Patologie delle ghiandole salivari II PDF

Document Details

BalancedVector

Uploaded by BalancedVector

Università di Milano - Bicocca

2021

Alice Iannella

Tags

salivary glands otorhinolaryngology pathologies medicine

Summary

These notes detail various pathologies of the salivary glands, including sialoadenitis, sialodochitis, and sialolithiasis. The document describes symptoms, causes, and potential treatments. The notes include an analysis of salivary gland conditions and mention different diagnostic procedures.

Full Transcript

Pag. 1 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Otorinolaringoiatria#7 Patologie delle ghiandole salivari II Prof. Galluzzi...

Pag. 1 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Otorinolaringoiatria#7 Patologie delle ghiandole salivari II Prof. Galluzzi – 19/11/21 – Autore: Alice Iannella – Revisore: Matteo Gialain 1. Scialoadenite sublinguale Si tratta di un’infiammazione cronica più frequente nel sesso femminile, che viene favorita dall’involuzione ghiandolare e dai traumi ripetuti (protesi dentaria che non ha un fit ottimale). Spesso capita di vedere dei pz anziani con protesi mobili dentarie superiori ed inferiori, che non vanno a farsi valutare molto frequentemente da un odontoiatra e che nel corso degli anni vanno incontro a riassorbimento osseo, in cui le protesi non sono perfettamente basate e sono caratterizzate da una certa mobilità. L’associazione di questi due fattori determina traumatismi sulle strutture circostanti. Un altro aspetto importantissimo nei pz portatori di protesi è rappresentato dall’igiene di queste, perché altrimenti le protesi costituiscono una fonte di germi molto importante. Il pz che ha una scialoadenite sublinguale acuta e che si è presentato all’attenzione dell’otorinolaringoiatra con: - Tumefazione dolente a livello dell’emi-pelvi orale destra; - Achiloglossia → non riesce a muovere la lingua, per via degli stretti rapporti che ci sono tra la ghiandola sottolinguale e il corpo linguale; - Secrezione purulenta → fuoriesce dai dotti della ghiandola sublinguale; - Scialorrea → il pz non riesce a deglutire. Per quanto riguarda la diagnosi il pz viene sottoposto ad una RM che mostra una dilatazione dei dotti ed un’infiltrazione della ghiandola. Per quanto riguarda il trattamento, questo in prima battuta prevede la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro associata ad una terapia steroidea, in fase acuta. Il trattamento può anche essere chirurgico (scialoadenectomia della ghiandola sottolinguale) a seconda dell’entità dell’episodio clinico o della recidivanza dei fenomeni Esistono anche le scialoadeniti delle ghiandole salivari accessorie (si distribuiscono ampiamente a livello del cavo orale e delle vie digestive superiori) che si osservano soprattutto nei forti fumatori. In questi soggetti è possibile osservare delle papule ombelicate con degli orifizi canalicolari edematosi 2. Scialodochiti o megacanali Si tratta di patologie che interessano esclusivamente il dotto della ghiandola e più frequentemente (quasi esclusivamente) interessano il dotto di Stenone. Inoltre, possono essere monolaterali o bilaterali. L’eziopatogenesi è ignota e forse può essere ricondotta ad una discinesia salivare o ad una displasia costituzionale. Il quadro clinico mima la clinica di una scialolitiasi (patologia litiasica), pertanto ci sono delle crisi legate alla stenosi del dotto con dilatazione a monte, pertanto, si ha l’accumulo di saliva e quando il dotto si apre, si può avere la fuoriuscita nel cavo orale di uno zampillo di saliva dal dotto di Stenone. La scialo-RM è l’esame clinico per eccellenza per porre diagnosi. 3. Scialolitiasi1 È la seconda patologia delle gh salivari per importanza e in 9/10 casi viene interessata la ghiandola sottomandibolare, di solito, monolateralmente. Questo è dovuto al fatto che questa ghiandola è più predisposta alla stasi salivare perché si trova leggermente più in basso rispetto all’orifizio di sbocco del dotto di Wharton, il quale è molto lungo. Invece, il dotto di Stenone è più corto rispetto alla ghiandola parotide e si trova in asse con la ghiandola; quindi la saliva viene prodotta, viene immessa nel dotto e poi fuoriesce nel cavo 1 N.d.r la professoressa dice che sono da ricordare insieme alle scialoadeniti acute e croniche Pag. 2 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II orale. La situazione anatomica della ghiandola sottomandibolare (bassa, posteriore e con un lungo dotto) è favorente per la stasi salivare. L’eziopatogenesi si colloca nella stasi salivare e nell’infezione piogena per via ascendente. Le litiasi sono dei veri e propri calcoli, che si formano a causa di fenomeni di nucleazione per apposizione di strati successivi di idrossiapatite. Pertanto, per apposizione, si va a formare un agglomerato che dovrà essere rimosso oppure frantumato. All’osservazione questi appaiono come dei sassolini che il pz può ritrovarsi in bocca e possono avere diverse dimensioni. La clinica delle scialolitiasi sottomandibolari è caratterizzata da: - Comparsa di tumefazione dolente e reversibile della ghiandola sottomandibolare durante i pasti→ la ghiandola quando stimolata produce saliva che, a causa dell’ostruzione del dotto, si accumula e dilata il dotto. La ghiandola aumenta di volume; - Presenza di una massa palpabile sotto il bordo basilare della mandibola, che cede spontaneamente mentre il pz avverte una fuoriuscita di saliva dalla bocca; Quello che si può verificare nel caso di una scialolitiasi mandibolare è: 1) Spostamento o fuoriuscita del calcolo dal dotto → Il calcolo riesce a fuoriuscire nel momento in cui il suo calibro e piccolo. La fuoriuscita del calcolo si accompagna all’improvvisa fuoriuscita di saliva; 2) Assenza di spostamento del calcolo accompagnato da una piccolissima o assente fuoriuscita di saliva; Il problema della scialolitiasi è rappresentato da: 1) Dimensione del calcolo; 2) Posizione del calcolo →a seconda della posizione (il calcolo è nel dotto o vicino alla papilla o dietro all’ostio del dotto) il trattamento è diverso. Per capire dove si trova il calcolo è possibile eseguire: Ecografia, con la quale, però, non sempre è possibile osservare il calcolo; TAC senza mdc; Scialo-RM. Queste tre indagini permettono di identificare la posizione del calcolo e valutarne le dimensioni; 3) Clinica del pz →se il paziente è completamente bloccato e ha una colica salivare che non si risolve, c’è un importante rischio di sovrainfezione, connesso alla formazione di un ascesso. La scialolitiasi parotidea ha una minore incidenza rispetto alla litiasi delle ghiandole sottomandibolari e la sua clinica è caratterizzata dalla presenza di una tumefazione a livello della regione parotidea. La diagnostica della litiasi parotidea è la stessa della scialolitiasi sottomandibolare. Nel caso di litiasi delle gh sublinguali sarà possibile osservare la presenza di una tumefazione a livello dell’emipelvi orale. Le scialolitiasi delle ghiandole accessorie sono difficili da riconoscere e sono molto rare. In questi due casi la diagnostica è identica a quella della scialolitiasi sottomandibolare, ma il problema è rappresentato dal fatto che, nel caso della scialolitiasi sottolinguale, l’ecografia non riesce a visualizzarla in modo adeguato, perché c’è il ramo mandibolare. Per ovviare al problema, si prediligono esami quali la TAC o la RM. Per quanto riguarda il trattamento, nel corso degli anni le proposte si sono evolute. Inizialmente la prima scelta era rappresentata dalla chirurgia e prevedeva l’asportazione della ghiandola in toto o del calcolo se accessibile. L’asportazione del calcolo per via transorale viene effettuata ancora oggi. Le tecniche utilizzate oggi sono più conservative e tra queste bisogna ricordare: 1) Scialoendoscopia → lo strumento utilizzato per l’esecuzione è il video endoscopio, il quale permette di imboccare il dotto, arrivare alla papilla, irrigare il dotto per dilatarlo e prelevare il calcolo utilizzando delle pinze o dei cesti. Pag. 3 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II L’endoscopia è anche diagnostica perché potremmo non trovare un calcolo ma dei conglomerati di saliva più densa che ostruiscono il dotto; in questo caso per risolvere l’ostruzione è sufficiente l’esecuzione di un lavaggio medicato con uno steroide. Lo svantaggio di questa tecnica è rappresentato dal fatto che può essere utilizzata solo il calcolo ha dimensioni di 3-4 mm, altrimenti non si riesce a prendere il calcolo, ma soprattutto non si riesce a far uscire dalla papilla. Se i calcoli dovessero essere più grandi questi dovrebbero essere frammentati, mediante la litotripsia extra-corporea (LEC) e i frammenti, in parte verrebbero eliminati in modo autonomo. I frammenti residui saranno rimossi con la scialoendoscopia. Le tecniche scialoendoscopiche sono diverse: Cestelli salivari; Micro pinze per la frantumazione e l’asportazione dei frammenti di calcolo; Fibra laser introdotta nel canale dall’operatore dell’endoscopio per la frantumazione del calcolo; Dopo aver rimosso i calcoli è possibile posizionare degli stent a livello della papilla per mantenerla pervia. 2) Litotripsia extracorporea (LEC) → tecnica conservativa che dà risultati eccellenti sulle parotidi, ma meno sulle ghiandole sottomandibolari. Si tratta di onde di pressione elettromagnetiche. Questa tecnica può essere utilizzata se i calcoli hanno dimensioni comprese tra 2 e 7 mm e presenta degli effetti collaterali, tra i quali bisogna annoverare le emorragie duttali autolimitantesi, dolore, tumefazione e petecchie cutanee. Inoltre, nel 4% dei casi si può avere una recidiva. Per poter utilizzare le due tecniche è di fondamentale importanza sapersi muovere in modo opportuno per evitare complicanze, perché se si va attraverso la papilla del dotto di Warthon o di Stenone e vengono creati dei danni a livello di queste (creiamo delle stenosi), si provoca un danno iatrogeno estremamente importante e forse peggiore del calcolo. Quando ci sono degli stati infiammatori acuti non bisogna intervenire prima di aver risolto il quadro flogistico acuto; solo dopo averlo risolto si procede con il trattamento. Se le terapie conservative e farmacologiche non portano a miglioramento e a benefici si procede con il trattamento chirurgico, il quale consiste in: 1) Asportazione transorale del calcolo → viene fatta un’incisione sul dotto di Wharton o su quello di Stenone e poi viene creata una nuova papilla, da cui fuoriuscirà la saliva; 2) Rimozione chirurgica della ghiandola salivare → trattamento limitato ai casi in cui i calcoli sono intraparenchimali e non si è riusciti a frammentarli o a scioglierli e il pz continua ad essere sintomatico. 4. Calcinosi salivari Si tratta di un quadro particolare, non molto frequente, che colpisce per lo più le donne sopra i 50 anni. È caratterizzato da concrezioni parenchimali multiple e bilaterali e le ghiandole più colpite sono le parotidi. Clinicamente si osserva la presenza di una tumefazione parotidea bilaterale con contemporanea o altalenante fuoriuscita ostiale di saliva mucopurulenta. Il trattamento è sostanzialmente medico, ma in caso la patologia dovesse recidivare si procede con il trattamento chirurgico. In realtà, non si ricorre quasi mai al trattamento chirurgico (la prof sottolinea che lei non l’ha mai sentito) perché nella maggior parte dei casi il trattamento medico è risolutivo. 5. Scialosi Le scialosi sono delle patologie salivari croniche non infettive, non tumorali, che si manifestano con iperplasie e con deficit della secrezione salivare. Queste possono essere distinte in: 1) Scialosi sistemiche: si tratta di patologie sistemiche in cui l’interessamento delle ghiandole salivari è più o meno frequente e la localizzazione salivare rappresenta la modalità di rivelazione; 2) Scialosi non sistemiche: sono patologie ghiandolari di natura distrofica e nutrizionale che più frequentemente colpiscono le parotidi in modo bilaterale e simmetrico. Clinicamente non si osservano conseguenze che impattano in modo importante, magari si può osservare una riduzione della salivazione. Per quanto riguarda l’eziologia bisogna annoverare: Pag. 4 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Eccesso di alimenti ricchi di amido; Ipertrigliceridemia; Diabete di tipo II; Etilismo cronico; Malnutrizione e disturbi alimentari; Gotta; Pancreatite cronica 5.1. Scialosi sistemiche – Sindrome di Sjogren Si tratta di una malattia autoimmune che colpisce le donne con età> 50 aa e le ghiandole parotidi con maggiore frequenza. La sindrome di Sjogren è una malattia con manifestazioni estremamente invalidanti: a. Manifestazioni ghiandolari: Sindrome sicca oto-rino-oculare → i pz manifestano xerostomia, secchezza a livello nasale (croste), xeroftalmia (occhio rosso e secco); Tumefazione parotidea (episodica o cronica) indolore e solida; b. Manifestazioni extra-ghiandolari (sono legate al fatto che si tratta di una malattia sistemica che comporta l’interessamento di diversi distretti): Artrite (interessamento del distretto articolare); Pneumopatia (interessamento del distretto polmonare); Nefrite (interessamento del distretto renale); Lesione neurologica periferica o centrale (interessamento del distretto neurologico). Nel momento in cui la lesione è isolata alle ghiandole lacrimali e sottomandibolari si parla di Sindrome di Mikulicz. La diagnosi viene effettuata con: 1) Esami ematochimici specifici che vanno a ricercare degli auto-Ab (ab anti-SSA e anti-SSB), che sono diagnostici per la patologia; 2) Clinica specifica; 3) Biopsia delle ghiandole salivari minori o sublinguali → l’esecuzione di questa biopsia è molto facile: viene eseguita sul labbro inferiore e si asporta qualche ghiandola salivare minore che viene mandata all’anatomo-patologo, insieme ad un quesito diagnostico preciso. Gli esami strumentali non sono utili per la diagnostica. Si distinguono due forme cliniche: 1) Forma primaria; 2) Forma secondaria → si parla di forma secondaria se complica una malattia autoimmune o se si associa ad una tiroidite di Hashimoto o ad un’epatopatia autoimmune La sindrome di Sjogren è relativamente benigna e poco evolutiva, ma in alcuni pz precede la comparsa di un linfoma non-Hodgkin, con un rischio relativo di 44 (è molto alto). Inoltre, spesso, le terapie immunoseppressive con ab mono clonali sono deludenti. Per il trattamento e la gestione della xerostomia vengono somministrati dei sostitutivi della saliva. 5.2. Altre scialosi sistemiche2 Oltre alla s. di Sjogren, tra le scialosi sistemiche bisogna ricordare: 1) Amiloidosi → determina l’accumulo di amiloide a livello di diversi distretti del nostro organismo 2) Sarcoidosi; 3) Istiocitosi → neoplasia che interessa alcune cellule del nostro sistema immunitario; 4) Vasculiti sistemiche; 2 N.d.r: la prof sottolinea per conoscenza Pag. 5 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II 5) Scialosi sitemiche da infezioni virali → tra queste bisogna ricordare le scialosi legate ad infezioni da HIV. Il pz con infezione da HIV deve sempre dichiarare di avere questa infezione, non solo per i rischi connessi al contagio e all’infezione, ma anche perché questo paziente può presentare una serie di patologie specifiche correlate all’infezione. Le infezioni retrovirali (HIV) devono essere sistematicamente ricercate in presenza di una sindrome sicca o di qualsiasi manifestazione salivare inesplicabile. 6. Tumori salivari I tumori salivari costituiscono il 3% dei tumori della testa e del collo e possono essere distinti in benigni e maligni. Assioma di Thackray: “100 tumori della parotide, 10 tumori della ghiandola sottomandibolare, 10 tumori delle ghiandole salivari accessorie e 1 tumore della ghiandola sottolinguale”. Questo assioma permette di capire bene qual è l’epidemiologia dei tumori delle ghiandole salivari: la ghiandola parotide è quella in cui più frequentemente si possono avere neoplasie. I tumori maligni: - sono rari; - costituiscono il 7% dei tumori maligni della testa e del collo; - della sottomandibolare sono più rari ma sono associati a prognosi più sfavorevole. I tumori benigni più frequenti sono: a. Adenoma pleomorfo; b. Tumore di Warthin o cistoadenolinfoma → non è un linfoma; I tumori maligni più frequenti sono: a. Carcinomi o adenocarcinomi (hanno origine da cellule epiteliali): carcinoma muco-epidermoide e carcinoma adenoidocistico; b. Tumori non epiteliali (hanno origine da cellule diverse dalle cellule epiteliali); c. Linfomi; d. Tumor-like lesions: cisti linfoepiteliali in AIDS (sono quelle che vengono più frequentemente ai pz HIV+). Le tabelle di seguito riportate sono relative all’incidenza dei vari tumori nelle diverse ghiandole (bisogna ricordare quali sono i più frequenti nelle diverse ghiandole). Pag. 6 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Nella pop pediatrica le incidenze sono completamente diverse da quelle dell’adulto e i bambini sono più frequentemente interessati da patologie benigne (68%), tra le quali bisogna ricordare l’emangioma, l’adenoma pleomorfo e i linfangiomi. Se la patologia da cui è colpito il bambino è un tumore maligno (32%), con tutta probabilità si tratterà di un carcinoma mucoepidermoide. 6.1. Adenoma pleomorfo L’adenoma pleomorfo viene anche chiamato tumore misto benigno e costituisce il 60% di tutti i tumori salivari (è in assoluto il più comune). Nell’80% dei casi interessa la parotide, nel 10% la ghiandola sottolinguale e nel resto dei casi le ghiandole salivari minori. Si tratta del più comune tumore dello spazio parafaringeo e quando si manifesta a questo livello, può darsi che esternamente non si abbia una grossa tumefazione, la quale però può essere apprezzata a livello dell’orofaringe. È raro l’interessamento bilaterale. Per quanto riguarda l’epidemiologia, l’età media è 46 aa e le donne sono più colpite. Si tratta di un tumore a lenta crescita, che insorge come una piccola tumefazione che negli anni, progressivamente, aumenta di volume molto lentamente. La peculiarità di questo tumore è che non presenta una capsula completa quando interessa le gh salivari minori, mentre nel momento in cui insorge a livello delle ghiandole salivari maggiori è dotato di una capsula completa. Inoltre, l’adenoma pleomorfo presenta delle specie di pseudopodi, cioè delle piccole propaggini che favoriscono la sua disseminazione; quindi, in fase chirurgica bisogna prestare molta attenzione perché è molto facile disseminare il tumore. Inoltre, questi pseudopodi possono interrompere le capsule. L’adenoma pleomorfo ha capacità di recidivare e subire una trasformazione maligna, ma raramente dà metastasi e si comporta come un tumore a basso grado di malignità. Si parla di recidivanza nel momento in cui asportiamo un tumore e questo ricresce; questo può essere imputato a: - Errore nell’asportazione del tumore → non siamo stati radicali; - Presenza di micro-focolai all’interno della ghiandola; L’adenoma pleomorfo va asportato visto che in alcuni casi si comporta come un tumore a basso grado di malignità. 6.2. Tumore di Warthin Quando il tumore di Warthin interessa le ghiandole parotidi le lesioni si manifestano più frequentemente a livello del lobo inferiore con una tumefazione al di sotto del lobo. Gli americani denominano queste lesioni con “segno dell’orecchino”, perché quando si guardano le risonanze si vedono due tumefazioni al di sotto del lobo, per cui sembra che il pz abbia degli orecchini pendenti. Di solito le tumefazioni sono bilaterali. Il principale fattore di rischio, sul quale sono stati condotti diversi studi, è il fumo di sigaretta: i forti fumatori hanno maggiore probabilità di svilupparlo. Il meccanismo ultimo non è stato ancora capito e ci sono diversi studi a riguardo. Pag. 7 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Per quanto riguarda l’epidemiologia sono più colpiti gli individui di sesso maschile, rispetto alle donne, secondo un rapporto di 2:1 (M:F). Clinicamente appare come una massa indolente caratterizzata da masse cistiche che determinano un importante aumento delle dimensioni, che può essere anche improvviso. Pertanto, il tumore rimane indolente per anni e poi ad un certo punto, anche rapidamente, si gonfia e il pz si porta all’attenzione dell’otorinolaringoiatra. Il tumore recidiva nel 2-5% dei casi e l’evoluzione maligna è dello 0,1-2% dei casi. Bisogna prestare attenzione al fatto che può svilupparsi anche a livello dei linfonodi e quando ha origine a questo livello può essere scambiato per una metastasi da carcinoma. Oltre ai due tumori citati bisogna annoverare l’adenoma monomorfo e l’adenoma canalicolare. I tumori maligni delle ghiandole salivari, come tutti i tumori maligni, vanno stadiati secondo il TNM, che è sempre clinico e anatomo-patologico. Il TNM clinico viene effettuato sulla valutazione obiettiva e sugli esami strumentali (il tumore viene valutato e misurato con la TAC e la RM). Il TNM anatomo-patologico, invece, si basa sulla valutazione dell’istotipo: si propone al pz l’esecuzione di un intervento chirurgico per conoscere la citologia del tumore. 1) T a. T1 → è un tumore che arriva al massimo a 2 cm, senza avere un’estensione extra parenchimale della ghiandola; b. T4a → è un tumore che invade tutte le strutture adiacenti alla ghiandola: cute, mandibola, condotto uditivo esterno e il nervo facciale. L’interessamento del nervo facciale che attraversa la ghiandola parotide e passa superficialmente alla sottomandibolare è un segno distintivo di infiltrazione neoplastica; c. T4b →è un tumore che invade strutture ancora più importanti, quali la carotide interna. Questi tumori non sono più operabili. 2) N → le metastasi linfonodali sono a livello intraparotideo o latero-cervicale. I carcinomi delle ghiandole salivari vengono classificati anche secondo il loro grado di sdifferenziazione, il quale si basa semplicemente sull’istologia (aggressività istologica): si distingue un grado 1, 2 e 3. Ad esempio, il carcinoma mucoepidermoide può essere a basso grado, a grado intermedio o ad alto grado. I tumori delle ghiandole salivari vengono classificati anche sulla base della loro aggressività (istologia) anche all’interno della stessa categoria. 6.3. Carcinoma mucoepidermoide È il carcinoma più frequente di tutti (30%). Per quanto riguarda l’epidemiologia, l’età media di insorgenza è 49 anni e colpisce in ugual misura individui di sesso maschile e femminile. Il carcinoma mucoepidermoide si configura come una massa a lenta crescita indolente (questo ci mette in una condizione di dover analizzare e studiare qualsiasi massa). L’aspetto macroscopico varia a seconda del grado del tumore: - Basso grado: massa ben circoscritta priva di capsula (2-4 cm); - Alto grado: non ben circoscritto con aree di infiltrazione (2-4 cm). Il trattamento è chirurgico e va ad agire su T, quindi sulla ghiandola salivare, e su N, quindi sul collo. La dissezione del collo e quindi l’asportazione dei linfonodi va fatta in relazione al TNM e all’istologia: se si ha un tumore a basso grado non bisogna fare uno svuotamento profilattico, perché non c’è un interessamento del collo, se invece si ha un tumore ad alto grado bisogna farlo. N.B. nei tumori delle ghiandole salivari il trattamento di scelta è quello chirurgico. Per quanto riguarda la prognosi, il fattore prognostico più importante è il grado istologico: - Basso grado → sopravvivenza a 5 aa 92%-100%; - Grado intermedio → sopravvivenza a 5 aa 62%-92%; Pag. 8 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II - Alto grado → sopravvivenza a 5 a a 0%-43% I tumori della ghiandola sottomandibolare hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli della parotide e le metastasi, nel caso di carcinoma ad alto grado, interessano il polmone e l’osso. 6.4. Carcinoma adenoido-cistico o Cilindroma Per quanto riguarda l’epidemiologia non c’è differenza tra i due sessi e si osserva un picco tra i 40 e i 60 aa. Questo carcinoma è il secondo tumore più frequente (10% di tutte le neoplasie delle ghiandole salivari) e costituisce il 30-60% di tutti i carcinomi della ghiandola sottomandibolare e il 30% di tutti i tumori delle ghiandole salivari minori. Il carcinoma adenoido-cistico può originare anche dalle ghiandole sieromucose del tratto respiratorio superiore e inferiore, dell’esofago e delle ghiandole lacrimali. Il trattamento anche in questo caso è chirurgico e per la dissezione del collo vale lo stesso discorso che è stato fatto per il carcinoma epidermoide. Le metastasi sono frequenti e questo tumore ha uno spiccato tropismo per i nervi; quindi, le metastasi a livello nervoso sono frequenti. Oltre alla chirurgia ci sono altri trattamenti quali radioterapia e adroterapia. La sopravvivenza dipende dalle forme e dai gradi (tubulare, cribriforme o solido), ma in generale, non è molto alta, a 5 aa la sopravvivenza è del 75%. 7. Approcci chirurgici alle neoplasie parotidee Qualsiasi intervento sulla ghiandola parotide richiede un’accurata identificazione del nervo facciale. Praticamente, lo scopo è di preservare il nervo facciale, a meno che non ci sia un’indicazione oncologica diversa. 1) Enucleazione→asportazione della neoformazione in toto senza rimozione del parenchima ghiandolare. Questa è indicata solo per piccoli tumori sicuramente benigni, in cui non si devono avere margini su tx sano e in cui si deve avere poca probabilità di recidiva. È fondamentale selezionare correttamente il pz, perché se si fa l’enucleazione di un adenoma pleomorfo, sicuramente si avrà una recidiva. Se si tratta, invece, di una neoformazione cistica benigna, si può procedere con questo intervento; 2) Enucleoresezione→ asportazione della neoformazione in toto con un margine di tx di ghiandola ad esso adiacente per avere dei margini su tx sano. Anche in questo caso è di fondamentale importanza la scelta del corretto pz: questo approccio è indicato per tumori benigni di piccolo volume del lobo superficiale della ghiandola e per i pz francamente compromessi dal punto di vista sistemico, che non possono tollerare un’anestesia generale lunga. Le complicanze di questi due approcci possono essere: a. Precoci Lesione accidentale di un ramo nervoso; Emorragia; b. Tardive Fistole salivari; Infezioni del campo operatorio; Deficit secondari del nervo facciale; 3) Parotidectomia superficiale → è in assoluto l’intervento che viene effettuato è più frequentemente a livello delle ghiandole salivari per le neoplasie benigne. Questo consiste nell’asportazione di tutto il lobo superficiale della ghiandola parotide. È indicata per l’asportazione di tumore benigni limitati al lobo superficiale della ghiandola senza documentata estensione al di sotto del piano del nervo facciale. Esistono diverse modalità di esecuzione e di incisione a seconda della richiesta estetica del pz, del tipo di pz e delle dimensioni del tumore. La tecnica più comunemente utilizzata è l’incisione a “baionetta” secondo Redon, la quale permette di aggredire bene la ghiandola salivare andando ad esporre la loggia parotidea: Si leva il lembo superiore ed inferiore; Pag. 9 a 9 Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria – Otorinolaringoiatria#7 – Prof. Galluzzi – Patologie delle ghiandole salivari II Si accede alla loggia parotidea ribaltando il lembo anteriore cutaneo; Si arriva sulla fascia; Si arriva alla ghiandola. Per asportare la parotide superficiale e contestualmente la neoformazione bisogna identificare il nervo, perché una volta identificato, si segue e si asporta la porzione superficiale della ghiandola. Per identificare il nervo facciale la tecnica più utilizzata è quella anterograda, che prevede che il nervo venga ricercato a livello della sua emergenza, cioè in corrispondenza della sua fuoriuscita a livello del foro stilomastoideo. Quindi, si cerca dove esce il nervo, questo viene identificato, viene seguito e si vede dove si divide all’interno della ghiandola e infine, viene rimossa la ghiandola che si trova al di sopra del nervo. Le complicanze possono essere: a. Precoci Lesione accidentale di un ramo nervoso → paralisi del nervo facciale; Emorragia; b. Tardive Sindrome di Frey → sindrome per cui quando il pz mangia suda in corrispondenza dell’area cutanea a livello della superficie dove è stata asportata la ghiandola salivare, per una reinnervazione dell’auricolo-temporale. Questa sindrome può manifestarsi anche dopo diversi anni e per gestirla si possono fare delle iniezioni di botulino oppure si può agire preventivamente cercando di prevenire la complicanza utilizzando delle tecniche chirurgiche che consentono di aumentare lo spessore e scongiurare la reinnervazione. 4) Parotidectomia totale → si fa più raramente e viene eseguita nel momento in cui il tumore è nel lobo profondo o quando interessa entrambi i lobi. La tecnica, in questo caso, prevede l’asportazione del lobo superficiale, seguita dalla dislocazione dei rami del nervo facciale per accedere al lobo profondo. I rischi di danno sul nervo facciale aumentano molto perché bisogna andare a raggiungere la parte più profonda della ghiandola; 5) Scialoadenectomia sottomandibolare → si tratta di una tecnica che prevede l’esecuzione di un’incisione a livello della regione sottomandibolare a 5-6 cm dal ramo mandibolare. Questo va fatto perché bisogna essere sicuri di non ledere il ramo mandibolare del facciale, che attraversa superficialmente la ghiandola e va a muove l’orbicolare della bocca (marginalis mandibulae). Se questo viene leso, quando il pz si sveglia ha la bocca storta. Per eseguire questo intervento viene praticata un’incisione del platisma, che non viene scollato, e si espone immediatamente la ghiandola e il nervo. Per quanto riguarda le complicanze bisogna prestare attenzione ai rapporti della ghiandola; le complicanze sono rappresentate da: Paralisi del ramo mentoniero; Paralisi del nervo linguale; Paralisi del nervo ipoglosso; Emorragia postoperatoria; Infezioni postoperatorie.

Use Quizgecko on...
Browser
Browser