italiani, invece, potrebbero anche essere eliminati (come "location", che ha l'equivalente con "sfondo", "scenario"; "spending review", che corrisponde al taglio della spesa pubblica; "step", che ha come corrispettivo "passo"; "default", il salto del bilancio di un paese e, quindi, la bancarotta; "regola del bail in", una delle norme europee inserite per cui la banca fa leva sui risparmi dei consumatori per evitare crisi). Questo è quindi il [discrimine]. Esempi: danni collaterali (strage di civili), neutralizzare il nemico (uccidere), Guerra preventiva (aggressione militare), bombe intelligenti (Smart bomb, ombra aeronautica progettata per colpire con precisione uno specifico bersaglio e minimizzare i danni esterni), peacekeeping (occupazione militare), razza (articolo per togliere la parola dalla Costituzione, poi tenuta in memoria del periodo storico di cui fu protagonista, il ventennio nazzista: deriva dal francese medievale hertz ed indicava un allevamento di cavalli). Le [parole] e [neologismi] possono entrare nei dizionari ed essere attestati, pochè si radicano nell'uso. Tutto ciò è riflesso e specchio del mondo in cui viviamo, parlando di noi. - *[Articolo su "Il Sole 24 ore"]* (testata che si occupa di economia) L'autore commenta la nuova edizione dello Zingarelli, nel supplemento dedicato ai dibattiti. Le nuove parole sono "[putiniano]" ed "[eco-ansia]" (si parla di prestiti, rinnovamento del lessico ed il lessico, attraverso il quale si mettono a fuoco tutta una serie di [concetti] e della [formazione delle lingue], data dalla possibilità di costruirsi le parole), entrambi temi che ci toccano. È anche [polemico] perché tratta il rischio degli esagerati [anglicismi] o pseudo- anglicismi, "accolti generosamente" e quindi, troppi facilmente, persino gli occasionalismi o neologismi effimeri. Sostiene, appunto, che molte sono state solo parole meteore, attestate troppo velocemente. Attraverso il lessico stiamo mettendo in ordine una serie di concetti e puntualizzazioni. Prima di tutto, c'è la [dimensione sociale della lingua], ovvero, i comportamenti e rapporti fra le realizzazioni individuali ed il sistema (da origine, perciò, ad un rapporto dialettico). Tutto ciò può partire da un [individuo], per essere poi [accolto dal sistema]. [L'eccesso di anglismi] porta ad avere alcuni comportamenti che sono legati a delle "mode", ragioni extra- linguistiche, così come si è visto che i temi nascono in questa dimensione e la lingua deve suggerire una risposta; le innovazioni stanno qua (ad esempio il tema del femminile delle professioni è dato dal contesto). Ed ancora oggi, certe cose sono percepite, da chi le vive, in maniera diversa o, addirittura, offensiva. In italiano, per esempio, si propone il [prefisso -a], piuttosto che -essa, poiché il secondo è percepito da chi lo riceve come un dispregiativo, che veicola un significato "altro", ma non è la lingua che è responsabile di questo, bensì l'uso delle nostre parole, la nostra sensibilità che ci dice come reagire. La lingua si porta quindi dietro delle [storie], che portano a mettere da parte alcuni usi del vocabolo, portando con sé temi e questioni di tensione, non ancora risolti (le donne stesse non hanno le stesse identiche idee su questi argomenti, per cui c'è chi preferisce seguire determinati usi, rispetto ad altri). Le [situazioni fluide sono legate a tensioni, esigenze che nascono al di fuori della lingua e, a dimostrazione nessun linguista può permettersi di decidere, è in grado di dire cosa dire, lui può solo spiegare le opzioni.] C'è un altro tema molto forte, in cui il dialogo tra lingua e società emerge in manier vistosa, e ce lo portiamo dietro noi. Nel caso della "[n word]", per esempio, [interviene il contesto e la storia]: nonostante sia una parola italiana questa si porta dietro dei contesti che rinviano alla [discriminazione razziale,] tale da portare avanti il voler prendere una decisione che può confermare o respingere l'utilizzo di questa parola. *[Quindi, che cos'è che guida ed autorizza il comportamento, in questo caso?]* Una regola non scritta ma molto importante, perché condiziona: non è una regola linguistica ma un [comportamento], che si colloca entro un [insieme di valori,] che porta a selezionare le parole con il fine di non essere offensivo, discriminatorio bensì seguendo l'empatia ed il rispetto. È la famosa "[norma del politicamente corretto]" (molto discussa) che spiega come i nostri comportamenti linguistici risentano di quello che c'è fuori. Tutto ciò è un richiamo ad usare il linguaggio non in maniera discriminatoria ed offensiva. Queste caratteristiche ed esigenze, nate al di fuori della lingua, e di conseguenza, in società, sono: - [Linguaggio sessista] (si cerca quindi di usare delle forme non marcate, in quanto al genere) - [Linguaggio che discrimina le minoranze etniche ] - [Linguaggio che discrimina categoria in svantaggio fisico] (si preferiscono altre espressioni) - [Linguaggio tradizionalmente connotato in senso discriminatorio] (per esempio, per quanto riguarda i nomi delle professioni). Contrariamente a quanto si crede in [America], per esempio, la comunità americana di persone di colore, stessa, rivendica l'uso della "[n word]", forse per controbattere la critica al politicamente corretto. Il [rischio del politicamente corretto], un problema vero, è il suo mancato uso (questo tema da noi non ha mai attecchito troppo): il [codice di comportamento], infatti, è [nato nelle università americane negli anni '70] che progressivamente si è affermato, con questo spirito, salvo poi avere una serie di "lati" di cui si discute, ovvero i suoi rischi. Si rischia [l'eufemismo]: il negare qualcosa con le parole (si genera, con grande fantasia, nei taboo della società, per esempio il linguaggio del corpo e la quantità di modi con cui si allude a tutto ciò che riguarda la sfera erotica, perché di certe cose "non sta bene parlare"). Con [l'eufemismo] non si parla mai di niente ed il rischio è quello di perdere sempre qualcosa. La [delicatezza del problema riguarda quindi i confini fino ai quali ci possiamo spingere], fino a che punto si deve controllare l'espressione: ed allora sorge una domanda, *[come si possono raccontare avvenimenti terribili se non si possono usare determinate parole?]* Questa è, sicuramente, una delle delicatezze di questo tipo di sensibilità che ha fatto mettere, addirittura, in uno spettacolo di Shakespeare, l'avviso di espressioni offensive, che potrebbero urtare il pubblico. Nel nostro piccolo presentiamo un eufemismo parlando di "[guerra preventiva]", "[danni collaterali]" (per parlare di stragi), "bombe intelligenti", "pacekeeping" (per indicare operazioni militari): tutto ciò porta a digerire questi problemi senza quasi porsi il problema, perdendo il peso specifico di quello che avviene. Tuttavia, è molto criticato perché considerato "[una gabbia]": non c'è dubbio che ci siano degli eccessi in una direzione ma anche che sia più che giusto richiamare un uso del linguaggio non offensivo o discriminatorio, perché le parole possono ferire, offendere, come curare. È importante, quindi, tenere presente che questo tipo di [sensibilità] altera le nostre percezioni linguistiche. Tutto ciò è quindi al centro del [dibattito pubblico]. La cosa importante è sapere che ci sono delle parole con storie "negative", per cui non vanno adoperate poiché facendolo si continua ad adottare una visione della società negativa, anche se sono contro. Il richiamo al [linguaggio] è, sicuramente, un tema importante. Un dibattito che si è aperto recentemente, per esempio, riguarda l'utilizzo della parola [razza] e l'articolo del Costituzione in cui se ne parla. Si è chiesto di toglierlo anche se, quando è stata scritta, la parola [razza] si portava dietro il ventennio ed i costituenti decisero di utilizzarla e vollero lasciarla, proprio come memoria di ciò che era stato: va tenuto presente che anche le leggi hanno una data ed un contesto in cui sono state fatte. Infatti, anche l'Assemblea Costituente ne discusse tantissimo ma si decise di lasciare apposta la legge così poiché non si poteva non richiamare quello che era successo nel ventennio. La cosa interessante è che l'etimo di razza si credeva essere, inizialmente un latinismo ma, si scoprì essere una parola francese che ricopre nei documenti medievali e si riferisce agli animali, è stata, ovviamente, manipolata per creare un discorso discriminatorio e giustificare una serie di teorie con un fondamento linguistico. Un filologo italiano (Gianfranco Contini l'ha trovata dentro al documento medievale, per cui da li si è ricostruita tutta la sua storia etimologica). L'uso di questa parola, tuttavia, continua a veicolare una visione che viene cristallizzata da questa parola: la si usa e anche se non si è ciò che la parola implica si continua a radicalizzare questa visione. Va tenuto in considerazione che non basta dire che si sta scherzando, è chi riceve l'offesa che deve dire se lo è o meno. *[Quante sono alla fine le parole di origine straniera in italiano?]* Lo strumento indispensabile, in questo caso è il [GRADIT] (Grande Dizionario della Lingua Itaiana). I prestiti possono esser [adattati o non adattati], in ogni caso ce ne sono molti provenienti dal greco, soprattutto per auto riguarda la lingua della scienza (ad un certo punto la lingua della medicina attinge direttamente dal greco, eliminando le parole locali: esempio la spezieria, ovvero la farmacia). Dopodiché vi è [l'inglese], che porta con sé tanti [non adattati]: ciò fa capire che tanti sono recenti poiché dimostra come l'italiano tenda, ora, a non assimilare le parole, utilizzando e preferendo il prestito integrale. Ci sono poi tanti [prestiti dal francese, per la maggior parte adattati:] l'impatto del francese si nota soprattutto alla fine del '700 ed inizio '800. Nel [nord Italia], soprattutto, si arriva ad avere dubbi se adottare direttamente il francese poiché tutti lo parlavano ed in tanti scrivevano gazzette, addirittura in francese. È una lingua che, quindi, ha dato tanto all'italiano, anche [strutture sintattiche] (esempio: carne alla griglia, ragù). Abbiamo, quindi, il francese, anche alto e medievale, provenzale, c'è poi lo spagnolo (esempio: movida, siesta), tedesco, soprattutto adattato (lasciano una serie di parole, alle volte brusche (esempio: guerra, presa da suoni trasformati, schandenfreude, wanderlust, werra). Vi sono poi prestiti più recenti come, per esempio, la [terminologia della II guerra mondiale] (lightmotiv). Seguente vi è [l'arabo] (esempio ragazzo, il quale significato deriva da chi correva veloce, che doveva quindi essere giovane; il lessico della matematica e dell'amministrazione, jihad, guerra santa), il [russo] (intellighenzia, intellettuali), il [provenzale] (insieme all'importanza che ha la sua poesia e la sua civiltà) (siamo nel 1002 e l'impatto che ha sull'italiano è molto importante, a livello poetico), il [giapponese] (126 vocaboli non adattati come i manga, il sushi, kamikaze, hikikomori) ed il [portoghese]. Questi sono i "serbatoi" dal quale, storicamente, ha preso l'italiano, dando via, a sua volta, ad italianismi che circolano per il mondo. Gran parte del [lessico italiano], tuttavia, deriva dal [latino]: l'italiano, essendo lingua romanza, ne deriva direttamente; ciò comporta una grande presenza di esso. *[Da quale latino?]* Qui torna utile un'altra [riflessione]: il mezzo attraverso il quale avviene la [comunicazione]. Come si era già visto, orale e scritto vale anche per l'evoluzione delle lingue: per valutarle è, infatti, importante avere una traccia anche dello scritto, è chiaro che ora è più facile scrivere anche l'orale poiché è più facile registrarlo. Tuttavia, l'orale si evolve più velocemente della lingua parlata che è più [creativa]. Essendo, appunto, per forza usata, corre di più ed allora l'italiano prende soprattutto dal [latino parlato], ovvero, [volgare], non da quello [aureo] codificato dai grandi scrittori, quello era già una cosa diversa dal parlato. Quindi, [l'italiano evolve il latino volgare e trasforma progressivamente le sue parole], per esempio: da flumen deriva fiume, da clarum deriva chiaro, da auriculam orecchio. Per cui, succedono delle piccole cose, anche importanti, ci sono dei [dittonghi] che si chiudono, dei [nessi consonantici] che diventano altro, cadute di lettere finali e così via: parlando, quindi, le cose si modificano naturalmente, portando i [segni del tempo.] Quindi, tutto questo lessico (i cosiddetti lessemi ereditari, che abbiamo dal latino) verrà dal "[volgo]", dall'uso comune. Le parole considerate [lessemi ereditari,] presi dal [latino volgare], riguarderanno la [vita quotidiana]: sono [parole] che usiamo e piano piano finiscono per modificarsi e prendere altre forme, secondo delle [regolarità]: il [nucleo delle parole] è derivante da qui il più delle volte. Ci sono i nuclei delle parole [essenziali] e poi quelle che riprendiamo dalla [derivazione non diretta]: come col [greco], tutte le volte che ha avuto bisogno di parole molto spesso le andava a prendere direttamente dal [latino] (plata: piazza e platea, piede e plebe che vengono dalla stesa parola). Masticando queste parole si arriva ad un [nesso consonantico] che varia, mentre l'altro no: una delle due parole non è stata masticata abbastanza. Tutto ciò si chiama derivazione indiretta o cultismi o latinismi. - [Derivazione diretta è quando si "masticano" le parole] (esempio: fiume, chiave, chiara). - [Derivazione indiretta è quando si prende la parola dall'altra lingua e la si italianizza,] ci si accorge che è indiretta perché la parola non subisce quelle trasformazioni che avrebbe subito se fosse stata parlata. - Altri dicono [lessemi ereditari, ovvero di derivazione diretta dal latino; altri li chiamano cultismi o latinismi.] Quando si dice chele [lingue romanze] vengono dal [latino] si sottointende quindi [un'evoluzione dal latino]: le [lingue non rimangono uguali], per cui il [ceppo] è unico ma le [mutazioni] hanno portato ad un loro cambiamento, come nellla famiglia si può avere una [successione diacronica], [temporale degli usi linguistici], poiché [le lingue cambiano nel tempo]. Il [tempo] è quindi [fondamentale], e [la prova è la nascita ed evoluzione di altro dal passato], [se le lingue non cambiassero parleremmo tutti latino.] Esempio: [auro] diventa oro, ma cè ance aurifero, fluviale, platea, chiaro ovvero luminoso. Per cui, quando l'italiano ha bisogno di parole le prende dal latino scritto. [Le lingue romanze nascono proprio perché il latino si modifica e si evolve, per cui alcune parole ce le si porta dietro.] Quando [l'italiano], come la nuova medicina ha vuoto bisogno di parole, si è trovata due grandi lingue accanto ed è andata a prenderle da loro, tanto che cosa è una delle parole più frequenti in italiano, causa riprende invece la filosofia medievale. Questo è lessico culto ed astratto, poiché veniva ripreso proprio da questo, queste parole direttamente prese e collocate in italiano non subiscono quel lavoro di levigatura e di evoluzione tipico della trasmissione diretta. Questo rende l'italiano abbastanza [difficile] poiché da una parte si ha vocaboli chiari, dall'altra aggettivi che non rispecchiano le regole della parola (fiume, fluviale; oro, aureo) poiché sono latinismi; così come ci sono delle parole che sono dei latinismi semantici: quando nella Divina Commedia Virgilio dice "cerca nel volume" significa studia il volume, è un latinismo, così come "tanto gentile e tanto onesta pare" (la gens è l'equivalente di stirpe), ed anche "magnifico" (con significato di derivazione latina). [Le lingue si evolvono perché vengono usate: toglie i casi e mette gli articoli; deriva le parole usando affissi (iperonimo), cioè preferissi e suffissi.] Esempio: incalcolabile: calcolo, calcolare, calcolabile, incalcolabile; potabile; imbarcare: verbo dantesca; inurbarsi: dalla campagna alla città; addolcire; inluiardi: verbi danteschi dal paradiso; intuiarsi: verbi danteschi da paradiso; verbi parasintetici: verbi che si formano a partire da un sostantivo o da un aggettivo. [Una componente importante riguarda la formazione delle parole]. Si è visto come [vi siano altri modi di costruire le parole di cui si ha bisogno, ovvero di fornirle o derivandole, per derivazione, o per composizione.] - [Derivazione]: si ha una [base] e (nel caso delle lingue romanze si predilige proprio questo metodo, viceversa per quelle germaniche) a questa si aggiunge un [prefisso o un suffisso] e si creano così tutte le parole che si vuole (un prefisso è -in ed un suffisso è -ile, che indica un qualcosa che si può fare o non fare). Di solito -in ha valor negativo, ma non per forza. Ci sono, infatti, anche [suffissi aggettivali] che portano dei nuclei di significato, non sempre fissi o decisi. Quando li si utilizza la parola cambia categoria: diventano così o aggettivo o verbo o sostantivo; da una di questi si può far passare di categoria morfologica la parola iniziale. In italiano, però, [si può trasformare in sostantivo qualsiasi cosa], mettendoci un [articolo] davanti (esempio: "il perché non lo so", "il qui ed il come"). La [derivazione], perciò, [parte aggiungendo cose che, spesso, vengono dal latino.] [Dal latino, perciò, si derivano non solo tutti i lessemi, ma anche quasi tutti i nostri suffissi e prefissi.] Alle volte [l'interferenza linguistica] prevede anche il prestito di suffissi (il suffisso -ardo viene sicuramente dal tedesco), quindi, le lingue si scambiano anche i suffissi ed i prefissi. [La base della nuova parola può essere qualsiasi cosa e non solo]: si possono costruire [verbi] sia con [suffisso] che [prefisso] (sono i cosiddetti verbi parasintetici, come addolcire che viene dall'aggettivo dolce; inurbarsi (parola dantesca); imbarcare (parola dantesca); inluiarsi (parola del paradiso di Dante ed avviene in seguito alla visione di Dio, rappresentante il "diventare l'altro", l'esperienza della transumazione). Ad di là di tutto, è importante notare che si può fare qualsiasi tipo di derivazione: le regole sono quelle, dipende dall'idea di una parola che attecchisce nell'uso. - [Composizione]: si uniscono [due parole come aggettivi o sostantivi] (esempio: pianoforte, chiaroscuro, sottosopra, altopiano, corrimano (non modificabile), asciugamani (modificabile)), le due parole si prestano così al resto del mondo. Adessosi tende a comporre molto di più, per influsso delle lingue germaniche (ovvero l'inglese) - [Eco- ansia] (incentivo/lavaggio): il trattino nel mezzo è preso dallo Zingarelli, si continua a sottolinearlo per far vedere come sia un'etichetta. La differenza nel tipo di rappresentazione si manifesta anche con "bio", "maxi" e deriva dall'idea di composizione neoclassica ovvero di riprendere e comporre queste parole utilizzando vocaboli appartenenti al mondo classico. Questi elementi non sono autonomi, infatti si chiamano prefissoidi o suffissoidi, iperonimo e confissi (suffissoidi e prefissoidi che hanno un nucleo di significati, pur non essendo autonomi, esempio: poli; gate, prefissoide che indica lo scandalo). Tutto ciò è [a metà fra la derivazione e la composizione, la differenza è che questi confissi portano con sé un significato. ] Stiamo parlando del [lessico] ed attraverso di esso si sta ragionando su alcuni termini, utile a sistemare alcuni "[sfondi]" che servono per smontare [l'idea monolitica che abbiamo della nostra lingua]: la nostra lingua non è un blocco unico è bensì fatta da tanti elementi che incidono sui nostri comportamenti linguistici. Si è cominciato a capire che c'è una diacronia e degli "[assi di mutamento]" come quello temporale, quello legato al mezzo (orale o scritto) (ovvero la variazione diamesica). Questa ultima condizione modifica il "[prodotto]" linguistico ma anche le velocità con le quali si trasformano. Vanno tenuti a fuoco altri elementi di variazione ovvero la [diatopia], cioè il luogo che incide molto. Questo elemento sull'italiano è importantissimo: se si legge un testo non si ha il dubbio sia italiano, che l'italiano abbia una sua definizione. Invece, se si sente parlare le cose si complicano: [scritto ed orale la lingua cambia], è diversa poiché in Italia succedono diverse cose, per delle ragioni importanti, e questa variazione diatopica ha un'incidenza importante e profonda sulla nostra realtà linguistica. Per capirlo è necessario fare un "salto indietro" e capire le ragioni. Queste componenti, alcune legate alla [questione locale], incidono diversamente sullo scritto e sul parlato, impattando così diversamente: ad esempio, la [variazione diatopica] [non interessa lo scritto], a meno che non si tratti di un libro di Camilleri, che attinge molto al siciliano. Nella lingua funzionale un testo giuridico, al contrario, non può essere regionale e contenere regionalismi, non ha quindi nulla a che fare con le realtà locali. In generale, tuttavia, questo elemento non incide, a meno che non sia un'opera letteraria. Incide, al contrario, sul cinema. La [formazione delle parole] ([composizione, derivazione e composizione neoclassica]) ed altri elementi come le [parole polirematiche] (macchina da scrivere, che non è la somma dei significati ma qualcosa di definitivo; ferro da stiro; cane poliziotto; effetto notte o effetto serra. Importante è ricordare che si trovano anche nei dizionari così come sono). [Polirematiche] poiché sono composte da "più pezzi": sono accostamenti, non composizioni, però sono parole che stanno insieme, non sono delle collocazioni (strutture che tendono a riprendersi ma non sono lemmatizzate dentro un dizionario, sta ad indicare che se uso una determinata parola spesso occorrerà un determinato verbo o così via), sono [unità lessicali costruite da pezzi diversi;] parole fatte di più parole. Queste parole polirematiche sono spesso frequenti e provengono, per esempio, dall'inglese (politically correct?) e spesso sono delle tradizioni. L'altra caratteristica del lessico contemporaneo è fatta dalle [sigle] (OPA: Offerta Pubblica di Acquisto; PR; DG: Direttrice Generale), [tossiche poiché non trasparenti]. Tuttavia, non ci sono dubbi sul fatto che siano dei [tratti distintivi del lessico contemporaneo]. Il nostro lessico è fondato anche sulle voci che arrivano all'italiano da parlate locali e regionali: per esempio "[ciao]" (italianismo nel mondo) viene dal veneto "S'ciao", proveniente dal tardo latino sclavus, traducibile come "(sono suo) schiavo". Per cui si iniziano a registrare voci che provengono dalle altre lingue italiane: ciò si chiama prestito interno. "[Mozzarella]" (anche questo un italianismo nel mondo) (dal dizionario etimologico di riferimento) viene da Napoli e dalla Campania (Bartolomeo Scampi, grande autore di cucina, scrive anche "butiro", ovvero burro) e riprende il suo diminutivo "mozza", ovvero tagliare, mozzare ("mozzare la capa"; capa viene direttamente dal latino). [Questa è una voce che dà un'area linguistica italiana arriva al lessico italiano: per cui la lingua nazionale prende anche dalle altre lingue e/ o dialetti.] Altro esempio: a Bologna si mangiano le tagliatelle, da "tagliare" ("tagliare la testa"; viene dal testo della ceramica...), a Roma le fettuccine, da fettuccia, in Liguria le trenette. Per indicare lo stesso [referente], una pasta o un cibo, si ha una parola diversa, provenente sempre dalla stessa parola tagliare. Per [asciugare i piatti], ad esempio, in Italia succede la stessa cosa: si dice in alcune zone straccio, altre strofinaccio, canovaccio, cencio, mappina: le parole usate per indicare lo stesso referente sono molte e si manifesta, quindi, un problema. Lo stesso accade con il [bidone]: rusco, immondizia, scendere la spazzatura, pattume, monezza, scolasse. [Si ha quindi un problema nel mettere a fuoco le parole molto diverse fra di loro.] A Bologna, per esempio, per dire [idraulico] si utilizza anche fontaniere, stagnino, acquarolo: si è formata la parola idraulico grazie alla pubblicità che ha portato delle imposizioni. Questi si chiamano quindi [geosinonimi]: nelle diverse aree linguistiche si trovano cose che si dicono in diverso modo, per cui il referente è lo stesso ma ha nomi diversi. Oppure, ci sono dei [geonomini] (una stessa parola, gruccia per esempio, indica cosa diversa nelle diverse parti d'Italia. La stessa cosa avviene con "minestra", "paccare", "cozze", una parola tipicamente meridionale, in toscano si chiamano "muscoli") e quindi una [tensione fra la lingua nazionale e le altre lingue che si parlano in Italia], le altre realtà italiane. Per cui [l'italiano ad un punto trova un'influenza nel suo DNA]: in certe parti d'Italia ci sono parole diverse per indicare lo stesso referente o referenti diversi. C'è quindi un [dialogo fra lingua nazionale e lingue locali:] ciò si deve al tema del [prestito interno] (prendere le parole come pizza, panettone, ciao e mozzarella e lasciarli come geosinonimi o geoomonini). Ci sono poi anche [prestiti interni]: parole che segnano la loro nascita in altre lingue. **La formazione delle parole** Questa [differenziazione nel territorio italiano] è data dai [suffissi] che vengono molto spesso dal latino, non tutti poiché alcuni sono tipici del [germanico] (tipo -ingo, -argo). Il [suffisso latino -arius] in toscano diventa -[aio, nella zona centro- meridionale diventa -aro, sopra l'appennino -er, meridionale estremo -aru] (mazler, carnizzaru: macellaio, macellaro, altre parole sono kebabbaro, rockettaro, metallaro, porchettaro, paninaro, carnaro. In questi casi l'origine è la stessa, viene tutto dallo stesso suffisso): questo suffisso è anche ora fortissimo, cioè è molto produttivo e non muore, fa molte parole (il suffisso -ingo non è molto disponibile, si trova in parola più obsolete e non comuni). Quando si dice che [l'italiano viene dal latino] è necessario domandarsi quale italiano, più precisamente, da quale zona: lo stesso suffisso latino viene infatti modificato dalle diverse aree d'Italia. *[Cos'è quindi l'Italiano e perché vi è così tanta differenza tra le varie zone demografiche? L' "italiano" dov'è?]* Importante è ricordare che [il latino diventa cose diverse nelle varie aree italiane], così come nell'area romanza da luogo alle lingue romanze, che ad un certo punto si dividono e diventano autonome, non riconoscendo più il latino. Tutto ciò accade nell'848, con i famosi [Giuramenti di Strasburgo]: i Franchi non riconoscono più il latino ed allora giurano coi cavalieri in due lingue e qui vi è la rottura e la nascita delle lingue post- latine. Ad un certo punto l'italiano diventa cose diverse, allo stesso modo delle lingue romanze, tanto che ci sono addirittura suffissi diversi, pur avendo radici comuni. Le varie [dominazione], seppur successive, lasceranno delle tracce importanti, è quello che c'era sotto che decide: il concetto è quello del [sostrato linguistico], [ovvero la lingua che sta "sotto", una sorta di reagente chimico.] Il [sostrato] nelle diverse [aree europee] era diverso ed [interagisce diversamente con il latino,] facendolo diventare cose diverse. È evidente che [c'è un'area settentrionale in Italia in cui conta il sostrato per cui il latino, alla fine, si sovrappone]. Il latino ha un sostrato gallico, prima della conquista dei romani sopra l'appennino c'erano i galli e questo fa si che quando il latino prende forza reagisce diversamente con quello che c'era sotto, di conseguenza si ha un [cambio di suffisso] (da -arus ad -er e così via per le varie zone d'Italia). [La storia del sud è, invece, estremamente complessa: va ricordata, infatti, anche la presenza dei greci. La lingua reagisce, quindi, diversamente nelle varie aree, in base al tipo di sostrato linguistico che c'era.] Quindi, alla fine della [latinità], in Italia nascono le [lingue romanze], come nel resto dell'area romanza, ovvero quelli che noi chiamiamo i [dialetti italiani sono lingue romanze], sono il loro [prodotto], tanto è vero che, per esempio, butirro non è italiano storpiato o parlato male, è la parola latina, che la lingua romagnola (diventato poi dialetto) ha preso direttamente dal latino, perché viene da esso (butirro sarà quindi il proseguimento di butir, che era la parola latina). L'italiano, invece, si ferma a "burro", che viene dal francese, che lo deriva anche lui dal latino, però la forma con cui avviene ed entra in italiano ci fa dire che è appunto passato dall'alto francese (a proposito di prestiti). Queste due parole raccontano due storie diverse: una arriva direttamente dal romagnolo, se conservato, ed è la parola latina, l'altro invece ha fatto il giro per la Francia, e ci entra, la continuità del prestito dalla Francia, in epoca medievale. Ad un certo punto questa viene declassata e rimane dialettale, affermandosi così la voce che nasconde il prestito. *[Dov'è l'italiano "cavaliere"? Il suffisso da dove viene?]* Anche in questo caso il suffisso viene dalla [Francia] (esempio: candeliere, cavaliere, ieri): -arius in area francese da questo suffisso che poi l'italiano prende. Nelle diverse aree linguistiche italiane [le parole subiscono delle storie diverse]: ciò fa capire che in area italiana, naturalmente, non ci sarebbe stata questa derivazione; quindi, vuol dire che è passato dal francese. Tutte queste parole saranno quindi [italianizzate], prendendo dal francese: questo è utile a capire il valore [della derivazione diversa in base ai sostrati del latino e che impatto ha sull'italiano.] Storicamente tutto ciò ha [un'incidenza]. C'è un prestito [arabo] (che indicava il luogo dove si lavora) che in italiano rende "darsena" ed "arsenale" (citato da Dante con "arzanàl", parlando dell'arsenale a Venezia, paragonando, nell'Inferno, i dannati sono nei pentoloni, ciò che accade "là nell'arzanàl veneziano", ha poi conseguito anche un significato dal punto di vista militare: "arsenale millitare", ovvero l'insieme delle armi): dalla stessa parola araba si hanno due parole. Arsenale deriva quindi da questa parola araba che indicava il luogo in cui si lavora ed entra in italiano attraverso il veneto (l'arsenale dei veneziani diventa derivato da questa parola). Darsena è la parla che entra in italiano attraverso il tirreno, è genovese: i genovesi la stessa parla la rielaborano e lasciano questo questo vocabolo. [Queste parole si specializzano con un significato, nascono dalla stessa parola ma hanno due storie diverse:] da una parte dell'Italia viene fuori un certo tipo di parola, dall'altro un altro tipo ancora e rimangono entrambe nell'italiano. Queste due parole provengono dalle [realtà locali], cioè sono due parole che hanno [un'origine diversa] ed arrivano alla [lingua nazionale da due strade regionali differenti]. Ciò viene detto fronte interno della lingua italiana: c'è una dinamicissima attività con le lingue locali. La stessa cosa succede anche con un'altra parola: "sapiente". In italiano, infatti c'è il vocabolo "sapiente" e "saccente", che hanno due significati diversi tra di loro ed hanno delle differenze. Entrambe vengono dal latino, da "sapiens", solo che in area meridionale e napoletana questo diventa "saccio" e quindi "saccente", in area centrale "sapiente" rimane invariato. Rimangono entrambi nell'italiano poiché "saccente" finisce per avere un altro significato. Importante è quindi tenere a mente le aree linguistiche diverse: i dialetti sono lingue romanze e derivano tutti dal latino. Ad un certo punto di tutte queste lingue ne viene scelta una: si dice "macellaio" poiché si fa coincidere l'italiano con l'area fiorentino- toscana: della grande varietà si decide di sceglierne una. Le altre lingue continuano la loro vita ma si sceglie una lingua, soprattutto per lo scritto. [Si sceglie il toscano poiché era legato a Dante: ad un certo punto Dante (raccontava cose in cui tani si riconoscevano), Petrarca e Boccaccio scriveranno in toscano.] Da quel momento la lingua, siccome loro erano fra i più bravi e conosciuti in Italia, insieme alla diffusione dei loro testi, li fanno diventare dei [modelli] (dentro lo scritto) per chi scriveva poesia. Quindi, non solo lo scritto comune, ma quello letterario: [scritto e parlato cominciano ad avere un peso diverso nella nostra storia.] Escono queste opere, tutti le riconoscono come modelli ed ambiscono a scrivere come loro: si parla di letteratura, un ambito ristretto, è un'opzione letteraria. Poi, ad un certo punto, alla fine del si decide di riconoscere quella come "[lingua esempio]". Ciò che da forza a questa diffusione, che è una [scelta che cerca anche di riunire l'Itaia sotto questo concetto di "idea",] è la [storia] che accetta questa decisione, con [l'unanimità del popolo]. La [storia] d'Italia, da sempre [divisa] è nata prima come [idea] (nel senso che tutti si riconoscono in questo concetto), è data da velocità diverse, perché nasce in un paese antico che vede l'unità solo nel . Questa idea di appartenere ad un luogo ampio in cui si riconoscevano le [entità locali] è, tuttavia, [un'idea antica], che è all'origine di questa scelta prima letteraria e poi politica (solo nel 1861). [L'idea di appartenere ad una realtà "superiore"], oltre il [municipalismo] (da Dante) è una [scelta letteraria, culturale e linguistica]. La [spinta clamorosa] che ha avuto il toscano per affermarsi è data dalla stampa (all'inizio del 1500) di Venezia, una delle città più ricche che scopre l'impatto del [libro nella cultura europea] (con anche la riforma Protestante) e della [stampa] con la possibilità di diffondere il libro oggetto. Il problema del voler scrivere in altre lingue è che non si sa come scriverle e leggerle, di qui la scelta degli [stampatori] di usare quel [modello che si è già stabilizzato], che era un esempio. La stampa da, quindi, la [spinta decisiva all'affermazione del toscano], primo perché se si stampa in toscano più gente riesce a leggerli, secondo, [lo stampatore ha un modello di regolarità scritta], non è un caso che le prime grammatiche, ad uso degli stampatori, nascano nel '500. Importante è ricordare che ogni lingua ha una [simbologia grafica] che deve essere riconosciuta, di cui si può dibattere sull'ortografia (homo o omo: qualcuno diceva che l'uomo senza h è un uomo senza Dio, da qui si risale al latino e l'uso che se ne faceva): ortografia che è molto moderna e legata alla rappresentazione dei suoni, non alla grafia etimologica. Quindi, c'è tutto un problema di [trascrizione], che nel romagnolo conosce il suo apice con poeti come Raffaello Baldini (di Sant'Arcangelo): graficamente si realizza, così come accade col Veneto ed il poeta Biagio Marin, che tuttavia resta la lingua della laguna. Uno stampatore del '500 non aveva però i modelli e mezzi per scriverlo: avendo un modello si era anche più sicuri che le stampe avrebbero avuto una maggiore diffusione. [La stampa ha quindi dato anche una stablità allo scritto.] Tutto ciò riguarda lo [scritto], questa [toscanizzazione] riguarda la [lingua scritta e letteraria], mentre il resto d'Italia continua la sua [vita orale con le lingue locali]. Quindi, [l'italiano "di derivazione toscana"] diventa una [lingua scritta], [le lingue orali proseguono coi loro geosinonimi e geoomonini] ([prestiti interni]) proseguono, se l'italiano/ toscano è una lingua scritta, di stampo fortemente letterario, che non ambiva ad essere altro, si hanno le parole ed i concetti per esprimere [ideali alti]: una parte della vita quotidiana necessita quindi, ancora, [l'uso delle lingue locali]. Per queste motivazioni non si hanno dubbi che parole "amore", "speranza" sono comuni in tutta Italia, mentre esempi della vita uotidiana non lo sono, poiché sono state codificate e diffuse ovunque, ma queste altre parole la lingua nazionale, profondamente intrisa di letterarietà, non ha ma avuto la forza di imporre perché nelle case italiane si continua a vivere nelle lingue locali. Linguisticamente è una diglossia, che caratterizza la storia linguistica italiana, ovvero, non è un bilinguismo (si alternano le lingue contemporaneamente), mentre qui si alterna il toscano, per la comunicazione prevalentemente scritta e le lingue locali per la comunicazione in ambienti comuni. [Quindi, queste due storie corrono a velocità diverse: sono importanti, quindi, sia l'orale che lo scritto, poiché l'italiano si è voluto molto più lentamente rispetto alle altre lingue europee.] [Queste sono le motivazioni per le quali non si fatica troppo a leggere poeti come Boccaccio, Petrarca e Dante: la lingua si è "fermata", "cristallizzata" ed è diventata un modello, il resto si è evoluto. ] La conseguenza di ciò è il fatto che ancora su certe cose ci dobbiamo ancora regolare e registrare: l'italiano non ha avuto la forza di imporre alcune parole nel quotidiano, lo sta facendo ora la pubblicità. Altre considerazioni riguardano: - [Il legame tra l'italiano e la sua storia letteraria: molte parole si sono mantenute vive perché hanno una storia letteraria;] - [Le diverse veloità di evoluzione: la lingua scritta si evolve in maniera più lenta e tutta questa tensione sull'evoluzione dell'italiano è la paura di una lingua che si mette in movimento]. È chiaro che, essendo nata con un legame al modello, l'innovazione veniva, all'inizio, vista male, di qui una visione della grammatica molto censoria; - [La lingua scritta, all'inizio, non era parlata] (esempio: Alessandro Manzoni ed "I Promessi Sposi. Alla fine del '700 e inizio del '800 Manzoni scrive con un repertorio linguistico legato al milanese che parlava in casa e durante la sua vita quotidiana, il francese per il collegamento diretto con Parigi: i suoi amici intellettuali lo parlavano siccome rappresentava la lingua intellettuale. Lui come tanti l'italiano lo impara sui libri, pensando fosse una lingua morta poiché non parlato o praticato: la difficoltà delle edizioni dei "Prossimi Sposi" sta nella disinvoltura dell'uso della lingua italiana, pensandola morta. Scrive i "Promessi Sposi" con un vocabolario milanese/ italiano: dell'italiano non conosceva che le poche parole che leggeva nei libri. Andrà poi a Firenze, scoprendo che la lingua che aveva imparato faticosamente era veramente parlata). Dopo l'unità d'Italia è stato calcolato che solo intorno all'11% conosceva l'italiano parlato, si era un paese con un inno, senza una lingua comune. Resta un ambito sempre ristretto per [l'esperienza della scrittura]: si scrive poesia in toscano (esempio Jacopo San Lazzaro, napoletano, scrive una prima versione in napoletano, poi in toscano). Fino a qualche anno fa sé stesso si scriveva senza accento, poiché non si avevano dubbi sul soggetto di sé, negli ultimi anni si è deciso di mettere l'accento ed i correttori hanno assunto la versione di Serianni (famoso linguista). L'Italia è piena di persone che squalificano per errori di grammatica sporadici. I dizionari cambiano a seconda del criterio con cui sono costruiti: c'è il dizionario storico, il dizionario dell'italiano contemporaneo e degli etimi che ha come obbiettivo quelli di riscriverli. [Geoomonini] va scritto con 2 o poiché dal punto di vista del significato il prefissoide se ne porta dietro uno e va rispettato (funziona come -eco), allo stesso modo si può scrivere con un trattino. Il [trattino] in Italia è un francesismo. In Italia vi sono vari usi della "[lineetta]": una più ampia, che riguarda il testo, serve per creare degli incisi, ora è indicato spesso per sostituire le virgolette ed indicano le parole altrui, alle volte, all'interno del testo, è sostituito dalle parentesi. Questo sistema è molto comodo poiché così facendo dentro le lineette non è necessario apporre complesse subordinazioni o legami sintattici complessi. Il trattino, che è diverso, eredita le funzioni che ha il trait d'union francese: riguarda, quindi, l'interno delle parole, non il testo come le linee. Serve, alle volte, a mettere insieme e può essere usato in parole polirematiche (usato per segnalare che sono un'unità unica); può avere anche la funzione da/ a (autostrada Firenze/ Ancona) ed economizza quindi la congiunzione (legge Bossi- Fini), oppure può valere in espressioni come due o tre (due-tre). Importante è, comunque, ricordare che la dimensione di questo trattino è quella delle parole. Oppure, può legare insieme due aggettivi (tecnico- scientifico), due opposti o vocaboli parzialmente contraddittori (incontro- scontro) o costrutti con un elemento che è determinazione dell'altro (stato- nazione, ascolti- record), dove il secondo membro determina e specifica il primo oppure alcune espressioni "fisse" come "calcio- mercato" (il primo sostantivo è determinato dal secondo). [Molto spesso sono dei calchi per formazione:] non è una composizione poiché le parole non sono unite; tuttavia, [questo tipo di formazione rivela la presenza di un calco poiché inverte], anche nella [composizione], [quello che sarebbe l'ordine delle lingue romanze] (le lingue romanze costruiscono prima col determinato, poi con il determinare), [per cui dietro vi è l'impronta di un'altra lingua]. [L'inversione dell'ordine tradizionale si sta affermando anche nelle lingue romanze: in questo caso la linea serve a tenere insieme le due parole. ] In "[eco- ansia]" l'uso del trattino riguarda anche i composti con suffissoidi e prefissoidi (composizione neoclassica) di formazione nuova: può succedere che questa non sia ancora univerbata, non sia ancora diventata una parola unica, e per sottolineare il prefissoide, agganciato al sostantivo, viene mantenuto il trattino. Può darsi che un domani questo scompaia. [Di solito indica il neologismo, la nuova formazione, ed accompagna questa nuova creazione fino a che non si stabilizza ("eco- incentivi").] Importante è comunque ricordare sempre la [necessità di specificare i prefissoidi che si portano sempre dietro un significato. ] Tutte queste sono convenzioni e [segni paragrafematici,] ovvero, segni (punteggiatura...) che servono a rendere il testo più chiaro. Hanno una storia lunga (lo statuto della punteggiatura è complesso) ed un tempo la punteggiatura serviva anche ad indicare le pause per la lettura: erano un indicatore anche per l'orale. [Si stabilizza con lo sviluppo della stampa: la disposizione attuale del libro venne data a Venezia con la disposizione classica che non ha più l'eredità del manoscritto ed ad Aldo Manuzio si deve persino l'invenzione del punto e virgola] (nella sua bottega lavorano Erasmo da Rotterdam, che edita i testi greci e latini, insieme a Pietro Bembo: i più grandi intellettuali danno al loro contemporaneo i nuovi testi su cui si sviluppa la cultura umanistica- rinascimentale). In questo contesto nasce anche l'idea di [traduzione moderna.] Se si parla di [Aldo Manuzio] si parla anche di Venezia, e tutto ciò riguarda anche il percorso di storia della lingua, utile a capire perché nell'italiano contemporaneo continuiamo a portarci dietro certi caratteri e spiegazioni, come la pronuncia dell'italiano. Parlare di geosinonimi significa capire perché e da dove nasce la lingua: ha un DNA toscano ed il fatto che è stato scelto un [dialetto italiano,] per le sue [ragioni storiche], fa si che il toscano che diventa lingua nazionale, all'unità d'Italia, sia una lingua della piccola fascia. Abbiamo visto che era una lingua scritta che conviveva accanto a quelli che chiamiamo dialetti. In principio questi erano 14 volgari (come scrive Dante nel De Vulgari Eloquentia, descrivendo per primo lo spazio linguistico italiano e parlando già di una "casa comune", ponendo dei confini fra le altre lingue romanze che non appartengono allo stesso ceppo dell'italiano. Oltre a descriverlo traccia anche de confini). Viene scelto il volgare e quindi una lingua letteraria di riferimento ed inizialmente è dedicata solo alla letteratura, era un modello letterario; nel momento in cui si sceglie il toscano si passa dalla denominazione di volgari a quella di "dialetti". Quindi, la parola "[volgare]" viene sostituita progressivamente dalla parola "[dialetto]". Ovviamente sono passaggi leggi ma è importante ricordare che dal momento in cui se ne sceglie una gli altri decadono. Tutto ciò porta ad una serie di [storture] e strani [sviluppi] per cui nascono alcune cose che caratterizzano profondamente il nostro paese. Per quanto riguarda la lingua scritta noi [abbiamo tutti gli assi di variazione e di diamesia] (scritto/ parlato) per cui succede che [il toscano per i non toscani diventerà una lingua impostata sui libri, nel '500 c'è bisogno di imparare una lingua per tutti i letterati che si regge sui libri e nascono così le grammatiche.] Queste grammatiche si basano solo sullo scritto e sono due: ["Le prose della volgar lingua"] (1525, Pietro Bembo), ne era uscita poco prima nel 1516, però non ha avuto il valore che ha avuto quella di Bembo. Il concetto, però era lo stesso: Bembo era veneziano, prende però Dante, Petrarca e Boccaccio e descrive la loro lingua; quindi, è una grammatica costruita su tre libri: per cui dice "Petrarca usa questi pronomi, la coniugazione del verbo è questa" e lo fa lavorando sui testi di qualcuno, descrivendo quello che ha davanti agli occhi. [Bembo], a cui [non gliene importa niente di come parla la gente] (Macchiavelli afferma, invece, come noi parliamo la lingua di tutti i giorni), [perché è un fatto prettamente culturale, codifica un modello fermo, aureo nei grandi testi del '300]. Qui si crea una strana situazione: nel ' un [veneto codifica la lingua del '300] [toscana] ma a [Firenze la lingua era già andata avanti]. I fiorentini si arrabbiano, poiché vengono accusati di non saper parlare: loro stessi sono privati della loro lingua (interviene Macchiavelli con l'affermazione sopra citata) che non è più considerata corretta perché corretta è solo quella che c'è nel libro. Allora, nella descrizione linguistica italiana succede un qualcosa di strano per cui il parlato toscano viene accantonato: la codificazione grammaticale è scritta, descrive una lingua scritta per cui sia essa che ["Il vocabolario dell'Accademia della Crusca"] (1612: primo dizionario di una lingua moderna: così come la grammatica di Bembo e di Fortunio sono le prime grande grammatiche di una lingua moderna) si occupano di parlare della lingua toscana. Si ha [un'evoluzione culturale enorme], perché si pensava che le lingue parlate non avessero una grammatica, l'unica lingua che poteva essere descritta ed aveva una grammatica era il latino (invece, anche tutte le altre lingue hanno delle regolarità e non che possono essere descritte). Dopo il modello della Crusca nasceranno, ovviamente altri dizionari. Quello della Crusca è come le prose del Bembo, ovvero, prende i libri e registra le parole: ancora una volta il tema del parlato viene meno. [Ogni parola è quindi accompagnata da uno spoglio testuale, da una occorrenza registrata dallo scritto.] Il parlato non c'è, salvo per alcune parole correnti (esempio: gatto, animal noto), tutto il resto è documentato. Importante è il tema dello scritto poiché [per acquisire la lingua nazionale bisogna saper leggere e scrivere e chi non lo sa fare si trova in difficoltà ed è tagliato fuori dal discorso] ([l'analfabetismo] era allora molto diffuso), di qui la [lontananza fra lo Stato ed i suoi cittadini, un tema storico italiano]: la [diffidenza verso chi parla italiano] perché potrebbe fregarlo (un po\' come Renzo e l'Azzeccagarbugli che parla latinorum), la [diffidenza perché spesso l'italiano delle istituzioni è quello burocratico, complesso]. Ovvia è quindi questa lontananza, nonostante il processo di una lingua come tema di riconoscimento sia iniziato molto prima. [Un'unità culturale non corrisponde ad un'unità politica.] Come [Dante], si riconosce uno [spazio comune] di cui si fa parte, ma non c'è l'equivalente politico, di qui il valore fondamentale della nostra [storia identitaria], per il nostro profilo, della letteratura, della cultura e della lingua, di qui [l'ossessione degli italiani di tutti i secoli per la lingua]. In assenza di altri pilastri identitari la [lingua diventava il baluardo dell'identità:] aveva un [valore simbolico] che in altri paesi non c'era, diventa il luogo da difendere. Diverso sarà negli altri paesi europei dove vi era già [un'identità politica. ] Nel comincia un processo di [avvicinamento] e di [diffusione dell'italiano], tuttavia, il paese era fatto da [dialettofoni], per cui i [fattori di italianizzazione saranno tanti ed il lavoro sarà estremamente complicato]. Tutto ciò sarà favorito dalla [scolarizzazione], [dall'emigrazioni interne], [dall'esercito e dai mezzi di comunicazione di massa,] che per la prima volta portano a sentire parlare l'italiano (di qui la difficoltà, agli esordi, del cinema italiano di capire che lingua usare). Per molti [l'italiano] era completamente [innaturale], non essendo la lingua quotidiana ovvero i loro dialetti regionali (la stessa cosa accade col teatro italiano. Anche ad oggi la più alta espressione ed essenza del teatro italiano è il dramma, astratto, che non ha un contatto con la realtà. Lo stesso accade con la commedia dell'arte e le nostre maschere che parlano le lingue regionali, in base alla zona di provenienza ed incarnato i "personaggi bassi"). [Questa lingua scritta, rigida e di pochi non si prestava a dare voce alla realtà e complessità italiana ma continuava a perdere d concretezza]: di qui la ricerca del teatro italiano che ha una ricerca enorme e cerca di recuperare le tante espressioni artistiche (tutto ciò continua ad accadere anche oggi). Questa storia si caratterizza dalla sua [diglossia], ovvero la [decisione di analizzare le due lingue che si hanno,] che si decide di [alternare a seconda dei contesti comunicativi]. Le conseguenze si notano ancora oggi: quando si è in determinati contesti si opta per la [lingua nazionale], di [derivazione toscana], quando invece si è in altri contesti si usa la [lingua locale] (non è come il [bilinguismo], questa è legata ad un contesto). Un'altra [variazione importante è quella diafasica], che si riferisce ai contesti in cui avviene la [comunicazione], un qualcosa che impatt fortemente sulla comunicazione. Si continua quindi a considerare la lingua in base al mezzo, contesto e luogo dai quali dipende: acquista così diverse sfaccettature. [Oggi questa diglossia non esiste quasi più: oggi si va verso una dilalia] (per cui noi siamo italofoni, dovuto al lungo percorso ottenuto dalla televisione dal quale alla fine degli anni '70/ '80 ed i bambini che vanno a scuola da quegli anni lo sono, non come i nostri antenati, che probabilmente ci andarono come dialettofoni). La [dilalia], di cui parlano i linguisti, significa che [io, italofono, sono in un contesto familaire, posso tranquillamente usare il mio italiano colloquiale ma anche il mio dialetto, non sono più obbligato, si può alternare dentro la variazione diafasica l'italiano ed il dialetto]. Siamo tutti italofoni, [l'italiano ha "mangiato lo spazio del dialetto"], ha conquistato le zone familiare e colloquiali. In queste zone familiari e colloquiali ci sono due opzioni, cosa che prima non si aveva, poiché l'italiano era più" in alto". Da qui nascono i [geoomonimi e geosinonimi:] [la vita si fa dal dialetto]. Ad un certo punto alla fine del '700 arriva un gesuita spagnolo a Bologna e si rende conto che non parlano italiano, dice che è "pieno di ospiti" che parlano tutti dialetto locale, ad eccezione della predica, detta in italiano o in latino. È poi chiaro che c'era una lingua intermedia, delle "[italianizzazioni]" (come nel caso dei milanesi che aggiungevano vocali per far sembrare di sapere l'italiano, è chiaro che, come tutti i dialetti, spesso non aveva vocali finali). L'italiano finisce quindi con vocali pochè vi vennero aggiunte per simulare e rendere orecchiale questa lingua: uno che veniva dall'esterno difficilmente si trovava. [L'italiano ha conosciuto una diffusione estesa in tutta la penisola ma si è limitata in quanto a quanto concerne gli ambiti d'uso e la stratificazione sociale:] c'è quindi anche un tema di [marginalizzazione], se non si conosce la lingua nazionale si è "fuori". Non è un caso che uno dei primi programmi della televisione italiana sia ["Non è mai troppo tardi" del Maestro Manzi], che insegna a scrivere. Quindi, quando siamo nella dimensione diafasica si parla di [stratificazione sociale]: si aggiunge così anche un'altra [variazione] (diastratia, cioè la [caratterizzazione sociale] di chi parla, il [profilo sociale] di chi parla). La [pronuncia] indica e da un profilo di chi sta parlando, per esempio. In Italia, tuttavia, è meno complesso: ciò non distingue le classi sociali o origini sociali. [Si aggiunge, quindi un altro elemento di variazione: il profilo sociale di chi sta parlando. In tutti i contesti di comunicazione informale e parlata i codici d'uso hanno continuato ad essere dialetti e le lingue di minoranza presenti sul territorio: la lingua comune non si offriva al singolo come una realtà naturale, impossibilmente acquisibile nella vita di ogni giorno.] Qui si fa riferiment ad un [libro di Tulio de Mauro ("Storia linguistica di un'Italia unita")], un libro pioneristico del 1963: qui De Mauro parla e da questo dato all'unità d'Italia, affermando che gli italofoni erano del 2,5%. La descrizione che da dell'Italia al momento dell'unità vale fino alla II guerra mondiale: vi è quindi una mancata competenza di questa lingua persino nonostante il [fascismo], che ha cercato di [eliminare i dialetti] (perché minavano l'idea dell'unità e della derivazione diretta da Roma; i dialetti è sempre stata l'altra realtà rispetto a quella italiana, ecco perché le maschere, ed il cinema italiano che continua ad attingere (Checco Zalone, per esempio, gioca sullo stereotipo del ragazzo del sud che, con chiave comico- linguistica, rende difficile esportare il tipo di comicità linguistica, fatta di mancata comprensione della competenza della lingua nazionale: gli rimbalzano le parole dall'alto che lui riprende in modo comico: sfrutta la storia linguistica della Commedia dell'Arte. Si fa, quindi, di controaltare per diventare lo stereotipo: la contrapposizione da origine ad una serie di comicità linguistica. C'è ancora, quindi, questo rapporto difficile tra gli italiani e la loro lingua: dovuta alla distanza storica tra la lingua alta e quella bassa). Il fascismo, di fatto, non sopportava la concretezza della lingua bassa, che non poteva veicolare grandi ed eterei ideali. Questa condizione riporta in sé, quindi, il concetto di diglossia: mutando le condizioni sociali del paese la rigidità del modell diglottio (usato da Checco Zalone) viene meno spostandosi verso un determinato repertorio (concetto sociolinguistico: indica le risorse a disposizione) tipico dell'Italia contemporanea che Berruto ha chiamato dilalia (si ha un varietà) che vive nella sovrapposizione funzionale (non c'è più la distinzione per una funzione o l'altra. L'italiano si è esteso agli usi informali della lingua. [Si può dire che l'italiano sia sceso, erodendo lo spazio del dialetto e sovrapponendosi ad esso. ] Sono emersi così: - [Assi di variazione ] - [Tema della storia dell'italiano] - [Asse di variazione diatopica, cioè l'elemento locale e regionale] - [Tema del diamesico] (con la tradizione lessicografica e grammaticale sullo scritto, codificate solo qua) I **dizionari** sono distinti fra loro (**DELI, GDLI, GRADIT**): - [Dizionario della Crusca] ([dizionario etimologico]): voce "quarantena" (probabilmente dal veneziano e dalle barche che dal porto venivano lasciate per un periodo nell'isola di San Lazzaro, per prevenire malattie) (dal volume 612), è un italianismo nel mondo, ovvero una voce che l'italiano da a tutto il mondo. È definita come decina di quaranta o un qualcosa che aveva a che fare con la religione. In seguito, aggiunge la citazione del libro da cui è presa. - [Dizionario della lingua italiana] ([dizionario storico]: ha l'ambizione di raccogliere tutte le parole della lingua italiana): da una definizione, le varie accezioni, funge parzialmente da dizionario bilingue ed enciclopedico, poi alla fine da una compilazione identica a quella degli accademici della Crusca: mette una porzione di testo e le prime, secondo i lessicografi attestazioni di dizionari, ovvero, la documentazione scritta. Ancora una volta, il concetto è quello di dare una datazione alla parola, risalente allo scritto, data spogliando i testi scritti. Si è sempre dentro la dimensione scritta. - [Dizionario del GRADIT] (curato da De Mauro), voce "lessico": anche qui c'è la prima attestazione di lessico, cioè la [datazione] delle parole. C'è la prima [accezione], comune (a che ambito risale), poi passa all'accezione specialistica, cioè diventa un termine specialistico, dentro una determinata disciplina linguistica (l'insieme delle parole di un autore in particolare e delle parole caratterizzanti e tipiche). Raccoglie alfabeticamente le parole di una lingua, che alla concezione linguistica unisce [l'ambito enciclopedico], unendo tutti i vocaboli possibilmente utilizzabili. In seguito, c'è l'accezione linguistica ed una data con scritto affianco "Lessico familiare" (data di uscita del libro di Natalia Ginzburg, 1963). Quando si parla di lessico familiare si parla del lessico della famiglia, dove un vocabolo o uso ha un peso specifico e, quindi, c'è un universo che ha un peso in quel contesto. Interessa perché si nota come dalla lingua letteraria rimbalza il significato di lingua comune, insieme al debito che ne lascia. Sottolinea ora come la lingua letteraria, oggi, non fornisca più vocaboli alla lingua comune, allora questa idea è finita, più o meno, con quella data (1963). Oggi gli scrittori più famosi, come Elena Ferrante, faticano ad influenzare anche il parlato (tranne per l'uso di "geniale", che è entrato nell'uso esteso), lo stesso vale per Saviano. Il riferimento, in questo caso, al [libro della Ginzburg] è chiaro e sottolinea la rottura del rapporto tra lingua letteraria e quotidiana, ora marginale. [Questo dizionario aggiunge, dunque, due nuovi strumenti: la nota a piè pagina che dimostra come "lessico" sia una parola comune, in alcuni contesti specialistica, con un significato univoco, cioè indica una cosa precisa.] Un termine specialistico non deve essere per forza un termine strano (come la parola "spread", che in lessico economico indica il differenziale tra i titoli di rendimento italiani e tedeschi, quando si apre i mutui acquistano un peso diverso. Oggi però si trova anche nei giornali, per cui rimbalza dal significato specialistico e diventa comune, perdendo la sua specificità. Con spread si intende anche "crisi", diventando così sinonimo di crisi in alcuni contesti e lessico specialistico in altri). In sostanza, ancora una volta, [il contesto d'uso decide il valore specialistico di un termine rispetto all'altro]: alcuni termini dalla lingua comune si specializzano, altri fanno il contrario (esempio "manico": nella lingua comune è un qualcosa, nella lingua della liuteria indica il manico del violino ed esemplifica un termine specialistico, che si specializza in un determinato contesto). I [contesti] sono, quindi, ancora una volta decisivi: anche il medico, per esempio, quando parla esce dallo specialistico. [Aggiunge quindi l'accezione e classifica le voci dando una rappresentazione del lessico non anonima o indistinta come da "Il Grande dizionario della lingua italiana".] Classica le "[marche d'uso]", il lessico: lo strumento in pù sottolinea come le parole non siano tutte uguali: alcune appartengono al nucleo delle parole fondamentali, altre, invece, appartengono ad [usi marginali e specialistici.] Ciò significa che, anche il nostro lessico non è [uniforme], ma è fatto da una serie di [stratificazioni], in cui al centro ci sono le parole più comuni, poi quelle meno comuni, che appartengono a zone più circoscritte della comunicazione e più specifiche. Questa è la stratificazione che emerge dai vocaboli italiani, 14.000 parole, non sempre usate: ecco, in questo caso il [GRADIT] permette di analizzare quali sono le parole più usate. Logicamente, è uno strumento importante che permette lo studio non solo dello scritto, come nel caso degli altri dizionari. [In questo caso si fa una distinze: le parole più usate non toccano solo lo scritto, dallo scritto non si ha questa percezione.] Per creare uno strumento così importante [non si segue solo il modello scritto], come è sempre stato storicamente per l'italiano, per fare questo passaggio e trovare un nucleo De Mauro si occupa per la prima volta dell'italiano parlato. [Ciò accade grazie ai nuovi mezzi e la registrazione di corpora di italiano, raccogliendo quindi un insieme di registrazione orali del parlato e li ha, poi, processati, utilizzando l'informatica.] Ha fatto così emergere una serie di indici precisi che gli hanno dato modo di [ricostruire una rappresentazione del lessico italiano che va immaginato come una serie di cerchi concentrici.] Però, nella nostra storia [lessicografica] è una rivoluzione copernicana, perché compare finalmente il parametro del parlato, impattando così anche le grammatiche. Dalla sua analisi emerge che noi abbiamo ciò che De Mauro chiama il "[vocabolario di base]", il [nucleo centrale] della nostra lingua, ovvero 7mila lessemi che è alla base dei testi scritti e del parlato della lingua. A sua volta questi 7mila lessemi sono divisi in 3 fasce concentriche: - [Lessico fondamentale] (2mila lessemi: parole funzionali, e, a, perché, come, avverbi ed aggettivi che rispondono ai bisogni naturali immediati ed alla vita quotidiana); - [Lessico di alto uso] (2500/ 3000 lessemi, impiegati nello scritto e nel parlato, noti a tutti coloro che hanno un livello di istruzione medio: africano, pregiudizio, abbassare): piano piano ci si allarga dalla vita quotidiana e da bisogni; - [Lessico ad alta disponibilità] (2300 lessemi circa, parole che può accaderci di non dire o scrivere mai o quasi mai, ma legate ad oggetti, esperienze, fatti ben note a tutte le persone adulte le persone e della vita quotidiana: dentifricio, forchetta). Fra questa fascia e le altre vi è una differenza: fa riferimento ed indicano qualcosa di quotidiana ma spesso astratto. Ciò che le differenzia principalmente è il [riferente]: [nel lessico di alta disponibilità troviamo i referenti ed oggetti che mi contornano.] Tutto ciò secondo De Mauro è la [fotografia del vocabolario di base, cioè delle parole più utilizzate.] Il GRADIT è uscito alla fine degli anni '90, si può considerare ancora valido? Anche questo ha bisogno di essere [ridefinito ed aggiornato], soprattutto il panorama tecnologico e, di conseguenza, gli oggetti referenti. Nonostante sia stabilizzato al 90% dai tempi di Dante (presenti quindi nella Divina Commedia, di qui l'impronta di Dante sulla lingua italiana) c'è bisogno di un [rinnovamento]. [Il lessico si evolve quindi in modo diverso, da una parte troviamo le sue norme e la continuità del lessico fondamentale, dall'altra lati che si sviluppano diversamente.] La lingua ha un cuore antichissimo ma diventa parlata solo in tempi recenti, ricominciando così a correre da poco. La parte più soggetta ai cambiamenti è quella del [lessico ad alta disponibilità], tanto è vero che De Mauro ha aggiornato il vocabolario prima di morire. Il [vocabolario di base] è uno strumento importante perché vi è un tema di [competenza]: si deve insegnare l'italiano a qualcuno, per esempio, vi si fa riferimento. Quando viene chiesto di usare parole semplici non si sa realmente a cosa ci si riferisce (lungimirante, esecrabile, altisonante, usbergo per qualcuno possono essere chiari per altri no): se si usano le parole del vocabolario di base ci sono più probabilità che qualcuno capisca, poiché si esce dalla [percezione individuale della lingua,] se una parola è nel vocabolario di base è più probabile che ci si capisca a vicenda. È uno strumento importante di [trasparenza], oltre ad essere un fatto importante dal punto lessicografico. [La lingua si impoverisce quando si usano sempre le stesse parole e lo si fa in modo impreciso]. È fondamentale, per cui per un serie di strumenti che offre una serie di [variabili che incidono sulla lingua]: questi temi e fattori sono, quindi, essenziali, tanto quanto la [situazione comunicativa] che fa si che si attui una [scelta lessicale]. Non solo, si riflettono anche sulla lingua il [profilo sociale e l'istruzione]. Le risorse che si hanno a disposizione fanno si che si abbiano delle possibilità diverse. Sull'italiano c'è anche [l'aggiunta dell'area linguistica di provenienza che modifica la variazione diatopica. ] Nel giudicare e valutare la realizzazione linguistica questi elementi vanno tenuti in conto. Naturalmente, [impatta anche il mezzo (diamesia) e il profilo sociale (diastratia).] [Diafasia, diamesia (mezzo di adeguatezza di ciò che si fa rispetto al mezzo) e diastratia sono fondamentali per poter giudicare l'accettabilità o meno di una realizzazione linguistica. ] - Un esempio è il tweet di Valditara: come i parametri sopra indicati incidono, in questo caso? Riguardo a questo tweet c'è stato un notevole dibattito: il periodo è molto lungo e mancano delle virgole, ci sono salti di registro ed un errore del congiuntivo (passa dal futuro al congiuntivo). Il tweet è illeggibile e non è accettabile neanche su questo mezzo (nel caso del verbo sipuò sorvolare, visto il mezzo). Importante è ricordare che è il mezzo che seleziona un'altra lingua. In questo dibattito, riportato anche su "Il Corriere della Sera", e da Massimo Arcangeli, si sottolinea il problema testuale: viene presa una scelta errata, usando un periodare lungo e complesso, che non si addice al mezzo. Il vero problema è che sono scelte non adeguate dal punto di vista diamesico: queste variabili incidono, quindi, anche sulla [valutazione di adeguatezza del messaggio.] C'è effettivamente una [forzatura nella gestione del testo]: non può essere scritto un testo del genere in quel mezzo. C'è, anche, il [tema di inaccettabilità: qualcosa va contro il sistema e la norma vincolante della lingua] (ciò può essere accetttato se quella persona ancora non conosce la lingua). Ci sono alcuni contesti in cui però è accettabile: [ci sono delle zone in cui la norma è inviolabile], e rimane tale, altre in cui la frizione fra la mia realizzazione linguistica ed altri elementi la rende non accettabile; entrano altri elementi che danno strumenti diversi per considerare il mio discorso accettabile o meno. A [ prescindere dalla tessitura linguistica, in conflitto con il mezzo, questo esempio è esaustivo. Le risorse vanno usate appropriamente, in relazione alle variabili. ] Il [vocabolario] può quindi essere visto come una serie di [cerchi concentrici e nella parte più esterna possiamo trovare il lessico specialistico, che è difficile venga usato tutti i giorni e che tutti conoscano. ] Il dizionario aggiornato si trova sul sito della rivista "L'internazionale". Abbiamo il [vocabolario comune], oltre a questo vocabolario comune: sono [45.000 lessemi] e comprendono tutti i testi dell'italiano, né [specialistici] né [razionalistici], quindi non le parole regionali (ritorna l'elemento della [diatopia], ovvero la [variazione linguistica] in base alle zone regionali e quindi non ancora diventate patrimonio della lingua nazionale). I testi di riferimento saranno la [letteratura] e la [saggistica]. C'è poi la categoria del [lessico specialistico]. Nell'aggiornamento ci sono dei passaggi da un estratto all'altro: sono usciti da lessico fondamentale parole come "pastore", "foglia", "nuvola", "pazzo": il lessico fotografa quind un'era; entrano anglicismi come "ok", "sexy", "love", "internet". Entrano anche "cazzo", "cazzata", "coglione", "fanculo" e molti avverbi "ovviamente", "praticamente". Le altre marche d'uso, per cui ad ogni accezione indica se è lessico comune, specialistico o altro, sono fondamentale, ad alto uso e specialistico. All'etichetta dei termini specialistici si aggiungono altre etichette da tenere presente: - Di uso solo [letterario] "alma", "speme": le variabili tenute in vita dall'italiano letterario e comode soprattutto alla poesia (alle sue rime ed ai suoi versi); - Lessico [regionale] "michetta": parole che hanno una targa di provenienza, così come le parole con origini dialettali "inciucio" (ricorre nel lessico politico per indicare un accordo sottobanco); - Ci sono poi gli [esotismi] come "backup" - Ci sono [parole di basso uso] "baloccarsi" (toscanismo che significa giocare (gioco viene da veneziano) esemplifica come non tutto il toscano sia diventato italiano, un altro esempio è la parola "laddove" e si nota dal raddoppiamento fonosintattico, come "affresco"): parole che in pochi conoscono Ci sono dei [termini obsoleti] che piano piano stanno "uscendo" dal vocabolario. Per [aree linguistiche] si intendono le [zone di variazione diatopica dalle quali il nostro italiano, soprattutto orale, dipende]. Queste [aree linguistiche] non sono aree amministrative, [i confini sono linguistici e sono caratterizzati dal sostrato] (lo stesso che notiamo nell'inglese di oggi, può darsi che accada ciò che è successo all'italiano: potrebbe mescolarsi con l'indiano e dare origine ad una nuova lingua) e dal latino. [Sono aree che non coincidono con le regioni]. La prima [macroarea] è delimitata dalla linea La Spezia- Rimini e comprende la zona settentrionale, sopra l'appennino: è l'area settentrionale, caratterizzata dal [sostrato gallottarico], tra cui si distingue il veneto, che ha un'altra storia. Sotto questa linea si trova il toscano e l'area toscana, che è una parte del'area mediana. [L'area mediana] è la zona delimitata dalla linea Roma- Ancona. Il toscano ne fa parte, con alcune particolarità. C'è poi [l'area meridionale] ed infine [l'area meridionale estrema:] caratterizzate da presenza lingusitiche e sostrati diversi. Va tenuto presente che queste due grandi linee sono fondamentali. [Queste aree lingusitiche sono importanti perché coincidono anche con i nostri dialetti, per cui ci sono delle influenze anche del provenzale.] Tutto ciò è fondamentale per ricostruire la [storia linguistica] e notare come l'italiano nasca dal toscano e poi piano piano diventi lingua nazionale con un rapporto sempre molto forte con i suoi dialetti. Siamo, tuttavia, diventati italofoni: dalla fine degli anni'70 il dialetto tenta a scomparire ma, ci si deve domandare: *[l'italiano, come lingua parlata, come interagisce con quello che ha accanto? Rimane la lingua nazionale senza aggettivi o diventa altro? ]* - "Non è un paese per bolognesi" (parodia del film "Non è un paese per vecchi" dei fratelli Coen) La lingua nazionale diventa diffusa e nazionale ed inizia ad essere parlata in tutta Italia, ampiamente, assumendo nelle diverse aree lingusitiche dei tratti regionali: tant'è che i linguisti sono d'accordo nel dire che si parlano italiani regionali. Non c'è dubbio che all'orale sia così, tanto che si riconosce la provenienza di qualcuno in base a come parla. Gli italiani hanno un repertorio (varietà che si hanno a disposizione) articolato in italiano/ dialetto: c'è un italiano senza aggettivi, l'italiano comune, c'è poi quello regionale che non è dialetto, risente, vista la vicinanza col dialetto, alcuni tratti

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