Quiz sull'Inghilterra del XVIII secolo PDF

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Sapienza Università di Roma

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Rivoluzione Industriale Inghilterra Innovazione Storia Economica

Summary

Questo documento tratta delle trasformazioni dell'Inghilterra nel XVIII secolo, concentrandosi su come la rivoluzione industriale ha influenzato la produzione di tessuti e l'abbigliamento. Il testo analizza anche l'importanza del cotone e le invenzioni tecnologiche che hanno portato a cambiamenti nelle tecniche produttive. Discute inoltre dell'interconnessione tra domanda e offerta nei fattori produttivi come motore dell'evoluzione economica.

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L’Inghilterra del XVIII sec fu investita da trasformazioni che avevano modificativo i modi di produzione , alterato gli equilibri sociali , stimolato la circolazione della moneta e il consumo. La rivoluzione industriale inglese si è articolata in un insieme di innovazioni tecnologiche , merceologich...

L’Inghilterra del XVIII sec fu investita da trasformazioni che avevano modificativo i modi di produzione , alterato gli equilibri sociali , stimolato la circolazione della moneta e il consumo. La rivoluzione industriale inglese si è articolata in un insieme di innovazioni tecnologiche , merceologiche e organizzative che hanno apportato cambiamenti nelle tecniche produttive dei tessuti, alla storia dell’abbigliamento e dei mestieri della moda. Tra il 1760 e 800 un’ondata di invenzioni investì la manifattura inglese. Questa accelerazione del progresso tecnologico è legata con le trasformazioni che interessarono il consumo a causa dell’intensificazione degli scambi con i possedimenti coloniali e dei perfezionamenti delle tecniche culturali. L’applicazione di metodi intensivi di sfruttamento della terra consentì all’agricoltura inglese di realizzare incrementi di produttività grz ai quali la spesa dei bisogni primari incise in misura progressivamente decrescente sul reddito delle famiglie. Qst dinamica si dispiegò insieme all’affermarsi di nuovi orientamenti nei gusti vestimentari che mostrarono di preferire i calicò indiani ( tele stampate a tinte intense o motivi floreali ) rispetto ai grossolani tessuti di lana. Fine 500, i portoghesi furono i primi a importarli dalle indie. Qst nuova moda si diffuse presto in tutta EU. In Inghilterra la moda delle tele indiane minacciò gli interessi: -dei proprietari terrieri allevatori di greggi. -dei mercanti che organizzavano la produzione di filati e tessuti a domicilio. -della nobiltà che aveva fatto delle stoffe che cadevano informi sui corpi della gente come un segno di condizione di inferiorità sociale. Per arginare il fenomeno furono emanati 2 provvedimenti legislativi con cui fu proibita l’importazione di cotone , tuttavia ciò non impedì l’utilizzo del cotone grezzo. La crescente domanda di manufatti di cotone fu determinante nell’avvio del flusso delle innovazioni tecnologiche a incominciare da una nuova macchina per la tessitura che consentiva una produzione maggiore a costi minori. Nell’Inghilterra della seconda metà del 700 esisteva una schiera di tecnici che univano i loro sforzi nella ricerca e creazione di nuovi congegni meccanici Richard Arkwright inventò la filatura meccanica , in cui le dita erano sostituite da 2 coppie di rulli che ruotavano a diverse velocità; la materia grezza passando attraverso la prima coppia di rulli subiva una torcitura rifinita nella seconda coppia di rulli , dalla quale uscita il filato. La sua invenzione fu completata dalla “giannetta” ideata da James Hargreaves , in cui l’impiego di molti fusi consentiva di lavorare contemporaneamente un gran numero di filati. Dalla combinazione dei rulli del filatoio nacque poi il “filatoio intermittente” (mule) di Samuel Crompton. La combinazione dei due congegni consentì di sottoporre il filato ad una tensione costante e di ottenere filati più fini e resistenti. Rispetto alle fibre di lana e lino , il cotone ha una durata più lunga , si presta a una molteplicità di usi maggiore , e si ottengono effetti di colore più vivaci su un’ampia gamma cromatica. Le innovazioni che trasformarono la produzione e i consumi tessili nel 700 ebbero importanti ricadute sulla confezione. La confezione sartoriale faceva parte di una circuito particolare : il committente doveva comprare la stoffa per conto proprio , poi acquistare dal merciaio gli accessori e ornamenti , e infine consegnare tutto al sarto che eseguiva l’abito. Il sarto incominciò ad occuparsi di scelta e acquisto dei tessuti e di riorganizzazione del processo produttivo. Alla produzione su misura si affiancò la produzione di abbigliamento su manichini, la cui confezione era suddivisa in operazioni distinte svolte da più persone. La sartoria divenne laboratorio di sperimentazione di innovazioni organizzative. La rivoluzione industriale inglese è al centro di un dibattito , si discute se sia stata veramente una rivoluzione. Le interpretazioni divergono quando si confronta il ruolo della domanda di beni e dall’offerta di fattori produttivi. Ai sostenitori della tesi che attribuisce un ruolo trainante alla crescita della domanda di beni manufatti , innescata dagli incrementi di produttività del settore primario , si sono contrapposte le interpretazioni che enfatizzano il ruolo dell’offerta dei fattori produttivi. Gli storici concordano sul fatto che il motore dello sviluppo economico inglese sia stato il cotone. Nel corso dell’800 per colmare il divario economico e tecnologico che separava l’Inghilterra da gli altri paesi EU , qst attuarono insieme un complesso di innovazioni istituzionali , organizzative , tecnologiche e finanziarie. I diversi stati attivarono la circolazione dei capitali su scala internazionale convogliandoli nel finanziamento della costruzione delle reti ferroviarie. La ferrovia , impiegata originariamente come mezzo di trasporto dei minerali dai luoghi di produzione ai centri di smistamento , diede un decisivo contributo alla formazione dei mercati nazionali e impresse un’accelerazione al processo di industrializzazione europea. Le opportunità di crescita offerte dai nuovi sistemi di trasporti e comunicazione furono all’origine della nascita di una complessa modalità di organizzazione della produzione , che si affermerà nell’industria della moda nella seconda metà del 900. Il grappolo delle innovazioni tecnologiche riguardarono : acciaio , motore a scoppio , elettricità , derivati del carbone. Alcune di qst ebbero conseguenze nella storia dell’abbigliamento : i colori sintetici , che semplificarono le tecniche di tintura e fecero diminuire l’incidenza di costi delle materie prime sui costi di produzione , e la macchina da cucire che alimentò la diffusione del lavoro e contribuì a rendere l’abbigliamento un bene di consumo di massa. La ferrovia intersecò anche il mondo della moda , infatti i figurini pubblicati nelle riviste di moda sul finire del 800 riflessero le novità che stavano modificando le abitudini di vita femminili. Accanto all’abbigliamento sportivo fece la sua comparsa anche l’abito per il viaggio in ferrovia realizzato in due pezzi. Era un abito generalmente di colore scuro e confezionato con tessuti quadrettati. Cotone , lana e seta nella storia dell’economia italiana. Cotone , seta e lana occuparono ciascuno un posto a sé nell’industrializzazione italiana. Per quanto riguarda l’introduzione della tecnologia tessile inglese in EU , inizialmente a fine 700 vennero importati i primi es di filatoi a mano, anche più complessi , intermittenti e idraulici , poi nei primi anni del 800 l’EU era in grado di produrli da sé. I progressi compiuti nella filatura dall’inghilterra nel periodo in cui in EU c’erano le campagne napoleoniche e il blocco commerciale ne sgancia l’isolamento commerciale, misero in condizioni di inferiorità tecnologica i prodotti europei di filati. In Italia le innovazioni tecnologiche della prima riv industriale furono sperimentate dopo che l’importazione di filati inglesi attivò una domanda interna sufficiente a promuove iniziative imprenditoriali nel settore cotoniero. Alle prime generazioni di imprenditori dell’ industria cotoniera si deve l’innesco , in un ambiente economico preindustriale , della fabbrica come modalità organizzativa della produzione. Il passaggio alla filatura meccanica e lo sviluppo della tessitura ricevettero un impulso decisivo dai dazi introdotti nel 1878 , che proteggevano la produzione interna di filati di cotone , quando le industrie cotoniere italiane iniziarono esportazioni che si diressero prevalentemente verso l’America latina. L’Italia stava sperimentando la prima riv industriale mentre nelle nazioni più avanzate giungevano già altre innovazioni che avrebbero portato poi ad una discontinuità nella tecnologia e industria. A differenza del cotone , la produzione di seta era presenta da più tempo nei mercati internazionali. Nel corso del XII secolo la produzione di tessuti serici ebbe un periodo di sviluppo e vivacità artistica , riflesso dell’integrazione di diverse culture. Nello stesso periodo un gruppo di tessitori di seta greci emigrò a Lucca dove avviò alcune manifatture che si distinsero per l’elevata qualità. Ciò portò la città toscana ad affermarsi come principale produttrice europea di stoffe pregiate. Dall’inizio del XIV sec però incominciò per Lucca un periodo di instabilità politica che portò gli artigiani lucchesi a muoversi verso le altre città , come Genova , Bologna , Firenze e Venezia dove scaturirono innovazioni tecniche che sancirono la supremazia delle manifatture seriche italiane nella produzione di velluti. Genova si specializzò nella produzione di velluti in tinta unita lisci , soprattutto neri. Ottenere tinture nere intense era complesso e costoso , infatti qst colore conservò a lungo la funzione di distinzione sociale. Alla manifattura Fiorentina si può attribuire una produzione di tessuti più economici , che imitavano quelli più preziosi negli effetti cromatici e decorativi ottenuti su stoffe meno pregiate , destinati ad una cerchia di persone più ampia. Grz alla fama conquistata i tessuti serici italiani divennero oggetto di imitazione. L’Italia era l’unico paese in cui vi erano condizioni climatiche favorevoli alla sericoltura , e si trovò a disporre un monopolio che le consentì di diventare il principale esportatore di seta grezza. La produzione di seta grezza diede un contributo rilevante al processo di industrializzazione , infatti le esportazioni di seta giunsero quasi ad eguagliare in valore le importazioni dei beni che per un paese povero di materie prime come l’Italia erano necessari per la crescita industriale. Si svilupparono competenze mercantili e imprenditoriali , si concepirono strategie di investimento in industrie nuove , si infittirono i contatti con l’EU che era pervasa da un grande fermento culturale , economico e sociale. In età medievale l’industria laniera era l’industria tessile più importante per volume di scambi internazionali di materie prime e manufatti. A fine 200 Firenze conquistò il primato dell’esportazione e produzione laniera , per l’ampiezza dei mercati a cui si rivolgeva l’industria fiorentina può considerarsi una realtà produttiva di imponenti dimensioni. Il mercante-imprenditore univa alla conoscenza dei mercati e delle tecniche commerciali lo svolgimento di funzioni imprenditoriali di organizzazione e coordinamento di un insieme di mestieri specializzati nelle diverse fasi del processo produttivo della lana. Seconda metà del 300 , la produzione fiorentina incominciò ad avvertire gli effetti della concorrenza della manifattura laniera inglese e a perdere terreno nelle esportazioni. La crisi si protrasse fino agli inizi del XIX sec. A inizio 800 incominciò a prendere avvio il processo di adegua,mento dell’industria laniera italiana , che presentava metodi di produzione arretrati a livello tecnico e organizzativo. Iniziative pionieristiche in qst fase: -Pietro Sella: impiantò un insieme di macchine di filatura nella sua fabbrica. -Francesco Rossi: introdusse la filatura meccanica. L’abbondanza di energia idraulica entrò solo dopo la metà del 800 , e la crescente importanza di energia idrica per le aziende è da collegare alle esigenze di ammodernamento degli impianti. Gli opifici (una fabbrica all'interno del quale avviene la trasformazione di una materia prima in un prodotto finito) si localizzarono all’imbocco delle valli alpine , dove il flusso delle acque è più regolare e costante. Tuttavia l’energia idrica presentava aspetti ( es: spese per importazione delle turbine) che la resero arretrata non appena si rese disponibile l’energia elettrica. L’industria tessile italiana tra prima e seconda rivoluzione industriale. Nell’arco di tempo tra il rinascimento e l’inizio dell’età contemporanea cambiarono i settori merceologicamente dominanti , ma gli investimenti realizzati durante la fioritura commerciale basso- medievale , i rapporti con i mercati esteri , le affinità culturali continuarono a dare i loro frutti anche dopo che l’Italia fu spinta ai margini dell’economia europea. L’Italia si inserì nella prima rivoluzione industriale solo nell’ultimo quarto del 800. Un esempio della fusione tra recupero della prima fase della storia industriale europea e assimilazione delle innovazioni della seconda è rappresentata dall’uso che le imprese tessili fecero del marchio di fabbrica. È nell’ambito di un mercato vasto come quello degli USA , per cui l’accaparramento di ampie fasce di consumatori è determinante per lo sfruttamento delle economie di scala , che la marca è diventata più intensa che altrove. Nel corso degli ultimi decenni del 800 i marchi acquisirono rilevanza come strumento di diffusione del nome dell’impresa che li aveva prodotti e di identificazione del bene. L’uso del marchio incominciò ad affermarsi negli ultimi decenni del 800 anche in Italia , paese industrializzatosi tardi e fra difficoltà date dalla ristrettezza del mercato interno. La legislazione commerciale italiana nel 1868 approvò una legge che stabiliva che il segno distintivo dovesse contenere la denominazione della persona , della società e dello stabilimento di provenienza del prodotto. Inizialmente si avvalsero di qst diritto i produttori di medicinali, bevande , alcolici e cosmetici. Successivamente ricorse al marchio una più ampia gamma di imprese e fra queste alcune tessili. Il primo marchio riprodotto ( pag 34) fu depositato dal cotonificio Fumagalli , uno dei più antichi di Monza, che fu tra i primi a dotarsi dei telai Jacquard. La grafica del marchio richiama lo stile liberty : decorazioni floreali , linee curve e superfici piatte monocromatiche. Sui mercati internazionali , dove c’era molta concorrenza , era necessario che il marchio indicasse la nazionalità del prodotto , rassicurando il consumatore della sua qualità. Qst funzione è denotata da un esemplare di un impresa che produceva filati e tessuti di seta (pag 36 n 3). Le caratteristiche del prodotto serico italiano , tipicamente grezzo , e l’importante posizione occupata dai tessuti di seta di Como nei mercati europei , obbligavano la produzione tessile comasca a presentarsi sulle piazze internazionali con un’immagine inconfondibile , che la caratterizzasse sia dalla concorrenza francese, ma allo stesso tempo anche dalla generalità della produzione italiana. L’immagine è costruita su 3 sezioni: a sx i rami del gelso , al centro la filatrice, e sullo sfondo la fabbrica di tessitura. Queste 3 riproducono le principali fasi del processo produttivo condensandolo in un’immagine in cui in primo piani risalta un costume tipico locale indossato dalla filatrice , simbolo della tradizionale manifatturiera artigianale. Dalla ciminiera della fabbrica esce una colonna di fumo nero che simboleggia operosità. Quest’ultimo simbolo è un elemento ricorrente nell’iconografia industriale ottocentesca. Es:cotonificio Fossati di Monza (pag 36 n 4) , il cui marchio contraddistingueva un tipo di tela grossolano denominato “florida” e florida era la formosa figura femminile che associava il prodotto a un’immagine di benessere. Nell’iconografia di qst marchio la modernità si fondeva con l’antichità classica , e il mito del progresso con quello della romanità. L’accostamento degli antichi calzari , della corona , del drappeggio della veste , al martello e alla fabbrica simboleggia il connubio tra solidità e leggerezza , fra il moto che pervade la civiltà delle macchine e l’immortalità della civiltà classica. La tela di cotone era un prodotto standardizzato a cui il marchio dava un valore aggiunto costituito da un insieme di riferimenti culturali che lo rendevano unico. Questi es di marchi di fabbrica mostrano che nell’ambito di sperimentazione di nuove soluzioni distributive le imprese tessili assunsero modalità di comportamento caratteristiche delle grandi imprese produttrici di generi di largo consumo. Accomunate a qst dall’esigenza di organizzare il mercato in rapida trasformazione si servirono dei marchi come strumento di ricerca e di accaparramento di nicchie di mercato (parte di mercato che la concorrenza non ha ancora raggiunto). Qst funzione del marchio sta a indicare che la crescita dell’industria tessile italiana fu trainata dalla dinamica del commercio internazionale , dall’aumento del potere d’acquisto e dall’intensificarsi del processo di urbanizzazione. L’uso del marchio come strumento di comunicazione commerciale è un segno di modernità dell’industria tessile. L’innovazione fu proprietà del mondo della distribuzione , del grande magazzino. Il grande magazzino , nato in Francia , diede un notevole impulso alla produzione e diffusione della confezione inaugurando un nuovo modello di consumo nel campo dell’abbigliamento. In particolare acquisì la strategia di vendita puntando a massimizzare i profitti. Novità rivoluzionarie: prezzi modici per incentivare gli acquisti , cataloghi di vendita per raggiungere gli acquirenti più lontani , possibilità di restituzione della merce non gradita , vetrine luminose sulle vie di maggior transito per attirare l’attenzione dei passanti , prezzi esposti , vasto assortimento di merci , commesse educate nell’intrattenimento del cliente. In Italia fecero il loro esordio con i Fratelli Bocconi , commercianti di tessuti e capi di abbigliamento, già dalla metà del 800 erano presenti nel capoluogo lombardo ma tra gli anni 60 e 70 inaugurarono nuove filiali nelle principali città italiane e un ufficio a Parigi. Nel grande magazzino non si trovava solo la moda pronta , ma anche abbigliamento su misura , oltre alle stoffe proposte insieme a due modelli diversi di macchina da cucire. Dietro a qst gamma di proposte di consumo e di offerte vi era un sistema produttivo complesso composto da una schiera di lavoranti a domicilio. Due stabilimenti per la produzione di abbigliamento confezionato e un numero imprecisato di artigiani che all’interno di ogni filiale erano addetti alla confezione di abbigliamento. UN BILANCIO. Secondo recenti stime nel 1911 il contributo dell’industria tessile italiana al valore aggiunto prodotto dal settore secondario si aggirava intorno al 10%, nel periodo tra 1861 e 1913 l’industria tessile registrò una crescita media annuale del 2,6%. La crescita lineare dell’industria tessile è il risultato di cambiamenti intervenuti nell’apporto relativo sia delle sue singole componenti , che delle diverse aree del paese. L’industria della seta che nel 1861 era al primo posto per valore aggiunto prodotto , nel 1911 fu superata dall’industria cotoniere il cui valore aggiunto aumentò di 11 volte , mentre quello dell’industria laniera quadruplicò. Nell’Italia centro meridionale , le iniziative industriali c’erano ma erano di breve durata oppure restavano isolate. Motivazioni : -arretratezza del sistema creditizio. -insufficienza delle infrastrutture. -mancanza di conoscenze tecniche diffuse. Nella storia dell’industria della moda italiana i primi 50 anni postunitari e i 20 tra 800 e 900 coincisero con il periodo della formazione della base industriale tessile. La svolta nel 1887 impresse un profondo mutamento nell’industrializzazione italiana segnando il passaggio da un modello di sviluppo costituito sullo sfruttamento delle risorse del settore primario a un nuovo modello in cui l’industria avrebbe assunto il ruolo di settore trainante dell’economia inaugurando per l’industria tessile un periodo di crescita ineguagliabile. Negli anni tra le due guerre mondiali solo il successo conseguito dalle fibre artificiali riuscì a compensare la caduta dell’industria della seta. Decenni tra 800-900: innovazioni nei sistemi di comunicazione , trasporto e distribuzione; segnarono per l’industria tessile l’epoca in cui i processi di commercializzazione generano i presupposti finanziari del processo di industrializzazione. Da attività mercantili provengono le risorse investite nelle iniziative manifatturiere , la realtà mercantile è una presenza costante nella storia della produzione tessile italiana. All’inizio della sua storia , l’industria tessile italiana produceva beni qualitativamente mediocri e nonostante i progressi compiuti nel 800 i filati e tessuti di cotone prodotti in ita erano di qualità scadenti. L’industria tessile laniera fece progressi tecnici più rilevanti: -miglioramento delle operazioni di cernita delle lane. -snellimento delle procedure di lavaggio e asciugatura. -adattamenti tecnici nella finitura. -aggiornamento dei metodi di tintura. Tuttavia la qualità della produzione laniera italiana non era comparabile alle lane pregiate inglesi. Il livello qualitativamente basso della produzione tessile italiana e la sua debole specializzazione spiegano la mancanza di una realtà manifatturiera che desse creatività a tessuti e modelli. La creatività restava caratteristica esclusiva di figure isolate in cui fondevano sensibilità artistica e abilità sartoriali. (Es:Rosa Genoni). La competizione tra creatività e produzione è all’origine dell’unicità dei modelli creati da Mariano Fortuny , spagnolo stabilitosi a Venezia , e realizzatosi con tecniche di tessitura , plissettatura e tintura rimaste ancora oggi segrete. Le donne vestite da lui erano artiste , cantanti , attrici , aveva un pubblico ristretto , in nulla accomunabile agli ideali di eleganza di chi si vestiva da Worth e Poiret. Worth , di origini inglese , rielaborò le fogge esistenti riducendo il diametro della crinolina. Sulla mezza crinolina Worth costituì abiti diversi l’uno dall’altro principalmente nei dettagli , che costituivano l’autentico elemento di personalizzazione dell’abito. Di Poiret , dato a Parigi , fu l’idea di eliminare il corsetto. Le loro creazioni stilistiche divennero moda grazie ad alcuni accorgimenti innovativi di carattere commerciale e pubblicitario. Worth inventò l’indossatrice , ideò l’introduzione degli avvicendamenti stagionali nelle collezioni e l’iniziativa di diffondere all’estero i propri cartamodelli che attirarono l’attenzione delle donne dell’altra società americana , destinata a diventare la principale acquirente. Poiret incominciò con l’esporre le proprie creazioni in ampie vetrine che si affacciavano direttamente sulla strada. Per la Francia , tra 800-900, la moda non era più ormai un fatto di innovazione stilistica ma anche di creatività imprenditoriale. 2.DA UNA GUERRA ALL’ALTRA. Guerra , moda , industria. Nella storiografia sociale e del costume la prima guerra mondiale è ricordata come un’opportunità di emancipazione femminile. Con la guerra si presentò alle donne l’occasione di sostituite gli uomini soldati nelle attività agricole e nelle fabbriche. L’abbigliamento femminile si adeguò al nuovo ruolo attribuiti alla donna. Uscirono di scena il corsetto e la crinolina. La guerra diede maggiori opportunità lavorative alle donne , ma soprattutto diede ai lavori agricoli , domestici tradizionalmente femminili un ingente visibilità. Le linee , il taglio , i materiali si sarebbero semplificati ma non a causa delle mutate condizioni sociali e economiche. Erano gli anni in cui Coco Chanel faceva il suo esordio nell’alta moda con le sue proposte geometriche. Oltre a segnare un punto di svolta nella storia dell’emancipazione femminile e dell’abbigliamento, la guerra rappresentò anche un punto di non ritorno nella storia dell’industria italiana. Le imprese automobilistiche , meccaniche , siderurgiche che effettuarono ingenti investimenti in impianti e attrezzature raggiunsero dimensioni inedite per lo scenario italiano. Le produzioni tipiche della seconda rivoluzione conobbero una crescita importante e fra queste mosse i suoi primi passi l’industria chimica. Per garantire il rapido soddisfacimento del fabbisogno bellico , lo stato assunse il ruolo di coordinatore della produzione. Fu individuato una serie di imprese che possedevano i requisiti necessari per evadere le commesse distribuire dallo stato a condizioni vantaggiose. La guerra comportò una crescita vertiginosa della spesa pubblica che fu finanziata facendo ricorso a strumenti come : emissione di cartelle del debito pubblico , clonazione di nuova moneta. La guerra lasciò all’economia italiana un’eredità di inflazione , di ingenti debiti (soprattutto con usa e Inghilterra). Anche l’industria tessile e dell’abbigliamento diedero i propri contributi di produzione militare, l’esercito doveva essere rifornito di coperte , uniformi e. Calzature. La crescita della domanda di abbigliamento a causa guerra costrinse lo stato ad assumere compiti straordinari di coordinamento della produzione. Significava : -provvedere al rifornimento di materie prime -assegnarle alle imprese -distribuirle alle truppe in base alle esigenze La guerra fu di grave impedimento al normale svolgersi dei traffici a tal punto che fu necessario istituite vincoli e controlli con l’estero. Qst colpì anche l’industria tessile , fu disposto che solo le filatura potessero importar direttamente il cotone in quantità stabilite e gli acquisti di cotone per conto delle singole imprese furono assoggettati a licenze ministeriali. I cotoni pronti e la loro ripartizione alle imprese utilizzatrici fu incaricato “l’istituto cotoniero italiano” con il compito di coordinare la produzione e di realizzare accordi per sostenere i prezzi crollati dopo la crisi di sovrapproduzione che aveva colpito l’intera industria italiana. Con il perdurare delle ostilità , l’impiego del cotone nella fabbricazione di indumenti militari e articoli sanitario si scontrò con le difficoltà di rifornimento causate dalle interruzioni delle comunicazioni via mare. Lo sviluppo di industrie di trasformazione in alcuni paesi coloniali , insieme al calo della produzione statunitense , contribuì a ridurre la disponibilità di materia prima sui mercati internazionali e a farne aumentare il prezzo tanto da rendere poco vantaggiose le commesse belliche. Fu sancita allora la distribuzione obbligatoria delle forniture militari , mentre gli stabilimenti militari provvidero alla fabbricazione per conto proprio di articoli di uso corrente da vendersi a prezzi modici alle classi meno abbienti. La guerra e la collaborazione tra pubblico e privato che si instaurò per soddisfare le necessità suscitate dalla guerra , fecero affiorare alcuni caratteri della struttura e dell’organizzazione dell’industria dell’abbigliamento italiana. Militare non è seriale. Fino allo scoppio del conflitto la confezione di indumenti per l’esercito era gestita dallo stabilimento militare di Torino e dai magazzini di Verona , Firenze e Napoli. Le pezze venivano distribuite ai capi sarti militari per il taglio e a ditte private. Una schiera di lavoranti a domicilio riceveva poi la stoffa tagliata con cui confezionava le divise. Questa organizzazione produttiva comportava forti diseconomie che si manifestarono non appena la domanda di indumenti militari crebbe per la guerra. All’inadeguatezza della struttura produttiva dell’amministrazione militare si cercò di porre rimedio con l’apertura di nuovi magazzini a Roma , Milano e Alessandria. A qst scopo fu istituita una commissione centrale con il compito di promuovere la confezione di indumenti militari su modelli di facile esecuzione. L’operato della commissione fu affiancato dall’attività di assistenza civile. I comitati ricevettero sussidi economici destinati ad alleviare la povertà delle lavoranti a domicilio , costrette a sopportare estenuanti ritmi di lavoro per sopperire alla mancanza di fonti di reddito. L’operato dei comitati e la mancanza di una produzione in serie costrinsero lo stato ad intensificare le attività di recupero delle uniformi usate che tuttavia si rivelò insufficiente a coprire il fabbisogno di indumenti. È stato calcolato che durante l’ultimo anno di guerra il numero delle donne addette alla confezione di indumenti militari si aggirasse intorno alle 600 mila unità , 3 volte quello delle operaie nelle industrie belliche. Il basso costo del lavoro continuava a essere il fattore determinante della struttura organizzativa che oscillava tra i 2 poli dell’impresa basata sulla figura del mercante imprenditore e del piccolo laboratorio di sartoria. La distribuzione delle lavorazioni militari contribuì ad ampliare il divario esistenze fra nord e sud. Le differenze di crescita dell’economia settentrionale e meridionale si distanziarono per la mobilitazione universale che coinvolse soprattutto gli impianti produttivi del nord , meglio attrezzati rispetto al sud. Le lavorazioni di cucito , che richiedevano un periodo di tirocinio ed erano meglio pagate a causa della maggiore complessità di esecuzione , furono dirottate sui centri urbani : Torino , Verona , Milano , Roma. La confezione a maglia , che richiedeva solo elementari nozioni di cucito e pertanto meno pagata , fu distribuita nelle città del sud. Solo nelle città, specialmente del nord , esistevano le premesse per la produzione di guerra. Civile non è femminile. Produrre abbigliamento per l’esercito significava sottrarre materiali e forza lavoro alla produzione di abbigliamento per la popolazione civile. Inoltre era esiguo il numero delle aziende che possedevano le attrezzature e le competenze organizzative per il fabbisogno militare. Esempio di un caso di adattamento della produzione civile alle condizioni di mercato create dalla guerra : calzaturificio di Vigevano. Allo scoppio della guerra il calzaturificio era specializzato nella produzione di calzature per donna e bambino. Tre documenti a stampa contribuiscono a chiarire le ragione di qst orientamento produttivo. Emerge che le fabbriche di calzature esistevano in tutte e tre le città ( Milano , Pavia , Vigevano?) , però ognuna aveva caratteristiche diverse. Milano attraeva manodopera da Pavia ma non da Vigevano , i 3/4 degli addetti all’attività calzaturiera erano costituiti da manodopera femminile. Vigevano produceva pressoché scarpe per signora e bambino , a cui corrispondeva un processo produttivo in cui la cucitura era stata abbandonata per l’inchiodatura. Questa introdotta nel 1778 e diffusasi in EU nella prima metà del 800 era stata inizialmente applicata alla produzione di grandi quantità di calzature grossolane , dato che richiedeva l’impiego di suole con spessore maggiori di quelle cucite. I miglioramenti apportati alle inchiodatrici permise di estenderne l’applicazione alle scarpe destinate a bambini e donne. Nella produzione di calzature inchiodate , introdotta a Vigevano nel 1873, era utilizzata manodopera femminile , meno costosa di quella maschile. Nei calzaturifici milanesi invece quasi tutte le donne erano orlatrici, si trattava di processi produttivi in cui la cucitura era stata preferita all’inchiodatura. La produzione di calzature per donna e bambini del calzaturificio vigevanese lo rendeva un’industria inadatta ad affrontare l’emergenza bellica. La sua specializzazione si affermava come produzioni di articoli per il consumo civile. Soltanto 4 imprese vigevesi ricevettero commesse militari dallo stato , numero esiguo rispetto ai 60 imprenditori che presero parte al “consorzio” per la fabbricazione delle “calzatura nazionale”. Il consorzio si impegnava a rifornire i cittadini di buone calzature a prezzi convenienti. La “calzatura nazionale” venne introdotta nel 1917 e in tempo di guerra i principali acquirenti divennero dove e giovani. Era una calzatura in un unico modello standard per tutti , il costo era fissato dallo stato che soccorreva finanziariamente i produttori. Il fabbisogno della calzatura nazionale era stato calcolato pari a un milione di paia al mese , ma ebbe un successo inferiore rispetto alle aspettative per 2 principali motivazioni : -opposizione dei commercianti , che realizzavano margini di profitto minori di quelli industriali. -per le difficoltà incontrate nel rispettare gli obblighi previsti dalla legge relativi alla marcatura delle calzature. Il consorzio si era costruito per favorire l’acquisto in comune delle materie prime necessarie alla confezione delle calzature nazionali. Unendosi, le imprese vigevesi che avevano maggiore capacità produttiva e disponibilità di mezzi finanziari diventavano un’unica grande impresa quando era conveniente esserlo , cioè quando doveva dimostrare di possedere le capacità per aggiudicarsi le commesse civili. Quando invece si trattava di produrre scarpe tornavano a essere le imprese di sempre. Qst tipo di flessibilità consenti ai produttori di cogliere ingenti profitti senza dover sopportare i costi della riconversione bellica. Il lascito della guerra. Effetti della guerra nell’industria dell’abbigliamento: per quanto riguarda la produzione calzaturiera , nel censimento industriale del 1911 fu censita applicando un criterio di classificazione che prevedeva la distinzione fra imprese con più di 10 occupati e meno di 10 , e l’esclusione delle imprese esercitate da meno di 2 persone. Questo non era previsto per altri settori , come quello tessile in cui furono censiti gli “artigiani indipendenti”. Per L’industria dell’abbigliamento la guerra rappresentò un’occasione per irrobustire l’apparato produttivo. La produzione di abbigliamento militare continuò ad avvalersi della combinazione tra accentramento produttivo e attività domiciliari e della divisione tra il lavoro del taglio e le più semplici operazioni di cucito. Un’industria a misura di regime. La Rinascente poteva considerarsi il più efficace canale di diffusione della moda su scala nazionale. I suoi cataloghi promuovevano la vendita di abbigliamento confezionato e su misura. Ma a inizio anni 40 era tempo di “lotta per gli sprechi”. Il grande magazzino ampliò la gamma di servizi offerti alla clientela affiancando alla tradizionale attività di vendita anche l’imparare l’arte del rammendo , apprendere i trucchi per rinnovare scarpe e borse.

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