Introduzione alla Psicologia Generale PDF
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Questo documento presenta un'introduzione alla psicologia generale, approfondendo l'approccio scientifico allo studio della mente e del comportamento. Vengono discusse le origini storiche della psicologia, le correnti di pensiero, e vari aspetti chiave come la psicofisica, la cronometria mentale, la riflessologia e la neuropsicologia. L'autore spiega l'evoluzione della psicologia come scienza e le sue connessioni con le scienze biologiche e filosofiche.
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INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA La professoressa ha introdotto il corso dicendo che affronteremo la psicologia dal punto di vista scientifico, mentre la psicologia medica e clinica saranno affrontate negli anni successivi. La psicologia generale studia i fenomeni psichici nella popolazione generale; pe...
INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA La professoressa ha introdotto il corso dicendo che affronteremo la psicologia dal punto di vista scientifico, mentre la psicologia medica e clinica saranno affrontate negli anni successivi. La psicologia generale studia i fenomeni psichici nella popolazione generale; per popolazione generale si intende che non verranno affrontati temi riguardanti la popolazione clinica e la popolazione in età evolutiva. Andremo a studiare le funzioni psichiche dell’essere umano come la regolazione emotiva, la comunicazione, l’apprendimento, la motivazione, la memoria, la coscienza, l’attenzione, la percezione, il pensiero, l’intelligenza e il linguaggio. Digressione sulla psicologia dello sviluppo dell’età evolutiva e la teoria dell’attaccamento (non verrà affrontata in particolare, ma se ci sarà occasione verrà fatto qualche approfondimento): la professoressa indica come questo argomento faccia parte della psicologia dinamica, la quale studia come un individuo si sviluppa durante le relazioni con altri individui. La teoria dell’attaccamento formulata da Bowlby indica come un individuo di un anno ha già stabilito dentro di sé un'idea di come le sue figure di riferimento si apportano a lui e quindi svilupperà dentro di sé un legame che sarà di tipo sicuro (se viene accudito, ben valutato, incoraggiato) oppure un attaccamento evitante o insicuro quando l’incontro ha caratteristiche di incostanza e trascuratezza. Etimologia della parola Psicologia: (psyché = Spirito, anima) (logos = discorso, studio). Il termine letterale indica quindi lo studio dello spirito o dell’anima. La psicologia che andremo ad affrontare sarà molto più applicativa e scientifica rispetto alla psicologia teorica (la quale riguarda l’ambito filosofico), andremo quindi ad indagare con metodi sistematici e scientifici i processi psichici e le manifestazioni comportamentali dell’individuo umano. Psicologia scientifica: è lo studio scientifico dell’attività psichica e delle varie forme di espressione del comportamento umano. La psicologia scientifica è applicabile in diversi rami come la psicologia medica, clinica, dinamica, generale, sociale, dell’età evolutiva, del lavoro e delle organizzazioni. ORIGINI STORICHE La psicologia nel corso della storia ha affrontato un cammino lungo e complesso, ha dovuto lottare per poter essere trattata al pari delle scienze dure, proprio perché queste ultime ritenevano che non fosse applicabile un metodo scientifico alle materie di studio della psicologia. Ci fu però un cambio di paradigma che portò alla discussione del modello di scientificità basato solamente sull’oggettività totale, ossia gli studi di Heisenberg ed Einstein, corrispettivamente con il principio di indeterminazione e la teoria della relatività. Successivamente a questi studi, le scienze dure hanno dovuto fare i conti con la complessità della conoscenza e ammettere che a volte, diversamente da un pensiero positivista, la nostra mente non può svelare completamente tutto, ma si deve accontentare di una conoscenza che abbia un impianto il più possibile sistematico, esplicito, controllato, ma che nonostante tutto questo arriverà a delle conclusioni probabilistiche, ma quasi mai al cento per cento vere. La psicologia nasce quindi nel panorama delle scienze dell’800, durante la forte espansione dell’illuminismo, che ha portato ad un incremento delle conoscenze e allo sviluppo della tecnologia scientifica, creando un panorama scientifico avanzato in tutte le discipline. Per potersi calare nell’ambito della scientificità, la psicologia deve affrontare due punti chiave: L’oggetto di studio: come definirlo essendo così complesso e multi-determinato Quali metodi mettere in campo per affrontare questo oggetto di studio, che dovevano essere diversi rispetto a quelli delle scienze fisiche e biologiche. Molto importante è sottolineare che la psicologia scientifica è nata grazie all’area biofisiologica e filosofica: Fisiologia: l’attività psichica è sostenuta da delle funzioni del sistema nervoso, che comportano delle reazioni biologiche, che a loro volta comportano degli aspetti fisiologici. Diventa quindi possibile cercare di dimostrare una funzione psicologica andando a misurare le sottostanti funzioni fisiologiche e biologiche. Questi studi hanno permesso di portare la psicologia ad essere oggetto di studio concreto al pari delle altre scienze dure. Filosofia: la riflessione teorica e teoretica, hanno permesso l’incontro tra filosofi e fisiologi che hanno dovuto comprendere come funziona la psiche in modo complesso. Fondamentale è stato il cambio di approccio della filosofia dal modello positivistico (il quale sosteneva che la mente umana poteva svelare in modo molto 1 1 oggettivo la natura e l’ambiente), in contrasto con un modello illuministico dove l’essere umano si rendeva conto della propria finitezza e delle proprie capacità di comprensione rispetto alla complessità dell’oggetto di studio. Di fronte al cambio di paradigma dovuto alle scoperte scientifiche di Heisenberg ed Einstein, si sostiene che, molto spesso, il soggetto che studia, senza rendersene conto, influenza l’oggetto di studio. Questo è il motivo per cui in psicologia e medicina vengono condotti gli esperimenti in cieco semplice e doppio cieco. Cieco: La persona che viene esaminata non sa su che cosa viene esaminata Doppio cieco: anche lo sperimentatore non deve sapere se il soggetto esaminato sta assumendo un determinato farmaco o se non lo sta assumendo Questi esperimenti vengono svolti perché si è scoperto che gli esseri umani si influenzano anche solamente con le parole, modificando i comportamenti e ciò avviene anche quando incontriamo un'altra persona, ci influenziamo a vicenda. Le nuove frontiere della epistemologia, cioè della filosofia della scienza e della conoscenza, ci dicono che la completa oggettività è un’illusione, perché noi siamo sempre influenzati dai fenomeni che studiamo e influenziamo i fenomeni che stiamo studiando. Si passa quindi ad un modello di super scienziato definito “causa ed effetto” ad un modello di scienziato più umile che ha la consapevolezza della finitezza dei suoi metodi, che però sostiene la fondamentale importanza della scientificità come sistematicità delle metodiche di studio e dei processi di indagine. La psiche non è possibile misurarla direttamente, diventa quindi difficile poterla definire o confrontarla così come vien fatto per gli oggetti di studio delle altre scienze; fu quindi compito degli scienziati porre degli indicatori. Facendo riferimento ad un evento storico, Von Helmholtz nel 1850 scoprì la velocità di conduzione dell’impulso nervoso, permettendo quindi di mettere in relazione la parte psichica (in questo caso lo stimolo nervoso) con qualcosa di misurabile matematicamente. La nascita della psicologia scientifica si colloca per convenzione nel 1879, quando Wundt fondò a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale. Poco dopo invece Stanley Hall nel 1883 creò il primo laboratorio di psicologia sperimentale negli Stati Uniti. Ci sono state moltissime correnti di pensiero e approcci scientifici e teorici che hanno influenzato la nascita della psicologia, portando alla nascita nell’800 in Europa di scuole di psicologia diverse tra loro. Alcune sostenevano che era necessario un approccio biologico, altre ritenevano fosse necessario essere obiettivi e usare solamente metodi oggettivanti. Per esempio: In Francia agli inizi del 900, il governo chiese a Bine di inventare uno strumento per misurare le capacità scolastiche dei bambini per poter distinguere quei bambini che avevano difficoltà oggettive per poterli affidare a scuole speciali. Bine creò delle prove che se risolte a certi livelli, potevano determinare le difficoltà del bambino e misurare quindi lo sviluppo intellettivo. In Germania invece ci si occupava di più della misurazione bio-fisiologica, in Russia ci si occupava della riflessologia, in Inghilterra Dalton studiava invece la personalità e le differenze individuali. PSICOFISICA In Germania, ancora prima che venisse fondato il laboratorio di Wundt a Lipsia, nasce la psicofisica da Weber e Fechner, i quali credevano che l’attività della mente potesse essere misurata. Anche la psicofisica è considerata una disciplina che ha sostenuto lo sviluppo della psicologia scientifica, permettendo di classificare la psicologia come scienza che studia fenomeni misurabili. Grazie a Weber e Fechner è stata scoperta l’equazione della sensazione. Loro hanno scoperto che la sensazione, cioè quello che noi proviamo quando uno stimolo colpisce i nostri sensi, in realtà non è possibile misurarlo così come noi lo percepiamo, ma viene integrato con una serie di tante altre funzioni. Equazione della sensazione: Sensazione = K log stimolo + h Altro scienziato che ha fatto parte della scuola della Psicofisica fu Von Helmholtz che scoprì la velocità di conduzione nervosa, pari a 26,4 metri al secondo. Interessante è stato scoprire che le nostre fibre nervose hanno diverse velocità di conduzione a seconda del livello di mielinizzazione, causando una variazione nella conduzione dell’impulso dai 5 ai 120 metri al secondo. CRONOMETRIA MENTALE 2 1 La cronometria mentale è lo studio dei tempi di reazione. Lo scienziato Donders ha scoperto attorno al 1870 che i tempi di reazione fisiologici dipendono dal numero di passaggi mentali necessari per elaborare lo stimolo e produrre la risposta. Nel 1871 Exner, definisce i tempi fisiologici scoperti da Donders come tempi di reazione, così come li definiamo ancora oggi. RIFLESSOLOGIA La riflessologia ha influenzato la psicologia e si sviluppa in Russia tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 con Sechenov e Pavlov. La Riflessologia è una disciplina con approccio fisiologico, la quale sostiene che tutti i processi psichici sono riconducibili a processi fisiologici che soggiacciono alle leggi dell’apprendimento (come base dello sviluppo psichico). Si ritiene che Pavlov sia il padre delle neuroscienze, perché per primo ha scoperto un paradigma dell’apprendimento sperimentale (che studieremo più avanti), che è quello del riflesso condizionato. La scoperta di questi principi dell’apprendimento ha rivoluzionato il modo di vedere dell’apprendimento e dello sviluppo dell’essere umano, perché da queste conoscenze in poi la nostra mente viene influenzata profondamente da tutto ciò che accade attorno a noi. NEUROPSICOLOGIA Nasce nella seconda metà dell’800 e cerca il rapporto tra il funzionamento neurale e le funzioni mentali, come ad esempio la descrizione delle varie aree della corteccia che corrispondono a determinare funzioni. Furono scoperte l’area di Broca (presiede la motricità e la produzione della parola) e di Wernike (presiede la comprensione). Se un individuo dovesse avere delle lesioni all’area di Broca non riuscirebbe ad articolare i suoni, invece se subisse una lesione all’area di Wernike potrebbe essere fluente nella pronuncia, ma non comprenderebbe quello che gli verrebbe detto o ciò che potrebbe dire. Mente e cervello sono due cose differenti: Figura 1 Mente: complesso di raccolta delle nostre esperienze e conoscenze Cervello: componente anatomica Ognuno di noi nel corso della vita ha sviluppato un modo differente di memorizzare le informazioni nella mente, influenzando lo sviluppo psichico e la psicodinamica dei processi mentali. Figura 2 (figura 1-2) Osservando i lobi del cervello, interessante è evidenziare che il lobo frontale occupa il maggiore spazio, ma è anche il lobo che matura più tardi che presiede l’intelligenza, il giudizio e la capacità di riflessione. Il cervello è diviso in due emisferi, c’è un dominio controlaterale, l’emisfero sinistro è legato al pensiero, al linguaggio e alla riflessione mentre l’emisfero destro è più legato alle emozioni e alla visione globale (sono argomenti che verranno approfonditi a neuroanatomia). PSICOANALISI Viene fondata da Freud verso la fine dell’800. È difficile poter definire la Psicoanalisi, Freud la definisce come: Un metodo di indagine, che permette di esplorare i processi psichici. Freud sosteneva di lasciare nella completa neutralità del terapeuta che la persona parli e prima o poi il suo inconscio si libererà Un approccio terapeutico: permette di curare la psicopatologia Una teoria: permette di inquadrare il funzionamento psichico normale e patologico Non fa parte delle scuole della psicologia, ma è stata una scuola di pensiero e anche una scuola di psicoterapia molto importante. La psicanalisi ha influenzato l’area della psicologia che viene chiamata la psicologia relazionale. Grazie allo studio della psicanalisi moderna (che verrà affrontato anche durante il seminario con il professor Matthew), ci si è chiesto perché determinati soggetti sviluppano un disagio o una personalità problematica, si è andati a vedere le 3 1 interazioni nei primissimi mesi di vita tra genitori che hanno problematiche come depressione o problematiche caratteriali come insensibilità o poco interesse e come queste interazioni hanno dimostrato che i bambini ne risentono, perché i bambini risultano sensibili alle emozioni sin da piccoli. EVOLUZIONISMO L’evoluzionismo ha conferito il concetto centrale del benessere psicologico: il concetto dell’adattamento. Specialmente i cognitivisti, ma qualsiasi scuola di psicologia riconosce che il benessere dell’individuo sta nelle sue capacità di adattarsi alle situazioni che vive. Non si intende un adattamento, nel senso di rassegna alle situazioni che accadono, ma di adattamento e di capacità di fare i conti con il cambiamento perché molto spesso il disagio psicologico si verifica quando c’è un cambiamento o una rottura inaccettabile per la psiche. “Non è la specie più forte che sopravvive ma è quella più capace di adattarsi” di Charles Darwin La professoressa ribadisce questo concetto Darwiniano spiegando un ulteriore esempio di Freud. Freud diceva che il diamante è il minerale più duro per la struttura che possiede, ma appunto per la sua specifica struttura basta che venga urtato in un punto preciso che si polverizza facilmente in mille pezzi, risultava quindi “più duro ma allo stesso tempo più fragile”. Invece quello che non si polverizza è il corpo flessibile; infatti, quando c’è flessibilità il corpo non si rompe. Il concetto di adattamento esprime pertanto la capacità di interagire con il cambiamento essendo talvolta “flessibili” e rispondendo positivamente alle novità. Sbobinatore: Laura Lugi Revisore: Navpreet Kaur Materia: Psicologia Generale Docente: Anna Maria Della Vedova Data: 18/10/2024 Lezione n°: 3 Argomenti: La percezione Costanza percettiva Le costanze percettive sono un altro escamotage della nostra mente per cercare di mettere ordine nel mondo complesso in cui viviamo. Gli oggetti, le persone, i colori si presentano ai nostri occhi con delle caratteristiche di illuminazione, di movimento, di posizione per cui non sono sempre uguali a sé stessi, anche se a noi non sembra. La nostra mente calibra la percezione in modo da farci vedere in un oggetto in modo costante, anche se è in condizioni insolite. Quindi, la costanza percettiva permette di mantenere le caratteristiche degli oggetti stabili pur nel variare le condizioni obiettive di stimolazione ed è ciò che ci permette di riconoscere gli oggetti nelle più svariate condizioni di presentazione. La costanza di chiarezza Nella figura 1.1 vediamo un cilindro che fa ombra su una scacchiera che è fatta di scacchi grigio scuro e grigio chiaro. Noi vediamo chiaramente il quadratino A, che ci sembra di un grigio molto scuro e il quadratino B, che fa parte dei quadretti chiari della scacchiera e che noi vediamo in ombra per la presenza del cilindro. Per rompere la nostra percezione, applichiamo sulla figura 1.1 due barre grigie (come vedete nella fig. 1.2) In questo modo, ci accorgeremo che il vero colore del cubetto B è uguale a quello del quadratino A. Però, la nostra mente fa sì che noi continuiamo a vedere il quadratino B, anche se in ombra, bianco come tutti gli altri. Quindi, la costanza di chiarezza è il mantenersi della chiarezza di un oggetto costante, nonostante si modifichi l'intensità della luce che lo illumina. fig. 1.2 4 1 La costanza di colore Se si ha un maglione rosso e lo si mette in una stanza semibuia con altri maglioni, si riesce a distinguere quello rosso, anche se il suo colore non è il rosso che si vede normalmente. Questo perché il nostro sistema cognitivo è in grado di tarare la variazione della lunghezza d'onda che ci restituisce l'oggetto con la variazione del contesto. In questo modo, riusciamo a percepire l’oggetto in modo costante. Nella figura 2 la lunghezza d'onda che ci rimandano le fragole è grigia, però il nostro cervello le vede con il loro colore che conosciamo, cioè il rosso. Quindi, noi percepiamo un colore costante nonostante varia la composizione centrale della luce che lo illumina. fig. 2 La costanza di forma Quando vediamo una porta aperta, non ci sembra un oggetto diverso da una porta chiusa, questo perché nella nostra mente applichiamo la costanza di forma. Tendiamo a percepire la forma di un oggetto costante nonostante cambi la sua modalità di presentazione. Se noi dovessimo vedere l'immagine che viene proiettata sulla retina è un'immagine completamente diversa da quella che percepiamo, però la nostra mente vede tutto uguale. In sintesi, le costanze sono le modalità della nostra mente di aiutarci a vivere in un mondo prevedibile, dove un colore resta rosso anche se c'è un po' di penombra. un corpo mantiene la sua forma anche se cambia la sua posizione/la sua rotazione/la sua posizione nello spazio. come nella figura 3. fig. 3 Il contrasto e l’eguagliamento fig. 4 Il contrasto Se togliessimo il quadratino a destra e lo mettessimo vicino all’altro, ci accorgemmo che sono dello stesso rosso (figura 4). Questo ci dice la potenza del fenomeno del contrasto e, soprattutto, ci dice che la nostra mente non percepisce stimoli, la nostra mente percepisce rapporti tra stimoli. I due rossi dei quadratini, come stimolo, sono identici, ma il cervello non coglie lo stimolo, ma fa un'analisi del rapporto tra il colore che c'è tra i quadratini. In verità, non vedo questo rosso, perché se lo sposto in un altro contesto, lo vedo ancora diverso. Questo è proprio il cuore dell'aspetto fenomenologico: non vedo semplicemente l'oggetto in sé, ma vedo qualcosa che si crea. Il contrasto è quel fenomeno per cui si esalta la differenza tra colori, oppure si esalta proprio il colore in un ambito piuttosto che in un altro. È il principio che usiamo quando ci vestiamo: sappiamo che alcuni colori ci fanno risaltare l’incarnato; o quando dobbiamo arredare una stanza: l'accostamento dei colori fa sì che la stanza possa sembrare più grande o più piccola. L’effetto del contrasto fa sì che due colori uguali, appaiono diversi tra loro. E allo stesso modo, due colori diversi possono apparire uguali. [La prof riporta l’esempio reale di due palazzine poste un vicino all’altra e pitturate di colori diversi, ma che a lei sembravano essere identici.] Questo è quello che succede con i denti: un dentista posiziona nella bocca del paziente il colore dei denti che vuole realizzare, perché il colore, se non è messo vicino agli altri denti nel contesto della bocca, può dare un'impressione sbagliata. 5 1 L'eguagliamento Eguagliamento è il fenomeno opposto al contrasto. Nelle figure 5.1 e 5.2 si nota che il verde sembra più scuro quando è vicino al nero e sembra più chiaro quando è accostato a righe chiare, nonostante sia lo stesso verde. fig. 5.1 fig. 5.2 Esempi Contrasto di chiarezza: i due quadratini interni sono dello stesso grigio nella fig. 6.1. fig. 6.1 Proviamo a coprire la riga che separa i grigi nella fig. 6.2. Finché c'è una riga tra i due colori, ci sembrano diversi e quando questa riga viene tolta non riusciamo più a distinguere tra i due colori. Nel momento in cui rompiamo le caratteristiche di presentazione degli stimoli e la loro adiacenza ecco che risultano molto diversi. fig. 6.2 l'Effetto White Si ha un fenomeno di assimilazione. Lo stesso grigio accostato al nero sembra molto più scuro che se accostato al bianco. (fig.7) fig. 7 L'articolazione figura-scopo Abbiamo un classico modo di rapportarci alla visione: quando osserviamo una scena noi tendiamo sempre a segregare una parte che focalizziamo in modo privilegiato. Lo facciamo non soltanto dal punto di vista visivo-spaziale ma lo facciamo anche dal punto di vista uditivo. Significa che c'è una tendenza a trovare delle figure degli elementi che si stagliano sullo sfondo. Per esempio, dal punto di vista uditivo, in una situazione di grande brusio si tende a selezionare alcuni aspetti della conversazione che si stagliano sullo sfondo. È un modo che abbiamo di selezionare, questo perché il nostro sistema cognitivo così complesso, così capace dal punto di vista dell'elaborazione consapevole degli stimoli e ha una capacità limitata. Non riusciamo a concentrarci e a focalizzarci su tanti stimoli contemporaneamente, tendiamo a privilegiare degli aspetti. È una modalità che si presenta sin dai primi giorni di vita, quindi anche il neonato, se gli si mette davanti una scena complessa, tende a focalizzare una figura rispetto a uno sfondo. Caratteristiche che fanno sì che distinguiamo una figura da uno sfondo: 6 1 La figura di solito ha una forma, mentre lo sfondo è informe. I margini devono appartenere alla figura (funzione unilaterale dei margini) perché se la figura non ha i margini, non è distinta dallo sfondo. La figura generalmente attira l'attenzione più dello sfondo. La figura appare più vicina all'osservatore. La figura ha un colore di superficie, quindi un colore denso, mentre lo sfondo ha un colore più soffuso. La figura, in genere, si ricorda meglio perché è proprio quella su cui noi andiamo a focalizzarci. Si è scoperto che ci sono delle leggi attraverso le quali il nostro sistema cognitivo segrega le figure dallo sfondo. Cosa è più facile che diventi figura rispetto allo sfondo? Una figura che ha la caratteristica di essere simmetrica convessa piccola inclusa, cioè dentro qualche cosa d'altro orientata verticalmente o orizzontalmente, quindi non con un orientamento in diagonale Esempi: Vediamo la parte bianca come figura 8. C'è la possibilità anche di vedere la parte nera come delle pale, ma non ci viene spontaneo farlo. quali sono le caratteristiche? La figura bianca è piccola, inclusa, è orientata in modo verticale o orizzontale, non in diagonale come le altre. fig. 8 Concavi o convessi? Degli ovali bianchi e degli ovali neri (come vedete nella fig. 9) immediatamente si stagliano ai nostri occhi, però potrebbe essere un colonnato, ma non ci viene in mente un colonnato di colonna nera o un colonnato di colonne bianche che si stagliano verso la notte. perché è l'effetto convessità che fa diventare figura un oggetto convesso piuttosto che un oggetto concavo. I gestaltisti hanno analizzato tutte queste leggi che si mettono tutte insieme per far sì che noi vediamo le cose nel modo in cui fig. 9 le vediamo. Le figure reversibili Nell’immagine della figura 10 reversibile di Rubin, la maggior parte vede prima i profili. Gli psicologi hanno chiamato questo fenomeno “impostazione soggettiva”: soggettivamente quando ci sono due alternative noi siamo più portati a vedere una piuttosto che l'altra. Vedere i due volti potrebbe essere più immediato per la maggioranza di un gruppo di giovani, perché per loro è importante incontrarsi. Un vaso è invece più statico. In questa fig.10 si vede molto bene anche la funzione unilaterale dei margini: quando il margine appartiene al bianco si vede il vaso, quando il margine appartiene al nero si vedono i profili. Quindi, la funzione unilaterale del margine ci dice che è proprio il margine che fa sì che una cosa sia figura e una cosa diventi sfondo. La cosa interessante delle figure ambigue (completamente reversibili) è che noi non riusciamo a mantenere le due rappresentazioni contemporaneamente senza sforzarci. Di fig. 10 solito oscilliamo tra le due. Campo percettivo La percezione dello spazio Noi percepiamo la profondità e la tridimensionalità. In realtà, le nostre strutture anatomiche nervose non sono fatte esattamente per la tridimensionalità. La tridimensionalità è costruita attraverso una serie di indizi e di processi. Gli indizi fisiologici sono legati a: accomodazione del cristallino convergenza dei due occhi disperazione retinica 7 1 La cosa particolare della visione umana è che è una visione binoculare: per ogni cosa che noi guardiamo al nostro cervello arrivano due immagini, una per occhio. Queste immagini sono anche lievemente diverse tra loro, perché gli occhi sono in posizioni diverse. Queste differenze si ritiene che vengano utilizzate dal cervello per ricostruire l'aspetto della profondità. Quindi, la disperazione retinica, cioè il fatto che sulla retina cadono due immagini in un modo lievemente diverso, ci fa percepire la tridimensionalità. (fig.11) Questo è un esempio di visione tridimensionale ma è anche un esempio di movimento apparente. È un effetto ottico che sfrutta le caratteristiche dei nostri recettori visivi: abbiamo tutta una serie di cellule che reagiscono in diverso modo agli stimoli (i recettori ON-OFF, l'effetto dell'inibizione laterale…) e influiscono quindi sul modo in cui li elaboriamo. Una delle spiegazioni dei movimenti apparenti dipende anche dal fatto che mentre noi stiamo osservando una certa configurazione le nostre pupille fanno dei movimenti saccadici continui e involontari e, in generale, abbiamo i movimenti delle palpebre e tutta una serie di altri movimenti all'interno dell’occhio che interagiscono con lo stimolo e che creano l'illusione del movimento. fig. 11 Altri indizi per la percezione dello spazio sono quelli pittorici: la prospettiva l’ombreggiatura la grandezza l'interposizione la composizione strutturale del contesto Questi tre uomini nella fig.12.1 non sembrano alti uguali, ma se noi andassimo a ritagliare i tre uomini e li mettessimo su campo bianco, noteremo che sono identici. Ma cos'è che inganna il nostro cervello? La densità di elementi (le linee) del contesto. Dove questi elementi sono meno fitti la figura sembra piccola, perché sembra piccola rispetto al contesto. La nostra mente ragiona pensando che se gli uomini più a destra superano le linee, allora loro saranno più grandi. Un altro esempio è la cosiddetta “camera di Ames”: (vedete nella fig. 12.2) fig. 12.2 fig. 12.1 Esistono poi indizi dinamici, come la parallasse di movimento: gli oggetti lontani sembrano muoversi più piano di quelli vicini. Ad esempio, una macchina a 100 km/h vicino a noi non sembra così veloce quando è lontana da noi. La nostra mente ha, infatti, difficoltà nel misurare la velocità di un oggetto in movimento che si trova lontano da noi e lo percepisce più lento di quanto sia nella realtà. La percezione del movimento Per dire che un corpo si sta muovendo, è necessario un punto di riferimento fisso. Quando perdiamo un punto di riferimento statico, non sappiamo se un corpo si sta muovendo o se ci stiamo muovendo noi. Ad esempio, in treno, se dal finestrino non vediamo un contesto che fa da sistema di riferimento per individuare che il corpo ha cambiato posizione. Infatti, per capire se ci stiamo muovendo noi o l’altro, senza altri sistemi di riferimento, cerchiamo segnali di movimento nel corpo. In questo caso si parla di movimento reale. Ma noi percepiamo anche movimenti illusori. Ad esempio, il movimento autocinetico è un movimento apparente che è stato studiato attraverso esperimenti che facevano osservare un singolo punto luminoso fisso nella notte, dopo un po’ non si è sicuri se esso si stia muovendo. Questo è dovuto al fatto che alcuni movimenti propri del corpo (spasmi, movimenti saccadici e delle palpebre) vengono 8 1 codificati dai recettori come movimenti esterni e vengono quindi, erroneamente, attribuiti all'oggetto che stiamo osservando. Il movimento stroboscopico ha un’intermittenza particolare nella presentazione degli stimoli luminosi ed è alla base del cinematografo: lo stesso oggetto veniva disegnato con variazioni di posizione minime e facendole scorrere velocemente si aveva la percezione che l’oggetto si muovesse. La percezione subliminale Possiamo percepire stimoli sottosoglia di consapevolezza. Ne è un esempio l'idea che inserendo tra i fotogrammi di un film degli stimoli, come una bottiglia di Coca Cola, essi non venissero percepiti consapevolmente, ma indussero a sete o preferenza di quella bevanda. Per essere subliminale, uno stimolo deve essere presentato ai nostri organi di senso per un intervallo temporale minore di mezzo secondo, altrimenti diventa uno stimolo che magari non viene considerato, ma viene elaborato. La consapevolezza ha bisogno di tempo (la coscienza è una funzione lenta): almeno dai 300 millisecondi ai 500 millisecondi è il tempo necessario perché uno stimolo venga elaborato dagli organi di senso e perché la mente se ne rende conto. Quando gli stimoli sono proiettati ai nostri organi di senso per tempi brevi (50 ms o 200ms) noi non ce ne accorgiamo, ma probabilmente c’è comunque un’elaborazione di questi stimoli. Gli studiosi sono riusciti a dimostrare che questa elaborazione esiste, perché dà conseguenze sulle azioni successive delle persone. Il primo studio fu fatto dallo psicanalista statunitense Eagle, che sospettava appunto ci fosse una percezione di cui non siamo consapevoli, ma che influisce sul nostro comportamento. A un gruppo veniva mostrato un filmato con immagini subliminali di un soggetto che si comportava in modo aggressivo; all’altro gruppo veniva mostrato lo stesso filmato, ma conteneva in modo subliminale le immagini dello stesso soggetto che si comportava in modo mite. Alla fine, a tutti quanti, sono state mostrate immagini sopraliminali neutre (cioè non così veloci, quindi la persona riusciva a vederle) dello stesso soggetto delle immagini subliminali. Le persone che avevano visto inconsapevolmente nella traccia subliminale il soggetto comportarsi in modo aggressivo, esprimevano giudizi meno positivi di lui rispetto a coloro che l’avevano visto comportarsi in modo mite. Questo ha fatto comprendere che i nostri atteggiamenti potrebbero essere influenzati da una serie di stimoli di cui non ci rendiamo conto precisamente. Questo ci fa capire anche perché parliamo di “sesto senso”. La nostra mente impara a mettere insieme indizi, anche molto veloci, che ci danno immediatamente un’idea delle persone o delle situazioni che incontriamo. Solo che non è un’idea chiara e definita. Quindi, questo cosiddetto “sesto senso” non è altro che la capacità del nostro cervello di elaborare tanti stimoli veloci, che possono darci delle impressioni. Le illusioni ottiche Le illusioni ottiche sono la dimostrazione della non perfetta corrispondenza tra l’oggetto e la nostra percezione di esso. Infatti, il nostro sistema percettivo mette in atto una elaborazione complessa degli elementi che si presentano ai nostri organi di senso. Le illusioni ottiche devono però essere distinte dalle allucinazioni e dalle illusioni psichiche. Le allucinazioni, che sono un aspetto patologico, sono una percezione in assenza di oggetto. Invece, le illusioni psichiche sono delle percezioni distorte da uno stato d’animo. Ad esempio, una persona depressa, passando velocemente per una stanza e vedendo un cappotto su un divano, potrebbe dire di aver visto una persona che non stava bene sdraiata su un divano. È una proiezione della sua tristezza. Non si tratta quindi di un’allucinazione, ma di una deformazione di quello che si è visto. Esempi di illusioni ottiche: Questo è il cubo impossibile di Escher(fig.13) un importantissimo autore che si è dedicato a disegnare figure che ingannano la nostra percezione. fig. 13 9 1 Quante zampe ha l’elefante? In realtà ha il numero di zampe giusto, ma la nostra percezione è ingannata. Se si coprono i piedi è un po' più facile vedere qual è il principio e il trucchetto che è stato inserito. Come nel triangolo bianco che si costruiva ai nostri occhi (il triangolo di Kanizsa fig.14), quest’immagine segue la legge della buona forma e la legge della chiusura: uno spazio chiuso viene considerato figura della nostra mente. Qua, quello che inganna la nostra mente è che le parti di sfondo, siccome sono incluse, diventano figure. Noi le vediamo chiuse, quindi il contorno appartiene sia alla zampa vera che alla parte di spazio inclusa. Se non rompiamo questo effetto coprendo i piedi, continuiamo a vedere una moltitudine di zampe. fig. 14 L’illusione di Ponzo. Qui vale la stessa legge che abbiamo visto nella figura degli uomini, dove uno sembrava più grande. Perché il cervello utilizza il contesto, come già detto il cervello non percepisce stimoli, ma relazioni tra stimoli. Nella fig.15 vedete che la grandezza del segmento giallo ci sembra variare a seconda del contesto: dove le righe diventano fitte, il segmento sembra più grande. Questo è lo stesso modo in cui noi vediamo le rotaie: sappiamo che la rotaia è fatta di due parti parallele intervallate regolarmente da parti perpendicolari; tuttavia, con la distanza, abbiamo l’impressione che le linee laterali si avvicinano tra loro e quelle perpendicolari si facciano sempre più fitte. Quale pallino arancione è più grande nella fig.16? Sembra più grande quello a destra. Il fig. 15 utilizza il contesto per cervello giudicare la grandezza, quindi il pallino a sinistra sembra piccolo, perché è contornato da cose grosse, mentre l’altro sembra grande perché è contornato da cose piccole. In realtà, le dimensioni dei due pallini sono identiche. fig. 16 L’illusione di Jastrow. Le due figure A e B non sembrano uguali in nessun modo. In realtà sono identiche. Quando la parte più corta viene messa vicino a quella più lunga dell'altra, sembrano diversissime. Eppure, guardandole, il problema sembra insolubile. L'unica soluzione è di prenderle e metterle una sopra l'altra, perché in questo modo rompiamo gli inganni della percezione. 10 1 La griglia di Hermann sfrutta un fenomeno che è invece legato alla nostra struttura neurale. I recettori sono molto complessi e ci sono dei recettori che vengono chiamati on-off, cioè l'attivazione di alcuni di questi recettori provoca la disattivazione di altri. Il fenomeno è quello dell'inibizione laterale: la capacità del neurone eccitato di ridurre l'attività di quelli adiacenti. Quello che succede è che queste strisce più chiare (nella fig. 17) eccitano fortemente dei recettori, in particolare per il bianco e il nero i nostri recettori sono i bastoncelli, che sono gli stessi che ci permettono di adattarci al chiaro e allo scuro. Questo fenomeno è simile alla cecità bianca e alla cecità nera. La cecità bianca sopravviene, ad esempio, quando usciamo da una galleria senza gli occhiali e la luce ci abbaglia e vediamo tutto bianco, perché i nostri recettori non riescono a elaborare velocemente lo stimolo: i bastoncelli sono lenti e fanno fatica ad adattarsi. Mentre quando entriamo in una galleria senza gli occhiali possiamo avere un momento di cecità nera: vediamo completamente nero e piano piano l’occhio si adatta. Quindi, il costituirsi di puntini nella figura fig. 17 17 è dovuto proprio al fenomeno di attivazione e disattivazione dei nostri recettori on-off. Queste righe rosse sono delle corde molli (fig.18) o sono delle righe ben tracciate (fig.19)? Sembrano molli. Però se si riesce a isolare solo un cerchio, ci si accorge che le righe sono perfettamente rette. È un fenomeno di contaminazione tra le figure curve, che sono i cerchi, e l’elaborazione delle rette. fig. 18 fig. 19 Anche qua, nella fig.19 per rompere l'effetto bisogna provare ad isolare un angolo (come dicevano i gestaltisti, il tutto è di più della somma delle singole parti) e ci si accorge che le righe sono rette e perfettamente parallele. Tutto l'effetto viene dato dal fenomeno del contrasto e dalla particolarità della nostra reazione al bianco e al nero, cioè l’effetto optical. (fig.20) Fissate il puntino nero per 10-15 secondi e poi, stando con gli occhi puntati sul puntino nero, andate avanti e indietro con il capo. Si vedono i due cerchi che si muovono in direzioni opposte. Quest’illusione agisce sui nostri neurotrasmettitori, in particolare sfruttando l'aspetto della mobilità del nostro occhio (movimenti saccadici, spasmi e movimenti delle palpebre) e creando un'illusione di movimento, per cui abbiamo l'illusione che queste girandole ruotino. Questo è chiaramente un movimento illusorio, un movimento autocinetico. fig. 20 Questo è un altro effetto optical(fig.21). Fissate per 30 secondi l'immagine e poi guardate una superficie bianca. Anche qui si sfrutta l'effetto dell'inibizione laterale e della simulazione del bianco e del nero. Sembra di vedere un disco che ruota. fig. 21 11 1 Anche il test di Rorschach, (fig.22) come alcune illusioni ottiche, sfrutta la tendenza che noi abbiamo a guardare delle macchie senza senso e cercare in esse delle figure. Infatti, noi attribuiamo spontaneamente delle configurazioni, anche ad immagini che non ne hanno. La base psicoanalitica del test di Rorschach afferma che ognuno di noi proietta qualcosa di personale. Agli psicologi è interessato usare questo test per cercare di avvicinare gli aspetti più profondi e inconsci delle persone. Ad esempio, se qualcuno vede nelle macchie qualcosa di idealizzato è perché ha bisogno di idealizzare. Un esempio di questa tendenza a cercare figure nelle immagini sta nell’illusione di rana e cavallo. La figura che ha orientamento perpendicolare (il cavallo) è quella che viene vista più facilmente; l’altra (la rana) è nascosta. Quindi, un modo di nascondere le figure è anche quello di orientare in modo non canonico. fig. 22 L'illusione anatra-coniglio (fig.23) Le illusioni ottiche sono cicliche, vanno e tornano, e quella dell’anatra-coniglio è una delle più famose al mondo. La figura è composta da un’unica immagine che può essere interpretata sia come la testa di un’anatra (che guarda verso sinistra) sia come quella di un coniglio (che guarda verso destra). fig. 23 LA COSCIENZA Le operazioni mentali possono avvenire in due modi: -Consapevole: controllato, con mediazione dell’attenzione -Inconsapevole: automatico, senza la mediazione dell’attenzione. Ma queste informazioni vengono comunque elaborate. DEFINIRE LA COSCIENZA Difficile da definire, in quanto è l’aspetto più complesso e specifico dell’uomo. La coscienza è una funzione psichica generale necessaria per l’integrazione ed il coordinamento dei comportamenti adattivi, per questo essa è necessariamente flessibile, adattabile, mutevole e dinamica. Essa può essere anche definita come la consapevolezza degli stimoli, siano essi interni o esterni, del soggetto (consapevolezza percettiva): normalmente gli stimoli raggiungono la nostra coscienza in circa 500ms. La coscienza attua anche funzioni valutative (sia sul mondo esterno e sul soggetto stesso, che sui pensieri, consapevolezza cognitiva) e di monitoraggio del comportamento (controllo). Essa ha anche il compito di fornire una rappresentazione accurata del sé nella mente del soggetto (consapevolezza metacognitiva/autocoscienza): questo stesso tipo di coscienza permette di avere coscienza dell’altro ed è quindi fondamentale per le relazioni e le interazioni con gli altri. 12 1 Secondo Damasio, ciò che definisce l’essere coscienti è la capacità di attribuire a se stessi l’esperienza che viviamo. Integrare l’esperienza (ciò che accade) ad un’esperienza specifica del nostro sé. LE TIPOLOGIE DI COSCIENZA È possibile, inoltre, fare una distinzione più generale: - Coscienza fenomenica. Coscienza del corpo, dello spazio, delle azioni. È una coscienza “fisica” governata dall’encefalo, dal tronco e dalla corteccia limbica. Coscienza dell’”hic et nunc”. - Coscienza di ordine superiore, autobiografica o estesa. Coscienza del sé e degli altri, consapevolezza dei propri pensieri. Con sede nella neocorteccia e nei lobi frontali. LA COSCIENZA DI ORDINE SUPERIORE La coscienza di ordine superiore si caratterizza per alcune capacità complesse tipicamente umane: - Auto-osservazione: come mai mi sono atteggiato così? Renderci conto della comunicazione non verbale, tentativo di osservare e monitorare. - Introspezione e riflessione su di sé (coscienza dell'Io): riflettere sulle azioni, sui pensieri, su come ci sentiamo, sugli obiettivi e su cosa vogliamo raggiungere. ⁃ Capacità di comprensione di sé nel rapporto con gli altri: empatia e intersoggettività. L’immagine che abbiamo di noi è inserita nel contesto. Noi non siamo fissi, ma ci vediamo riflessi negli altri e su questo costruiamo alcuni aspetti della nostra identità. ⁃ Teoria della mente (TOM): come si sviluppa la consapevolezza che tutti hanno una mente individuale e separata. Questo aspetto che si sviluppa nel bambino, spesso associato al periodo dello sviluppo dell’intelligenza rappresentativo-simbolica. Il bambino sa cos’è una palla anche se essa manca. Quando sappiamo che avere una mente definisce ciascun individuo e ci differenzia tra noi? ESPERIMENTO L’esperimento di Sally ed Anne consisteva nel sottoporre alle bambine un quesito: messe, in camere separate, di fronte ad una scatola di Smarties, si chiedeva di dire cosa ci fosse dentro, e naturalmente entrambe rispondevano affermando che la scatola fosse piena di Smarties. La scatola veniva aperta per rivelare invece una matita, ed a questo punto veniva chiesto a ciascuna bambina cosa avrebbe risposto l’altra se gli psicologi le avessero fatto lo stesso “tranello”: si notò che la più piccola (4 anni), cosciente del fatto di essere a conoscenza di qualcosa che l’altra non sapeva, rispondeva che la piccola sarebbe caduta nel tranello degli psicologi. È infatti intorno all’età di 4 anni che si sviluppa la TOM, ovvero la capacità di “mettersi nei panni degli altri”, di concepirli come entità distinte dal sé. I LIVELLI DELLA COSCIENZA Cartesio ha sbagliato, prima di pensare, noi dobbiamo sentire. Il bimbo vive esperienze e, sulla base di ciò, costruisce sé stesso. “Io sono me stesso perché mi emoziono, poi anche perché penso”. Antonio Damasio individua tre fasi fondamentali per lo sviluppo di questa funzione cognitiva: PROTOCOSCIENZA 13 1 Forma il proto-sé. Ha sede nel tronco encefalico superiore ed è un insieme di configurazioni neurali. È una forma di coscienza inconsapevole, e nasce con il bambino. Il suo compito è quello di creare mappe somato-sensoriali, cioè di rendere il bambino consapevole del proprio corpo; questa funzione è fondamentale per garantire il costante collegamento mente- corpo. COSCIENZA NUCLEARE Forma il sé nucleare a partire dal proto-sé. È il primo livello consapevole di coscienza che si forma dalla proto-coscienza, integrando le mappe somato-sensoriali della proto-coscienza con ulteriori mappe. Esse provengono dall’analisi degli stimoli derivati dall’interazione del bambino con gli oggetti ed il mondo esterno, e delle emozioni da essi suscitate, come ad esempio il piacere e il dolore. Rappresenta la relazione tra l’organismo e gli oggetti. COSCIENZA AUTOBIOGRAFICA Intorno ai 4-5 anni forma il sé autobiografico. Essa è la coscienza di ordine superiore, sita nella neocorteccia (aree associative più evolute), che permette di costruire un’identità, di narrarsi, ma anche di identificare gli altri come tali e di “mettersi nei loro panni”. Questa funzione è identificabile con il nostro dialogo interiore, con la nostra capacità di proiettare il nostro io nel passato o nel futuro, attraverso l’auto-narrazione, ed è per questo che il linguaggio e la memoria si rivelano fondamentali. Senza la coscienza autobiografica, la vita apparirebbe come una sequenza di avvenimenti totalmente scollegati. =Costituisce le rappresentazioni che ci permettono di costruire la nostra individualità, in rapporto con gli altri e con noi stessi. LE BASI ANATOMICHE DELLA NOSTRA COSCIENZA La coscienza intesa come vigilanza è mantenuta grazie a due vie principali: -Il sistema reticolare attivante (substantia nigra, tronco encefalico). L'insieme delle stimolazioni provenienti dagli organi sensoriali. Arousal: livello di attivazione dell'organismo. -La coscienza di ordine superiore si basa sull'attività dei lobi frontali e neocorteccia che permettono: pianificazione e controllo dell'azione, capacità di inibire i comportamenti svantaggiosi, capacità di percepire e utilizzare informazioni, sensibilità ai feedback, capacità e sensibilità di 14 1 giudizio, capacità di attribuire a sé l'esperienza, esame di realtà, riflessione su di sé e sul rapporto con gli altri. SINTOMI POSITIVI DEI DISTURBI DELLA COSCIENZA I sintomi positivi sono rilevabili prevalentemente attraverso la comunicazione verbale dell'esperienza attuale (esperienza riferita), per cui emergono attraverso il colloquio psichiatrico. Vengono distinti in: - Alterazioni dei parametri dello spazio/tempo; - Alterazioni della logica; - Alterazioni del giudizio di realtà; - Alterazioni delle funzioni percettive. OSCILLAZIONI DELLA COSCIENZA Fisiologiche: come ritmo Sonno/veglia Patologiche: -obnubilamento: rallentamento cognitivo, sensazione di stanchezza o difficoltà nel pensare. -Stati confusionali: perdita dell’orientamento spazio-temporale, -Coma: incoscienza IL SONNO Il sonno è fondamentale per il benessere dell’organismo e svolge diverse funzioni. È regolato da fasi specifiche, caratterizzate da distinti tracciati elettroencefalografici. Fasi cicliche di circa 90 minuti che si ripetono in sequenza: dal sonno leggero al sonno più profondo (4 fasi non REM), poi passiamo nella fase REM, in cui sogniamo. Questa fase è caratterizzata da movimento oculari rapidi. LE FASI DEL SONNO Veglia rilassata: onde alfa regolari 8-12 hertz Stadio uno: onde meno regolari e meno ampie Stadio due: onde irregolari, 12-17 hertz Fusi del sonno: per inibire l'elaborazione di informazioni non necessarie. Complessi k: omeostasi sinaptica, graduale soppressione dell’eccitazione corticale. Stadio tre: onde delta, lente 1-12 hertz Stadio quattro: incremento di onde delta, lente. Sonno REM: atonia, movimenti oculari rapidi. Ogni fase è legata a processi fisiologici precisi, per questo è importante dormire. Nel sonno REM abbiamo anche un cervello sveglio, in un corpo che però è atonico. Durante i sogni, noi non possiamo muoverci. Per questo, chi è sonnambulo, è legato allo stadio IV, non al REM. LE FUNZIONI DEL SONNO - Ipotesi evoluzionistica: protezione notturna. Gli uomini non hanno una visione notturna, quindi hanno massimizzato la sopravvivenza. 15 1 - Ristorativa: riparazione cellulare e ricostruzione. ⁃ Eliminazione scorie del metabolismo cerebrale accumulate durante la veglia. - Sintesi proteica a livello del neurone. - Rielaborazione e fissazione del ricordo a lungo termine. MEDITAZIONE Forma di alterazione della coscienza utile per migliorare la conoscenza di sé e il benessere, attraverso il raggiungimento di uno stato di profonda rilassatezza. Tacon et al. 2003 ha sottoposto donne con problemi cardiocircolatori a meditazione, dopo 8 settimane di trattamento avevano livelli di ansia assai inferiori a quelli del gruppo di controllo. Supporto efficacia anche da tecniche di neuroimaging. Mindfulness: tecniche per concentrarsi su se stessi ed acquisire capacità di recare solievo e liberare la mente IPNOSI Stato di consapevolezza alternativo, dovuto alla suscettibilità di alcune persone di rispondere alle suggestioni con cambiamenti nella percezione, memoria, motivazione e controllo di sé. Poche persone possono avere benefici (circa 30% della popolazione). Esiste una scala per valutare la capacità ipnotica. STATI ALTERATI DI COSCIENZA IPNOSI Il concetto di ipnosi rappresenta uno stato di consapevolezza alternativo che si ottiene attraverso l’induzione ipnotica ed è basato sulla fiducia nel rapporto con un terapeuta esperto in questo campo. Nel contesto di un convegno presso l’Università di Brescia è stata sollevata l’importanza di approfondire la tematica del dolore. Durante l’evento, i colleghi di Odontoiatria hanno presentato un interessante lavoro riguardante la sedazione indotta basata sull’uso di visori che attraverso la riproduzione di video e stimoli visivi molto ripetitivi, aiutano il paziente - sia esso un bambino o un adulto - a seguire lo stimolo ripetitivo, respirando sempre più lentamente e permettendo loro di raggiungere uno stato di sedazione. Questo metodo non è un’alternativa all’anestesia tradizionale ma si rivela particolarmente utile per pazienti con fobie o con disabilità mentale. Attraverso questo metodo, i pazienti si sentono coinvolti piacevolmente, si rilassano e questo permette agli operatori l’esecuzione di indagini e interventi in maniera più agevole. Il grande limite dell’ipnosi è la suscettibilità ipnotica, infatti, non tutte le persone sono disponibili ad affidarsi nelle mani di un esperto di ipnosi lasciando il proprio stato vigile; è stato quindi scoperto che il 30% della popolazione è ipnotizzabile in maniera efficace, la restante parte risulta meno incline ad essere soggetta ad ipnosi. Fondamentale per l’efficacia dell’ipnosi è infatti la totale collaborazione del soggetto. DOLORI E TRATTAMENTI PSICOLOGICI – ipnosi e dolore cronico 16 1 Si segnala la revisione “The effectiveness of hypnosis for pain relief: A systematic review and metanalysis of 85 controlled experimental trials” 1 relativa all’efficacia dell’ipnosi nel trattamento del dolore. Essa è una collezione di 85 studi. Dai risultati di questa revisione emerge che l’ipnosi non mostra un’efficienza straordinaria ma piuttosto un livello di efficacia buono o limitato, riscontrabile solo in soggetti con una suscettibilità ipnotica significativa. Questo trattamento nonostante sia valido, è indicato solo per determinate persone. MEDITAZIONE La meditazione è un altro stato alterato di coscienza che si raggiunge attraverso delle tecniche che non devono essere guidate da altri. Ogni individuo può adottare un proprio manuale o un proprio metodo per entrare in uno stato di rilassamento/meditazione oppure può scegliere di partecipare ad un gruppo di lavoro che può essere accoppiato alla pratica della Mindfulness. Si è visto che anche questo stato di alterata coscienza permette di raggiungere uno stato di profonda rilassatezza, che può essere utile nel ridurre ansia e stress i quali, se non gestiti, possono contribuire per esempio a problemi cardiovascolari. Studi nel campo del neuroimaging hanno dimostrato che effettivamente le persone che entrano in uno stato di rilassamento profondo nell’ambito della meditazione, sperimentano dei cambiamenti significativi nel funzionamento cerebrale. La revisione e metanalisi dal titolo “mindfulness meditation for chronic pain: Systematica review and meta-analysis” 2 è relativa alla meditazione affiancata al trattamento della mindfulness, tecniche moderne che si basano su filosofie orientali. Queste tecniche insegnano alla persona ad assumere una posizione di osservazione distaccata, favorendo un cambiamento nell’approccio, ad essere e vivere la situazione prestando attenzione al momento presente con apertura, curiosità e accettazione. Tale pratica permette di apprezzare il momento presente, il proprio corpo, la propria respirazione mettendo attenzione sugli aspetti vitali e distaccandosi da pensieri ansiogeni. La persona a mano a mano sviluppa la capacità di rilassarsi e gestire l’ansia. Sebbene l’efficacia sulla gestione del dolore sia limitata, la meditazione quando affiancata alla mindfulness si dimostra efficace nel trattamento della depressione, nel miglioramento della salute, della qualità di vita e della salute mentale. MEMORIE NON COSCIENTI: PRIMING SUBLIMINALE3 Viene menzionato l’esempio della Coca-Cola citato da un collega in quanto è stato utilizzato come caso di studio in un esperimento di laboratorio per dimostrare che il nostro sistema cognitivo è in grado di processare degli stimoli velocissimi di cui l’individuo è inconsapevole ma che riescono a raggiungere il nostro sistema più profondo (memoria a lungo termine) senza passare attraverso la coscienza. Tuttavia, questo percorso causa un’interferenza con i compiti che dobbiamo fare consapevolmente. 1 https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0149763418304913 2 https://academic.oup.com/abm/article/51/2/199/4564147?login=false 3 Le informazioni trattate in questa parte della lezione sono state tratte da libro consigliato dalla professoressa: Girotto, Zorzi (2016) “Manuale di Psicologia Generale” - Il Mulino Editore. C’è la possibilità di consultare i libri su “pandora campus”, si possono acquistare singoli capitoli di un tomo ad un prezzo ridotto. https://www.pandoracampus.it 17 1 Una famosa leggenda metropolitana narra che durante la visione di un film sia stato inserito un fotogramma di una nota bibita (≪Porca Rola≫) per un tempo brevissimo, che sia stato percepito inconsciamente dall’osservatore il quale era impegnato a guardare il film. Si possono osservare i fotogrammi prima e dopo del film e questi fotogrammi non sono concettualmente alla bibita. Quindi secondo la leggenda, l’inserimento del fotogramma della bibita avrebbe incrementato il comportamento di consumo di questi soggetti e avrebbe fatto sì che il 70% dei soggetti avesse comprato la bottiglia di coca-cola. Gli sperimentatori si interrogano su due questioni cruciali: 1. Il 70% di scelta è davvero una percentuale attesa? Ci si chiede ciò perché se ci si aspetta che il 70% delle persone compri la coca-cola, non ha senso fare l’esperimento in quanto si conosce già il risultato. Quindi bisogna chiedersi se il comportamento 2 sia effettivamente inatteso e quindi possiamo pensare che sia stato influenzato. 2. È davvero non recepito il fotogramma della bottiglia o quello che non vogliamo che la persona veda? Esiste infatti la possibilità che la persona riesca ad individuarne la forma anche in questo tempo brevissimo. Per rispondere a queste domande diventa necessario che si debba fare un esperimento simile in laboratorio. L’obiettivo è quello di accertarsi che effettivamente la percentuale sia inattesa e che il fotogramma non sia percepito dalle persone. Gli sperimentatori hanno pensato di esporre all’osservatore un fotogramma velocissimo delle ossa (stimolo prime), il quale è preceduto/seguito da configurazioni senza senso (configurazioni di mask) che esercitano un effetto mascherante. Questo processo avviene così rapidamente che l’individuo vede solo un’immagine informe e successivamente vede una rappresentazione che resta a disposizione per più di 500 millisecondi affinché la nostra memoria a breve termine lo rielabori e la nostra coscienza se ne renda conto. Gli stimoli, per essere percepiti consapevolmente, devono restare almeno mezzo secondo altrimenti non ce ne rendiamo conto. Questo stimolo si chiama prime perché l’esperimento che ci sta mostrando è sul priming subliminale. 18 1 L’esperimento sul priming può essere fatto anche coscientemente e si possono far vedere delle immagini e vedere se queste immagini hanno un effetto in un compito seguente, come nel caso in cui la visualizzazione di molte mele influenzi la velocità nel riconoscere la frutta in un compito successivo. Infatti, siamo più veloci a dire se si tratta di frutta o no, perché abbiamo avuto il priming. L’aver visto prima le mele ci permette di avere una elaborazione mentale che da una spinta alle elaborazioni successive. Nel caso indicato in figura, lo stimolo priming mascherato sono le ossa, invece lo stimolo target è il cane. In questa analoga situazione il soggetto è esposto a qualche cosa che c’entra con il cane, quindi, presenta un legame concettuale senza essere informato. In seguito, al partecipante viene presentato lo stimolo target e gli viene assegnato un compito, ad esempio di dire, quando vede il cane, più velocemente possibile a quale categoria appartiene il concetto rappresentato dallo stimolo target. Nel complesso ci sono una serie di stimoli, in cui si presenta uno stimolo primer mascherato legato concettualmente con la rappresentazione del cane e misuriamo il tempo di reazione che ci mette il partecipante a pronunciare cane e mostriamo anche altri stimoli primer, per esempio un’automobile che non è legata concettualmente al cane quindi la persona a livello non consapevole recepisce l’automobile e poi deve dire cos’è questo, cioè il cane. La variabile indipendente è la relazione tra quello che mostriamo come prime subliminale e target e la variabile dipendente è il tempo di risposta. Le persone sono più veloci quando c’è una relazione concettuale. Se c’è una relazione concettuale i tempi di risposta sono diversi, ci chiediamo se la risposta allo stimolo target possa essere influenzata in senso positivo (quindi velocizzata) quando lo stimolo target è preceduto da un prime che è concettualmente associato a esso rispetto a quando non lo è. Per fare l’elaborazione dei dati si fa una media dei tempi di reazione, quando c’è una relazione concettuale i tempi di risposta sono significativamente più bassi della media e ci accorgiamo che quando non c’è una relazione concettuale i tempi di risposta sono più alti in modo significativo (primer macchina) della media della risposta dei soggetti quando il prime era l’osso. Questo ci dice che c’è un’influenza effettiva degli stimoli non coscienti sul nostro comportamento. Quello che la leggenda metropolitana suggeriva può essere dimostrato in laboratorio. Dobbiamo temere di andare al cinema o che ci mettano immagini subliminali? Non dobbiamo temere di andare al cinema →è proibito dalle leggi inserire immagini subliminali. È importante che 19 1 abbiamo capito che l’elaborazione degli stimoli sotto soglia di consapevolezza avviene e ha un effetto. In seguito, bisogna dimostrare che il prime sia stato riconosciuto, per fare ciò gli sperimentatori dopo aver fatto l’esperimento prendono i soggetti, mettono loro davanti a tutti gli stimoli prime nascosti e si chiedono se hanno l’impressione di vedere qualcosa, per vedere se funziona il mascheramento. Non si può escludere che una persona abbia mezzo intravisto la bottiglia e abbia detto “voglio bere la coca cola”. L’esperimento ci dice che il priming subliminale è un effetto misurabile attraverso la relazione comportamentale e dimostra che il nostro comportamento è influenzato da stimoli non coscienti. Spiegazione di cosa avviene nel priming subliminale serve a capire che cosa succede quando lo stimolo è mascherato. Il prime resta a disposizione per un tempo brevissimo e va nella memoria sensoriale. Siccome resta un tempo molto limitato non riesce (freccia cancellata) a consolidarsi ma questo non impedisce a questa rappresentazione di farsi strada senza essere consapevole nella memoria a lungo termine. La rappresentazione salva la consapevolezza, arriva alla memoria lungo termine e attiva la rappresentazione che abbiamo nella memoria di osso, siccome le nostre rappresentazioni sono dovute a cambiamenti sinaptici, identificabili in un reticolo associativo con altri concetti che appartengono alla stessa categoria. Se vedo la parola osso si attivano anche le parole legate concettualmente. Dalla memoria a lungo termine, pesca la memoria a breve termine quindi se vedo qualcosa come fa il nostro cervello a capire cosa vedo? Per esempio, se vedo un cane capisco che è un cane perché recupero dalla memoria a lungo termine il concetto, da cui ricavo le informazioni per catalogare quello che sto vedendo in quel momento. Si ritiene che dopo la presentazione dello stimolo osso si attivino, per propagazione, tutti i concetti associati. Nella seconda situazione lo stimolo resta nella memoria sensoriale un tempo non definito; quindi, si consolida e va nella mia coscienza ma siccome ha attivato contemporaneamente tutto quello che c’entra con il cane, l’osso e tutto questo era già stata attivata, fornendo una risposta più veloce. Questi sono percorsi di attivazione che si creano nella nostra memoria, in modo non consapevole e influenzano la prestazione al compito. Questo meccanismo si applica anche allo stroop →si tratta di percorsi di attivazione della memoria a lungo termine. 20 1 APPRENDIMENTO Cosa vuol dire apprendere? Chi apprende? Apprendono tutti gli organismi, anche quelli monocellulari. Perché le specie hanno iniziato ad apprendere? È la capacità fondamentale per l’evoluzione degli esseri viventi. é necessario per la sopravvivenza: se non apprendessimo tutti i pericoli, non sarebbero evitati, se dunque noi non imparassimo saremmo esposti a rifare azioni che non sono vantaggiose per la nostra vita. L’apprendimento è quindi fondamentale per l’adattamento. “La specie che sopravvive è quella che si adatta meglio”. Ha un valore adattivo. L’apprendimento è una capacità fondamentale per l’evoluzione degli organismi viventi; oltre ai concetti, si acquisiscono esperienze fisiche e comportamentali. L’apprendimento, quindi, consiste nell’acquisire informazioni che derivano dalla nostra esperienza e se necessario a modificare il comportamento in base all’esperienza. Questo cambiamento ha un valore adattivo e favorisce la possibilità di interagire al meglio con l’ambiente. (rif. a Darwin: non è la specie più forte, più bella, più intelligente ma è la specie più sensibile al cambiamento e capace di provare un’interazione nuova ottimale nell’ambiente che cambia). Cosa significa apprendere? Apprendere vuol dire essere capace di adattarsi in modo funzionale alla sopravvivenza. Per noi, che viviamo in una situazione di sicurezza, apprendere ci permette di vivere con una qualità della vita adeguata e ci permette di sopravvivere. Tutti gli organismi sono in grado di apprendere. Dalla 25esima settimana del feto, sono svolti i primi rudimentali apprendimenti: il feto ha infatti una maturazione degli apparati sensoriali utili, soprattutto, dal punto di vista acustico, per rispondere ed elaborare i diversi i stimoli. Gli studiosi si sono interessati ai diversi tipi di apprendimento e hanno studiato come le diverse capacità di organismi permettano loro di apprendere dall’esperienza in modo semplice fino ad arrivare all’essere umano che presenta capacità di apprendimento molto elevate legate anche al ragionamento. Esistono apprendimenti elementari presenti negli animali o tipici dello sviluppo (fase fetale) dell’essere umano fino ad arrivare ad apprendimenti che richiedono rappresentazioni complesse negli umani. 21 1 Diversi tipi di apprendimento in ordine di complessità: 1. APPRENDIMENTO NON ASSOCIATIVO: abituazione e sensibilizzazione. È il più semplice, gli organismi apprendono grazie ad uno stimolo. Cambiano la loro modalità di risposta. 2. APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO: comprende il condizionamento classico e condizionamento operante. È stato alla base dello sviluppo del comportamentismo, una scuola che sosteneva fondamentale lo studio dei comportamenti dato che quello che c’era nella mente risultava essere oscuro. I cognitivisti si opponevano al modello seguito dai comportamentisti affermando che si potesse studiare anche la mente, secondo loro esistevano apprendimenti diversi da quello associativo. L’apprendimento associativo sottolineava il fatto che gli organismi modulavano i loro comportamenti in base alle esperienze, in base ai premi, incentivi quindi rappresentava una visione meccanicista sia dell’apprendimento animale che umano. I comportamentisti non ritenevano possibile che gli organismi apprendessero per una sorta di una tendenza naturale che hanno. I cognitivisti non la pensavano così. 3. APPRENDIMENTO SENZA INCENTIVI DIRETTI: scoperta e studio degli apprendimenti che gli organismi fanno anche in assenza di premi perché hanno una tendenza naturale ad elaborare l’informazione e a comportarsi in modo sociale. Appredimento latente, osservativo, detto anche imprinting. 4. APPRENDIMENTO COMPLESSO: non si limita a creare associazioni, ma elabora ragionamenti. APPRENDIMENTO NON ASSOCIATIVO Alcuni libri di testo di Psicologia non lo mettono negli apprendimenti, in quanto è considerato non cognitivo. Infatti, è un apprendimento talmente semplice ed elementare che non viene quasi mai considerato. Non si creano percorsi neurali. Questo tipo di apprendimento è stato oggetto da parte dello studioso Eric Kandel, il quale ha utilizzato l’abituazione per dimostrare la plasticità sinapstica del nostro sistema nervoso. ABITUAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE L’abituazione è la scomparsa della risposta ad uno stimolo neutro che si ripete uguale a se stesso. Rappresenta un cambiamento di comportamento degli organismi di fronte ad uno stimolo. In caso di stimolo neutro, tendiamo ad ignorarlo, ma se lo stimolo è costante e fastidioso si verifica il fenomeno della sensibilizzazione. Sensibilizzazione: è l’aumento della risposta ad uno stimolo che si ripete uguale a se stesso. Di soluto si tratta di uno stimolo non neutro. L’ESPERIMENTO DI KANDEL Questo tipo di apprendimento è tipico di organismi molto elementari. La plasticità del sistema nervoso è dovuta alla capacità dell’apprendimento di modificare i nostri neuroni. Quando apprendiamo, i legami sinaptici fra i neuroni sono cambiati. 22 1 Questo cambiamento diviene stabile grazie a processi di sintesi proteica. Cambiamenti della morfologia e della fisiologia delle sinapsi. È definito non associativo perché gli organismi non stabiliscono associazioni tra stimoli esterni, ma solo tra comportamento e stimolo. Kandel ha dimostrato la plasticità sinaptica attraverso l’abituazione, cioè la scomparsa della risposta ad uno stimolo neutro che si ripete uguale a sé stesso. Se si sente un rumore lieve/monotono dopo un po’ ci si abitua e non lo si sente più. Principio di economia: L’organismo impara a non rispondere a stimoli privi di conseguenze rilevanti. Questo principio si applica anche agli animali: un cane che inizialmente sobbalza di fronte a un suono, con il tempo cessa di reagire ad esso dopo ripetute esposizioni. L’abituazione diventa quindi importante per l’economia cognitiva, in quanto ci permette di non sobbalzare per qualsiasi stimolo e di evitare stimoli innocui. La sensibilizzazione è il processo opposto: l’individuo diventa sempre più reattivo ad uno stimolo. Quando si parla di sensibilizzazione si è visto che si tratta di stimoli che non sono neutri, sono fastidiosi oppure non si presentano nello stesso modo, quindi, creano variazioni per cui il sistema nervoso non riesce ad abituarsi. La capacità del sistema nervoso di abituarsi è un segno di buon funzionamento. Quando si eseguono gli esami per accertarsi del benessere nervoso fetale, è emerso che il feto che non mostra abituazione ad un certo stadio di sviluppo potrebbe avere qualche difficoltà di sviluppo a livello del sistema nervoso; lo stesso discorso vale per le persone che hanno dei disturbi psichiatrici in quanto mostrano difficoltà ad abituarsi e sensibilizzarsi. ESPERIMENTO Lo psichiatra Kandel ha ricevuto il premio Nobel perché voleva capire quali fossero le basi dell’apprendimento, egli ha avuto l’idea geniale di studiare i sistemi nervosi di organismi semplici, in particolare ha analizzato il sistema nervoso del mollusco marino, il quale presenta neuroni ben visibili. È riuscito a dimostrare la sua ipotesi: quando apprendiamo, avvengono delle modificazioni particolari a livello delle sinapsi. Quindi il sistema nervoso è plastico, e continuamente ridefinisce i contatti funzionali tra neuroni. Ciò comporta un cambiamento nella morfologia delle sinapsi, chiamata plasticità sinaptica. Trasmissione nervosa I neuroni hanno la capacità di essere sensibili ai messaggi che arrivano dagli altri neuroni. I neuroni creano un potenziale d’azione che è un segnale elettrico, che percorre l’assone e va “parlare” con gli altri neuroni, ad eccitare i bottoni sinaptici che liberano i neurotrasmettitori, i quali trasmetteranno un segnale nei neuroni successivi. Quando le esperienze si ripetono, le sinapsi si modificano ma anche la morfologia dei neuroni (bottone sinpatico…) si modifica e crea la plasticità di cui Kandel parla. Nell’esperimento con il mollusco marino, Kandel ha utilizzato il concetto dell’arco riflesso (esempio di sistema più semplice in cui il neurone sensoriale è in comunicazione con un neurone motorio, se il neurone sensoriale viene eccitato, questo eccita il neurone motorio e si crea una risposta. I riflessi sono delle risposte innate e passano a livello di sistema nervoso vertebrale). 23 1 Kandel dimostra che ci sono dei cambiamenti delle sinapsi ogni volta che apprendiamo. Nella situazione di quiete la branchia è estesa quindi non c’è attivazione. Quando il getto d’acqua colpisce il sifone, succede che i neuroni sensoriali del sifone formano contatti sinaptici eccitatori con i motoneuroni della branchia, in questo modo la branchia si ritrae. Alla decima stimolazione, la branchia è quasi completamente distesa. Infatti, la comunicazione fra i due neuroni è cambiata. Il neurotrasmettitore liberato è in minor quantità rispetto alla prima volta e l’effetto è che il comportamento cambia e l’organismo si è abituato. La sensibilizzazione invece prevede una branchia ancora più ritirata: la prima volta, se utilizziamo un aghetto, si ritirerà di poco. Se sottoposta allo stesso stimolo fastidioso, dopo molte volte tenderà a ritirarsi ancora di più. Cosa dimostra Kandel? Quando apprendiamo si creano delle modificazioni funzionali, morfologiche all’interno sistema nervoso. L’apprendimento quindi si verifica in seguito a diversi fenomeni: - aumento/diminuzione della quantità di neurotrasmettitore - aumento o diminuzione dei recettori post-sinaptici - modificazione delle dimensioni delle sinapsi - formazioni di nuove sinapsi. Il feto apprende? Negli anni ’90 e 2000 si è verificato un notevole aumento degli studi sull’apprendimento fetale. Alcuni sostenevano che non si potesse parlare di apprendimento fetale perché non c’erano strutture corticali. Non si poteva dimostrare un effettivo apprendimento di formazione nel feto ma si potevano trovare delle tracce di apprendimento che si potevano testare una volta nato il bambino e vedere eventualmente che ci fosse un riconoscimento degli stimoli vissuti durante la gravidanza. È stato possibile dimostrare che le musiche ascoltate in gravidanza e la voce della madre vengono riconosciute dal neonato. Il bambino è in grado di riconoscere un rumore e di apprenderlo. Si è scoperto per caso: dopo molte visite, non si muoveva nel momento in cui vi era il rumore dello strumento. Si è poi scoperto che gli organi di senso dell’udito si sviluppano ancora in condizione fetale. Una volta nato al neonato si facevano sentire la voce della madre e la voce di un’altra donna mentre monitoravano il ritmo di suzione. 24 1 Siccome i bambini hanno un ritmo di suzione spontaneo, si sono sviluppati degli esperimenti con i succhiotti legati a trasduttori; succhiando piano il bambino sentiva la voce dell’estranea, succhiando forte (i bambini lo fanno spontaneamente) cominciava a sentire la voce della madre. Questo ha rivelato che i neonati si impegnavamo a ciucciare molto forte per continuare a percepire la voce materna. Nota bene: Dopo il quinto mese di gravidanza lo sviluppo acustico fetale permette di sentire correttamente suoni e li discrimina La stessa cosa è stata dimostrata con degli esperimenti sulle favole. È stato chiesto alle mamme di raccontare una fiaba nell’ultimo mese di gravidanza tutti i giorni. Ai neonati bambini, una volta nati, si faceva sentire la fiaba. Succhiando piano sentivano la favola raccontata da una voce che non era la madre mentre ciucciando più forte la sentivano raccontata dalla madre. Hanno visto che i bambini si impegnavano per cucciare molto forte per sentire la fiaba che avevano sentito in gravidanza, questo ci dice che cercano la configurazione sonora rappresentata in gravidanza. Si può affermare che ci sono delle chiare formazioni di tracce mnemoniche ancora prima della nascita. Questo studio è possibile farlo anche nei bambini prematuri. I primi studi che hanno messo in evidenza che si potesse apprendere nel feto sono stati l’abituazione; infatti, somministrando un suono nuovo inizialmente il feto sobbalza ma in seguito si abitua al suono, stessa cosa nel neonato. APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO Ciò si basa sulla riflessologia. Scoperto da Pavlov nel 1903. In questo apprendimento, gli organismi stabiliscono nel loro sistema cognitivo un’associazione stampata nel sistema cognitivo. Nel caso del condizionamento classico, vi è un’associazione tra stimoli: uno stimolo si associa con un altro stimolo, in quanto ciò è una riposta viscerale. L’esempio di Pavlov: il cane salivava anche in assenza di cibo, quando vedeva la ciotola. Sotto determinate condizioni, uno stimolo non significativo (neutro) per l’organismo si associa ad uno significativo. Agisce sulle risposte riflesse Un riflesso è una risposta automatica e involontaria ad uno stimolo. Non è appreso ma fa parte del patrimonio ereditario. I diversi riflessi: -i riflessi sono risposte automatiche e vincolati a certi stimoli: salivazione quando si vede il cibo -riflesso patellare, dilatazione della pupilla perché è cambiata la luce Uno stimolo neutro può essere il segnale di determinate conseguenze. L’organismo impara che ad un certo evento ne segue un altro. Nel condizionamento operante l’associazione è fra un comportamento che un organismo ha e gli effetti che ha nell’ambiente. es. cane se si siede riceve un biscottino → associazione tra il suo comportamento e la risposta dell’ambiente. 25 1 Vi sono diverse tipologie di riflesso: I riflessi non sono appresi, sono già presenti per costituzione e fanno parte del patrimonio ereditario di ogni organismo. -riflesso pupillare -patellare -salivazione -temperatura CONDIZIONAMENTO CLASSICO Il condizionamento classico è stato scoperto dal fisiologo Pavlov nel 1903, che stava studiando il sistema gastroenterico e utilizzava il cane per fare questo esperimento. In questo esperimento bisognava ricavare la saliva del cane e analizzarla. Aveva prelevato la saliva da sotto la mandibola del cane con una salviettina mentre il cane metteva in bocca il cibo. Pavlov si accorse che il cane non salivava solo alla presenza del cibo, ma cominciava a salivare ancor prima di vedere il cibo (es. quando vedeva il camice dello sperimentatore). Siccome la salivazione ci si aspettava fosse blindata, Pavlov è ha spostato da l’interesse a questo tipo di fenomeno, chiedendosi che cosa fosse successo, perché una risposta viscerale è passata sotto il controllo di stimoli che non hanno a che fare con il cibo? In teoria i riflessi non avevano a che fare con il cibo, ma in pratica sì perché avevano sempre preceduto l’arrivo del cibo. Succede che un certo stimolo è diventato un segnale, in questo caso il cibo è diventato il segnale. L’ESPERIMENTO DI PAVLOV Paradigma di condizionamento: Pavlov per capire cosa fosse successo al cane ha ideato un paradigma specifico. Come è fatto questo paradigma? Prima del condizionamento c’è uno stimolo “incondizionato”, cioè uno stimolo naturale che non ha nessun condizionamento ed è in grado di provocare una risposta incondizionata. C ’è un legame naturale tra cibo e salivazione e poi c’è uno stimolo che è definito neutro, perché, ad esempio, il fischio non c’entra niente con la salivazione e non è in grado di generare reazioni specifiche. 26 1 Successione temporale: prima Sn e poi Si. Intervallo temporale tra Sn e Si inferiore a 1-2 secondi. Si: stimolo incondizionato, ossia il cibo nella I fase Ri: salivazione legata al cibo, risposta incondizionata Sc: stimolo condizionato, ossia il fischio Rc: risposta condizionata, ancora la salivazione. L’esperimento è stato di questo tipo 1. Prima del condizionamento, il cibo (SI) dà luogo a salivazione (RI): stimolo neutro precede di un attimo l’arrivo del cibo, il cane vede arrivare il cibo e saliva abbondantemente. 2. Prima del condizionamento, il fischio non dà luogo a salivazione. 3. Per ottenere un effetto di questa esperienza non basta un esperimento solo, Pavlov ha creato la fase di acquisizione/condizionamento: per un numero di 11/15 volte il cane che ha vissuto la stessa esperienza, sente un fischio e vede arrivare il cibo e saliva 4. Dopo questa fase di acquisizione, si presenta al cane soltanto il fischio (SC) e si vede il cane emettere una risposta di salivazione (RC). In questo caso si è creata un’associazione tra uno stimolo neutro e l’esperienza di essere alimentato per cui la salivazione passa sotto lo stimolo del fischio. Lo stimolo fischio non è più uno stimolo neutro, ma è in grado di evocare e rispondere e viene definito stimolo condizionato. La risposta di salivazione che il cane ha quando sente il fischietto non è una risposta naturale, ma condizionata in quanto non è naturale che un animale emetta salivazione quando sente il fischio. Questo avviene solo in virtù del fatto che ci sia stata un’esperienza che ha cambiato la reazione dell’animale in base all’associazione che si è impressa nel sistema nervoso, ossia il CONDIZIONAMENTO. Questo ci dice che l’esperienza a cui siamo esposti può cambiare la nostra capacità di reagire. ESEMPI NELLA VITA QUOTIDIANA Nella vita quotidiana viviamo tantissime esperienze in grado di creare condizionamenti, della maggior parte non ce ne accorgiamo e molti di questi non hanno effetti così importanti. Ad esempio, se si vive un’esperienza negativa legata ad un alimento, si attribuirà a tale elemento una connotazione negativa. Però può avvenire un fenomeno della GENERALIZZAZIONE: Tutti gli stimoli che coinvolgono quello stimolo che detesto, verranno automaticamente detestati. Es. se sto male e mi portano del cibo, potrei iniziare ad odiare quel cibo. È un evento di contingenza. Uno stimolo neutro può diventare in grado di evocare delle risposte: l’esperienza cambia il modo di rispondere degli organismi e questo cambiamento si mette nel sistema nervoso stimolando risposte condizionate. ESTINZIONE Cosa succede se, utilizzando il fischietto, il cane inizia a salivare ma non gli porto il cibo? A mano a mano saliva sempre meno, ma poi smette, si consolida quindi un’altra associazione. 27 1 Prima c’era l’associazione fischio-cibo, ma poi il fischio non è più associato a nulla; quindi, è come se facesse un de-condizionamento. Questo processo si chiama estinzione in cui si estingue la risposta. Non vuol dire però che l’associazione è persa, si verifica infatti il fenomeno di recupero spontaneo per cui il cane potrebbe non salivare più quando sente il fischietto e dopo 1 mese o 2, può ricominciare e in seguito smettere di nuovo. Il recupero spontaneo di solito è di massimo 1 o 2 volte. Se l’esperienza non si è consolidata bene, la risposta condizionata si estingue e si perde l’associazione. Se volessi che il mio cane, per sempre, quando sente un fischio emetta la saliva, nell’esperimento bisogna riproporre una fase di acquisizione, se ogni tot di tempo facciamo fare una fase di acquisizione al cane, l’associazione diventerà sempre più forte e l’estinzione sempre meno forte. Quindi l’associazione diventerà talmente forte che la risposta condizionata diventerà parte del comportamento del cane (nel linguaggio comune “siamo condizionati” sta a significare che non siamo padroni delle nostre risposte). I LIVELLI DI CONDIZIONAMENTO Il condizionamento si può allargare e si possono fare catene associative: 1. Esiste la possibilità di fare condizionamento di livello superiore, l’associazione fischio-cibo = CONDIZIONAMENTO DI PRIMO LIVELLO consolidato, dove il fischio da origine alla salivazione. Questa associazione rappresenta una prima esperienza di acquisizione. 2. Si può sottoporre il cane ad un ulteriore associazione, infatti prima che senta il fischio si può accendere la luce; quindi, in laboratorio il cane, avendo imparato a salivare mediante il fischio, dopo 20 volte che si accende la luce sente il fischio, quando si accenderà la luce emetterà la risposta di salivazione. Quindi si è crea un altro stimolo condizionato: CONDIZIONAMENTO DI SECONDO LIVELLO, in cui il cane si mette a salivare, anche quando si accende la luce. 3. Quando si stabilizza la risposta alla luce, aggiungo un altro stimolo = CONDIZIONAMENTO DI III LIVELLO. Si può arrivare all’infinito con questa tecnica. Questo diventa specchio anche di quello che succede nella vita quotidiana, evidenzia come tanti interessi si intersechino tra di loro nonostante non siano legati/associati tra di loro. In laboratorio si osserva che il condizionamento di primo e secondo livello si stabilizzano abbastanza bene mentre quelli a partire dal terzo livello sono labili. Ci sono caratteristiche associate al condizionamento: - ESTINZIONE: se non si ha più lo stimolo condizionato associato a quello incondizionato. Si può affermare che la risposta condizionata si estingua quindi l’organismo la inibisce, quando l’inibizione attiva una risposta, può esserci il recupero spontaneo. Inibiazione attiva della risposta quando Sc non è più seguito da Si. - GENERALIZZAZIONE: i comportamentisti dicevano di poter plasmare il comportamento delle persone se solo avessero trovato il modo di esporli a esperienze che li condizionassero. La generalizzazione è stata una grana perché anche quando si condiziona, per esempio si condiziona il cane a rispondere a un suono di 500 Hz per generalizzazione il cane risponderà a tutti gli stimoli; se poi c’è un fischio che arriva a 550 Hz 0 600 Hz il cane risponderà lo stesso 28 1 perché generalizza quindi la sua risposta non è precisa ma generalizzata. Ci si può trovare con un animale che reagisce con una categoria che risponde a tutti gli stimoli e questo risulta essere un ostacolo. “capacità di reagire a situazioni stimolo simili in modo simile” - DISCRIMINAZIONE: è possibile che l’organismo apprenda e reagisca in modo specifico. Quindi, in laboratorio, si presenta un fischio da 500 Hz seguito dal cibo, un fischio da 550 Hz e mai seguito dal cibo, un fischio da 450 Hz mai seguito dal cibo, tutto ripetuto per 10 volte. A questo punto le due associazioni con stimoli leggermente diversi vanno perse, mentre l’associazione critica è quella a cui il cane risponde. Solo un suono di un certo tipo precede il cibo: creati artificialmente dei processi di condizionamento. Quindi è possibile che gli organismi reagiscano in modo specifico e si crei un apprendimento. “Capacità di reagire in modo specifico e differenziato agli stimoli”. CONDIZIONAMENTO AVERSIVO Non basta la fase di acquisizione, ma serve anche l’apprendimento per il consolidare. C’è però un’eccezione: il condizionamento aversivo. Si è scoperto che quando uno stimolo neutro/piacevole è preceduto di poco da uno shock, anche dopo una sola esperienza, l’animale quando solo sente presentarsi quel suono ha delle reazioni fortissime di allontanamento (nell’immagine freezing). Dopo la prima esperienza, avrà sempre una reazione aggressiva ed un comportamento di allontanamento quando percepisce tale suono. Questo rappresenta un’esperienza sgradevole. Es. mangiare qualcosa e stare male Questo condizionamento si stabilisce anche a livello non consapevole dentro di noi. Per esempio, possiamo avere condizionamenti che non si sono mai espressi, quindi sono intrinseci ed in seguito ad uno stimolo che si può manifestare in noi. Il condizionamento aversivo è un tipo di condizionamento alla base di fobie e della formazione di disturbi d’ansia. È molto difficile da estinguere in quando legato a riflessi viscerali che non comandiamo, e viene evitato perché associato al malessere. LE RISPOSTE EMOTIVE CONDIZIONATE Alle risposte emotive condizionate, si associano due tipi di condizionamento: 29 1 - Classico - Operante Il bambino si avvicina al cane in modo confidente, il cane reagisce e bambino si spaventa. La paura che il bambino prova fa sì che il eviti il cane: diventa un condizionamento avverso verso l’animale e, per generalizzazione, la risposta si applica per tutti gli animali. Si crea una paura condizionata. Inoltre, viene rinforzato il comportamento che produce l’allontanamento di uno stimolo spiacevole/doloroso. Ci può essere anche un condizionamento vicario che avviene nel momento in cui osservando gli altri che hanno paura, si sviluppa un condizionamento che genera una risposta condizionata, cioè una paura per osservazione: apprendimento per imitazione. Il condizionamento aversivo è molto difficile da estinguere perché lavora su meccanismi sottocorticali, automatici, involontari che sono sotto il controllo della nostra riflessione. -Si crea paura condizionata verso il cane e per generalizzazione verso tutti gli stimoli simili -Viene rinforzato il comportamento che produce l'allontanamento di uno stimolo spiacevole o doloroso. -Condizionamento vicario: può nascere dall'osservazione della paura altrui. Il condizionamento aversivo si pone nelle parti più profonde della corteccia e, perciò, è difficile da sradicare. L’ESPERIMENTO DI WATSON La professoressa proietta il video dell’esperimento di Watson, il cui scopo era quello di tentare di condizionare un bambino, portandolo a temere il contatto con qualunque animale. Inizialmente il bambino viene esposto e messo in relazione con vari animali, da topi a cani a conigli e scimmie. Il bambino, durante questi contatti con animali, non mostrò inizialmente alcuna reazione, presentandosi anzi curioso verso di essi. Successivamente il bambino viene esposto a vari rumori forti che provocano in lui paura, questo suono spaventoso viene poi associato alla comparsa degli animali e alle sue interazioni con essi. Questa associazione porta il bambino a temere qualunque animale gli venga poi mostrato. Watson indossa perfino una maschera per vedere la reazione del bambino che chiaramente si spaventerà. Il bambino, da questo punto in poi, inizia a fare di tutto per evitare il contatto con l’animale. Questo è un esempio di condizionamento classico di tipo avversivo. Il bambino non verrà poi più decondizionato per varie complicazioni. IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE Il condizionamento operante si basa sull'associazione tra un comportamento e i suoi effetti immediati. -Legge dell'effetto: l'organismo impara che il suo comportamento avrà particolari conseguenze e, in base a queste, tenderà a ripetere o meno quel comportamento. Più viene ripetuta una determinata esperienza e più il condizionamento si fissa. 30 1 -Legge dell'esercizio: l'esperienza ripetuta di un comportamento con certe conseguenze ne rafforza l'associazione (aumento frequenza comportamento). Gli organismi sono molto sensibili agli effetti dei loro comportamenti e imparano a fissare certi comportamenti ad un certo stimolo ambientale, se la risposta è desiderata. SKINNER BOX Procedimento studiato da Thorndike e Skinner, volto all'acquisizione di una particolare risposta, al fine di ottenere un rinforzo. Skinner creò la Skinner box: una gabbia in cui viene introdotto un animale affamato che, casualmente, azionando una leva, ottiene l’arrivo di cibo. Ciò aumenta la probabilità che venga ripetuto il comportamento che permette di ottenere il rinforzo. Il rinforzo è tutto ciò che ha come conseguenza l’aumento della frequenza e dell’intensità con cui viene svolto un certo comportamento. IL RINFORZO Il rinforzo è ciò che ha l'effetto di aumentare la frequenza e l'intensità del comportamento. Vi sono rinforzi primari, che riguardano ciò che è necessario per vivere, come, ad esempio, il cibo e i rinforzi secondari, come il denaro. Il rinforzo dipende dal contesto: alcuni stimoli possono essere rinforzi in un contesto ma non in un altro (ad esempio il cibo in caso di animali sazi). LA FINALITÀ DEL RINFORZO I rinforzi mirano all’aumento del comportamento desiderato. Può essere positivo o negativo: - positivo: Lo stimolo viene aggiunto e produce conseguenze piacevoli, come il cibo. Esempio: concedere un aumento salariale al lavoratore per una buona prestazione lavorativa. - negativo: rimuove o evita lo stimolo, in quanto legato ad effetti spiacevoli, come la scossa elettrica. Applicare una pomata per alleviare il prurito dovuto a una dermatite aumenta la probabilità di applicare in futuro la pomata. PER DIMINUIRE UN COMPORTAMENTO - Estinzione Operante: la diminuzione del comportamento si può ottenere anche con l'assenza di rinforzo. Non incoraggiare ed ignorare quel comportamento. - La punizione: effetto sgradevole che accompagna il comportamento. LA PUNIZIONE La punizione mira alla diminuzione del comportamento indesiderato. Si ottiene: 1) Somministrando stimoli spiacevoli (rimprovero). 2) Sottraendo stimoli piacevoli (vietare di uscire a giocare). La punizione è prodotta da un comportamento che causa un evento spiacevole o la perdita di uno piacevole. Essa ha come effetto l'indebolimento temporaneo del comportamento Vi si pone il problema della fuga e di evitamento. RISPOSTA DI EVITAMENTO Risposta appresa dopo un'esperienza molto negativa, anche una punizione, che si traduce in qualunque comportamento che possa prevenire un'u