Psicologia Medica 3 PDF
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Università di Milano - Bicocca
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Questi appunti di psicologia medica trattano il concetto di coscienza e i suoi livelli, toccando argomenti come la sentienza, l'accesso alle informazioni e l'autocoscienza. L'autore esplora anche il ruolo della metacognizione e della teoria della mente nel funzionamento cognitivo.
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Apparentemente sembra un “colpo di genio”, in quanto nessuno gli ha spiegato come fare e non ha visto nessuno fare ciò ma in realtà l’insight avviene quando il cervello riesce a collegare in modo funzionale le conoscenze latenti.Sotto l’insight c’è un processo di apprendimento contingente, piano pia...
Apparentemente sembra un “colpo di genio”, in quanto nessuno gli ha spiegato come fare e non ha visto nessuno fare ciò ma in realtà l’insight avviene quando il cervello riesce a collegare in modo funzionale le conoscenze latenti.Sotto l’insight c’è un processo di apprendimento contingente, piano piano si arriva alla soluzione anche unendo altri apprendimenti in maniera originale. L’insight non è magico, ma si basa su associazioni tra informazioni già acquisite. Anche l’intelligenza artificiale funziona così: sembra apprendere “da sola”, ma in realtà crea connessioni complesse tra dati preesistenti e che ha già a disposizione. LA COSCIENZA Passando al tema della coscienza, ci sono due definizioni principali: 1. Coscienza morale:Consapevolezza del valore morale del proprio operato, sentimento del bene e del male che si fa: avere, non avere c.; agire con c.; esame di c., esame riflesso delle proprie azioni per poter discernere il bene e il male compiuto e, quindi, riconoscere le proprie eventuali colpe (soprattutto come atto preparatorio al sacramento della confessione). Anche come criterio supremo della moralità o, in modo più attenuato, come sensibilità morale.E’ quindi la capacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, di essere responsabili e consapevoli delle proprie colpe. Ad esempio, quando si dice “farsi un esame di coscienza”, ci si riferisce a questo tipo di consapevolezza. 2. Coscienza come consapevolezza di sé e del mondo esterno:consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori: c. di sé, autocoscienza; contenuti di c., l’insieme dei dati presenti nella coscienza. E’ la definizione che ci interessa maggiormente e che tratteremo in particolar modo(tutte le slide conseguenti sono legate a tale definizione). Per apprendere dall’ambiente, dobbiamo essere consapevoli di noi stessi e del mondo esterno.Dobbiamo riconoscerci come entità separate dall’ambiente e comprendere gli effetti che l’ambiente ha su di noi. Livelli di coscienza La consapevolezza di sé può essere suddivisa in tre livelli: 1. Sentienza È l’insieme dei contenuti dell’esperienza, coincide con l’esperienza soggettiva, coscienza fenomenica, sensazioni spontanee, tempo soggettivo.L’esperienza importante deve essere vissuta da parte di quell’essere vivente non possiamo sentirle come le sente l’altro poiché noi non abbiamo la stessa coscienza con lo stesso modo di esperire dell’altra persona. Thomas Nagel nel suo articolo “cosa si prova ad essere un pipistrello?” si concentrò sull’esperienza che un pipistrello ha del mondo può essere compresa solo se si ha il corpo di un pipistrello, cioè tutto il suo equipaggiamento sensoriale,che consente di vedere il mondo da quella prospettiva.Per esempio, ognuno di noi percepisce caldo e freddo in modo diverso, anche se lo stimolo esterno è lo stesso.La coscienza è la senzienza. Essere coscienti di qualcosa vuol dire anche sentirla, avere la percezione immediata di quella cosa, è quindi la parte delle sensazioni spontanee , è la coscienza fenomenica quindi degli eventi, dei fenomeni, di ciò che appare e di ciò che è al di fuori di noi.Ognuno ha la sua senzienza, che è appunto l’esperienza soggettiva, il modo di vivere i contenuti dell’esperienza. 2. Accesso delle informazioni L’accesso all’informazione richiede uno stato di veglia, di vigilanza, uno stato della mente che percepisce, interagisce e comunica con l’ambiente fisico e relazionale,è la capacità di riferire il contenuto dell’esperienza mentale,ciò che in quel momento stiamo pensando.E’ il secondo aspetto di “consapevolezza”,quando siamo svegli, abbiamo accesso alle informazioni presenti nella nostra mente: possiamo ricordare cosa abbiamo mangiato a colazione o come risolvere un problema di matematica.Questo livello di coscienza ci permette di accedere alla nostra memoria e di riferire i contenuti della nostra esperienza e abbiamo accesso a quelle informazioni perché siamo coscienti di tali informazioni.I contenuti della memoria a breve termine sono i nostri pensieri, i nostri ricordi, le cose cose di cui siamo consapevoli (abbiamo poi tutto un lato che invece è inconsapevole, che non riguarda la coscienza). 3. Autocoscienza L’autocoscienza è il livello più alto, si tratta di rappresentazioni di secondo ordine sui propri stati mentali: pensare il pensiero, è il fondamento della coscienza che serve a introdurre due aspetti importanti della psicologia: metacognizione e teoria della mente, due concetti che vanno considerati insieme.Consiste nel pensare ai propri pensieri, riflettere sui pensieri che ho eseguito e questa attività viene chiamata appunto metacognizione ed è l’autoriflessività sul fenomeno cognitivo e quindi la conoscenza che un soggetto ha del proprio funzionamento cognitivo e di quello altrui, riflettiamo quindi sul nostro funzionamento cognitivo e su quello degli altri. A livello psicologico è importante perché è il processo attraverso il quale andiamo a prendere il nostro stato della mente e lo stato della mente dell’altro. Quindi anche i comportamenti, azioni ed eventi possono essere frutto non solo di accadimenti esterni ma anche di stati della mente dell’altro.Non è solo essere consapevoli di aver quel ricordo (questo è lo stato mentale, io sono consapevole del ricordo) ma è anche la consapevolezza dello star ricordando. E’ come se fosse lo stadio sovra-ordinario della coscienza: sono consapevole di essere cosciente, sono consapevole di stare pensando è la consapevolezza dello stato mentale che mi ha portata ad effettuare una particolare azione. Essere metacognitivi e quindi aver sviluppato la metacognizione significa sviluppare una capacità cruciale per relazionarci con gli altri. Questa abilità sarà fondamentale nel nostro percorso, specialmente quando lavoreremo con i pazienti. Più sviluppiamo la capacità metacognitiva, più ci relazioniamo facilmente con gli altri,grazie infatti alle esperienze e alla conoscenza di una persona, impariamo a comprendere e a immaginare il suo funzionamento mentale e non solo il nostro arriviamo quindi a comprendere non solo il nostro funzionamento cognitivo ma anche quello delle persone che ci circondano. Questa capacità è presente in tutti, ma alcuni la presentano più allenata, altri meno. Ci sono persone che, nelle relazioni, fanno più fatica perché hanno un “muscolo metacognitivo”meno sviluppato, possono quindi avere difficoltà a capire perché l’altro ha risposto in un certo modo o a immaginare come quella persona possa aver percepito una determinata situazione. Non riescono a cogliere come l’altro vede le cose o sente le emozioni. Le persone con disturbi della personalità hanno grandissimi deficit di metacognizione, come i pazienti con disturbo di personalità borderline, che sono persone che temono molto l’abbandono, la separazione dall’altro, hanno bisogno di sentire che l’altra persona è molto vicina a loro e che per l’altro siano speciali. Un altro disturbo più noto è il disturbo narcisistico di personalità, che si sente spesso menzionare in relazione alle dinamiche disfunzionali di coppia.Nel caso del disturbo narcisistico di personalità, una caratteristica comune è il “muscolo metacognitivo” poco sviluppato. Le persone con questo disturbo fanno molta fatica a immaginare la mente dell’altro e l’effetto delle loro azioni su di essa. È come se fossero intrappolate nella loro prospettiva. Se chiedi a una persona con questo disturbo, ad esempio: “Secondo lei, il fatto che non abbia preso in considerazione i bisogni del suo partner, come può averlo fatto sentire?”,potrebbe fare molta fatica a rispondere, perché non riesce a mettersi nei panni dell’altro.Spesso quindi le persone con questi disturbi tendono a credere che gli altri provino le stesse cose che sentono loro, ma non è così. Ognuno ha una mente propria, con desideri, credenze ed emozioni che possono essere diverse dalle nostre.Anche noi, come professionisti, dobbiamo allenare il nostro muscolo metacognitivo, soprattutto se lavoriamo in relazioni di aiuto. Se un paziente ci critica o sembra arrabbiato, dobbiamo ricordarci che i suoi pensieri e stati d’animo sono indipendenti dai nostri,non possiamo personalizzare tutto ciò che l’altro dice o fa.La metacognizione ci aiuta a capire che l’altro può avere pensieri, emozioni e comportamenti legati alla sua esperienza e non necessariamente a noi.Riassumendo quindi : - autocoscienza: rappresentazioni di secondo ordine sui propri stati mentali = pensare il pensiero - stato della mente: pensare quello a cui stai pensando, pensare a cosa sta pensando l’altro, che effetto ti ha fatto questa cosa = pensare la tua mente e quella degli altri. Lo sviluppo della metacognizione: Questa capacità non è innata, ma è un’abilità cognitiva che si acquisisce normalmente a partire dai 3-4 anni. Durante questa fase, si forma ciò che chiamiamo “teoria della mente”, ovvero la capacità di comprendere che le nostre menti sono separate da quelle degli altri. Abbiamo una progressiva scoperta da parte del bambino che oltre a un mondo fisico retto dalle sue leggi causali (lancio il gioco - il gioco cade) esiste un mondo di relazioni sociali interpersonali in cui le azioni degli individui sono governate dai loro stati interni(desideri, intenzioni, opinioni, credenze, emozioni, affetti, etc..). Più il bambino viene sottoposto a stimoli sociali che gli dimostrino che la sua mente è differente dalle altre più svilupperà la metacognizione, ci sono bambini quindi che avranno questa capacità cognitiva meno sviluppata. Tale aspetto è stato studiato attraverso alcuni test, affrontiamo prima il test della credenza di Wimmer e Perner del 1983: Ci sono due pupazzi, Sally e Anne. Sul tavolo ci sono un cestino e una scatola. Sally prende una pallina e la mette nel cestino, poi esce dalla scena. Mentre Sally è via, Anne prende la pallina e la sposta nella scatola. Quando Sally ritorna, si chiede al bambino che ha osservato la scena:“Secondo te, dove Semi cercherà la pallina?” I bambini sotto i 3-4 anni rispondono: “Nella scatola”.Perchè loro hanno assistito alla scena e sanno dov’è la pallina e non riescono ad immaginarsi lo stato della mente di Sally, cioè che Sally non sa che la pallina è stata spostata. Il bambino prima dei 4 anni ha in mente solo il proprio stato della mente, sono concreti: la pallina è nella scatola quindi Sally la cercherà sicuramente nella scatola perchè la pallina è lì. I bambini che invece hanno sviluppato la teoria della mente rispondono: “Nel cestino”.Capiscono che Sally non ha visto lo spostamento della pallina e si aspetterà di ritrovarla dove l’ha messa lei.Il risultato attesta l’esistenza di un’incapacità a considerare la falsa credenza di Sally nel rispondere alla domanda. Sulla base di questo risultato, gli psicologi dello sviluppo hanno concluso che, prima dei 4 anni, i bambini non sono in grado di attribuire credenze, sostenendo, così, che i bambini più piccoli non considerano gli altri come persone dotate di una mente diversa dalla loro.Viceversa, dopo i 4 anni, essi iniziano a sviluppare la metacognizione. Un altro esperimento che è stato fatto per comprendere meglio il pensiero metacognitivo in via di sviluppo fu il compito degli smarties.Si mostra al bambino una scatola di smarties chiusa e gli si chiede cosa pensa contenga, dopo che il bambino ha risposto dicendo smarties, o simili, gli si mostra che dentro ci sono delle matite e si richiude la scatola.In questo modo gli viene dimostrato che la sua credenza è falsa, e poi le vengono poste 3 domande la prima chiedendogli nuovamente cosa c’è nella scatola per verificare se se lo ricorda e dimostrarli nuovamente la sua falsa credenza(“ti ricordi cosa c’è nella scatola?”),e il bambino risponde matite, e poi gli vengono fatte due domande di falsa credenza nella prima gli viene chiesto cosa pensava ci fosse inizialmente (“Ti ricordi cosa pensavi ci fosse dentro la scatola?”)e il bambino risponde matite perchè non riesce a mettersi nei panni di sé stesso che non sapeva il contenuto di tale scatola e fa fatica a ricordarsi che poco prima aveva pensato un’altra cosa e come ultima domanda si informa il bambino che sta per arrivare una persona a cui verrà mostrata la scatola chiusa e si chiede al bambino di dire cosa risponderà la persona quando li verrà posta la domanda sul contenuto della scatola. Se il bambino ha sviluppato la metacognizione dirà smarties così come ha risposto lui, se invece non l’ha sviluppata dirà matite.I bambini devono mettersi nella prospettiva dell’altro per anticipare cosa l’altro penserà e come si comporterà. Se il bambino, dopo che ha visto che ci sono le matite, dice che pensa che un altro bambino penserà anche lui che ci siano le matite, significa che non ha ancora sviluppato la metacognizione. In questi test si fanno domande di falsa credenza quindi in entrambi i casi sono due: una per verificare che i bambini si ricordino il contenuto, quindi una domanda di memoria e la seconda , una domanda di realtà per capire se hanno sviluppato o meno la metacognizione.Pensare la mente dell’altro, pensare il pensiero, pensare la propria mente = rappresentare mentalmente la prospettiva dell’altro, gli altri punti di vista.Come mai tuttavia la metacognizione e la teoria della mente si verificano proprio a 4 anni?Per capire tale aspetto dobbiamo vedere l’ontogenesi della coscienza. ONTOGENESI DELLA COSCIENZA L’obiettivo era studiare la mente relazionale dell’uomo per cui la coscienza emerge all’interno di un sistema di interazioni con l’ambiente e con gli altri per ontogenesi della coscienza intendiamo quindi i processi che portarono a tale sviluppo. C’è stato un cambiamento nello studio e visione della coscienza: all’inizio gli studiosi pensavano che i neonati sarebbero stati avvolti in una confusione assoluta di sensazioni ,in quella che veniva chiamata “confusione fluttuante e fiorita”, ovvero si pensava che i neonati non avessero nessuna consapevolezza e alcuna coscienza alla nascita, venivano bombardati di stimoli, stavano in questa confusione senza ben capire e comprendere, senza orientarsi verso gli stimoli,per poi organizzare la propria esperienza. Quello che invece si è arrivato a dimostrare nella scienza psicologica è che noi tutti nasciamo con una mente relazionale,siamo già biologicamente predisposti a riconoscere e organizzare alcuni stimoli e a metterci in relazione con l’ambiente. Freud addirittura parla di narcisismo primario = il bambino nasceva in questa confusione ed era completamente rivolto su sé stesso, cioè concentrato solo su di sé, con lo sviluppo si passa al narcisismo secondario = il bambino rimane concentrato su di sé e sugli stimoli, ma incominciava ad essere interessato anche all’ambiente esterno e alle persone che lo circondano.Quello che sappiamo noi oggi è che nasciamo già con una mente relazionale, non esiste un narcisismo primario, ma sappiamo che fin dalla nascita l’infante è estremamente competente nelle sue interazioni con il mondo, non nasce chiuso su sé stesso, immersi in questa confusione, ma è già rivolto verso alcune categorie di stimoli (viso, oggetti in movimento, le nostre azioni) —>come hanno fatto a capirlo gli psicologi? Con degli esperimenti, in particolare uno del 1975 (semplice ma per l’epoca straordinario). - La preferenza per il volto umano (Goren, 1975): presentano ai neonati 3 palette: sulla prima paletta distribuiscono gli elementi di un volto nell’ordine corretto (due occhi, un naso, una bocca), sulla seconda paletta ci sono gli stessi elementi, ma mischiati, quindi che non configurano un volto, e la terza paletta, infine, era una semplice paletta bianca. I neonati, alla vista di queste palette, seguono di più quella ordinata, rispetto alle altre, perché è come se suscitasse in loro maggior attenzione,attirando di più il suo sguardo —> da questo esperimento si evince che già dalla nascita siamo più orientati a qualcosa che è simile al volto umano, piuttosto che semplicemente agli oggetti, siamo già predisposti ad interessarci a un volto umano ed entrambe le sagome, anche quella disordinata suscita più attenzione della sagoma vuota.Questo è il test che viene fatto ai bambini anche appena nati da quale giorno. Riconoscono molto bene la conformazione triangolare occhi e naso, se poi si mischiano questi elementi il bambino inizia a riconoscere che non è un volto , anche da appena nati sono più attratti e interessati dalla figura che ha la conformazione del volto. - Imitazione (Melzoff & Moore, 1989): se il bambino è orientato verso il volto umano e non solo verso l’ambiente e le cose, se mi metto di fronte a lui facendo determinate espressioni o azioni con il volto, che effetto avrà sul bambino? Si scopre che i bimbi di 2/3 settimane,prestando attenzione al volto della persona adulta davanti a loro, riuscivano a copiare e imitare le movenze le espressioni della faccia della persona (es. protrusione della lingua o l’apertura della bocca), riescono riprodurre questi stimoli (una delle tipologie di apprendimento era proprio l'osservazione e l’imitazione e riproduzione, in questo modo sono in grado di apprendere).Sono esperimenti che hanno validato l’idea che nasciamo con una mente razionale e una predisposizione all’interazione, all’essere consapevole anche degli altri esseri umani intorno a noi. Neuroni a specchio Quando abbiamo affrontato l’argomento di apprendimento tramite l'osservazione,essenziale era l’azione dei neuroni specchio una particolare classe di neuroni visuomotori che si attivano sia quando un soggetto esegue certe azioni sia quando si limita ad osservare un altro individuo che le esegue. L’emisfero parietale è quello che connette le informazioni visive, che vengono elaborate nella parte occipitale. Questi neuroni sono stati studiati per caso, nel 1996, da Rizzolatti, che stava facendo degli esperimenti sugli scimpanzé e sull’attivazione dei loro neuroni motori: aveva visto che questi neuroni si attivavano anche quando lo scimpanzé non eseguiva quella azione, ma la vedeva eseguita da qualcun altro. In particolare, approfondendo poi lo studio di questi neuroni a specchio, si è visto che non proprio si attivano a caso e sempre, ma quando l’azione osservata ed eseguita è intenzionale e complessa e presuppone desideri, scopi, obiettivi e risultati attesi. Il bambino deve comprendere ciò che c’è nella mente dell’altro, quali sono i suoi pensieri, ma anche quali sono le sue emozioni, le sue intenzioni. Il fondamento necessario e imprescindibile per lo sviluppo della teoria della mente sono proprio i neuroni a specchio, perché ci aiutano a comprendere, a dare un senso, a prestare attenzione a tutte quelle azioni che sono intenzionali e complesse, e che sottendono dei desideri, degli scopi, delle intenzioni dell’altra persona e di regolare il comportamento di conseguenza.Quindi i neuroni specchio sono la base fisiologica e biologica di due fenomeni relazioni fondamentali: empatia (perché si percepisce e prova ciò che prova l’altro)e intersoggettività(pensare quale comportamento l’altro metterà in atto).E’ il primo esempio fisiologico di stato della mente dell’altro. Preferenze ed aspettative sociali I neonati distinguono le persone dalle cose a pochi mesi e rispondono in modo caratteristico ai volti umani e alle voci. - a 2 mesi: i bebè rispondono in modo differente se sono di fronte a un adulto che interagisce con loro (vocalizzano) rispetto a come reagiscono alla presenza di un oggetto (cercano di prenderlo). Se il bambino è davanti a una persona, cercherà di coinvolgerla e di interagire con lei, mentre nel caso in cui si trova davanti a un oggetto, cercherà semplicemente di afferrarlo, non cerca di coinvolgerlo né di suscitare nell’oggetto una reazione. Questo vuol dire che, già a 2 mesi, non solo ci interessa il volto umano, ma iniziamo a capire che con la persona posso entrare in relazione, posso suscitare una reazione, posso aspettarmi che l’altro si comporti in qualche modo, con l’oggetto no. A 2 mesi,dunque, gettiamo le basi di quella che è la nostra capacità relazionale. Quali esperimenti hanno fatto gli psicologi per affermare ciò? - still face paradigm:Questo paradigma di ricerca è una procedura sperimentale nella quale si mette il bambino di fronte alla propria mamma o al proprio caregiver e il proprio caregiver interagisce con il bambino, il bambino vocalizza, è contento che la mamma risponda; successivamente si chiede al caregiver di non rispondere ai vocalizzi del bambino, di non interagire con lui, di diventare inespressivo, paralizzarsi non rispondere agli stimolo del bambino anche se cerca di coinvolgerla. Il bambino si blocca, si chiede cosa stia succedendo, perché la mamma non gli risponde più, quindi cerca di rianimare la mamma aumentando le sue capacità di entrare in relazione con lei (facendo gesti, alzando la voce), cerca di farsi vedere in tutti i modi —> questo sarebbe impossibile se al bambino non fregasse nulla del mondo esterno e se non fosse consapevole e capace di relazionarsi con l'altro, soprattutto non sarebbe possibile se il bambino non avesse una aspettativa che anche l’altro entri in relazione con lui.I bambini sono estremamente sensibili alle reazioni degli altri quando sono piccoli.Il bambino ha cercato in tutti i modi di attirare l’attenzione della mamma, di rientrare in relazione e interazione con lei; quando non ci è riuscito si chiede “cosa succede, cosa faccio?”, raggiungendo uno stato di stress emotivo, arrabbiandosi anche piangendo.In questo esperimento il bambino ha sperimentato la mamma che non interagisce con lui per un tempo molto limitato, un piccolo momento di stress cercando di rianimare la mamma senza avere un riscontro, ma alla fine ha avuto una risposta, ha avuto la conferma che la mamma è in interazione con lui e che i suoi vocalizzi e gesti hanno un effetto sulla mamma.Quindi se la persona non risponde in modo congruente ai loro vocalizzi mostrando una faccia inespressiva mostrano stupore o disagio perchè non capiscono come mai l’altra persona non dovrebbe rispondere in maniera coerente alle proprie intenzioni sociali.Una situazione diversa è quando ciò avviene nella realtà, cioè quando il bambino è esposto in maniera costante a figure significative che fanno fatica a rispondere a questi stimoli di coinvolgimento del bambino, magari perché non sanno come gestire certi comportamenti del bambino. Ciò può succedere nel caso della depressione post partum (periodo più o meno lungo di “still face” nei confronti del bambino, da parte della sua figura di riferimento), pensiamo a quanto questo possa essere impattante sullo sviluppo del bambino e sulla sua consapevolezza di sé, potrebbe iniziare a farsi una rappresentazione della mente dell’altro come di una persona che non lo ha in considerazione. Queste prime interazioni sono proprio la base di anche quella che che a 4 anni sarà la teoria della mente, la capacità di vedere che c’è un’altra persona che agisce in maniera diversa da me, che risponde ai miei stimoli.Quando la mamma reagisce, in psicologia si dice che svolge la funzione di specchio metacognitivo, cioè aiuta il bambino a sviluppare la capacità metacognitiva, comprendere che dall’altra parte c’è una persona distinta, indipendente, che fa delle azioni, che ha delle emozioni diverse, che ha delle infezioni diverse,e che il bambino può in qualche modo interagire con lei. Il bambino è già immerso in un ambiente sociale, è già predisposto a interessarsi al volto dell’altro, ad aspettarsi che l’altro entri in interazione con lui, in questo modo apprendiamo un’ altra capacità nel corso dello sviluppo che viene chiamata “turn taking” (prendere il proprio turno). Con turn-taking si intende la capacità di prendere i turni linguistici alternando vocalizzi e silenzi in perfetta sincronia con quelli del partner. Il bambino impara abbastanza presto a capire i ritmi di conversazione, anche quando non sanno ancora parlare, anche quando fanno gemiti o versi, riescono a non parlare sopra il genitore, ciò vale anche per i movimenti, in quanto si ha la capacità sociale di sincronizzarli con l’altro.Questa interazione sociale allena il bambino a sviluppare la consapevolezza che all’interno di una relazione ci sono dei turni, questo è molto importante anche per il successivo sviluppo del linguaggio (comprendo che se sono in interazione con un’altra persona che è distinta da me, per vedere l’effetto che le mie azioni hanno sull’altro, devo rispettare i turni). Il turn taking è fondamentale per sviluppare l’intersoggettività e la capacità di interagire con gli altri,per relazionarci, per avere uno scambio e cooperare dobbiamo rispettare i turni, ciò non è qualcosa completamente sviluppata quando nasciamo, ma la sviluppiamo nei primi mesi. Immagine allo specchio: io-altro Per sviluppare la metacognizione verso i 4 anni, è necessario prima acquisire una distinzione io-altro, identificare che io sono una entità fisica diversa dalle altre persone, da altri oggetti.Come si sviluppa nel corso del tempo questa distinzione?A 5 mesi i bambini distinguono tra il riflesso nello specchio del movimento delle proprie gambe e quello delle gambe di un altro bambino (nel vedere l’immagine riflessa il bambino presta più attenzioni ai movimenti della gambe di un altro bambino in quanto più strani, riconosce nello specchio quali sono le sue gambe e quali quelle di un altro). Sempre intorno ai 5 mesi i bambini che osservano un video sono più interessati alle immagini di un altro bambino che non alle proprie, secondo uno studio condotto nel 2003.A 4-6 mesi i bambini possono già manifestare un’abilità nel valutare la distanza che intercorre fra loro e l’oggetto e se quest’ultimo cade nel raggio d’azione del suo braccio. Possono quindi sviluppare la capacità di discriminare se un oggetto sia afferrabile oppure no è una conoscenza legata al fare immediato, e alla potenzialità di movimento, quindi a un senso di sé corporeo, iniziano a riconoscere così la lunghezza del proprio braccio e dunque la propria entità,capiscono che hanno un corpo che si muove in uno spazio e che si relaziona con altri oggetti. Violazione dell'aspettativa (Baillargeon & Graber, 1987) Il bambino guarda più a lungo l’evento impossibile.Anche a pochi mesi (tra i 6 e i 9) il neonato vive in un mondo organizzato, fatto di oggetti in movimento che rispettano le regole di base del mondo fisico (gravità, non penetrabilità dei corpi,prevedibilità delle traiettorie,esistenza stabile, etc.). In questo test, viene utilizzato un cartoncino con una fessura superiore.Ci sono due eventi e due pupazzi, uno alto e uno basso, che vengono fatti passare dietro il cartoncino mentre il bambino guarda. Nel primo caso (evento possibile), il pupazzo basso scorre normalmente lungo il cartoncino e riappare alla fine; nel secondo caso (evento impossibile), il pupazzo alto viene fatto scendere (affinché il bimbo lo veda scomparire) e viene visto riapparire alla fine. Intorno ai 6-9 mesi, se il bambino ha sviluppato la consapevolezza di sé e ha iniziato a sviluppare come si muovono gli oggetti tra lo spazio e come essi interagiscono tra di loro, sarà interessato e confuso dall’evento impossibile (si rende conto che c’è qualcosa di strano).Questo dimostra che il bambino non vive in una confusione, ma fin dai pochi mesi vive in un mondo organizzato, fatto di oggetti in movimento che rispettano regole fisiche di base, come la non penetrabilità dei corpi, o in questo caso la prevedibilità della traiettoria. Permanenza dell’oggetto Nel mondo fisico, se noi lasciamo una penna in un punto, andiamo in bagno, e poi torniamo, ci aspettiamo di trovarla nello stesso punto, nella stessa posizione, che rimanga nello spazio e sia ritrovabile anche se non la vediamo. I bambini riescono a sviluppare questa capacità tra gli 8-12 mesi. A quell’età, riescono a comprendere che se un giocattolo viene in parte nascosto, loro lo possano cercare e ritrovare.Però commettono ancora quelli che vengono chiamati errori di perseveranza, per esempio se passa troppo tempo da quando il bambino non vede più quell’oggetto, non si aspetta che quell’oggetto lui lo possa ritrovare. È il principio base per cui i bimbi fanno fatica a staccarsi dai propri oggetti (peluche) ma anche dai propri genitori, perché il concetto di permanenza dell’oggetto non è solo un rapporto con gli oggetti dell’ambiente, ma anche un rapporto con gli altri che vivono nell’ambiente non riesce a comprendere che nonostante un genitore se ne sia andato via continui ad esistere. Il bambino è preoccupato che se non vede più la sua figura di attaccamento, essa possa scomparire (segue la logica che se non la vede non c’è più). Questa preoccupazione e questo attaccamento tendono a svanire all’età di due anni in quanto tale processo si sviluppa da 0 a 2 anni. Il secondo anno di vita viene chiamato “terrible two”, perché in questa fase il bambino sperimenta tante separazioni, e capisce che lui è un'entità distinta dall’altro, che l’altro può andare via.Questa realizzazione fa nascere nel bambino la paura per l’estraneo: se viene lasciato da solo con una persona estranea inizia a preoccuparsi, perché è cosciente della distinzione tra sé e l’altro. Se devo fare la distinzione tra io e l'altro devo prima essere consapevole di chi sono io: come hanno fatto a studiare e a vedere quando il bambino diventa consapevole di sé? Con il test dell’immagine allo specchio,test comportamentale per valutare la consapevolezza rappresentativa di sé nei bambini che ancora non parlano ,si va a vedere se riescono a rappresentare sé stessi: nei 18-24 mesi il bambino che vede la sua ombra riflessa ad esempio su un armadio e la riconosce, i bambini più piccoli di 18-24 mesi non riconoscono che l’ombra dipenda dal loro corpo, e se li metti davanti allo specchio cercherà di afferrare l’immagine allo specchio perché pensano che sia qualcosa di diverso da loro.Dopo i 21-24 mesi quasi tutti i bambini si riconoscono nell'immagine allo specchio. La prova della macchia È un paradigma sperimentale ideato da Gordon Gallup privilegiato per lo studio della coscienza di sé. Il bambino viene posto di fronte allo specchio e mediamente il bambino riconosce il riflesso di sé stesso allo specchio. Poi si prende il bambino e gli si mette una macchia sulla fronte o sul naso e si rimette il bambino di fronte allo specchio. Se il bambino tocca il riflesso della macchia sullo specchio significa che non è consapevole di sé stesso, non è consapevole del fatto che quella che vede riflessa è la sua immagine. Il test viene superato quando il bambino tocca la sua fronte o il suo naso e non il riflesso.Il fatto che il soggetto indichi la macchia su di sé e non sull’immagine speculare e che cerchi i pulirsi sono considerati indicatori affidabili di consapevolezza di sé, aspetto che inizia a svilupparsi tra i 18 mesi e i 24. Differenziazione del mondo Già dal primo giorno di vita i neonati tendono ad orientarsi molto più spesso verso un dito che li tocca quando questo dito è quello di un estraneo rispetto a quando c’è un contatto acckidentale con il loor dito, riescono in qualche modo quindi a differenziare la differenza tra etero- e auto-contatto. Ci potrebbe chiedere a quanti mesi si supera il test della macchia, domanda a crocette. La dimensione temporale dell’immagine di sé Mentre un bambino di 3 anni si riconosce in un video ripreso in tempo reale, quando la visione del video è dilazionata anche solo di pochi minuti non si riconosce più fino a che non ha raggiunto i 4 anni circa. Il bambino riesce a comprendere che il sé è un’entità stabile, che permane nel tempo e che ha quindi una sua dimensione temporale.Ovvero se lui è fermo e gli viene fatto vedere un video di lui che si muove, non si riconosce più, non è consapevole di rimanere nel video.All’asilo i bambini per esempio non riconoscono il tempo che passa.Se ci dovesse chiedere quali sono le capacità che si sviluppano più avanti nel tempo sono la permanenza dell’oggetto e la dimensione temporale, quindi la comprensione del tempo che passa. Ricapitolando e riassumendo: Ontogenesi della coscienza di sé- primo anno Alla nascita siamo già predisposti ad entrare in relazione con l’ambiente: il bambino non deve imparare solo la consapevolezza di sé, ma impara in parallelo anche la relazione tra sé e l’ambiente, come il suo corpo interagisce con l’ambiente, e quindi da quali leggi il mondo è governato. La capacità di percezione multimodale capacità di un modello di interpretare ed elaborare informazioni provenienti da diversi tipi di dati è presente nel bambino fin dalla nascita e comprende: - riconoscimento di oggetti succhiati e visti; - il collegamento della voce emessa da un volto con il volto stesso; - l’imitazione precoce (dopo poche ore o giorni). Risposta empatica e prosociale: - fenomeno del contagio -> il pianto dei neonati è scatenato dall’udire semplicemente il pianto di un altro neonato, i neonati (18 ore) che odono il proprio pianto registrato invece che quello altrui non si mettono a piangere a loro volta ciò vuol dire che riesce ad empatizzare con un altro bambino da cui viene “contagiato emotivamente”, non ha ancora sviluppato la metacognizione con la capacità di distinguere sé dall'altro, c’è già quindi un inizio di capacità empatica a quest’età e di essere pro- socialmente rivolto verso gli altri. Dai 2-3 mesi il neonato è sensibile agli effetti della propria azione e può modulare la propria attività (succhiare, vocalizzare, scalciare, ecc.) in modo da ottenere effetti desiderati nell’ambiente (es. messa a fuoco di un’immagine, il movimento di un oggetto, ecc.)Dai 2 mesi di vita i bebè rispondono in modo differente se posti di fronte a un adulto che interagisce con loro rispetto a quando sono posti di fronte ad un oggetto.A 2 mesi non solo i bambini differenziano le loro risposte, ma si aspettano che la persona familiare risponda socialmente: se non lo fa manifestano disagio, mentre la non risposta dell’oggetto non suscita reazioni negative mentre la non risposta dell’oggetto non suscita alcuna reazione negativa. Permanenza dell’oggetto (verso i 5 mesi): - reazioni di sorpresa alla scomparsa di oggetti e al moltiplicarsi del volto materno per un gioco di specchi. Neonati rispondono in modo differente alla stimolazione proveniente dal proprio corpo rispetto a quella altrui: i neonati si orientano significativamente di più verso il dito dello sperimentatore(allo-stimolazione) che verso il proprio dito che accidentalmente tocca la zona peri-orale (auto-stimolazione.).Il bambino nasce già predisposto a distinguere il tocco estraneo dal suo, infatti ad un solo giorno di vita, il neonato tende ad orientarsi molto più spesso verso un dito che li tocca quando questo dito è quello di un estraneo, rispetto a quando c’è un contatto accidentale con il loro dito. A 5 mesi i bambini possono differenziare la propria attuale immagine videoregistrata da quella riprodotta in differita e guardano significativamente di più l’immagine differita e non contingente. La percezione di sé accompagna la percezione esterna come l’altro lato di una medaglia: percepiamo l’ambiente e insieme co-percepiamo noi stessi! Noi nasciamo già predisposti verso l’ambiente, ma anche con una mente prettamente incarnata(legata al corpo), perché abbiamo una consapevolezza del senso di sé corporeo, abbiamo la capacità di vedere il proprio corpo come distinto da altri corpi. Ontogenesi della coscienza di sé-il secondo anno La risposta all’immagine speculare è uno dei topos privilegiati della ricerca evolutiva.Le prime reazioni del bambino alla sua immagine speculare sono reazioni sociali indistinguibili da quelle che avrebbe nel vedere un altro bambino.Entro la fine del primo anno, il bambino scopre l’incongruenza legata all’oggetto specchio e alle sue modalità di funzionamento: - È stupito quando vede il genitore allo specchio e la voce dello stesso provenire da dietro le spalle; - È stupito quando cerca di afferrare qualcosa allo specchio e incontra invece la superficie di vetro. -il gioco sociale quindi decresce a favore dell’esplorazione del meccanismo speculare. Ci sono due esperimenti molto importanti per valutare lo stato di coscienza del bambino e quindi vedere se ha sviluppato la coscienza di sé: I. L’immagine allo specchio (2 - Identità di sé) → Dopo i 21-24 mesi, quasi tutti i bambini si riconoscono nell’immagine allo specchio. II. La prova della macchia → Viene superato il test intorno ai 18-24 mesi. Se parlate di coscienza e sviluppo della consapevolezza del senso di sé (il nostro corpo distinto da quello degli altri), potreste fare un collegamento con l’errore ontologico di Cartesio di dividere la mente dal corpo, perché dopo tutto quello che abbiamo detto sappiamo che mente e corpo sono un’unica entità, un’unica sostanza. La mente non è una monade isolata e quindi indipendente , ha costitutivamente bisogno di un corpo complesso che esplori il mondo.Mente e corpo non sono ontologicamente separate come pensava Cartesio (“errore di cartesio”)ma derivano da un’unica sostanza biologica: manifestazioni diverse di un unico organismo umano senza soluzione di continuità come affermò lo psicologo e neurologo Damasio nel 1995. Lo strano caso di Phineas Gage del 1848 Se la coscienza è legata alla mente e al corpo e subisco un danno alla mente, posso anche modificare la consapevolezza e la coscienza che ho di me stesso? Sì è successo a Phineas Gage, dove il suo caso rende evidente l’associazione tra corpo e mente e quanto la coscienza e la consapevolezza di noi stessi sia incarnata e legata al nostro corpo motivo per cui viene studiato fino ad oggi. Mentre lavorava, una sbarra di metallo gli passò dalla testa allo zigomo sinistro danneggiando il lobo frontale del suo cervello. Sopravvisse per miracolo, ma diventò una persona completamente diversa: se prima era una persona pacata, organizzata e capace di prendere un impegno e portarlo a termine con successo, dopo è come se avesse modificato interamente la sua personalità, il suo modo di comportarsi, la sua capacità di essere consapevole e cosciente degli altri e dell’ambiente. Non a caso, il lobo frontale è proprio quello che va a modulare il nostro comportamento in termini di non impulsività(si dice che i pazienti che hanno avuto un danno alla corteccia frontale e che diventano più impulsivi e sregolati, siano pazienti frontalizzati). Le alterazioni di coscienza Il corpo e la mente sono quindi intrinsecamente legati, e la coscienza è proprio l’evidenza maestra del fatto che se noi abbiamo un danno in certi punti del nostro cervello, il nostro stato di consapevolezza di noi stessi e dell’ambiente può essere modificato. Ci possono essere alterazioni della coscienza patologiche ( dovute a danni e malattie) e fisiologiche, cioè che noi tutti possiamo sperimentare (per es. durante gli spettacoli di magia veniamo illusi che qualcosa di impossibile accada, in questo caso è come se il mago stesse ingannando e modificando la nostra consapevolezza dell’ambiente, i sogni e il sonnambulismo). Vi lascio molte slide sulle alterazioni della coscienza che potete approfondire, non dovete studiarle, l’importante è che arriviate e che sappiate che ‘la coscienza e la consapevolezza di sé è uno degli argomenti principali per dimostrare che la mente e il corpo sono associati, che la mente è incarnata, e che i danni al corpo possono provocare alterazioni di coscienza (per es.l’arto fantasma, il neglect, l’anosognosia oppure una lesione della traiettoria visiva può portare a non essere consapevoli di alcune spazi ).