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COMPENDIO DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Giuseppina palermo ATTENZIONE Questo plico nasce dalle lezioni di Pace e Camera che si tengono, annualmente, quasi del tutto invariate. (Oggi Camera è stato sostituito da Cuocolo, ma il materiale da cui spi...

COMPENDIO DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Giuseppina palermo ATTENZIONE Questo plico nasce dalle lezioni di Pace e Camera che si tengono, annualmente, quasi del tutto invariate. (Oggi Camera è stato sostituito da Cuocolo, ma il materiale da cui spiegano è lo stesso.) Ci sono parti in cui sono stati esageratamente prolissi e contorti (gli studi epidemiologici presentati da Pace o i casi clinici presentati da Cuocolo), pertanto ho ritenuto opportuno riassumere e fare ordine tra tutte le nozioni dateci. In altri punti, d’altra parte, troverete delle integrazioni che ho ritenuto opportuno fare per rendere quanto più completo il plico (sono segnalate, state tranquilli). Questo compendio vuole essere un aiuto per il superamento dell’esame e, personalmente, ritengo che sia più che sufficiente; tuttavia, non si arroga il diritto di sostituire alcun libro. Pertanto, non mi assumo nessuna responsabilità. NB: non ho inserito molte immagini perchè una volta stampato il plico sarebbero state comunque pressocchè inutili. Quando lo ritenete necessario, googlate, fate prima. Se ci sono errori, segnalatemeli. Buono studio! 2 Indice Radiobiologia………………………………………………………………………………………………………………………………………...pag.3 Radioprotezione…………………………………………………………………………………………………………………………………..pag.13 Radiologia……………………………………………………………………………………………………………………………………………pag.20 Tomografia computerizzata………………………………………………………………………………………………..……………….pag.22 Risonanza magnetica……………………………………………………………………………………………………………………………pag.23 Ecografia……………………………………………………………………………………………………………………………………………..pag.31 Medicina nucleare……………………………………………………………………………………………………………………………….pag.35 Torace………………………………………………………………………………………………………………………………………………….pag.38 Cuore ……………………………………………………………………………………………………………………………………………….…pag.50 Vasi…………………………………………………………………………………………………………………………………………………..…pag.75 Senologia…………………………………………………………………………………………………………………………………….……….pag.80 Oncologia…………………………………………………………………………………………………………………………….………………pag.87 Tiroide…………………………………………………………………………………………………………………………….…………………..pag.91 Paratiroidi……………………………………………………………………………………………………………………….…………………pag.100 Surrene……………………………………………………………………………………………………………………….……………………..pag.103 Esofago………………………………………………………………………………………………………………….…………………………..pag.108 Stomaco………………………………………………………………………………………………………………….…………………..…….pag.110 Tenue………………………………………………………………………………………………………………….…………………………….pag.112 Colon………………………………………………………………………………………………………………….…………………….……….pag. 114 Fegato………………………………………………………………………………………………………………….……………………….…..pag. 116 Vie biliari………………………………………………………………………………………………………………….……………………….pag. 125 Pancreas………………………………………………………………………………………………………………….…………………………pag.130 Rene………………………………………………………………………………………………………………….……………………….……..pag.137 Vescica………………………………………………………………………………………………………………….……………………….….pag.144 Prostata………………………………………………………………………………………………………………….………………….……..pag.145 Testicoli………………………………………………………………………………………………………………….………………………….pag.148 Utero………………………………………………………………………………………………………………….……………….…………….pag. 151 Ovaie………………………………………………………………………………………………………………….……………………………..pag.153 Apparato muscolo-scheletrico……………………………………………………………………………………………………………pag.156 Neuroradiologia………………………………………………………………………………………………………………….………..…..pag. 163 Principi di radioterapia………………………………………………………………………………………………………………………pag. 170 3 INTRODUZIONE La diagnostica per immagini ha 2 scopi principali: Diagnosticare: e lo fa attraverso la radiologia, la tomografia computerizzata, la medicina nucleare, l’ecografia e la risonanza magnetica. Curare: e lo fa attraverso i raggi x, i raggi gamma, gli elettroni, e le particelle pesanti (particelle alfa, protoni ecc.) Con il termine radiazione si intende il fenomeno fisico del trasporto di energia attraverso lo spazio che può avvenire con modalità molto differenti: Tramite onde elettromagnetiche (descrivibili anche come fotoni, particelle che viaggiano alla velocità della luce e che non hanno massa e carica elettrica); Tramite particelle subatomiche, come le particelle α (nuclei di elio, composti da due protoni e due neutroni) o β (elettroni) emesse da isotopi radioattivi; i protoni usati in protonterapia; Quindi abbiamo: Radiazioni corpuscolate: elettroni, protoni, neutroni, ioni Radiazioni elettromagnetiche o fotoniche: raggi gamma e raggi X. Tutti i tipi di radiazione interagiscono con la materia, incluso il corpo umano, trasferendo ad essa tutta, o parte, della loro energia. RADIOBIOLOGIA La radiobiologia è una branca della biologia studia l'interazione delle radiazioni con la materia vivente, gli effetti che ne derivano e le loro conseguenze macroscopiche. L'interazione iniziale tra radiazione e materiale biologico avviene naturalmente già a livello atomico, ma gli effetti si manifestano attraverso il danno molecolare. Gli effetti radiobiologici consistono in radiolesioni cel- lulari che possono evolvere verso la distruzione (morte cellulare) oppure verso una restaurazione parziale o totale della struttura e delle funzioni della cellula. Le radiazioni hanno alcune caratteristiche: nel caso delle radiazioni elettromagnetiche possiamo descrivere l’intensità e l’energia. L’intensità è data dal numero di fotoni costituenti il fascio, mentre l’energia è quella che l’elettrone è in grado di acquisire. L’energia invece si ascrive sia alle elttromagnetiche che alle corpuscolate. L’energia ha un’unità di misura che è l’elettronvolt. In particolare, 1 elettronvolt = energia che l’elettrone acquisisce se sottoposto ad una differenza di potenziale di 1 volt. L’ordine di grandezza maggiormente utilizzate in diagnostica è il keV (kiloeV, cioè 1000 eV) e MeV (megaEv, cioè 106 eV), in radioterapia e medicina nucleare, keV e mV (millivolt, pari a 0,001 volt), per la radiologia e tc. In altre parole, si utilizzano energie molto più alte nelle terapie che nelle normali indagini di diagnostica. 4 Le radiazioni elettromagnetiche sono onde e quindi hanno una frequenza che ci consente di classificarle in: A bassa frequenza (onde radio, microonde, infrarossi), Ad alta frequenza (raggigamma, raggi x e raggi cosmici, nell’insieme intese come radiazioni ionizzanti) Le radiazioni, in genere, sono suddivise in due grandi categorie a seconda della loro capacità di modificare il numero di elettroni di un atomo o di una molecola (ionizzare) la materia biologica da cui dipende la natura dei possibili danni agli organismi esposti: Radiazioni ionizzanti (raggi X e gamma, i cui fotoni sono ad alta energia, e particelle subatomiche ad alta energia) Radiazioni non ionizzanti (onde elettromagnetiche i cui fotoni sono a bassa energia, ultrasuoni Le radiazioni ionizzanti possiedono un’energia sufficiente (>33 eV) a provocare la ionizzazione della materia irradiata, in genere attraverso l’allontanamento di un elettrone orbitale. Le radiazioni sono emesse da diverse sorgenti: Le sorgenti radioattive (naturali, artificiali) sono rappresentate da atomi radioattivi. Quelle artificiali sono utilizzati o in diagnostica o per radioterapia Apparecchiature radiogene: es. tubi radiogeni, le radiazioni sono emesse solo quando lo strumento è in funzione Quando una particella ionizzante interagisce con le molecole di un tessuto organico, essa perde energia e la cede agli elettroni degli atomi. Quando un elettrone viene strappato ad un atomo, lo ionizza. Inoltre, a causa della energia cinetica acquistata, lungo il suo percorso interagisce e ionizza altri atomi del tessuto. Questo processo infine comporta la produzione di radicali liberi, soprattutto se coinvolte le molecole di acqua, che possono interagire tra loro o con altre molecole e indurre cambiamenti biologicamente significativi nelle mo- lecole stesse, causa di un loro malfunzionamento. Le radiazioni hanno un effetto sia diretto che indiretto, quest’ultimo è ottenuto agendo attraverso l’acqua con la formazione di radicali liberi che a loro volta causano danni. È importante valutare il potere di penetrazione delle radiazioni attraverso la materia: Per le elettromagnetiche non c’è mai la possibilità di schermarle totalmente, si utilizzano comunque materiali ad alto Z e spessi, come piombo e cemento; Per le particelle basta un materiale a basso Z per fermarle, infatti è sufficiente plastica o carta. LET, dose assorbita, dose equivalente e dose efficace Le radiazioni nell’attraversare la materia cedono energia per ionizzazione, valutata con il parametro linear energy transfer (LET), ovvero la quota di energia ceduta nel percorso dalla radiazione in keV/micron. I raggi gamma e X hanno basso LET (cedono poca energia), mentre le corpuscolate hanno alto LET (cedono molta energia), spiegando così il potere di penetrazione e le applicazioni in diagnostica. Basso LET significa che nel percorso non perde energia e quindi arriva al tessuto con tutta l’energia. Se il let è basso, quindi, la dose assorbita sarà più alta. L’effetto biologico delle radiazioni ionizzanti dipende dalla quantità di energia ceduta dalla radiazione al tes- suto biologico. La grandezza fisica è la dose assorbita, la cui unità di misura è il Gray. 1Gy= 1J/Kg, è una misura applicabile solo su un sistema biologico. La dose assorbita può essere influenzata da: Tempo: un oggetto sottoposto a radiazioni per più tempo assorbirà maggiore energia; quindi, poten- zialmente può essere più probabilisticamente danneggiato. Distanza; raddoppiando la distanza tra soggetto e fonte radiogena, la dose assorbita si riduce di quat- tro volte. Schermatura: utilizzando pannelli di piombo sulle pareti, vetri con piombo, camici di piombo, parati e mobili in piombo, vengono schermati gli ambienti circostanti. Tiene conto di tempo, distanza e schermatura. Gli effetti delle radiazioni sono valutabili con la dose equivalente, che è la dose media ad organo o tessuto pesata moltiplicata per un fattore adimensionale(wR), che è dipendente dalla radiotossicità delle radiazioni 5 (non tutte le radiazioni hanno la stessa tossicità). L‘unità di misura è sievert. 1sv= 1 Gy x wR (wR in campo biomedico è pari a 1). Tiene conto quindi del tipo di radiazione. Bisogna tener conto delle caratteristiche dei tessuti e delle loro diverse sensibilità per la stessa radiazione ovvero la dose efficace, sempre in sievert, ottenuto moltiplicando Gy per EBR (efficacia biologica relativa, che dipende dalle caratteristiche del tessuto). Tiene conto del tipo di tessuto. Effetti molecolari In base alle capacità di riparazione del danno al DNA, si distinguono: Danno non riparabile e quindi letale, che porta a morte della cellula; Danno riparabile che a sua volta può essere: o Potenzialmente letale → se non intervengono i processi di riparazione porta a morte; o Subletale che porta a morte cellulare se si accumula più di un danno. Gli effetti cellulari sono quindi o morte immediata o mutazioni/alterazioni cromosomiche fino a carcinoge- nesi. In radiobiologia i progressi si sono ottenuti con studi in vitro di popolazioni cellulari che vengono irradiate valutando la frazione sopravvivente. Se irradiamo, al crescere della dose (=dell’energia) si riduce la frazione sopravvivente in modo esponenziale con grafico semilogaritmico. Diversi tipi cellulari hanno diverse frazioni sopravviventi, cioè la radiosensibilità dei vari tipi cellulari è diversa. In un grafico con dose assorbita in ascisse e frazione sopravvivente in ordinate si nota che: D. radiodurans (è un batterio) resiste a tutti i tipi di radiazione; quindi, anche al crescere della dose assorbita, la frazione soravvivente è sempre uguale. Nei batteri la linea inizia ad avere una pendenza: al crescere della dose la frazione di cellule che resi- stono diminuiscono. Nelle cellule di mammifero la curva è quasi praticamente rettilinea parallela alle ordinate, cioè già per bassa dose assorbita la frazione sopravvivente cellulare diminuisce drasticamente. Tuttavia, a dosi molto basse, la frazione sopravvivente delle cellule del mammifero non si riduce in maniera esponenziale, ma decresce più lentamente, solo dopo una certa dose è esponenziale. Questa viene chiamata curva esponenziale con spalla (la parte iniziale non logaritmica della curva è appunto la spalla). La spalla indica la radiosensibilità: una spalla ampia indica capacità di recupero, una spalla stretta indica una limitata tendenza al recupero. In altri termini se la popolazione cellulare si riduce sin da subito, probabilmente non ha capacità di ricrescere successivamente. Questo consente di classificare i tessuti in ordine decrescente di sensibilità: 1. TESSUTO LINFOEMOPOIETICO E GONADI sono quelli in assoluto più radiosensibili 2. EPITELO DEL CRISTALLINO EPITELIO GASTROINTESTINALE, EPIDERMIDE ED EPITELI IN GENERE sono modicamente radiosensibili 3. PARENCHIMI, ENDOTELI IN GENERE E CONNETTIVI sono meno radiosensibili 4. TESSUTO NERVOSO, TESSUTO OSSEO E TESSUTO MUSCOLARE sono i meno radiosensibili in assoluto. Cosa notiamo innanzitutto? Che la radiosensibilità dipende principalmente dal grado di mitosi della popola- zione cellulare. Tuttavia, esso non è l’unico fattore, ce ne sono di vari: Fattori biologici: Grado di proliferazione cellulare Fase del ciclo cellulare in cui la cellula si trova (la fase Go è la meno radiosensibile). Ciò è dovuto al fatto che durante la sintesi delle proteine in G1 e G2 o durante la sintesi del DNA in S, queste molecole sono appunto più accessibili fisicamente alle radiazioni (il DNA in fase precoce S è a singolo filamento e direttamente accessibile dalle radiazioni). Fattori fisici: Intensità di dose, LET (sono i parametri descritti precedentemente) 6 Modalità di somministrazione: Il trattamento radioterapico è frazionato nel tempo: es. ca mamma- rio dopo intervento chirurgico prevede 50gy totali divisi in 5 giorni alla settimana con dosi di 1/5gy. In tal modo si evitano danni eccessivi alle cellule/tessuti interposti al tumore, tipo cute osso ecc. Il frazionamento amplifica la differenza di radiosensibilità tra tessuto normale e neoplastico. Il frazio- namento comporta: o Riparazione (la capacità riparativa è variabile nel tempo e a seconda del tessuto, in genere è minore nella neoplasia, quindi va a nostro vantaggio); o Ripopolazione (tra una dose e l’altra si ha replicazione cellulare sia nel tessuto sano che ma- ligno, che in quest’ultimo caso può alterare l’efficacia del trattamento); o Ridistribuzione (la sensibilità delle cellule al danno da RT varia col ciclo cellulare; è massima in G2 e M. Col frazionamento c’è sincronia della fase cellulare migliorando l’efficacia del trat- tamento); o Riossigenazione (molti tumori hanno cellule ipossiche da neoangiogenesi insufficiente; il fra- zionamento riduce l’ipossia, migliora il flusso e quindi il trattamento). I processi di recupero e ripopolazione rendono i tessuti più radioresistenti ad una seconda dose di radiazione. La ridistribuzione e la riossigenazione li rendono più radiosensibili. Fattori chimici: Effetto ossigeno: l’ossigeno rende le cellule più radiosensibili per la maggior presenza ed efficacia di radicali liberi. Nelle cellule ipossiche (es. la parte centrale di un tumore); in carenza di ossigeno, la radiolisi dell’acqua produce meno radicali liberi, dunque c’è minor danno, facendo aumentare la fra- zione sopravvivente. La radiosensibilità delle cellule dipende sia dalla suscettibilità alla morte da apoptosi che dalla capacità di recupero; questo vale sia nei tessuti sani che in caso di neoplasie. Al- cune neoplasie sono più radiosensibili di altre e questo comporta una diversa scelta del tipo di trat- tamento: i linfomi e i mielomi sono più sensibili, meno i sarcomi e i melanomi. Radioprotettori (glutatione) Radiosensibilizzante (misonidazolo). Classificazione del danno da Radiazioni Danno Letale Danno Subletale Danno Potenzialmente Letale Dal punto di vista dell’impatto di questo sugli organi ed organismi viene suddiviso in: Danni Deterministici (severità del danno è in funzione della dose → >dose = >danno) Danni Stocastici (danno probabilistico; un danno che si manifesta con una probabilità crescente al crescere della dose) A ciascuna di queste categorie corrispondono patologie diverse MODELLI RADIOBIOLOGICI Sono quei modelli che tendono a spiegare come tutta la serie di eventi fisici, chimici portano al danno clini- camente evidenziato. Vi è un modello classico e uno più attuale (riformulato). Modello radiobiologico classico Il sito fondamentale di interazione tra radiazioni e molecole è a livello del DNA; gli enzimi sono in grado di riarare alcuni danni. L’ambiente extracellulare fornisce agenti in grado di potenziare l’effetto lesivo (effetto ossigeno) o di ridurlo. Secondo il modello classico quindi le radiazioni determinano un danno mutazionale a livello di alcuni geni e la cellula legge tale danno decidendo di attivare l’apoptosi oppure di tentare di aggiu- starlo. Modello radiobiologico riformulato Le radiazioni ionizzanti interagiscono col DNA. Attivano le vie di trasduzione del segnale a livello citoplasma- tico con l’attivazione di geni che determinano perturbazione del ciclo cellulare. Questo determina alterazione di pathways che quindi non sono molto diversi dalle alterazioni indotte da altri agenti patogeni. Secondo questo modello vengono attivati geni che poi difatti inducono morte cellulare. 7 Un esempio è quello che avviene nell’interazione delle radiazioni con cellule che presentano un gene p53 in forma wild oppure mutata. Nel caso del gene wild, il danno al DNA comporta un’attivazione della proteina p53 con arresto del ciclo in G1, ciò comporta un aumento della radiosensibilità in seguito ad attivazione della risposta apoptotica Nel caso del gene mutato si ha l’effetto opposto perché si ha una mitosi, un ripopolamento e quindi lo sviluppo di radioresistenza Radioresistenza e ormesi Un concetto importante da sottolineare è che per dosi assorbite molto basse, quindi all’inizio dell’esposi- zione, qualsiasi tipo cellulare manifesta alta sensibilità, man mano che le dosi assorbite crescono si ha un’in- crementata resistenza. Quindi sebbene i dai descritti precedentemente ci dicano che ci sia una riduzione logaritmica nel tempo delle cellule esposte man mano a radiazione, nella realtà i dati sperimentali mostrano altro: all’inizio, cioè quando la nostra popolazione cellulare riceve per la prima volta la dose di radiazioni la frazione di sopravvivenza si riduce abbastanza rapidamente. Si ha quindi un aumento della sensibilità alle radiazioni. Aumentando un po' la curva di sopravvivenza tende ad appiattirsi, quindi sostanzialmente muoiono meno cellule. Solo dopo un certo punto la curva la frazione sopravvivente rirende a diminuore drasticamente. Questo fenomeno di radiosensibilità e successivo incremento di radioresistenza si manifesta in particolar modo per le radiazioni a basso LET (che sono appunto quelle usate in diagnostica per immagini e radiotera- pia). Come ci spieghiamo ciò? Questo particolare fenomeno è spiegabile dal fatto che nella prima fase, le cellule non sono mai state irradiate e quindi non hanno ancora attivato i meccanismi di riparazione – quindi una certa quota subisce un danno letale e muore. Quando le cellule che sono sopravvissute a questa prima irra- diazione ricevono successive dosi di radiazioni, sono pronte a rispondere; ed i danni subletali sono facilmente riparabili da sistemi che sono già attivi. Tuttavia, arriva un momento nel quale la quantità di radiazioni (ener- gia) che viene ceduta sopravanza le capacità riparative delle cellule che quindi cominciano a morire – più aumenta la dose, più cellule muoiono e più si riduce la frazione sopravvivente. Ciò va a definire il concetto di ORMESI: è un meccanismo fisiologico che è presente a basse dosi di agenti tossici e che non può essere estrapolato dagli effetti tossici evidenti ad alti dosaggi. Questo meccanismo prevede che basse dosi di radiazioni (o agenti tossici) preparano gli organismi a successive esposizioni, atti- vando i sistemi di riparazione. Questo meccanismo è stato dimostrato sperimentalmente a livello: Molecolare (riparazione del DNA, detossificazione dei radicali) Cellulare (immunostimolazione, fertilità) Dell’organismo (incremento della vita media) Prende anche il nome di mitridizzazione (il Re Mitridade si faceva dare ogni giorno un po’ di veleno per abi- tuare l’organismo e non morire nel caso venisse poi avvelenato volontaramente da qualcuno, secondo alcune fonti anche Putin lo fa). Conclusioni: Si è visto che gli organismi presentano una risposta bifasica alle radiazioni del sistema antimu- tageno. Le radiazioni ionizzanti hanno un effetto significativo sul controllo del danno al DNA Alte dosi e/o alto dose rate ne sopprimono l’attività riparativa; basse dosi invece ne stimolano l’attività. Esempi che provano la veridicità di quanto detto: Studi epidemiologici hanno evidenziato che: nelle popolazioni esposte ad aree con alto fondo ra- dioattivo (USA, Cina, Iran ed India) non vi sono significativi aumenti di mortalità per cancro. È stato osservato, anzi, che in molti casi in popolazioni esposte a basse dosi di radiazioni la mortalità era inferiore. Tra il 1930 e il 1952 per fare lo screening della tubecolosi si sottoponevano a fluoroscopia il torace di migliaia di soggetti. La fluoroscopia sottopone a radiazioni (150 mGy – 250 mGy) il torace, quindi sono state studiate tali donne e si è studiato se nel temo avessero poi sviluppato carcinoma 8 mammario con una prevalenza più alta di chi non si fosse esposto a tale studio. Si è visto che presen- tavano un SMR (rate di mortalità standardizzato) inferiore ad 1 quindi più basso della popolazione non esposta. Cioè non solo non avevo sviluppato il ca mammario più frequentemente delle donne non esposte, ma addirittura la percentuale era ridotta. Danni determinisitici Per i DANNI DETERMINISTICI esiste una: Dose soglia (dose al di sotto della quale non si manifesta alcun effetto e al di sopra della quale si manifesta un effetto – la cui gravità aumenta con l’aumentare della dose) Periodo di latenza breve (ordine di ore, giorni) Tutti gli individui che ricevono una dose superiore alla dose soglia manifestano il danno Irradiazione totale corporea Esistono delle Sindromi Specifiche da Radiazioni dovute ad Irradiazione Totale Corporea. Questo è un evento che non si manifesta nella pratica medica, ma durante un incidente nucleare (centrali nucleari, bomba ato- mica): 1 Gy < dose < 10 Gy: Sindrome ematologica 10 Gy < dose < 100 Gy: Sindrome gastroenterica Dose > 100 Gy: Sindrome del S.N.C. Queste sindromi si manifestano con sintomi legate al tessuto coinvolto: (questi soggetti hanno ANCHE la sindrome ematopoietica). Questo si è verificato nelle persone esposte all’evento di Chernobyl Esposizione cutanea parziale Nella pratica medica invece, quello che si può verificare è una Sindrome Acuta da Raggi dovuta ad Esposizione Locale da Radiazioni maggiormente a carico degli operatori. Nel 90% dei casi sono coinvolte le mani e quindi i danni sono quelli legati all’irradiazione cutanea: Si possono avere lesioni ACUTE che si manifestano a di- stanza di poche ore dall’esposizione e danni TARDIVI che si manifestano a distanza di settimane/mesi. (Questo argomento sui danni sarà sicuramente argomento d’esame e che non è necessario ricordarsi i valori numerici quanto i concetti) Nel passato i danni somatici deterministici si verificavano principalmente nei radiologi; perciò, si diedero gli appellativi di “cute del radiologo”, “sangue del radiologo”, “cataratta da raggi del radiologo” con le loro soglie specifiche. Oggi questi danni somatici deterministici sono quasi scomparsi, non si vedono più perché le soglie necessarie per la manifestazione del danno non vengono mai superate. Danni somatici stocastici I DANNI SOMATICI STOCASTICI sono quelli che teoricamente ci possono far stare più in allerta perché questi non sono altri che le Leucemie e i Tumori solidi. Questi sono danni in cui, ad aumentare è la probabilità all’aumentare della dose e non la severità. Quindi: più dose ricevo, più è probabile che abbia questo tipo di danno Distribuzione casuale nella popolazione → se due persone hanno ricevuto la stessa dose, non è detto che entrambe manifestino il danno Si assume che non ci sia una soglia perché usiamo un modello conservativo, proprio perché abbiamo a che fare con una patologia abbastanza grave – quindi qualsiasi dose, anche minima, può portare una probabilità anch’essa minima di avere la patologia Lunga latenza Indistinguibili dalle forme non radioindotte – il nesso, quindi, va ricercato con l’anamnesi perché non si può, dal punto di vista anatomopatologico, capire se quel tumore è stato indotto dalle radiazioni oppure no. La maggior parte delle informazioni che abbiamo su questi danni derivano dagli studi effettuati sui soprav- vissuti delle due bombe atomiche della Seconda guerra mondiale. Nel 1950, a distanza di 5 anni cominciarono le osservazioni: Si vide come col passare degli anni ci fosse una variazione di incidenza delle leucemie nei 75 mila sopravvissuti delle due città. 9 Per quanto riguarda il rischio di cancro indotto da radiazioni, sono stati proposti vari modelli interpretativi: Linear no-Threshold (lineare senza soglia) con due modalità di espressione: (high dose rate e low dose rate – intensità di dose) Nell’uso delle radiazioni in campo biomedico il modello interpretativo che ci interessa è il low dose rate. Questo significa che il danno somatico stocastico non prevede una soglia ma prevede un andamento lineare – per cui all’aumentare della dose aumenta il rischio di sviluppo di un tumore correlato alle radiazioni. Anche se, ci sono evidenze ben fondate – grazie a studi epidemiologici – che dimostrano che a dosi molto basse in realtà vi è una riduzione del rischio. (come detto finora!) Il concetto è che: BISOGNA rispettare le norme e quindi evitare di esporsi alle radiazioni, in accordo col mo- dello precedentemente descritto (cioè quello lineare), però bisogna anche sapere che non c’è motivo di es- sere allarmisti verso sé stessi o verso i pazienti, perché appunto dosi molto basse non solo non sono dannose ma sono anche protettive. Danni genetici stocastici I DANNI GENETICI STOCASTICI sono principalmente mutazioni spontanee. In molti casi la causa di una muta- zione spontanea è ignota: 30% - 50% degli aborti spontanei 8% - 10% dei nati vivi 20% bambini in ospedali pediatrici 10.7% degli individui avrà nella sua vita un disordine genetico Quello che si fa in radiobiologia è calcolare la Dose di Raddoppio (Doubling Dose, DD) che è la dose di irra- diazione che raddoppia la frequenza di mutazioni spontanee. Nei sopravvissuti alla bomba atomica la DD è stata calcolata di 1.56 Gy. Riportando i dati di studi animali, la DD nell’uomo è tra 0,5 Gy e 2,5 Gy. Quindi ricevendo una dose singola di 1,5 Gy si ha un raddoppio di frequenza di mutazioni spontanee. Nel caso di un’IRRADIAZIONE FETALE: Preimpianto: dal 1° al 10° giorno Organogenesi: dall’ 11° al 42° giorno Accrescimento: dal 43° giorno alla nascita Le radiazioni sono teratogene; gli effetti dipendono dalla dose e dalla fase di sviluppo. I principali effetti sono: morte, malformazioni, ritardo di crescita, difetti congeniti e cancro. Solo per dosi fetali > 10 cGy è da consi- derarsi l’aborto. Un altro concetto importante è la maggiore radiosensibilità dei bambini: Sono soggetti in rapido accrescimento con le cellule che si dividono più rapidamente Maggiore distribuzione di tessuti radiosensibili in accrescimento: o mammella, tiroide, gonadi, mi- dollo rosso (nei bambini per il 40% si trova nelle ossa lunghe e nel cranio) Hanno una maggiore aspettativa di vita o più tempo per sviluppare una neoplasia ESPOSIZIONE DELLA POPOLAZIONE Esterna (fasci di radiazioni) Interna (sorgenti sigillate – se si introduce nel corpo una sostanza radioattiva sigillata cioè che non è in grado di distribuirsi all’interno del corpo. Es: brachiterapia in corso di carcinoma prostatico) Contaminazioni (sorgenti non sigillate – se si introduce nel corpo una sostanza radioattiva non sigil- lata che poi può diffondere all’interno del corpo) Tutti quanti sono esposti alle radiazioni: cosmiche, presenza di sostanze radioattive nella crosta terrestre, dovute al radon che è il prodotto del decadimento radioattivo del radio. Si stima che il cosiddetto “fondo radioattivo” costituito da tutte queste componenti è di circa 2.4 mSv/anno. Ci sono zone che hanno un mag- gior contributo di radiazioni derivanti dalla crosta terrestre come quelle ad origine vulcanica; oppure ci sono zone a maggior esposizione delle radiazioni cosmiche come le zone ad alta quota. Ovviamente, oltre all’espo- sizione del fondo radioattivo, ci sono esposizioni di origine umana – di tipo occupazionale, industriale e 10 medico. Negli anni ’80 negli USA si stimava che le radiazioni di fondo rappresentassero l’83% dell’esposizione. Nel 2016 l’esposizione globale della popolazione è aumentata da 3.6 mSv a 6.2 mSv con un enorme aumento del contributo legato alle esposizioni di tipo medico. Questo dato è la conseguenza dell’esplosione delle me- todiche di diagnostica per immagine; basti pensare che la TC è stata inventata verso la metà degli anni ’70, quindi nell’80 c’erano poche apparecchiature. Oggi abbiamo un’ampia diffusione delle apparecchiature ed un utilizzo forse anche eccessivo. DOSE mSv PER ESAME DIAGNOSTICO La TC Torace e Addome presentano dei range così ampi perché questi sono esami che si possono realizzare sia con che senza mezzo di contrasto. La rx torace è quella a minore dose, la scintigrafia ossea è quella a maggiore dose. CATEGORIE DI RISCHIO Sono a rischio 0 le metodiche di diagnostica che non utilizzano radiazioni ionizzanti – risonanza magnetica ed ecografia; Sono di rischio trascurabile con 0,01 Sv esami come la rx torace; Un rischio minimo è dato dalla radiografia del cranio; Un rischio molto basso è dato dalla radiografia del rachide. Un rischio basso con una dose effettiva di 10 mSv è dato da tutte le procedure con mdc, le TC e molte procedure di medicina nucleare. DANNO DA RADIAZIONI DA ESPOSIZIONI MEDICHE Sia se si è esposti per ragioni professionali (radiologi, TSMR, medici nucleari, addetti alla gammagrafia nei cantieri ecc..) sia se si è esposti per ragioni mediche solitamente non si ricevono (tranne che nel caso della radioterapia) dosi in grado di produrre effetti deterministici. Lo stato attuale di conoscenza in questo campo può essere così riassunto: esiste una informazione ben documentata sugli effetti di esposizione acuta (cioè limitata nel tempo) ad alte dosi; ma esiste una limitata conoscenza per gli effetti di: Dosi acute non troppo elevate e non ripetute; basse dosi acute ripetute occasionalmente; bassissime dosi croniche Ricapitolando Il danno biologico è dovuto alla interazione delle radiazioni con le molecole dei tessuti. Le radiazioni deposi- tano energia lungo il percorso: rompono i legami chimici delle molecole dei tessuti e creano radicali liberi che poi reagiscono chimicamente con le cellule. L’effetto biologico delle radiazioni non sostanzialmente diverso da qualsiasi effetto chimico. Il danno biologico è proporzionale alla dose assorbita ossia all’energia depositata dalla radiazione per unità di massa. La dose assorbita si misura con strumenti fisici che rilevano il campo di radiazioni esistente in un dato punto dello spazio. Vengono fatte delle assunzioni conservative: Esiste una relazione lineare dose-effetto per qualsiasi esposizione, sia acute che croniche, indipen- dentemente dall’intensità della dose ricevuta: Il danno è proporzionale alla dose integrale assorbita. Non vi è alcuna soglia sotto la quale il danno non si manifesta Tutte le dosi sono completamente additive, indipendentemente dal ritmo di assunzione e dagli in- tervalli temporali tra le assunzioni Non vi è alcun meccanismo di riparo alla radiazione Come sappiamo collegare il danno alla dose? Conoscenze sui danni generati dalla radiazione sull’uomo vengono da: Studi sui sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki Studi su popolazioni esposte a radiazioni nucleari Conseguenze di terapia mediche Conseguenze di incidenti nucleari Esperimenti su animali 11 L’uso pacifico dell’energia nucleare è senza dubbio l’attività con il maggiore e più severo controllo sui rischi dei lavoratori e della popolazione. Esiste un organismo mondiale che è l’IRCP (international commission on radiation protection). Le sue racco- mandazioni sono recepite da tutti i paesi. Le raccomandazioni dell’IRCP vengono inizialmente recepite dall EURATOM, il quale emana successivamente queste raccomadazioni ai paesi membri della comunità europea. Le raccomandanzioni dell’IRCP: PRINCIPIO DI GIUSTIFICAZIONE: nessuna attività umana con radiazioni deve esere accolta a meno che la sua introduzione produca un BENEFICIO netto e dimostrabile. PRINCIPIO DI OTTIMIZZAZIONE: ogni esposizione alle radiazioni deve essere tenuta tanto bassa quanto è ragionevolmente ottenibile in base a considerazioni sociali ed economiche. PRINCIPIO DI LIMITAZIONE DELLA DOSE: l’equivalente di dose ai singoli individui non deve superare i limiti raccomandati. I 3 principi devono essere applicati in sequenza: si passa cioè al secondo quando si sia verificato il primo, e al terzo quando si sia verificato il secondo. Qual è l’assurdo di questo principi? L’IRCP, nel principio di limitazione della dose, raccomanda che non si deve superare una certa dose; tuttavia, non dice il valore della dose per il pz! Quello che fa è stabilire dei livelli di dose raccomandati – Livelli Diagnostici di Riferimento (LDR) per la popo- lazione intesa in generale (in base al discorso fatto finora) e per i lavoratosi esposti alle radiazioni. In particolare, indica che il limite per i lavoratori esposti professionalmente è di 100mSv in 5 anni (in media 20 mSv all’anno). Per il personale professionalmente esposto è importante misurare l’esposizione individuale alle radiazioni ionizzanti e questo è realizzabile con degli strumenti. Il più diffuso è il FILM-BADGE il cosiddetto dosimetro (altri che non cita sono: Dosimetri Termo-Luminescenti (DTL); Camera di Ionizzazione Tascabile (Penna); Do- simetri Personali Elettronici). Il FILM-BEDGE è formato da una pellicola avvolta in un contenitore di plastica inserita in un altro contenitore di plastica. La pellicola si annerisce tanto più quanto è la dose di radiazione assorbita. Questa pellicola viene sviluppata e letta, e dall’intensità dell’annerimento si risale alla dose che la persona ha ricevuto (grafico). I FILM-BADGE vanno portati di solito nella regione del torace sul camice e sotto le protezioni. Vengono cambiati e misurati su base mensile. La sorveglianza ambientale viene eseguita tramite la Camera di Ionizzazione portatile ed il Geiger-Mueller (GM) I rilevatori a gas sono degli strumenti che contengono un gas circondati da pareti/elettrodi uno positivo e l’altro negativo → quando passano le radiazioni in questo contenitore, le molecole del gas vengono ioniz- zate e ciò comporta che gli ioni negativi vanno verso il polo positivo e quelli positivi verso quello negativo; ciò genera una corrente che si può misurare e dall’intensità della corrente si risale all’intensità delle radia- zioni. Mentre per la popolazione nel suo insieme la raccomandazione è di massimo 1 mSv all’anno, che rispecchia il valore della radioattività naturale. 12 RADIOPROTEZIONE Introduzione L’uomo è continuamente in contatto con le radiazioni cosmiche (elementi presenti in natura), come il K40 (che può essere nel nostro corpo perché prende il posto del K stabile) o elementi della famiglia radioattiva (come il Torio e l’Uranio). Si chiamano famiglie radioattive perché si trasformano in altre sostanze radioattive e, tra queste c’è anche la serie del Radio che edita al Radon. Generalmente queste radiazioni non sono suffi- cienti a provocare danni. Gli effetti dannosi delle radiazioni sono stati scoperti nel momento in cui sono stati identificati gli elementi che le generano. Nel 1895 Roentgen scoprì l’esistenza dei raggi X, mentre poco dopo Bequerel evidenziò la radioattività naturale, in particolare scoprì l’Uranio. Negli stessi anni Marie Curie scoprì il Radio e il Polonio. Poco dopo la scoperta dei raggi X, vennero costruiti dei macchinari capaci di produrre tali radiazioni per studi diagnostici ma che subito mostrarono la capacità di provocare lesioni della cute co- nosciute come dermatite subacuta da raggi X. Bequerel e Pierre Curie ebbero delle esperienze, rispettiva- mente casuale e autolesionista, con le quali idealizzarono che il potere delle radiazioni, oltre che lesivo, po- teva essere terapeutico. Iniziarono quindi una serie sperimentazioni, con la positività tipica del tempo, es- sendo tutti convinti dell’assoluto effetto benefico di questi raggi appena scoperti, di fatto vennero iniettati in alcuni malcapitati Torio e Radio che portarono all’insorgenza di neoplasie. A circa vent’anni dalla scoperta di questi elementi radioattivi vennero evidenziate una serie di tumori dovuti all’esposizione alle radiazioni. Negli anni ’20 furono evidenziate patologie professionali legato a queste esposizioni, esempi: la produzione di orologi con quadrante luminescente era possibile con l’utilizzo di vernici con Sali di Radio. I pittori inumi- divano i pennelli con le labbra e ciò portò all’insorgenza di numerosi tumori ossei mascellari; i lavoratori delle miniere di Cobalto per il contatto con il Radon. In questo periodo Muller con i suoi studi di genetica evidenziò che le radiazioni ionizzanti provocano nei moscerini della frutta mutazioni genetiche e cromosomiche che vengono trasmesse alla progenie. Si cominciò a parlare di radioprotezione solo nel secondo dopoguerra, quando Tzuzuki riportò la presenza di oltre 200 casi di leucemia nei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, con un’incidenza molto più alta di quella attesa nella popolazione. Radioprotezione Nacque così la normativa radioprotezionistica che tutelò coloro che sono esposti alle radiazioni per motivi professionali o per prestazioni mediche diagnostiche o terapeutiche. Da quel momento c’ è stata diminuzione delle lesioni deterministiche. Oggi le lesioni professionali si verificano solo in caso di incidente e non nella pratica quotidiana. La maggior parte delle esposizioni della popolazione alle radiazioni è dovuta alle pratiche mediche. Nel 1928 venne istituita la Commissione Internazionale per le Protezioni Radiologiche (ICRP), entità non governativa riconosciuta dall’ONU che guida anche l’Europa a fissare le direttive per le protezioni contro le radiazioni ionizzanti, quest’ultime riconosciute sin dalla loro scoperta come dannose. La normativa italiana è stata pubblicata nel Decreto Legislativo del 31 luglio 2020 (Decreto-legge 101) che fa riferimento alla nor- mativa 2013/59/EURATOM. Il sistema di radioprotezione è volto a vari aspetti molti dei quali non ci interes- sano in quanto medici ma, è bene sapere che tutto ciò che ha a che fare con le sostanze radioattive (incluse quelle che in Italia non ci sono più e legate alle scorie degli impianti nucleari che, necessitano comunque di essere smaltite). Sistema di radioprotezione si basa su tre principi, detti precedentemente: Giustificazione: gli atti giuridici che consentono lo svolgimento di una pratica garantiscono che il be- neficio per i singoli individui o per la collettività sia prevalente rispetto al danno che potrebbe deter- minare Ottimizzazione: l’esposizione deve essere ottimizzata allo scopo di mantenere al minimo ragionevol- mente ottenibile la dose individuale, la probabilità di esposizione e il numero di individui esposti. In ambito medico si riferisce alla singola dose che il paziente riceve durante una procedura diagnostica o terapeutica, la quale deve essere bassa ma tale da perseguire il fine della procedura Limitazione delle dosi: nelle situazioni di esposizione pianificata, la somma delle dosi cui è esposto un individuo non può superare i limiti fissati per l’esposizione professionale o del pubblico, ma le esposizioni mediche non hanno un limite definito dalla legge, bensì sono presenti dei livelli di dose raccomandati. La legge dice: la dose deve essere tanto bassa quanto ragionevole (dipende anche dalle attrezzature usate). 13 I principi appena citati si applicano in particolare alle esposizioni mediche e alle esposizioni con metodi- che per immagini a scopo non medico (cioè a quelle usate per valutare l’idoneità fisica di un soggetto per un determinato lavoro o in campo assicurativo). Le attuali normative regolano: Esposizioni del pubblico inteso come popolazione generale escludendo il personale esposto per motivi lavorativi e coloro che hanno un’esposizione per motivi medici. Per evitare questa espo- sizione, che non è mai giustificata, i reparti di radiologia devono essere predisposti al conteni- mento delle radiazioni affinché coloro che sono all’esterno siano sottoposti a dosi inferiori a quelle stabilite dalla legge. L’insieme di persone presenti in un ambiente a rischio è definito “gruppo critico”. La legge dice che il limite di esposizione per il pubblico è di 1mSv (Sievert) per anno solare. Non potendo misurare questo valore per ogni persona che circola nei dintorni di un reparto di radiologia, è fondamentale che dal reparto non fuoriescano dosi di radiazioni superiori a questo valore. Per questo motivo i reparti sono costruiti con pareti dotate di schermatura o hanno una parete di calcestruzzo di notevole spessore per ridurre al minimo le radiazioni uscenti o addirittura azzerarle; Esposizione professionale/occupazionale: in questo ambito il principio di giustificazione non si applica, è soltanto un atto politico in quanto il lavoratore non ottiene nessun beneficio dall’espo- sizione, ma genera un beneficio per la società. Per quanto riguarda il principio di ottimizzazione questo si rispetta tramite le norme di buona tecnica, ogni individuo del personale che viene a contatto con le radiazioni deve rispettarle e la struttura deve essere idonea. Il principio di limita- zione definisce anche in questo caso i limiti di dose, essendo questi lavoratori a rischio di supe- rare facilmente questo limite (1mSv). Un lavoratore esposto potenzialmente potrebbe superare il limite di 1mSv; tuttavia, non è detto che ciò possa accadere. Anche i tirocinanti ed apprendisti con età superiore a 18 anni rientrano nella categoria dei lavoratori esposti. Nell’ambito della categoria di lavoratori esposti, la legge definisce due gruppi: categoria A, tutti coloro che per motivi professionali sono suscettibili ad un’esposizione superiore a 6mSv (o più); categoria B tutti coloro che non arrivano a queste dosi di esposizione (quindi che possono superare 1 mSv ma che non arrivano a 6 mSv). La differenza principale tra queste due categorie è data SOLO dalla fre- quenza dei controlli sanitari ai quali dovranno sottoporsi. I vincoli di dose sono definiti dalla Com- missione in modo da prevenire l’insorgenza di effetti deterministici, mantenere un livello più basso possibile di effetti stocastici e ridurre la mancanza di equità che potrebbe derivare da un conflitto di interesse tra gli individui esposti e la società. Da ciò deriva che la dose massimale per i lavoratori esposti è di 20mSv per anno solare. Il datore di lavoro è responsabile dei sistemi con- trollo, sia direttamente che con una catena di responsabilità. Il primo sistema di controllo è la sorveglianza fisica che consiste nel classificare e regolamentare gli ambienti di lavoro, definendo tutti gli ambienti a rischio e le persone del pubblico o del personale che entrano in contatto con questi ambienti. È necessario fornire dei manuali contenenti le norme necessarie per rispettare le normative vigenti nell’ambito della radioprotezione. Il datore di lavoro deve fornire il materiale necessario per ridurre l’esposizione dello staff, per esempio fornendo camici contenenti piombo o paratie che lo contengono; deve inoltre apporre l’apposita segnaletica. Tutto ciò è compito di una figura specifica conosciuta come esperto di radioprotezione. 1. Esperto di radioprotezione: Per iscriversi all’elenco degli esperti in radioprotezione, classifi- cati da I a III grado, è necessario: per i primi due gradi una laurea o un diploma universitario in chimica, fisica, chimica industriale o ingegneria; per il terzo grado una laurea magistrale nei medesimi campi. In entrambi i casi deve essere svolto un periodo di tirocinio presso un esperto di radioprotezione iscritto all’albo nazionale. I compiti di questa figura sono: effet- tuare la valutazione di radioprotezione; svolge l’attività di sorveglianza fisica della radiopro- tezione dei lavoratori e del pubblico; effettua l’esame e la verifica delle attrezzatura, dei di- spositivi di protezione e dei mezzi di misura; effettua una sorveglianza ambientale di radio- protezione nelle zone controllate e sorvegliate; procede alla valutazione delle dosi, da comu- nicare ogni 6-12 mesi al medico autorizzato; verifica che il personale impieghi in maniera corretta gli strumenti; svolge l’attività di sorveglianza sullo smaltimento dei materiali; assiste, 14 nell’ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro. Nei suoi compiti inoltre rientra la determinazione degli ambienti individuando le zone classificate. Una zona classificata è un ambiente di lavoro che deve sottostare alle norme di radioprotezione e che hanno un ac- cesso segnalato e regolamentato. Queste zone sono divise in: -zone controllate, un ambiente di lavoro, sottoposto a regolamentazione per motivi di protezione dalle radiazioni ionizzanti, in cui può essere superato in un anno solare uno dei pertinenti limiti fissati per i lavoratori di categoria A, ovvero 6mSv; - zone sorvegliate, un ambiente di lavoro in cui può essere supe- rato in un anno solare uno dei pertinenti limiti fissati per le persone del pubblico, quindi 1mSv. Ognuno di questi ambienti è dotato di un’apposita segnaletica. 2. Medico autorizzato: la responsabilità primaria è sempre del datore di lavoro, che deve ga- rantire una sorveglianza medica garantita dalla figura del medico autorizzato. Questa è una figura in possesso del titolo di Medico Competente, abilitato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ai sensi del D.Lgs. 230/1995 e s.m.i, a svolgere l’attività di Radioprote- zione Medica. Il Medico Competente è definito dal D.Lgs. 81/08, è solitamente uno speciali- sta in medicina del lavoro, igiene, medicina preventiva o medicina legale, che deve risultare iscritto ad un elenco medici competenti, reperibile sul sito del ministero ed iscritto all’ordine dei medici nazionale. Il medico autorizzato deve fare l’analisi dei rischi individuali correlati alla posizione professionale, istituisce e aggiorna i documenti sanitari personali e li consegna all’INAIL e fornisce una consulenza generale al datore di lavoro per quanto riguarda tutto ciò che concerne la radioprotezione dei lavoratori. La sorveglianza sanitaria deve essere espli- cata mediante delle visite mediche: visita medica preventiva che viene effettuata alla presa di servizio del lavoratore; visite mediche periodiche , ogni 12 mesi per i lavoratori di categoria B e ogni 6 mesi per i lavoratori di categoria A; visita finale nel caso in cui il lavoratore vada in pensione o cambi la sua attività lavorativa o la sede di lavoro; allontanamento quando il me- dico autorizzato viene informato dall’esperto di radioprotezione che il lavoratore si è avvici- nato alla dose massimale o l’ha superato oppure durante una visita medica periodica rileva dei fattori di rischio. In base all’esito della vista medica, il medico autorizzato esprime uno dei seguenti giudizi: idoneità, idoneità in determinate condizioni oppure non idoneità. La sorveglianza sanitaria può continuare anche dopo il lavoro nel caso in cui il lavoratore sia stato esposto a rischi potenziali alti oppure se si sia verificata una patologia o il sospetto di una patologia. Esposizione medica: l’esposizione di pazienti o individui asintomatici (di procedure di screening) quale parte integrante di procedure mediche diagnostiche o terapeutiche a loro stessi rivolte, e in- tesa a produrre beneficio alla loro salute, oltre che all’esposizione di assistenti o accompagnatori, nonché ai volontari nel contesto di un’attività di ricerca medica o biomedica. Per quanto riguarda l’esposizione medica, i vincoli di dose si applicano solo per quanto riguarda la protezione di assistenti e accompagnatori nonché dei volontari che partecipano alla ricerca. I vincoli di dose sono stabiliti in termini di dosi individuali efficaci o di dosi equivalenti nell’arco di un determinato periodo di tempo appropriato. Anche in questo caso si applica il principio di giustificazione, il quale stabilisce che: l’in- dividuo esposto ricava un beneficio dall’esposizione stessa sia essa per motivi diagnostici o terapeu- tici; quanto appena detto, si ottiene con l’appropriatezza giustificata dai fatti (evidence based medi- cine): evidenza scientifica pesata in relazioni coi costi, sia economici che in termini di rischio o sacri- ficio individuale (rapporto costo-beneficio). Da tutto ciò ne consegue che è vietata l’esposizione non giustificata, che deve essere provata l’efficacia della metodica e che si deve tener conto di metodiche alternative prive di esposizione alle radiazioni o comunque con dosi minori. Tornando al principio di giustificazione, ogni metodica di nuova introduzione deve essere giustificata prima di essere adottata in maniera generalizzata. Le metodiche che già esistono e che sono applicate e considerate appro- priate vanno riviste se ci sono nuove prove circa la loro efficacia e le loro conseguenze dal punto di vista dell’esposizione. In generale bisogna far riferimento alla ricerca scientifica e alle linee guida. Tutte le esposizioni mediche possono essere vietate dal Ministero della Sanità, sentito il Consiglio Superiore di Sanità. I medici, comunque, hanno un certo grado di libertà, di fatto può essere valutato un caso singolarmente e andare contro le linee guida se in tal caso il rapporto rischio/beneficio lo consente. Le esposizioni mediche per la ricerca clinica e biomedica sono valutate dal comitato etico 15 istituito ai sensi delle norme vigenti. Il principio di ottimizzazione è applicato a due livelli: la proget- tazione e la costruzione delle apparecchiature e delle installazioni, i metodi di lavoro di tutti i giorni. Una particolare enfasi deve essere data all’ottimizzazione radioprotezionistica delle procedure ope- rative. È necessario mantenere le dosi al livello più basso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell’informazione diagnostica richiesta. Per la radioterapia è fondamentale re- golare l’esposizione ai volumi bersaglio mentre i tessuti non bersaglio devono essere ricevere l’espo- sizione più bassa possibile. L’ottimizzazione comprende la scelta delle attrezzature medico-radiolo- giche, la produzione di un’informazione diagnostica appropriata o del risultato terapeutico, gli aspetti pratici delle procedure medico-radiologiche, nonché i programmi per la garanzia della qualità, l’esame e la valutazione delle dosi e delle attività somministrate al paziente, tenendo conto dei fattori economici e sociali. Particolare attenzione alla dose derivante da esposizione medico-legale (cioè tutte quegli esami svolti non per motivi medici propriamente detti, ma per idoneità a svolgere deter- minati lavori o sport). Nel caso di un paziente sottoposto ad un trattamento o ad una diagnosi con radionuclidi, ovverosia metodiche nelle quali una sostanza radioattiva viene somministrata al pa- ziente, diventa egli stesso radioattivo. In questo caso devono essere fornite delle istruzioni scritte volte a ridurre le dosi per persone in diretto contatto con il paziente, nonché le informazioni sui rischi delle radiazioni ionizzanti. Tali istruzioni sono impartite prima di lasciare la struttura sanitaria. Il me- dico prescrivente, o al momento dell’indagine diagnostica o del trattamento, il medico specialista, devono effettuare un’anamnesi per indagare un eventuale stato di gravidanza della paziente, e si informano, nel caso di somministrazione di radiofarmaci, se la donna allatta al seno. Se l’esame in questione può essere procrastinato si attende il termine dell’allattamento, se invece non può essere rimandato è richiesta un’interruzione dell’allattamento fine alla fine dell’effetto del farmaco. Per le pratiche che, su indicazione dello specialista in fisica medica, espongono l’utero a dosi potenzial- mente superiori a 1mSv, nei casi in cui la gravidanza non possa essere esclusa o nei casi in cui non possa essere accertata, il medico specialista fornisce allo specialista in fisica medica medesimo le informazioni necessarie alla valutazione della dose che deriverà al nascituro a seguito della presta- zione diagnostica o terapeutica. Il medico specialista porrà quindi particolare attenzione alla giustifi- cazione, alla necessità o all’urgenza, considerando la possibilità di procrastinare l’indagine o il tratta- mento. Nel caso in cui non ci siano alternative alla tecnica diagnostica/terapeutica prive di esposi- zione alle radiazioni e/o non ci sia la possibilità di rimandare, il medico specialista informa la donna o un suo rappresentante dei rischi derivanti al nascituro. Nel caso in cui si debba procedere comun- que all’esposizione, il medico specialista e il tecnico sanitario di radiologia medica, nell’ambito delle rispettive competenze, devono porre particolare attenzione al processo di ottimizzazione riguar- dante sia la madre che il nascituro. Se la gravidanza fosse misconosciuta al momento della procedura o comunque venga scoperta in un secondo momento, verrà eseguita un’indagine retrospettiva per conoscere le dosi di radiazioni entrate in contatto col nascituro. I normali rischi in gravidanza sono l’aborto spontaneo (15%), patologie genetiche (4- 10%), ritardo di crescita intrauterina (4%) e mal- formazioni gravi (2-4%). Gli effetti delle radiazioni ionizzanti dipendono dall’epoca gestazionale: 1. Stadio di preimpianto (0-9gg): “tutto o niente”, in quanto si può avere una normale gravidanza oppure non ci sarà l’impianto dell’ovulo fecondato 2. Organogenesi (10-40gg): possono esserci mutazioni congenite e/o un ritardo della crescita 3. Fase fetale (41-280): possibilità di avere un ritardo della crescita, microcefalia e/o ritardo men- tale. In condizioni naturali la probabilità che insorgano malformazioni è del 3% mentre che insor- gano neoplasie in giovane età è dello 0.3%; con l’aumento della dose di radiazioni recepite dal nascituro queste probabilità aumentano per dosi superiori ai 10mGy (equivalenti ai mSv) per quanto riguarda la possibilità di neoplasie, mentre dosi superiori ai 100mGy influenzano anche la probabilità di malformazioni. In caso di esposizione una possibilità è l’interruzione di gravi- danza, ma non è mai giustificata per esposizioni inferiori ai 100mSv; nel caso in cui la dose sia superiore ai 500mSv l’interruzione è giustificata data la quantità di danni subiti dal feto; valori tra 100 e 500mSv fanno sì che la decisione sia basata su motivazioni individuali. Volontari (ne abbiamo di 2 tipi) coloro che assistono i pazienti o che collaborano nell’ambito della ricerca biomedica. 16 1. I volontari che assistono i pazienti aiutano l’individuo ad effettuare l’esame radiologico, sorreg- gendo o aiutando il paziente a posizionarsi; è definito tale anche colui che dà sostegno morale e/o assiste il paziente portatore di radioattività a causa di un trattamento ospedaliero. Un caso da tenere presente è la possibilità che il volontario sia una donna in età fertile che non può esclu- dere una possibile gravidanza. Nel caso di indagini radiologiche il TSRM fornisce gli appropriati dispositivi di protezione individuale, oltre che al paziente, anche a chi presta assistenza secondo le indicazioni dello specialista in fisica medica. Nel caso di pazienti degenti portatori di radioatti- vità, il medico specialista valuta e se nel caso giustifica l’opportunità per le persone di far visita ai pazienti stessi. Nel caso di somministrazione di radiofarmaci e dispositivi medici contenenti sostanze radioattive, il medico specialista fornisce al paziente raccomandazioni specifiche atte ad evitare che vengano superati i vincoli di dose. I vincoli di dose efficace per l’esposizione dei volontari che assistono i pazienti sono: a) Soggetti 18-60 anni: 3mSv/trattamento; b) Soggetti >60 anni: 15mSv/trattamento. Questa differenza è legata al fatto che minore è l’attesa di vita, più è bassa la probabilità che ci siano delle conseguenze. Mentre il vincolo di dose efficace per l’esposizione di individui della popolazione a seguito della dimissione di pazienti portatori di ra- dioattività è fissato a 0.3mSv/trattamento. 2. I volontari della ricerca biomedica possono essere esposti a radiazioni ionizzanti solo a seguito di consenso liberamente espresso. La ricerca con radiazioni ionizzanti su persone deve essere giu- stificata sulla base del beneficio diretto che può derivarne per le persone esposte o, allorché questo non sia ipotizzabile, sull’utilità sociale dei risultati conseguibili. Non è ipotizzabile benefi- cio diretto nel caso di volontari asintomatici, in tal caso la giustificazione deve essere particolar- mente accurata e tenere conto dell’utilità sociale attesa. La dose efficace ai volontari partecipanti deve essere contenuta al minimo compatibile con l’ottenimento del fine della ricerca e deve es- sere dichiarata nel programma di ricerca. Lo sperimentatore principale e gli sperimentatori re- sponsabili locali assumono la responsabilità che le esposizioni vengano effettuate nel rispetto delle disposizioni sulle esposizioni mediche, previo coinvolgimento dello specialista in fisica me- dica. Le donne con gravidanza accertata o sospetta sono escluse dalla partecipazione a ricerche con radiazioni ionizzanti. Le donne che allattano al seno sono escluse da ricerche che comportino somministrazione di radionuclidi o radiofarmaci. Soggetti di età minorile possono essere coinvolti solo per ricerche su patologie proprie della loro età di cui essi sono affetti o nell’ipotesi di un beneficio diretto. È vietata l’esposizione per ricerca di persone che abbiano già ricevuto esposi- zioni a radiazioni ionizzanti in precedenti programmi di ricerca e per le quali non siano prospet- tabili benefici diretti. Esistono delle linee guida europee da seguire quando si effettua una ricerca in ambito radiologico. Responsabilità Tutte le esposizioni mediche sono effettuate sotto la responsabilità clinica del medico specialista (radiodiagnostica, medicina nucleare e radioterapia), su richiesta motivata del medico prescrivente. Al medico specialista compete la scelta delle metodologie e delle tecniche idonee a ottenere il mag- gior beneficio clinico con il minimo detrimento individuale e la valutazione della possibilità di utiliz- zare tecniche alternative che si propongono lo stesso obiettivo, ma che non comportano un’esposi- zione ovvero comportano una minore esposizione alle radiazioni ionizzanti. L’attività di refertazione è responsabilità esclusiva del medico specialista in radiodiagnostica o in medicina nucleare, nell’am- bito di competenza. L’esercizio professionale specialistico della radiodiagnostica, della radioterapia e della medicina nucleare è di competenza dei medici muniti dei rispettivi diplomi di specializzazione ovvero di quelli ad essi equipollenti. Per i sanitari predetti è necessaria la conoscenza e la prepara- zione specifica in radioprotezione. Le attività radiodiagnostiche complementari all’esercizio clinico possono essere svolte dal medico chirurgo in possesso della specializzazione nella disciplina in cui rientra l’attività complementare stessa, o dall’odontoiatra nell’ambito della propria attività profes- sionale specifica. Nell’ambito di dette attività NON possono essere effettuati esami per conto di altri soggetti o professionisti sanitari pubblici o privati, né essere redatti o rilasciati referti radiologici. Per legge, tutti coloro che sono iscritti a corsi di laurea per svolgere attività legate all’ambito sanitario devono essere a conoscenza delle nozioni radioprotezionistiche. 17 Criteri e modalità di impiego delle radiazioni in campo medico L’impiego delle radiazioni ionizzanti in campo medico è consentito, tranne in odontoiatria, solo a seguito di motivata richiesta medica rivolta al medico specialista. Il medico specialista: a. Valuta preliminarmente la possibilità di utilizzare tecniche sostitutive altrettanto efficaci dal punto di vista diagnostico e terapeutico e comportino un rischio minore b. Sceglie le metodologie idonee ad ottenere il massimo beneficio clinico con il minimo costo (sanitario ed economico) c. Osserva particolare cautela nell’attività nei soggetti in età pediatrica o donne in età fertile d. Si assicura, al fine di evitare esami radiologici superflui, di non essere in grado di procurarsi le infor- mazioni necessarie in base ai risultati di esami precedenti. Ciò vale in particolare per le procedure con fini medico-legali o di assicurazione. Da tener conto: a. Nelle donne in gravidanza non è consentito l’impiego di radiazioni ionizzanti che comporti l’esposi- zione dell’embrione o del feto salvo situazioni di urgenza oppure casi di necessità accertata da parte del medico curante. In tal caso è opportuna una valutazione dosimetrica da parte del fisico specialista b. Nelle donne in allattamento sottoposte ad esami di medicina nucleare può essere necessaria la so- spensione dell’allattamento per periodi di tempo in relazione al radiofarmaco adoperato; c. Gli esami radiologici individuali o collettivi effettuati a titolo preventivo devono essere effettuati sol- tanto se sono giustificati dal punto di vista sanitario e sono disposti solo dall’autorità sanitaria com- petente per territorio che ne dà adeguata informazione ai gruppi di popolazione interessati d. Particolare attenzione nel caso di indagini radiodiagnostiche effettuate con fini medico-legali o di assicurazione, in cui è sempre vietato l’impiego della radioscopia diretta; e. Sono sempre vietati gli esami radioscopici diretti senza intensificazione di brillanza, nonché le inda- gini schermografiche comunque utilizzate; f. Negli impianti complessi di radioterapia e di medicina nucleare i medici specialisti si devono avvalere, ai fini della radioprotezione del paziente, della collaborazione del fisico medico. Le pratiche implicanti l’esposizione intenzionale delle persone a scopo non medico con attrezzature medico- radiologiche sono consentite, esclusivamente presso strutture sanitarie in possesso di autorizzazione sanita- ria regionale e dei requisiti stabiliti dal D.lgs. 30 dicembre 1992, n°502. Fanno parte di queste pratiche: a. Accertamento preventivo dei requisiti di idoneità fisica al lavoro, su richiesta di un medico prescri- vente b. Procedure medico-legali o assicurative che non presentano un beneficio diretto per la salute delle persone esposte, su richiesta di un medico prescrivente recante la motivazione c. Determinazione della minore età, eseguite presso strutture sanitarie pubbliche possibilmente dotate di reparti pediatrici, su richiesta dell’autorità giudiziaria; d. Identificazione di oggetti occultati all’interno del corpo umano, eseguite presso strutture sanitarie pubbliche su richiesta dell’autorità giudiziaria. Sono generalmente accettate e giustificate le procedure esposizioni a basse dosi. Le pratiche comportanti alte dosi, in particolare la tomografia computerizzata, sono in generale da ritenersi non giustificate per scopi non medici. Tutte le singole procedure che comportano esposizioni con metodiche per immagini a scopo non medico devono essere effettuate esclusivamente previa giustificazione individuale sotto la responsabilità cli- nica di un medico specialista in radiodiagnostica, tenendo conto degli obiettivi specifici della procedura e delle caratteristiche della persona interessata. Devono essere fornite dal medico specialista le informazioni sulla pratica alla persona che sarà esposta, a cui deve essere richiesto il consenso, salvo che sia diversamente disposto dall’autorità giudiziaria. La protezione dei familiari e del personale dopo prestazioni medico-nucleari Nel caso di somministrazione di radionuclidi a scopo diagnostico il rischio di radiazioni per i familiari del pa- ziente si può considerare trascurabile dato che l’emivita effettiva di quasi totalità dei radiofarmaci utilizzati è breve e che il loro impiego è sporadico. I ratei di dose assorbita a diversa distanza dal paziente, 18 immediatamente dopo la somministrazione e dopo 2 ore sono rassicuranti anche per le indagini che com- portano attività piuttosto elevate come la scintigrafia ossea (a 30 cm: 0.01mSv/h immediatamente; da 0.005 a 0.007 mSv/h dopo 2 ore). Ciò nondimeno è consigliabile da evitare lo stretto e prolungato contatto nelle prime ore soprattutto nei confronti dei bambini e delle donne gravide e donne in età fertile. Dosimetria personale La valutazione della dose è un importante aspetto della radioprotezione. È importante che gli operatori por- tino correttamente i dosimetri personali e li restituiscano regolarmente per la lettura. I responsabili devono vigilare sul corretto uso dei dosimetri. Questi ultimi vanno portati all’altezza del petto, tra le spalle e la cinta. Se si usa un camice di protezione, il dosimetro va portato sotto lo stesso. In caso di carico di lavoro elevato (radiologia interventistica) può essere utile un secondo dosimetro da portare sopra il camice di protezione al livello del collo e un terzo da portare all’estremità (bracciale). L’area del corpo non protetta riceverà una dose maggiore rispetto a quella protetta, ma un dosimetro portato sotto il camice darà una stima della dose effi- cace (DE) nella maggior parte dei casi. Ogni mese tutti i dosimetri vengono letti e le dosi comunicate all’Esperto Qualificato. La dose realmente assorbita non è direttamente correlata alla classificazione del la- voratore (A/B); quello che conta è il rischio di superare i limiti. È obbligo del lavoratore sostituire il dosimetro ogni mese e l’inadempienza può essere sanzionata. Schermi e paratie mobili: la radiaione diffusa viene schermata in maniera efficace dagli schermi mobili, da posizione il più vicino possibile alla zona irradiata del pz. 19 TECNICHE RADIOLOGICHE RADIOLOGIA TRADIZIONALE Nell’ambito della radiodiagnostica convenzionale, esistono due tecniche principali: La tecnica radiografica La tecnica radioscopica. La prima ci consente di ottenere delle immagini registrate su di un rilevatore di ciò che c’è, mentre la tecnica radioscopica è una tecnica che consente di vedere anche i movimenti di ciò che è in esame. Radiografia Essa sfrutta i raggi x. La produzione dei raggi x avviene mediante il tubo radiogeno. Esistono apparecchi fissi e apparecchi mobili. In Sostanza il tubo radiogeno è un’ampolla di vetro al cui interno ci sono due elettrodi: l’elettrodo negativo che è un filamento di tungsteno nel quale passano degli elettroni, corrente elettrica, ed uno positivo, che è sempre di tungsteno, ma è il bersaglio. Tra i due elettrodi c’è una differenza di potenziale. Gli elettroni che viaggiano lungo il filamento del catodo vengono attratti dal polo positivo dell’anodo con una certa forza a seconda della differenza di potenziale che esiste tra i due elettrodi. Pertanto, sono dei veri e propri elettroni accelerati. Nell’urtare l’anodo gli elettroni subiscono un processo fisico chiamato frenamento nel quale cedono una parte della loro energia sotto forma di raggi X. Quindi, gli elettroni vengono attratti dall’anodo, si scontrano nell’anodo con il tungsteno, metallo pesante, ed hanno una frenata producendo raggi x. Il Tecnico di radiologia medica, su indicazione del medico radiologo, può modulare le caratteristiche del fascio di radiazione, può ottenere radiazioni di diversa energia, agendo sia sui kilovolt, quindi sulla diffe- renza di potenziale esistente tra i due elettrodi, oppure sulla densità del fascio, ossia sul numero di fotoni che vengono prodotti, e questo numero è figlio del numero di elettroni che viaggiano nel filamento di tung- steno al catodo, e lo si regola con l’intensità di corrente in milliampere/s. Questi due parametri vengono adoperati per modulare le caratteristiche del fascio di radiazioni nella maniera più appropriata per ottenere le immagini più idonee. Un esame radiologico prevede che il corpo venga attraversato proprio dai raggi x. Le varie strutture del corpo a seconda della loro diversa densità e spessore attenuano i raggi x. Più è spessa, densa, la struttura attraver- sata, minore è il numero di raggi x, fotoni, che arrivano dall’altra parte, e questo porta alla formazione del fascio. Dall’altra parte c’è un rilevatore (in passato rappresentato da pellicola radiografica, oggi sono supporti digitali) in grado di trasformare questo processo di attenuazione in un’immagine. Un tempo si diceva che la radiologia era la scienza delle ombre poiché è come se vedessimo delle ombre che i nostri organi producono in seguito alla trasmissione dei raggi X. Il tubo radiogeno si trova ad un metro e mezzo circa dal tubo rilevatore ed il lettino, costituito di materiale radiotrasparente, (dove giace il corpo del paziente) è interposto tra tubo radiogeno e rilevatore. In particolare, il lettino è praticamente adiacente al rilevatore. In questo modo abbiamo un’immagine che è una rappresentazione del tipo “1 ad 1” delle dimen- sioni dell’oggetto. È possibile in alcuni casi specifici ingrandire l’immagine ottenuta, variando la distanza re- lativa tra il tubo radiogeno, il corpo da esaminare, ed il rilevatore. In questo modo si hanno degli ingrandi- menti di tipo geometrico delle immagini, senza però aumentare la capacità risolutiva del nostro sistema. Attenuazione e mezzo di contrasto L’immagine che otteniamo è dovuta al diverso grado di attenuazione dei raggi x da parte dei vari tessuti. L’attenuazione è espressione di quanto un tessuto ferma i raggi x, che dipende anzitutto dalla densità. Le regioni che attenuano poco i raggi x sono i polmoni, costituiti gran parte da aria, ed ecco che ci appaiono radiotrasparenti, ovvero scuri sull’immagine radiografica, Le strutture molto dense, ovvero le strutture ossee (la clavicola, la scapola, le coste) essendo costituite da un materiale ad elevato zeta, (cristalli di idrossiapatite) che formano la struttura dell’osso, ed il calcio, invece, attenuano di più i raggi x e quindi si ha una minore presenza di fotoni che arrivano sul rilevatore. Si ha una rappresentazione in radio-opaco. Le strutture costituite da tessuti i molli (come l’ombra cardiaca) sono in genere di un livello intermedio della scala di grigi. 20 L’attenuazione del fascio di raggi x dipende dalla densità sicuramente ma, dipendono anche dallo spessore. L’osso attenua maggiormente rispetto al muscolo, ma dipende anche dallo spessore, per cui un tessuto che ha la consistenza come quella del muscolo, ma di un certo spessore, attenuerà di più di una struttura con la stessa densità ma di minore spessore. Sono Concetti relativi che si riferiscono a quella data immagine, in quel dato momento. Minor attenuazione del fascio dei raggi x si dice radiotrasparenza e maggiore attenuazione dei raggi x viene indicata come radio opacità, quindi immagini chiare nell’esame radiologico. In linea generale le metodiche radiologiche si dividono in due grandi categorie: Gli esami diretti, cioè senza mdc Gli esami con mezzo di contrasto. Negli esami diretti, l’immagine si basa sulle differenze di contrasto, ovvero sulle capacità di fermare i raggi x da parte delle varie strutture e organi. All’interno delle parti molli, tuttavia, ci possono essere delle difficoltà a riconoscere i vari organi, per cui molto spesso si ricorre all’uso del mezzo di contrasto. Ci sono mezzi di contrasto opachi che aumentano (rendono più radioopaco un organo) e mezzi di contrasto trasparenti che riducono l’attenuazione (rendono più radiotrasparente un organo). Posizione e proiezione Quando si esegue un esame radiografico o anche radioscopico, dobbiamo sempre indicare la posizione e la proiezione. La Posizione è il modo in cui il paziente è orientato nello spazio (esame eseguito in ortostatismo; clinostatismo; decubito; laterale destro, laterale sinistro, a seconda di come abbiamo posizionato il paziente); la proiezione è invece il percorso che i raggi x fanno, attraversando il corpo del paziente, cioè da dove a dove vanno. L’esame classico del torace è eseguito ad esempio in posizione ortostatica ed in proiezione postero- anteriore. Il Paziente è posizionato in piedi, il torace (la parete anteriore del torace) deve aderire al rilevatore con le mani messe ad una certa posizione, mentre il tubo radiogeno è alle spalle del paziente posta ad una distanza di un metro e mezzo/due metri e si chiama appunto posizione postero anteriore, posizione classica del torace. Questa proiezione è completata con altre proiezioni. Ci sono varie tecniche radiografiche conven- zionali, ma sostanzialmente quelle adoperate sono la teleradiografia, quella con il tubo radiogeno posto ad una certa distanza dal piano sensibile, ovvero dal rilevatore di radiazioni, e l’angiografia. Poi ci sono delle varianti particolari come la mammografia o in campo odontoiatrico come l’ortopantomografia. la stratigrafia non si usa più. Oggi è l’era della radiologia digitale La radiologia digitale utilizza le immagini digitali e non più le pellicole radiografiche (attenzione: per conven- zione, comunque, si utilizzano i colori nella scala di grigi per distinguere i vari tessuti, sebbene si possa usare qualsiasi colore, dunque il discorso fatto finora vale anche per la radiologia digitale, appunto). L’immagine digitale e ‘ una matrice composta da pixels (che deriva dal termine picture element, elemento costitutivo dell’immagine). In ciascun quadratino/pixel e ‘ contenuto un numero, composto da un certo numero di bit. Nel caso della radiologia digitale il numero presente nel quadratino rappresenta l’attenuazione di cui parla- vamo prima, per cui queste matrici numeriche sono caratterizzate dal numero di righe e colonne. Quindi nel caso dell’imaging medico parleremo di matrici 128 x 128, 256 x 256, 512 x 512…maggiore è il numero di pixels che compongono la matrice dell’immagine digitale, migliore sarà la definizione dell’immagine dal punto di vista della risoluzione spaziale, tenendo conto che niente può migliorare ciò che e ‘alla base delle caratteri- stiche di risoluzione di un determinato metodo. È molto importante che il nostro occhio percepisca l’imma- gine come immagine analogica, anche se in realtà è digitale. Non dobbiamo mai arrivare a vedere la pixella- tura, altrimenti il nostro occhio non riesce a vedere la presenza di alterazioni o di situazioni patologiche Vantaggi Tra i vantaggi c’è sicuramente il risparmio economico ma anche quello ecologico perché si evita tutto il pro- cesso di sviluppo della pellicola radiologica che comportava l’uso di sostanze chimiche altamente inquinanti. Un altro vantaggio è che possiamo acquisire l’immagine e poi trattarla, potendo così filtrare le immagini in modo da ottenere una maggiore visualizzazione di alcune componenti rispetto ad altre (applicare cioè un filtro). 21 A Completamento del discorso sulla radiologia digitale, dobbiamo citare i pacs, pictures acquiring communi- cation systems, che sono le centrali di acquisizione ed elaborazione di tutto l’imaging medico della diagno- stica per immagini. In ogni centro di diagnostica per immagini c’è un server centrale al quale tutti gli strumenti adoperati per la diagnostica per immagini inviano i dati e da qualsiasi unità periferica si possono richiamare tutte le immagini relative ad un determinato caso. Questo sistema è collegato al sistema amministrativo con cui dialoga ed in genere è chiamato lis-pacs, in grado da poter individuare in maniera univoca tutte le proce- dure di diagnostica eseguite per un dato paziente. 1. Radioscopia Si ottiene un’immagine diagnostica in cui al posto del rilevatore di radiazioni, utilizziamo uno schermo fluo- rescente, dotato di un intensificatore di brillanza, che ci consente di ottenere immagini di buona qualità, riducendo l’intensità del fascio di radiazioni e quindi riducendo la dose al paziente. Nell’immagine radiosco- pica ciò che accade è che dove arrivano più fotoni, più raggi x, l’interazione con lo schermo fluorescente comporta un aumento della luminosità in quella regione; dove invece ne arrivano di meno si ha un minor numero di fotoni e si genera una minore luminosità, un minor effetto di fluorescenza. Quindi l’immagine in radioscopia ci appare esattamente al contrario di come ci appare in radiografia: le strutture dense ci appa- riranno scure e le strutture meno dense ci appariranno via via più chiare, ma la terminologia che si adopera è la stessa, per cui ci sono parti radio-opache e parti radio-trasparenti. Ecco perché’ non dobbiamo parlare di aree chiare e aree scure ma opache e trasparenti. La Radiografia in genere è un’immagine statica mentre la radioscopia è un’immagine dinamica. Le applicazioni radioscopiche sono nell’ambito delle procedure in- terventistiche sia di tipo diagnostico che di tipo terapeutico, come per ottimizzare la posizione del paziente prima di eseguire la procedura dell’esame radiografico, in caso soprattutto di somministrazione di mezzo di contrasto e vedere come si distribuirà, e poi in casi particolari come guide e monitoraggio di interventi chi- rurgici o per valutare dei fenomeni dinamici come deglutizione e peristalsi. TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA Oggi non si parla più di TAC ma di TC in quanto non si ottengono più solo immagini assiali ma anche longitu- dinali e trasversali. La tc nasce un po’ dopo la rx, e supero lo svantaggio dell’immagine bidimensionale e della sovrapposizione di strutture. Inoltre, è una tecnica che consente di ottenere delle sezioni del corpo, in cui organi e tessuti sono distinti in base alla loro densità (e non allo spessore) e quindi in base alla loro capacità di fermare i raggi x. Con la tc otteniamo delle immagini di sezioni del corpo ottenute facendo ruotare intorno al corpo stesso un sistema costituito da tubo radiogeno e da uno o più rilevatori. Si parla di un GANTRY, anello, che contiene la sorgente di radiazioni, tubo radiogeno, ed un sistema di DE- TETTORI ovvero di rilevatori. La metodica si basa sempre sull’utilizzo di computer che governano il gantry e permettono di acquisire le immagini, ricostruendole e visualizzandole mediante gli appropriati sistemi di vi- sualizzazione. Il tubo radiogeno rispetto ai rilevatori e’ posto sempre a 180 gradi l’uno dall’altro su un sistema in grado di ruotare intorno al paziente, posto su un lettino motorizzato Nel corso dei decenni ci sono state delle innovazioni per la tc. Tc spirale o volumetrica Attualmente la metodica è sempre di tipo spirale in quanto il gantry e i detettori ruotano e tale movimento si accompagna all’avanzamento del lettino e dunque è come se il complesso tubo radiogeno girasse a spirale intorno al lettino (ma in realtà non è proprio così). Viene chiamata anche TC VOLUMETRICA perché si acquisisce proprio un volume completo e da questo vo- lume si possono ottenere una serie di sezioni secondo il piano che maggiormente ci interessa. Un esame tc viene ricostruito secondo i tre piani principali che sono l’assiale o trasversale, il coronale, ed il sagittale. Però in alcuni casi come la cardio tc, dovremmo ottenere delle sezioni orientate secondo gli assi del cuore e non secondo gli assi del corpo altrimenti non riusciamo a capire nulla. Tc multidetettore I Sistemi attualmente sono detti multidetettore o multirilevatore o multislice o multidetector; cioè abbiamo un tubo radiogeno in alto e diversi rilevatori dall’altro lato, disposti in fila, in modo che ad ogni giro intorno 22 al paziente si ottengono più fette contemporaneamente. Si è partiti da un numero di 4 fette ed oggi siamo a 256. Negli ospedali in media ci sono tc a 64 fette, adesso si stanno diffondendo negli stessi ospedali anche quelle a 128 e ciò comporta un grande vantaggio poiché possiamo ottenere con una singola rotazione molte più fette e quindi possiamo seguire l’esame in meno tempo oppure ottenere delle immagini più sottili in un tempo maggiore. Possiamo fare la scelta più idonea in base alla situazione del paziente. spessore della fetta è uno dei paramentri principali, e possiamo deciderlo prima di cominciare l’esame Densità e mezzo di contrasto. Ciò che noi vediamo è una rappresentazione delle varie strutture degli organi con una scala di grigi, che cor- risponde alla densità relativa dei vari organi. Il principio è sempre lo stesso, ovvero gli organi e le strutture in base alla loro densità attenuano in misura maggiore o minore il fascio di radiazioni. Si Tratta anche qui di immagini digitali con i concetti già menzionati di matrice e pixels, ma in realtà in tc si parla di voxel, perché’ non è soltanto un elemento delle immagini, ma è anche un elemento del volume, e dobbiamo pensare che la tc acquisisce un volume, che è composto da tante sezioni, ottenute dalla procedura, e quindi ogni singolo elemento di questo volume, visibile in diapositiva, è l’elemento base della nostra scansione, e si chiama voxel. Per ciascun voxel c’è un valore numerico, chiamato NUMERO TC o UNITÀ HOUNSFIELD (UH). Tale numero rappresenta l’attenuazione media di quel pezzo di volume di tessuto esaminato dal singolo voxel. Esiste una SCALA HOUNSFIELD che mostra tre valori di riferimento: 2. Osso compatto valore +1000 3. Acqua valore 0 4. Aria -1000. Tutte le altre strutture sono rappresentate in scala rispetto a questi tre valori di base. Una volta acquisita tutta l’informazione nel computer di tutto ciò che è compreso tra -1000 e +1000, Questi valori rappresentano dei colori: cioè l’osso è bianco e l’aria è nera. Dopo aver acquisito l’immagine noi pos- siamo scegliere di amplificare, in termini di colori utilizzati (cioè grigi di intensità differente) una parte per vederla meglio. In base a dove amplifico nella scala hounsfield creo delle finestre differenti. Ciò per vedere meglio le strutture areate amplifico vicino al -1000 e ottengo la finestra del polmone, per la tc ha moltissimi vantaggi ma, presenta anche qualche piccolo limite come l’effetto volume parziale, ovvero imprecisioni dei numeri tc quando nel voxel sono presenti strutture a densità differente, delle quali viene rappresentata una media. Significa in breve che lesioni o strutture molto piccole (e quindi molto vicine al potere di risoluzione spaziale minimo della tc), possono essere male interpretate dalla metodica stessa. Se una macchina tc ha maggiore potere risolutivo, si potrebbe anche in parte ovviare a questi limiti, permet- tendo una visualizzazione migliore della lesione. [Tutto il discorso inerente sul mdc è riportato nel capitolo VASI.] RISONANZA MAGNETICA La RM è una metodica esclusivamente tomografica, cioè studia a fette gli organi, non invasiva, usa campi magnetici e radioonde, cioè radiazioni NON IONIZZANTI. Essa fornisce immagini multiplanari, cioè sagittali, assiali e coronali (così come anche le altre indagini tomo- grafiche come la TC o la PET) ma dà anche immagini multiparametriche, cioè permette di guardare la stessa parte del corpo non solo da proiezioni differenti ma anche nell’ambito della stessa proiezione in modi diffe- renti a seconda dei parametri considerati. Per immagini multiparametriche intendiamo immagini basate su due parametri, il T1 e il T2. Utilizzando pa- rametri diversi, si può caratterizzare meglio il tessuto. L’apparecchio è normalmente sistemato in un locale circondato dalla così detta “Gabbia di Faraday”, cioè un sistema che circoscrive il campo magnetico all’interno della stanza stessa, così che all’esterno l’intensità del campo magnetico si abbassi. Questo perché lo strumento per la RM emette un campo magnetico molto in- tenso, che potrebbe essere pericoloso. Vantaggi: Non utilizza radiazioni Ionizzanti, perché usa campi magnetici e radiofrequenze Multiplanare (anche se ciò non è dissimile dalle altre metodiche); 23 Multiparametrica Alta risoluzione di contrasto (riesce a vedere piccole differenze di caratteristiche tra una regione e l’altra e tra un tessuto e l’altro). Svantaggi: Elevati costi di gestione e di acquisto dell’apparecchiatura Meno veloce della TC (la TC multistrato, ad esempio, può acquisire più di 200 sezioni con una sola rotazione, e ciò permette di acquisire una TC torace in un minuto, ciò non è possibile con la RM) Minore risoluzione spaziale della TC. COMPONENTI DEL MACCHINARIO PER RM. Il campo magnetico nella RM viene prodotto da magneti. Inizialmente i magneti erano permanenti, cioè co- stituiti da materiale ferromagnetico che costava molto poco. Questi però avevano un peso elevato e genera- vano campi di bassa potenza (fino a 0.5T). Si è passati poi ai magneti resistivi] costituiti da bobine attraversate da corrente elettrica che generano calore in proporzione alla corrente che li attraversa. Anche questi sono poco potenti (0.2-0.3 T) anche se economici. Si è arrivati oggi ai superconduttori. Questi si basano sulla capa- cità di alcune sostante di non opporre resistenza alla corrente elettrica, se tenuti ad una temperatura pros- sima allo 0 assoluto (-273 °C). Per far ciò si utilizzano azoto liquido o elio per il raffreddamento. In questo modo si possono ottenere campi magnetici potenti (4T). In realtà nella pratica clinica si usano campi fino a 3T ma in esperimenti su animali si arriva pure a 7T. Sono costosi. BOBINE DI SHIMMING. Servono per rendere uniforme il campo magnetico, possono essere attive o passive. ANTENNE PER RADIOFREQUENZA. Possono essere doppie (una per la trasmissione e una per la ricezione) o singole e possono essere di forma e dimensione diversa. Le antenne per radiofrequenza sono di diverso tipo e sono modulate in modo da poter consentire di stimolare solo la regione che vogliamo esaminare. Infatti, la RM nasce all’inizio come una tecnica di diagnostica per immagini volta a ottenere immagini solo di Principi su cui si basa la RM I nuclei di alcuni elementi hanno un numero dispari di protoni e/o neutroni. I protoni o i neuroni sono dotati di spin intrinseco, cioè ruotano intorno al proprio asse. Ruotando attorno al proprio asse genere un campo magnetico, definito momento magnetico nucleare. Poiché un atomo non ha solo un protone ma ne ha di diversi, dobbiamo considerare che ciascuno di essi ruota su un asse diverso e in direzione diversa, producendo dei campi magnetici con direzione differente (sono orientati casualmente nello spazio) Ne risulta che il valore magnetico risultate di tutti, è nullo. I sistemi RM studiano non atomi qualunque ma l’idrogeno, che è l’elemento più abbondante nel corpo umano. Le caratteristiche magnetiche cambiano a seconda della forma chimica in cui si trova l’idrogeno. Se abbiamo un campo magnetico esterno i nuclei si orientano tutti allo stesso modo, ma è necessario che sia di abbastanza potente. I vari vettori magnetici, dunque, sono allineati e non più disposti casualmente nello spazio. Chiameremo B0 (Bzero) il campo magnetico esterno. B0 ha una sua direzione rispetto alla quale i nuclei ten- dono ad allinearsi parallelamente o antiparallelamente. Cioè i nuclei si allineano tra loro sommariamente, ma non è detto che si allineino col campo esterno. Se l’allineamento è parallelo parliamo di basso livello energetico, se l’allineamento è antiparallelo parliamo di alto livello energetico. In condizioni di equilibrio, il numero di protoni paralleli è lievemente superiore ri- spetto al numero di protoni antiparalleli. Questa piccola prevalenza di protoni paralleli produce un vettore magnetico risultante (non essendo più disposti casualmente nello spazio), che non è più zero, ma è misura- bile, e ha la stessa direzione e verso del campo magnetico (parallelo) esterno B0 e ha un valore molto piccolo pari a circa un milionesimo di B0. Inoltre, sempre per effetto di B0, il momento magnetico di ciascun protone comincia a ruotare (questo mo- vimento è detto precessione) attorno alla direzione di B0 (come l’asse di una trottola). 24 A questo punto, andando a fare la somma vettoriale, ci sarà un vettore somma detto vettore di magnetizza- zione M, che ha lo stesso orientamento del campo magnetico esterno. Il campo magnetico si misura in Gauss, 10.000 Gauss equivalgono a 1 Tesla. L’intensità del campo magnetico terrestre è di 0.5 Gauss (0.00005 Tesla) e non è sufficiente a determinare orientamento dei dipoli magnetici. Il campo magnetico di un’apparecchiatura RM va da 0,2 Tesla fino a 3 Tesla e oltre (oggi sono tutte da 1,5 Tesla in su. I protoni inoltre ruotano attorno alla direzione di B0 con una certa frequenza, detta frequenza di precessione o di Larmor (ω0) e dipende da due fattori: la costante giromagnetica (γ) e la forza del campo magnetico principale B0. La costante giromagnetica è un valore numerico caratteristico di ogni specie nucleare (ad esempio l’idrogeno ha un valore e gli altri elementi ne hanno altri). Quindi: ω0 = γ B0. In condizioni di equilibrio, in presenza di un campo magnetico uniforme, tutti i protoni hanno uguale fre- quenza (essendo tutti atomi di idrogeno hanno tutti la stessa costante giromagnetica e sono sottoposti allo stesso campo magnetico) ma diversa fase di precessione. Per ogni protone possiamo considerare due componenti vettoriali: 1. Longitudinale, orientata lungo l’asse z, detta magnetizzazione longitudinale (che è l’asse del mo- mento magnetico) 2. Trasversale, perpendicolare a B0, che ruota nel piano x, y. (il piano su cui ruota effettivamente il protone). Nel caso della RM non esiste alcuna magnetizzazione trasversale nel piano x, y perché le componenti trasver- sali dei singoli nuclei si trovano sparpagliate e si annullano reciprocamente. Si passa quindi da una condizione di equilibrio disordinato (quando il corpo è al di fuori del macchinario della RM) a un equilibrio ordinato (quando il corpo è immesso nel macchinario). Ma

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