Lezioni di Ematologia: Sindromi Mieloproliferative Croniche - PDF

Summary

Questo documento descrive le Sindromi Mieloproliferative Croniche, un gruppo di patologie che coinvolgono la filiera mieloide. Si tratta di una panoramica generale, focalizzata sulla descrizione dei concetti chiave e sull'origine cellulare di queste malattie. Il documento è destinato a studenti di medicina e chirurgia.

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ISTITUTO DI EMATOLOGIA E ONCOLOGIA MEDICA “L. E A. SERÀGNOLI” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Lezioni di EMATOLOGIA SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE Prima parte Fausto...

ISTITUTO DI EMATOLOGIA E ONCOLOGIA MEDICA “L. E A. SERÀGNOLI” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Lezioni di EMATOLOGIA SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE Prima parte Fausto Castagnetti SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE (1) Gruppo di patologie clonali dell’emopoiesi caratterizzate da un’espansione della filiera mieloide (dunque definite sindromi mieloproliferative). – Origine cellulare: cellula staminale emopoietica multipotente. – Basi molecolari: attivazione costitutiva di proteine a funzione tirosino- chinasica che mediano il signalling proliferativo intracellulare. Il concetto di cronicità è legato: – ad una sopravvivenza “spontanea” (storia naturale) che si misura in anni (criterio clinico); – all’assenza di un deficit differenziativo della cellula staminale (come nelle leucemie acute), pur in presenza di una spinta proliferativa abnorme e talora di un arresto della maturazione (criterio biologico). Si tratta di malattie caratterizzate da una tendenza evolutiva verso la leucemia acuta, diversa in funzione della patologia in questione e della tipologia di trattamento applicata. SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE (2) SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE (3) Leucemia mieloide cronica: espansione prevalente della granulopoiesi, in maniera indipendente dallo stimolo dei fattori di crescita mieloidi. Policitemia vera: espansione prevalente dell’eritropoiesi, eritropoietina- indipendente (l’eritropoietina sierica è ridottissima o azzerata come conseguenza dell’espansione dell’eritrone). Trombocitemia essenziale: espansione prevalente della piastrinopoiesi. Mielofibrosi (con metaplasia mieloide epato-splenica): espansione extramidollare di tutta l’emopoiesi, conseguente alla fibrosi (collagene, reticolina e fibroblasti) che si realizza a livello del midollo osseo. LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA (LMC) È una neoplasia mieloproliferativa la cui storia naturale è caratterizzata dall’evoluzione da un’iniziale fase cronica ad una fase di accelerazione e ad una crisi blastica. – La fase cronica è caratterizzata dall’iperplasia del comparto mieloide a livello del midollo osseo e dall’aumentata presenza di precursori mieloidi circolanti nel sangue periferico. – La fase accelerata e la successiva fase blastica si caratterizzano per il blocco differenziativo cellulare, con progressivo accumulo sia nel midollo osseo sia nel sangue periferico di elementi blastici (immaturi), nonché dalla progressiva sostituzione della normale emopoiesi da parte del tessuto neoplastico indifferenziato. Il quadro della crisi blastica è clinicamente e morfologicamente indistinguibile da quello di una leucemia acuta (a fenotipo prevalentemente mieloide). EVOLUZIONE DELLA LMC CARATTERIZZAZIONE CITOGENETICA E MOLECOLARE È stata la prima patologia ad essere associata in maniera biunivoca con una specifica alterazione citogenetica e molecolare, tale da: – determinarne la patogenesi; – fungere da bersaglio per una terapia efficace; – rappresentare un marcatore per monitorare la malattia residua e la risposta al trattamento L’alterazione molecolare è rappresentata dalla fusione dei geni ABL1 e BCR, rispettivamente mappati sui cromosomi 9 e 22. La traslocazione t(9;22)(q34;q11) dà luogo alla formazione di un piccolo cromosoma – il cromosoma Philadelphia – che risulta nella formazione di un gene ibrido, BCR::ABL1, costitutivamente attivato e con proprietà oncogeniche. Lo studio delle caratteristiche di questo gene di fusione ha consentito: – di mettere a punto strategie laboratoristiche di monitoraggio della malattia minima residua dopo trattamento e della profondità della risposta al trattamento stesso; – di produrre farmaci specificamente rivolti all’inibizione del meccanismo oncogenico del prodotto molecolare di fusione, bloccando l’azione tirosino-chinasica della molecola BCR::ABL1. LA KINASI ABL1 È DOTATA DI CAPACITÀ DI AUTO-REGOLAZIONE Active ABL1 Inactive ABL1 ATP-binding site ATP-binding site Myristoylated SH3 N-terminal SH3 Kinase Kinase Domain Domain SH2 SH2 Myristoyl pocket Myristoyl pocket ABL1, a tyrosine kinase, is activated upon phosphorylation and When the myristoyl group docks, it locks ABL1 in a regulates a host of cellular processes1-3 closed/inactive conformation2,3 ABL1 is in an open/active conformation when the myristoylated N- terminus is displaced from its binding pocket2,3 Colicelli J. Sci Signal. 2010;3(139)re6; 2. Hughes TP, et al. N Engl J Med. 2019;381:2315-2326; 3. Hantschel O. Genes Cancer. 2012;3: 436-446. IL GENE DI FUSIONE BCR::ABL1 ATTIVA LA CRESCITA DELLE CELLULE LEUCEMICHE A reciprocal translocation event leads to the The resulting BCR-ABL1 protein is formation of BCR-ABL gene constitutively active Normal Changed chromosome 9 chromosome 9 Normal Changed BCR BCR chromosome 22 chromosome 22 ATP-binding site Kinase BCR- Domain BCR SH3 ABL1 SH2 Myristoyl pocket ABL In CML, a reciprocal translocation occurs between chromosome 9 and The resulting BCR-ABL1 tyrosine kinase lacks the myristoylated 22, leading to a new BCR-ABL1 gene1-3 N-terminal domain, so autoinhibition is lost1,2 As a result, BCR-ABL1 is in a constitutively open/active conformation1,2 Hughes TP, et al. N Engl J Med. 2019;381:2315-2326; 2. Hantschel O. Genes Cancer. 2012;3:436-446; 3. Cancer.gov. https://www.cancer.gov/publications/dictionaries/cancer-terms/def/philadelphia-chromosome. Accessed June 24, 2020. SANGUE PERIFERICO Leucociti: sempre aumentati (> 20.000/mmc, fino a 500.000/mmc); Precursori circolanti nel sangue periferico. Piastrine: spesso normali, più spesso aumentate, raramente ridotte; Emoglobina: normale o lievemente ridotta; LEUCOCITOSI CLINICA La diagnosi è occasionale in circa il 50% dei casi I sintomi, quando presenti, sono spesso di modesta entità e relativamente generici. Essi si dividono in due gruppi: 1. sintomi dipendenti dall’espansione della massa leucemica, legati quasi esclusivamente all’aumento di volume della milza: tensione addominale, dolore all’ipocondrio sinistro, sensazione di ripienezza precoce postprandiale con limitazione dell’alimentazione, raramente dolori all’ipocondrio sinistro (infarti o emorragie sottocapsulari); 2. sintomi sistemici, solo in parte dipendenti da anemizzazione: astenia, calo ponderale, febbre o febbricola, dolori ossei e muscolari, sudorazioni profuse notturne. Obiettivamente si può osservare una splenomegalia (50% dei casi), dovuta a metaplasia mieloide dell’organo, e una epatomegalia (meno del 10% dei casi). L’eventuale rilievo di linfoadenomegalie, di lesioni di tipo infiltrativo interessanti la cute, lo scheletro e altri organi e tessuti, o di segni di interessamento del sistema nervoso centrale, non è caratteristico della LMC e contribuisce o a mettere in dubbio la diagnosi o ad orientare verso un quadro di LMC ad esordio blastico. SPLENOMEGALIA La splenomegalia è notevole (grado III-IV) nel 20% dei casi, mentre è moderata (grado I-II) nel 30% dei casi. Nel 50% dei casi la milza non è palpabile. MIDOLLO OSSEO Fase cronica Fase blastica CROMOSOMA PHILADELPHIA Il cromosoma Philadelphia è presente nel 95% dei pazienti affetti da LMC. Nei rari casi di LMC in cui non si osserva il cromosoma di Philadelphia è comunque possibile dimostrare con tecniche di biologia molecolare la presenza del gene BCR::ABL1 Il punto di rottura sul cromosoma 22 può essere diverso, con conseguente formazione di differenti geni di fusione codificanti per proteine a diverso peso molecolare (p190, p210, p230). Nella LMC è presente la p210 (trascritto e13- a2 oppure e14-a2). PATOGENESI (1) Goldman JM. N Engl J Med, 2003; 349: 1451-1464 PATOGENESI (2) Goldman JM. N Engl J Med, 2003; 349: 1451-1464 PATOGENESI (3) DAL GENE ALTERATO AL FARMACO SPECIFICO LA STORIA DELLA TERAPIA DELLA LMC Hehlmann R. Lancet, 2007; 370: 342-350 ERE TERAPEUTICHE A CONFRONTO IMATINIB L’imatinib è stato il primo inibitore delle tirosino-kinasi impiegato nella LMC ed è ancora oggi utilizzato come terapia di prima linea (400 mg/die) in molti pazienti: tale trattamento non ha la potenzialità di eradicare la malattia, ma dimostra numerosi vantaggi in termini di risultati, tollerabilità e semplicità di somministrazione. MUTAZIONI DI BCR-ABL Soverini S. Blood, 2011; 118: 1208-1215 NUOVI INIBITORI Inibitori competitivi di 2^ Generazione → Nilotinib, Dasatinib, Bosutinib Inibitori competitivi di 3^ Generazione → Ponatinib Inibitori allosterici → Asciminib -Più potenti nei confronti del bersaglio BCR-ABL -Attivi verso la maggior parte delle forme mutate -Maggiore probabilità di risposta -Minore probabilità di progressione -Efficaci in pazienti resistenti o intolleranti alla 1^ linea -Differenti profili di tossicità MUTAZIONI DI BCR-ABL E SENSIBILITÀ AGLI INIBITORI Redaelli S. J Clin Oncol, 2009; 27: 469-471 ASCIMINIB LA SCELTA DELLA TERAPIA DI PRIMA LINEA Baccarani et al. Blood Advances 2019 LA SCELTA DELLA TERAPIA SUCCESSIVA Castagnetti et al. Targeted Oncology 2021 RISPOSTA ALLA TERAPIA 0.01% MR4 0.0032% MR4.5 0.001% MR MR55 Deep molecular response Treatment discontinuation Baccarani M. Haematologica, 2008; 93: 161-166 Per sospendere la terapia, è necessaria l’eradicazione della cellula staminale leucemica? NO CRITERI PER SOSPENDERE LA TERAPIA Hochhaus et al. Leukemia 2020

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