Otorinolaringoiatria #3 - Malattie dell'orofaringe PDF
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Università di Milano - Bicocca
Pamela Vuksanaj, Damiano Tropeano, Gavarello
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Questi appunti descrivono le malattie dell'orofaringe, tra cui le tonsille. Vengono illustrate le funzioni e la struttura dell'orofaringe, con particolare attenzione alle tonsille palatine e alla tonsilla linguale.
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Pag. 1 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Otorinolaringoiatria #3 Malattie dell’orofaringe Prof. Gavarello – 22/10/2021 – Autore: Pamela Vuksanaj – Revisore: Damiano Tropeano...
Pag. 1 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Otorinolaringoiatria #3 Malattie dell’orofaringe Prof. Gavarello – 22/10/2021 – Autore: Pamela Vuksanaj – Revisore: Damiano Tropeano 1. Introduzione: orofaringe e tonsille L’orofaringe è posizionata posteriormente al cavo orale e, dal punto di vista anatomico, essa rappresenta la porzione media della faringe; la faringe è infatti formata da tre parti principali: La rinofaringe (che si trova posteriormente alle coane), L’orofaringe L’ipofaringe (ovvero la parte più bassa della faringe). L’orofaringe si estende dal punto di congiunzione tra palato duro e palato molle fino al margine postero-superiore delle vallecule dell’epiglottide (ovvero le vallecule glosso-epiglottiche). All’interno dell’orofaringe riconosciamo due strutture: le tonsille palatine (che sono pari, quindi dx e sx) e la tonsilla linguale (anche essa è divisa tra dx e sx, ma anatomicamente si vede un unicum di tessuto). La tonsilla palatina, o amigdala, è una struttura linfo-reticolare che costituisce, insieme alla tonsilla linguale e alle tonsille rino-faringee (ovvero le adenoidi) l’anello di Weldeyer. Quindi ha una funzione sia di barriera che immunitaria; si tratta di una funzione importantissima essendo che gli antigeni di una qualsiasi sostanza che inaliamo, passano attraverso il naso o il cavo orale per poi passare attraverso l’orofaringe esse quindi ci aiutano e ci proteggono sia come barriera sia come sistema immunitario appunto. La tonsilla palatina è localizzata anatomicamente nella loggia tonsillare, la quale è costituita anteriormente dal pilastro tonsillare anteriore e posteriormente dal pilastro tonsillare posteriore (costituiti dai muscoli palatoglosso e palatofaringeo); in questo incavo, a destra e a sinistra, si trovano le tonsille. La tonsilla ha una sua capsula e lateralmente ad essa c'è uno spazio che viene chiamato “spazio peritonsillare” e che è delimitato lateralmente dalla fascia faringo-basilare. Quindi lo spazio peritonsillare si trova tra la capsula e la fascia faringo-basilare; più lateralmente a quest’ultima si trovano poi i muscoli costrittori del faringe, che sono superiori ed inferiori. Conoscere la posizione anatomica delle tonsille è fondamentale per capire le patologie e le complicanze delle tonsilliti acute e di come le infezioni possano diffondersi negli spazi adiacenti alla tonsilla. L’anatomia delle tonsille è di fondamentale importanza soprattutto per gli otorini quando essi devono eseguire una tonsillectomia essi, infatti, devono andare a ricercare innanzitutto la capsula della tonsilla per misurarla e poi asportarla. Morfologicamente le tonsille possiedono delle cripte e nel fondo di quest’ultime avvengono tutti i rapporti tra gli antigeni e la risposta immunitaria. Queste cripte possono essere più o meno accentuate nella varie persone; ci sono infatti delle persone che hanno dei “buchi nelle tonsille”, ovvero delle cripte molto accentuate soprattutto in seguito a delle condizioni patologiche. Le tonsille palatine hanno un drenaggio linfatico, ma non possiedono dei linfatici afferenti; esse hanno però dei collettori efferenti, ovvero quelli del gruppo dei linfonodi cervicali (sia superficiali che profondi) ed alcuni arrivano anche al linfonodo sottodigastrico (o di Kutter). Se si ha una patologia a livello tonsillare risentiranno i linfonodi efferenti della tonsilla. Pag. 2 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Se un paziente ha una tonsillite acuta, avrà sia un problema a livello delle tonsille, ma anche un risentimento a livello dei linfonodi efferenti delle tonsille (con conseguente aumento volumetrico dei linfonodi). Vascolarizzazione La tonsilla palatina è estremamente vascolarizzata e questo è di fondamentale importanza per quando si esegue una tonsillectomia perché ha una vascolarizzazione arteriosa da rami provenienti dalla carotide esterna; si tratta quindi di un organo molto piccolo, ma vascolarizzato in maniera piuttosto importante. Vi è ovviamente anche un drenaggio venoso collegato al plesso faringeo e allo stesso tempo tale organo viene innervato dai rami del glossofaringeo e del linguale. Tonsilla linguale La tonsilla linguale è un ammasso di tessuto linforeticolare contenuto nella mucosa della base della lingua (anello di Waldeyer) e non vi è quindi una netta distinzione tra dx e sx, come nelle tonsille palatine. Essa possiede numerosi follicoli linfatici linguali, che sono però simili a quelli che si vedono nelle tonsille palatine (quindi si vedono come dei piccoli buchetti) ed ogni follicolo è formato da dotti linfatici con un centro germinativo intorno ad una invaginazione dell’epitelio, ovvero una cripta (esattamente come nella tonsilla palatina, con l’unica differenza che quella linguale si trova a livello della base della lingua. Q: in caso di infiammazione delle tonsille, l’infiammazione si estende anche alla lingua? Di solito, in caso di tonsillite, non si ha contemporaneamente anche una tonsillite linguale; la tonsillite, infatti, di solito interessa solo le tonsille palatine oppure si potrebbe avere anche un interessamento globale. In altri casi invece, si può avere un’infiammazione isolata della tonsilla linguale, senza interessamento delle tonsille palatine. È più frequente avere la faringo-tonsillite, ovvero avere la tonsillite e l’attivazione linfatica di tutto il tessuto associato alle mucose sulle parti posteriori e laterali della faringe (vi è infatti un tessuto linfatico associato alle mucose che è anche a livello di tutto il faringe. Sintomi del paziente con una patologia dell’orofaringe - Dolore (faringodinia mal di gola); - disfagia (odinofagia); - disturbi della sensibilità (globo faringeo); - fetore dell’alito); - trisma: (meccanico e antalgico); - scialorrea può non esserci la possibilità di ingestione ed escrezione); - emoftoe (sangue nel catarro); - disturbi della voce (stomatolalia, rinolalia aperta); - sintomi respiratori ostruttivi; - tosse per incapacità di gestione delle secrezioni, il più delle volte associata a difficolta respiratorie. Fisiologia Orofaringe: a cosa serve e cosa avviene a tale livello Posteriormente ad essa è presenta la colonna vertebrale e va dal basicranio fino a livello dell’esofago. A tale livello si ha soprattutto l‘incrocio tra le vie aeree con le vie digestive superiori: - quando respiriamo, il flusso dell’aria (linea azzurra) attraversa le cavità nasali, il rinofaringe, orofaringe e poi va anteriormente nella laringe e nella trachea; - quando deglutiamo, il bolo, a partire dalla bocca, prosegue nell’orofaringe e poi prosegue posteriormente alla laringe, attraversando l’ipofaringe per poi entrare nell’esofago. Durante il passaggio del bolo viene garantita anche l’apertura della tuba uditiva (tuba di Eustachio) Pag. 3 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Quindi, tra le varie funzioni dell’orofaringe, abbiamo: deglutizione, difesa immunitaria, fonazione e articolazione dei suoni, respirazione e funzione gustativa. Come si può esplorare l’orofaringe? Una parte dell’orofaringe è ben visibile, mentre invece un’altra parte lo è meno; con la laringofaringoscopia si riesce a vedere molto bene le tonsille palatine, il palato molle, l’ugola, la parete posteriore del faringe e le pareti laterali, ma non vediamo la base della lingua. Quando andiamo a valutare l’orofaringe, andiamo soprattutto a valutare le caratteristiche delle varie strutture presenti: tonsille palatine, palato molle ecc. Le tonsille palatine hanno dei volumi che sono più o meno fisiologici entro certi range, oltre i quali si parla di ipertrofia tonsillare. Ci sono ad esempio delle tonsille che sono molto sviluppate e che si toccano fra di loro a livello della linea mediana e vengono per questo indicate anche come “kissing tonsils” in inglese; in questo caso ovviamente il paziente presenterà anche delle difficoltà respiratorie, soprattutto se presenta anche delle ostruzioni a livello delle cavità nasali. 2. Patologie dell’orofaringe: Processi infiammatori 1) Faringite acuta Il termine “faringite” indica uno stato flogistico della faringe; in particolar modo si tratta di uno stato infiammatorio dell’orofaringe (le tonsille ci possono o meno essere, ovvero si tratta di un’infiammazione che può colpire i pz indipendentemente dalla presenza delle tonsille quindi può colpire anche i pz che hanno subito l’intervento di tonsillectomia). È spesso caratterizzata da un’iperemia diffusa dell’orofaringe, anche a livello della parete posteriore, ed inoltre ci può essere un’attivazione linfatica della parete del tessuto associato alle mucose. Eziologia può avere un’eziopatogenesi infettiva, e quindi prevalentemente virale, ma può essere anche batterica (streptococchi o stafilococchi, virus del gruppo del gruppo influenza, parainfluenzali, H. influenzae) e può colpire qualsiasi età; Sintomi faringodinia e odinofagia (dolore alla deglutizione), linfoadenopatie laterocervicali (altri sintomi1: febbre e possibile compressione delle tonsille); Segni mucosa orofaringea iperemica, pareti laterali rigonfie, ispessite (altri sintomi1: secrezione mucosa secca o purulente se batterica, follicoli secondari ipertrofici); Terapia sintomatica; se ad eziologia virale, può esserci l’iperpiressia, ma se il paziente non ha altre patologie e non è immunocompromesso, è sufficiente intervenire con un antipiretico/antiinfiammatorio ed attendere 5-7gg affinché la situazione si risolva spontaneamente. Se la situazione persiste e comincia anche a comparire un essudato con delle secrezioni, in quel caso si ha il sospetto che la faringite si sia sovrainfettata o che sia di origine batterica e di conseguenza si renderà necessaria la somministrazione di un antibiotico. 2) Faringite cronica La faringite può cronicizzarsi e in quel caso si parla di faringite cronica. Essa si sviluppa in seguito ad una stimolazione continua con una sostanza irritante (ad es. i fumatori possono avere una faringite cronica oppure anche chi lavora in ambienti estremamente polverosi ed irritanti senza le dovute protezioni). Compare intorno ai 40 anni nei maschi. 1 Non citati dalla professoressa Pag. 4 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Eziologia noxae esogene: tabacco, polveri o farmaci (altre cause1: flogosi recidivanti faringee, deficit IgA, esiti chirurgici oro-meso-ipo faringe, diabete e nefropatie); Sintomi disturbo soggettivo spesso di marcata entità con reperto obiettivo poco significativo (il paziente si lamenta tantissimo, ma quello che noi vediamo non è così significativo); (altri sintomi non citati: disfagia, vellichio, stimolo tussigeno, sensazione di secchezza). Segni esistono diverse forme: iperplastica, catarrale, atrofica oppure secca a seconda delle varie fasi o caratteristiche eziopatogenetiche. 3) Angine e Tonsillite palatine (o tonsillite acute/ faringotonsillite)2 Il medico di base è il primo che ha a che fare e che deve curare i pz con tonsillite acute: solo i casi più gravi e le complicanze si rivolgono all’otorino (1-2% dei casi totali). Esistono tanti tipi di classificazione della faringotonsillite, ma la più importante è quella clinica (e non quella eziopatogenetica) perché è più rappresentativa della realtà. Fanno parte della classificazione clinica la faringotonsillite/angina: - Angina acuta eritematosa può essere causata: da un’infezione virale, dalla fase iniziale di una infezione batterica oppure può essere la manifestazione precoce di una mononucleosi infettiva. La terapia in questo caso è sintomatica e non si dà l’antibiotico (ad eccezione di particolari casi, come ad es.: paziente immunocompetente); - Angina eritemato-pultacea ha più frequentemente un’eziopatogenesi batterica; essa si caratterizza dalle cosiddette “placche in gola”, ovvero da essudato che va a stabilirsi e ad accumularsi nelle cripte tonsillari. Quando c'è un quadro di questo tipo, la probabilità che l’infezione sia batterica è molto elevata e quindi in questo caso si dà la terapia antibiotica. La diagnosi in questo caso è clinica (esame obbiettivo): in particolare bisogna fare attenzione ai vari sintomi presentati dal pz (faringodinia, odinofagia, febbre, adenopatie dolenti bilaterali e reattive durante la palpazione del collo). - Angina monocitica/mononucleosica si tratta di un’infezione virale (ovvero la mononucleosi infettiva da EBV/“malattia del bacio”) che viene contratta soprattutto in età adolescenziale o pre-adolescenziale. In alcuni casi, per eccessiva virulenza del virus e/o per un indebolimento del sistema immunitario del paziente, si ha questo tipo di manifestazione (vedi immagine). La mononucleosi a volte si presenta con la tonsillite e si tratta di una malattia sistemica. Se si presenta con la tonsillite, avrà delle caratteristiche diverse da una tonsillite batterica, anche se all’inizio non è facile fare una diagnosi differenziale. Le caratteristiche di diversità sono: epidemiologia un uomo di 40 anni è poco probabile che abbia la mononucleosi, ma se si presenta un paziente di 17 anni con una faringodinia, odinofagia e con a livello della faringe una lesione simile a quella dell’immagine (vedi sopra), si può pensare più facilmente che si tratti di mononucleosi invece che di una faringotonsillite eritemato-pultacea; caratteristiche della lesione le placche da EBV sono contenute nelle cripte, mentre nella mononucleosi fanno come una specie di patina; la difterite ha un aspetto molto simile a quello della mononucleosi, ma a differenza di quest’ultima si va ad estendere anche a tutte le altre strutture adiacenti. 2 “Angine” è un termine che non viene più utilizzato nella pratica clinica, dove si parla invece di faringotonsillite o tonsillite acuta a seconda che ci sia più o meno l’interessamento della faringe. Pag. 5 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Spesso accade che un’infezione da EBV venga scambiata per un’infezione batterica e quindi si prescrive al paziente una terapia antibiotica (con amoxicillina), la quale però fa una cross-reazione determinando un rush cutaneo (immagine di fianco) e quindi non si tratta quindi di una reazione allergica all’amoxicillina, ma è problematica legata all’infezione virale. La diagnosi non è clinica, ma è strumentale: bisogna fare un prelievo per poi andare a valutare il dosaggio anticorpale, ovvero degli anticorpi contro il virus dell’EBV. Si tratta comunque di una malattia sistemica, la quale infatti presenta anche un interessamento epatico e della milza; quindi, se un adolescente presenta una tonsillite mononucleosica, deve fare anche un’ecografia dell’addome e valutare la funzionalità epatica. Alla risoluzione della sintomatologia locale, non può riprendere l’attività sportiva nemmeno dopo 2 settimane perché se aumenta la splenomegalia deve attendere che il decorso della patologia si risolva per poi riprendere la sua vita normale. Una delle maggiori complicanze di questa patologia è rappresentata dalla rottura della milza, motivo per cui è di fondamentale importanza fare una diagnosi precoce e non scambiarla per un altro tipo di tonsillite. Inoltre, l’EBV è un virus che può essere associato anche a delle patologie neoplastiche, come il linfoma di Burkitt o tumore della rinofaringe. - Angina ulcero-necrotica si tratta di un’infezione batterica caratterizzata, quasi sempre dalla monolateralità (e questo è dovuto al fatto che i batteri si localizzano prevalentemente in una sola cripta per poi dare una manifestazione loco-regionale). Quando è presente la monolateralità però bisogna sempre pensare anche ad una patologia neoplastica questo tipo di faringotonsillite entra quindi in diagnosi differenziale con le neoplasie tonsillari. La faringotonsillite ulcero-necrotica è caratterizzata da presenza di germi provocano delle escavazioni fetide: si tratta comunque di un’infezione che si cura con un antibiotico (penicilline); si possono comunque effettuare degli esami ematochimici per avere conferma del fatto che sia in atto un’infezione mediante degli elevati indici di flogosi. - Angina vescicolare o erpetica si tratta di un’infezione virale recidivante da parte degli Herpes o Coxacki-A. Essa è caratterizzata da: iperemia, iperpiressia, compromissione dello stato generale, odinofagia e dalla presenza di piccole vescicole biancastre contenti uno liquido sieroso che, rompendosi, vengono sostiuite da delle placche circondate da zone iperemiche (queste placche hanno quindi un ciclo vitale e, nello stesso momento, si possono avere delle vescicole in diversi stadi del loro ciclo vitale). Di solito questa situazione si risolve spontaneamente nel giro di qualche giorno, in caso contrario (es. pz immunocompromesso) si può dare una terapia antivirale; in età pediatrica, però, questo tipo di infezione può essere causa di ricovero per impossibilità di alimentarsi ed idratarsi (nell’adulto invece il ricovero risulta essere un evento molto più raro). 4) PFAPA Syndrome (febbre periodica, stomatite aftosa, faringite e linfoadenopatie latero-cervicali) Si tratta di un’entità conosciuta soprattutto negli ultimi anni e che colpisce soprattutto i bambini sotto i 5 anni. Essa è caratterizzata da delle brevi fasi di iperpiressia (da 1-5giorni) che però ricorrono ogni 3-8 settimane con: adenite/faringite/essudato a livello tonsillare e a volte anche con delle afte a livello del cavo orale questo quadro si chiama quindi PFAPA Syndome ed entra in diagnosi differenziale con le febbri ricorrenti. Questa sindrome altera tantissimo la qualità di vita di questi bambini, i quali inoltre non rispondono alla terapia antibiotica, ma solo a quella steroidea con cortisone. Ovviamente però non si può effettuare un trattamento cronico con steroidi in un paziente pediatrico, pertanto, se questa situazione diventa troppo invalidante e se Pag. 6 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe non si risolve spontaneamente con la crescita (come accade normalmente) allora vi è l’indicazione di effettuare un trattamento chirurgico, ovvero l’adenotonsillectomia (di solito si fa asportazione anche delle adenoidi se c'è un interessamento anche di quest’ultime). 5) La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) Si tratta di un disturbo che riguarda diverse figure mediche: pneumologi, otorini, cardiologi (per le complicanze), chirurghi maxillofacciali ed odontoiatri. L’OSAS è un disturbo respiratorio caratterizzato da episodi prolungati di ostruzione parziale o totale (apnea ostruttiva) delle vie aeree; esse disturbano sia la ventilazione notturna che l’architettura del sonno. Si parla di questa patologia anche in questa lezione perché una delle cause di ostruzione delle vie aeree è l’ipertrofia tonsillare, ipertrofia della base della lingua oppure la lassità del palato molle in generale tutte le strutture del faringe possono contribuire all’OSAS (ovviamente ci sono tante altre strutture che possono contribuire all’OSAS e che sono situate ad es a livello rinofaringeo/ nasale/ laringeo). L’OSAS provocata da delle problematiche a livello orofaringeo risulta essere piuttosto frequente soprattutto nei bambini (2-6 anni), mentre negli adulti questa causa risulta essere meno frequente; questo sia dal punto di vista epidemiologico, ma anche perché gli adulti di adesso, con un’età media di 50-60 anni, hanno subito quasi tutti l’intervento di tonsillectomia essendo che ai tempi non si sapeva bene la funzione delle tonsille e quindi si optava per la loro rimozione prima che potessero dare delle problematiche al paziente). Nel caso dell’OSAS provocata da un’ipertrofia tonsillare, però, si opta sempre per l’asportazione delle tonsille. La causa più frequente dell’OSAS nel bambino è rappresentata dall’ipertrofia adeno-tonsillare, mentre nell’adulto la sede di ostruzione più frequente è rappresentata dalla sede oro-faringea; sia nell’adulto che nel bambino però l’eziopatogenesi di tale disturbo risulta essere ignota e multi-sede ovvero noi conosciamo i siti ostruttivi, ma non conosciamo il meccanismo ultimo per cui si ha tale ostruzione. L’ostruzione respiratoria nasale rientra come cofattore nella problematica ostruttiva, ma non sembra coinvolta in maniera significativa (ad es se un paziente presenta russamento ed apnea per deviazione del setto, non si risolverà l’apnea mediante la settoplastica). 6) Tonsillite cronica Si tratta di un’infezione che cronicizza del tempo; esso può derivare o da una tonsillite batteriche che non si è mai risolta oppure da una flora mista aerobia-anaerobia (ma ad ogni modo sempre batterica). Questi pz spesso hanno avuto delle tonsilliti recidivanti e poi hanno sviluppato una situazione borderline verso la patologia ma che non hanno più la sintomatologia tipica di tale patologia (es.: crisi di febbre con faringodinia importante ecc.), ma rimane una sintomatologia aspecifica come febbricola o faringodinia più moderata, però persistente e ricorrente; a volte necessita anche la somministrazione di un antibiotico. In questi casi l’indicazione è chirurgica (tonsillectomia) essendo che non c'è più una terapia medica che possa risolvere il problema. Nei pz in cui si cronicizza si può avere, soprattutto nel caso dello streptococco beta-emolitico, la malattia reumatica che può dare la glomerulonefrite, la pericardite e tutta una serie di quadri clinici importanti; si tratta però di una patologia sempre meno frequente essendo che al giorno d’oggi si fa diagnosi di tonsillite quasi subito e quindi si evita una sua cronicizzazione (anche mediante l’uso di antibiotici). 3. Complicanze delle angine/ faringotonsilliti acute/ tonsilliti acute Tali complicanze possono essere: 1) Complicanze locoregionali suppurative In questo caso l’infezione, dalla tonsilla, si estende agli spazi: peritonsillari, parafaringei, retrofaringei e può dare andare anche a livello cervicale. Pag. 7 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe a) Flemmone e ascesso peritonsillare si tratta della prima complicanza delle faringotonsilliti acute, però si distinguono da quest’ultime per la clinica: il paziente, infatti, non ha più i sintomi caratteristici della tonsillite acuta. Un paziente con un ascesso peritonsillare o un flemmone avrà: - Disfagia con trisma (essendo che abbiamo subito l’interessamento peritonsillare) e lateralizzazione dell’ugola; - Faringotonsillite con aggravamento monolaterale (nell’80% dei casi, infatti, è monolaterale il paziente avrà quindi una tumefazione monolaterale di un pilastro con essudato su una o entrambe le tonsille (più frequente su una)). - Medializzazione della tonsilla perché nello spazio peritonsillare si è saccato un ascesso che spinge e sposta la tonsilla; - Otalgia riflessa dolore all’orecchio omolaterale. In questo caso non si parla più di una semplice tonsillite, motivo per cui il paziente deve essere indirizzato verso uno specialista in ps, dove infatti verrà visitato da un otorinolaringoiatra (il quale effettuerà degli esami del sangue per gli indici di flogosi per poi fare la diagnosi e decidere cosa fare a livello locoregionale). Inoltre, egli dovrà vedere se il paziente presenta un ascesso o un flemmone. ascesso: ha una localizzazione circoscritta e prevede la formazione di una cavità ascessuale ed è quindi chirurgico perché la raccolta ascessuale di solito non permette al farmaco di raggiungere la sede; per vedere se si tratta di un ascesso o meno, previa anestesia locale, si fa una puntura esplorativa: se troviamo del materiale purulento (e quindi se c'è una raccolta ascessuale) si procede con una incisione e si apre l’ascesso per poi farlo drenare e aspirarlo attraverso il cavo orale. A quel punto si fa anche un prelievo del materiale per un esame colturale per mettere in atto una terapia più mirata ove necessario (nel caso in cui il paziente non abbai risposto bene alla terapia ad ampio spettro). flemmone: interessamento diffuso del parenchima dell’organo e quindi non è chirurgico e non posso drenarlo, ma devo trattarlo). b) Infezione degli spazi parafaringei In questo caso l’infezione si espande oltre gli spazi faringei: ci può essere, infatti, anche un interessamento delle vie aeree oppure addirittura una discesa dell’infezione con un’elevata probabilità anche a livello mediastinico. In questo caso si deve procedere con un drenaggio dell’ascesso che può essere effettuato o con il peritonsillare da sveglio oppure, nei casi più gravi, si deve addormentare il paziente (con un’anestesia generale) e poi effettuare il drenaggio transorale oppure per via cervicotomica (oppure anche combinando queste due modalità) quindi si combina la terapia medica a quella chirurgica. Il problema maggiore in questo caso resta la gestione delle vie aree: il paziente può infatti avere un’insufficienza respiratoria acuta perché l’infezione può dare un edema con interessamento delle vie aeree (in questo caso anche l’intubazione risulta essere difficile). In generale quando si intuba il paziente, bisogna scegliere il timing di intubazione, intubare il paziente nel momento giusto e poi mettere in atto il trattamento. c) Celluliti cervicali diffuse (o “Fasciti necrotizzanti del collo”) Si tratta di patologie che possono essere il risultato di complicanze delle tonsilliti oppure complicanze di un ascesso odontogeno. In questo caso va in necrosi il sistema fasciale e muscolare e tutto ciò che si trova a livello cervicale, per queto motivo se rende necessaria una toilette chirurgica di tutte le fasce del collo; la terapia risulta quindi essere chirurgica, con apertura di tutte le sacche ed asportazione delle aree necrotiche con conseguente lavaggio e drenaggio. 4. Tonsillectomia Risulta essere l’intervento più eseguito nella storia della chirurgia; in passato, come si è già detto prima, veniva eseguito di routine, mentre al giorno d’oggi viene effettuata solo se c'è una indicazione specifica. Pag. 8 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe In passato si effettuava molto più spesso la tonsillectomia principalmente perché non si conosceva la funzione di quest’ultime: esse, infatti, venivano asportate ancora prima che iniziassero ad ammalarsi. Al giorno d’oggi invece si è capito che esse hanno un ruolo fisiologico e che servono al sistema immunitario (rappresentano una barriera in più per il nostro organismo); d’altronde attualmente si riescono a gestire molto meglio le varie infezioni che possono colpire tali organi, motivo per cui la loro asportazione viene indicata solo in particolari casistiche. In età pediatrica sono aumentati i numeri di indicazioni alla tonsillectomia per le problematiche ostruttive rispetto alle problematiche infettive rispetto al passato; nell’adulto invece vengono effettuate delle tonsillectomie solo in particolari situazioni, essendo che non si tratta di un intervento semplice e banale: può avere infatti delle complicanze anche gravi. Tale intervento viene indicato: - in caso di OSAS in età pediatrica; - nel caso in cui un paziente presenti 5/+ episodi di tonsillite all’anno (quindi in caso di tonsillite ricorrente); in quest’ultimo caso il paziente viene seguito dal medico curante/pediatra, il quale deve verificare che si tratti effettivamente di tonsillite batterica/recidivante/scarsamente responsiva alla terapia antibiotica; - in caso di ascesso peritonsillare; - PFAPA Syndrome. Tra le principali complicanze che si possono avere in seguito a tale intervento si ha l’emorragia acuta intra o post-operatoria, con un picco massimo del rischio dopo 7-10gg; per questo motivo si consiglia sempre al paziente di non allontanarsi di molto dal ps per le successive 3 settimane in modo tale che, in caso di sanguinamenti dal cavo orale, il paziente possa raggiungere rapidamente il ps. Come si effettua la tonsillectomia? Esistono tantissime tecniche: a freddo – elettrobisturi (mono o bipolare) – tecnica combinata tra “a freddo” ed elettrobisturi mono/bipolare – bisturi al plasma – metodi intracapsulari (debrider) ecc. Una modalità di asportazione della tonsilla consiste nella ricerca della capsula di quest’ultima per poi asportare in toto e questo deve essere effettuato quando ad esempio vi è l’indicazione a complicanze ascessuali o infettive; quando la complicanza è ostruttiva, si può optare per la tonsillotomia, ovvero si lascia un residuo di tonsilla (il problema di questa modalità però è rappresentata dal fatto che tale residuo si può infettare o variare di volume, quindi bisogna tenere presente questa eventualità e valutare le varie opzioni. In ogni caso, la tonsillectomia viene effettuata in anestesia generale, con il paziente “in sospensione”: ovvero il paziente è supino con una intubazione transorale; a questo punto si posiziona al paziente l’apribocca, la quale si aggancia ad una sospensione che sta a livello del lettino e che permette di ottenere un’apertura maggiore del cavo orale del paziente, con una esposizione massima dell’orofaringe (altrimenti essa si ritroverebbe collassata sulla base della lingua). A questo punto si vanno ad individuare gli alloggi tonsillari, si identifica la tonsilla per poi effettuarne l’asportazione. In seguito all’operazione, il paziente viene sorvegliato per le successive 24h per poi essere dimesso; 7 giorni dopo si effettua poi una visita di controllo. Nel frattempo, il paziente deve idratarsi molto e seguire una dieta morbida e a temperatura ambiente/fresca; sia la deglutizione che l’idratazione, infatti, risultano essere di fondamentale importanza altrimenti si rischia che le escare si infettino oppure che non si detergano per poi staccarsi e provocare dei sanguinamenti con la deglutizione e la detersione invece avviene una progressiva cicatrizzazione e quindi guarigione. Pag. 9 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe 5. Tumori dell’orofaringe Tra i maggiori fattori di rischio per questi tipi di tumore si hanno: fumo, alcol, HPV 16-18 (altri fattori non citati: dieta povera vegetali e frutta, vit C, antiossidanti, carotenoidi, falvoni e flavonoidi (HP te e caffe), polveri ag organici) A livello dell’orofaringe, la correlazione con le neoplasie e il carcinoma spinocellulare è altissima e risulta essere infatti molto maggiore rispetto a quella del cavo orale; si tratta proprio di due entità cliniche diverse: ciò il paziente che il carcinoma squamocellulare dell’orofaringe HPV+, rappresenta un’entità clinica diversa rispetto a quello che è HPV-, anche dal punto di vista del trattamento. Nel 90% dei casi si tratta di carcinomi squamocellulari, ma esistono anche altri tipi di istotipi, anche i linfomi. a) Carcinoma tonsillare La tonsilla risulta essere la sottosede più frequente; oltre ad essa, le altre sedi dell’orofaringe sono: la base della lingua, il palato e le pareti del faringe. Si tratta di un carcinoma che colpisce più frequentemente gli uomini di mezza età. I fattori di rischio colpiscono tutto l’orofaringe; i principi che abbiamo già visto sulla diffusione loco-regionale e a distanza e su come avviene la progressione neoplastica nel cavo orale, risultano essere identici anche per l’orofaringe. Quello che differenza il cavo orale con l’orofaringe in questo caso è il fatto che l’orofaringe presenta metastasi latero- cervicale e soprattutto tonsillare e la probabilità di averla è molto più elevata rispetto al cavo orale. Nella metà dei casi il paziente si presenta già con una metastasi nel collo. Un’altra problematica è che il tumore alla tonsilla non è manifesto; anche quando presenta una metastasi nel collo, non si vede il primitivo (si tratta quindi di un carcinoma più subdolo di quello del cavo orale). Il carcinoma tonsillare può dare dei sintomi caratteristici o, il più delle volte, aspecifici: quando si presentano i sintomi, infatti, il più delle volte il tumore risulta essere particolarmente esteso. Tra i sintomi più comuni che si presentano quando il tumore risulta essere particolarmente esteso, si hanno: sanguinamento dal cavo orale, fetore a livello dell’alito, disfagia. In generale il carcinoma ha delle diffusioni loco-regionali adiacenti alla tonsilla (es. spazio peritonsillare), dando dei sintomi diversi a seconda della zona dove si estende. Nell’immagine di fianco si può vedere un esempio di un carcinoma tonsillare; la prima cosa che si può notare in questo caso è la monolateralità. Nel caso in cui ci si trovasse di fronte ad un paziente con una lesione simile, bisogna verificare se quest’ultimo presenta i vari fattori di rischio per il carcinoma tonsillare, chiedendo quindi al paziente quanto fuma e quanto beve; a quel punto si prosegue con la palpazione del collo. Durante la palpazione del collo c'è da allarmarsi nel caso in cui si sentisse che i linfonodi hanno una consistenza dura e fissa sui piani più profondi. Successivamente si procede con una palpazione della tonsilla: se si presenta con una consistenza dura e risulta essere sanguinante al tocco, si può trattare più facilmente di una patologia neoplastica. Dal punto di vista diagnostico risulta essere molto utile l’endoscopia: anche nei pz con un tumore dell’orofaringe si può effettuare un’endoscopia nasale per andare a vedere anche da dietro la tonsilla, guardando la base della lingua e tutto l’ipofaringe. Si possono però avere anche dei carcinomi con una sede diversa dall’orofaringe, come quelli presenti sulla parete laterale del faringe. Tutti i tumori dell’orofaringe vanno sottoposti a stadiazione e in generale esistono due categorie di carcinomi squamocellulari dell’orofaringe: p16-negativi e p16-positivi. Il p16 è un marker di una possibile infezione da HPV; non è detto che ci sia dentro l’HPV, però ci dice la categoria HPV positiva. Pag. 10 a 10 Otorinolaringoiatria # 3 – Prof. Galluzzi – Malattie dell’orofaringe Per quelli HPV negativi, che hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli HPV positivi, e che allo stesso tempo fumano e bevono ha una prognosi inferiore a 5 anni rispetto a quello HPV positivo che fuma e beve a sua volta. Se un paziente invece è HPV positivo e non fuma e non beve, la prognosi sarà molto positiva. Quando si fanno delle biopsie a livello tonsillare, bisogna sempre chiedere all’istopatologo la ricerca del virus HPV e quindi la positività del p16 perché in base a ciò si decide se cambiare o meno il protocollo terapeutico. Quindi un paziente a cui è stata fatta biopsia tonsillare e si scopre che ha un carcinoma squamocellulare della tonsilla con già delle adenopatie e allo stesso tempo risulta essere HPV positiva, significa che il paziente risponderà molto bene alla radioterapia e alla chemioterapia, che sono le terapie di prima scelta sui p16- positivi. In caso contrario si procede per via chirurgica, che consiste nella tonsillectomia allargata, ovvero asportazione della tonsilla e delle strutture ad essa adiacenti con svuotamento latero-cervicale del collo se necessario. Sull’orofaringe è anche disponibile la chirurgia robotica che viene fatta anche in campo laringoiatrico e che può in certe situazioni, soprattutto a livello della base della lingua, dare un contributo importante dal punto di vista chirurgico. b) Tonsillite linguale Nell’immagine di fianco si può vedere l’epiglottide e la via aerea; un’infezione del genere può facilmente dare un interessamento della laringe, dando anche laringite ed edemi, compromettendo anche le vie aeree. La tonsillite linguale è quindi un’infezione difficile da gestire ed è molto più rara delle tonsilliti palatine. Sintomi odinofagia, algia alla protrusione linguale molto importante, otalgia, dolore alla pressione dell’osso ioide e stomatolalia. Terapia antibiotica e corticosteroidea endovena e drenaggio chirurgico.