Sintesi Esame Metacognizione PDF
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Questo documento contiene una sintesi sull'esame di Metacognizione. Esso esplora il concetto di metacognizione, la sua struttura e le sue applicazioni nella didattica costruttivista.
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ESAME METACOGNIZIONE INSEGNAMENTO, APPRENDIMENTO E METACOGNIZIONE (Varani) In una didattica costruttivista allenare alla capacità metacognitiva diventa centrale per connettere livelli mentali e del sapere e alimentare la conoscenza di sé, autostima...
ESAME METACOGNIZIONE INSEGNAMENTO, APPRENDIMENTO E METACOGNIZIONE (Varani) In una didattica costruttivista allenare alla capacità metacognitiva diventa centrale per connettere livelli mentali e del sapere e alimentare la conoscenza di sé, autostima, autoefficacia e processi di empowerment. Questo non vuol dire inserire lezioni di metacognizione nel curriculum scolastico ma, partendo dalla consapevolezza che non si possono acquisire strategie di apprendimento indipendentemente dai contenuti, si tratta di assumere all’interno delle discipline un atteggiamento di costante attenzione metacognitiva. Occorre spostare l’attenzione dai prodotto al processo ragionando sul come e non solo sul cosa. In questo processo il docente ha il compito di creare il clima relazionale che permetta all’alunno di prendere le distanze da sé auto-osservandosi → metacognizione come opportunità per superare i limiti delle modalità tradizionali di trasmissione delle conoscenze. CENNI STORICI: il concetto di metacognizione si sviluppa in ambito cognitivista nei primissimi anni 70 con riferimento alle strategie di memorizzazione - Flavell: ipotizza che maggiori e più precise conoscenze sui meccanismi mnestici consente migliori prestazioni. Negli anni successivi la ricerca viene estesa ai processi di controllo sulle modalità di conoscenza personali considerate in termini di problem solving. Sintetizza questi due concetti la - Strategia: percorso che un soggetto decide di seguire per eseguire definizione di metacognizione: un compito conoscenza che qualcuno - Processo di controllo: operazioni che sovraintendono possiede sul proprio all’effettuazione del compito cognitivo funzionamento cognitivo e le strategie che mette in atto per controllare questo processo - Borkowsky: cerca di mettere a fuoco il rapporto tra i piani della conoscenza e del controllo sostenendo che sono i processi di controllo che permettono di scegliere e attivare le strategie cognitive. - Cornoldi: vede un rapporto più diretto tra la conoscenza metacognitiva e l’attività cognitiva stessa affermando che saper di saper risolvere un problema influisce positivamente sulle prestazioni e i processi legati maggiormente alla metacognizione sono quelli procedurali. - La maggior parte degli studiosi ipotizza che la metacognizione ha un ruolo importante nel permettere e modulare l’attività cognitiva - Didattica costruttivista: l’individuo elabora un’interpretazione soggettiva della realtà diventando agente epistemico → metacognizione come epistemologia personale perché: 1. Il soggetto che apprende è consapevole dello sfondo epistemologico del sapere in oggetto e dei processi messi in atto per appropriarsene 2. Il soggetto assume la conoscenza come proprio patrimonio intellettuale oltre la sua funzione contingente COMPONENTI DELLA METACOGNIZIONE: lo sviluppo delle abilità metacognitive può essere declinato su 4 livelli: 1. Conoscenza: insieme conoscenze, pregiudizi, misconoscenze, credenze, teorie in genue e idee che un individuo ha intorno al funzionamento della mente. Può fare riferimento al funzionamento dei processi mentali; ai limiti di questi processi; alle strategie e alle caratteristiche di un compito. 2. Consapevolezza: passaggio che consente di imparare a imparare in quanto agisce da collegamento tra le conoscenze teoriche e il loro utilizzo concreto e personale. Momento dell’auto osservazione introspettiva, riflessione e autoanalisi per arrivare alla conoscenza della propria storia cognitiva. Importante il ruolo dell’insegnante nel fornire feedback sociale basato su conferma psicologica della validità essenziale e del valore intrinseco della persona e informazioni sulle caratteristiche delle varie prestazioni. 3. Controllo: il plusvalore della metacognizione consiste nel rendere visibili e consapevoli i processi di autoregolazione. Cornoldi declina numerosi processi cognitivi di controllo Questi tre aspetti della metacognizione sono tra loro collegati (la consapevolezza che ho dei miei processi mentali contribuisce a sviluppare le mie idee generali al riguardo e mi permette di controllarli perché mi fornisce informazioni circa il loro andamento e i loro esiti così come il controllo dei meccanismi cognitivi è anche influenzato dalle conoscenze di cui dispongo) Si tratta di porsi l’obiettivo di attivare un atteggiamento metacognitivo (riflettere sulla natura della propria attività cognitiva e riconoscere la possibilità di usarla ed estenderla). Un buon percorso metacognitivo dovrebbe produrre studenti in rado di organizzare autonomamente la propria attività di studio, elaborare personalmente il materiale e sapersi autovalutare l’obiettivo ambizioso di formare studenti capaci non solo di apprendere ma anche di porsi in una prospettiva autonoma di life long learning, è il risultato di una complessa interazione di fattori non solo cognitivi ma anche motivazionali ed emotivi. 4. Il riconoscimento delle variabili psicologiche sottese ai processi di apprendimento: il termine attribuzioni si riferisce alle interpretazioni che gli individui si danno relativamente alle cause degli eventi che li riguardano. Nello specifico nel contesto scolastico l’insieme di concezioni relative all’utilità di assumere un ruolo attivo e di utilizzare strategie specifiche nell’apprendimento. - Weiner: ha individuate 3 dimensioni fondamentali: a. Locus of control: esterne vs interne. Indica dove l’alunno attribuisce la responsabilità dei suoi successi/insuccessi b. Stabilità: stabili vs instabili c. Controllabilità: controllabili vs incontrollabili Dall’intreccio di questi fattori ha individuato la seguente tipologia di attribuzioni: tenacia; abilità; impegno; tono umore; pregiudizio; facilità/difficoltà compito; aiuto; fortuna Un altro elemento fondamentale è il senso di autoefficacia, inteso come “la percezione delle proprie capacità di raggiungere il successo nell’esecuzione di un compito, e cioè il senso di competenza di potercela fare”. La percezione di autoefficacia è suscettibile di cambiamento Andersen: emozioni hanno tra gli altri il ruolo di stabilire gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Di fronte un compito si possono avere due reazioni: blocco cognitivo (emozioni negative) o visione di un percorso che si vuole intraprendere (emozioni positive)→ SCUOLA COME LUOGO DI EMOZIONI ( non c’è apprendimento senza emozioni)→ aiutare l’alunno a riconoscere le emozioni dell’apprendere e far capire come questa emozione possa essere ricercata e rivissuta è un obiettivo che ci si può porre. Quando un ragazzo riesce a compiere questo salto, siamo di fronte a una persona che prova piacere nello studio In conclusione: ciò che conta sono i processi attraverso i quali i contenuti vengono elaborati e costruiti. Occorre progettare processi si apprendimento che sviluppino: - Orientamento (formazione identità personale) - Esplorazione (esperienza nuove possibilità) - Riflessione (autoconsapevolezza diverse possibilità di interpretazione della realtà) solo dall’interazione e dall’influenza reciproca di conoscenza, consapevolezza, controllo e degli elementi psicologici sottostanti si possono ottenere risultati di questo tipo, pertanto una riflessione sulle personali caratteristiche di autostima, motivazione, percezione di autoefficacia è alla base della formazione di un buon insegnante metacognitivo METACONGIZIONE E VALUTAZIONE: le competenze metacognitive non devono essere valutate, ma monitorate costantemente dal docente e autovalutate dall’allievo stesso. Il limite della valutazione tradizionale sta in ciò che essa valuta, cioè ciò che un ragazzo sa. ➔ Movimento valutazione autentica o alternativa: sorto negli Stati Uniti agli inizi degli anni 90 come contrapposizione critica alla valutazione fondata su test standardizzati. ➔ Strumenti: tra quelli più efficaci figura il Portfolio, consistente in una raccolta sistematica, sulla base di determinati obiettivi, di lavori svolti da un alunno nel corsi di un itinerario formativo. Esso ha un valenza didattico/pedagogica e metacognitiva. Le sue potenzialità si fondono sull’elemento auto valutativo, sul ruolo attivo dello studente e sul suo protagonismo nel costruirlo. ➔ Portfolio formativo progressivo (Pellerey): strumento che valorizza le capacità narrative del formando che racconta le scelte, descrive le successioni operative in chiave critica e indica la capacità di valutare la qualità del proprio prodotto. Permette soprattutto la valutazione formativa in itinere del formatore, l’autovalutazione del formando e pertanto la loro collaborazione. ➔ Valutazione del portfolio: si valutano anche i processi ed è possibile una valutazione longitudinale. È importante quindi che il portfolio venga corredato da una relazione introduttiva che ne dia la personale chiave di lettura adottata (descrizione ambito disciplinare; concetti appresi; motivazione scelte; criteri di validità lavori; punti deboli su cui lavorare)→ portfolio così diventa strumento metacognitivo INTELLIGENZE E STILI COGNITIVI: la struttura della mente è modulare e le diverse parti del cervello sovrintendono a diverse funzioni che corrispondo alle facoltà e abilità umane → intelligenza non è un’unica entità uniforme ➔ Gardner intelligenze multiple: ogni persona dispone di una serie di intelligenze diverse e che in ciascuno di noi una prevale sulle altre. 8 intelligenze: 1. Linguistica 2. Musicale 3. Logico-matematica 4. Spaziale (creare immagini mentali) 5. Fisico-cinestetica 6. Intersociale 7. Intrasociale 8. Naturalistica ➔ Stenberg: curriculum scuola media pratical intelligences for school. Autore della teoria triarchica delle intelligenze che si articola in tre tipi di abilità: analitica (pensiero astratto); creativa (pensiero divergente); pratica (pensiero operatorio). Egli ha approfondito anche la ricerca sugli stili di pensiero, modi di pensare e comportarsi preferiti derivati da consuetudini. Se il profilo di stili è congruente con l’ambiente allora si ha successo. Egli si occupa di successful intelligence, cioè comportamenti efficaci in relazione a paradigmi orientati al raggiungimento di un risultato atteso. Ha cercato il rapporto tra stili di pensiero e apprendimento introducendo la teoria dell’autogoverno mentale: Le forme di governo del mondo sono il riflesso delle forme di autogoverno della nostra mente, cioè ne sono lo specchio. - La funzione legislativa della mente consiste nel creare, formulare, immaginare e programmare; quella esecutiva consiste nell'implementare e nel fare, nell'osservare le regole ed affrontare i problemi già definiti ed infine la giudiziaria consiste nel giudicare, valutare e confrontare secondo regole e procedure esistenti. L'autogoverno mentale implica tutte e tre le funzioni. In molte persone una delle funzioni tende a predominare ed a caratterizzare lo stile. -I vantaggi dell'applicazione della teoria dell'autogoverno della mente, nel processo di insegnamento- apprendimento, comporta che gli insegnanti valutino la congruenza tra i loro profili di stile e quello degli allievi ➔ Salovey e Mayer: teoria intelligenza emozionale ispirandosi all’intelligenza intrapersonale (capacità accedere alla propria vita affettiva) e interpersonale (empatia) di Gardner. IE (intelligenza emozionale) come capacità di monitorare e dominare i sentimenti e di utilizzarli per guidare il pensiero e l’azione ➔ Goleman: ha reso popolare il lavoro di Salovey e Mayer e propone una versione di intelligenza emotiva che ha a finalità di far comprendere come le emozioni si rivelano risorse decisive nella vita scolastica e lavorativa. Egli afferma che l’attitudine emozionale è una metà abilità ➔ Le Doux: ha dimostrato che esiste un collegamento diretto tra le percezioni sensoriali, i centri emotivi e le aree del cervello in cui hanno sede i processi cognitivi e ha introdotto il concetto di cervello emotivo. Le emozioni e le manifestazioni motorie e autonome degli stati emotivi sarebbero i prodotti di un sistema di elaborazione emozionale che opera indipendentemente ed al di fuori dell'esperienza cosciente. Il centro di questo sistema è l’amigdala che valuta il significato degli stimoli che un individuo prova. ➔ La cultura è la dimensione collettiva dell’intelligenza: all’interno dell’intelligenza collettiva De Kerckhove vede nella rete un’intelligenza connettiva → la comunicazione influisce sull’organizzazione del n ostro cervello e le tecnologie della comunicazione ricoprono un ruolo nello sviluppo e funzionamento dell’intelligenza. DIDATTICA METACOGNITIVA Verso la fine degli anni 70 del secolo scorso, sono cominciati a comparire, nell’ambito della psicologia cognitiva applicata all’educazione, i primi studi relativi alla metacognizione. l concetto di metacognizione ha assunto progressivamente un significato più ampio, finendo per far riferimento sia alla consapevolezza del soggetto rispetto ai propri processi cognitivi (conoscenza metacognitiva), che all’attività di controllo esercitata su questi stessi processi (processi metacognitivi di controllo) MODELLI ESPLICATIVI NELLO STUDIO DELLA METACOGNIZIONE: la conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale ed include impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti, autopercezioni. I processi metacognitivi di controllo, invece, riguardano la capacità di verificare l’andamento della propria attività mentale a mano a mano che si svolge e di mettere in atto particolari strategie. ➔ All’inizio il settore di interesse è stato quello della metamemoria. I primi studi sono stati di Flavell e Wellmann che mettevano in evidenza la necessità per l’individuo di padroneggiare 4 tipologie di informazioni per sviluppare una conoscenza metacognitiva: 1. Attributi personali: saper individuare situazioni che possono mettere in difficoltà o che possono facilitare; operazioni che si compiono; livello di attivazione 2. Caratteristiche del compito: tutte le informazioni disponibili sul lavoro che deve essere effettuato e sulle modalità di affrontare le situazioni d’apprendimento 3. Strategie impiegabili per affrontarlo: riguardano le modalità per affrontare concretamente i compiti 4. Condizioni nelle quali deve essere effettuato il compito Questo modello non spiega come le persone collegano le diverse conoscenze metacognitive → Flavell propone un secondo modello più centrato sul controllo e propone 4 componenti in grado di favorire il controllo dei compiti cognitivi: 1. Obiettivi 2. Conoscenze 3. Esperienze 4. Atti cognitivi ➔ Brown intende metacognizione come il controllo dei processi e propone una precisa analisi di questi meccanismi. Evidenzia i seguenti aspetti come condizionanti il controllo metacognitivo: - rendersi conto dell’esistenza di un problema; - saper predire la propria prestazione; - pianificare l’attività cognitiva; - registrare e guidare l’attività cognitiva in relazione agli obiettivi ➔ In primo luogo, quindi, vi è la capacità di problematicizzare le situazioni, di rendersi conto, ad esempio, della necessità di intervenire o di trovare una soluzione. In seguito, entra in gioco il secondo aspetto del controllo, che consiste nella predizione, cioè nella capacità di riconoscere le proprie caratteristiche per poter anticipare possibili difficoltà. Vi è poi la capacità di pianificare la propria azione, organizzando le informazioni e le previsioni in relazione al tipo di compito e alle strategie utilizzabili. L’ultimo aspetto del controllo è rappresentato dalla capacità di effettuare un monitoraggio, di cogliere i feedback della prestazione e dell’ambiente ➔ Modello proposto dal gruppo di Borkowski: mettono in evidenza una serie di caratteristiche cognitive, motivazionali, personali e situazionali alla base della capacità di conoscenza e controllo metacognitivo (conoscere ampio numero strategie; capire quando usarle, selezionarle, essere motivato, non temere il fallimento, possedere molteplici immagini di se, possedere conoscenze approfondite di molti argomenti) ➔ Il modello tratto da un lavoro di Borkowsky e Muthukrishna (1992), considera la metacognizione come un sistema complesso nel quale molte componenti interagiscono tra loro. Gli autori evidenziano come nell’esecuzione di un compito entrino in gioco, oltre alla conoscenza strategia specifica (grazie alla quale il soggetto conosce le strategie e sa come, quando e perché vanno usate), anche la conoscenza strategica generale, che riguarda il sistema di credenze e l’importanza attribuita all’impegno personale. Il bambino, ma anche lo studente più grande, impara gradualmente a usare strategie appropriate per la risoluzione di un compito e, attraverso il feedback che riceve, apprende ad attribuire i successi all’impegno e all’uso corretto di strategie e gli insuccessi al mancato utilizzo di strategie adeguate. Le attribuzioni e le motivazioni così formate, a loro volta, incidono sul desiderio di affrontare il compito. Si viene a formare, in questo modo, un processo circolare in cui dal fatto di affrontare i diversi compiti emerge l’uso sempre più sofisticato di strategie e dall’uso efficace di strategie si forma un corretto stile attributivo e motivazionale, che sostiene il desiderio di apprendere e l’impegno ➔ Cornodli e collaboratori: distinguono, nel loro modello, fra la conoscenza metacognitiva di base, definita atteggiamento metacognitivo ed i processi cognitivi di controllo. l’atteggiamento metacognitivo “riguarda la generale propensione a riflettere sulla natura della propria attività cognitiva e a riconoscere la possibilità di utilizzarla ed estenderla; l’attività di controllo metacognitivo, invece, si concretizza nella scelta, applicazione e valutazione, in termini di successo o meno, delle strategie adeguate alla soluzione di un qualsiasi compito di natura mentale. CARATTERISTICHE ALLA BASE DELLA CONOSCENZA E DEL CONTROLLO METACOGNITIVO: i diversi modelli esplicativi, ed in particolare quello di Borkowsky e Muthukrishna , oltre ad evidenziare la differenza fra la conoscenza strategica generale e quella specifica, mettono in risalto l’importanza di variabili di tipo emotivo-motivazionale. Fra queste grossa rilevanza rivestono gli stili attributivi, la percezione di autoefficacia, l’autostima e la motivazione ➔ Stile di attribuzione o locus of control: tendenza dell'allievo ad attribuire le cause dei propri successi e insuccessi a fattori interni, come lo sforzo profuso o a fattori esterni. lo stile più funzionale al successo nei processi di apprendimento, soprattutto se sono di tipo strategico, è quello che attribuisce la massima valenza all’impegno personale. ➔ Percezione di autoefficacia: Bandura→ convinzione che ogni allievo ha sulla propria capacità di raggiungere i livelli desiderati nella esecuzione dei compiti. Un concetto opposto alla percezione di autoefficacia, invece, è quello di impotenza appresa: che si riferisce ad un atteggiamento rinunciatario, poco propenso a cercare di modificare il corso degli eventi, maturato in seguito alla esposizione prolungata e ripetuta a situazioni negative e reputate come incontrollabili. ➔ Per sapere se un allievo ha un’alta o una bassa autostima dobbiamo considerare sia cosa pensa di sé, sia come vorrebbe essere in quel contesto e vedere che discrepanza esiste fra le due autovalutazioni. In sintesi, il concetto di autostima risulta strettamente interconnesso con il complesso sistema di attribuzioni e con la percezione di autoefficacia; questi, tutti insieme, condizionano la motivazione dell’allievo nello svolgimento dei compiti d’apprendimento ➔ Motivazione: è importante sottolineare una distinzione che viene operata fra quella intrinseca ed estrinseca. La prima consiste nello svolgere un’attività perché è gratificante per se stessa; la seconda, invece, porta ad impegnarsi in particolari compiti in relazione alla possibilità di conseguire gratificazioni o rinforzi esterni (la motivazione intrinseca risulta essere più duratura ed efficace) LA DIDATTICA METACOGNITIVA: si fonda su autoregolazione cognitiva. Si pone l’obiettivo di offrire agli alunni l’opportunità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall’ambiente e la capacità di riflettere su questi processi per divenire autonomi nell’affrontare situazioni nuove→ questo approccio tende a formare la capacità di essere gestori dei propri processi cognitivi. L’educatore che adotta un approccio didattico di tipo metacognitivo può operare a 4 livelli diversi: 1. Conoscenze relative al funzionamento cognitivo generale: l’educatore fornisce all’allievo informazioni generali sul funzionamento della mente umana, adattandole chiaramente alle capacità di comprensione del soggetto. L’obiettivo è quello di favorire la strutturazione di una teoria della mente. Vanno considerati tre aspetti: il funzionamento tipico; i limiti del processo; la possibilità di influenzare lo svolgimento del processo cognitivo con strategie di autoregolazione. 2. Autoconsapevolezza proprio funzionamento cognitivo: prende in considerazione il funzionamento della mente del bambino: l’allievo viene aiutato ad apprezzare le capacità ed i limiti della propria mente. Importante qui il feedback dell’educatore che deve stimolare un’autoanalisi sui processi cognitivi implicati (importanti strategie di autoistruzione e automonitoraggio) 3. Uso strategie di autoregolazione cognitiva: si tratta del tentativo di guidare l’allievo nel controllo dei propri processi cognitivi finalizzati alla risoluzione di compiti. (fissare obiettivo-darsi istruzioni-osservare apprendimento-confrontare dati raccolti-prendere decisioni sull’efficacia o meno delle azioni intraprese per eventuali correzioni) 4. Variabili psicologiche sottostanti: alcune variabili psicologiche, come gli stili di attribuzione (locus of control), la percezione di autoefficacia, l’autostima, la motivazione, condizionano abbondantemente la capacità del bambino di adottare un atteggiamento metacognitivo. E’ importante, quindi, sviluppare linee d’azione che tengano in considerazione queste variabili e che aiutino l’allievo a sviluppare una percezione positiva di sé LA DIDATTICA METACOGNITIVA PER ALLIEVI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: tra i vari aspetti relativi alla metacognizione, quello che appare importante ai fini dell’intervento rivolto a tali allievi riguarda il concetto di atteggiamento metacognitivo. Tale atteggiamento riguarda la propensione del soggetto a riflettere sulla natura della propria attività cognitiva per gestirla attivamente. Si presentano tre linee di lavoro con lo scopo di fornire spunti operativi sulla didattica metacognitiva applicata ad alunni con BES: 1. Programma per favorire sviluppo teoria della mente nei bambini autistici: la strutturazione di una teoria della mente da parte del bambino rappresenta un primo ed importantissimo tassello nella costruzione di una consapevolezza metacognitiva. Si deve a Howlin, Baron-Cohen e Hadwin (1999) l'elaborazione del programma di intervento ispirato ai principi della teoria della mente che attualmente riscuote maggior interesse, in quanto prevede l'insegnamento progressivo degli stati mentali in tre aree: emozioni; credenze e false credenze; gioco simbolico e di finzione. 2. Utilizzo strategie di memoria: le due più importanti ipotesi attraverso le quali possono essere spiegate le difficoltà di memoria degli allievi con ritardo mentale richiamano l'esistenza di danni strutturali (a livello del sistema nervoso centrale) o di deficit ascrivibili ai processi di controllo. Tre obiettivi del curricolo: conoscenza strategie; procedure metacognitive di controllo; atteggiamenti generali verso le strategie 3. Intervento educativo finalizzato all’autoregolazione cognitiva: Le procedure principali per favorire l'autoregolazione nell'apprendimento sono l'autoistruzione e l'automonitoraggio - Autoistruzione: la capacità del soggetto di fornire a sé stesso le istruzioni verbali necessarie all'esecuzione di un compito - Automonitoraggio: La strategia dell'automonitoraggio prevede che l'allievo controlli le proprie performance annotando i riscontri delle prestazioni personali e la rispondenza di esse al piano d'azione stabilito BES A SCUOLA AMBIENTE IN CLASSE: necessario creare ambiente che faccia sentire gli alunni a loro agio con i compagni. Ciò implica disporre gli arredi in modo da promuovere le interazioni sociali; cambiare periodicamente la sistemazione dei banchi; decorare la classe; far lavorare i ragazzi in gruppo e predisporre il materiale in modo che tutti abbiano accesso. ATTIVITÁ IN CLASSE CHE FAVORISCONO COESIONE: libro di classe, giornalino, collage o murale, giochi con nomi, interviste tra compagni, pagine gialle della classe (ogni alunno si presenta e illustra qualcosa in cui è bravo) APPRENDIMENTO COLLABORATIVO: ➔ INTERDIPENDENZA POSITIVA: perché un insieme di persone diventi un gruppo occorre che condivida un obiettivo e agisca in modo coordinato per raggiungerlo. L’azione organizzata determina un’interdipendenza sul piano funzionale che può essere anche di tipo affettivo-relazionale. Questo rende il gruppo un insieme dinamico che non corrisponde alla somma delle sue parti. ➔ DIVERSE RELAZIONI IN CLASSE: - Modalità individualistica: ogni studente cerca di raggiungere l’obiettivo da solo => interdipendenza nulla - Modalità competitiva: relazione basta su vincere/perdere => interdipendenza negativa - Interazione cooperativa: gli alunni sono vincolati tra loro in modo che la probabilità che ha uno di essi di conseguire il suo obiettivo dipende dalla probabilità che hanno gli altri di conseguire il proprio => interdipendenza positiva ➔ APPRENDIMENTO COLLABORATIVO: approccio didattico centrato sull’interazione cooperativa tra pari che implica il passaggio da una mediazione dell’insegnante a una mediazione sociale. È necessario però preparare la classe ad affrontare situazioni che richiedono il lavoro cooperativo. ➔ LAVORO DI GRUPPO: 4 elementi che lo caratterizzano: 1. Relazione di gruppo come forza in sé determinata da 5 funzioni che il gruppo può svolgere: a. Spazio di appartenenza e identificazione b. Fornitore di regole alternative a quello istituzionali c. Luogo di condivisione di rischi e incertezze d. Luogo di rispecchiamento e. Spazio per mettersi alla prova 2. Tutoring inteso come affiancamento, aiuto e stimolo che una persona può svolgere verso un’altra in base a una differenziazione di competenza 3. Conflitto socio cognitivo: è determinato da una difformità tra il proprio schema interpretativo della realtà e quello degli altri (confronto tra diversi punti di vista) 4. Co-costruzione della conoscenza: attraverso una negoziazione di significati in uno specifico ambiente ➔ TUTORING: implica un’organizzazione precisa del lavoro e la definizione di un obiettivo preciso e richiede una struttura anche se flessibile. È necessario: abbinare con cura tutor e tutee; fissare orari regolari per le attività da svolgere; offrire formazione nelle tecniche di tutoring; definire i contenuti e i materiali; applicare monitoraggio e supervisione. - EFFETTI SOCIALI TUTORING: definito negli anni 70 umanamente gratificante (Goodlad)→ i tutor imparano a essere formativi; sviluppano senso di autorealizzazione e acquisiscono fiducia. - EFFETTI TUTORING SU APPRENDIMENTO: migliorano i risultati nella materia scelta (sia per tutor che per tutee) (Briggs: insegnare significa imparare due volte). Per i tutee i vantaggi sono costituiti da un apprendimento individualizzato; ritmo prestazione calibrato; feedback regolari; attento monitoraggio. - MATERIALE DIDATTICO: l’insegnante deve compiere scelte accurate relative alla struttura dei materiali; alla difficoltà; alla scelta (libera, guidata, imposta); alla disponibilità; fonti; accesso; criteri di avanzamento; registrazione delle attività e dei risultati - TUTORING IN GRUPPI DELLA STESSA CLASSE (TGSC): la strategia didattica di base sta nel dare agli alunni il numero più alto possibile di opportunità di rispondere e di essere attivi e avere confermata o corretta subito la loro risposta. Elemento essenziale è il piccolo gruppo: eterogeneità all’interno del gruppo e omogeneità rispetto agli altri gruppi della classe. la composizione fissa varia da 1 a 8 settimane. Sono necessari incontri preparatori e di formazione delle abilità necessarie (scopi TGSC, organizzazione lavoro e esercitazione guidata). Incontri TGSC durano circa mezzoretta al giorno da 2 a 4 volte la settimana. Tutti svolgono ruolo tutor a turno. Il compito principale del tutor è costituito dal controllo e dalla valutazione immediata. Insegnante si occupa dal controllo genarle delle modalità di lavoro. Questo modello TGSC si compone di 5 elementi: 1. Gruppi di apprendimento piccoli ed eterogenei 2. Ripasso settimanale dei contenuti didattici sottoforma di gioco 3. Definizione cooperativa degli obiettivi tra i membri del team 4. Strategie formative sistematiche sulle abilità di tutoring 5. Valutazione con punteggio giornaliero ed esposizione degli elaborati degli alunni - TUTORING TRA ALUNNI DI ETÁ DIVERSE: il tutoring fra ragazzi d’età diverse può dimostrarsi un ottimo mezzo per facilitare scambio e crescita e inoltre promuovo maggiore comprensione delle difficoltà dell’insegnamento migliorando rapporti con gli insegnanti. I programmi di tutoring tra alunni di età diverse si dividono in due gruppi: 1. Tradizionali: obiettivo principale è il vantaggio che ne trae l’assistito 2. Programmi in cui l’attenzione è centrata sui vantaggi tratti dal tutor (imparare insegnando) Jenkins e Jenkins (1981) hanno studiato la programmazione di interventi di tutoring il cui obiettivo sia la soddisfazione di un bisogno didattico preciso dell’alunno più giovane. Essi evidenziano che non tutte le situazioni di BES si prestano a essere affrontate con questa forma di tutoring, ma che, se ben strutturata, essa può essere vantaggiosa per la maggior parte degli alunni. I risultati dipendono spesso dalla programmazione didattica di base che deve essere ben costruita. Elementi centrali di questo modello di tutoring sono: - Quando e dove si realizza intervento - Quali alunni ne prendono parte - Scelta materiale - Scelta persona che controlla e valuta lavoro tutor IL GRUPPO COME AMBIENTE DI COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA (Varani) Perché un insieme di persone diventi gruppo è necessario che condivida un obiettivo o finalità e agisca in modo coordinato per il suo raggiungimento. Ciò crea interdipendenza sul piano funzionale e affettivo-relazionale. Perché utilizzare apprendimento collaborativo? - Fattori sociali: la complessità dell’organizzazione del lavoro e sociali rende ogni attività umana sempre più dipendente da processi collettivi. - Fattori tecnologici: sviluppo information and communication technology forniscono ambienti di lavoro che necessitano di modalità collaborative - Fattori cognitivi: apprendimento non può essere analizzato solo come processo individuale L’azione del gruppo sull’apprendimento individuale è sintetizzabile nei quattro elementi fondamentali che la caratterizzano: 1. La relazione di gruppo come forza in sé, che sostiene, rassicura e motiva (spazio di appartenenza; fornitore regole; luogo condivisione incertezze; luogo rispecchiamento; spazio per mettersi alla prova) 2. Tutoring: affiancamento, aiuto e stimolo che una persona può svolgere verso un’altra in base a una differenziazione di competenza 3. Conflitto socio cognitivo: determinato da una difformità tra il proprio schema interpretativo della realtà e quello degli altri 4. La co-costruzione della conoscenza, attraverso una costante e intensa negoziazione e condivisione di significati all’interno di uno specifico ambiente culturale, sociale, fisico (è il processo della accountability, la necessità sociale di dare conto di ciò che si afferma) L’attività in gruppo possiede quindi una doppia valenza: da un lato, è un ambito privilegiato per lo sviluppo di abilità sociali e di comportamenti collaborativi, dall’altro, e paradossalmente questo è forse l’aspetto meno valorizzato nella scuola, è un efficace metodo e strumento di sviluppo cognitivo, di facilitazione e potenziamento dell’apprendimento. Dewey: scuola come comunità democratica Lewin: studi sull’influenza dei climi di apprendimento sui comportamenti degli individui nei gruppi, individuando quello più funzionale nell’atteggiamento dell’insegnante insieme democratico e direttivo, comunicativo e di controllo Condizioni che rendono il gruppo un moltiplicatore di apprendimento: due condizioni fondamentali: 1. Interdipendenza positiva: la piena consapevolezza che il risultato, positivo o negativo, non possa che essere un esito collettivo 2. Responsabilità personale: ognuno si deve sentire responsabile non solo del proprio lavoro ma anche di quello di tutti gli altri In quest’ottica la preparazione della lezione si deve trasformare nella strutturazione di uno scaffolding Uno dei punti di arrivo di un percorso di didattica collaborativa dovrebbe essere lo sviluppo di abilità prosociali tali da mettere in grado tutti gli allievi di lavorare in modo efficace con qualunque gruppo di compagni Modalità di costruzione del gruppo: iniziare con attività di breve durata e dimensioni ridotte (3-5). Gruppi eterogenei, all’inizio non è funzionale lasciare a loro la libertà di formare i gruppi. Tra le diverse strategie possibili, una buona pratica, particolarmente funzionale per lavori di lunga durata, è quella di utilizzare in forma semplificata il sociogramma di Moreno12 (1963), mediante il diretto ed esplicito coinvolgimento della classe; in questo modo si attiva una reale corresponsabilizzazione di tutti e si introduce una riflessione metacognitiva sulle dinamiche della classe. Organizzazione gruppo: per mantenere il sottile equilibrio tra efficienza e responsabilizzazione individuale, è possibile ridurre e limitare il potere del leader attraverso una leadership condivisa. Si può prevedere una rotazione di ruoli funzionali dentro il gruppo, in modo che ogni membro svolga una sua precisa e formalizzata funzione e possa, a turno, assumere anche tutte le altre. È importante che i ruoli siano utili, all’inizio attribuiti dal docente, visibili e formalizzati, declinati nelle loro concrete azioni da svolgere, condivisi e compresi, osservati e discussi. La reale acquisizione di queste competenze richiede tempo e attenzione; occorre introdurre durante il lavoro momenti di auto osservazione e riflessione metacognitiva su come i diversi ruoli sono agiti, come vengono vissuti nel gruppo. Ciascun ruolo va descritto e analizzato insieme alla classe, in modo che risulti ben chiaro a quali comportamenti è associato e che tipo di prestazione ci si aspetta. Per renderlo evidente e condiviso è utile condurre dei brevi role playing. Le funzioni di apprendimento e di stimolo sono decisamente più complesse e devono essere insegnate in maniera specifica. Queste funzioni trasformano il gruppo di lavoro in effettivo gruppo di apprendimento, in cui le abilità e le conoscenze dei singoli vengono ampliate e valorizzate all’interno del lavoro comune Setting: spazi, tempi (orari precisi di inizio e fine, intervalli), regole trasparenti e precise (ritardi, assenze, ecc.), obiettivi espliciti e chiari, definizione dei ruoli fanno parte di quello che si può definire setting organizzativo. Una buona organizzazione spaziale aiuta lo studente a focalizzare l’attenzione, determina la qualità dell’atmosfera dell’apprendimento, agevola le relazioni e il funzionamento del gruppo. I membri di un gruppo di apprendimento dovrebbero sedere «faccia a faccia e ginocchio a ginocchio»; i gruppi devono essere abbastanza distanziati in maniera da non interferire tra loro e da consentire all’insegnante di raggiungere e quindi monitorare agevolmente tutti i gruppi; le aree destinate a ciascuna attività devono essere definite e i materiali comuni accessibili; devono essere previsti schemi di movimento per spostarsi rapidamente tra: gruppo/gruppo, gruppo/materiali, insegnante/gruppi. Altrettanto importante, e strettamente intrecciato a quello fisico, è il setting psicologico, che attiene all’atteggiamento mentale, relazionale ed emozionale necessario per predisporsi a collaborare, a essere disponibili a ristrutturare i propri schemi interpretativi e quindi ad apprendere. Il setting, come «spazio simbolico dei comportamenti attesi», è quindi da considerarsi un insieme complesso di elementi caratterizzati da relazioni di reciproca influenza, che vede, in una logica sistemica, il mutamento di ogni variabile non in modo indipendente, ma nella sua stretta interazione con le altre. Struttura compito: il compito diventa la ragione stessa dell’esistenza del gruppo e il perno attorno al quale sviluppa le sue interazioni. L’obiettivo deve quindi essere un compito pratico e concreto, complesso e ampio, in modo da richiedere molteplici attività e abilità, non eseguite individualmente, almeno nei tempi dati. Gruppo e obiettivo devono essere strettamente relazionati. Importante è la gestione del tempo. Valutazione: la valutazione non è solo di gruppo ma anche individuale e prevede due forme che si integrano reciprocamente: - la valutazione individuale di ogni componente del gruppo in base ai risultati didattici raggiunti, ma anche allo sviluppo delle abilità sociali, alla responsabilità assunta e al ruolo svolto rispetto al compito collettivo assegnato; - la valutazione del gruppo in base al compito assegnato e al prodotto o al risultato complessivo raggiunto. Oltre a un’estrema chiarezza e trasparenza nella definizione dei criteri di valutazione, è buona regola introdurre processi di monitoraggio, osservazione e autovalutazione da parte degli studenti stessi, tanto dell’attività individuale quanto di quella collettiva, avviandoli verso competenze metacognitive Ruolo insegnante: alla base di un’efficace didattica collaborativa c’è la capacità del docente di saper delegare e decentrare autorità. Condurre una classe attraverso un percorso di apprendimento collaborativo è un’azione complessa e articolata che prevede azioni fondamentali: - Identificare tempi e energie da dedicare al lavoro collaborativo - Stabilire obiettivi didattici e cooperativi (strutturare compiti) - Decidere elementi organizzativi - Osservare e monitorare utilizzando il feedback - Dare spazio ai gruppi per esporre stimolando confronto e discussione - Verificare e valutare apprendimento Educare a collaborare: saper lavorare in gruppo non è una capacità spontanea e automatica, occorre allora che l’insegnante, prima, durante e dopo tutte queste fasi, dedichi il tempo necessario all’insegnamento delle modalità e delle tecniche collaborative, sia attraverso percorsi finalizzati, role playing e simulazioni, sia offrendo agli studenti momenti formalizzati non marginali per riflettere in modo metacognitivo sulle modalità di azione che il gruppo e i singoli hanno utilizzato nel lavoro, individuando aspetti problematici e buone pratiche da estendere e valorizzare Applicazioni didattiche: lo studio e l’applicazione di una didattica collaborativa, con le caratteristiche che oggi vi attribuiamo, nasce dal lavoro, separato ma convergente, di Dewey, fondatore dell’«attivismo pedagogico» e Lewin che «contribuirono all’elaborazione di metodi scientifici per raccogliere dati sulle funzioni e sui processi coinvolti nella cooperazione di gruppo» Attuali correnti del cooperative learning: - Learning toghether: David Johnson, Robert Johnson e Edythe Holubec basano il loro approccio, attualmente il più diffuso e sperimentato, su alcuni precisi principi: l’interdipendenza positiva, l’interazione faccia a faccia, le competenze sociali, la responsabilità individuale, l’eterogeneità del gruppo, la condivisione di responsabilità e di leadership, l’insegnamento diretto delle competenze sociali, l’attività di controllo dell’insegnante sul comportamento del gruppo e la valutazione del lavoro di gruppo. Questo metodo propone una modalità di apprendimento cooperativo fondata sull’importanza dei ruoli interni al gruppo→ il buon funzionamento del gruppo dipende da come le abilità sociali assegnate sono esercitate nel gruppo. Si tratta di un meccanismo di parcellizzazione della leadership che ne risulta semplificata e distribuita. I ruoli sono cambiati di volta in volta in modo che ciascuno possa costruire un’esperienza molteplice e varia sulla quale ci si fermi a riflettere durante e alla conclusione del lavoro. La riflessione, guidata dall’insegnante o strutturata attraverso specifiche griglie, permette una costante analisi metacognitiva dei propri comportamenti e raffina le capacità di interpretazione di quelli dei compagni. - Structural approach: Spencer Kagan parte dalla semplice constatazione che le persone agiscono in modo più cooperativo se poste in situazioni con certe caratteristiche. Oltre all’interdipendenza cognitiva e alla responsabilità individuale, egli sottolinea altre due condizioni: l’interazione simultanea (il più alto livello di partecipazione possibile) e la partecipazione equa (il pari livello di impegno e partecipazione). Il suo metodo, l’approccio strutturale, cerca di costruire in classe le condizioni più idonee all’apprendimento collaborativo attraverso semplici «strutture» con cui progettare, organizzare e gestire l’interazione in classe. Ogni struttura è costituita da tre semplici elementi che sono l’attore, l’azione e il ricevente dell’azione - Student team learning: Il metodo di Robert Slavin attribuisce molta importanza alla motivazione estrinseca, attraverso una valutazione e un’incentivazione sottolineate da ricompense e classifiche di gruppo - Gruop investigation: Nato negli Stati Uniti e sviluppato in Israele da Rachel Hertz Lazarowitz e da Shlomo e Yael Sharan, è un metodo centrato su lavori in gruppo per la realizzazione di ricerche di studio. Si basa sul «desiderio di conoscere» come elemento stimolante per l’apprendimento; il ruolo principale dell’insegnante è quello di suscitare interesse verso un problema, di organizzare i gruppi suddividendo il lavoro di ricerca e di promuovere la collaborazione e la discussione di gruppo facendo emergere le domande significative per la sua risoluzione - Complex Instruction: L’impostazione di Elizabeth Cohen pone molta attenzione allo status del soggetto nel gruppo e si preoccupa di evitare che l’attività di piccolo gruppo favorisca solo i migliori, offrendo invece a tutti le stesse opportunità. L’insegnante ha un ruolo attivo nell’organizzare e garantire l’interdipendenza positiva attraverso l’attribuzione di ruoli, la valutazione del lavoro di gruppo e un diretto intervento di correzione e valorizzazione di comportamenti. Prevede la strutturazione di compiti complessi che richiedano abilità diverse per valorizzare le differenze presenti negli studenti. Le attività di gruppo proposte devono prevedere tre fasi fondamentali: 1. la raccolta delle informazioni; 2. la preparazione delle presentazioni; 3. revisione collettiva e riflessione individuale su ciò che è stato appreso - Collaborative Approach: Il metodo di Jo-Anne Reid, Peter Forrestal e Jonathan Cook dell’australiana School of Teacher Education (Charles Sturt University) è centrato sull’insegnamento esplicito delle competenze sociali e della gestione positiva del conflitto e sull’organizzazione di gruppi funzionali a specifici obiettivi, non basati sull’amicizia. La sua strutturazione vede cinque fasi specifiche: coinvolgimento, esplorazione, trasformazione, presentazione, riflessione - Peer tutoring e peer collaboration: Il peer collaboration (collaborazione tra pari) è un metodo caratterizzato dal fatto che gli studenti devono apprendere un contenuto o risolvere un problema aiutandosi alla pari, perché nessuno dispone di maggiori conoscenze o abilità per eseguire il compito affidato. Il peer tutoring (insegnamento tra pari) è centrato invece sull’esplicito ruolo di «insegnante» che uno studente deve svolgere nei confronti di altri, in coppia o in gruppo. Tale metodo è da usarsi in modo controllato, in situazioni specifiche e su competenze definite e limitate. Diversa è invece la situazione dei gruppi di apprendimento collaborativo, all’interno dei quali, se ben strutturati, organizzati e preparati, questa dinamica di insegnamento tra pari si sviluppa spontaneamente e in condizioni di responsabilità interpersonale meno diretta, a favore di una responsabilità collettiva sul compito - Jigsaw: ’apprendimento a puzzle (a mosaico) è un lavoro cooperativo in gruppi eterogenei (3 - 6 studenti). Ogni studente: si specializza affrontando una parte del compito, diventando esperto è responsabile dell'insegnamento agli altri componenti del gruppo del suo approfondimento contribuisce a un obiettivo complessivo del gruppo. Ricomponendo le parti gli studenti raggiungono l’obiettivo comune. 4 FASI (dalla scomposizione alla ricomposizione dei gruppi) 1. Costituzione dei gruppi di partenza (definizione tema e sua articolazione, consegna compito e materiali di lavoro) 2. Gruppi degli esperti al lavoro (ruoli, studio cooperativo degli esperti, preparazione per l’insegnamento, strumenti di valutazione) 3. Ricomposizione gruppi di base (insegnamento agli altri membri, tutti esperti e novizi) 4. Valutazione dell’esperienza nel gruppo (processi, apprendimenti) e con la classe (ricomposizione ad unità dei singoli temi) Feedback dell’insegnante Che metodo scelgo? Dipende: Dispongo di un’adeguata offerta di risorse per la ricerca? (Group Investigation) Voglio dividere il materiale in tante piccole componenti? (Jisgaw) Voglio che ci sia competizione tra i gruppi? (STAD, Team games Tournament) Apprendistato cognitivo: Secondo Howard Gardner, il solo criterio valido per «valutare l’efficacia educativa di una scuola è la sua capacità di promuovere negli studenti un più alto grado di comprensione […] dei significati». Esistono modi diversi di imparare: c’è l’apprendista naturale che agisce, pensa e apprende quotidianamente dalle esperienze problematiche che si trova ad affrontare, lo studente tradizionale che conosce ed elabora definizioni e sistemi formali, risponde a domande e risolve compiti ben definiti, ma non sempre comprende il compito proposto, e l’esperto, il praticante competente (skilled person) che ha una comprensione profonda e flessibile nel dominio di sua competenza, affronta problemi non ben definiti che derivano dal contesto reale, ragiona su modelli, produce significati negoziabili e ha una comprensione costruita socialmente. L’apprendimento è descrivibile come un processo di apprendistato, cioè come una pratica contestualizzata, graduale, inserita in un contesto significativo di attività. Dalla concezione della «bottega artigiana» nasce la metodologia dell’apprendistato cognitivo. In questa metafora si vede l’allievo come un apprendista, il quale è in un contesto in cui può imparare, apprendere in modo funzionale per la presenza di un esperto, che sa come fare e che è in grado di guidarlo a praticare le nuove competenze. il ruolo dell’esperto è quello di offrire un «modello di funzionamento» da imitare. Secondo la tradizione, nella sua accezione tradizionale l’apprendistato avviene in quattro momenti fondamentali: - Modeling: esperto esegue, allievo assiste. Gli esercizi proposti devono essere graduali, svolti in piccoli gruppi, provati da ogni singolo membro - Coaching (allenamento): : l’esperto sta al fianco dell’allievo nell’esecuzione del compito. Consiste nell’assistenza continua fornita dal docente durante la fase di riproduzione attuata dallo studente - Assistenza (scaffolding): l’esperto sta alle spalle dell’allievo. L’esperto osserva e guida nella pratica il novizio, offrendogli sostegno durante l’esecuzione del compito. Lo scaffolding (Bruner) è, dunque, l’azione di sostegno, predisposta dal docente, nei confronti dell’allievo che sta eseguendo i compiti per apprendere gradualmente determinate abilità. - Fading (allontanamento, eliminazione): l’esperto si allontana gradualmente indebolendo via via la sua azione Dall’apprendistato tradizionale all’apprendistato cognitivo: all’apprendistato tradizionale vengono aggiunti altri momenti, per rendere questa pratica non solamente imitativa, apprendere dagli altri, ma cognitivamente e metacognitivamente formativa, apprendere per mezzo degli altri e con gli altri: da qui il nome di apprendistato cognitivo. Con questa integrazione si mettono in atto delle strategie di controllo sul processo di esecuzione del compito (monitoraggio) che rendono esplicito ciò che nel comportamento dell’esperto è implicito. Il lavoro dell’esperto e dell’allievo, nella risoluzione del problema, si alterna, e implica che i processi di pensiero dell’esperto e dell’allievo vengano esternalizzati in modo da condurre, in seguito, a una riflessione sulle diverse prestazioni dei due attori (metacognizione). Nell’apprendistato tradizionale è la domanda del mercato del lavoro che seleziona il tipo di compito che l’apprendista deve eseguire, nell’apprendistato cognitivo, il primo scopo è di insegnare i processi che gli esperti utilizzano per affrontare problemi complessi. L’apprendistato cognitivo esemplifica e colloca le conoscenze fattuali e concettuali nel loro contesto d’uso. Per far acquisire all’allievo flessibilità e competenza si sperimentano diversi contesti di applicazione. Se l’apprendimento e la cognizione sono fondamentalmente situate, cioè legate a un reale contesto di apprendimento, rendono l’apprendistato cognitivo consono ad essere una pratica scolastica situata. Vengono aggiunti 3 momenti: 1. L’articolazione: si basa sul far verbalizzare agli studenti l’esperienza appena compiuta, per prenderne maggiore coscienza 2. La riflessione: consiste nel confrontare i problemi riscontrati con i compagni e con il docente. 3. L’esplorazione: momento conclusivo. L’apprendista, competente nel dominio della pratica, viene spinto a risolvere problemi in modo autonomo e utilizzando percorsi diversi (ponendo domande o questioni pertinenti rivolte a problematiche aperte; individuando problemi interessanti da risolvere (problem-finding); mediante la choice simulation→ costruzione di una situazione problematica, nell’ambito della quale gli allievi devono operare una o più scelte, immedesimandosi nei protagonisti,) Comunità di pratica: la conoscenza è un’attività sociale e partecipativa piuttosto che semplicemente cognitiva e individuale. L’apprendimento, quindi, non avviene solamente nella «testa», ma nelle relazioni con gli altri e con l’ambiente, all’interno di una comunità che lavora e collabora, vale a dire una comunità di pratica. L’appartenenza a una comunità è data dal condividere con gli altri uno stesso impegno, anche emotivo, nelle cose da fare. Gli obiettivi della comunità nascono da una negoziazione collettiva e le scelte operate sono coordinate e interconnesse con quelle degli altri membri. Le comunità collaborative si caratterizzano per il desiderio dei loro partecipanti di costruire nuovi significati del mondo attraverso l’interazione. Esse divengono un mezzo per conoscere e per esprimere se stessi, sia in termini di identità che in termini di appartenenza. Sono, infatti, caratterizzate da un repertorio condiviso costituito da routine, parole, gesti, concetti che la comunità ha prodotto o adottato nel corso della sua esistenza. Incorporano anche una storia passata, che può essere una risorsa per costruire nuovi pezzi di repertorio. Tutte queste conoscenze, che possono essere tacite (infatti si sa molto di più di quanto si possa dire), diventano esplicite nelle situazioni problematiche e costituiscono una ricchezza della comunità, diventando delle competenze esperte. Le comunità di pratica sono luoghi di competenza esperta; sono luoghi di apprendimento; sono luoghi degli artefatti e tecnologie. La scuola può allora porsi l’obiettivo di ridurre, se non annullare, la separazione tra sapere e fare, diventando contemporaneamente comunità di pratica e di apprendimento Osservazione in classe: il docente, attraverso l’osservazione, individua problemi e difficoltà ma anche salti di qualità e apprendimenti significativi. Coglie i momenti opportuni per un suo intervento. L’osservazione è un comportamento specifico di attenzione a un particolare evento: si distingue dal semplice «guardare» poiché è uno sguardo intenzionale. ➔ Soggettività e oggettività: la soggettività dell’osservazione è il prodotto di due inevitabili processi mentali inconsci: la deformazione e la selezione dei fatti osservati. Si possono individuare dei fattori di distorsione tra cui la reattività dei soggetti osservati; le aspettative dell’osservatore; il linguaggio; il contesto; il tempo. Porsi questi problemi significa tenere sotto controllo queste variabili. è opportuno sviluppare due competenze che dovrebbero entrare a far parte del bagaglio professionale del docente: - Metaosservazione: consiste nella capacità di osservare noi stessi mentre interagiamo nel gruppo classe - Non affidarsi solo a una osservazione spontanea ➔ Teorie, metodi e strumenti per osservare: tre principali filoni teorico-metodologici 1. L’osservazione etologica è caratterizzata dallo studio dei soggetti nel loro ambiente naturale e da una presenza non invasiva dell’osservatore 2. L’osservazione psicoanalitica prende in considerazione anche l’inevitabile elemento della soggettività dell’osservante 3. L’osservazione piagetiana, partendo da ipotesi da verificare e basandosi su osservazioni continuative e sistematiche, ma aperte anche all’imprevisto attraverso una descrizione narrativa che ne racconta il processo - Diario: è una narrazione soggettiva in una logica di pensiero autobiografico, lascia all’autore la scelta delle cose da scrivere, in base a ciò che in quel contesto e in quel momento attrae la sua attenzione. Per una sua maggiore funzionalità, richiede una preventiva definizione del campo di osservazione. Può contenere tre elementi: descrizioni, vissuti, valutazioni. Si può suddividere in diario intimo e diario di bordo. È esposto ai rischi della soggettività. - Protocollo osservativo: è utile per focalizzare l’attenzione su un aspetto specifico. Consiste nella registrazione scritta, la più completa e articolata possibile (o meglio ancora sonora o videoregistrata), dei comportamenti della classe o di un gruppo all’interno di una delimitata sequenza temporale. Il suo linguaggio, tendenzialmente, non deve essere valutativo ma esclusivamente descrittivo, e deve fornire materiale di riflessione per quanto possibile neutro. CONTROLLO DURANTE IL LAVORO DI GRUPPO MONITORING E PROCESSING Sui risultati del lavoro di gruppo sembrano avere grande efficacia due modalità di revisione del lavoro: osservazione insegnante durante il lavoro e revisione finale offerta a tutta la classe. Jhonson e Jhonson distinguono due aspetti nella revisione del lavoro di gruppo: - Monitoring: fa riferimento all’osservazione durante il lavoro di gruppo. Una buona osservazione richiede che l’insegnante decida: le competenze da osservare; la tecnica di osservazione; se muoversi su più gruppi; la modalità di osservazione; il valore da attribuire all’osservazione; l’elaborazione di una scheda di osservazione sulle competenze sociali. Un processo per raccogliere informazioni in modo sistematico finalizzato a interpretazioni differenziate da parte dei soggetti partecipanti e per un confronto attivo - Processing : fa riferimento al dopo aver lavorato insieme. Revisione lavoro di gruppo. Si può sviluppare utilizzando le osservazioni raccolte durante il monitoring e nella discussione di gruppo oppure solo attraverso la discussione di gruppo (feedback soggetti coinvolti e discussione sui processi). Un processo che porta ad analizzare gli eventi che sono accaduti durante il lavoro di gruppo per vedere se e quanto i comportamenti, l’organizzazione e lo svolgimento del lavoro siano stati funzionali al conseguimento degli scopi del gruppo Quando si comincia ad applicare il metodo del cooperative learning si trascura spesso di controllare l’applicazione delle competenze comunicative e sociali degli studenti. Due ricerche confermano l’importanza del processo di controllo sui risultati del lavoro di gruppo: 1. Yager, Jhonson e Jhonson e Snider hanno confrontato studenti di scuola elementare in tre diverse situazioni al termine di un periodo di apprendimento: cooperative l. con revisione del lavoro e cooperative l. senza revisione e apprendimento individualistico. I risultati finali hanno evidenziato come la discussione nei gruppi su come i gruppi hanno funzionato e su come possono migliorare, ha un effetto positivo sul successo degli studenti. 2. Jhonson e Jhonson Stanne e Garibaldi hanno voluto verificare, facendo riferimento alla prima ricerca, gli effetti dei due modi di svolgere la discussione dopo il lavoro di gruppo sulla produttività individuale: revisione condotta dall’insegnante con tutta la classe e revisione dell’insegnante seguita da quella di gruppo. I risultati hanno dimostrato la superiorità della seconda rispetto alla prima. Il dato più importante che emerge dalle due ricerche è che la revisione del lavoro migliora non solo i risultati finali di un compito, ma anche quelli relazionali. Monitoring, ruolo di osservatore: il controllo dell’attività di gruppo include due momenti fondamentali: raccolta informazioni (monitoring) e feedback dato alla classe (processing). Il monitoring deve essere preceduto da alcune operazioni: - Scegliere le competenze da osservare - Decidere se svolgere l’osservazione solo o con uno studente - Decidere come svolgere l’osservazione e la valutazione - Predisporre una scheda di osservazione Processing, revisione del lavoro di gruppo: la revisione può esser fatta seguendo due modalità: utilizzando i dati dell’insegnante e/o osservatore oppure in gruppo senza le osservazioni dell’insegnante. Per una revisione efficace gli interventi devono essere concreti e riguardare il comportamento il modo di lavorare, non le persone. Devono essere evitati giudizi e interpretazioni. La revisione deve avere l’obiettivo di migliorare il lavoro dei membri del gruppo e rinforzare il loro impegno. La revisione deve pervenire a conclusioni concrete e condivise da tutto il gruppo e la sua durata deve esser breve e prevedere una registrazione dei progressi. La scheda di osservazione dovrebbe lasciare trasparire la frequenza degli interventi connessi alle competenze sociali sotto osservazione. Valutazione individuale e/o di gruppo: l’insegnante non deve dimenticare di : - Stabilire con chiarezza obiettivi e criteri - Predisporre prove adeguate e coerenti - Situare la prestazione in un contesto preciso - Distinguere raccolta informazioni da valutazione ➔ Il cooperative learning privilegia la valutazione individuale, il gruppo è uno strumento che media l’apprendimento dei singoli. Tuttavia, non si deve dimenticare l’interdipendenza di premiazione o valutazione. la valutazione è in funzione del conseguimento dell’apprendimento e non va utilizzata come gratificazione o punizione. L’apprendimento riguarda la qualità (modo di apprendere, processi cognitivi e metacognitivi che mette in atto). L’insegnante deve predisporre prove che valutino effettivamente quello che intende valutare. Le prove dovrebbero essere contestualizzate. C’è una distinzione tra raccolta di informazioni e valutazione: quest’ultima non deve corrispondere ad una semplice media dei voti. ➔ Cosa deve essere valutato: miglioramento e progresso nelle competenze sociali. Per quanto riguarda il miglioramento esso corrisponde all’incremento del risultato conseguito tra due prove. ➔ Valutazione individuale e di gruppo: in generale la valutazione individuale nel cooperative l. è fatta dall’insegnante. L’interdipendenza tra valutazione idnividuale e di gruppo ha il vantaggio di stimolare gli studenti ad aiutarsi. ➔ Valutazione formativa: verifica processo di apprendimento nel suo sviluppo ➔ Valutazione sommativa: misurazione a posteriori dei risultati conseguiti INTEGRAZIONE SLIDE VALENTE Atteggiamenti educativi: aggressivo (didattica autoritaria); passivo permissivo (atteggiamento passivo verso gli alunni in difficoltà); assertivo metacognitivo (didattica propositiva attiva) Interdipendenza sociale: importanza della relazione che si stabilisce tra le persone per il conseguimento di un obiettivo comune. Secondo Deutsch può essere : - Positiva (contesto cooperativo) - Negativa (contesto competitivo) - Assente (contesto individualistico) Due condizioni fondamentali per la classe cooperativa: interdipendenza positiva e responsabilità individuale e di gruppo Deviazioni possibili: - Deriva economicista o produttivista: focalizzata sul prodotto, gruppo come strumento per raggiungere lo scopo; valorizzazione studenti più produttivi - Deviazione fusionale: energie convogliate sulle relazioni; scarsa attenzione al compito, al processo e al risultato. Cooperative learning: metodologia di insegnamento/apprendimento che si basa prevalentemente su attività didattiche che responsabilizzano gli studenti nel compito di apprendere, riducendo al contempo l’utilizzo della lezione trasmissiva. Nasce in Usa negli anni sessanta/settanta, Si diffonde in Europa, Israele, in Italia (anni ‘90) In Europa si intreccia con la scuola francese di Freinet./ È un metodo di insegnamento-apprendimento che valorizza la variabile rapporto interpersonale nell’apprendimento Nasce da un bisogno di rispondere ad una domanda di socializzazione e di educazione alla convivenza civile./ Insieme di tecniche di conduzione della classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati ottenuti Interdipendenza positiva: promuove motivazione ad apprendere; valorizza le diversità intellettive; fornisce risorse ad alunni con difficoltà di apprendimento; promuove condotte prosociali Interazione faccia a faccia: comportamenti di incoraggiamento, collaborazione reciproca, sostegno, scambiati nello sforzo per raggiungere gli obiettivi comuni Docente: progetta; presenta; accompagna; monitora; valuta VARANI La visione dell’apprendimento si esplicita in: credenze; rappresentazioni; concezioni; modelli mentali; teorie ingenue Insegnante come facilitatore di cambiamenti che riguardano i processi mentali. L’obiettivo è di sviluppare nell’allievo la consapevolezza di quello che sta facendo, del perché lo fa, di quando è opportuno farlo. Il docente deve assumere un atteggiamento di costante attenzione metacognitiva progettando attività che possano facilitare e stimolare l’osservazione e la riflessione sui processi mentali utilizzati e valorizzando le situazioni a valenza metacognitiva. Processi metacognitivi da sviluppare: pianificazione; previsione; procedure; controllo risultati; generalizzazione e transfer. Obiettivi didattica metacognitiva: esplicitare (i processi cognitivi); interagire e automatizzare /rendere automatiche le strategie insegnate). Strategie cognitive definizioni: - Sequenza di decisioni relative all’acquisizione, al mantenimento e all’utilizzazione dell’informazione al fine di conseguire determinati scopi (Bruner, Goodnow e Austin 1956) - Percorso che il soggetto decide di seguire per affrontare un compito. È costituita da processi esecutivi (alternativi ad altri) e di controllo. (Cornoldi 1995) - Metodo per affrontare un compito: implica una scelta varia a livello individuale è modificabile (Boscolo 1997) Tipologie strategie: ripetizione; raggruppamento; parole chiave… ➔ AUTOISTRUZIONE: il soggetto fornisce a sé stesso le istruzioni verbali necessarie all'esecuzione di un compito. Non utilizzabile con tutti, in quanto richiede un minimo di abilità di comunicazione verbale e di livello cognitivo. Modello Meichenbaum: modeling cognitivo; guida esplicita; autoistruzione esplicita; autoistruzione ridotta; autoistruzione implicita. ➔ APPRENIDSTATO COGNITIVO: Metodologia didattica socio-costruttivista sviluppata da Allan Collins, John Seely Brown e Susan Newman (1987) Riprende le strategie della "bottega artigiana", ma a queste ne affianca altre che danno maggior rilievo ai processi cognitivi e alle strategie metacognitive (riflessione, concettualizzazione e verbalizzazione della pratica) Un esempio spontaneo di apprendistato cognitivo sono le comunità di pratica, contesti di lavoro basati sulla condivisione, collaborazione e aiuto reciproco in cui si genera conoscenza e apprendimento Si rifà, per alcuni aspetti, al concetto di zona di sviluppo prossimale di L. S. Vygotskij. FASI: 1. Modeling 2. Coaching 3. Scaffodling 4. Fading ➔ AUTOREGOLAZIONE: fissare obiettivo; darsi istruzioni; osservare andamento processo di apprendimento; confrontare i dati; prendere decisioni. ➔ AUTOMONITORAGGIO: L'allievo controlla le proprie performance e la loro corrispondenza al piano d'azione stabilito. Modalità di controllo e autovalutazione: semplice esposizione verbale delle impressioni annotazione su apposite schede utilizzo di vere e proprie check list. Organizzatori anticipati: L’organizzatore anticipato (organizzatore grafico di contenuto o di concetti) è: una rappresentazione grafica e visiva della conoscenza un modo di strutturare l’informazione un modo per organizzare gli aspetti importanti di un concetto o di un argomento. Si basano sulla teoria di Ausubel dell’apprendimento significativo. È necessario che ci sia continuità (creare un insieme standard di organizzatori anticipati stabilire una routine per utilizzarli in classe usarli costantemente); coerenza (fornire definizioni chiare delle relazioni tra i concetti limitare la quantità di concetti presentati ridurre al minimo gli elementi di distrazione); creatività. ➔ Diagrammi causa effetto: evidenziano nessi causali ➔ Grafici di sequenza: Consentono: nella lettura, di mostrare la catena di eventi in una storia, di evidenziare gli elementi chiave nella scrittura, di organizzare la costruzione di paragrafi negli studi sociali, di creare delle linee temporali nelle scienze, di visualizzare procedure in matematica, di affrontare problemi che implicano varie fasi. Devono essere graficamente chiari: in una direzione, o da sinistra a destra, o dall’alto in basso i riquadri con le informazioni sempre numerati e collegati da frecce ➔ Grafici dell’idea principale e dei dettagli: Consentono di discriminare tra i due ordini di informazioni, i fatti importanti dalle informazioni secondarie ➔ Diagrammi di confronto: Consentono di evidenziare i rapporti tra gruppi di concetti. Sono utilizzabili in qualsiasi disciplina ➔ Schema a blocchi: Rappresentazione grafica usata per descrivere idee e concetti, rappresentati con testi descrittivi all'interno di sagome geometriche, collegati tra loro per mezzo di frecce ➔ Tabelle semplici o a doppia entrata ➔ Timeline ➔ Script SCHANK: sequenza ordinata di azioni che corrispondono al tipo di reazione che posso avere di fronte a un certo stimolo; processo per arrivare a costruire nella mente il concetto di qualcosa (ex prendere il treno); formalizza una procedura socialmente considerata più condivisa; va a vedere le varianti; l’alunno in difficoltà si costruisce uno script e poi l’evoluzione e la maturazione sta nel fatto di trovare le varianti a quello script; è predittivo sul comportamento ➔ Frame MINSKY: il passo successivo che avviene nella mente dopo lo script: dopo aver messo a fuoco un certo processo la mente arricchisce la prima definizione a mano a mano che incontra soluzioni diverse che aggiungono dettagli. Scopo far ragionare sul concetto; domande che guidano riflessione su un concetto ➔ Mappa cognitiva: E’ soggettiva, evocativa: rappresenta conoscenze, emozioni e ricordi legati a un ambito personale di esperienza. Tendenzialmente, non è socializzabile. Non ha nessun vincolo di costruzione, non richiede di definire le parole- legame. Rappresenta un primo livello di esplicitazione e organizzazione di un sapere ➔ Mappa concettuale (NOVAK): Usa concetti strutturati gerarchicamente, tendenzialmente dall’alto in basso. Consente collegamenti trasversali. Le relazioni tra i nodi vengono esplicitate mediante parole-legame. Non viene posta particolare enfasi alla codifica iconico-cromatica ➔ Mappa mentale (Buzan): L'idea principale si trova al centro e le informazioni di approfondimento sono collegate in modo radiale. Forte impatto percettivo mediante colori e immagini Sfondo teorico in cui si colloca didattica metacognitiva: - Approccio costruttivista: non esiste conoscenza oggettiva, ma ipotesi interpretative ogni individuo struttura la sua conoscenza a partire dalle proprie esperienze, interpretate mediante i propri schemi mentali non si possono “trasmettere” conoscenze all’individuo. La conoscenza non è un’immagine riflessa del mondo reale, ma una costruzione prodotta dall’attività cognitiva del soggetto in relazione adattativa con la realtà. Conoscenza come prodotto culturalmente, socialmente, storicamente, contestualmente costruito. Quando un’ipotesi interpretativa risulta funzionale viene definita viabile. L’individuo, con la sua configurazione cognitiva e sue strutture di conoscenza, elabora una interpretazione soggettiva della realtà, diventando agente epistemico→ I significati individuali diventano reciprocamente compatibili all’interno di un graduale processo di accomodamento e adattamento, attraverso procedure di scambio, dialogo e negoziazione sociale Fattori implicati nell’apprendimento: atteggiamento metacognitivo; motivazione; intelligenze e stili; autoefficacia e autostima. Conoscere i propri processi cognitivi può sviluppare: capacità attributive (riconoscere il proprio potere di influenzarli e controllarli) autoefficacia (senso di competenza e di capacità di raggiungere risultati) autostima (giudizio di valore e sentimenti relativi alla propria persona) motivazione (motivazione intrinseca, non solo estrinseca) Intelligenza come passaggio progressivo da meccanismi eteroregolati (genitori, insegnante…) a meccanismi autoregolati. Vygotsky 1932 Origine metacognizione: Piaget studia i processi cognitivi del pensiero infantile necessari a risolvere un problema. Nel 1976 lo psicologo dell'età evolutiva John H. Flavell introduce il termine col significato di conoscenza e controllo della cognizione. Alcuni psicologi neopiagetiani usano il termine ipercognizione per riferirsi a processi di auto-monitoraggio, autorappresentazione e autoregolazione, considerati componenti integranti della mente. 4 dimensioni della metacognizione: Conoscenza (generale sull’attività mentale); Consapevolezza (del funzionamento della propria mente); Controllo (dei processi di pensiero e delle strategie); Riconoscimento (delle variabili psicologiche sottese) Dimensione emotivo-motivazionale: Questa variabile sembra avere un ruolo fondamentale, in quanto motore di tutto lo stile di funzionamento della persona; poggia direttamente sull’autoefficacia, cioè sulla fiducia nelle proprie capacità di portare a termine con successo delle attività Determinare i propri risultati dipende da: autostima; aspettative; obiettivi Locus of control: Dimensione della personalità in base alla quale l’individuo attribuisce la causalità degli eventi che lo riguardano a sé stesso o, al contrario, a fattori esterni che sfuggono al suo dominio. Controllo interno L’individuo percepisce i successi o gli insuccessi come dipendenti dalla sua volontà e azione. Controllo esterno Di fronte a eventi positivi o negativi si cercano cause e fattori che sfuggono al proprio volere Atteggiamenti: tendenza psicologica che porta a valutare una determinata situazione con un certo grado di favore o sfavore, predisponendo a risposte di tipo emotivo, sentimentale, comportamentale riguardo a situazioni, persone , oggetti. Gli atteggiamenti sono quindi inestricabilmente legati al comportamento e sono indicatori attraverso i quali è possibile prevedere le azioni delle persone. Costrutto psicologico costituito da 3 componenti: cognitiva: informazioni e credenze verso un oggetto affettiva: reazione emotiva verso l’oggetto comportamentale: avvicinamento /allontanamento dall’oggetto «I docenti sono chiamati non a insegnare cose diverse e straordinarie, ma a: selezionare le informazioni essenziali che devono divenire conoscenze durevoli; predisporre percorsi e ambienti di apprendimento affinché le conoscenze alimentino abilità e competenze culturali, metacognitive, metodologiche e sociali per nutrire la cittadinanza attiva; rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura che possano impedire “il pieno sviluppo della persona umana Vantaggi metacognizione: Nell’autostima: migliora le percezioni di competenza e di controllo; aumenta le aspettative di successo; favorisce una visione plastica dell’intelligenza (si può migliorare). Nell’apprendimento: facilita la motivazione; porta a focalizzarsi maggiormente sul compito; orienta verso mete di apprendimento