Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (PDF)

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Summary

This Italian legislative decree, dated August 18, 2000, establishes the consolidated text of laws concerning the organization of local entities. It outlines principles and provisions for local governance, encompassing different levels of local administration and their interrelations with regional governments, emphasizing issues like local autonomy, public participation, and legal frameworks.

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Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267(1) Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. IL PRESIDENTE DELL...

Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267(1) Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto l'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante delega al Governo per l'adozione di un testo unico in materia di ordinamento degli enti locali; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 aprile 2000; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale dell'8 giugno 2000; Acquisito il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali e della Conferenza Unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 agosto 2000; Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e della giustizia; Emana il seguente decreto legislativo: 1. È approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, composto di 275 articoli. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265) Parte I Ordinamento istituzionale TITOLO I Disposizioni generali 1. Oggetto. 1. Il presente testo unico contiene i princìpi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali. 2. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. 3. La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i princìpi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette. 4. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni (2). (2) Il presente articolo corrisponde agli artt. 1 e 4, comma 2-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 2. Ambito di applicazione. 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni. 2. Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali (3). (3) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, comma 7-bis, ultimo periodo, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 3. Autonomia dei comuni e delle province. 1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. 2. Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. 3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e Regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo. 4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica. 5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali (4). (4) Il presente articolo corrisponde all'art. 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 4. Sistema regionale delle autonomie locali. 1. Ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province. 2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai princìpi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall'articolo 117 della Costituzione, gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio. 3. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai princìpi di cui all'articolo 4, comma 3, della L. 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. 4. La legge regionale indica i princìpi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la Regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile. 5. Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze (5). (5) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, commi da 1 a 3, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 5. Programmazione regionale e locale. 1. La Regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali. 2. Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione ed attuazione. 3. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti della Regione. 4. La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali. 5. La legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilità fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti (6). (6) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, commi da 4 a 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 6. Statuti comunali e provinciali. 1. I comuni e le province adottano il proprio statuto. 2. Lo statuto, nell'ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico. 3. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti. 4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie. 5. Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente. 6. L'ufficio del Ministero dell'interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi (7). (7) Il presente articolo corrisponde agli artt. 4 e 59, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 27, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogati. 7. Regolamenti. 1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni (8). (8) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 7-bis. Sanzioni amministrative. 1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro. 1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari (9). 2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (10). (9) Comma aggiunto dall'art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (10) Articolo aggiunto dall'art. 16, L. 16 gennaio 2003, n. 3. 8. Partecipazione popolare. 1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto. 2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini. 4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. 5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti (11). (11) Il presente articolo corrisponde all'art. 6, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 9. Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale. 1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia. 2. Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore. 3. [Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione] (12) (13). (12) Comma abrogato dall'art. 318, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (13) Il presente articolo corrisponde all'art. 7, commi 1 e 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 10. Diritto di accesso e di informazione. 1. Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. 2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione. 3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni (14). (14) Il presente articolo corrisponde all'art. 7, commi da 3 a 5, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (15) 11. Difensore civico. 1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. 2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale. 3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127 (16). (15) Per la soppressione della figura del difensore civico vedi la lettera a) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. (16) Il presente articolo corrisponde all'art. 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 12. Sistemi informativi e statistici. 1. Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo - statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale. 2. Gli enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. È in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico nazionale. 3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. TITOLO II Soggetti Capo I - Comune 13. Funzioni. 1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. 2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia (17). (17) Il presente articolo corrisponde all'art. 9, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 14. Compiti del comune per servizi di competenza statale. 1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica. 2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54. 3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie (18). (18) Il presente articolo corrisponde all'art. 10, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 15. Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni. 1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite. 2. La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. 3. Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono. 4. La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione (19). (19) Il presente articolo corrisponde all'art. 11, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 16. Municipi. 1. Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse. 2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione (20). (20) Il presente articolo corrisponde all'art. 12, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 17. Circoscrizioni di decentramento comunale (21). 1. I comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune (22). 2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento. 3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti (23). 4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento. 5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria (24). (21) Per la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale vedi la lettera b) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. (22) Comma così modificato dal comma 29 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nell'art. 42-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione. (23) Comma così sostituito dal comma 29 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nell'art. 42-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione. (24) Il presente articolo corrisponde all'art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 18. Titolo di città. 1. Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza. Capo II - Provincia 19. Funzioni. 1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori: a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità; b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e trasporti; e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne; g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. 2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. 3. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali (25). (25) Il presente articolo corrisponde all'art. 14, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Per l'attenzione di quanto disposto dal presente articolo, vedi l'art. 197, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 20. Compiti di programmazione. 1. La provincia: a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della Regione; b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale; c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni. 2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica: a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. 3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla Regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale. 4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento. 5. Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento. 6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali (26). (26) Il presente articolo corrisponde all'art. 15, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (27) 21. Revisione delle circoscrizioni provinciali. 1. [La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini] (28). 2. [Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario] (29). 3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi: a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente; b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale; c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia; d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati; e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti; f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici; g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati. 4. Ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 3 (30). (27) Rubrica così sostituita dalla lettera b) del comma 185-bis dell'art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191, aggiunto dal comma 1-ter dell'art. 1, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (28) Comma abrogato dalla lettera a) del comma 185-bis dell'art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191, aggiunto dal comma 1-ter dell'art. 1, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (29) Comma abrogato dalla lettera a) del comma 185-bis dell'art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191, aggiunto dal comma 1-ter dell'art. 1, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (30) Il presente articolo corrisponde all'art. 16, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Capo III - Aree metropolitane 22. Aree metropolitane. 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la Regione procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la Regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la Regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana. 3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale (31). (31) Il presente articolo corrisponde all'art. 17, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 23. Città metropolitane. 1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato. 2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni. 3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla Regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge. 4. All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni degli enti locali. 5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle originarie collettività locali. 6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 21, considerando l'area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti nel presente comma. 7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale (32). (32) Il presente articolo corrisponde all'art. 18, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 24. Esercizio coordinato di funzioni. 1. La Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie: a) pianificazione territoriale; b) reti infrastrutturali e servizi a rete; c) piani di traffico intercomunali; d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico; e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica; f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque; g) smaltimento dei rifiuti; h) grande distribuzione commerciale; i) attività culturali; l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma 7. 2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della città metropolitana (33). (33) Il presente articolo corrisponde all'art. 19, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 25. Revisione delle circoscrizioni comunali. 1. Istituita la città metropolitana, la Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana (34). (34) Il presente articolo corrisponde all'art. 20, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 26. Norma transitoria. 1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane. 2. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della Regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Capo IV - Comunità montane 27. Natura e ruolo. 1. Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali. 2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze. 3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della Giunta regionale. 4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare: a) le modalità di approvazione dello statuto; b) le procedure di concertazione; c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea; e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio. 5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità. 6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana. 7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica. 8. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni (35). (35) Il presente articolo corrisponde all'art. 28, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Vedi, anche, il comma 17 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. 28. Funzioni. 1. L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla Regione spetta alle comunità montane. Spetta, altresì, alle comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla Regione. 2. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e regionali. 3. Le comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano. 4. Le comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento. 5. Il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale. 6. Gli interventi finanziari disposti dalle comunità montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani. (36) 7. Alle comunità montane si applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5. (36) Il presente articolo corrisponde all'art. 29, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 29. Comunità isolane o di arcipelago. 1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane (37). (37) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. Capo V - Forme associative 30. Convenzioni. 1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni. 2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. 3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la Regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo. 4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti (38). (38) Il presente articolo corrisponde all'art. 24, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (39) 31. Consorzi. 1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti. 2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio. 3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili. 4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto. 5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. 6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio. 7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali. 8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali (40) (41). (39) Per la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali vedi la lettera e) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. (40) Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (41) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Vedi, anche, il comma 28 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. 32. Unioni di comuni. 1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. 2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse. 3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. 4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni. 5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati (42). (42) Il presente articolo corrisponde all'art. 26, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Vedi, anche, il comma 28 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. 33. Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni. 1. Le regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. 2. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4. Nell' ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la Regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. 3. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite. 4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali: a) nella disciplina delle incentivazioni: 1. favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefìci in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione; 2. prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale; b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefìci da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione (43). (43) Il presente articolo corrisponde agli artt. 11, comma 2; 26-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Vedi, anche, il comma 28 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. 34. Accordi di programma. 1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. 2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. 3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. 4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato. 5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. 6. Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni. 7. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della Regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella Regione o dal prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali. 8. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto (44). (44) Il presente articolo corrisponde all'art. 27, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 35. Norma transitoria. 1. L'adozione delle leggi regionali previste dall'articolo 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo del presente testo unico. La disciplina adottata nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale. TITOLO III Organi Capo I - Organi di governo del comune e della provincia 36. Organi di governo. 1. Sono organi di governo del comune il consiglio, la Giunta, il sindaco. (45) 2. Sono organi di governo della provincia il consiglio, la Giunta, il Presidente. (45) Il presente articolo corrisponde all'art. 30, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 37. Composizione dei consigli. 1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e: a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti; b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti; c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti; d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia; e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti; f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti; g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti; (46) h) da 12 membri negli altri comuni. 2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e: a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti; b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti; c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti; d) da 24 membri nelle altre province. 3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia. 4. La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale (47). (46) Per la riduzione del numero dei consiglieri comunali vedi il comma 184 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. (47) Il presente articolo corrisponde al comma 1 dell'art. 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 38. Consigli comunali e provinciali. 1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico. 2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia. 3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti. 4. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione. 5. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili. 6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori. 7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento. 8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141 (48). 9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana ed europea (49). (48) Comma così modificato dall'art. 3, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (49) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi da 1 a 3, 4 e 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 39. Presidenza dei consigli comunali e provinciali. 1. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalità di cui all'articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio. 2. Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste. 3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria. 4. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio. 5. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto (50). (50) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi 3-bis, 7, 7-bis e 7-ter e all'art. 36, comma 4, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 40. Convocazione della prima seduta del consiglio. 1. La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione. 2. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione dei componenti della Giunta e per gli ulteriori adempimenti. È consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra individuale ai sensi dell'articolo 73 con esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 73. 3. Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea, la presidenza è assunta dal consigliere che, nella graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo. 4. La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente del consiglio. 5. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino all'elezione del presidente del consiglio. 6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto (51). (51) Il presente articolo corrisponde ai commi da 2-bis a 2-quater dell'art. 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 41. Adempimenti della prima seduta. 1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II Titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69. 2. Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223. 42. Attribuzioni dei consigli. 1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. 2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi; b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie; c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative; d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione; e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione (52); f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi; g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza; h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari (53); i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo; l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari; m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge. 3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori. 4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza (54). (52) Lettera così modificata dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (53) Lettera così sostituita dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (54) Il presente articolo corrisponde all'art. 32 e all'art. 34, comma 2-bis, secondo periodo, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 43. Diritti dei consiglieri. 1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'articolo 39, comma 2, e di presentare interrogazioni e mozioni. 2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge. 3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare. 4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative (55). (55) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi 5, 6 e 6-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 19, comma 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 44. Garanzia delle minoranze e controllo consiliare. 1. Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. 2. Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento consiliare (56). (56) Il presente articolo corrisponde all'art. 4, comma 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 19, comma 2, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 45. Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali. 1. Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto. 2. Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a norma del comma 1 (57). (57) Il presente articolo corrisponde all'art. 22, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 46. Elezione del sindaco e del presidente della provincia - Nomina della Giunta. 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli. 2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione. 3. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la Giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. 4. Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio (58). (58) Il presente articolo corrisponde all'art. 34, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (59) 47. Composizione delle giunte. 1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità (60). 2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi. 3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure: a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti; b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri (61). (59) Per la determinazione del numero massimo degli assessori comunali e provinciali vedi il comma 185 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. (60) Comma così modificato dal comma 23 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nello stesso comma 23. (61) Il presente articolo corrisponde all'art. 33, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 48. Competenze delle giunte. 1. La Giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali. 2. La Giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso. 3. È, altresì, di competenza della Giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio (62). (62) Il presente articolo corrisponde all'art. 35, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 49. Pareri dei responsabili dei servizi. 1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione. 2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze. 3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi (63). (63) Il presente articolo corrisponde all'art. 53, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 50. Competenze del sindaco e del presidente della provincia. 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia. 2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la Giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. 3. Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia. 4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge. 5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma. 7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. 8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. 9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell'articolo 136. 10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali 11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana. 12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla (64) (65). (64) Il presente articolo corrisponde all'art. 36, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (65) Per la possibilità, da parte del sindaco, di delegare alcune sue funzioni vedi la lettera c) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191. 51. Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati. 1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni. 2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche. 3. È consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie (66). (66) Il presente articolo corrisponde all'art. 2, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 52. Mozione di sfiducia. 1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi. 2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 141 (67). (67) Il presente articolo corrisponde all'art. 37, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 53. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia. 1. In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente. 2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59. 3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario (68). 4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte (69). (68) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 1, D.L. 1° febbraio 2005, n. 8, l'art. 5, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24 e il comma 2 dell'art. 1-bis, D.L. 18 settembre 2009, n. 131, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 165. (69) Il presente articolo corrisponde all'art. 37-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 54. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale. 1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende: a) all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica; b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto (70). 2. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell'ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell'interno - Autorità nazionale di pubblica sicurezza (71). 3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica (72). 4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione (73). 4-bis. Con decreto del Ministro dell’interno è disciplinato l’ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana (74) (75). 5. Qualora i provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi dei commi 1 e 4 comportino conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento (76). 5-bis. Il sindaco segnala alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato (77). 6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4 (78). 7. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi. 8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo. 9. Nell'ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale (79). 10. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonché dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni (80). 11. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento (81). 12. Il Ministro dell'interno può adottare atti di indirizzo per l'esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco (82) (83). (70) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (71) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (72) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (73) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (74) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 5 agosto 2008. (75) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (76) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 52, secondo comma dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 6, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento all'art. 8, n. 20, all'art. 9, n. 3 e n. 7, e all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi 9 e 11, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 20 dello statuto dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 12, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'art. 3 del D.P.R. n. 686 del 1973 e all'art. 3 del D.P.R. n. 526 del 1987. (77) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 2009 - 01 luglio 2009, n. 196 (Gazz. Uff. 8 luglio 2009, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54, commi da 1 a 4 e comma 7, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevate in riferimento agli artt. 20, comma 1, 21 e 52, secondo comma, dello statuto e all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. n. 526 del 1987 dalla Provincia autonoma di Bolzano; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 5, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, sollevata in riferimento all'

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