Riassunto Manuale di Linguistica Italiana PDF

Summary

Questo documento tratta dell'italiano come lingua per elaborazione, evidenziandone le caratteristiche distintive dalle altre lingue romanze europee e le sue origini dal latino. Esplora l'importanza delle vocali, l'accento, la formazione di alterati, parole composte e l'ordine delle parole. Il documento inoltre, analizza il declino del latino e l'origine della lingua italiana.

Full Transcript

LINGUISTICA ITALIANA DA UN VILLAGGIO PREISTORICO A NOI 1. L’ITALIANO COME LINGUA PER ELABORAZIONE L’italiano è riconosciuto come LINGUA PER ELABORAZIONE. Ha una lunga tradizione scritta, quantificabile in almeno otto secoli di storia, se parliamo del toscano; se parliamo di altr...

LINGUISTICA ITALIANA DA UN VILLAGGIO PREISTORICO A NOI 1. L’ITALIANO COME LINGUA PER ELABORAZIONE L’italiano è riconosciuto come LINGUA PER ELABORAZIONE. Ha una lunga tradizione scritta, quantificabile in almeno otto secoli di storia, se parliamo del toscano; se parliamo di altre tradizioni scrittorie (→ITALOROMANZE), superiamo di gran lunga i mille anni. L’italiano è una lingua con un RICONOSCIMENTO UFFICIALE che viene usato nelle scuole, nell’apparato pubblico statale e locale, nei mezzi di comunicazione di massa, nelle leggi, nei tribunali, etc. Si appoggia a un paese di media grandezza dai confini stabilizzati e si identifica in una serie di simboli e di icone (→BANDIERA TRICOLORE, NAZIONALE DI CALCIO, etc.). L’italiano è anche una lingua che presenta uno scarto netto sia nei confronti di quelle lingue con cui si alterna nello spazio (tedesco, francese) sia rispetto a quelle con cui non confina direttamente → nello SCARTO LINGUISTICO la vicinanza geografica ha una sua rilevanza, come viene dimostrato dai dialetti: un parlante del dialetto calabrese meridionale capirà il calabrese settentrionale, quello salentino e quello siciliano, ma capirà meno quello pugliese e troverà incomprensibile un dialetto emiliano. L’italiano presenta delle caratteristiche che lo distinguono dalle altre lingue romanze europee: 1. L’IMPORTANZA DELLE VOCALI: quasi tutte le parole italiane finiscono per vocale. 2. LA RELATIVA LIBERTÀ DI POSIZIONE DELL’ACCENTO: la grande maggioranza delle parole italiane ha l’accento sulla penultima sillaba (→ACCENTO PIANO), ma ci sono alcune parole in cui l’accento cade sull’ultima (→ACCENTO TRONCO) o sulla terzultima (→ACCENTO SDRUCCIOLO). 3. FORMARE ALTERATI PER ESPRIMERE CONCETTI DI PICCOLEZZA O GRANDEZZA: questa possibilità esprime una questione di quantità ma anche di coinvolgimento affettivo: casetta, tesoruccio (→coinvolgimento positivo) o ragazzaccio (→coinvolgimento negativo). 4. FORMARE PAROLE COMPOSTE: i composti erano possibili già in latino, ma con l’italiano vennero usati ben più di quanto non avvenisse in passato. 5. LA NON OBBLIGATORIETÀ DI ESPRIMERE IL PRONOME SOGGETTO: l’italiano può non esprimere esplicitamente il pronome soggetto, a differenza di altre lingue romanze o non romanze. In italiano si può dire tu vai oppure vai, senza soggetto espresso. 6. PREFERENZA DELL’ORDINE DETERMINATO-DETERMINANTE: in italiano, come nelle altre lingue romanze, adottiamo l’ordine PRIMA IL DETERMINATO E POI IL DETERMINANTE (→albero di mele), mentre in inglese e in altre lingue è il contrario, cioè il determinante viene prima (→ red carpet). 7. CONCENTRARE L’INFORMAZIONE SEMANTICA NEL NOME ANZICHÉ NEL VERBO: in italiano i verbi sono piuttosto generali, mentre nelle lingue germaniche sono più specifici; ad esempio, nei verbi di movimento per l’italiano conta soprattutto la direzione ( andare-venire, scendere-salire), mentre nelle lingue germaniche conta il modo in cui è eseguito il movimento. 8. LIBERTÀ NEL DECIDERE L’ORDINE DELLE PAROLE IN UNA FRASE: l’ordine delle parole in italiano è più libero che in altre lingue: l’ordine è SVO (=soggetto-verbo-oggetto), ma è possibile mettere dopo il soggetto (→il postino ha suonato oppure ha suonato il postino). La fisionomia dell’italiano è quella di una lingua di cultura europea con notevoli PUNTI DI FORZA: la tradizione letteraria, lo sviluppo e l’articolazione su tutti i punti (→lingua scritta, parlata, usata e compresa nella produzione ufficiale della Repubblica, per la comunicazione scientifica, per l’uso familiare, etc.). L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. romanze e assente nel latino. Il processo questa volta è lunghissimo e parte dagli ARTICOLOIDI (o QUASI- ARTICOLI), vale a dire dalla presenza di ille e ipse davanti a nomi che non rappresentano più un aggettivo. La fine convenzionale del latino lo fissiamo tradizionalmente nel 630 e la lingua non è più latina e non ancora volgare, per la quale è stata avanzata la proposta di etichettarla come PROTOROMANZO. Sono ora poste le premesse per la fase che venne chiamata ETÀ DELLA SPECIAZIONE, cioè della nascita della specie, quella in cui da una sola varietà di latino ne nascono centinaia. 2.2 QUANDO È NATA LA LINGUA ITALIANA? La fine del latino come lingua viva ha destato per secoli interrogativi e discussioni, soprattutto nel corso del Medioevo. Dante credeva che la situazione tra il LATINO (→usato nella scienza, nella comunità dei dotti e nello scritto medievale medio-alto) e il VOLGARE (→posseduto dall’intera comunità) fosse proiettabile fino ai tempi dell’Antica Roma. La risposta alla domanda “quando è nata la lingua italiana?” è molto problematica per via di una questione preliminare: tutti i parlanti tra il IV-V e il IX secolo sono stati CONVINTI DI PARLARE LA STESSA LINGUA dei loro padri e delle loro madri, dei loro nonni e persino dei loro figli. Così, la VARIETÀ SCRITTA rimaneva IMMOBILE, gli uomini e le donne stavano cominciando a parlare un’altra lingua perché IL PARLATO si DISTACCAVA sempre di più dal punto di partenza. Mentre per Romolo Augustolo, quella tra scritto e parlato era solo una DIFFERENZA DI REGISTRO tra una varietà FORMALE e COLLOQUIALE , qualche secolo dopo non era più così: erano nate, senza che nessuno se ne accorgesse, delle NUOVE LINGUE. Quindi, per rispondere alla domanda iniziale, NON ESISTE NESSUNA DATA DI NASCITA di nessuna lingua: gli uomini e le donne di allora credevano di parlare come avevano sempre fatto — questo fatto deve essere visto in una prospettiva di millenni e non di secoli. Abbiamo così tre grandi fasi: 1. FASE LATINA (→dall’VIII secolo a.C.); 2. FASE DELLA FRAMMENTAZIONE E DELLA NASCITA DEI VOLGARI ; 3. FASE DELLA NASCITA DELL’ITALIANO (che viene dal fiorentino, uno dei volgari). La comunicazione linguistica nei secoli successivi avvenne con un RAPPORTO DI DIGLOSSIA: la VARIETÀ BASSA conosciuta da tutti indipendentemente dal grado di istruzione e usata per le ESIGENZE COLLOQUIALI di persone che non si muovevano dalla loro comunità; la VARIETÀ ALTA che era prerogativa di una minoranza che assolveva agli interventi di tipo amministrativo, giuridico, letterario che trascendevano il rapporto colloquiale. Venne così il momento in cui la varietà parlata cominciò ad allontanarsi da quella scritta, ma questo non avvenne dappertutto con gli stessi ritmi. Il primo nucleo che prese coscienza dell’incolmabile distanza tra LINGUA PARLATA-LINGUA SCRITTA fu la FRANCIA : nell’842 si ebbe la rottura ufficiale con i GIURAMENTI DI STRASBURGO → i figli di Carlo Magno, CARLO IL CALVO e LUDOVICO IL GERMIANICO, si coalizzarono contro LOTARIO e sancirono quest’alleanza davanti alle loro truppe. Carlo giurò in ALTO-TEDESCO ANTICO, mentre Ludovico giurò in PROTOFRANCESE; i due fratelli pronunciarono il giuramento nelle loro lingue d’uso e non in latino, proprio perché testo fosse COMPRENSIBILE A TUTTI. Nello spazio italoromanzo si ha la prima traccia seria della scrittura in una lingua diversa da quella latina nel 960, con i cosiddetti PLACITI CAMPANI → quello più famoso è il PLACITO CAPUANO, un atto notarile scritto in LATINO MEDIEVALE. Il notaio, nel momento in cui doveva registrare la testimonianza di un contadino del luogo, decise di non tradurla bensì di scriverla ina varietà di latino parlato a Capua (→ SAO anziché SAPIO). Esistono altre testimonianze che sono giunte fino a noi: GRAFFITO DELLA CATACOMBA DI COMMODILLA (Roma, circa IX secolo) → si suggeriva di non pregare ad alta voce. Al di sopra vediamo incisa l’iscrizione “Non dicere illa secrita a bboce” (in latino → “Non dicere illa secreta ad vocem). Tramite questa fonte comprendiamo che è ormai presente il fenomeno del BETACISMO, ovvero la trasformazione di qualcosa in b; nel nostro caso, avremo la trasformazione di b in v, e viceversa — è un fenomeno che coinvolge tutte le varietà meridionali italiane. Inoltre, proprio grazie alla presenza di questo fenomeno, comprendiamo che l’incisione è stata fatta da qualcuno che parlava una varietà meridionale. INDOVINELLO VERONESE (fine VIII-IX secolo) → si ha la caduta della -t in tutti i verbi nella terza persona singolare (→parebat, arabat, etc.). L’indovinello è scritto in una varietà latina tipica dell’area veronese e lo possiamo notare da “albo versorio”, ovvero un termine con cui si indica l’aratro (→il termine “versorio” è tutt’oggi utilizzato nel dialetto veronese). APPENDIX PROBI (fine III secolo) → L’Appendix Probi è un elenco di 227 parole che si trova alla fine di un manoscritto che contiene una grammatica. È opera di un maestro di scuole che, verso la fine del III secolo, segnala le FORME CORRETTE e quelle ERRATE che tendevano ad essere usate dai suoi allievi → molto probabilmente pronunciavano e scrivevano certe forme. SPECULUM non SPECLUM MASCULUS non MUSCLUS VETULUS non VECLUS FRIGIDA non FRICDA OCULUS non OCLUS VIRIDIS non VIRDIS In questi casi si ha una SINCOPE → cade la vocale o l’intera sillaba ATONA. La liberazione del volgare, già pienamente formato, avviene solo nel XII secolo, anche se non dappertutto. In molti luoghi diversi c’è una fioritura nella PRODUZIONE SCRITTA anche letteraria per tutto il Duecento: si leggono NARRATIVE AUTONOME o RIELALABORAZIONI DAL FRANCESE; mentre nell’Italia Meridionale il VOLGARE SICILIANO esplode nello scritto (→dalle scritture amministrative alla letteratura d’alta scuola). Qui bisogna considerare il primo problema: l’affermazione della lingua italiana (→una lingua che discende in linea diretta dal fiorentino del Trecento) è il risultato di un PROCESSO STORICO che ha una base, il SICILIANO — precede il fiorentino ma si interrompe sul nascere SENZA LASCIARE TRACCE LINGUISTICHE che lo impongano come volgare-guida agli altri, ma solo un’eredità culturale che si impianta in Toscana. In questo caso, parliamo della SCUOLA POETICA SICILIANA, che si sviluppa intorno alla corte di Federico II e che cessa di esistere a metà del Duecento (→morte di Federico II, nel 1250). Nel Basso Medioevo (tra XI-XIV secolo) si vede la moltiplicazione delle forme e dei modi per l’affermazione del volgare, ma questa fioritura va messa in relazione con fatti esterni la lingua: le condizioni economiche e politiche sono profondamente mutate e l’espansione dei commerci e della navigazione, la nascita delle banche e il nuovo ruolo delle città consente alla classe sociale mercantile e artigiane di emergere, ritagliando al volgare nuovi spazi — la comunicazione tra mercanti avveniva in VOLGARE e non in latino. All’inizio del Trecento, Firenze pone le basi per l’affermazione del suo volgare. Il sistema di istruzione è vivace e, dopo la formazione elementare in latino, ci sono due vie: la SCUOLA DI GRAMMATICA E DI LOGICA L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. Bembo avanza un modello per l’italiano (→in parallelo con il latino: prosa=Cicerone e poesia=Virgilio): si deve guardare al “DECAMERON” di Boccaccio per la PROSA e al “CANZONIERE” di Petrarca per la POESIA. Il punto fondamentale è che la proposta di Bembo non ha nulla a che fare con il parlato, ma solo con l’adozione di MODELLI SCRITTI per ridurre la frammentazione che gli sembrava un grave difetto. Quella di Bembo è chiamata GRAMMATICA SILENZIOSA → una grammatica che non fornisce indicazioni mediante una loro codificazione, ma anche in altri modi. Non solo agli scrittori e ai poeti non toscani Bembo forniva un modello chiaro e imitabile ma, nello stesso periodo, si ebbe la DIFFUSIONE DELLA STAMPA che venne inventata nel 1455 e la cui capitale fu VENEZIA. La stampa ha un ruolo importante nelle vicende linguistiche: diffonde la LINGUA LETTERARIA, la NORMA GRAMMATICALE e a sostituisce un modello che si fonda sull’oralità con uno che si fonda sulla scrittura → prima dell’invenzione della stampa era diffusa la SCRIPTIO CONTINUA, ovvero l’abitudine di non separare le parole o di separarle meno di quanto non lo si faccia oggi (→“accasa” o “a casa”); con la stampa si introduce l’abitudine di SEPARARE LE PAROLE, facendolo con CRITERI OMOGENEI e UGUALI. 3.2 L’INVENZIONE DEL VOCABOLARIO Se il primo passaggio dello snodo del Cinquecento sono i dibattiti noti come “questione della lingua”, passato qualche decennio nella Firenze di fine secolo viene creato uno strumento di grande impatto culturale: il VOCABOLARIO → nel 1612 esce la PRIMA EDIZIONE (→ o IMPRESSIONE) del VOCABOLARIO DEGLI ACCADEMICI DELLA CRUSCA. Il Vocabolario era fondato su presupposti teorici SEMPLICI e CHIARI e, durante il suo allestimento, venivano esaminati e schedati tutti gli AUTORI TOSCANI DEL ‘200-300, a cominciare dalle TRE CORONE (→Dante, Petrarca e Boccaccio) considerati degli autori della “prima classe” per la loro autorevolezza. Sotto la spinta di VINCENZO BORGHINI venivano presi in considerazione anche moltissimi AUTORI MINORI o ANONIMI purché fossero vissuti in TOSCANA durante il ‘300. La prima edizione del Vocabolario della Crusca riflette quindi una visione di lingua che va oltre le posizioni del Bembo, e risale a un ideale di lingua fiorentina, pura e naturale. Vediamo com’è articolata una voce del Vocabolario, “affamare”, traendola dalla prima edizione: al lemma (→AFFAMARE) segue una definizione abbastanza chiara, “indur fame, e appetito di mangiare”, a cui segue la corrispondenza in latino (→famem inferre). Poi cominciano gli esempi, partendo da Dante (→esempio tratto dal Purgatorio) e poi dal PALLADIO, un anonimo trattato di agricoltura tradotto dal latino. Troviamo quindi la perfetta applicazione dei principi esposti prima: un esempio tratto da un poeta maggiore, ma anche da uno minore dello stesso secolo e che hanno in comune due punti fondamentali: sono scritti tutti nel TRECENTO e tutti in TOSCANA, preferibilmente a Firenze. Possiamo dire che la struttura del Vocabolario della Crusca è di sorprendente SISTEMICITÀ e MODERNITÀ sin dalla prima edizione e, dal punto di vista culturale, l’italiano aveva un dizionario contenente più di 40.000 lemmi → ne seguirono l’impianto il DICTIONNAIRE DE L’ACADEMIE FRANCAIS , il DICCIONARIO DE LA LENGUA CASTELLANA e il DICTIONARY OF THE ENGLISH LANGUAGE. 4. TERZO SNODO: L’ITALIANO COME LINGUA NAZIONALE L’Unità del 1861 sposta l’asse della discussione su temi completamente diversi, facendo risultare vecchio il dibattito che continuava da secoli su quale lingua usare nella comunicazione letteraria. Il confronto linguistico del primo Ottocento si era svolto tra CLASSICISTI e PURISTI: il capofila dei PURISTI sosteneva come modello il FIORENTINO TRECENTESCO, indipendentemente dal valore letterario delle scritture (→potevano essere sia di Petrarca come di uno scrittore anonimo), bastava che fossero delle scritture della Firenze del Trecento; i CLASSICISTI, a cui apparteneva anche il poeta VINCENZO MONTI, insistevano sulla QUALITÀ LETTERARIA e ARTISTICA dei modelli — non era importante il luogo e un determinato periodo bensì la qualità delle opere degli scrittori e dei poeti, indipendentemente da dove provenissero. 4.1 LA QUESTIONE DELLA LINGUA La reimpostazione di un dibattito che aveva riguardato solo i dotti e la letteratura avviene per merito di ALESSANDRO MANZONI, che rifiuta la letteratura come unica fonte di legittimazione e produce una riflessione i cui cardini sono: la necessità di UNA LINGUA NAZIONALE SOVRAORDINATA rispetto ai dialetti; questa potenziale lingua esiste già, ed è il FIORENTINO ; il fiorentino individuato da Manzoni non è generico, ma quello PARLATO DALLE PERSONE COLTE. Il fiorentino era una lingua unitaria perché usata per OGNI ESIGENZA SOCIALE DI COMUNICAZIONE; quindi, l’USO e la SINCRONIA diventano i cardini per una proposta semplice e di immediata applicabilità. Nei primi anni dopo l’Unità, Alessandro Manzoni ebbe modo di applicare le sue idee grazie al suo prestigio intellettuale, ma anche dal fatto che alcuni dei ministri della Pubblica Istruzione erano suoi discepoli. Manzoni venne nominato nel 1868 a capo di una COMMISSIONE MINISTERIALE per la DIFFUSIONE DELLA LINGUA ITALIANA; egli individuò la SCUOLA e la PUBBLICA ISTRUZIONE come motore per la diffusione della lingua italiana — l’educazione e la formazione degli insegnanti doveva passare attraverso la Toscana. Un VOCABOLARIO NAZIONALE UNITARIO e una GRAMMATICA che raccogliessero l’uso di Firenze dovevano diventare gli strumenti per la promozione dell’italiano — non si volevano soffocare i dialetti, ma di affiancare a un registro dell’intimità familiare un NUOVO STRUMENTO DI COMUNICAZIONE. Le idee linguistiche di Manzoni furono messe in discussione da ASCOLI, il fondatore delle discipline linguistiche in Italia, il quale ne evidenziò i punti deboli. A suo avviso, il modello andava cercato nella REALTÀ TEDESCA, che veniva da una frammentatissima storia politica e aveva trovato il punto di unificazione linguistica in un FATTO CULTURALE: la traduzione della Bibbia nel Cinquecento da Lutero. L’unificazione doveva essere così cercata nella diffusione della cultura e nella riduzione del divario tra ANALFABETI e INTELLETTUALI — in quest’idea il ruolo degli intellettuali era primario. Ma Ascoli e Manzoni davano un diverso peso alla sincronia, cioè ciò che una LINGUA È, e non come si forma: il modello manzoniano non riconosce a Firenze NESSUNA SUPREMAZIA STORICA , ma riconosce il fiorentino solo perché è CONOSCIUTO FUORI DALLA TOSCANA a chi sa leggere e scrivere → viene riconosciuto come punto di partenza per la nuova lingua nazionale che avrebbe poi camminato con le proprie gambe. 4.2 FATTA L’ITALIA, BISOGNA FARE L’ITALIANO La situazione della scuola e della conoscenza della lingua nazionale da parte dei cittadini del nuovo Staro è abbastanza impressionante: si ha un tasso medio di analfabetismo che raggiungeva i TRE QUARTI DELLA POPOLAZIONE, distribuiti in modo diseguale — l’analfabetismo era molto basso in Lombardia, ma nell’ex Regno di Napoli raggiungeva i 9/10 degli adulti. La sovrapposizione tra ALFABETIZZATO e ITALOFONO non era affatto coincidente. Nella “Storia linguistica dell’Italia unita” si era calcolato che, negli anni dell’unificazione nazionale, gli italofoni erano poco più del 2,5% della popolazione. Queste cifre vennero messe in discussione dopo L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. 2. l’importanza della PUBBLICITÀ che rappresenta una base economica per la stampa; 3. il MIGLIORAMENTO TECNOLOGICO che consegue all’invenzione del TELEGRAFO e del TELEFONO, portando alla diffusione più tempestiva delle notizie; 4. l’aumento dello spazio per la CRONACA LOCALE e SPORTIVA. Un passo decisivo si compie con la RADIO, che legge solo testi scritti e offre una FRUIZIONE COLLETTIVA : un’unica radio per tutto il vicinato, per un bar o per una bottega → chi non capiva qualcosa poteva essere aiutato dal vicino o dalle altre persone che comprendevano; il colpo decisivo contro l’analfabetismo si benne con l’invenzione della TELEVISIONE. In conclusione, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la lingua italiana è esposta a un FENOMENO DI RIPENSAMENTO → passa dall’essere una lingua di una RAFFINATA TRADIZIONE LETTERARIA , ad essere una LINGUA UFFICIALE da usare TUTTI I GIORNI, in TUTTE LE SITUAZIONI. 2. LA GRAFIA 1. COME SI SCRIVE L’ITALIANO L’ALFABETO ITALIANO è come quello latino con poche INTEGRAZIONI e DIFFERENZE. Esso segue molto da vicino il SISTEMA FONETICO dando vita al luogo comune per cui quella che parliamo è una lingua che SI SCRIVE COME SI LEGGE → in italiano, come in spagnolo, tedesco e in turco, le parole si scrivono in modo ABBASTANZA SIMILE a come si pronunciano; a uno stesso FONEMA o GRUPPI DI FONEMI corrisponde quasi sempre UNO STESSO SUONO. Questa coincidenza ha una spiegazione diversa che affonda le radici nella storia linguistica → ad esempio, l’ALFABETO TURCO è stato varato nel 1928 sostituendo il vecchio alfabeto a caratteri arabi, per dare un segnale politico di LAICIZZAZIONE e OCCIDENTALIZZAZIONE DEL PAESE: essendo molto recente, aderisce alla pronuncia in modo perfetto. La larga coincidenza nel sistema di scrittura e di lettura in latino ha delle motivazioni interne alla storia della lingua: la PRONUNCIA in italiano, dai tempi di Dante, si è EVOLUTA MOLTO POCO ed è rimasta più STABILE che in altre lingue (→inglese e francese); ciò significa anche che l’esercizio del dettato ha nei paesi francofoni o anglofoni una DIFFICOLTÀ più grande che nella nostra. Ciascun alfabeto è un ELEMENTO DI IDENTITÀ poiché ne identifica il paese stesso, soprattutto se ne adottano un alfabeto diverso da quello latino (→Grecia, Giappone, Cina, etc.) e comportano delle scelte che noi tendiamo a non comprendere: tutti i bambini greci o arabi finiscono per imparare il loro alfabeto (→ MOTIVI IDENTITARI), ma imparano anche l’alfabeto latino (→MOTIVI COMUNICATIVI); mentre, nel nostro sistema l’alfabeto greco viene imparato solamente da coloro che frequentano il liceo classico. 2. LA SCRITTURA DAL LATINO ALL’ITALIANO Il latino usava un alfabeto di 23 LETTERE che sono poi transitate in quello italiano, insieme alla J, K, X, Y e a cui si è aggiunta anche la W che proviene dalla scrittura anglonormanna. Le VOCALI sono CINQUE nello SCRITTO, mentre nel PARLATO sono SETTE → scrivendo non si fa alcuna differenza tra una E APERTA o CHIUSA, così come tra una O APERTA o CHIUSA. Tra le CONSONANTI, nelle lingue romanze, nascono NUOVI SUONI e, anziché coniare dei nuovi simboli, si preferisce puntare sui vecchi simboli e dare loro dei NUOVI VALORI o COMBINARLI → nasce la S SONORA, quando in latino esisteva solamente quella sorda; dovendo affrontare questa nuova situazione, si decide di lasciare tutto come sta e di non differenziare la scrittura di ASINO (=sorda) e di ROSA (=sonora). Nasce la PRONUNCIA PALATALE [ʃ] dell’italiano scellerato (→in latino non esisteva e si diceva “skeleratus”). Anziché coniare un nuovo simbolo, si usarono DUE ELEMENTI COMBINATI : le lettere s e c seguite da e o i (→scisso, scendere); accade la stessa situazione con altri suoni palatali come [ʎ] (→di giglio) e [ɲ] (→di gnomo): in latino non esistevano e si sono combinate due lettere, rispettivamente gl e gn. Un problema è stato posto per il valore delle consonanti c e g che hanno un valore sia VELARE (→casa, gola) che PALATALE (→cibo, gettare). Per evitare delle ambiguità, si è ricorsi a dei SEGNI DIACRITICI (→delle lettere che NON CORRISPONDONO a un suono, ma servono solo a determinare la GIUSTA PRONUNCIA): 1. la i compare nei gruppi cia, cio, ciu ; gia, gio, giu; scia, scio, sciu; glia , glie, glio, gliu per distinguere la pronuncia da quella dei gruppi ca , co, cu; ga, go, gu; sca, sco, scu; gla, gle, glo, glu → cialda/calda, ciocco/cocco, ciurma/cura; sciame/scadente, scioperare/scoccare; figlia/glaciale, aglio/globale, etc. 2. L’h compare nei gruppi che, chi; ghe, ghi per distinguere la pronuncia da quella dei gruppi ce, ci; ge, gi → cheto/ceto, chicca/cicca; ghetto/getto, ghiro/giro. Compare in alcune voci del verbo AVERE → ho/o, ha/a, hai/a, hanno/anno. Le LETTERE STRANIERE non hanno trovato spazio nella lingua italiana se non in casi molto rari. La J (→prima chiamata I LUNGA e ora JAY ) ha un uso ARCAICO, quello di indicare la due i in fine di parola nei plurali (→studj) e sopravvive in alcuni NOMI PROPRI come Jacopo; tuttavia, si è trovata un nuovo spazio grazia a dei PRESTITI provenienti dall’inglese → JOGGING. La K è un doppione della c velare sorda, ma entra nei prestiti delle altre lingue (→ KEBAB, OK, etc.); veniva usato in una serie di ABBREVIAZIONI quando si usavano gli sms (→ xke) per risparmiare battute. La X, oltre ad essere usata per dei prestiti da lingue straniere (→ EX, XENOFOBIA), ha la FUNZIONE INFORMALE di rappresentare per ed entra in abbreviazioni da scrittura telefonica o sul web (→ xò). La W e la Y si usano per prestiti da altre lingue → WHISKY, YACHT, WAFER. 3. LA FONETICA E LA FONOLOGIA 1. FONI E FONEMI La fonetica e la fonologia sono entrambe CAMPI DI STUDIO DELLA LINGUISTICA in cui si analizzano i SUONI DEL LINGUAGGIO e della LINGUA. La FONOLOGIA studia i FONEMI → suoni di una determinata lingua che contribuiscono a formare SIGNIFICATI DISTINTI e hanno, pertanto, una FUNZIONE DISTINTIVA. In cara e barba , /c/ e /b/ sono due fonemi poiché MODIFICANO IL SIGNIFICATO DI UNA PAROLA. Due parole che differiscono per un solo fonema formano una COPPIA MINIMA: per essere tali, i fonemi devono creare almeno una parola. La FONETICA studia i SUONI PRODOTTI DELL’UOMO quando parla, senza tener conto della loro capacità di distinguere i significati → i FONI. Le VARIANTI COMBINATORIE sono delle realizzazioni fonetiche condizionate dal fonema precedente o seguente → la n pronunciata davanti a g, nella parola “vengo” (=N VELARE) non è uguale alla n che si pronuncia davanti a t, nella parola “vento” (=N NASALE). Le VARIANTI LIBERE sono delle realizzazioni fonetiche individuali dovute a particolari abitudine o a dei difetti di pronuncia del parlate. L’IPA (→International Phonetic Alphabet) è l’ ALFABETO FONETICO INTERNAZIONALE e presenta una corrispondenza biunivoca tra il SUONO e il SEGNO GRAFICO usato per rappresentarlo. I fonemi italiani si distinguono in VOCALI, CONSONANTI, SEMIVOCALI e SEMICONSONANTI. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. (→quasi tutte), mentre se l'aria transita sia attraverso la bocca che attraverso il naso avremo un’ARTICOLAZIONE NASALE (→/n/, /ɲ/ e /m/). 4. LE SEMIVOCALI E LE SEMICONSONANTI Le SEMICONSONANTI e le SEMIVOCALI /j/ e /w/ sono classificate come APPROSSIMANTI e sono suoni in cui il canale orale si presenta ancora più chiuso rispetto alle vocali chiuse → il suono che ne viene fuori è intermedio tra quello delle vocali e quello delle consonanti e possono essere pronunciati nei DITTONGHI. APPROSSIMANTE PALATALE → /j/ (=iod), piede. APPROSSIMANTE VELARE → /w/ (=vav), b uono. 5. I DITTONGHI E GLI IATI Le semiconsonanti e le semivocali servono alla formazione dei DITTONGHI → l’unione nella stessa sillaba di VOCALE+SEMIVOCALE pronunciati con la stessa emissione di fiato (=vieni, nuovo, biondo, daino, etc.). L’accento CADE SEMPRE SULLA VOCALE, mai sulla semivocale/semiconsonante. Esistono DUE TIPI di dittonghi: DITTOGNHI ASCENDENTI → vede l’ordine SEMICONSONANTE-VOCALE; in essi la SONORITÀ AUMENTA: piatto, ieri, fiore, etc. DITTONGHI DISCENDENTI → vede l’ordine VOCALE-SEMICONSONANTE; in essi la SONORITÀ DECRESCE : stai, fauna, farei, etc. Esistono anche i TRITTONGHI → costituiti da 2 SEMICONSONANTI+1 VOCALE (=aiuola) oppure da 1 SEMICONSONANTE+1 VOCALE+1 SEMIVOCALE (=tuoi). Lo IATO è l’incontro tra due vocali che NON FORMANO UN DITTONGO, come accade in alcune parole in cui si incontrano due vocali che non siano i o u (→ paese, boato, etc.), o quelle in cui la i e la u sono ACCENTATE (→via, devia, paura, etc.), o dopo i prefissi ri- (→rientrare), bi- (→biennale), tri- (→triangolo), anti- (→antiatomico). 6. LA SILLABA La SILLABA è costituita da una vocale o un dittongo a cui si accompagnano UNA o PIU’ CONSONANTI in una sequenza pronunciata con un’unica emissione di fiato — può essere costituita anche da UNA SOLA VOCALE. La sillaba può essere costituita da: UNA SOLA VOCALE → a-la; UNA CONSONANTE E UNA VOCALE → a-la; UNA VOCALE E UNA CONSONANTE → al-la; UNA CONSONATE, UNA VOCALE E UNA NUOVA CONSONANTE → tan-to; I DITTONGHI VALGONO COME UNA VOCALE → buo-no. La struttura della sillaba è costituita da un ATTACCO (→una o più consonanti) e da una RIMA; quest’ultima si può scomporre in un NUCLEO (→una vocale) e una CODA (→di solito una consonante). In questa struttura può non esserci la l’attacco (→la sillaba COMINCERÀ per vocale) o mancare l’attacco (→la sillaba FINIRÀ per vocale). La parola alto è costituita da DUE SILLABE: AL → manca l’attacco, ma è presente sia il nucleo che la coda; TO → è presente l’attacco e il nucleo, ma manca la coda. La sillaba iniziale di perché (→per) contiene tutti gli elementi. Guardando a questa struttura possiamo dire che le sillabe che terminano con una vocale sono SILLABE APERTE/LIBERE, mentre quelle che terminano con una consonante sono SILLABE CHIUSE/IMPLICATE. 7. LA FONOSINTASSI Quando pronunciamo un’intera frase scandendo il ritmo con gli accenti, diamo vita ad alcuni FENOMENI FONETICI e FONOLOGICI che si producono tra due parole che si susseguono l’una all’altra. ELISIONE → la caduta della vocale finale non accentata davanti alla vocale con cui comincia la parola successiva (=lo albero diventa l’albero). Con gli ARTICOLI DETERMINATIVI e con le PREPOSIZIONI ARTICOLATE l’elisione funziona solamente con il SINGOLARE (=l’olmo, l’anima, sull’anima, etc.); al PLURALE , invece, non si pratica l’elisione (=le anime, non l’anime). Con gli ARTICOLI INDETERMINATIVI l’elisione si pratica sempre nella FORMA FEMMINILE, che da una diventa un’ (=un’amica , un’idea, un’ora, etc.). TRONCAMENTO → comporta la caduta della sillaba o della vocale finale di una parola e si ha sia davanti a VOCALE (=ciascun amico), sia davanti a CONSONANTE (=bel ritratto). Il troncamento non si ha nel plurale: si può dire buon affare, ma al plurale diventa buoni affari. RADDOPPIAMENTO FONOSINTATTICO → è un fenomeno del parlato per cui tendiamo a RADDOPPIARE LE CONSONANTI INIZIALI di una parola quando si trovano dopo alcune parole che terminano per vocale (=a ccasa, è fforte, fra ddue). Questo fenomeno è ricorrente fra i PARLANTI CENTRO-MERIDIONALI, mentre è raro fra i parlanti dell’Italia settentrionale — i toscani tendono a raddoppiare le consonanti dopo da, se, chi (=da ccasa, se vvieni, etc.). Un altro fenomeno è costituto dai monosillabi non accentati che si appoggiano alla parola seguente (→PROCLISI: mi dai) o precedente (ENCLISI: dammi) — nella grafia, il monosillabo non accentato si lascia SEPARATO nella proclisi, mentre nell’enclisi si UNISCE. 8. L’ACCENTO Ai fonemi siamo soliti aggiungere vari effetti sonori detti TRATTI SOPRASEGMENTALI, il cui insieme viene chiamato PROSODIA → l’ACCENTO è uno di questi tratti soprasegmentali e consiste nel fatto che, all’interno di una parola, una sillaba viene pronunciata con un’INTONAZIONE PIU’ FORTE e PROLUNGATA delle altre. La sillaba con l’accento, detta TONICA, acquisisce un rilievo maggiore delle altre, dette ATONE → le vocali e le sillabe che vengono prima dell’accento sono dette PROTONICHE, quelle che vengono dopo POSTONICHE. In italiano la posizione dell’accento è LIBERA e questo dona all’accento una FUNZIONE DISTINTIVA: due parole omografe, cioè che si scrivono nella stessa maniera, si distinguono SOLO PER L’ACCENTO , come accade sia in casi in cui è obbligatorio scriverlo (→penti-pentì, libero-liberò), sia in quelli in cui non lo è (àmbito-ambìto, nòcciolo-nocciòlo). Secondo la sillaba su cui cade l’accento, le parole italiane possono essere: TRONCHE → l’accento cade sull’ultima sillaba (= andò, dà, libertà); PIANE → l’accento cade sulla penultima sillaba (= braccio, modo, urlo); SDRUCCIOLE → l’accento cade sulla terzultima sillaba (=libero, ultimo). L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. funzionamento di una parola è diverso poiché non facciamo NESSUNA INTERRUZIONE. Ciò diventa un po' più evidente quando sentiamo parlare in un'altra lingua, soprattutto se non la conosciamo dove non si capisce dove finisce una parola e ne cominci un'altra. Si fa una PAUSA , quindi, solo per riprendere fiato e staccare l'uno dall'altro i BLOCCHI DI SIGNIFICATO (→il ritmo del parlare è dettato da questo fattore, così come la punteggiatura). Le pause vengono divise in: PAUSA BREVISSIMA: separa tra loro parti di un unico blocco per renderle più chiare. Nella scrittura non si rappresenta con la virgola; PAUSA BREVE: separa due blocchi di informazioni distinti tra loro. Nello scritto le VIRGOLE sono fortemente consigliate; PAUSA MEDIA: separa due blocchi di significato distinti nettamente, ma ancora legati tra loro. La scrittura suggerisce di utilizzare il PUNTO E VIRGOLA o i DUE PUNTI; PAUSA LUNGA: separa due blocchi di significato distinti nettamente e senza un preciso legame. Nella scrittura viene rappresentata con un PUNTO FERMO. 12. LA PRONUNCIA COMUNE IN ITALIA La fonologia dell'italiano ha un funzionamento abbastanza chiaro e si basa sul MODELLO FIORENTINO che ha una grande stabilità attraverso i secoli. Nel corso del '900 l'italiano è diventato la LINGUA PARLATA e la MADRELINGUA della maggior parte degli italiani. Tuttavia, questo modello non è esportabile a nel resto del paese; infatti, ci sono tre casi in cui il sistema fonetico standard dell'italiano non è applicabile: 1. la DISTINZIONE TRA VOCALI APERTE E CHIUSE che è propria del sistema vocalico fiorentino non è oggi nel patrimonio fonetico degli italiani. Tale distinzione non trova appoggio nemmeno nello scritto, dove si scrivono nello stesso modo. 2. la DISTINZIONE TRA S SONORA E SORDA E TRA Z SONORA E SORDA, anche in questo caso manca la distinzione grafica a cui poggiarsi. In generale, si può dire che al Nord prevalga la PRONUNCIA SONORA, mentre al Sud prevale la PRONUNCIA SORDA a che dove ci andrebbe la sonora. Tuttavia si registra una notevole avanzata verso sud della pronuncia settentrionale, sentita come più prestigiosa. 3. la LUNGHEZZA CONSONANTICA (→le consonanti doppie) è più debole al Nord, mentre al Sud è più forte. 13. PRONUNCIA DELLE PAROLE STRANIERE La questione della pronuncia delle parole straniere si pone con forza negli ultimi decenni. Prima, infatti, esse venivano ADATTATE alla FONETICA DELL'ITALIANO (→beefsteak dell'inglese diventava bistecca). Da qualche decennio, invece, i prestiti entrano nell'italiano più o meno come sono nella lingua originaria (→computer resta tale, così come baguette). Prima che l'insegnamento scolastico delle lingue straniere ci abitasse all'idea che le parole possono anche TERMINARE PER CONSONANTE, l'ostilità dei parlanti li spingeva a adeguare le parole straniere alla pronuncia italiana. Questo atteggiamento è finito e ora i prestiti non si integrano quasi più con la vocale finale. Ci sono anche altre problemi, perché i prestiti possono anche contenere, nella lingua originaria, suoni che in quella di arrivo non ci sono: beige o garage presentano il suono / ʒ/ che in italiano non esiste; pertanto, i parlanti la pronunciano come /š/ di scena o sciarpa. 4. STORIA E GEOGRAFIA DELLA LINGUA ITALIANA 1. LA VARIAZIONE DIACRONICA VARIAZIONE DIACRONICA → variazione linguistica avvenuta con il trascorrere del tempo. La variazione diacronica è oggi conosciuta grazia alla scuola, dove si leggono e commentano moltissimi testi del passato. Non c’è un motivo specifico per cui le lingua cambino, sta di fatto che moltissime delle parole che vennero usate da Dante, Manzoni, Foscolo o da Pirandello, oggi non si adoperano più — più si va indietro con il tempo, più questo fenomeno si accentua. Quello degli ARCAISMI è il primo dei fenomeni che caratterizzano le lingue e dove si può comprendere che l’invecchiamento si manifesta in TUTTI I LIVELLI. I più facilmente percepibili sono gli ARCAISMI LESSICALI, costituiti da parole che NON ESISTONO PIU’ nell’italiano di oggi. In alcuni casi, la lingua del passato ci restituisce delle DIFFERENZE rispetto all’uso di oggi, sia per la grafia (→ARCAISMI GRAFICI come gennajo o tutte le altre parole con la j), sia per la fonetica (→ ARCAISMI FONETICI come lagrima, maraviglia, uffizio, etc.). Molte forme prima coesistevano con quelle che usiamo oggi (→ ARCAISMI MORFOLOFICI) come fo (=faccio), receputo (=ricevuto), così come c’erano costruzioni sintattiche cadute in disuso (→ ARCAISMI SINTATTICI). Infine, ci sono parole che oggi sono ancora presenti, ma che presentano SIGNIFICATI DIVERSI da quelli che avevano nel passato (→ARCAISMI SEMANTICI) che sono difficili da individuare perché il lettore moderno può farsi trarre in inganno dal fatto che queste parole sono presenti nella lingua a lui familiare. Accanto a parole, forme, costruzioni che invecchiano e muoiono ce ne sono molte di più che NASCONO, consentendo alla lingua italiana di rimanere in vita → parliamo dei NEOLOGISMI. Il neologismo si può formare dalla produzione di una NUOVA PAROLA (→NEOLOGISMO LESSICALE), ma il cambiamento linguistico non si esaurisce con la nascita di nuove parole. Infatti, possono nascere anche NUOVI SIGNIFICATI di parole già esistenti (→ NEOLOGISMO SEMANTICO); ad esempio, con la pandemia scoppiata nel 2019-2020 abbiamo un’ampia lista di questo fenomeno: drive-in da “cinema all’aperto con cui si accede in automobile”, ora intende anche “postazione mobile il cui è possibile eseguire un tampone”. Tra quelli meno resistenti ci sono i neologismi usati in FUNZIONE ESPRESSIVA da giornalisti in particolari contesti legati all’attualità del momento (→NEOLOGISMI STILISTICI); mentre hanno più possibilità di successo quelle parole che devono dare un nome a nuovi oggetti o nuove tecniche (→ NEOLOGISMI DENOMINATIVI). Rientrano nel cambiamento diacronico anche altri fenomeni meno evidenti, come quello delle VOCI INFANTILI, ovvero delle parole che usiamo con i bambini che cominciano a comprendere l’italiano, come “farsi la bua” o “chiamare il baubau”. Il cambiamento linguistico che si realizza nel tempo dà vita a diversi STATI DI LINGUA SUCCESSIVI, con cambiamenti impercettibili per i parlanti che li attraversano e che si vedono con chiarezza A DISTANZA DI TEMPO. Questo tipo di mutamento è una linea continua che presenta FASI DI ACCELERAZIONE o FASI DI RIFLESSIONE E DI CODIFICAZIONE; quindi, il sistema linguistico si caratterizza come un sistema di equilibrio dinamico esposto a momenti di TENSIONE. 2. LA VARIAZIONE DIATOPICA La variazione linguistica bello spazio conosce una particolare declinazione, quella dei DIALETTI LOCALI, di cui l’italiano ne è fortemente INFLUENZATO (→ITALIANO REGIONALE ). L’Italia è stata, ed è ancora ora, il regno della VARIAZIONE DIATOPICA → variazione linguistica su base geografica. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. nella comunità, rivelando un ATTEGGIAMENTO NEGATIVO nei confronti del dialetto → questo non è un giudizio linguistico bensì una PERCEZIONE. Dal punto di vista genetico, lingua e dialetto sono sullo STESSO PIANO perché hanno le STESSE ORIGINI: sono sviluppi diretti del latino che si parlava nella zona, malgrado la tradizione scolastica faccia intendere che si tratta di una DEFORMAZIONE GROTTESCA DELLA LINGUA ITALIANA. Ne consegue che, se esistono una lingua e dialetti, la lingua è SUPERIORE a molti dialetti → nasce la nozione di LINGUA TETTO, così l’italiano è la lingua tetto del milanese, torinese, napoletano, siciliano, etc. Da questo punto di vista, esistono due tipi di dialetti: i DIALETTI PRIMARI che sono direttamente DERIVATI DAL LATINO TARDO parlato nelle migliaia di città o di borghi presenti in Italia: il latino locale veniva trasmesso di generazione in generazione e veniva modificato per centinaia di anni fino ad arrivare alla differenziazione che conosciamo; i DIALETTI SECONDARI che sono derivati dall’incrocio della VARIETÀ NAZIONALE con quelle LOCALI preesistenti, di conseguenza assomigliano di più alla lingua rispetto ai dialetti primari. Anche l’Italia, patria dei dialetti primari, ha un dialetto secondario: il ROMANESCO DI SECONDA FASE. La particolare situazione linguistica di Roma è determinata da degli sconvolgimenti accaduti nel XVI secolo sul piano POLITICO (→sacco dei lanzichenecchi, 1527) e DEMOGRAFICO (→afflusso di immigrati dalla Toscana a seguito dei papi). Ne è nato un dialetto fortemente TOSCANIZZATO e SMERIDIONALIZZATO, in cui non si può più dire che il romanesco sia venuto direttamente dal latino. — il risultato è che a Roma è tutt’altro che chiara la distinzione tra lingua e dialetto. I dialetti hanno un VALORE STORICO eccezionale perché testimoniano 1500 anni di differenziazione linguistica interna. Quando è nata la linguistica, nell’Ottocento, la loro importanza sociale era enorme: questo spiega anche come gli studi fossero orientati sulla dialettologia più di oggi; si trattano di studi importantissimi che hanno consentito di salvare un PATRIMONIO CULTURALE ORALE con centinaia di anni di elaborazione. Il prodotto più originale della ricerca dialettologica sono gli ATLANTI DIALETTALI → una raccolta di carte geografiche il cui nome della località nella quale è stata condotta l’inchiesta dialettale è sostituito da un PUNTO NUMERICO, una BREVE FRASE espressa nei SINGOLI DIALETTI. Ne viene fuori un’efficace rappresentazione visiva delle differenze e della affinità tra le parlate locali. Molti studiosi hanno descritto la fase di progressiva italianizzazione dei dialetti, ma va segnalata anche una riflessione precoce su tale situazione che fu compiuto da LUIGI PIRANDELLO nel 1928: egli distingueva un “pretto vernacolo” (→DIALETTO ARCAICO), un “dialetto borghese” (→DIALETTO ITALIANIZZATO) e un “italiano appena arrotondato” (→ITALIANO REGIONALE). La differenziazione tra dialetti primari e dialetti secondari, da questo punto di vista, inquadra la situazione linguistica italiana in un contesto generalizzato. Inoltre, i dialetti italiani si avviano ad essere DIALETTI SECONDARI, cioè tanto influenzati dalla lingua nazionale da rappresentare forme di compromesso tra i dialetti primari originari e l’italiano → i dialetti non scompaiono, quindi, ma si TRASFORMANO in conformità con la MUTATA REALTÀ SOCIALE del paese. 4. L’ITALIANO REGIONALE I dialetti non sono l’unico aspetto della diatopia nel panorama linguistico italiano. A partire dall’Ottocento si è fatto largo un fenomeno che va considerato STRUTTURALE : all’interno di una lingua con una forte identità e tratti comuni stabili e diffusi come l’italiano esistono delle differenze legate all’AREA GEOGRAFICA DEI PARLANTI derivanti, a loro volta, dalla risalta di forme dialettali dal dialetto alla lingua — Camilleri sosteneva che, se l’albero è la lingua, i dialetti sono stati la linfa dell’albero. L’etichetta usata per descrivere questa varietà di italiano è ITALIANO REGIONALE. L’italiano regionale è percepibile nella comunicazione parlata per via di quello che si chiama “ ACCENTO” o “CADENZA” che caratterizza tutti i parlanti e da quest’ultima siamo in grado di risalire almeno alla MACROAREA DI PROVENIENZA di chi sentiamo parlare (→è abbastanza chiaro comprendere chi viene dal nord, dal sud o dal meridione estremo). Non tutti i regionalismi sono sullo stesso meno. Ve ne sono alcuni diffusi su tutto il territorio nazionale (→ REGIONALISMI PANITALIANI); altri diffusi in aree più vaste di quelle regionali come quella settentrionale e meridionale (→ MACROREGIONALISMI); infine, altri diffusi in territori minori come una regione o un territorio cittadino (→ MICROREGIONALISMI). 4.1 I REGIONALISMI LESSICALI Da un secolo e mezzo i rapporti tra le aree del nuovo stato unitario si sono stretti e l’italiano ha assunto per tutti i cittadini la funzione di lingua-tetto. Questo ha provocato l’afflusso di MIGLIAIA DI PAROLE DIALETTALI nella lingua nazionale, soprattutto in alcuni campi. In secondo luogo, hanno avuto un compito rilevante i MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA (→giornali, radio, televisione, rete) che hanno permesso la DIFFUSIONE DELL’ITALIANO , ma hanno anche consentito la DIFFUSIONE DEI REGIONALISMI → una GLOBALIZZAZIONE INTERNA che ha fatto sì che determinate parole come spaghetti, cannoli, lavagna, gondola siano chiare ai parlanti di qualunque età e condizione socio-culturale; al contrario, se un secolo fa avessimo chiesto ad un nostro antenato cosa rappresentavano tali parole, molto probabilmente non ci avrebbe risposto. L’italiano regionale ha una GRANDE IMPORTANZA nella STORIA DELLA PAROLE, dato che produce un enorme arricchimento del PATRIMONIO LESSICALE ITALIANO. La presenza di migliaia di parole di provenienza locale nell’italiano è oggi vista in modo positivo a tutti i livelli ma, fino a poco tempo fa, il fatto che nelle varia aree d’Italia gli stessi oggetti potessero avere NOMI DIVERSI era visto come un OSTACOLO ALL’UNIFICAZIONE LINGUSTICA e quindi combattuto. È oramai certo che l’apporto delle parole dialettali all’italiano è molto più ampio di quanto non si creda. Esiste un problema: le parole dialettali NON SONO INDIVIDUABILI come tali perché si presentano in FORMA ITALIANIZZATA e hanno perso la loro forma locale → giocattolo non è una parola italiana bensì proviene dal DIALETTO VENEZIANO (=zugatolo). Sfuggono a questa mimetizzazione solo pochissime forme che si riconoscono per la loro struttura: ‘ nduia comincia con una sequenza consonantica che non esiste in italiano (=nd-), mentre il pane carasau finisce per -u. LIGURIA: una regione riconosciuta universalmente per il pesto con le trenette, dai suoi dialetti provengono svariati termini indicanti FENOMENI ATMOSFERICI che si verificano in determinate aree sono locali e sono stati accolti, con qualche adattamento, dalla lingua nazionale. Tra questi termini, ricordiamo piovasco (=adattamento del genovese ciuvasco) con il suffisso -asco, anch’esso ligure (→fuggiasco). PIEMONTE: a livello gastronomico offre gli agnolotti, la fonduta, i gianduiotti. L’AMBITO MILITARE è ricchissimo di parole originariamente piemontesi, dato che l’esercito italiano è costituito sulla base dell’ossatura di quello del Piemonte, e tra le parole più significanti abbiamo passamontagna. LOMBARDIA: è una regione che fornisce una vasta raccolta di termini per la cucina nazionale, come risotto o minestrone. Ma nello specifico abbiamo dei termini per la CARNE (→fesa, osso buco), per i FORMAGGI (→stracchino, grana, mascarpone) e per i DOLCI (→panettone). I dialetti lombardi hanno preso spazio anche nella LINGUA GIURIDICO-AMMINISTRATIVA e troviamo fedina (=certificato penale), scartoffia, guardina (=carcere) e secondino (=agente di polizia penitenziaria). Tra gli ASTRATTI abbiamo fifa/fifone, vecchio bacucco (=persona anziana, senso dispregiativo), schiappa. VENETO: dobbiamo ricordare soprattutto VENEZIA, da dove vengono importanti VOCI MARINARESCHE (→gondola, traghetto/traghettare) e sono presenti anche PAROLE ARABE (→arsenale) o GRECHE L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, militari: non era una realtà immobile bensì frammentata e articolata secondo una DIVERSIFICAZIONE REGIONALE e SOCIALE; nonostante tale diversificazione, fu una realtà così unitaria da permettere la comunicazione in ogni angolo delle sue parti. L’impero aveva una LINGUA DOMINANTE e, mentre si estendeva e assorbiva intere popolazioni attraverso il cambio di lingua, conservava la sua omogeneità — questa non si doveva tradurre in immobilità, ma nel fatto che non dava luogo a importanti varietà locali o a mutamenti nel corso del tempo. Alla luce di questo interpretiamo la storia della lingua latina in tre fasi: una breve ed iniziale (→PROTOLATINO), una di lunga stabilizzazione e una finale (→ LATINO TARDO e PROTOROMANZO). Tirando le somme e dandoci un punto di inizio, dobbiamo partire dal latino, una lingua ben strutturata su tutti i piani e ricca di possibilità espressive. Proprio dal latino parlato muove un veloce PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE che porterà alla nascita dell’ITALIANO e delle LINGUE ROMANZE. Tale cambiamento linguistico avviene in tutti gli strati della società, sia quelli bassi che nelle classi prestigiose. 2.1 COME COLLASSA UNA LINGUA E NE NASCE UN’ALTRA La grammatica di qualunque lingua è un insieme CHIUSO e STRUTTURATO, costituito da dalle regole; mentre il numero delle parole è potenzialmente infinito, il numero delle regole grammaticali è STABILE → se cambia una parola non succede nulla, se cambia una regola grammaticale questo produce delle TRASFORMAZIONI e un riassestamento del sistema — è un fatto rilevante e, in alcuni casi, DISTRUTTIVO. Se dovessimo individuare il punto di partenza del collasso del latino, lo individueremo nella CRISI DEL SISTEMA DELLE VOCALI, ovvero nel funzionamento della QUANTITÀ VOCALIVA → in latino, le vocali erano BREVI o LUNGHE, mentre in italiano e nelle altre lingue neolatine questo principio non funziona. La quantità vocalica distingueva le parole l’una dall’altra: pŏpulus (=o breve), significava “popolo”; mentre pōpulus (=o lunga), significava “pioppo”. Questa crisi divenne pericolosa soprattutto per l’ EFFICIENZA DELLA DECLINAZIONE, su cui si fonda tutto il sistema latino: rosă (=a breve) significava “la rosa”; mentre rosā (=a lunga) significava “da, per, con la rosa”. Scomparso il parametro della lunghezza, resta quello del TIMBRO CHIUSO e APERTO. L’italiano è normata da due grandi creazione dell’epoca moderna → GRAMMATICA e VOCABOLARIO. L’italiano ha anche alcuni PUNTI DI DEBOLEZZA: la sua proiezioni esclusivamente nazionale, mentre altre lingue romanze (→spagnolo e portoghese) vengono usate da altre persone nel mondo; inoltre, l’italiano non è spinto dal passato coloniale di paesi come la Francia e l’Inghilterra. Bisogna dire che, fuori dai confini politici, l’italiano è parlato in SVIZZERA (→Canton Ticino), in CROZIA e in SLOVENIA (→Istria e Dalmazia); è una lingua usata nel MEDITERRANEO per motivi mediatici e stili di vita. 2. L’ORIGINE DI TUTTO: LA CATASTROFE La lingua è un fatto sociale in cui la CONTINUITÀ ha più peso degli scarti improvvisi e, in questo caso, si parla della teoria degli EQUILIBRI PUNTEGGIATI: a lunghi momenti di LENTA EVOLUZIONE corrispondono MOMENTI DI SVOLTA e di IMPROVVISA ACCELERAZIONE, seguiti da un nuovo moto lento e continuo. Tutto ciò ha inizio con il COLLASSO DEL LATINO: il latino è il punto di partenza dell’italiano e di tutte le altre lingue romanze che rimane ben saldo finché hanno retto tre fattori esterni: l’UNITÀ POLITICA di chi parlava e scriveva latino; l’ISTITUZIONE SCOLATISCA LATINA posta a difesa della norma linguistica; il SENSO ORGOGLIOSO DI APPARTENZA a una comunità civile e sociale. Il latino fu una lingua parlata da milione di persone e con una storia che subisce enormi sconvolgimenti politici, civili, mil

Use Quizgecko on...
Browser
Browser