PRIMOCAPITOLO - Design History Manual PDF
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This document provides a history of design from the mid-19th century to the present day. It discusses the emergence of the designer profession, the influence of industrial technologies, and examines the relationship between art and design. The text references key figures like James Watt, Henry Cole and the Great Exhibition, examining the impact of industrialization on design and the development of design as a discipline.
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## DESIGN ## E DESIGNER ### James Watt ### Macchina a vapore ### 1763 James Watt, scienziato scozzese, mette a punto tra il 1763 e il 1775 (con il tecnico e imprenditore Matthew Boulton) la macchina a vapore, perfezionando precedenti soluzioni dallo scarso rendimento, impiegate soprattutto nelle m...
## DESIGN ## E DESIGNER ### James Watt ### Macchina a vapore ### 1763 James Watt, scienziato scozzese, mette a punto tra il 1763 e il 1775 (con il tecnico e imprenditore Matthew Boulton) la macchina a vapore, perfezionando precedenti soluzioni dallo scarso rendimento, impiegate soprattutto nelle miniere. La macchina, gradatamente applicata nei diversi settori produttivi e nei trasporti (le locomotive dei treni), promuove la prima fase della rivoluzione industriale, potenziando le tecniche di produzione e favorendo l'urbanizzazione e lo sviluppo dei commerci. Per la prima volta nella storia si sostituisce un'energia artificiale alle energie naturali fin allora utilizzate. ## Premessa Un manuale fornisce per definizione una serie di informazioni, norme, regole di base di un argomento in un settore specialistico. È un testo che può essere consultato, secondo necessità, diverse volte nel tempo, anche dopo la prima lettura. Per questo è necessario che dia una visione sintetica della materia e, al tempo stesso, contenga in nuce elementi per possibili approfondimenti futuri. Di certo, non ambisce a essere esaustivo, obiettivo principale di dizionari e atlanti di carattere enciclopedico. Piuttosto si impegna a tracciare linee guida dello sviluppo della disciplina quali correnti, fenomeni collettivi, principi generali; quelli in sostanza che nella saggistica tedesca sono definiti Grundbegriffe. Con questa intenzione è stato scritto il saggio che segue, che ha come oggetto la storia del design dalla metà del XIX secolo a oggi. Il motivo principale che sta alla base di questo racconto a partire da un preciso momento storico risiede nel fatto che è proprio allora che si viene a delineare storicamente la figura professionale del designer. Se, infatti, la storia dei manufatti e degli oggetti accompagna da sempre quella dell'uomo, puntellata di volta in volta da svolte date dall'acquisizione di innovazioni tecnologiche che cambiano il modo di produrre, è nella determinazione di uno statuto professionale di progettista che nasce il design moderno e contemporaneo. Ovviamente, le influenze della tecnica restano decisive: la scoperta di nuove fonti energetiche e le innovazioni che permettono di gestirle nella produzione sono determinanti. Così come fondamen- tale è l'influenza del mondo dell'arte, con tutto il portato di riferimenti di pensiero che permea costantemente il progetto. Nel corso dello svolgimento della storia, infatti, la relazione tra arte e design muta, ma è una costante. La presenza di correnti paral- lele, una afferente al mondo geometrico-astratto e l'altra a quello organico-figurativo, assume modi ed espressioni diverse, ma resta un'invariante rilevata in tutto l'arco crono- logico preso in esame. Basti pensare che Bruno Munari nel 1971 affermava: "Il sogno dell'artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali"¹. Oggi, al contrario, potremmo senz'altro affermare che i nuovi progettisti ambiscono a essere presenti tanto nei supermercati, quanto nei musei. Questo vuol dire che le barriere disciplinari hanno decisamente sfumato i loro confini; ma significa anche che la figura del designer ha subito una trasformazione nel tempo, così come sono mutate le reti distributive. In ogni caso, non solo il mondo dell'arte e quello del design sono da sempre in dialogo costante tra loro e con altri settori culturali, ma è il design stesso a essere materia rami- ficata e composita. Per questo, tante sono le discipline che sono qui state considerate. ### 1.1 Il design e i suoi esordi Quando ci si interroga sulla storia del design ci si pongono subito due questioni: che cos'è il design? Quando inizia la sua storia? La prima risposta è semplice: design è parola inglese che significa "progetto" (il designer quindi è un progettista). Spesso si aggiunge un altro termine per precisarne il significato. Così si parla, ad esempio, di industrial design per indicare il design per l'industria o di visual design per quello della comunicazione visiva¹. Per la seconda questione sono state proposte date diverse. Ma in verità l'uomo progetta fin dalle sue origini, prima di tutto per soddisfare le sue necessità. Invece di interrogarsi su quando nasce il design, sembra quindi più interessante chiedersi quando appare il designer come figura sociale e professionale. Tale ruolo si va progressivamente deli- neando tra XVIII e XIX secolo, quando nascono anche altre professioni come quella dell'ingegnere. Si sviluppano inoltre le Accademie di Belle Arti e si formula il concetto stesso di "Belle Arti". Il design come attività professionale emerge con la prima fase della rivoluzione indu- striale, tra la metà del Settecento e gli ultimi decenni dell'Ottocento. La fase si apre con la macchina a vapore che James Watt realizza in Gran Bretagna (1763-1775), miglio- rando le versioni precedenti. La macchina trasforma in energia il vapore acqueo e quindi mette a disposizione dell'uomo un'energia artificiale, dopo millenni in cui la forza propul- siva veniva ottenuta da fonti naturali quali le cascate d'acqua, il vento, il lavoro animale o quello degli schiavi. La macchina di Watt, applicata alle pompe idrauliche, permette di prosciugare le zone profonde delle miniere invase dall'acqua, incrementando così l'estrazione del carbone, necessario per far funzionare le macchine stesse. Viene inoltre applicata ai telai, con forte sviluppo del settore tessile, e permette la crescita della produzione in molti campi. Si sviluppa così in Gran Bretagna l'industria come sistema produttivo dominante, sostituendo o limitando gradualmente la produzione artigianale. ### 1.2 Henry Cole e la Great Exhibition di Londra Henry Cole (1808-1882) è un ex funzionario delle poste, appassionato degli sviluppi della rivoluzione industriale e del nuovo sistema ferroviario che tanto sta incidendo sull'economia, sulla vita quotidiana e sull'immaginario collettivo, costituendo la prima di quel sistema di reti di trasporto e comunicazione che si svilupperà progressivamente nell'arco di due secoli, fino all'attuale world wide web. Nel 1846 entra nella Society for the Encouragement of Arts Manufacturers and Commerce di cui è presidente il principe Albert, consorte della regina Vittoria. Vi opera per organizzare esposizioni di artigianato artistico e suggerisce al principe di far diventare internazionale un'esposizione nazionale ### 1.3 Nuove e antiche merci Il Palazzo di Cristallo venne investito da forti critiche non solo per la sua architet- tura, ma anche per i prodotti esposti al suo interno. Questi erano di una gran varietà, provenienti da tutto il mondo e dimostravano il dominio sui commerci che l'Inghil- terra aveva raggiunto, essendo diventata la prima potenza non solo industriale ma anche marittima, dopo aver sconfitto la flotta napoleonica nel 1815. Al tempo stesso questi oggetti erano la manifestazione del processo di internazionalizzazione in atto: si andava da una capanna dei Caraibi al mitico diamante Koh-i-noor; dagli arazzi ad, addirittura, un elefante impagliato con sopra una lettiga dall'India; oltre, ovviamente, ad arredi di tutti gli stili e Paesi. Cui si aggiungono nuovi mobili di ghisa in stile neogo- tico oppure, nel caso di panche da giardino, tinteggiati per simulare il legno. Una sorta di emporio mondiale, inframmezzato da sculture e opere artistiche: iniziale tentativo di affermare la dignità delle merci attraverso la presenza dell'arte. Eppure le considera- zioni più interessanti vengono dagli oggetti tecnici. Una sezione è dedicata a presse idrauliche, magli a vapore, macchine da stampa e così via, dove si manifesta la nuova epoca, quella della rivoluzione industriale, e insieme la potenza industriale inglese; ma anche la difficoltà di elaborare un linguaggio adeguato per oggetti che non avevano precedenti storici o di tradizione. Così, nel tentativo di dare dignità a oggetti incon- sueti, venivano esibiti macchinari sotto forma di goffi tempietti neoclassici o neo-egizi. Ciò che provocò più dibattito fu la sezione americana che presentava una serie di oggetti tecnici, quali la macchina da cucire Singer (che presentava un ago con la cruna situata nella punta); la falciatrice Mac Cormick, trainata da cavalli, sviluppo della meccanizzazione in agricoltura; e le pistole Colt, esempio di un nuovo metodo di produzione, battezzato American System of Manufacturing. In sintesi, oggetti standardizzati, prodotti in serie, dove l'intercambiabilità delle parti era un decisivo passo in avanti poiché permetteva di sostituire le componenti guaste senza doversi disfare dell'oggetto. Questo nuovo universo di merci, prevalentemente in metallo, lisce e non decorate per facilità di produzione a macchina, negava però l'unicità dell'oggetto e il valore che le veniva sinora riconosciuto. Fino a questo momento, i manufatti non decorati erano propri degli strati poveri della popolazione, mentre la decorazione era testimonianza del valore dell'oggetto, dell'abilità e della cura dell'esecutore e quindi della sua preziosità. Al contrario appare con evidenza la nuova prospettiva: i materiali tradizionali vengono sostituiti da imitazioni tecniche o da nuove materie prime, mentre la produzione a macchina impone la semplificazione formale e l'abbandono dell'ornamentazione. È contro questo impatto della tecnica sulla vita che insorge un'ampia componente della cultura inglese dell'epoca. Va tenuto conto che tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo si sviluppa la cultura romantica, caratterizzata dal ripudio dei valori razionali tipici dell'Illuminismo settecentesco, dall'affermazione del primato dell'intuizione e del sentimento sulla ragione, dall'esaltazione delle culture nazionali e quindi dalla rivalu- tazione delle tradizioni storiche. In questo periodo in Germania Richard Wagner opera per la fondazione del melodramma tedesco, riferito con spirito nazionalista romantico non più ai miti della classicità ma a quelli del Medioevo germanico; e prospetta, nel libro L'opera d'arte dell'avvenire (1849), il concetto di Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale come fusione di tutte le arti. Va anche ricordato che ci si trova di fronte a un cambiamento economico e sociale rapido e radicale. A Londra i lavoratori vivono in gran parte in pessime condizioni igie- niche, con condizioni di lavoro di super sfruttamento, con altissima mortalità infantile. Nel 1836, l'architetto e "Master of Gothic Revival" Augustus Pugin afferma esserci una pre- cisa corrispondenza tra il degrado sociale e il basso livello estetico dell'arte. Di fronte a ciò formula una proposta di riforma complessiva che propugni il ritorno ai valori spirituali e all'architettura del Medioevo 13, Pugin vede le cattedrali gotiche¹4 come edifici in cui la sincerità costruttiva (la struttura a vista senza strutture metalliche nascoste), l'onestà nell'uso dei materiali, la qualità esecutiva, sono intese come valori morali. Afferma una scelta progettuale antiutilitaria e anticlassica per combattere la decadenza del gusto nell'architettura e negli oggetti quotidiani. Con queste teorie prende l'avvio un percorso critico che si svilupperà con personalità come John Ruskin e William Morris. Si fronteggiano quindi due posizioni: quella antitecnica, antindustriale e antiurbana di Pugin, Ruskin e Morris, che vede nel rapporto arte-artigianato il fondamento della libertà espressiva del progettista e nella comunità (che ha come riferimento il villaggio medie- vale) il riferimento etico-estetico del progetto; e quella del circolo di Cole, che ritiene che la scarsa qualità degli oggetti sia determinata dall'assenza di un metodo di progettazione adeguato ai nuovi modi di produrre e che si debba elaborare una specifica metodologia di progettazione per l'industria. O, per dirla con Semper, che “l'uso delle macchine e la produ- zione per il mercato richiedono nuove forme artistiche, di cui l'uomo non dispone ancora" 15. ### 1.4 Ruskin, Morris e le Arts & Crafts John Ruskin, grande critico d'arte, scrittore, amante dell'Italia e della Venezia medie- vale, ha posizioni simili a quelle di Pugin. Ritiene che la qualità dei prodotti artistici di una società sia direttamente connessa con la qualità della vita e imputa i guasti della situazione all'industrializzazione, alla meccanizzazione e alla divisione del lavoro. In un capitolo del libro Sulla natura del Gotico, sostiene come la bellezza dell'arte medievale fosse in rapporto con il piacere ("Joy in Labour"16) che l'artigiano poteva provare nel suo lavoro, quando questo non era suddiviso tra operai diversi, come sta avvenendo con l'in- troduzione della divisione del lavoro in fabbrica. Era un modo di lavorare che permetteva all'artigiano di essere orgoglioso della buona esecuzione dell'oggetto che lui curava complessivamente, dell'utilità del suo lavoro per una comunità di cui conosceva neces- sità e fini. È evidente come questa comunità sia il villaggio medievale. Scrive Ruskin: "Non si tratta del fatto che gli uomini siano mal nutriti, ma del fatto che non provano alcun piacere nel lavoro con il quale essi si guadagnano il pane"17. Il riferimento pole- mico è a quegli studi sulla divisione capitalistica del lavoro condotti già nel Settecento da economisti come Adam Smith 18 che, in una sua famosa analisi, verifica l'enorme aumento di produttività in una fabbrica di spilli ottenuto mediante la divisione dell'attività in diciotto operazioni parziali affidate ognuna a un operaio diverso, rispetto a quella di un artigiano che compie da solo tutto il procedimento. Nel 1855 William Morris, erede di una facoltosa famiglia, studia a Oxford dove incontra il pittore Edward Burne-Jones con cui fonda un circolo di amici19. Nel 1859 si fa progettare dall'architetto Philip Webb la propria casa, la Red House, sul modello delle case vescovili inglesi del Medioevo, quindi con riferimento alla tradizione nazionale contrapposta al neoclassicismo internazionalista. Solida, integrata nel suo ambiente con pianta asimmetrica e anticlassica, progettata con rispetto per i materiali e i metodi costruttivi tradizionali e locali, è arredata con mobili di legno massiccio dise- gnati dai suoi amici, in parte decorati da Burne-Jones. Questi è uno di quei pittori che si autodefiniscono "Preraffaelliti", il cui membro più autorevole è Dante Gabriele Rossetti. Il nome deriva dal rifiuto dell'arte rinascimentale, riassunta nel nome di Raffaello, vista come perdita della capacità dell'artista-artigiano del Medioevo (di cui spesso non si conosce il nome) di dialogare con la comunità attraverso la semplicità e l'immediatezza dei suoi dipinti, veri e propri racconti tratti da testi religiosi e tesi a costruire le basi di una religiosità collettiva in una situazione di amplissimo analfabetismo. L'inserimento nel Rinascimento di tecniche geometriche come la prospettiva, il riferimento ai modelli formali della classicità, l'introduzione del concetto dell'artista-intellettuale, interprete geniale dell'ideale di bellezza classica, sono visti come un'intellettualizzazione che ha determinato una rottura tra l'arte e i suoi destinatari 20. Nel 1861 nasce la ditta-laboratorio Morris, Marshall, Faulkner & Co., fondata da Morris con Webb e i pittori preraffaelliti Dante Gabriele Rossetti, Ford Madox Brown e Burne- Jones. È una collaborazione che anticipa l'ideale della Werkstätte, del laboratorio-offi- china, quale si verrà a delineare a Vienna agli inizi del Novecento. La ditta avrà difficoltà interne, ne nascerà una seconda, la Morris & Co., che propone mobili, carte da parati, suppellettili, tessuti, tappeti, vetrate colorate, piastrelle, ceramiche: l'intero universo degli oggetti necessari per una visione unitaria dell'abitare. Visione corale da contrapporre a quella decadenza del gusto che secondo molti si esprimeva in quel succedersi continuo di stili diversi²¹ iniziato alla fine del Settecento. Nel suo lavoro Morris mette in pratica la sua teoria secondo cui i mobili vanno divisi in due categorie: i necessary work-a-day furniture, mobili per l'uso quotidiano, solidi, ben fatti, spesso nati dalla semplificazione "onesta" di modelli della tradizione inglese anche di campagna; e gli state-furniture, arredi di gran rilievo, di tipologia medievale, intarsiati e dipinti da pittori come Burne- Jones, pensati per arredare un intero ambiente, se di gran rappresentanza, o per inse- rirne uno come punto focale in uno spazio più sobrio22. Sulla base degli ideali di Morris sorgono in diverse città gruppi di architetti che promuo- vono, in collaborazione con artigiani, laboratori definiti guild, nome medievale tedesco per "corporazione". Intendono promuovere un'alternativa al sistema industriale produ- cendo oggetti di qualità per la vita quotidiana, facendo rivivere materiali e tecniche di lavorazione in via di scomparsa; ovviamente sono oggetti molto costosi. Nel 1888 un gruppo di architetti e artisti membri della Art-Workers Guild' fonda la Arts and Crafts Exhibition Society, di cui è primo presidente Walter Crane, per organizzare mostre che facciano conoscere le nuove produzioni. Si tratta, in definitiva, di un filone critico-progettuale pienamente appartenente alla cul- tura romantica, che si pone in opposizione alla società industriale accusata di anteporre le macchine agli uomini e il profitto all'etica. Il modello sono le comunità medievali, il villaggio e le corporazioni artigiane, l'architettura gotica esaltata per la sua "onestà costruttiva" e per il suo esser radicata nella dimensione regionale. Viene valorizzata l'arte dei cosiddetti "primitivi", gli artisti pre-rinascimentali, intesa come spontanea e non ancora corrotta dall'assunzione di un sistema intellettualizzato di regole. Si predi- ligono i valori della tradizione nazionale contrapposti al classicismo internazionalista, i sentimenti e gli aspetti irrazionali della vita contro la freddezza della ragione, la libera espressione della creatività soggettiva. Morris nei suoi ultimi anni scrive il romanzo uto- pico News from Nowhere (1890), in cui traccia un idealizzato futuro dove la distinzione fra città e campagna si è estinta, l'energia è assicurata dal sole e dal vento, il lavoro è basato sulle corporazioni artigiane, sono spariti i ponti di ferro e le ferrovie, regna la libera educazione e non esistono le prigioni. Le guild, e lo stesso Morris, negli ultimi due decenni del secolo diventano meno intran- sigenti nei riguardi delle macchine, di cui tendono ad accettare l'uso purché permettano di risparmiar fatica e diminuire i costi di produzione senza intaccare la qualità degli oggetti. Nel 1890 Morris fonda la casa editrice Kelmscott Press per ridar vita alla qua- lità del libro, degradata a sua opinione dall'uso della macchina per la stampa; produce bellissimi libri in tiratura limitata su carta fatta a mano (uno dei primi è The Nature of Gothic, di Ruskin, 1892) che fanno riferimento ai manoscritti medievali e alle prime edizioni a stampa. La parziale accettazione delle macchine deriva dalla loro ampia diffu- sione, perché ormai sono presenti in tanti laboratori artigiani. ### 1.5 La seconda fase della rivoluzione industriale Come ha scritto Mokyr, nell'Ottocento "in Gran Bretagna non cambiò solo il modo in cui si producevano beni e servizi. Il ruolo della famiglia e dell'unità economica familiare, la natura del lavoro, la condizione di donne e bambini, il ruolo sociale della chiesa, i modi in cui la popolazione sceglieva i propri governanti e si prendeva cura dei poveri, quello che le persone desideravano sapere e quello che effettivamente sapevano del mondo – tutto ciò cambiò più radicalmente e rapidamente di quanto fosse mai successo in precedenza"23. Le innovazioni si succedono e non solo in Gran Bretagna. Tra le principali, nel 1856 il convertitore Bessemer che, eliminando il carbonio in eccesso nella ghisa, viene utilizzato per la produzione industriale dell'acciaio. Nel 1887 i fratelli Mannesmann registrano un metodo che permette di ricavare tubi senza saldatura da barre di acciaio pieno. Fino a quel momento i tubi, prodotti con tecniche insoddisfacenti, non sopportavano alte pres- sioni ed erano soggetti a deformazioni. Non solo in Gran Bretagna, ma anche a Parigi si sviluppano le architetture in ferro e in acciaio. Le città si trasformano, l'urbanizzazione si accentua: infatti la meccanizzazione e i fertilizzanti sviluppano la produttività dell'agricol- tura, la mano d'opera agricola necessaria diminuisce, molti dalle campagne si trasferi- scono in città; inoltre le aspettative di vita media aumentano a causa dell'influenza della chimica sulla scienza medica con la produzione di anestetici, disinfettanti, antisettici, medi- cinali fino ad allora inesistenti. Parigi si trasforma con la creazione dei Passages, gallerie con copertura in ferro e vetro deputate allo shopping elegante, e dei grandi magazzini con gli abiti confezionati e i prezzi fissi, come Le Bon Marché o Printemps. Le abitudini del consumo si modificano radicalmente. Con l'illuminazione elettrica, si incrementa la vita notturna. Intanto appare la cromolitografia, evoluzione a colori della litografia, e Jules Chéret pubblicizza con le sue affiche gli spettacoli ma anche i prodotti di largo consumo. Si sviluppa la fotografia e il fotografo si afferma come nuova figura professionale. Un gruppo di pittori, rifiutati dalla giuria del Salon, la grande esposizione biennale della pittura francese, espone nel 1874 nello studio di un celebre fotografo, Nadar. I critici si dividono: in gran parte deridono la nuova pittura e uno di essi conia il termine "impressionisti", dal titolo di un quadro di Monet, Impression: soleil levant. Le principali influenze sull'impressionismo provengono dallo sviluppo dell'ottica che dimostra come l'immagine del reale si formi dalla registrazione di macchie di colori che, percepite tramite l'occhio, si ricompongono nel cervello. Si vuole superare l'imitazione della realtà, registrare piuttosto gli stimoli visivi che essa determina in quel momento con i cambiamenti di colori e di luce. Inoltre la chimica organica ha prodotto i colori di sintesi, in tubetti di piombo o stagno (sostituiti nel 1913 daa tubetti d'alluminio prodotti a livello industriale dal tedesco Alfons Mall). Diventa possibile la pittura en plein air, uscendo dagli atelier per registrare la nuova realtà, la città contem poranea con i soggetti che la popolano. Con i colori di sintesi si registra anche l'enorme aumento dei colori disponibili rispetto a quelli tradizionali di derivazione naturale. ### 1.6 Gli oggetti "tecnici": la nascita dell'elettricità Come accennato, nella seconda metà dell'Ottocento si assiste a un'intensa realizzazione di oggetti d'uso comune, che sono arrivati in buona parte fino ai nostri giorni. Storia delle innovazioni tecnologiche e storia del design s'in- trecciano in maniera indissolubile in queste grandi icone del design. In realtà, va detto che, benché oggi si parli di design "anonimo" per identificarlo, spesso si conosce bene la storia dei progettisti che ne sono stati artefici; tuttavia più che per l'autorialità del progetto, questi oggetti tecnici passano alla storia per la loro funzionalità e per il modo d'uso che ha profondamente influenzato usi e costumi dell'era moderna e contemporanea. Il designer in questa fase è pertanto prevalentemente un tecnico che mette le sue conoscenze al servizio della resa funzionale del pro- dotto, occupandosi dell'aspetto estetico nell'ambito com- plessivo del progetto. Un mai sopito senso funzionalista prosegue i principi teorici settecenteschi rinverditi dalle ultime scoperte del mondo tecnologico, vedendo applica- zione del celebre slogan Form Follows Function (la forma segue la funzione) 24. Tra i diversi prodotti messi a punto in questo periodo entrano a far parte della quotidianità orologi dalla tecnica costruttiva semplificata (come i diversi One Dollar Watch americani e i Roskopf detti Proletarian Watch prodotti in Svizzera a La-Chaux-de-Fonds, dove nascerà e studierà ### 1.7 Il mobile del tappezziere ### e quello dell'ingegnere Anche nel campo dell'arredo la tendenza alla pro- gettazione di mobili sempre più tecnici e funzionali si accorda con le nuove necessità della classe borghese che popola le principali città dei Paesi industrializzati. Se il mondo popolare narrato da Dickens mette in luce gli aspetti più crudi delle nuove metropoli industriali e le miserabili condizioni di vita di migliaia di operai, il nuovo borghese può scegliere tra arredi che riecheggiano i fasti delle corti aristocratiche con una profusione di stili ed eclettismo storicistico, o la via di un nuovo linguaggio formale più adeguato agli spazi degli appartamenti cit- tadini e alle necessità di abitabilità. Si assiste così alla convivenza di quelli che, secondo una felice definizione di Sigfried Giedion, sono il "mobile del tappezziere e quello dell'ingegnere "25. Se il primo è un mobile ricco, agghindato, pesante di broccati e passamanerie, il secondo va nella direzione della semplificazione, della riduzione delle dimensioni, delle componenti e della multifunzionalità. Un primo esempio di questo tendere a un mobile più tecnico e asciutto lo ritroviamo nel Biedermeier (da bieder, "sem- pliciotto" e meier, tipico cognome tedesco), che si afferma nella Mitteleuropa a partire dal periodo postnapoleonico. La caratteristica principale di questo arredo è un'estetica sobria, che predilige colori chiari, contiene molto grazie alla presenza di stipi e cassetti e si adatta agli spazi progressiva- mente ristretti del tipico appartamento cittadino. Cominciano ad apparire i primi mobili multifunzionali, diva- ni-letto e letti-armadio, e spesso l'idea per la trasformazione funzionale viene dall'osservazione di mobili tecnici quali la poltrona del dentista o quella del barbiere dalle quali è ripresa, ad esempio, la reclinabilità. In tal senso l'America dimostra di avere un'industria recettiva e George Wilson diviene celebre con una poltrona in ferro a più posizioni, mutuata da un modello per disabili. Ma il segnale più longevo in termini d'incontro tra estetica e funzionalità non verrà tanto dall'industria, quanto da una piccola nicchia artigianale che inciderà fortemente sull'imma- ginario progettuale dei suoi contemporanei e oltre. Si tratta della produzione degli Shakers americani, una setta protestante attiva fin dalla fine del Settecento in Europa e trasferitasi nell'Ottocento negli States con provenienza soprattutto da Francia, Inghilterra e Scandinavia. Il nome deriva dall'appellativo "Shaking Quakers", i quaqqueri che si agitano, riferito alla par- tecipazione durante le funzioni religiose con balli e canti atti a sfiancare il corpo per resistere alle tentazioni sessuali, come praticato dalla loro profeta, Ann Lee, detta "The Mother". Tra i vari aspetti del loro puritanesimo è incluso un capitolo, fondamentale per la storia del design mondiale, dedicato alla produzione di suppellettili, arredi e in generale oggetti d'uso quoti- diano dall'estetica a dir poco sobria e laconica. Ognuno di questi oggetti aveva un profondo significato spirituale, incarnando quell'ideale di pulizia che da principio morale diventava esempio di semplicità e rigore formale, che non concedeva alcuna deroga all'ornamento e traduceva in maniera lineare i bisogni funzionali e pratici. Ecco allora il rispetto totale per la materia prima, in prevalenza legno di pino, ma anche acero, noce e betulla, sempre trat- tati al naturale persino quando tinteggiati in modo da lasciare evidenti le nervature con vernici trasparenti. Il legno pertanto non subisce impiallicciature, è quasi sempre in massello e possibilmente tornito, smussato sugli spigoli, ma non ritorto. Lo spirito funzionalista porterà questi abili artigiani anche all'invenzione di molte tipologie arrivate in tutto il mondo e ancora oggi utilizzate: ad esempio la sedia a rotelle, la molletta da bucato e la scopa piatta. Le loro sedie presentano un'ergonomia essenziale, pensate anche per essere appese e spostate facilmente grazie a una facile presa. Nei loro ambienti, infatti, correvano a parete barre con pioli per appendere sedie, cappelli, mantelli, lasciando così lo spazio sgombro. Le sedie avevano piastrine in metallo agganciate alle estremità delle gambe posteriori che permettevano di inclinare la sedia allindietro, rimanendo seduti. I letti avevano rotelle così da poterli spostare con facilità per pulire i pavimenti. Tra i primi, gli Shakers intuiscono il vantaggio nel declinare lo stesso modello morfologico in varianti dimensionali: la medesima forma può quindi avere dimensioni da uomo, donna, bam- bino, anziano e seguire anche le corporature fisiche. Tra i modelli di maggiore successo sono le loro sedie a dondolo e i "settimini", contenitori per biancheria con sette cas- setti per suddividere i ricambi della settimana. Anche le colorazioni rispondono a pre- cisi dettami e regole, associandosi alle tipologie d'uso: azzurro per i luoghi di riunione, giallo-rossastro per i pavimenti delle abitazioni, letti in verde bottiglia, mobili per negozi e luoghi di lavoro in rosso. Gli ambienti erano rigidamente divisi tra uomini e donne. II divieto di sposarsi o formare coppie porterà all'estinzione degli Shakers. Nel 1876 i prodotti della setta riscossero uno straordinario successo alla Philadelphia Centennial Exposition e, a loro volta, gli Shakers furono affascinati dai pezzi esposti di Thonet, preferendone ovviamente i modelli più essenziali. Nella loro produzione vivono il gusto per l'eleganza misurata del mobile della Scandinavia (da cui molti di loro provenivano), ma anche il radicamento ai caratteri più genuini della nascente cultura americana. ### Thonet Nel 1819 apre a Boppard in Prussia (odierna Germania) il laboratorio di ebanisteria di Michael Thonet. È specializzato in pavimenti intarsiati e decorazioni lignee da applicare ai mobili tipici dell'epoca, segnati inevitabilmente dallo stile impero e dal gusto rococò. Thonet non è solo un virtuoso professionista, ma anche un amante della purezza della materia prima e soprattutto dell'indagine sulle sue potenzialità. Capisce ben presto che queste risiedono nella naturale versatilità del legno che varia a seconda del clima e delle sue stagioni, passando dalla flessuosità iniziale dei giovani arbusti ricchi di linfa alla tenace resistenza dei tronchi più stagionati. Intuisce anche che la sfida maggiore nella produzione non risiede tanto nel virtuosismo d'intaglio – che molti bravi competitor sono in grado di realizzare - quanto nell'implementare il ritmo di realizzazione senza compromettere la qualità del dettaglio. La logica risposta a tutto questo è nella semplificazione, nella riduzione e nel progetto basato su componenti realizzabili in linea e assemblabili nell'ultima parte del processo. Il decennio 1830-1840 è un periodo d'intensa sperimentazione nella bottega di Boppard. Anche quando realizza una serie per il palazzo Liechtenstein di Vienna in stile rococò si intravede la via della semplificazione che comincia a farsi largo. Nel 1841, infatti, Michael riceve l'attenzione del principe di Metternich, dopo una visita alla mostra dei mobili a Coblenza, e presto decide di trasferirsi a Vienna. Nel 1851 alla Great Exhibition di Londra è evidente il dualismo tra tradizione e innovazione presente nell'attività della bottega. Due sono infatti le collezioni esposte: una composta di mobili di lusso dalle fattezze complesse che sottolineano motivi ritorti e sono saggio di virtuosismo ebanistico; l'altra segue un andamento che è la semplificazione delle forme più in voga dell'epoca, di cui sembrano riprendere solo il profilo ondulato, ottenuto tramite la tecnica che renderà Thonet celebre nel mondo. Egli non inventa la tecnica di piegatura del legno tramite colla riscaldata, antichissima, già ampiamente utilizzata in carpenteria navale o dai fabbricanti di botti. La sua intuizione è dapprima quella di lavorare su fasci a sezione quadrata (quadrelli), uniti insieme per riuscire a creare curvature multiple in più direzioni. Ma è una lavorazione che richiede un esagerato impiego di manodopera. Quindi comprende che per piegare il legno massello ha bisogno di renderlo ancora più duttile. Per farlo non basta il bagno nella colla ad alta temperatura, serve qualcosa di più penetrante e potente: il vapore. Usa quindi quadrelli in massello che vengono esposti al vapore in un'autoclave a tubo, dunque immessi in casseforme di ghisa per assumere la forma definitiva e poi levigati sino alla sezione circolare di diverso spessore 26. Riesce così a combinare un'organizzazione da produzione meccanizzata e semi-industriale, ottenuta grazie anche alla semplificazione dei passaggi costruttivi, con una qualità del dettaglio degna di un ebanista scultore. Il risultato saranno mobili estremamente eleganti e, al tempo stesso, di costo contenuto, il cui metodo sarà brevettato nel 1841 e avrà un lungo successo. Se, infatti, i modelli storicistici moriranno con il passaggio delle mode, lo stile Thonet non tramonterà neanche dopo la morte del fondatore avvenuta nel 1871. Emblema di tutto ciò è la sedia modello n. 14 del 1859, formata da soli sei elementi (grazie all'unificazione di schienale e gambe posteriori in un unico pezzo), collegati tra loro in innesti per tangenza mediante viti e bulloni. Elegante e sinuosa nella forma, versatile e adattabile a ogni contesto in quanto non connotata da stili storicistici, geniale nella lavorazione, essa raggiunge a fine secolo i 50 milioni di esemplari venduti polverizzando ogni record. La praticità di trasporto, grazie alla possibilità di essere spedita smontata in componenti, assemblate facilmente una volta giunte a destinazione, la rende un modello adatto ai grandi luoghi pubblici destinati alle adunanze nel mondo, anche oltreoceano. Dalla prima grande industria in Moravia nel 1859, seguite poi da quelle in Ungheria e Polonia, la Thonet diventa una piccola multinazionale con punti vendita nelle maggiori capitali europee. Negli anni settanta dell'Ottocento il figlio di Michael, August, sperimenta sedute in lastra lignea piegata, che anticipano di molto le ricerche di Rietveld e Aalto27. Dopo la morte di Michael il successo dell'azienda prosegue con aggiunte prestigiose in catalogo, quali i progetti di Otto Wagner e Adolf Loos. Nel XX secolo seguiranno le sperimentazioni in tubolare metallico di Mies van der Rohe, Breuer, Le Corbusier e Stam, che molto devono alla visione e alla lezione di riduzione formale del grande Thonet. Le sue sedie saranno volutamente impiegate nei loro allestimenti da molti architetti e designer del XX secolo, da Loos a Le Corbusier ai fratelli Castiglioni, perché considerate il primo vero esempio di design in serie. ### 1.6 Gli oggetti "tecnici": la nascita dell'elettricità Le Corbusier), graffette (Johan Vaaler, 1899), il coltel- lino svizzero Victorinox (Karl Elsener, 1891), i jeans Levi's (1873) ma anche armi automatizzate come la pistola Colt (1847). Nel mondo dei trasporti nascono i primi treni con vagoni dallo spazio ottimizzato nel dettaglio, come quelli di Pullman