Otorinolaringoiatria #5 - Seni Paranasali PDF
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Università di Milano - Bicocca
2021
Stefano D’Ottavio, Valentina Barbero
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Summary
This document is a set of lecture notes on otorhinolaryngology, specifically focusing on the paranasal sinuses. The notes cover various aspects including rhinitis, rhinosinusitis and related conditions. It outlines different types of conditions and their characteristics, mechanisms, and potential complications.
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Pag. 1 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali Otorinolaringoiatria #5 Seni Paranasali Prof. Galluzzi– 05/11/21 – Autore: Stefano D’O...
Pag. 1 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali Otorinolaringoiatria #5 Seni Paranasali Prof. Galluzzi– 05/11/21 – Autore: Stefano D’Ottavio – Revisore: Valentina Barbero 1. Rinite La rinite rappresenta l’infiammazione a livello della cavità nasale. Essa ha la caratteristica di reversibilità clinica ed anatomopatologica (ovvero tissutale). Ne esistono diversi tipi e possono essere classificate secondo l’eziologia: 1) Su base infiammatoria: si dividono a loro volta in: o Riniti acute: legate ad epidemie virali o batteriche; un classico esempio è rappresentato dalla coriza, legata ai virus parainfluenzali, rinosinusali e agli adenovisrus. Per quando concerne i batteri invece possono essere coinvolti Stafilococchi o Streptococchi o Riniti croniche: sono forme che persistono per lungo tempo e stentano a risolversi. Il classico caso è quello delle riniti professionali (pz che per lavoro hanno un’esposizione alle polveri/vernici/diserbanti e non utilizzano DPI); 2) Su base immunitaria: rinite allergica, mediate da IgE. 3) Su base ematochimica o riflessa: si hanno delle sregolazioni vasomotorie delle mucose dei turbinati. Vengono anche definite “pseudoallergiche” perché mimano la sintomatologia della rinite allergica. 2. Rinopatie Sono caratterizzate dall’irreversibilità clinica ed anatomopatologica delle mucose della cavità nasali. Ciò significa che il danno non si risolve, indipendentemente dalla causa. Si possono dividere in: 1) Ipertrofiche: a loro volta suddivisibili in: o Semplici o Medicamentose (da ricordare): è data da abuso di decongestionanti nasali che inizialmente danno sollievo ma determinano per effetto rebound l’instaurarsi di un circolo vizioso per disregolazione dell’omeostasi mucosale che porta ad una congestione ancora maggiore. tali sostanze (classicamente la Rinazina) creano assuefazione e diventa anche difficile fare disintossicare il pz dal loro utilizzo; 2) Atrofiche: a loro volta suddivisibili in: o Semplice o Ozenatosa: è rara ed è provocata da un’infezione batterica da anaerobi, che possono provocare lesioni oltre che mucosali anche ossee ed è caratterizzata da odore fetido proveniente dalla cavità nasale. Si tratta chirurgicamente con toelette e antibiotico dei tessuti infetti. 3) Granulomatose: sono molto più rare, e sono causate da TBC, lebbra, granulomatosi e sarcoidosi. 3. Rinite allergica È una forma di rinite molto diffusa. Si tratta di una condizione clinica IgE mediata di tipo 1 (secondo Gell e Coombs). Esistono diverse classificazioni e quella più semplice va a classificare in funzione della presenza di allergeni. Essa suddivide la rinite allergica in: 1) Stagionale (70%): o Preprimavera: 10% o Primaverile: 65%: graminacee; Pag. 2 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali o Primavera-estate: 35%: parietaria o Estate.autunno: 15%: composite 2) Perenne (25%): dovuta a dermatofagoidi (70%), micofiti (30%), alimenti (2%) 3) Sporadica Dal punto di vista fisiopatologico nel pz con rinite allergica si instaura una patologia della mucosa nasale causata da infiammazione IgE mediata, conseguente all’esposizione ad un allergene. Tra i sintomi tipici ci sono: rinorrea acquosa: chiara starnuti a salve ostruzione respiratoria bilaterale prurito nasale congiuntivite (quasi sempre presente). Nell’immagine a fianco viene mostrato come i 2 sintomi tipici più importanti per la distinzione della rinite allergica siano lo stranuto e il prurito: altri tipi di rinite, infatti, non hanno questi sintomi. I sintomi non tipici, invece, possono essere presenti ma non sono caratteristici della rinite allergica. Essi sono: sintomi unilaterali ostruzione nasale isolata (senza il resto del corredo sintomatico) rinorrea purulenta rinorrea posteriore isolata (sensazione di scolo delle secrezioni dal rino- ad oro- faringe) dolore, disosmia epistassi ricorrenti (non è la causa dell’epistassi ma può predisporre alla sua insorgenza). I sintomi tipici possono avere una risoluzione spontanea (previo allontanamento dell’allergene), oppure in seguito a terapia. 3.1 Meccanismo d’azione Il meccanismo classico si compone di due fasi: 1) Fase I (di sensibilizzazione): in cui il pz. viene esposto all’allergene e si sensibilizza. Clinicamente il pz non ha nessun sintomo, ma incomincia l’interazione tra linfociti Th2 e B, con produzione di Ab nei confronti dell’allergene; 2) Fase II (clinica): si instaura nel momento in cui il pz ritorna a contatto con l’allergene. In questo caso il pz subisce una crisi allergica in seguito alla presentazione dell’antigene da parte dei linfociti, agli anticorpi che erano stati prodotti nella fase di sensibilizzazione. L’antigene viene riconosciuto come estraneo, come qualcosa da cui difendersi e ciò innesca la risposta immunitaria. Essa si compone di una reazione precoce (mastociti, istamina, triptasi) che comporta la tipica clinica della rinite allergica e una reazione tardiva che può avvenire anche a distanza di ore (citochine, IL-4,5,6, TNFa, leucotrieni). Inoltre la reazione allergica IgE mediata comporta uno stato di infiammazione cronica definito come iperreattività nasale che causa la comparsa di sintomi anche per esposizione a piccole concentrazioni di irritanti aspecifici (es. un bambino allergico alle graminacee, entra in una palestra dove c’è molta polvere e può iniziare ad avere una sintomatologia tipica come ad esempio starnuti, pur non essendo allergico alla polvere). Un altro fenomeno tipico è l’effetto priming, per cui si sviluppa una reattività a dosi sempre minori di allergene. Pag. 3 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali Esistono, inoltre, reazioni crociate tipiche, per cui se un pz è allergico ad un determinato allergene è più probabile che sia allergico anche ad altri allergeni, come evidenziato dalla tabella. Per questo motivo quando si scopre una determinata allergia si fanno direttamente test per altri tipi di allergeni. Inoltre si parla di marcia dell’allergico, poiché dalla nascita la persona è predisposta (c’è una famigliarità) e questo fa sì che per tutta la vita il pz rimanga allergico e possa con la crescita sviluppare diverse forme di manifestazione dell’allergia (es. rinite allergica che crescendo si può accompagnare all’asma). L’allegria è diversa anche nel grado di severità. 3.2 Classificazione ARIA Questa classificazione ha cercato di definire la rinite allergica in relazione alla frequenza dei sintomi e alla gravità degli stessi. Ciò permette di capire quanto la patologia impatta sulla qualità di vita dei pz. Intermittente: < 4gg alla settimana o < di 4 settimane. Persistente: se gli intervalli temporali sono maggiori rispetto a quelli della forma intermittente. Lieve: sonno conservato, no limitazioni nelle attività quotidiane, normali attività scolastiche o lavorative, no sintomi fastidiosi; Moderata-grave: uno o più tra i seguenti disturbi: alterazioni del sonno, limitazioni delle attività quotidiane, riduzione prestazioni lavorative/scolastiche, sintomi gravi. Le definizioni di persistente/intermittente NON sono sovrapponibili ai concetti di stagionale/perenne. 3.3 Esami Per quanto concerne gli esami abbiamo 3 categorie: 1) Indagini essenziali 2) Indagini aggiuntive 3) Indagini specialistiche Le indagini essenziali per una diagnosi prevedono: 1) Anamnesi: bisogna intervistare il pz o i genitori (se parliamo di un bambino) se ci sono sintomi tipici/atipici di rinite allergica. È importante chiedere soprattutto se vi è un’associazione con una situazione particolare. 2) Rinoscopia anteriore (E.O.): si valutano internamente le cavità nasali. Di solito c’è un pattern caratteristico dato da mucose nasali che si presentano pallide, edematose, con secrezioni chiare. In fase intercritica invece le mucose possono presentarsi 3) Skin prick test: fa parte delle indagini strumentali e rappresenta la prima scelta per la diagnosi. Si posizionano gocce che contengono piccole quantità di allergeni a livello degli avambracci, facendo un piccolo taglietto con un piccolo ago per favorirne l’assorbimento cutaneo. Su una goccia, che servirà da confronto, si mette l’istamina, e si valuta la dimensione del ponfo che si genera a livello delle gocce di allergene in rapporto alla dimensione della goccia di controllo contenente istamina. Si tenga a mente che il prick test non è al 100% scevro da rischio di reazione grave (questo test non a caso si fa in ambito ospedaliero, in modo che se al pz dovesse venire uno shock anafilattico, ci sarebbe tutto l’occorrente per un pronto intervento). 4) Eventuale dosaggio IgE specifiche (RAST): di dosano le IgE per quel tipo di allergene, a livello ematico. Le indagini aggiuntive (secondo livello) sono: Pag. 4 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali 1) Citologia nasale: rinocitogramma per valutare eccesso di eosinofili. 2) Fibroscopia: permette di dare DD con altre patologie ma non di fare diagnosi; 3) Test di provocazione nasale con allergeni 4) Spirometria (asma) 5) Microbiologia. Tutte queste indagini NON sono essenziali per fare diagnosi. Le indagini specialistiche (sempre secondo livello) sono: 1) Rinometria acustica 2) Rinomanometria anteriore: permette di quantificare la difficoltà respiratoria del pz. In questo esame si fa respirare un pz attraverso una maschera collegata a una macchina che misura le resistenze al flusso. 3) Olfattometria: in Italia la fanno in pochissimi e a scopo d ricerca. Questo esame permette di studiare la funzione olfattiva residua, attraverso l’uso di sostanze odorose (si fa una scala quantitativa e qualitativa sulla difficoltà nella percezione degli odori). 3.4 Patologie associate Tra le patologie associate abbiamo: 1) Congiuntivite: è frequente, tant’è che spesso si parla di rinocongiuntivite allergica 2) Iperreattività bronchiale 3) Dermatite atopica 4) Ipertrofia adenoidea (bambini): la rinite allergica NON è la causa di questa condizione ma può esacerbare la problematica. 5) Otiti medie effusive croniche (bambini): a causa della probabilità maggiore di disventilazione dell’orecchio medio (si ricordi comunicazione tra orecchio medio e rinofaringe, attraverso la tuba di Eustachio). Non è vero che tutti i bambini allergici hanno le otiti medie effusive. 6) Sinusite cronica 7) Poliposi nasale: l’allergia non è la causa della poliposi nasale. In sostanza bisogna tenere presente che non significa che l’allergia provoca queste patologie necessariamente, ma solo che l’incidenza delle stesse è più alta in caso di allergia. 3.5 Diagnosi differenziale La rinite allergica entra in diagnosi differenziale con diverse patologie: 1) NARES: rinite cronica non allergica che come sintomi comuni dà rinorrea sierosa e ostruzione nasale. Non ci sono prurito e starnuti. 2) Rinite vasomotoria (o pseudoallergica): causata da una disregolazione della secrezione e della vasocostrizione a livello dei turbinati. Quando questi pz si sdraiano non respirano dal naso: questo perché in decubito supino c’è un afflusso di sangue fisiologico alla testa e se il naso non è in grado di gestire questo afflusso si può provocare questo “ingorgo” a livello dei turbinati che provoca un aumento di volume degli stessi e, quindi, l’incapacità respiratoria. 3) Rinite medicamentosa: vedi paragrafo 2. 4) Rinite ormonale: nelle gravide, dovuta agli squilibri del ciclo degli estrogeni. Si risolve post-partum spontaneamente. 5) Rinite professionale non allergica: per esposizione cronica ad irritanti che non può essere compensata dal turnover cellulare. 6) Riniti ambientali: legata alla situazione, es. rinite dello sciatore. 7) Riniti correlata all’ alimentazione: più frequente negli anziani, “quando mangio la zuppa mi cola il naso”, è anch’essa legata a squilibri vasomotori e non c’è cura risolutiva. Pag. 5 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali La professoressa ci ha mostrato delle fibroscopie con diversi interventi tra cui rimozione di polipi, cura di sinusite micotica (con rimozione di “fungus ball” ovvero concrezione di secrezioni patologiche). Non sono disponibili immagini, per chi era a casa può chiedere alla professoressa di vedere i video a lezione. 4. Rinofaringe Il rinofaringe è una struttura delimitata da: Superiormente: sfenoide e parte dell’occipitale Inferiormente: prosegue nell’orofaringe Posteriormente: dall’arco dell’atlante e dal corpo di C2 Anteriormente: dalle coane nasali 4.1 Adenoidi A livello della volta del rinofaringe troviamo la tonsilla faringea (tessuto adenoideo) Si tratta di tessuto linfatico che fa parte (assieme alla tonsilla linguale e alle tonsille palatine) dell’anello di Waldayer. Si sviluppa intorno al 1-2 anno di vita e raggiunge un picco massimo di sviluppo tra i 4 e 7 anni, per poi degenerare e atrofizzare progressivamente verso i 10-12 anni (raramente permane più a lungo). Se in un adulto si ritrova tessuto adenoideo bisogna capire di che tipo di tessuto sia, perchè potrebbe essere un linfoma o un carcinoma. La funzione di questa struttura è immunitaria. Nell’immagine centrale si ha una visione postero-anteriore (da dietro in avanti) che permette di identificare il setto nasale, le coane, le code dei turbinati, palato molle, ugola, base della lingua, laringe (all’interno trachea), epiglottide, ipofaringe ed esofago. Nell’immagine endoscopica invece viene mostrata un’ipertrofia adenoidea. La fibroscopia si può eseguire in età pediatrica con pz sveglio e in braccio alla mamma, e permette di valutare il grado di ostruzione del rinofaringe. Pag. 6 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali La vicinanza dell’ostio della tuba di eustachio e le adenoidi fa sì che in caso di ipertrofia adenoidea si possa ostruire questo passaggio, con complicanze a livello dell’orecchio. Inoltre, se l’ipertrofia dovesse essere particolarmente grave, potrebbe andare a coprire persino le coane con ripercussioni a livello respiratorio. 4.2 Diagnosi Al giorno d’oggi per la diagnosi si utilizza un fibroscopio a flessibile a fibre ottiche. In passato si utilizzavano: 1) Radiografie laterali: ad oggi non si usano più per vedere le adenoidi, al limite si può identificare un’ipertrofia in una radiografia eseguiti per altri motivi. 2) Specchietto transorale ruotato verso l’alto: permetteva di vedere in maniera indiretta il rinofaringe (fastidioso). 3) Palpazione diretta delle adenoidi: con il dito dietro il palato molle, constatando la dimensione delle adenoidi. Serviva una certa esperienza e manualità, inoltre il movimento da eseguire era scomodo. 4.3 Sintomi e complicanze L’infiammazione del tessuto adenoideo è detta adenoidite. Essa può essere acuta o cronica, con sintomi e complicanze differenti: 1) Acuta: presuppone la presenza di un’infezione quindi avremo sintomi come: a. Febbre b. Ostruzione respiratoria nasale: russamento notturno, in casi limite apnee notturne (soprattutto se c’è associata anche un’ipertrofia tonsillare). c. Rinorrea anteriore e posteriore. Di solito si vede uno scolo purulento a livello orofaringeo che proviene dalle adenoidi. Di solito in caso di adenoidite l’infezione interessa anche le cavità nasali. d. Rinolalia chiusa posteriore: voce caratteristica dei bambini che hanno un’ipertrofia adenoidea, ovvero un’occlusione posteriore delle cavità nasali. Il genitore in questo caso si rivolge all’ORL dicendo “mio figlio parla con il naso”. 2) Cronica: è dovuta a una perseveranza di infezioni (anche subcliniche) e forse una predisposizione genetica (non c’è un gene riconosciuto, ma una familiarità). Porta a: a. Ipertrofia adenoidi: le forme croniche vengono anche chiamate semplicemente con questo termine b. Ostruzione nasale persistente: il bambino non respira mai bene. Se in più ha anche un’infezione avrà ancora maggiori difficoltà. c. Rinorrea recidivante Le complicanze che possono determinare le adenoiditi acute, nei distretti adiacenti sono: 1) Otite media purulenta: interessamenti auricolari legati a batteri che passano attraverso la tuba di Eustachio 2) Broncopolmonite: alle basse vie aeree 3) Adenoflemmone retrofaringeo: coinvolgimento dei linfonodi di Gillette (posti tra la colonna vertebrale e la mucosa) che talvolta richiede drenaggio dell’ascesso. Le complicanze che derivano dalle adenoiditi croiche sono: 1) Otite media effusiva: per distress della tuba di Eustachio; 2) Rinosinusiti 3) Sindrome rinobronchiale: perpetuarsi ciclico di infezioni tra le vie aeree superiori e inferiori 4) OSAS 5) Malocclusione, carie Pag. 7 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali 4.4 Ipertofia adenoidea e odontoiatria Nei bambini con ipertrofia adenoidea, essendoci respirazione nasale alterata, reservoir di germi a livello della mucosa respiratoria, respirazione orale persistente è possibile riscontrare un’associazione con la carie (soprattutto in caso il bambino non fosse ben seguito dai genitori dal punto di vista dell’igiene orale). Questi bimbi acquisiscono una facies adenoidea caratterizzata da: 1) Profilo del labbro ristretto: a causa della respirazione orale persistente, la muscolatura mimica faciale va incontro ad alterazione; 2) Problematiche connesse alla posizione della lingua: la necessità di mantenere la bocca sempre aperta per respirare correttamente fa sì che la lingua, che fisiologicamente dovrebbe essere a contatto con il palato, non lo sia, con conseguenze sia dal punto della fonazione ma soprattutto dal punto di vista della deglutizione (deglutizione con lingua tra i denti; dislalia). Inoltre si ritiene che se durante lo sviluppo la lingua non si trova in posizione corretta, ciò possa favorire lo sviluppo di un palato ogivale1 3) Allungamento del volto 4) Colorito pallido 5) Secchezza delle fauci 6) Alitosi 7) Occhi rivolti in alto Ndr: domanda fatta da Stefano sulla suzione: la suzione del dito (o ciuccio) non accade solitamente in questi bimbi perchè non respirano dal naso; in generale però la suzione del dito è correlata ad un'aumentata incidenza di infezioni dell’orecchio (otiti recidivanti) propagatesi tramite la tuba, deglutizione deviante, dislalie, oltre che malocclusioni. Ndr 2: i sintomi messi in corsivo non sono stati nominati dalla prof. 2.3 Adenoidectomia Se l’ipertrofia adenoidea è poco grave si può tentare un approccio farmacologico con cortisonici e aerosol con device specifici per nebulizzare a livello nasale. L’approccio chirurgico, ovvero l’adenoidectomia, viene utilizzato per i casi più gravi, in anestesia generale con molte tecniche differenti. La tecnica standard prevede un curettaggio per via transorale del tessuto adenoideo. Si utilizzano un apribocca come quello delle tonsillectomie e dei cateteri per elevare il palato molle. L’asportazione di solito avviene tramite visione indiretta (specchietto). È possibile fare l’intervento in diverse modalità: 1) Con asportazione a livello orale e osservazione a livello nasale, mediante ottiche rigide transnasali; 2) Con asportazione e osservazione a livello transnasale 3) Con asportazione e osservazione a livello transorale, mediante ottica transorale. La scelta della tecnica dipende dal chirurgo e dagli strumenti che ha a disposizione, non è dimostrata superiorità di un intervento rispetto ad altri. Tra le complicanze abbiamo; 1 È una possibilità ma non la regola: ci sono bambini con ipertrofia adenoidea che non hanno palato ogivale Pag. 8 a 8 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria – Otorinolaringoiatria #5 – prof. Galluzzi – Seni paranasali 1) Emorragia: dal momento che l’incisione lascia una ferita chirurgica (non si danno punti). Per limitare il sanguinamento si usano dei tamponi transnasali, sciacqui con fisiologica o eventualmente causticare fisicamente la ferita. 2) Insufficienza del velo faringeo: questa complicanza si può avere se l’asportazione è troppo aggressiva, e provochiamo un danno al mm costrittore faringeo. In questo caso avremo una rinolalia aperta A volte ci possono essere stenosi per esiti cicatriziali. 3) Recidiva dell’ipertrofia adenoidea: è più comune, non essendo questo tessuto linfoide ricoperto da capsula come è invece per le tonsille palatine; se rimangono dei residui di adenoide possono ricrescere e recidivare in pochi mesi. 4) Lesione degli osti tubarici: con complicanze importanti a livello auricolare. 5) Lussazione atlanto-assiale Le indicazioni a questo tipo di intervento sono tante e tra esse figurano le malocclusioni dentali o alterazioni dello sviluppo oro-facciale, documentati da un odontoiatra. La collaborazione tra dentisti e otorini è importante, sia dal punto della diagnosi che della terapia, oltre che nell’educazione dei genitori dal punto di vista dell’igiene (es. non dare ciuccio con miele…). 3. Ostruzione respiratoria nasale Come mostrato nell’img a fianco, l’ostruzione respiratoria nasale può essere provocata da molte cause. Non è causata solo da adenoiditi croniche ma anche da deviazione settale, ipertrofia dei turbinati, rinite allergica, malformazioni cranio-facciali (sindromiche o non), atresia coanale (coane occluse per mancato riassorbimento delle membrane che le delimitano nella vita prenatale; se bilaterale alla nascita è un’emergenza dal momento che nel primo mese di vita i neonati non respirano dalla bocca), polipi antrocoanali, OSAS. Queste condizioni determinano il mouth breathing (ovvero la respirazione orale persistente) che può portare ad uno sviluppo disarmonico cranio-facciale e possibile insorgenza di malocclusioni; bisogna sempre inquadrare la causa ultima dello sviluppo di malocclusioni perchè cambia caso per caso, ad esempio è diverso un bimbo con Sindrome di franceschetti rispetto ad un bambino “normale” con ipertrofia adenoidea. Per aggiornarsi ogni volta che abbiamo un dubbio o una domanda la professoressa consiglia di andare su PubMed piuttosto che sui libri, dal momento che l’informazio ne scientifica oggi passa per quei canali e i libri potrebbero contenere concetti già superati. Ci sono vari studi che verificano il ruolo emergente dell’odontoiatra nella gestione di bambini con ipertrofia adenoidea, disturbi dello sviluppo cranio-facciale e della respirazione correlati a mouth breathing e malocclusioni, pur non essendoci ancora un pieno consensus da questo punto di vista (è ancora un argomento aperto e dibattuto). Sicuramente se un paziente deve fare trattamento ortodontico la respirazione nasale va studiata, potrebbe anche non essere necessario l’intervento chirurgico dal momento che spesso gli interventi dell’odontoiatra e dell’otorino vanno di pari passo e verso un obiettivo comune. Per chiarire se una malformazione o malocclusione sia dovuta ad un’ipertrofia adenoidea (o viceversa) basta tante volte guardare i genitori, per vedere se ci sono i tratti somatici caratteristici. Per questo motivo è più difficile curare da questo punto di vista bambini adottati o altre situazioni come gestazione surrogata ecc.