Summary

This document provides an overview of the Italian language, focusing on its standard form and evolution from its origins to modern usage. It discusses the influence of historical events, like the invention of printing, on the language and the development of Italian standard language over time, including the role of dialects. The document also examines the concept of linguistic space through different dimensions and their impact on the use of language.

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Che cos’è l’italiano? Di LINGUA ITALIANA STANDARD si può parlare dal 1612 (data convenzionale da assumere come punto di riferimento) con la pubblicazione del Vocabolario dell’Accademia della Crusca, che mette ne alla discussione riguardante la questione della lingua nel corso del ‘500...

Che cos’è l’italiano? Di LINGUA ITALIANA STANDARD si può parlare dal 1612 (data convenzionale da assumere come punto di riferimento) con la pubblicazione del Vocabolario dell’Accademia della Crusca, che mette ne alla discussione riguardante la questione della lingua nel corso del ‘500 (con Petrarca, e il Boccaccio delle cornici e della decima giornata; con il orentino contemporaneo diverso da quello del trecento; con la teoria cortigiana o delle koinè). La soluzione di compromesso è quella di Salviati: segue un adesione spontanea al modello linguistico. Infatti, già nel corso del 300 e nella seconda metà del 400 con la ripresa del volgare, molti scrittori si erano autonomamente rivolti al orentino come modello linguistico (iscrizione dell’Arcadia utilizzando come modello la lingua di Petrarca, cambiando le parole rima e conseguentemente tutto il discorso dietro al concetto di P.R.; è un’adesione spontanea così come per Ariosto etc). Con il 1612 si ha il primo modello linguistico italiano riconosciuto: si può parlare di uno standard. Prima c’era stata una “federazione di lingue” con una repubblica democratica dei volgari: ognuno di loro aveva la propria funzione e importanza. (Solo successivamente con Dante, Petrarca e Boccaccio il orentino ha assunto un maggiore rilievo). Lo standard italiano (1612) è particolare: 1. ha una conformazione arcaizzante; 2. è una lingua morta perché non esiste più in seguito alla trasformazione del orentino nel corso del tempo. I orentini nati a Firenze devono comunque impararlo attraverso la consultazione del vocabolario dell’Accademia della Crusca. 3. è una lingua esclusivamente scritta: nell’oralità si useranno i volgari che prendono il nome di dialetti: non c’è differenza strutturale tra volgare e dialetto. 4. è una lingua scritta di registro alto, utilizzata da persone colte. Cosa sono le Grammatiche? Sono fotogra e istantanee della struttura della lingua: lingua che però è in costante e lento movimento, ma che subisce brusche accelerazioni legate a fatti storici: nel caso dell’italiano, l’invenzione di stampa in caratteri mobili (seconda metà 400) rivoluziona il modo di fare libri e condiziona gli editori ad avere pubblico ampio, sorpassare i con ni regionali e porsi il problema di una lingua nazionale. Gutemberg centra: per questo motivo è importante fare continuamente il rapporto tra norma e uso. Norma: fotogra a. Uso: spostamento della lingua, il soggetto che viene fotografato. La grammatica fotografa una lingua di registro alto e scritta. Quando elenca le parti del discorso, le proposizioni, i complementi, si descrive quella lingua scritta usata dalle classi colte. Fino a tutto l’800 sappiamo con certezza che anche i colti utilizzavano il dialetto o nell’Italia settentrionale anche il francese come lingua materna (Sardegna, Piemonte) come lo stesso Al eri, che scriverà prima una biogra a in francese e poi in italiano (studio da parte dello stesso dei modi della lingua italiana); Manzoni utilizzava il francese o il dialetto. Con l’Unità di Italia cambieranno varie cose, ma il dialetto rimarrà la lingua parlata dagli italiani per molto tempo. Si sentirà la necessità di un modello orale di standard negli anni ’20 con la prima trasmissione radiofonica (1924) e il conseguente problema di come si deve parlare in queste circostanze. Dunque, si può parlare di ITALIANO STANDARD (e basta) per tutti gli italiani soltanto a partire dalla ne degli anni 70, quando nalmente dopo un processo di italianizzazione (quasi 150 anni) si arriva alla condivisione di un italiano per tutti gli italiani (Francesco Sabatini) a prescindere dalla classe sociale, dal luogo geogra co… fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Si riesce a fare questo grazie ai mezzi di comunicazioni di massa orali (radio, televisione e cinema) e non tanto attraverso i giornali che avrebbero potuto svolgere questa funzione già dalla ne dell’800, perché siamo un paese a basso tasso di alfabetizzazione e la gran parte della popolazione era tagliata fuori da questo modello standard di lingua. Attenzione: la prima trasmissione radiofonica 1924; primo lm sonoro anni 30; prima trasmissione 1954. Si aspetta ne anni 70 perché i mezzi devono diventare capillari e lo fanno quando grazie al boom economico degli anni 60 sono a disposizione continua di tutta la popolazione. Italiano standard: Oggetto della grammatica; scritto di registro alto dal 1612. Italiano neo standard da anni 70 del 1900. Negli anni 80 nasceranno una serie di problemi che ancora oggi caratterizzano il rapporto tra norma e uso. Le lingue non sono realtà monolitiche: anche l’italiano presenta una serie di dimensioni che vengono rappresentate attraverso un concetto astratto di spazio linguistico, vale a dire che tutto ciò che noi scriviamo o diciamo è collocabile in questo spazio e dipende da alcune variabili che è opportuno considerare nel momento in cui si produce o riceve un messaggio. Lo spazio linguistico ha 5 dimensioni le cui coordinate possono essere implicite o precisate in cinque assi con delle coordinate precise. Dimensione diacronica: offre indicazioni sulla variabilità della lingua nel tempo e dice in quale punto della storia di una lingua ci si trovi. Dimensione diatopica: Dimensione diastratica: Dimensione diamesica: Dimensione diafasica: Le lingue non sono realtà monolitiche o uni-dimensionali. L’italiano non fa eccezione, ma ha una serie di dimensioni che vengono rappresentate con un concetto astratto di spazio linguistico (da intendere come lo spazio sico). Tutto ci che noi scriviamo collocabile in questo spazio, in quanto dipende da alcune variabili (che opportuno considerare quando ci muoviamo nella lingua): sia quando siamo gli emittenti del messaggio sia quando riceviamo il messaggio. Rappresentare su un piano le cinque dimensioni dello spazio linguistico impossibile: sarà necessario immaginare cinque assi anziché di due; sarà opportuno dare una coordinata precisa per ciascuno degli assi per determinare un punto; coordinata che, unita alle altre quattro, darà la posizione esatta nello spazio linguistico. ASSE DIACRONICO: d informazioni sulla variabilità̀ della lingua nel tempo. Indica in quale punto della storia di una lingua mi trovo. Le lingue, infatti, cambiano nel corso della storia: la fonetica e la fonologia nell’orale; la gra a nello scritto, la sintassi e il lessico sono sezioni che si integrano tra di loro e possono avere delle autonomie nel loro sviluppo. Non a caso, la storia dell’italiano ci insegna che nel tempo ci sono stati dei cambiamenti pi percepibili a livello lessicale: parole nuove non esistenti nel passato, o parole usate nel passato ed entrate in disuso. fi à fi fi è è ò fi ù fi è Ad esempio, il termine Aperitivo nel Medioevo voleva signi care purga, mentre nella contemporaneit un’esperienza piacevole. Ovviamente, ci sono stati cambiamenti anche dal punto di vista fonologico e sintattico: il sistema fonologico dell’italiano non è mai stato immobile: oggi comprende 30 fonemi secondo un’interpretazione fonematica del raddoppiamento o 45 secondo interpretazione monofonematica (sulla base dell’intensità) che si sono stabiliti solo nel corso del secolo scorso. Si tratta, dunque, di un sistema fonologico che diacronicamente ha delle coordinate ben precise. Di conseguenza, la considerazione del punto dell’asse diacronico vale non solo per l’ambito fonologico, ma anche fonetico, lessicale e gra co (la velare sorda aveva nel Cinquecento vari modi di rappresentazione, sette-otto, mentre oggi ci sono tre grafemi). Esempio: se si volesse rappresentare nello spazio linguistico del modello standard dell’italiano scritto del vocabolario degli accademici della crusca siamo nel 300. DIMENSIONE DIATOPICA: riguarda la variabilità in relazione allo spazio geogra co. In Italia, la variabilità ha un’in uenza piuttosto marcata e fa riferimento a variazioni della lingua legate alla provenienza geogra ca dei parlanti, sempre in relazione ad un processo di uni cazione linguistico molto tardivo. Nel passato, il movimento all’interno dell’asse diatopico per alcuni parlanti era limitato (posizione del dialetto, o scelta condizionata tra dialetto e lingua standard). Oggi, invece, un parlante italiano pu muoversi in maniera piuttosto libera, occupando almeno 4 coordinate e consentendo una maggiore ricchezza espressiva. I DUE ESTREMI DELL’ASSE: dialetto e italiano standard (di volta in volta identi cato, dal Seicento o oggi). E’ bene ricordare che il DIALETTO è originato dai precedenti volgari, successivamente alla nascita dell’italiano standard nel 1612 (Vocabolario accademici della Crusca).Infatti, il latino non si mai trasformato in italiano; e l’italiano non si è differenziato nei dialetti a sua volta, MA è dal latino che si sono generati i vari volgari (palermitano e milanese derivano direttamente dal latino seguendo rispettivamente percorsi diversi). Di conseguenza, la dimensione diatopica si avvale di maggiore importanza, soprattutto in una situazione in cui la maggior parte delle persone aveva competenza esclusiva del dialetto: per molti, l’italiano non la lingua madre, ma una lingua seconda che si perfeziona con l’istruzione. Infatti, nessun bambino acquisisce l’italiano standard dai genitori, a meno ch non abbiano un grado sociale e d’istruzione elevato. Anche nelle conversazioni quotidiane si usa una variet in uenzata e colorita dal proprio dialetto. Questo testimonia il fatto che la dimensione diatopica è fortemente collegata alla dimensione diastratica, che riguarda lo strato sociale di appartenenza del parlante. Sono due parametri che vanno in parallelo: maggiore è l’istruzione, maggiore sarà la propriet linguistica dell’italiano. Quindi, la competenza della nostra lingua è direttamente proporzionale al grado di istruzione. Uno dei problemi maggiori della scuola post-unitaria fu quello di non aver percepito che i bambini iscritti alle elementari erano dialettofoni ed avevano competenze linguistiche esclusivamente nel loro dialetto. Sarebbe stato necessario fare leva sulle loro conoscenze metalinguistiche per poi imparare non solo a leggere e a scrivere, ma anche a conoscere la lingua italiana. fi è fl fi é fi à fl fi fi fi à è à ò è è Libro “lettera a una professoressa” pubblicato 1967, è un testo di denuncia, il cui autore formale è la scuola di Barbiana in cui lavorava Don Milani, e nacque nel 1962 quando venne varata la legge che rendeva obbligatoria per tutti la licenza media ( no al ’62 la scuola media era aperta solo a studenti di classi medio-alte, la cui lingua madre era pi vicina all’italiano, con il ne di indirizzare i ragazzi verso un tipo di istruzione liceale). una testimonianza che viene dal basso della situazione in Italia nel 1967: l’italiano come lingua standard valida per tutti i parlanti un’idea ancora lontana. Una testimonianza diametralmente opposta è quella di Pasolini, presente nel saggio Nuova questione linguistica, in cui afferma che “non esiste una lingua standard dell’italiano”. Nel 1861 vennero rese note le stime sugli italofoni in Italia: secondo De Mauro, nella Storia linguistica dell’Italia unita, furono il 2%; per Castellani invece il 10%. Entrambi davano per scontato una capacit dei orentini molto alta, eppure, nel 1967 questa situazione si rispecchiava anche nei parlanti orentini. Anche il orentino un dialetto come tutti gli altri, ma per la storia linguistica dell’italiano molto vicino alla lingua nazionale. COORDINATA INTERMEDIA: Dialetto italianizzato di cui si parla quando sente l’in uenza della lingua standard soprattutto a livello lessicale. Se c’ un termine nuovo non si pu usare un termine dialettale, magari si pu adattare, ma è chiara la pressione della lingua nazionale sul dialetto che pu sussistere anche su certi costrutti sintattici. Italiano regionale: è la variante pi interessante e vitale per de nire rapporto tra norma e uso, che nell’asse è posizionata verso l’italiano standard. Si tratta dell’italiano standard con alcune coloriture regionali. I piani maggior investiti da questa coloritura sono il lessico (perché è normale trovare parole connotate regionalmente come quelle di un orentino “cencio” “acquaio” etc…) utilizzato in contesti non formali e più colloquiali; il piano fonetico-fonologico: qualunque parlante italiano a prescindere da provenienza sociale e geogra co è riconoscibile, cioè si può individuare la regione di provenenza. In più, a seconda del grado di istruzione, della competenza linguistica dell’ascoltatore si uò capire se è settentrionale, centrale o meridionale. Oggi i linguisti si stanno muovendo su una maggiore libert per un diasistema fonologico che comprende anche le varianti regionali, non tutte ma quelle pi evidenti e pi tollerate e accettate anche in un discorso o in una lezione. Dif cilmente ci sono degli in ussi per quanto riguarda morfologia e sintassi. La sintassi il cuore della lingua e le modi cazioni sintattiche indicano una trasformazione molto forti. Nel Settecento ci si spavent e si ebbe la reazione purista perch le pressioni del francese iniziarono a operare anche sulla sintassi. Anche nell’italiano regionale dif cile che ci siano delle modi che sulla sintassi. C’ stato il caso di “esci il cane” che indica un uso transitivo del verbo intransitivo “uscire” o “scendere” che norma di alcuni dialetti meridionali. Pu succedere che questo costrutto in uenzi l’italiano di qualche parlante. Nel parlato informale si pu accettare ma non proprio dell’italiano. Ci possono essere dei casi in cui si modi ca la sintassi ma l’italiano regionale caratterizzato principalmente dal punto di vista fonologico e lessicale. La pronuncia standard dell’italiano astratta e costruita a tavolino, non esiste nessun parlante italiano che impara la lingua dai propri genitori che utilizzi i trenta/quarantacinque fonemi dell’italiano standard. Tutti devono correggere la pronuncia. La pronuncia stata creata negli anni Venti del secolo scorso perch a livello di oralit nel 1612 si usavano i dialetti o il francese, e poi esisteva una lingua franca volgare. È fi è è fi è ò à à ò è ò fi è è fl fi fi è è ù fi è ù ò è fi fl fl ò ù fi é à fi fi fi ù è è ò fi fi é DIASTRATICA: Esprime la variabilit della lingua in base alla classe sociale e al grado di istruzione. importante per la nostra lingua proprio per il modo in cui si formato l’italiano nazionale. L’italiano per molti non una lingua madre ma una seconda lingua che si apprende con la scuola. Di conseguenza, la competenza linguistica di un italiano legata al grado di istruzione. Non si tratta di parlare meglio, ma di avere una competenza linguistica adeguata. Dati sull’istruzione in Italia: materiali su Moodle Le statistiche sull’uso del dialetto ci fanno vedere: che dal 2006 al 2021 diminuisce la percentuale di coloro che usano esclusivamente il dialetto nella fascia d’et pi elevata. Come l’italofonia sia legata al grado di istruzione perch concentrata nella fascia d’et superiore ai sessant’anni. Le persone che oggi sono esclusivamente dialettofone sono coloro che non hanno avuto la possibilit di completare il loro ciclo di istruzione elementare (generazione del dopoguerra). Quando l’Italia era legata all’economia esclusivamente agricola queste persone non avevano un grado di istruzione. Non avere un grado di istruzione elementare signi ca non essere italofoni. Progressivamente questi dialettofoni spariranno. Documento novembre 2005, nota dell’Istituto Nazionale di Statistica. L’ISTAT riporta i dati consolidati del censimento 2001 in cui gli analfabeti risultano essere 700mila e non 6 milioni. Basandoci su questi ultimi, De Mauro Tullio nel 2005 aveva lasciato una dichiarazione che diceva che in Italia c’erano circa 6 milioni di analfabeti. Riproponeva i dati del 2001, abbastanza preoccupanti. Gli analfabeti sono 700 mila circa, ma a questi si aggiunge una categoria particolare: 5 milioni analfabeti senza titolo di studio, 6 milioni con la licenza elementare, 16 milioni con la licenza media, 11 milioni con diploma di maturit , laurea 3 milioni. All’istruzione legata anche la competenza linguistica. In linguistica noto un concetto che prende il nome di analfabetismo di ritorno: una condizione che si realizza quando succedono delle cose particolare. Ammettiamo che una persona abbia preso il diploma di maturit scienti ca, esce con una serie di competenze e poi decide di iscriversi a Lettere, quindi abbandona e dopo un certo numero di anni si regredisce al grado di istruzione precedente per quel tipo di competenze. A questa categoria di alfabeti privi di titolo di studio sono quella generazione di persone sopra ai 60 anni che non hanno completato il ciclo di istruzione elementare: spesso i bambini venivano subito mandati a lavorare nelle campagne. A loro succede che per un tot di anni se non frequentano mai la scrittura, la lettura e il far di conto, queste persone tornano a un grado di analfabetismo. Gli alfabeti privi di titolo di studio sono essenzialmente degli analfabeti, e per De Mauro sono circa 6 milioni. Era un dato abbastanza preoccupante, anche se non signi ca che le competenze corrispondano sempre al titolo di studio. Legare alla diastratia le informazioni sulla alfabetizzazione d dei risultati importanti. DIMENSIONE DIAMESICA Prende in considerazione la variabilit dal punto di vista del mezzo di comunicazione che si usa. La lingua assume quindi una sionomia diversa, gra ca se scritta, fonologica se orale. Utilizzare un mezzo piuttosto che un altro porta a delle modi cazioni dal punto di vista strutturale della lingua. Anche qui si pu rappresentare questa variabilit su un asse cartesiano con due estremi: scritto; parlato faccia a faccia. Le caratteristiche linguistica della scrittura sono diverse dal parlato faccia a faccia (ci sono tanti tipi di oralit ). L’oralit ha delle caratteristiche evidenti macroscopiche: si af da non solo all’aspetto verbale, ma anche a tratti soprasegmentali come l’accento, l’intonazione, aspetti extra- linguistici come la prossemica. è ò à fi à è à ù à à fi à è à à fi fi fi è é à è fi fi à È à Nel convegno sulla radio del 1996, Francesco Sabatini si mette a de nire cosa sia il TRASMESSO, evidenziando le sue caratteristiche e quelle del parlato faccia a faccia. Per “trasmesso” si intende la lingua di radio, cinema e televisione: una lingua intermedia tra scrittura e oralit perch , anche se non sembra, una lingua fruita oralmente ma i cui testi sono precedentemente scritti per essere ascoltati. una lingua scritta per essere ascoltata. Dagli anni Ottanta in poi nella radio e televisione c’ stata una forte iniezione di lingua spontanea, ma la spontaneit televisiva e radiofonica non una spontaneit. Ma se il testo scritto per la televisione non tiene conto dello spettatore, non fruibile per l’ascolto. Il parlato trasmesso “uno a molti” senza interazione con il referente molto pi simile allo scritto. Successivamente, si present un altro tipo di comunicazione che sta di nuovo nel mezzo tra scrittura e oralit , che non si pu incasellare nemmeno come trasmesso nel senso de nito da Sabatini. la LINGUA DELLA RETE IN SENSO LATO: rete di internet, rete telefonica, una volta erano pi distinti mentre oggi c’ una forte interazione tra le varie reti. Alla ne degli anni Novanta si pone l’attenzione su questa particolare modalit e ci si concentra su tre tipi di scritture che si considerano variet della rete. Sono: lingua delle chat, lingua delle mail, lingua degli sms. Messi in primo piano dagli studi linguistici e che si chiamavano CMC: comunicazione mediata da computer. Prendendo in considerazione la messaggistica telefonica, per , l’etichettatura errata. Oggi vista l’integrazione tra computer, telefono e tablet, si parla di comunicazione mediata dalla tecnologica, con un’etichetta pi ampia e pi precisa. Queste modalit hanno tratto attenzione perch in queste si riscontravano caratteristiche comuni particolari: il fatto che si sta scrivendo ma in realt si sta parlando. un parlato che casualmente viene congelato nella scrittura. È quasi un parlato faccia a faccia che per ragioni varie si svolge nella dimensione della scrittura. intermedia perch non uno scritto pensato per essere ascoltato, ma un parlato pensato per essere letto. Spesso la conversazione in queste modalit un tipo che se non recupera alcuni aspetti dell’oralit risulta fallimentare. L’etichetta di trasmesso si deve a Paolo d’Achille. Agli inizi degli anni Novanta le mail erano considerate alla stregua dei messaggi. Alla ne degli anni Novanta venivano usate le aziende e le universit. Era una lingua molto pi vicina alla messaggistica, mentre oggi la lingua delle mail non un trasmesso scritto, perch si usano in situazioni in cui non c’ la posta cartacea. Lo spazio linguistico formato da cinque dimensioni: diatopia, diacronia, diastratia, diamesia e diafasia. Rimane da completare il quadro introducendo la dimensione della diafasia. DIAFASICA: quella dimensione che valuta la variet linguistica in funzione del contesto comunicativo. La gradualit di questo asse pu essere modulata su tre parametri: l’informalit , formalit , formalizzato. In questi casi si parla di registri, ossia registro informale, formale e formalizzato. Il registro una variabile a parte: per esempio posso usare il registro formale sia nel trasmesso scritto che orale dunque nell’asse diamesico. posso mantenere un registro formale e informale senza in uire sul registro diastratico: una persona con la 5 elementare se parla con amici e famigliari usa una lingua diversa tra amici e famigliari. Cos come esiste un’informalit e formalit in diatopia e diacronia. È È è fi à à à è à ù é ò é ò è ì ò ù è è è à è à ù è à è è È à à è à à è à à à ò é fi fi à à ù ù è é fi È fl è è à registro formalizzato: si parla di registro formalizzato per le variet linguistiche tecnico scienti che: se leggo un testo scienti co la lingua non informale ne formale ma formalizzata, (xes il manuali di istruzioni). la cosa che pi identi ca la formalizzazione del registro il lessico, perch ogni disciplina ha il suo lessico speci co. Il linguaggio scienti co e tecnico ha bisogno della biunivocit : (rapporto uno a uno tra il signi cato e signi cante, a un concetto o a un oggetto corrisponda una e una sola parola.) per esempio la parola valenza, in Italiano ha molti signi cati ma in chimica ne ha solo uno. il linguaggio tecnico scienti co nato da Galileo Galilei, egli prendeva parole dell’uso comune e risemantizzandole nel rapporto della disciplina a cui si riferiva. Ogni disciplina costruisce una propria terminologia. Sebbene termini e parola sono considerati la stessa cosa, in linguistica il termine un iponimo di parola (iperonimo: insetto iponimo: ape. iperonimo parola generale iponimo parola speci ca). Un altro aspetto riguardante la formalizzazione quello di lingue speciali: si individua nelle lingue speciali due sottogruppi: lingue specialistiche e settoriali. Con lingue specialistiche intendiamo le lingue legate a determinati sapere a determinati discipline ( nanza, medicina, architettura) quando si ha a che fare di un Sapere scienti co tecnologico si parla di lingua specialistica e della sua terminologia. Le lingue settoriali, sono legate a un particolare settore, non a una branca del sapere ma a un settore particolare, sono simili alle lingue specialistiche ma non sono identiche. Prendiamo in esempio la lingua dell’architettura e lingua della critica d’arte. L a lingua dell’architettura una lingua specialistica, utilizzata nei trattati di architettura basata su una solida terminologia, se vediamo la lingua della critica d’arte per suo stesso Dna l’ecfrasi: la spiegazione. Essa nasce per spiegare quelli che sono linguaggi che si af dano ad altri codici semantici, , il critico d’arte cerca di tradurre il linguaggio in codice verbale linguistico, facendo delle metafore, o similitudini, cerca di tradurre il linguaggio dell’architettura in codice verbale, utilizzando un linguaggio speci co in un aspetto settoriale del tutto nuovo. Il critico costruisce una variet linguistica prendendo un po' del lessico comune un po' di terminologia speci ca di altre discipline, per spiegare quello che l’opera dell’arte vuole trasmetterci. altro esempio la lingua dello sport come le telecronache del calcio. Gerghi Sul gergo c’ confusione terminologica. Per capire che cos’ utile l’esempio della mala vita: il termine pizzino è una parola oggi ormai nota, ma inizialmente era un concetto comprensibile solo dal circolo ma oso. Da qui, è possibile individuare le due caratteristiche principali del gergo: Ribadire l’appartenenza ad un gruppo. Modo di comunicare per escludere tutti gli altri. Quindi, uno dei motivi per cui si ricorre al gergo quello di oscurit e condivisione ristretta. Anche le parole come sbirro e palo, nate gergali, sono successivamente diventate comuni e sono entrate a far parte del vocabolario italiano. Un altro gergo di particolare interesse il gergo giovanile, che ribadisce l’appartenenza sociale a un gruppo. Il gergo emerge più frequentemente no ad essere utilizzato nell’italiano comune. C’ un po’ di confusione ad attribuire l’etichetta di gergo ad alcune parti dell’italiano: dire il gergo della chimica sbagliato, dobbiamo usare l’etichetta lingua speci ca. Esistono alcuni casi in cui la lingua settoriale pu scon nare nella gergalit. Per esempio la lingua degli avvocati o giudiziaria: spesso gli avvocati vengono accusati di oscurit linguistica perch usano parole che non sono capibili da gran parte della popolazione. Oltre ai termini settoriali gli avvocati talvolta usano parole che potrebbero essere sostituibili con parole comprensibili: in fi è fi è è fi fi é è fi fi ù è fi è fi fi fi è è fi è ò è è fi fi à fi fi è è à è à à fi é à è fi fi fi à questo caso si sta scendendo verso la gergalit. l’avvocato non utilizza la parola comune, per paura di essere giudicato incompetente, l’avvocato dunque usa quella parola per ribadire un’appartenenza sociale. Alcune volte il gergo anche morfologico, quando in atti giudiziari si parla di una vicenda passata si usa l’imperfetto, (il cliente andava a comprare un panino nel negozio e incontrava) questo linguisticamente parlando non ha nessun fondamento: in questo caso si parla di tecnicismi collaterali (descrivono una cosa che sarebbe chiara comunque ma serve per dare un’aurea di specialismo). Avviene anche nella lingua della medicina: per un medico un paziente accusa un sintomo. Questo accusa non ha nessuna ragion d’essere, ma inserisce un elemento di oscurit. La lingua giudiziaria e settoriale e non speci ca, nella lingua giudiziaria c’entra l’avvocato, il procuratore, il perito tecnico il testimone. una lingua complessa, poich mette insieme varie lingue specialistiche e lingue comuni con alcuni termini che sono propri della lingua giudiziaria. COMPETENZA LINGUISTICA Nelle grammatiche moderne ci si sofferma anche sulla competenza linguistica (non solo sugli aspetti più speci catamente grammaticali), in quanto si tiene necessariamente conto della dinamicità della lingua italiana. La grammatica, infatti, non è altro che una istantanea, una fotogra a che cattura la struttura linguistica in un preciso momento, ma d’altra parte è necessario che gli insegnati tengano conto di questa variabilità e che inseriscano la competenza grammaticale in una cornice più complessa. Infatti, la grammatica gioca sempre nel suo rapporto con l’uso (che è lingua in movimento) in cui possono affacciarsi soluzioni grammaticali diverse di cui si deve tener conto. Cosa vuol dire competenza linguistica? Avere la capacità di muoversi nello spazio linguistico e sapere qual è il lessico adatto a seconda del contesto in cui ci si trova. E’ bene ricordare anche la distinzione tra competenza linguistica attiva e passiva: Competenza linguistica passiva: vuol dire che in grado di decifrare in maniera corretta gli aspetti linguistici di cosa si legge e di che cosa si ascolta. Se io leggo un articolo di giornale e riesco a decifrare strutture sintattiche e comprendere le parole ho una competenza passiva. Competenza linguistica attiva: vuol dire che si ha la capacit di usare al massimo le competenze lessicali e si ha la capacit di usare al massimo le strutture grammaticali. Sono in grado di capire il senso della pagina del giornale e ho le capacit di poterle riutilizzare nello scritto e parlato. L’unico strumento che ha una competenza linguistica attiva completa il dizionario. SCHEMA BERRUTO Per spiegare il concetto di competenza linguistica è bene servirsi dello SCHEMA DI BERRUTO: sono due pagine scritte non per dimostrare cos’è la competenza linguistica, ma per parlare delle varietà linguistiche dell’italiano a lui contemporaneo (siamo nel 1993). B. prende in considerazione un contenuto da trasmettere “dire a qualcuno che non si può andare da lui” e dimostra come vengono utilizzate le strutture linguistiche a seconda del punto occupato nello spazio linguistico. Cambia il punto = cambiamento nella lingua. N.B.: interessa al professore soprattutto pagina 13. Lo schema non è l’elemento centrale, ma serve a Berruto per spiegare quello che fa nella pagina successiva. Berruto mostra 9 alternative per esprimere lo stesso concetto, provando a dargli una cordinata speci ca (da visualizzare nello schema a sinistra). L’articolo del 1993 ma in realt lo schema appare gi in un libro del 87 in “sociolinguistica dell’italiano”. Si sofferma solo su 3 dimensioni dello spazio linguistico. fi è à è fi à à è è é à fi à è à à fi Mancano all’appello la diacronia e la diatopia: la diacronia perch sta analizzando l’italiano contemporaneo; quindi è implicita (’93) la diatopia perch siamo in una situazione storica dell’italiano particolare in cui non c’è dialogo e continuità tra dialetto e standard sull’asse diatopico. Si risente ancora di una certa La diamesia nell’asse orizzontale, con ai due estremi scritto e parlato, e nel mezzo le varietà intermedie; l’asse diastratico è in verticale nella cui parte superiore saranno collocati istruzione e classe sociale alta, in quella inferiore istruzione e classe sociale bassa. La diafasia è rappresentata nell’asse trasversale, dall’estrema destra siamo nell’ambito dell’informale; nella zona centrale nel formale, in alto a sinistra nel formalizzato. 1. La prima opzione che mostra quella dell’ITALIANO AULICO FORMALE, che ha delle caratteristiche tali che la rendono condivisibile da una cerchia ristretta. Il lessico molto alto e la frase di riferimento è “mi pregio informarLa”. E’ una variet di registro che si trova quasi all’estremo dell’asse diamesico ed è una particolare forma (come la maiuscola nel pronome) che fa ricorso a strategie legate alla scrittura e non all’oralit. L’italiano formale aulico ha una propria tradizione nella nostra lingua ed stato molto sviluppato nel passato perch entrato prima nella comunicazione di alto livello: è una lingua letteraria che stata il centro per la formazione della lingua nazionale. 2. L’italiano TECNICO-SCIENTIFICO: siamo nell’ambito del formalizzato. Usa strategie legate alla scrittura e la cortesia della formalit legata a convenzioni di tipo gra co come la maiuscola, ma minore rispetto a quella dell’esempio precedente. A livello lessicale un italiano tecnico-scienti co. Berruto de nisce questo che sta facendo come “trasmettere il contenuto”. Non dire o informare, ma trasmetter un’informazione. Questo aspetto dell’informazione rimane no a un certo punto dello schema e poi sparisce. C’ una descrizione come in un manuale di sica o biologia. Siamo diafasicamente in un livello pi basso, siamo ancora pi verso la scrittura. 3. ITALIANO BUROCRATICO Il terzo esempio appartiene a una variet linguistica che si sta attenuando nell’italiano contemporaneo, ma nel 1987, tempo in cui Berruto fece lo schema, l’italiano burocratico ha una certa importanza. La frase “vogliate prendere atto dell’impossibilit della venuta dei sottoscritti”. Il concetto di informare qui completamente sparito ed sostituito dal “vogliate prendere atto”, che ha una funzione diversa ed quasi performativo. Il fatto di dirlo lo uf cializza e lo certi ca. Ci si dimentica anche qual lo scopo primario dell’informazione e si traduce in una forma di tipo diverso che ha anche conseguenze diverse. Si spinge di pi sulla presa d’atto che sull’informazione. Una marca inequivocabile del linguaggio burocratico : “sottoscritto”. Tutt’oggi per quanto si sia andati avanti compare spesso il termine nei moduli. un caso un po’ particolare perch se si rma una lettera normale non c’ bisogno di ribadire chi sia a rmare. legato alla formalit dell’atto. L’italiano burocratico ben radicato nella nostra lingua, soprattutto perch una delle prime variet nazionali. Uno dei primi problemi da affrontare fu quello di creare una lingua sovraregionale per dare delle informazioni comprensibili in tutta Italia in maniera inequivocabile. una lingua che per prima si confronta con il problema del modello nazionale, il cui unico antecedente era quello della Crusca (1800) con riferimento solo a testi di registro molto alto. Questa lingua burocratica nasce invece con uno scopo pratico, ma assume quelle caratteristiche proprie dei testi letterari. La lingua burocratica italiana si avvale di tecnicismi che la impreziosiscono e usa la variatio come la lingua letteraria. Questo uno dei motivi per cui dif cile anche oggi eliminarla del tutto, perch per quelle caratteristiche che assume una lingua settoriale che per rischia è é è à fi à è è é é é fi è fi é è è à ù fi è à à è è fi ù è è è è è fi fi È é è è è fi è È fi è ù È à fi ò è è è à di sfociare nella gergalit in quanto ha delle forme che rendono dif cile comprenderla, andando contro il suo scopo. Prima di arrivare alla chiarezza e alla trasparenza ci sono voluti decenni, anche se alla ne del millennio scorso sono state emanate delle leggi che obbligano a scrivere in maniera pi trasparente. Sono stati fatti anche dei corsi per capire quali fossero gli elementi che rendevano quella lingua oscura. La battaglia per una maggiore chiarezza negli atti giuridici e normativi ancora perdura perch permangono ancora molte oscurit nell’italiano burocratico, dovuto alla sua lunga permanenza nella lingua. L’italiano burocratico sta a un livello diastratico medio-alto, nell’asse diafasico siamo nella formalit e nella diamesia siamo in uno spazio diamesico che predilige la scrittura. Per capire qual stato il grado di pervasivit della lingua burocratica sull’italiano importante un testo di Italo Calvino. questo pezzo si intitola “L’Antilingua”. un pezzo molto famoso risalente agli anni Sessanta del Novecento, periodo in cui l’ultima questione linguistica italiana vede intervenire varie personalit importanti del Novecento, soprattutto scrittori come anche Pier Paolo Pasolini con “Nuove questioni linguistiche” e ognuno di questi contribuisce a fare le ultime considerazioni sull’italiano. Testo Pasolini: si sofferma sul fatto che non esiste un italiano standard nel parlato ma solo nello scritto, un concetto non molto conosciuto tra gli scrittori degli anni Sessanta del Novecento. Dice che questo modello di italiano scritto sempre stato quello della letteratura e fa una lunga analisi sul senso in cui la letteratura abbia fatto da tramite per la lingua. Pasolini riscontra un problema: vede l’italiano standard virare verso il modello tecnico scienti co: prende spunto da un discorso che venne fatto da Aldo Moro per l’inaugurazione dell’autostrada del Sole. Questo fa parte delle profezie di Pasolini che non si sono avverate come la scomparsa dei dialetti. Queste due direzioni che la lingua poteva prendere l’avrebbero resa meno ricca di quanto oggi. Testo Calvino: viene indicato di solito come l’antilingua ed una discussione sulla lingua che ha caratterizzato gli anni 60/70. Lo prendiamo in analisi per dare un esempio di cosa si intende per lingua burocratica. Il brigadiere davanti alla macchina da scrivere e l’interrogato risponde alle domande: le parole usate dall’interrogato sono 42 e quelle del brigadiere sono 65. Questo brano viene utilizzato per speci care che cosa signi ca chiarezza e trasparenza sottolineando l’aspetto della brevit. In questo caso, la paratassi paga pi dell’ipotassi perch nella parte trascritta sussistono tante subordinate implicite unite in un’unica grande frase. Ma non questo a rendere meno trasparente la versione trascritta: è la scienti cit del linguaggio che porta a estendere il testo e a renderlo pi complicato. Secondo Calvino infatti, per un processo automatico molti cittadini traducono mentalmente l’italiano in una lingua che non esiste: l’antilingua. la caratteristica dell’antilingua il terrore semantico e la fuga di fronte a ogni vocabolo che ha di per s un signi cato preciso: asco —> prodotto vinicolo. Si capisce da quello che ci scrive Calvino che questa lingua che nasce come lingua burocratica, negli anni Sessanta diventa propria anche di ambiti come quella dei telegiornali e dei giornali. In un italiano che ancora si stava misurando con l’identi cazione di uno standard e con la grossa pressione dell’italiano scritto burocratico (nazionale con precocit dopo l’unit ) nisce per diventare modello. Sia le indicazioni di Calvino che quelle di Pasolini erano preoccupanti ma l’italiano ha vissuto poi un’altra parabola. Le due varianti di Berruto di italiano standard letterario e italiano neo-standard Standard letterario: la informo che non potremo venire Neo standard: le dico che non possiamo venire Sono due frasi che si differenziano ma tutto sommato non sono troppo distanti tra loro. fi fi à à à é è ù fi fi è è à è è fi fi é à è fi à È è à fi fi ù é ù è fi à à 4. ITALIANO STANDARD l’italiano uf ciale che nel 1987 (quando stato fatto lo schema) e nel 1993 un italiano che si pu de nire letterario in quanto a base letteraria. Ancora nell’87 e nel 93 l’unico italiano standard che abbiamo e che stato a lungo relegato allo scritto, ma che in questi anni di base letteraria. Quando invece l’italiano diverr proprio di tutti ci saranno delle trasformazioni che introdurranno dei cambiamenti nella struttura grammaticale di cui bisogner tenere conto. Nel momento in cui Berruto fa questa analisi i frutti stavano venendo a galla. Ma accanto all’italiano standard letterario bisogna af ancare quello neo-standard. Con l’italiano standard e neo- standard si inizia a scendere verso l’origine degli assi, il punto di incontro degli assi cartesiani e, in uno schema come questo, il centro dovrebbe essere occupato dalla variante standard. Il centro una variet che si usa formale con una formalit che tende all’informale, gi a disposizione delle classi medie medio-basse. Questa posizione ideale dell’italiano standard molto lontano all’origine: siamo in una posizione di medio-alta formalit (nel 1987 quel modello basato soprattutto sull’italiano scritto). 5. ITALIANO NEO-STANDARD: sempre prevalente sulla scrittura ma meno periferico rispetto all’italiano standard e ha una coordinata diastratica e diafasica pi vicina all’origine. L’italiano standard e neo-standard è circondato da un ovoide che rappresenta il nucleo della lingua italiana (zona centrale dello spazio linguistico), che è spostato verso la parte alta e sinistra dello schema. (N.B. vedi due frasi di riferimento) La differenza tra informare e dire non riguarda l’asse diafasico, ma riguarda l’iperonimo e l’iponimo. Informare un iponimo di dire, dire un iperonimo di informare. Informare indica in maniera speci ca quale tipo di dire sia, mentre dire pi generale. La seconda variet neo-standard non grammaticalmente corretta perch la grammatica dell’italiano impone di usare il futuro se l’azione al futuro. Ci sono nella seconda frase dei tratti fonologici, sintattici, morfologici, lessicali, che non sarebbero grammaticali ma hanno un forte grado di accettabilit. Sono accettabili perch rispetto a un banale errore, hanno delle caratteristiche che li rendono degni di attenzione: sempli cazione della struttura senza comprometterla; sempre stati presenti; usati frequentemente nell’italiano. Un esempio l’uso del presente al posto del futuro, che una sempli cazione morfologica nella struttura della lingua. Non comunque una sempli cazione che compromette la struttura, infatti sono dei tratti accettabili. importante che questa sempli cazione non comprometta le informazioni morfologiche che porta. In frasi di questo tipo e in tutte le frasi, ci che accadr ovvio che accadr nel futuro, evidente che venire vada dopo dire quindi essendo evidente non ha senso marchiarlo fonologicamente. non compromette il signi cato della frase. Un altro tratto scrivere “lui mangia” che “egli mangia”. Infatti, la posizione di soggetto si considera in base al suo rapporto con il verbo. Non un problema di frase ma un problema di struttura. Usare “lui” come soggetto di nuovo una sempli cazione, in questo caso del sistema pronominale dell’italiano. Questa sempli cazione non compromette la struttura morfologica dell’italiano perch l’indicazione dei nomi e della sua funzione ci viene data dalla sua posizione, non dal pronome. Non comporta alcuna perdita di funzionalit nella struttura morfologica dell’italiano. Quindi una sempli cazione che non modi ca la struttura. è è è è è È à è ò è fi fi è fi é è à è è è fi ù è è è fi à fi fi è ò à fi è è ù è à fi à è à è é fi à fi è é fi è à à è è è fi à è Questi tratti sono sempre stati usati nella storia linguistica dell’italiano. Nella formula del Placito campano c’ una frase marcata con dislocazione a sinistra. Si sposta l’elemento focalizzandolo a sinistra. Il Lui soggetto venne bandito dalla grammatica nel 1525 con Pietro Bembo. Egli ha dato chiara indicazione sul fatto che non si dovesse usare. Sono elementi che sono sempre stati presenti nella lingua ma non nelle grammatiche. Questo perch le grammatiche descrivevano lo standard dell’italiano letterario che dal 1500 in poi stato ssato nel Vocabolario della Crusca. Lui soggetto viene bandito dalla grammatica solo nel 1525 con Bembo, ma era sempre stato presente come tratto. Non sono presenti nelle grammatiche perch le grammatiche descrivevano uno standard letterario che era indicato nel canone ed era un italiano di registro alto. Sono inoltre tratti che nel momento in cui emerge il problema, vengono usati con ampia frequenza. Si veri ca che una frase come “le dico che non possiamo venire” non rara, una cosa come “lui” come soggetto, frequente sia nella scrittura che nel parlato a prescindere dalla provenienza geogra ca e sociale del parlante. presente indipendentemente dalla diamesia, diatopia e diastratia e diacronia. Vuol dire che “lui mangia” lo scrive e lo dice qualunque parlante italiano. Ma sono riconducibili a un registro medio ed per questo che sono sfuggite dalla grammatica che considerava solo i tratti del registro alto. Non vengono banalmente trattati come errori perch tecnicamente per tutte le caratteristiche che hanno, potrebbero diventare grammaticali (ri essioni degli anni Ottanta e Novanta) e allora vengono messe nella categoria che rappresenta una variet dell’italiano. All’inizio degli anni Ottanta ci sono delle ripercussioni sulla struttura dell’italiano e sulla sua grammatica. Sono vitali le osservazioni e si mettono in evidenza queste tendenze nuove che portano questi elementi a diventare grammaticali. Ecco perch Berruto usa la categoria “neo- standard”, perch potrebbero diventare grammaticali. Il concetto di italiano neo-standard fondamentale per capire il rapporto tra grammatica e uso. Alcuni tratti hanno una grammaticalit condizionata: sono grammaticali solo in certe zone dello spazio linguistico. Anche il mancato uso del congiuntivo in certi contesti un tratto dell’italiano neo-standard, quando la potenzialit di un’azione viene espressa in altri modi. Se la potenzialit dell’azione gi espressa da verbi come “penso” o “credo”. Non tutti i tratti dell’italiano neo-standard sono accettati allo stesso modo. Altra cosa il caso dell’ipotetico dell’irrealt , dove il congiuntivo deve essere espresso e non pu essere sostituito. Berruto ci propone 9 variet di italiano e per ognuna fa un esempio utilizzando la stessa frase. Per ora ci siamo mossi prevalentemente in una zona con alta diastratia e diamesia, tra il formale e il formalizzato e con una grossa preponderanza dello scritto. Con le variet da ora in avanti ci muoviamo nella zona speculare, quella in basso a destra che corrisponde al terzo quadrante. 6. ITALIANO PARLATO COLLOQUIALE Sull’asse diamesico ci troviamo verso il parlato e per quanto riguarda il registro siamo nel livello di italiano tendenzialmente informale: siamo in una zona bassa di diafasia e nella diastratia siamo in una zona piuttosto elevata perch siamo nell’ambito dell’italiano e non del dialetto, quindi prevede un grado di istruzione medio-alto. E’ una zona che riguarda una parte non ampia della popolazione. La versione per trasmettere il concetto : sa’, non possiamo venire. L’impostazione sintattica palesa che sia una frase che si pronuncia nell’oralit e dipende anche dall’espressione e dai movimenti, quindi siamo in un contesto orale. 7. ITALIANO POPOLARE quell’italiano che viene utilizzato da parlanti che non hanno un grado di istruzione tale da consentire l’impiego corretto della grammatica italiana e del lessico italiano, che sono quindi approssimativi. Non dominano completamente le strutture sintattiche, fonologiche e morfologiche dell’italiano e sono persone che hanno la competenza linguistica della loro lingua madre: siamo in una zona diastraticamente È è fi è è è è à fi È é ò à é è à é fl à è é à é à è è à è à é fi à bassa. La lingua di partenza il dialetto e hanno un livello di istruzione elementare perch la competenza linguistica legata al grado di istruzione, quindi usano un italiano approssimativo. Emerge che l’italiano approssimativo e risente dalla provenienza geogra ca del parlante, poich la sua reale competenza linguistica. La frase : ci dico che non possiamo venire. Si distanzia dall’italiano neo-standard per due cose: dove cambia sul verbo e su “ci dico” invece che “le dico”, che un costrutto tipico dei dialetti meridionali. Chi pronuncia questa frase non pensa di parlare dialetto, convinto di parlare italiano ed estende una struttura tipica del suo dialetto all’italiano nazionale. Chi dice “potiamo” invece di “possiamo” pensa di usare una forma dell’italiano standard e il suo uso nasce da una scarsa conoscenza della morfologia verbale dell’italiano. un italiano approssimativo perch si approssima alla struttura regolare dell’italiano ma se ne scosta per una non suf ciente competenza da parte del parlante. Nello schema Berruto aggiunge “ITALIANO REGIONALE”. l’unica indicazione diatopica che Berruto aggiunge in queste due pagine, perch nel 1987 questo italiano popolare ancora marchiato dalla provenienza geogra ca del parlante. Lo stesso parlante con lo stesso livello di istruzione e con lo stesso livello di istruzione del parlante settentrionale non sar uguale al parlante meridionale, quindi avremo costrutti differenti. Siamo in un livello basso diastraticamente, in un registro informale e su varianti che possono esistere solo nel parlato. 8. / 9 ITALIANO INFORMALE TRASCURATO e ITALIANO GERGALE. L’italiano regionale pi spostato verso l’origine perch l’italiano popolare si pu trovare anche nello scritto, quindi una frase che possiamo trovare in una frase ma anche in un biglietto. L’esempio per l’italiano informale trascurato “mica posso venire”, da utilizzare solo con persone con cui si ha una certa con denza, siamo in una posizione diastraticamente molto bassa. Per l’italiano gergale “ehi, apri ste orecchie, col cavolo che ci si trasborda”. La competenza attiva permette di capire quando e come utilizzare una forma, infatti ci sono nove modi diversi e anche pi per esprimere un concetto, ma bisogna capire il contesto in cui usare quel registro. Il dialetto oggi una delle possibili alternative all’italiano standard, e non indicatore di una scarsa competenza linguistica. Peggiore sbagliare il registro. Lo sbaglio di registro nel primo approccio con l’interlocutore fondamentale. La mancanza di controllo del registro una spia di altri problemi nella preparazione, nel modo di porsi. Uno dei punti pi deboli che palesano la bassa competenza linguistica sta nella incapacit della scelta del registro. COMPETENZ

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