Storia dell'Inghilterra dal 1846 al 1874 PDF
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Questo documento riassume la storia della Gran Bretagna tra il 1846 e il 1874, focalizzandosi sugli aspetti politici ed economici. Si è evidenziata l'importanza dei governi liberali e della crescente prosperità economica. Tra gli argomenti approfonditi vi sono la questione dell'Irlanda e le tensioni internazionali.
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Tra il 1846 e il 1874 la Gran Bretagna fu guidata quasi ininterrottamente da governi liberali, in cui spiccarono le personalità di Palmerston e Gladstone. Valori del liberalismo inglese furono la libertà di commercio e la difesa a oltranza degli interessi britannici, che sconfinarono talora in un ri...
Tra il 1846 e il 1874 la Gran Bretagna fu guidata quasi ininterrottamente da governi liberali, in cui spiccarono le personalità di Palmerston e Gladstone. Valori del liberalismo inglese furono la libertà di commercio e la difesa a oltranza degli interessi britannici, che sconfinarono talora in un rigido nazionalismo, non disgiunte da una moderata considerazione per le necessità delle classi lavoratrici e da caute riforme sociali. La prosperità economica inglese era notevole: l'industria moderna, che proprio in questo Paese era nata, aveva una produzione che in alcuni settori superava quella mondiale nel suo complesso; l'agri-coltura, gestita con metodi capitalistici, aveva conosciuto un forte incremento; il commercio era tradizionalmente uno dei punti di forza dell'inghilterra, la cui flotta, costituita sempre più spesso da unità navali in ferro e poi in acciaio, era pari da sola a metà delle navi europee e assicurava regolari collegamenti con tutti i continenti; le colonie britanniche, infine, erano talmente estese da assicurare agli inglesi l'egemonia su di un quarto del mondo! Dal punto di vista politico e sociale, la classe dirigente era tanto sicura del controllo che esercitava sul Paese da poter accondiscendere senza eccessivi timori ad alcune richieste delle classi subalterne: fu così concesso il diritto di voto alla piccola borghesia e a parte della classe operaia (la meglio retribuita perché qualificata), vennero legalizzate le Trade Unions (cioè le organizzazioni sindacali) e l'espressione del voto, precedentemente palese, fu resa segreta. Ciò nonostante, la Gran Bretagna non era immune da gravi problemi, come la povertà di larga parte delle popolazione, che trovava unico sfogo nell'emigrazione verso il Canada, gli USA e l'Australia. Assai preoccupanti erano poi i rapporti con la vicina Irlanda, Paese poverissimo e da sempre insofferente alla dominazione inglese, che la Corona governava come una colonia. Dopo il fallimento di un'insurrezione, nel 1848, promossa dalla società segreta della Giovane Irlanda, i nazionalisti avevano continuato a cospirare e a compiere atti di terrorismo anti-inglese. Il governo Glastore applico, a partire dal 1869, misure volte a migliorare le condizioni del contadini randesi (misure contro a recima, indennizzi per i mezzadi licenzati, irie condizient del la caicina anglicana), unitamento indipendentisentidi repressione contro le organizzazioni senateMa fu proprio alto e un governo propri (Home Rule). Nel 1874 le redini del governo passarono al conservatore Disraeli il cui programma si riassumeva nella difesa dell'impero e nell'attuazione di riforme sociali dirette a conquistare la leata de i operai ala Corona. Nonostante la realizzazione di una parte di tale programma riformista, il perdurare dei problemi economici alcuni fallimenti in politica estera determinarono la caduta di Disraeli (180) e il ritorno al governo di Gladstone. Questi fece approvare un nuovo ampliamento del corpo elettorale (1884), ma falli nel tentativo di concedere l'autonomia (Home Rule) all’ Irlanda e si dimise nel 1886. Dagli anni 70, inoltre, reconomia inglese segnava il passo: la concorrenza industriale statunitense e tedesca si era fatta molto forte, 'agricoltura aveva patito una serie di cattivi raccolti e la finanza inglese continuava a investire i suoi immensi capitali nelle colonie o in America anziché in patria. Le difficoltà spinsero il governo del conservatore Salisbury a chiedere l'appoggio delle masse popolari nel nome della solidarietà nazionale e a incrementare la spinta coloniale. L'Impero si espanse ancora, fino a raggiungere i 400 milioni di abitanti, ma a prezzo di pericolose tensioni con la Francia, la Germania e la Russia. Con la Francia, infatti, si rischiò una prima volta lo scontro per il possesso delle azioni del canale di Suez, aperto nel 1869, e una seconda per il controllo del Sudan, anche se, in entrambi i casi, l'attrito si risolse con un successo diplomatico inglese. In Asia invece si creò una frizione tra l'espansionismo inglese in India e quello russo in Afghanistan. In tale contesto le condizioni economiche delle masse lavoratrici britanniche avevano subito un deciso peggio-ramento. Nacquero così nuove e più aggressive Trade Unions e raccolsero inediti consensi le idee socialiste e marxiste; tuttavia, la grande maggioranza degli operai inglesi, inquadrati nel Partito del lavoro nato nel 1893, rimase riformista e non aderì al marxismo. Superati i moti del '48, l'Impero austriaco doveva comunque dare soluzione all'arduo problema della varietà di popoli e culture (tedeschi, ungheresi, italiani, polacchi, rumeni, cechi, sloveni, croati, serbi) presenti al suo interno, che si traduceva in pericolose tensioni disgregatrici. La situazione si aggravò dopo la sconfitta patita nel 1859 nel Lombardo-Veneto e quella del 1866 a opera della Prussia. L'imperatore Francesco Giuseppe cercò di salvaguardare l'unità dell'Impero scegliendo la via della centralizzazione e della germanizzazione", ma ciò esasperò gli ungheresi, il popolo che, dopo gli austriaci, era il più numeroso dell'Impero. Essi non miravano tanto all'indipendenza, quanto a una effettiva autonomia e a un ridimensionamento dell'elemento germanico. Per questo motivo, essi si opposero a una "patente" dell'imperatore che dava vita a un Parlamento, con funzioni puramente consultive, eletto dalle Diete delle singole na-zionalità. Nel 1867 Francesco Giuseppe dovette accondiscendere alle richieste ungheresi e assunse il titolo formale di re d'Ungheria. Lo Stato asburgico diventava così Impero austro-ungarico, una sorta di duplice monarchia, con un unico sovrano per due distinti Parlamenti e due governi. Se la situazione dei magiari migliorò, al punto che furono altri gruppi etnici minoritari a sentirsi ora oppressi dalla componente ungherese, il problema della mancanza di omogeneità culturale e nazionale dell'Impero permaneva in tutta la sua gravità. Punti di forza della compagine statale rimasero l'esercito e l'apparato burocratico, mentre l'industrializzazione, pur in crescita, non era all'altezza di quella delle altre potenze europee. Inoltre, unica eccezione tra i principali Paesi europei, l'Impero non intraprese alcuna politica coloniale. Il diritto di voto venne progressivamente esteso, fino a giungere nel 1907 al suffragio universale. La vittoria dei conservatori nel 1849 aveva comportato una limitazione del diritto di suffragio e aumentato il controllo del clero sullistruzione e il presidente della Repubblica, Luigi Napoleone, cercava un modo per ottenere un secondo mandato, nonostante il divieto imposto dalla costituzione. Per aumentare la sua popolarità, egli presentò una proposta di legge che ristabiliva il suffragio universale; la bocciatura del progetto da parte del Parlamento gli fornì la giustificazione per realizzare, il 2 dicembre 1851, un colpo di Stato. La sede parlamentare fu occupata dai soldati, circa 10.000 oppositori politici furono prontamente esiliati e il suffragio universale ristabili to. Da quel momento Napoleone realizzò i suoi programmi a colpi di plebiscito: un primo voto popolare lo riconfermò per dieci anni nella carica di presidente della Repubblica e gli attribuì il potere di redigere una nuova ca stituzione; un secondo lo proclamò imperatore col nome di Napoleone IlI e gli assicurò la facoltà di trasmettere ereditariamente il titolo. L'opposizione al nuovo regime, costituita da repubblicani, legittimisti borbonici e orlea-nisti, non scomparve perché fino al 1858 (anno di un fallito attentato ai suoi danni compiuto dallitaliano Orsin) Napoleone Ill governò con metodi autoritari. II 1859 però segnò l'inizio di un nuovo corso, detto dell'Impero l-berale, contraddistinto dal sostegno alla causa italiana, dalla vittoria contro l'Austria, dalla stipula di un trattato di libero commercio con l'Inghilterra, dall'amnistia per i deportati per motivi politici e dalla fine del legame privilegiato con il papato, che era stato il principale strumento di Napoleone Ill per garantirsi l'appoggio dei clericali. La concessione di maggiori libertà favorì però l'opposizione; nacque anche un terzo partito, accanto a quello bo-napartista e a quello d'opposizione, con ideali liberali, e fu chiamato alla guida del governo nella persona di Ol-livier nel 1870. Il regno di Napoleone IlI vide una decisa crescita dell'industria, degli affari e del commercio. Capitali e tecnici francesi realizzarono il canale di Suez, mentre si procedeva a una spettacolare sistemazione urbana di Parigi. Fallimentare fu invece la politica coloniale, a causa di un intervento nel processo di liberazione dell'America Latina, teso a impedire l'indipendenza del Messico. La politica sociale di Napoleone IlI fu improntata al paternalismo e all'autoritarismo: egli diede grande sviluppo alle istituzioni caritative, ma solo verso la fine dell'impero si limitò a tollerare le cooperative e le camere sindacali, e a riconoscere il diritto di associazione sin- dacale. Nel 1870, il Secondo Impero crollò, a causa della sconfitta militare contro i prussiani a Sedan. Dopo l'abdicazione di Napoleone Ill, i democratici tornarono a proclamare la Repubblica, ma le elezioni del 1871 diedero la maggioranza ai monarchici. Il Parlamento si riunì a Bordeaux e il partito dell'ordine, formato da monarchici e repubblicani moderati, affidò il governo a Thiers. L'opposizione si polarizzò in Parigi, agitata da idee neogiacobine e socialiste che trovavano seguito nelle masse di disoccupati, operai e piccoli borghesi. La città insorse, richiamandosi all'esperienza della Comune del 1793, e intraprese una riorganizzazione dell'apparato statale e amministrativo improntata alla sovranità popolare. La classe operaia era per la prima volta nella storia direttamente al potere. Thiers, con il consenso dei prussiani che occupavano militarmente il Paese, inviò 100.000 soldati per pacificare Parigi: l'intervento passò alla storia come la settimana di sangue, per gli aspri scontri militari e le spaventose fucilazioni di massa (circa 20.000 rivoltosi morirono, altri 10.000 furono esiliati). Thiers fu eletto presidente della Repubblica e riuscì a far smobilitare le truppe prussiane dal territorio nazionale dietro il pagamento di una forte indennità di guerra. Nel 1873 divenne presidente MacMahon, generale di Napoleone Ill, distintosi nella repressione della Comune: avrebbe dovuto guidare la Francia verso un ripristino della monarchia, ma questo progetto falli. In quegli anni fu invece elaborata una sistemazione costituzionale repubblicana che in parte fu conservata fino al 1940. Accanto a una Camera completamente elettiva fu istituito un Senato a nomina vitalizia per metà dei suoi membri ed elettiva per l'altra metà; la libertà di stampa e di riunione furono garantite e i sindacati legalizzati, listruzione fu laicizzata, posta sotto il controllo dello Stato e inoltre resa obbligatoria e gratuita. L'economia industriale francese durante gli anni 70 segnò il passo, mentre si delineava sempre più chiaramente il primato della Germania in Europa. Per contro, grande impulso ebbe la politica coloniale, a cui la Francia era incoraggiata anche dalla Germania, che vedeva con favore la sua competizione con Gran Bretagna e Italia. Tra il 1890 e il 1941 la Francia divenne così la seconda potenza coloniale del mondo, acquisendo la Tunisia, il Senegal, la Costa d'Avorio, il Gabon, il Ciad, il Dahomey, il Madagascar e parte del Sudan e del Congo. In Asia invece i francesi occuparono la Cocincina e la Cambogia e, dopo aver sconfitto la Cina nel 1885, imposero il protettorato all'Annam. Grande risonanza ebbe nel 1894 il cosiddetto affaire Dreyfus, che vide protagonista un ufficiale dell'esercito di origine ebraica, Dreyfus, accusato di spionaggio a favore della Germania e condannato alla deportazio-ne. Per quanto fosse poi stato riconosciuto innocente, non venne liberato per l'opposizione degli ambienti nazionalist, notoriamente antisemiti. Infurio allora un'accesa protesta da parte della societa civile, a cui par tecipò anche il romanziere Zola con il celebre appello j’accuse, la quale sconfinò presto in uno scontro politico tra progressisti e conservatori. Con un processo in parte analogo all unificazione ditalia atuata dal Piemonte, negli stessi anni la Prussia unificò gli Stati tedeschi. Molte furono per altro le differenze: militarmente ed economicamente assai più forte di quanto fosse il Piemonte, la Prussia non si ispirò a ideali liberali né moderatamente conservatori. Le classi dominanti erano quelle dei grandi proprietari terrieri (Junker), l'esercito e la burocrazia: la borghesia, sconfitta nei moti del 48, si era rassegnata a un ruolo subalterno. Né vi fu, durante il processo unitario, un contributo di forze democratiche paragonabile a quello che si ebbe in Italia. Dopo il 1849, il re Federico Guglielmo IV attuò una politica decisamente conservatrice, pur non abolendo la Costituzione né il suffragio universale. Il corpo elettorale era diviso in tre parti su base censitaria: ogni parte concorreva per un terzo al carico fiscale ed eleggeva un terzo dei parlamentari. Il Parlamento, pe- raltro, aveva un effettivo potere solo in ambito fiscale, mentre per il resto aveva funzioni puramente consultive. Anche il governo dipendeva direttamente dal re. Il nuovo kaiser, Guglielmo I, nel 1861 chiamò al governo Otto von Bismarck, grande e spregiudicato stati-sta. Fautore dei principi del nazionalismo, della conservazione e dell'assolutismo, egli frustrò le residue speranze del liberalismo tedesco, garanti il primato politico indiscusso alla grande aristocrazia filomonarchica, dalle cui fila egli stesso proveniva, e realizzò l'unità nazionale nel segno prussiano. La possibilità di uno scontro militare con l'Austria era ben nota, in quanto ciascuna delle due nazioni ambiva naturalmente al ruolo egemone nell'area tedesca, ancora divisa in numerosi Stati. Nel 1864, tuttavia, Austria e Prussia si coalizzarono per strappare alla Danimarca i tre ducati dello Schleswig, dell'Holstein e del Lauenburg. La guerra fu breve, ma subito dopo la vittoria i due Paesi si scontrarono circa l'assetto da dare ai tre ducati, che la Prussia avrebbe voluto annettere, mentre l'Austria erigere a Stato indipendente. Si profilò come inevitabile la soluzione armata della disputa, ma il Parlamento prussiano si rifiutò di concedere i fondi necessari allo scopo. Bismarck seppe ugualmente aggirare l'opposizione con alcuni decreti reali, prevalendo ancora una volta sui liberali tedeschi. Dal punto di vista diplomatico, il cancelliere compì un capolavoro: si alleò con l'Italia per quella che sarebbe stata la nostra terza guerra d'indipendenza e si assicurò il consenso francese, mentre la Gran Bretagna non aveva concrete possibilità di opporsi. Iniziata nel 1866, la guerra durò meno di un mese e mezzo e culminò, per l'Austria, nella disfatta di Sadowa. Ancora più abile fu Bismarck nel trattare la pace: oltre ai tre ducati contesi, la Prussia annetté altri territori tedeschi e legò a sé tramite la stipula di alcuni trattati gli Stati più settentrionali nella Confederazione della Germania del Nord, mentre quelli meridionali - tra cui la Baviera - conservarono la loro indipendenza; nel contempo, l'Austria venne politicamente estromessa dal settore. Da un punto di vista territoriale, gli Asburgo persero solo il Veneto, a vantaggio dell'Italia, ma nessuno poteva ormai mettere in discussione la supremazia politico-militare prussiana nella regione. Alla crescita territoriale aveva intanto corrisposto negli anni una crescita economica impe-tuosa: l'industria, il credito, il commercio, le risorse naturali e la manodopera abbondante consentirono alla Prussia di Bismarck, verso la metà del XIX secolo, di insidiare da vicino il primato economico inglese. Il successo politico e la prosperità economica, unitamente al concreto realizzarsi dell'unità territoriale tedesca a guida prussiana, preoccuparono Napoleone IlI e lo spinsero a ostacolare ulteriori progressi in tal senso. Tut-tavia, Bismarck non solo era disposto allo scontro armato con la Francia, ma anzi lo fomentò in occasione della controversa successione al trono di Spagna. La corona era stata offerta a un principe prussiano, ma la Francia, che temeva l'accerchiamento, vi si era opposta. Questo fatto costituì il casus belli di una guerra di-chiarata, imprudentemente, dalla Francia. Tuttavia, di fronte alle ben dirette armate prussiane, essa patì una prima sconfitta a Metz e una seconda, definitiva, a Sedan. Lo stesso Napoleone IlI cadde prigioniero: il Secondo Impero era finito. I francesi proclamarono la Repubblica e tentarono di proseguire la lotta, ma le nuove truppe raccolte con la leva forzata erano troppo impreparate e il governo fu costretto a chiedere l'armi-stizio (1871). Con il Trattato di Francoforte la Prussia ottenne l'Alsazia-Lorena e il pagamento di una fortissima indennità di guerra. La vittoria militare catalizzò il processo di aggregazione degli Stati tedeschi ancora indipendenti e, nella Sala degli specchi del palazzo di Versailles, il 18 marzo 1871, fu proclamato l'Impero tedesco. Significativamente, lo scettro era offerto a Guglielmo I non dai popoli tedeschi, ma dai loro sovrani. Il partito degli Junker governava quindi, nella persona di Bismarck, un Impero grande e pro-spero, la cui unica opposizione interna era rappresentata dai cattolici e dai socialisti, nelle cui associazioni il cancelliere vedeva un pericolo per la classe dirigente e anche per lo spirito nazionale.