Summary

Questo documento fornisce un riassunto della storia moderna, concentrandosi sui modelli di società inglese e olandese, la monarchia di Luigi XIV e le sue politiche espansionistiche, economiche e religiose, e la seconda rivoluzione inglese. Il testo descrive le caratteristiche comuni a questi modelli, le figure chiave e le principali azioni. È un'analisi completa di un periodo della storia europea.

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CAPITOLO 16 MODELLO DI SOCIETA’ OLANDESE E INGLESE Sia le Province Unite che erano diventate indipendenti dalla corona spagnola nella seconda metà del 500 e sia l’Inghilterra, in cui dopo qualche anno di Repubblica era stata ripristinata la monarchia nella seconda metà del 600 vi era un m...

CAPITOLO 16 MODELLO DI SOCIETA’ OLANDESE E INGLESE Sia le Province Unite che erano diventate indipendenti dalla corona spagnola nella seconda metà del 500 e sia l’Inghilterra, in cui dopo qualche anno di Repubblica era stata ripristinata la monarchia nella seconda metà del 600 vi era un modello di organizzazione statale differente rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. Gli elementi in comune a questi due modelli erano: 1. La compartecipazione alle decisioni politiche delle elites locali 2. Il mantenimento degli organi rappresentativi: Assemblea generale per le Province Unite e Parlamento diviso in due Camere per l’Inghilterra 3. Un forte carattere antidispotico affiancato ad un grado sempre maggiore di tolleranza Dopo la morte di Cromwell nel 1660 in Inghilterra venne ripristinata la monarchia con Carlo II Stuart (successore del re decapitato Carlo I), ma si mantenne la funzione del Parlamento in una sorta di diarchia che tutelava i diritti dei sudditi attraverso la divisione del potere tra sovrano e Parlamento. In entrambi questi modelli di società, accanto a questi organi rappresentativi, acquistarono importanza figure militari che godevano di ampi poteri: il Lord protettore in Inghilterra che durante gli anni della Repubblica era stato Cromwell, uno dei capi dell’esercito del Parlamento lo Stadhouder e il Gran pensionario nelle Province Unite: il primo quasi sempre un rappresentante della dinastia degli Orange, il secondo il rappresentante dell’Olanda, la provincia più importante delle Province Unite. Entrambi questi Stati erano importanti potenze marittime e commerciali. Gli olandesi venivano chiamati “brokers”, “mediatori dell’universo” perché trafficavano dappertutto e non solo prodotti di loro produzione. La sua fortuna mercantile era legata al fatto che l’Olanda è situata sul delta di tre grandi fiumi che attraversano gli stati tedeschi, il Belgio e il nord della Francia, dominando i commerci nel Mar Baltico e Mare del Nord. CAPITOLO 17 LA MONARCHIA DI LUIGI XIV DI BORBONE Con la morte del cardinale Mazzarino nel 1661, il giovane figlio di Luigi XIII della dinastia dei Borbone, ovvero Luigi XIV, passato alla storia come Re Sole, dopo un breve periodo di reggenza, all’età di 23 anni decise di governare personalmente, attuando un’opera di disintermediazione e mettendo in atto una politica di accentramento dei poteri nelle mani del sovrano senza precedenti. Innanzitutto, maturò l’idea che la pratica governativa diffusasi dalla metà del 600 che vedeva l’affiancamento al sovrano di un favorito nella gestione del patronage regio, cioè di un primo ministro in grado di influenzare le decisioni del re, di cui spesso era il suo alter-ego in versione tirannica, risultava una pratica dannosa per la stabilità politica della monarchia, ragion per cui, dopo la morte di Mazzarino, non nominò nessun primo ministro. Non convocò mai gli Stati generali ed esautorò anche i Parlamenti privandoli del diritto di rimostranza (era un’istituzione giudiziaria e non rappresentativa, cioè eletta dal popolo) Per limitare l’influenza della nobiltà, attuò una politica di integrazione trasformandola l’aristocrazia in un ceto di servizio, offrendo incarichi nell’esercito, nella marina, nell’amministrazione al fine di “staccare” i nobili dai loro feudi dove erano riconosciuti come piccoli sovrani. Il rafforzamento dell’apparato statale fu affidato ad esponenti del ceto borghese o della nobiltà minore da cui attinse i funzionari che controllavano a livello locale i territori e rispondevano direttamente alla corona, i cd “intendenti”. Nei pressi di Parigi fece costruire la famosa Reggia di Versailles che gli storici hanno paragonato ad una gabbia dorata in cui il sovrano induceva l’aristocrazia ad affluire. Tuttavia, secondo l’autore del libro, quella di Luigi XIV non fu una politica di costrizione, quanto piuttosto del consenso: i nobili ritenevano un privilegio quello di essere ammessi a corte. Il modello assolutistico del Re Sole non era un modello pianificato, programmato, ma, secondo l’autore, era spesso il risultato di contrattazioni con forze che cercavano di contrastare l’affermazione del potere assoluto del sovrano sinteticamente racchiuso nella famosa frase: “L’Etait c’est moi”. Il suo intento era quello di sostituire l’egemonia spagnola sull’Europa, ormai in declino, con quella francese. Per realizzare questo suo ambizioso progetto si dotò di un forte esercito, stabile e ben equipaggiato, per il quale investì molte risorse arrivando a pesare sul bilancio statale anche dell’ 80/85% negli anni di guerra. LA POLITICA ESPANSIONISTICA In politica estera, le sue mire espansionistiche erano rivolte ad est con l’obiettivo di allargare i confini fino al fiume Reno e a nord-est verso i Paesi Bassi spagnoli (l’attuale Belgio) e le Province Unite. Come pretesto per scatenare la guerra contro la Spagna, egli rivendica il diritto di successione al trono asburgico per aver sposato Maria Teresa, figlia di Filippo IV che era deceduto, mentre al trono era successo il fratellastro della donna, Carlo II. Ebbe così inizio una “guerra di devoluzione”, con riferimento al diritto di successione riconosciuto per legge ai figli di primo letto, mentre Carlo II era nato da seconde nozze di Filippo IV. Come pretesto per attaccare le Province Unite Luigi XIV si appigliò a delle controversie di natura commerciale. Nonostante molti anni di guerra, la Spagna intervenne in aiuto alle Province Unite e, per arrestare l’avanzata delle truppe francesi, allagò il territorio rompendo delle dighe, salvaguardando così l’indipendenza di queste province. Alla fine di questi due conflitti la Francia ottenne piccoli territori: la Franca Contea, Lille, l’Alsazia e Strasburgo. Inoltre, il re francese favorì la rivolta di Messina contro gli spagnoli e, successivamente, attaccò Genova. Ogni volta si generava una reazione delle altre potenze che si coalizzavano contro la Francia. Nel 1700 con la morte di Carlo II re di Spagna scoppiò una guerra di successione per mancanza di eredi diretti e Luigi XIV cercò di imporre il nipote Filippo di Borbone duca d’Angiò, suscitando ancora una volta una reazione internazionale antifrancese. LA POLITICA ECONOMICA La politica economica di Luigi XIV è una politica di potenza che lo indusse ad investire grosse risorse nel potenziamento dell’esercito, incidendo pesantemente sul bilancio statale. Proprio per risanare l’enorme debito pubblico delle casse statali e razionalizzare il sistema fiscale e tributario, egli affidò la gestione e il controllo delle finanze al ministro Colbert, un ex collaboratore del ministro Mazzarino. Colbert che era un sostenitore della teoria mercantilistica, secondo la quale la crescita economica di un Paese era determinata dalla bilancia degli scambi commerciali, ovvero quando il valore delle esportazioni superava quello delle importazioni, mise in atto una politica economica che mirava a ridurre le importazioni, soprattutto di prodotti di lusso, come arazzi, tessuti pregiati, vetro lavorato, aumentando i dazi doganali per le merci in ingresso in Francia, riducendoli invece sui prodotti semilavorati e materie prime che venivano lavorati in Francia e poi riesportati come prodotti finiti. I dazi doganali rappresentavano un duplice vantaggio: maggioravano il prezzo delle merci importate scoraggiandone l’acquisto e costituivano un gettito di denaro per le casse statali. Per rendere la Francia autosufficiente dal punto di vista economico, Colbert non si limitò all’adozione di misure protezionistiche. Nel settore manifatturiero istituì delle manifatture statali per produrre quelle merci che la Francia importava a caro prezzo (famosi gli arazzi e tappeti pregiati di Gobelin o i vetri di qualità di Saint Gobain). Inoltre, egli ambiva a portare la produzione manifatturiera francese a livelli di eccellenza in Europa, motivo per il quale impose rigidi regolamenti per garantire la qualità dei prodotti e a tal fine nominò degli Ufficiali regi incaricati di controllare le fasi di lavorazione e denunciare eventuali inosservanze delle norme vigenti. Tuttavia, questi regolamenti erano così restrittivi che portarono alla chiusura di molte aziende manifatturiere. Nel settore navale e mercantile, Colbert rafforzò le flotte francesi per essere in grado di competere con quelle inglesi e olandesi. Anche la Francia istituì la Compagnia delle Indie orientali e occidentali, ma a differenza delle compagnie europee concorrenti, quelle francesi erano sotto il controllo statale. LA POLITICA RELIGIOSA La politica religiosa di Luigi XIV parte da un principio: la totale identificazione tra potere politico e potere religioso, motivo per cui egli si pone come Capo della chiesa francese, promuovendo una Chiesa autonoma da Roma: con la nomina dei vescovi, esautorò completamente il pontefice. Ma fu con la convocazione del sinodo gallicano del 1681 e l’approvazione nell’anno successivo della Dichiarazione dei 4 articoli che fu stabilito la non subordinazione del sovrano e dei governanti laici all’autorità ecclesiastica negli affari temporali. Per garantirsi comunque il sostegno della Chiesa cattolica, piuttosto indispettita dalla politica religiosa del Re Sole, egli conduce una politica antiprotestante nei confronti degli ugonotti. Con l’Editto di Fontainebleau del 1685 venne revocato l’Editto di Nantes con cui a fine 500 Enrico IV aveva messo fine alle guerre di religione concedendo libertà di culto agli ugonotti. Vennero emanate una serie di leggi che escludevano gli ugonotti dagli uffici pubblici. Gli edifici di culto degli ugonotti vennero distrutti e tutti i culti protestanti vietati. Circa 200.000 ugonotti fuggirono in Olanda, Svizzera, Germania, Inghilterra. Questa fuga si tradusse nella perdita di abili artigiani e professionisti, il che andò ad aggravare ulteriormente la situazione economica già compromessa della Francia messa in ginocchio dalla politica di potenza del Re Sole. Nell’intento di riaffermare l’ortodossia cattolica, Luigi XIV iniziò un’azione repressiva anche nei confronti del movimento religioso francese del gianseismo che, in realtà, non era un movimento eretico, anche se fu proclamato tale dal papa a inizi 600: esso si basava su una forma di spiritualità austera e personale, anti-gerarchica, influenzata dalla letture di Sant’Agostino e invocava il ritorno ad un cattolicesimo più puro, quello delle origini. LA PRUSSIA E LA RUSSIA Il modello assolutistico francese venne presto imitato da altri sovrani, in particolare dai sovrani di Prussia e Russia. In Prussia il re Federico I cercò di coinvolgere la forte nobiltà terriera dei Junker nell’organizzazione dell’esercito con funzioni di comando e nell’apparato statale per la gestione e il controllo dei territori. Dunque, una nobiltà che anche qui venne trasformata in ceto di servizio, sull’esempio del modello francese. In Russia avvenne lo stesso: dopo decenni di conflitti tra pretendenti al trono, salì la dinastia dei Romanov con lo zar Pietro I il Grande. Si racconta che da giovane sia andato in Francia per studiare da vicino la società francese: anche lui potenziò l’esercito e soprattutto la marina; cercò con scarso successo di coinvolgere la nobiltà nell’organizzazione dell’esercito e nell’apparato statale. Sottomise la Chiesa ortodossa governata dal patriarca. Nel suo intento di portare la Russia verso gli Stati europei spostò la capitale da Mosca a Pietroburgo, una nuova città affacciata sul Mar Baltico fondata a inizi 700. CAPITOLO 18 SECONDA RIVOLUZIONE INGLESE O GLORIOSA RIVOLUZIONE (1688/89) La Seconda rivoluzione inglese è anche definita dagli storici Gloriosa Rivoluzione in virtù del fatto che il passaggio dinastico che si realizzò negli anni Ottanta del 600 quando la dinastia Stuart del re Giacomo II fu sostituita dalla dinastia d’Orange di Guglielmo III e sua moglie Maria II Stuart, avvenne senza spargimenti di sangue, ma in modo consensuale e non violento. Questo cambio dinastico pacifico segnò l’inizio di una nuova forma di monarchia, la monarchia parlamentare in cui sostanzialmente il sovrano regna ma non governa, poiché di fatto al Parlamento vennero riconosciute delle prerogative che limitavano fortemente l’autorità del sovrano: si abbandonò dunque l’idea di un potere assolutistico e di una sovranità legittimata per volontà divina. Dopo la morte del Lord Protettore Cromwell nel 1660 e il suo fallito tentativo di rendere la sua carica ereditaria a favore del figlio, tentativo che trovò l’opposizione del Parlamento, si pose fine alla Repubblica e venne ripristinata la monarchia con Carlo II Stuart. Con Carlo II ripresero le ostilità tra il Parlamento e il sovrano, ancora una volta per questioni politiche che si intrecciavano a questioni religiose. Nel 1673 il Parlamento approvò il Test Act con cui si escludeva la partecipazione dei cattolici alle cariche pubbliche, civili e militari e, qualche anno dopo, il divieto di sedere a uno dei due rami del Parlamento (i cattolici erano considerati la lungamanus degli spagnoli e del Papa). Lo stesso Papa non nutriva molta fiducia nel re Carlo II, tant’è che chiese il mantenimento delle garanzie di libertà personale e della norma che vietava gli arresti arbitrari (ammessi al tempo di Carlo I quando gli avversari politici venivano giustiziati senza processo). Nel 1685 alla morte di Carlo II gli succedette il fratello Giacomo II. Egli era cattolico, per cui abolì il Test Act che limitava la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, ma dal momento che il Parlamento si rifiutò di ratificare la sua decisione, Giacomo II decise per il suo scioglimento (non si limitò a sospenderlo). I rappresentanti del Parlamento, nonostante le divisioni interne tra Whig e Tory ( rispettivamente tra la parte più dinamica formata dagli esponenti del commercio e quella più conservatrice formata dall’aristocrazia fondiaria),furono concordi nel chiedere l’aiuto dello stadholder d’Olanda, Guglielmo III d’Orange, capo militare delle Province Unite, protestante, il quale aveva sposato una Stuart, Maria II figlia del re Giacomo, protestante anche lei a differenza di suo padre. Il re Giacomo fuggì in Francia mentre il popolo accolse positivamente Guglielmo e Maria che furono proclamati a pieno titolo sovrani d’Inghilterra, dal momento che secondo il Parlamento il re aveva violato la Costituzione inglese fuggendo, infrangendo il patto originario tra il sovrano e il popolo. Tra il 1688/89 i nuovi sovrani sottoscrissero la Dichiarazione dei Diritti, il cd Bill of Rights che sanciva i diritti e le prerogative del Parlamento inglese che si dichiarava organo rappresentativo della nazione, detentore del potere legislativo, compreso il diritto di imporre tasse, nonché di vigilare sul comportamento del re che manteneva il diritto di veto sulle leggi votate dalle Camere. Venne garantita la libertà di parola, di stampa, di culto. I due nuovi sovrani non ebbero eredi e dal momento che l’Act of Settlement del 1701 approvato dal Parlamento impediva la successione dinastica ai cattolici, fu designato come erede al trono l’altra figlia di Giacomo II, Anna Stuart, anche lei protestante e, dopo di lei, la cugina Sofia sposata con il principe tedesco Giorgio I di Hannover. Alla morte di Anna Stuart iniziò dunque la dinastia tedesca degli Hannover: il nuovo re Giorgio I dovette sedare una rivolta in Scozia che voleva separarsi dall’Inghilterra dopo che nel 1707 con L’Union Act c’era stata l’unione anglo-scozzese con la nascita della Gran Bretagna. Egli delegò ampi poteri al Governo composto da ministri scelti nelle fila dei Whig che iniziarono una lunga egemonia nel Parlamento inglese. Nasce la figura del moderno primo ministro, quasi sempre il capo della maggioranza parlamentare, non più solo uomo di fiducia del sovrano. Il Governo diventò gradualmente un’istituzione autonoma dalla corona che doveva godere della fiducia del Parlamento, quest’ultimo in carica non più per 3 anni, bensì per 7 anni. Al sovrano di fatto rimanevano le decisioni in materia di politica estera e il ruolo di garante delle istituzioni e simbolo dell’identità nazionale. Per quanto riguarda il diritto di voto esso era assai ristretto dal momento che era su base censitaria, cioè solo chi possedeva un certo reddito aveva il diritto di votare. Inoltre, non c’era alcun criterio di proporzionalità tra il numero degli elettori e quello dei deputati. In questo contesto si formò la base della moderna dialettica parlamentare caratterizzata dalla prevalenza di uno dei due schieramenti parlamentari, il ruolo di opposizione della minoranza che esercita una funzione di controllo e l’accettazione da parte di tutti di quelle che sono le regole del gioco. IL FASCINO DEL MODELLO INGLESE Agli occhi dell’opinione pubblica l’assetto istituzionale inglese era un modello ammirato poiché con la divisione dei poteri (legislativo-esecutivo-giudiziario) e il sistema parlamentare bicamerale scongiurava il rischio di tendenze assolutistiche. Si parla addirittura di “anglomania”. Secondo lo studioso Locke lo Stato assolutistico proposto da Hobbes doveva arrestarsi di fronte ai diritti “incomprimibili” dell’individuo (libertà di pensiero, di stampa, di culto) e, anzi, lo Stato doveva esserne il garante. Anche la religione non sfuggì ad una riflessione razionalistica che portò a nuove tendenze come quella del deismo che si opponeva all’idea di una religione rivelata, imposta dall’alto, a favore dell’idea di una religione naturale, basata sulla ragione. Cominciò a farsi sentire il peso dell’opinione pubblica in modo indiretto attraverso le “gazzette”, i libri, i giornali. La discussione politica avveniva anche nei luoghi informali, nei salotti e nei cafè, in sedi non pubbliche. E’ in questo contesto che nacquero le società segrete come quella della Massoneria nata proprio in Inghilterra nel 1717 e ampiamente diffusasi nel corso del 700. Essa richiamava le associazioni di mestiere, caratterizzata da una gerarchia interna, da rituali che richiedevano pratiche di iniziazione, dalla segretezza organizzativa e da un sapere esoterico rivolto a pochi eletti; ispirata dall’idea di pace, di fratellanza universale e di tolleranza religiosa, rifiutava le discriminazioni basate sul privilegio di nascita CAPITOLO 19 GUERRE DI SUCCESSIONE IL GIOCO DELLE DINASTIE: I NUOVI ASSETTI EUROPEI NELLA PRIMA META’ DEL 700 Il 1700 si apre con una serie di conflitti che non hanno alla base una motivazione religiosa, bensì la necessità di mantenere una condizione di equilibrio tra le diverse potenze europee. Infatti, ogni qualvolta una potenza europea cerca di accrescere il proprio potere, le altre intervengono e si coalizzano per ridimensionarlo: da qui il titolo che l’autore ha scelto per questo capitolo: “il gioco delle dinastie”. Il Settecento si apre con l’egemonia francese che si sostituisce a quella spagnola, con l’ascesa di aggressive potenze che vogliono modificare gli equilibri e gli assetti politico-militari: Inghilterra, Province Unite, ma anche Prussia, Russia, Svezia che si contendono l’area del Mar Baltico. Inoltre, un terzo elemento di instabilità politica è rappresentato dal conflitto tra il principio di legittimità dinastica e una nuova tendenza verso una legittimità protonazionale, l’idea cioè che un sovrano, anche se non originario dei territori in cui regna, debba rispettarne le usanze e i costumi. SUCCESSIONE SPAGNOLA Il 1° novembre del 1700 muore Carlo II d’Asburgo, da tempo malato. Egli non ha eredi maschi, motivo per il quale già negli ultimi anni del 1600 vengono siglati diversi accordi circa la spartizione dell’impero asburgico. Luigi XIV prepara con abilità la successione borbonica al trono di Spagna del nipote Filippo d’Angiò e, infatti, poco prima di morire, Carlo II designa lui come proprio erede, il quale sale al trono prendendo il nome di Filippo V di Spagna, sostenuto da Francia e Spagna, ma con la clausola di rinunciare all’unione dinastica tra i due regni. Si costituisce così un asse franco-spagnolo che minaccia l’intera Europa. In risposta a questa minaccia, l’imperatore Leopoldo I d’Austria che rivendica il trono per il figlio, l’arciduca Carlo, organizza la Coalizione dell’Aia (1701) a cui partecipano l’Inghilterra e le Province Unite e a cui si aggiungono in seguito anche Prussia, Portogallo, Austria e ducato di Savoia. Dopo alcuni successi iniziali per l’asse franco-spagnolo, le sorti del conflitto volgono a sfavore delle truppe francesi; anche la Spagna è impegnata a fronteggiare una insurrezione in Catalogna che non accetta di riconoscere il sovrano Filippo V (nipote di Luigi XIV), ma si ribella per sostenere la successione dell’arciduca Carlo d‘Asburgo. Anche in Italia gli austriaci hanno la meglio sulla coalizione franco-spagnola, conquistando Milano e Napoli, mentre la flotta inglese occupa Gibilterra e l’isola di Minorca e permetterà l’occupazione della Sardegna da parte dell’esercito asburgico. Ma nel 1711 con la morte del successore al trono di Leopoldo I d’Austria, sale al trono il figlio minore Carlo che era il pretendente al trono di Spagna e che intanto diventa imperatore d’Austria con il nome di Carlo VI. A questo punto cambia radicalmente la situazione perché l’Inghilterra si rende conto del gran potere che avrebbe avuto Carlo VI se avesse vinto la guerra, e del rischio ben più grande di vedere unificati i due regni d’Austria e di Spagna, tanto più che i Tories che hanno l’egemonia parlamentare sono contrari alla guerra. A questo punto gli alleati abbandonano Carlo VI, concludendo con i Borbone i Trattati di Utrecht e di Rastadt (1713-1714) che ridisegnano una nuova mappa politica europea e segnano la fine dell’egemonia spagnola in Italia e l’inizio di quella austriaca. Adesso la dinastia legittima di Spagna è quella dei Borbone, storici nemici della dinastia degli Asburgo. - Filippo V di Borbone diventa re di Spagna e delle colonie americane a patto di non unificare i due regni di Francia e Spagna - L’Inghilterra, potenza vincitrice, ottiene Gibilterra e Minorca e importanti territori dell’America settentrionale che con il cd asiento garantiva il monopolio del commercio degli schiavi nelle colonie d’America - All’Austria vengono assegnati i territori spagnoli italiani: regno di Napoli, di Sardegna, Stato di Milano, i Paesi Bassi meridionali - Ai Savoia la Sicilia, poi ceduta all’Austria in cambio della Sardegna Pochi anni dopo ci sarà il tentativo da parte della Spagna di riconquistare i territori che aveva perso nell’Italia meridionale, un tentativo destinato a fallire e che obbligherà la Spagna a capitolare e a firmare la pace dell’Aia del 1720. UNIONE E CONQUISTE: IL CASO DELLA CATALOGNA E DELL’INGHILTERRA Negli anni della guerra di successione spagnola, continua la rivolta in Catalogna che aveva sognato con l’arciduca Carlo di riconquistare la sua indipendenza dalla Spagna. Intanto, Filippo V avvia il processo di unificazione delle due corone di Castiglia e di Aragona. Negli stessi anni in Inghilterra la regina Anna Stuart, secondogenita di Giacomo II, avvia un processo di unificazione delle corone di Inghilterra e Scozia sotto un unico regno chiamato Gran Bretagna (1707), una unificazione già vagheggiata a inizi 600 da Giacomo I. La regina dovrà fronteggiare ben due rivolte scozzesi nel giro di trent’anni durante le quali si formerà una identità del popolo scozzese separata da quella inglese. Analoghi episodi di ribellione si verificheranno anche in Irlanda dove, sulla scia delle rivolte scozzesi, matura una prima consapevolezza protonazionale. LE GUERRE DEL NORD Agli inizi del 700, negli stessi anni in cui si combatteva la guerra di successione spagnola, inizia la lotta tra le potenze europee per il controllo del Mar Baltico e dell’Europa nord-orientale, importante snodo dei traffici commerciali che dalla metà del 600 è sotto l’egemonia svedese. Contro di essa si coalizzano lo zar di Russia, Pietro il Grande, la Danimarca e la Polonia e inizia così la seconda Guerra del Nord a inizi Settecento che vedrà la graduale affermazione della Russia. Le truppe svedesi, dopo la pace ottenuta con la Danimarca e l’invasione della Polonia, tentano di penetrare nelle pianure russe, ma vengono sconfitte anche a causa del rigido inverno russo e di un’abile strategia militare adottata dai russi che bruciano il cammino davanti all’esercito invasore, il quale non ha così la possibilità di procurarsi il necessario per la sopravvivenza. La Svezia sarà costretta a cedere i suoi territori tedeschi e polacchi alla Prussia e alla Danimarca e a riconoscere le conquiste territoriali russe sul Mar Baltico. La Svezia perde così il controllo sull’area del Baltico mentre la Russia entra a far parte a pieno titolo delle potenze europee. GUERRA DI SUCCESSIONE POLACCA La Polonia è una monarchia elettiva e non ereditaria caratterizzata da un’estrema situazione di instabilità polacca che genera una guerra di successione alla morte del re Augusto II di Sassonia nel 1733. I due contendenti al trono polacco sono: - Augusto III, figlio del defunto sovrano Augusto II, sostenuto dall’Impero asburgico e dalla Russia - Stanislao Lezynski, nobile polacco, suocero del re francese Luigi XV ( ha sposato sua figlia) successore del Re Sole che è appoggiato dalla Francia Scoppia la guerra di successione polacca in cui i Borbone di Francia e di Spagna stringono il “patto di famiglia” e si coalizzano contro gli Asburgo. Con la Pace di Vienna del 1738 termina la guerra di successione polacca: - il trono polacco viene assegnato a Augusto III - a Stanislao viene assegnata la Lorena, ma a condizione che alla sua morte il territorio passi alla figlia e quindi alla corona francese.. allo spodestato Francesco di Lorena (genero di Carlo VI) viene assegnato il Granducato di Toscana - a Carlo di Borbone il Regno di Napoli e di Sicilia - Milano resta austriaca. GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA Dopo due anni dalla Pace di Vienna del 1738 con cui si pose fine alla guerra di successione polacca, scoppia nel 1740 la guerra di successione austrica poiché l’imperatore Carlo VI d’Asburgo muore senza eredi maschi. Egli aveva designato come erede al trono il genero Francesco di Lorena, marito della figlia Maria Teresa, ma in punto di morte fa modificare le leggi di successione in vigore in Austria per consentire la successione diretta al trono dei domini asburgici (Austria, Boemia e Ungheria) della figlia, emanando un editto dalla dubbia legittimità noto come Prammatica sanzione del 1713. Alla sua morte i sovrani di Baviera e di Sassonia non riconoscono la legittimità di tale editto e avanzano pretese sui territori austriaci con l’appoggio della Francia, Spagna, Prussia e Regno di Sardegna. La Prussia occupa la Slesia, mentre le truppe francesi invadono la Boemia. Maria Teresa prende in mano la situazione e cerca di dividere la coalizione avversaria, trattando la pace con il sovrano di Prussia a cui concede la Slesia, ricca regione mineraria. Inoltre, con un’abile manovra politica, si assicura l’appoggio della Gran Bretagna, delle Province Unite e del Regno di Sardegna. Con la Pace di Aquisgrana del 1748 si pone fine alla guerra di successione austrica con cui: - l’Austria cede la Slesia alla Prussia e assegna al secondogenito di Filippo V di Spagna il Ducato di Parma e Piacenza - a Maria Teresa viene riconosciuta la successione ai domini asburgici e il titolo di imperatore per suo marito Francesco di Lorena. CAPITOLO 20 ESPANSIONE EUROPEA E LE NUOVE GERARCHIE ECONOMICHE INTERNAZIONALI Nella seconda metà del 600 i primi imperi coloniali, quelli del Portogallo e della Spagna, devono confrontarsi con la concorrenza di nuove potenze che si affacciano sullo scenario dei traffici con l’Asia, l’Africa e l’America: Province Unite, Francia e Inghilterra, oltre a farsi concorrenza, cercano infatti di scardinare il monopolio esercitato da Spagna e Portogallo nei loro imperi coloniali. I CAMBIAMENTI NEGLI IMPERI COLONIALI DEL PORTOGALLO Nella seconda metà del 600 il Portogallo conclude un’alleanza politica ed economica con l’Inghilterra a cui cede l’importante base indiana di Bombay, ma in compenso sul versante atlantico, il Portogallo acquisisce le basi di Angola e riprende il controllo del Brasile dove viene fondata la Compagnia generale del commercio del Brasile e dove la coltivazione della canna da zucchero, importata nel secolo prima dalle Azzorre, diventa l’attività principale. Per lavorare nelle piantagioni del Brasile la manodopera indigena è insufficiente per cui si importano schiavi dall’Africa, in particolare dalla colonia portoghese dell’Angola. Inoltre, gli schiavi africani vengono sfruttati anche nelle miniere per estrarre oro e diamanti. Lo sfruttamento di questi ricchi giacimenti ha due conseguenze importanti: il decollo della città di Rio de Janeiro e un afflusso di coloni in Brasile che alla fine del 700 sarà pari al numero di portoghesi residenti nella madrepatria. Inoltre, grazie all’oro, il Brasile è in grado di acquistare merci europee, soprattutto manufatti tessili inglesi. I CAMBIAMENTI NEGLI IMPERI COLONIALI SPAGNOLI L’Impero coloniale spagnolo si concentra soprattutto nell’America centrale e meridionale. Esso incontra difficoltà nella gestione dei traffici con le colonie: - innanzitutto per le grandi distanze che le navi a vela spagnole devono percorre salpando dal porto di Siviglia – poi di Cadice – per raggiungere il Nuovo Mondo, spesso attaccate da corsari e da nemici inglesi e olandesi. - in secondo luogo, la Spagna non è in grado di produrre i manufatti di cui fanno domanda le colonie, per cui è costretta ad acquistarli da altri paesi europei, pagandoli con l’argento americano. - inoltre, tra 600 e 700 si sviluppa un’intensa attività di contrabbando dei mercanti olandesi, francesi e soprattutto inglesi nelle colonie americane spagnole. - A tutte queste difficoltà, si aggiunge la perdita dell’asiento, una sorta di appalto con relativo monopolio del commercio degli schiavi nelle colonie spagnole che passa all’Inghilterra. Poco a poco, le colonie americane spagnole, così come quelle portoghesi, diventano colonie commerciali inglesi. LA GRAN BRETAGNA E LA FRANCIA Nel corso del 700 l’Inghilterra diventa poco a poco la prima potenza commerciale del globo detenendo il monopolio mondiale dei traffici marittimi. Anche la Francia, sua diretta rivale, registra una notevole crescita dei traffici commerciali legati soprattutto alle piantagioni di zucchero delle colonie francesi delle Antille e all’importazione di pellicce, pesce, legname dalle colonie canadesi. In Gran Bretagna sotto il governo di William Pitt si abbandona la linea politica improntata alla prudenza e si attua una linea di governo orientata all’espansione dei possedimenti coloniali che porterà a metà 600 alla Guerra dei 7 anni combattuta da un lato da Prussia e Inghilterra (che saranno le due potenze vincitrici) e dall’altro dalla Francia alleata con Austria, Russia e Svezia. All’origine del conflitto due questioni politico-diplomatiche: la rivalità tra Francia e Spagna che si contendono l’egemonia in India e nelle colonie americane e quella tra Prussia e l’Austria per il possesso della Slesia, occupata dalla Prussia durante la guerra di successione austriaca. Il conflitto termina con la Pace di Parigi del 1763 con cui l’Inghilterra ottiene dai francesi il Canada e la colonia di New Orleans e dagli spagnoli che erano alleati dei francesi ottiene la Florida, mentre la Prussia conquista la Slesia. Il commercio degli schiavi rappresenta un entroito molto vantaggioso, nonché una delle direttrici del cd “commercio triangolare” tra Europa, Africa e America: basti pensare che tra il 1700 e il 1800 vengono comprati e venduti come schiavi in America oltre 6 milioni di africani! Solo nel 1808 il Parlamento di Londra decreterà l’abolizione della tratta degli schiavi nelle colonie britanniche. NUOVI COMMERCI CON L’ASIA Nel corso del 700 si registrano importanti cambiamenti anche nei rapporti commerciali tra le compagnie europee e i mercati asiatici. In conseguenza della crescita demografica nel Nuovo Mondo, dovuta anche all’arrivo di emigrati europei e schiavi, cresce la domanda di manufatti che devono essere importati anche perché le madrepatria non hanno alcun interesse ad incoraggiare il nascere di attività produttive nelle colonie. Cambiano i traffici tra Europa e Asia: si riduce il volume dei traffici delle spezie e aumenta quello dei manufatti tessili, in particolare cotone e lino di provenienza indiana e seta di provenienza cinese. Cresce quindi la domanda di prodotti di bassa qualità e questo stimola l’Inghilterra a produrre manufatti di qualità inferiore per cui cresce l’importazione di cotone grezzo che rappresenta la materia prima della nascente industria cotoniera. Nel corso del 700 c’è un altro prodotto che gli inglesi introducono in Europa, il quale incontra un grande successo: il tè cinese. Poiché l’unica moneta di scambio accettata in Cina è l’argento, per evitare la continua emorragia di argento europeo verso l’Asia, si comincia a pagare il tè mediante il contrabbando dell’oppio, merce proibita e assai richiesta sul mercato cinese, così che la compagnia inglese inizia a produrre nel Bengala, assicurandosi in tal modo il controllo del lucroso commercio del tè cinese. Calcutta diventa la base commerciale della compagnia inglese e l’Agenzia di Calcutta (EIC) fondata a fine 600, che controllava l’esportazione dei manufatti di cotone, esercita un’influenza sempre maggiore nella politica indiana e nell’amministrazione locale, al fine di tutelare meglio i propri interessi economici. Nel 1773 il Parlamento inglese approva la nomina del primo governatore generale del Bengala creando le basi del dominio coloniale inglese. IL RUOLO DEL MEDITERRANEO Nel 700 le flotte olandesi, francesi e inglesi dominano anche i traffici nel bacino del Mediterraneo vendendo prodotti coloniali come zucchero, caffè, o prodotti propri come grano, pesce, bestiame, tessuti, metalli. In cambio, i paesi mediterranei esportano uva passa, frutta secca, vino e olio. Per la penisola italiana che vive nel 700 una fase di notevole declino, una voce importante nella bilancia commerciale è la seta grezza e il filo di seta, grazie alla diffusione a fine 600 della coltivazione del gelso nelle campagne italiane (gelsibachicoltura).. CAPITOLO 21 VITA URBANA E MONDO RURALE ECONOMIA E SOCIETA’ TRA 600 E 700 A partire dall’ultimo decennio del 500 si registra un peggioramento delle condizioni di vita della maggior parte delle popolazioni europee. L’incremento demografico aveva portato ad un aumento dell’offerta di manodopera e, di conseguenza, ad una riduzione dei salari agricoli, mentre erano cresciuti i fitti e i redditi dei grandi proprietari terrieri che a seguito dell’aumento della domanda di prodotti agricoli avevano esteso le terre coltivate, pagando bassi salari ai braccianti agricoli. Un altro fenomeno che aveva accentuato il divario sociale è stato la progressiva eliminazione della piccola proprietà contadina, in conseguenza di debiti o di una graduale parcellizzazione della proprietà di una singola famiglia di contadini tra gli eredi (l’autore usa il termine “polverizzazione della proprietà” per indicare appunto i numerosi piccoli poderi che non garantivano nemmeno il fabbisogno minimo alimentare del nucleo familiare). Dalla metà del 600 la storia delle campagne e, più in generale, dell’economia europea si evolve in maniera differenziata a seconda delle aree geografiche, tanto che l’autore parla di un continente, quello europeo, che corre a due velocità differenti. In Francia, Spagna e Italia meridionale le esportazioni di prodotti agricoli all’inizio del 700 sono rese possibili grazie all’estensione delle terre coltivate e alla stagnazione demografica. In particolare, nel Mezzogiorno si pratica quasi esclusivamente cerealicoltura estensiva e olivicoltura e ancora si usa il maggese. Invece, in Catalogna e nell’Italia settentrionale, grazie alla maggiore disponibilità di acqua e a opere di canalizzazione, si praticano colture intensive, si fanno investimenti fondiari, si introducono nuove colture, oltre a vigneti e alberi da frutto, quali il mais; si usa la rotazione continua e si integrano agricoltura e allevamento. In Russia non si registra nessun processo tecnico, si continua a praticare un’agricoltura estensiva con tecniche arretrate e la maggiore produttività è legata semplicemente ad un maggiore sfruttamento della manodopera servile. Nelle Province Unite il maggese viene abolito e vengono introdotte le piante foraggiere (erba medica, trifoglio, la rapa, alcune piante leguminose) che arricchiscono il terreno di azoto e, al contempo, garantiscono la presenza stabile di bestiame di fondo e quindi la disponibilità tutto l’anno di un concime naturale, secondo un sistema misto che instaura una sorta di circolo virtuoso. Tuttavia, i rendimenti agricoli delle Province Unite non sono paragonabili a quelli raggiunti nell’agricoltura inglese. RIVOLUZIONE AGRICOLA IN INGHILTERRA: LE “ENCLOSURES” Anche l’Inghilterra, sull’esempio delle Province Unite, abolisce il maggese e punta anch’essa sull’introduzione di piante foraggiere secondo il sistema agricolo definito “Sistema Norfolk”, il quale prevede che il terreno venga diviso in 4 parti in cui si alternano le colture di: grano, orzo, trifoglio e rapa, le quali, una volta falciate diventano fieno per il bestiame. La presenza di quest’ultimo, oltre a garantire il concime naturale, fornisce anche carne e latte. Questa stretta relazione tra agricoltura e allevamento è noto come “mixed farming” che instaura un circolo virtuoso che alcuni studiosi hanno definito “rivoluzione agricola”. Talvolta, nella rotazione quadriennale si introducono anche le cd piante “industriali” come il lino, usato come materia prima nelle manifatture tessili, o la colza, usato per l’illuminazione. Il motivo per cui queste nuove tecniche agricole hanno attecchito meglio e più rapidamente in Inghilterra va ricercato anche nelle più favorevoli condizioni socio-economiche. Accanto a queste innovazioni agricole, cambiano infatti le forme di gestione della terra: nelle campagne inglesi è in atto un processo di enclosures, cioè la realizzazione di recinzioni o muretti dei terreni, sui quali magari prima gravavano diritti collettivi. Il processo di enclosures degli open fields, spesso concesso dal Parlamento su richiesta dei proprietari terrieri, suscita il malcontento delle comunità rurali inglesi, dal momento che l’uso collettivo dei terreni costituiva anche una forma di integrazione del reddito, determinando così un peggioramento delle condizioni di vita dei ceti marginali. Nel 700 si diffondono anche miglioramenti tecnici negli attrezzi con l’introduzione ad esempio di un aratro più leggero e maneggevole, a cui fa seguito uno interamente costruito in ferro; invenzioni come la seminatrice e la mietitrice. Tutte queste condizioni consentiranno all’Inghilterra di esportare cereali nel resto d’Europa. LE NUOVE COLTURE: IL MUTAMENTO DELLE ABITUDINI ALIMENTARI Il mutamento delle abitudini alimentari europee è un fenomeno legato a una lenta trasformazione che caratterizza la produzione agricola europea in un arco di tempo piuttosto lungo che va dalla fine del 600/ inizi 700 fino a 800 inoltrato. Nel corso del 700 si diffondono colture provenienti dall’America come mais (o granturco), patata, peperone, zucchina, fagiolo... Partendo dalla penisola iberica, il mais conosce una rapida diffusione grazie al suo alto rendimento per unità di superficie rispetto al grano, costando la metà o anche meno di quest’ultimo: durante il 700 e 800 diventa la base alimentare per buona parte della popolazione contadina sotto forma di pane o di polenta. Più lenta è la diffusione della patata, originaria del Sud America, un tubero altamente calorico con un rendimento assai maggiore rispetto al grano che all’inizio suscita diffidenza da parte degli europei che temono possa causare malattie e inizialmente viene usata come alimento per gli animali. Entrerà nell’alimentazione umana nella seconda metà del 700 nei Paesi Bassi, Inghilterra, Irlanda poi durante l’800 nel resto d’Europa. Accanto a queste nuove colture che modificano la dieta alimentare, nel corso del 700 si diffondono in Europa prodotti coloniali che migliorano il tono dell’organismo e lo sostengono nelle faticose attività lavorative: oltre al tabacco, bevande come cacao, caffè e tè vengono consumate dai ceti più agiati, mentre tra i ceti meno abbienti cresce il consumo di bevande alcoliche come rum, gin, vodka e birra. Cresce anche il consumo di prodotti già presenti in Europa come burro, olio, carne, anche pesce, soprattutto di aringhe e merluzzo, pescato nell’Oceano Atlantico settentrionale. Il merluzzo comincia ad essere essiccato o messo sotto sale come baccalà o stoccafisso e consumato anche dai ceti più poveri. LA PRODUZIONE MANIFATTURIERA La produzione manifatturiera si distingue in tre diverse tipologie: industria domestica, industria artigianale e quella accentrata. L’industria domestica produce manufatti, soprattutto tessili, destinati all’autoconsumo, anche come forma di scambio o finalizzato alla dote. L’industria artigianale che è la più diffusa avviene nelle botteghe ad opera di operai specializzati e dai loro aiutanti apprendisti i cui prodotti sono destinati alla vendita sul mercato. Una variante è l’industria a domicilio, prima forma evolutiva dell’attività produttiva artigianale, in cui la lavorazione del prodotto viene affidata dall’imprenditore a una famiglia contadina che viene pagata ad esempio per lavorare la lana grezza. A differenza del Medioevo in cui l’industria a domicilio era prevalentemente urbana, tra 600 e 700 diventa attività svolta nelle aree rurali nei tempi morti del calendario agricolo. Le fasi di preparazione della lana grezza prevedono: filatura, tessitura, rifinitura, tintura Le fasi di lavorazione prevedono: la cardatura (la lana viene pulita e pettinata) la filatura (solitamente affidata a domicilio a donne) la tessitura (affidata sempre a domicilio a tessitori) la tintura (che si svolge nelle botteghe artigiane specializzate) Infine, il prodotto finito viene depositato presso il magazzino del mercante- imprenditore in attesa di essere venduto. Nelle Fiandre e in Boemia si può parlare di protoindustrializzazione dal momento che tra 600 e 700 ¾ degli abitanti delle campagne si dedicano ad attività industriali: i lavoratori si preparano in qualche modo all’attività manifatturiera e alla rivoluzione industriale ottocentesca. La produzione così decentralizzata con lavoratori spesso part-time comporta dei costi per l’imprenditore-mercante quando essa inizia ad allargarsi, per cui spesso è spinto ad attuare un accentramento produttivo. L’industria accentrata, meno diffusa, che precede la vera e propria industria, è quella in cui la manodopera salariata lavora in un solo luogo sotto un’unica direzione (ad es. cantieri edili o navali). Spesso è il potere politico a promuovere le manifatture accentrate come nell’Arsenale di Venezia in cui sono occupati ben 2000 lavoratori. CAPITOLO 22 FAMIGLIA, GENERE, INDIVIDUO La famiglia rappresenta la prima area di socialità dell’individuo. Si tratta, tuttavia, di un termine piuttosto ambiguo, dal momento che può essere inteso in due modi differenti: per indicare il gruppo di persone che convivono sotto lo stesso tetto o per indicare l’insieme delle relazioni parentali. La famiglia è anche il luogo in cui si strutturano le prime differenze fondative per l’identità individuale, nonché il luogo che riproduce valori gerarchici alla base delle strutture sociali. Nella società di Antico Regime la Chiesa cattolica esercitava un notevole controllo sulla famiglia, mentre nel corso del 700 si registrano alcune importanti trasformazioni al suo interno. Le forme di famiglia, intese individui come gruppo di persone coresidenti, sono varie: - Famiglia nucleare formata dai genitori e dai figli - Famiglia allargata se risiede anche uno o più familiari ( es. zio o nipote) - Famiglia multipla: convivenza di due fratelli con i rispettivi nuclei familiari o di una coppia con prole che convive con la coppia dei nonni. A partire dal 700 prevale la famiglia nucleare, anche se, in generale, le famiglie ricche tendono ad essere più complesse, mentre le famiglie delle classi popolari più nucleari. Le famiglie comunque mutano nel tempo: una famiglia nucleare può diventare allargata. Le famiglie benestanti di solito si mantiene vivo il mito delle origini familiari come segno di forza e di stabilità per cui si coltivano le relazioni parentali e il matrimonio è innanzitutto una relazione di alleanza. IL MATRIMONIO Nella società di Antico Regime il matrimonio è un sacramento grazie al quale la Chiesa per secoli ha esercitato una grande influenza sulla vita familiare, imponendo il modello di matrimonio monogamico, eterosessuale, indissolubile. Inoltre, ha imposto le nozze esogamiche, cioè contratte al di fuori della sfera dei parenti, difendendo la libera scelta del proprio partner, anche se tale scelta non incontra il consenso della famiglia. Tale principio cozzava con la logica familiare tradizionale che vedeva il matrimonio come un’alleanza parentale, spesso come una strategia per ottimizzare le risorse familiari attraverso lo scambio delle doti. La posizione della Chiesa e la logica familiare trova invece un punto in comune nell’ordine gerarchico e nella divisione di genere dei ruoli sociali che vedono il dominio maschile, mitigato dalla possibilità della donna di essere soggetto giuridico positivo. LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA L’incremento demografico che si registra nel corso del 700 modifica inevitabilmente gli assetti familiari europei. Nel 700 le epidemie sono meno ricorrenti, fino a scomparire progressivamente, in campo medico si inventa il vaccino contro il vaiolo che costituiva una piaga per la popolazione infantile. Si abbassa il tasso di mortalità infantile, si abbassa l’età da matrimonio per cui si allunga l’età fertile, cresce il numero delle nozze soprattutto nei paesi protestanti in cui non è più in vigore l’obbligo del celibato per il clero. Tutte queste condizioni che favoriscono la crescita demografica definiscono la cd “transizione demografica” che conoscerà più tardi una battuta di arresto, dal momento che si riduce il tasso di natalità poiché si alza l’età da matrimonio e soprattutto a causa della diffusione di tecniche anticoncezionali. Il passaggio da un regime ad alta pressione demografica ad un regime a bassa pressione demografica si traduce in una maggiore capacità delle famiglie di accumulare capitali da mettere a disposizione dei membri familiari. Questa transizione demografica arriverà più tardi nell’Europa meridionale e orientale dove è alto il tasso di mortalità, mentre la popolazione cresce in misura maggiore laddove le rese agricole e la produttività sono alte, come in Inghilterra e nei Paesi Bassi. INDIVIDUALISMO AFFETTIVO Nelle trasformazioni che riguardano la vita familiare vi è la tendenza ad attribuire la scelta del coniuge all’individuo, piuttosto che alle logiche familiari, posizione avallata anche dalla Chiesa cattolica, tendenza che si radicalizzerà tra fine 700 e 800. Nelle aree calviniste l’individuo è visto come un soggetto che ha la responsabilità morale e materiale delle proprie azioni, una visione che esalta le libertà individuali. Nell’Inghilterra del 700si sviluppa il romanzo sentimentale, un genere narrativo che plasma una nuova sensibilità sentimentale, che libera il legame amoroso da ogni pregiudizio sociale o vincolo, per cui per amore si lotta, si sfidano le convenzioni sociali e, se necessario, si muore. Sono le donne le principali fruitrici di questo genere letterario, soprattutto appartenenti alla gentry, un gruppo sociale ristretto, socialmente influente, soprattutto borghesi che aspirano ad assumere comportamenti sociali nobiliari. Si afferma e viene messo in pratica dalla gentry il concetto di privacy, cioè l’idea di riservatezza assoluta delle libertà familiari. Si diffondono nuove forme di socialità privata come il riunirsi in club o circoli dove si consumano le nuove bevande: tè, caffè, cioccolata e in cui le donne sono le protagoniste. CAPITOLO 23 L’ILLUMINISMO: IL MONDO AL LUME DELLA RAGIONE Secondo gli autori del libro sarebbe riduttivo definire l’Illuminismo un movimento culturale che durante il 700 ha coinvolto, sia pure in forme diverse, tutta l’Europa. Sarebbe più esatto definirlo come una rottura di una costruzione mentale sino ad allora dominata dall’autoritarismo, dal dogmatismo religioso, dall‘ignoranza e dalla superstizione che porta ad un’apertura alla tolleranza, all’indipendenza della morale dalla religione, incoraggiando il dibattito e la libera ricerca scientifica. Non è un caso che la nascita di questo movimento culturale sia legata a realtà come quelle dell’Inghilterra e delle Province Unite in cui vigeva una certa tolleranza religiosa, in cui si incoraggiavano i dibattiti e la libera ricerca scientifica, nonché la circolazione di libri e giornali. E’ da questi due Paesi che provengono infatti i due filoni intellettuali dell’Illuminismo: il giusnaturalismo e il deismo. Il giusnaturalismo ha origine dall’idea di un diritto naturale e razionale che è alla base dei sistemi sociali, Secondo il filosofo Locke, è lo Stato l’istituzione sociale che garantisce i diritti naturali dell’uomo. Pertanto, esso rappresenta una critica al fondamento biblico che fa discendere l’autorità politica da una volontà divina. Il deismo si oppone al concetto di “religione rivelata”, cioè imposta dall’alto, e afferma l’idea di una religione naturale, etica basata sulla ragione. Questi due filoni intellettuali che sono fra loro intrecciati affermano sostanzialmente che la teologia deve essere sostituita dalla filosofia. LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEA Tra la fine del 600 e gli inizi del 700 in Europa si registra un certo fermento intellettuale. Lo studioso francese Paul Hazard parla di “crisi della coscienza europea” ad indicare come, in pochi decenni, una società che si basava essenzialmente sul principio di autorità politica e religiosa sia stata sostituita da una società fondata sul diritto, sulla tolleranza, sull’indipendenza della morale dalla religione, sulla libera ricerca scientifica. Si afferma il filone intellettuale del libertinismo, che teorizza l’assoluta libertà di pensiero autonomo, la ricerca di una morale scevra da ogni condizionamento religioso. Inizia in Francia un dibattito che prende il nome di querelle des anciens et des modernes in cui, per la prima volta, il mondo antico cede il primato all’età moderna, riconosciuta come superiore grazie alla forza dei numeri e alle conoscenze del passato (come un nano sulle spalle di un gigante). Cambia la visione della storia, non più basata su uno schema ciclico, bensì su una concezione dinamica progressiva che procede in modo lineare e che conduce al progresso. ILLUMINISMO FRANCESE Il cuore di questo fermento intellettuale è la Francia dove, durante il regno di Luigi XV si presta grande attenzione alla società inglese. L’autore del libro cita tra i vari personaggi importanti: il barone di Montesquieu che nel suo breve trattato Lettere persiane del 1721, attraverso tre personaggi, dei viaggiatori persiani in visita a Parigi, denuncia le condizioni di arretratezza della Francia imputate alla mancanza di libertà, di tolleranza, al dogmatismo religioso. Egli propone, sul modello della monarchia parlamentare inglese, la divisione dei poteri quale strumento per progredire. Dopo una decina d’anni l’intellettuale Voltaire pubblicherà le Lettere inglesi che rafforzeranno questa convinzione nei francesi, ma esse saranno condannate e bruciate per cui Voltaire avrà problemi con la giustizia, considerato un sobillatore delle masse; ma ciò non impedirà la loro diffusione in tutta Europa. Ritiratosi in un castello della Lorena, egli tesserà una fitta rete di relazioni con altri intellettuali europei, conferendo così all’Illuminismo le caratteristiche di un movimento culturale che si batte per il progresso civile attraverso la capacità dell’opinione pubblica di influenzare le scelte dei governi. Voltaire diventa consigliere di Federico II di Prussia, ma disilluso si ritira a Ginevra dove scriverà altre importanti opere. Con lui la storia si allarga a comprendere fenomeni sociali complessi. L’ENCYCLOPEDIE Manifesto del pensiero illuminista l’Encyclopedie costituisce un’impresa senza precedenti realizzata da un gruppo di intellettuali, i quali raccolgono tutte le conoscenze del tempo in un’opera stampata composta da 28 volumi, curata da Diderot e D’Alambert. Avviata nel 1751 questa ambiziosa opera viene portata a termine circa 20 anni dopo a causa di problemi con la censura alla revoca dell’autorizzazione regia e alla condanna del papa. Una delle caratteristiche principali dell’Encyclopedie è l’atteggiamento di totale fiducia verso la scienza e le tecniche, poiché si ritiene che solo il pensiero scientifico-matematico può scoprire le leggi che regolano la natura e la vita. Da qui i progressi che si registrano nel campo delle scienze naturali, della chimica e della fisica. La fiducia della ragione si estende anche al mondo umano e si diffondono nuove concezioni filosofiche quali il sensismo, cioè la tendenza a ricondurre la conoscenza umana ai dati sensoriali o all’esperienza, e il materialismo, cioè una visione meccanicistica della natura che esclude il dogmatismo. LA NATURA COME VINCOLO SOCIALE La riflessione illuminista riguarda anche i meccanismi che regolano la società e l’economia. Secondo gli esponenti dell’utilitarismo, l’uomo agisce sulla base dell’utilità individuale, un atteggiamento che va valorizzato e indirizzato a beneficio di tutta la collettività. Il Anche secondo Adam Smith, fondatore dell’economia politica moderna, l’agire egoistico dell’individuo apporta benessere collettivo attraverso l’esistenza del mercato che agisce come una “mano invisibile” che, attraverso il meccanismo della domanda e dell’offerta, regola e distribuisce la ricchezza. Secondo la teoria economica della fisiocrazia, è la natura il motore originario dell’economia, per cui si attribuisce un ruolo preminente all’agricoltura, dal momento che le lavorazioni per trasformare le merci in manufatti non aggiungono nulla in termini di valore. Per i sostenitori della fisiocrazia, l’unica leva legittima nelle mani del governo è quella fiscale, cioè la tassazione della rendita fondiaria anche per i nobili. Ci sono altri pensatori che hanno una visione meno ottimistica come Rousseau, il quale vede nella divisione del lavoro proposta da Smith, una grave forma di arretratezza, poiché con la proprietà privata l’uomo non vive più in una condizione secondo natura. Egli auspica invece una repubblica ideale basata su un vincolo collettivo. L’Illuminismo apre anche una critica verso pratiche giudiziarie disumane come la tortura e la pena di morte, riflessione quest’ultima che va attribuita all’opera “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, secondo il quale la pena non va concepita come vendetta, bensì come strumento di correzione. CAPITOLO 24 DISPOTISMO RIFORMATORE Nella seconda metà del 700 si registra una marcata tendenza dei sovrani a modificare gli assetti giuridici, politici e socio-economici dei propri regni. Questa tendenza riformatrice costituisce una novità dal momento che il sovrano è stato per secoli visto come il difensore degli equilibri stabiliti, colui che esercita una funzione restaurativa, ma non riformatrice. Questa innovazione nel ruolo dei sovrani si spiega innanzitutto con la necessità di migliorare l’efficienza della macchina statale ai fini bellici; considerando che la guerra si combatteva essenzialmente arruolando truppe mercenarie, la potenza di un esercito dipendeva direttamente dal prelievo fiscale imposto in un regno. Ma nella società di Antico Regime per imporre nuove tasse occorre il consenso delle assemblee rappresentative, motivo per il quale, a partire dalla metà del 600, si registra la tendenza dei sovrani europei a non convocare queste istituzioni rappresentative. Nei domini asburgici, già a partire dal 600 e più compiutamente nel 700, si diffonde una corrente di pensiero chiamata cameralismo, che consisteva in un’analisi economica e fiscale finalizzata al miglioramento dell’efficienza dell’apparato statale. IL RUOLO CRESCENTE DELL’OPINIONE PUBBLICA In questa fase di riforma spesso ci si avvale dell’appoggio dell’opinione pubblica estendendo il dibattito anche a strati sociali che non avevano mai preso parte alla discussione politica, dal momento che nella società di Antico Regime la politica era per pochi, limitata alle classi dirigenti. Diventa inevitabile guardare con attenzione gli esempi stranieri e confrontare le diverse linee adottate dagli Stati. Si afferma una nuova figura di consigliere, non necessariamente reclutato dall’ambiente di corte, ma spesso proveniente dalle file dell’opinione pubblica colta; si tratta di intellettuali influenti appartenenti a diversi ceti, : funzionari, sacerdoti, liberi professionisti. I SOVRANI ILLUMINATI Furono sovrani illuminati: - Maria Teresa d’Asburgo, figlia di Carlo VI, e dopo di lei, suo figlio Giuseppe II - Federico II di Prussia, detto “Il grande” - Caterina II, zarina di Russia, detta “La Grande” LE RIFORME NELL’IMPERO ASBURGICO DI MARIA TERESA I più importanti interventi di riforma politica, economica e sociali sono realizzati nell’Impero asburgico sotto il regno di Maria Teresa d’Asburgo, figlia di Carlo VI, fervente cattolica, dunque distante dalle idee illuministiche, la quale però aveva ereditato dal padre l’idea che la crescita economica era un fattore imprescindibile per il potenziamento di uno Stato. Innanzitutto, cerca di migliorare la macchina statale, rendendo più efficiente il prelievo fiscale che colpirà anche la nobiltà non più esentata dal pagamento delle tasse. A tal fine, viene introdotto l’obbligo di registrare le mappature delle proprietà terriere al catasto. Nell’ambito dell’istruzione essa viene sottratta alla Chiesa e resa obbligatoria, prevedendo una scuola per ogni parrocchia, ma anche la scuola superiore e l’università passano sotto il controllo diretto dello Stato. Le riforme continuano e si accentuano con il figlio Giuseppe II D’Austria, il quale smantella l’ordine ecclesiastico sopprimendo interi ordini religiosi ritenuti inutili, chiudendo molti conventi, aprendo seminari per la formazione del clero sotto il controllo statale. I beni ecclesiastici vengono incamerati dalla corona che utilizza il ricavato della loro vendita per colmare il debito che le spese belliche avevano creato nelle casse statali e pagare gli stipendi al clero come avveniva nel modello russo. A garanzia dei diritti della persona, Giuseppe II concede agli ebrei il godimento degli stessi diritti civili di tutti gli altri sudditi, accorda libertà di culto anche per cristiani non cattolici, riconosce ai non cattolici il diritto al matrimonio civile e al divorzio; nel nuovo codice penale abolisce la tortura e le forme di discriminazione di fronte alla legge. Ancora, egli abolisce la servitù della gleba e l’obbligo per i contadini di fornire prestazioni lavorative gratuite per i feudatari, introducendo un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi. Questo provvedimento ovviamente incontra l’opposizione dell’aristocrazia e induce i contadini a chiedere l’abolizione di tutti gli obblighi nei confronti dei signori. In qualche modo si assiste da parte del sovrano di una limitazione volontaria del proprio potere assoluto e al riconoscimento di un diritto pubblico naturale che cerca di livellare la condizione giuridica dei sudditi. Tuttavia, alla morte di Giuseppe II il suo successore, Leopoldo II, annullerà tutte le sue riforme ripristinando l’assetto precedente. Federico II sovrano di Prussia, detto il Grande, rappresenta il modello di sovrano assolutistico aperto alla cultura illuminista e propenso alle riforme economiche e sociali nel proprio regno. Egli ama circondarsi di intellettuali illuminati e Voltaire è un suo amico personale che gli farà da consigliere. Egli si dedica al rafforzamento dell’esercito, uno dei più efficienti d’Europa, in cui vengono coinvolti anche i Junkers, la piccola nobiltà rurale. A tal fine inaugura accademie militari e trasferisce il concetto di fedeltà e devozione al sovrano in una nuova forma di devozione allo Stato di cui egli stesso si proclama “primo servitore”. Egli si presenta come un sovrano tollerante, permissivo verso la stampa, protettore dei commerci e delle manifatture, difensore del settore agricolo attraverso misure protezionistiche, nemico delle torture e della pena di morte. Inoltre, allarga i confini prussiani a oriente a danno della Polonia, un debole stato con monarchia elettiva che in seguito ad un accordo tra Prussia, Russia e Austria scomparirà come entità politica, divorata dalle potenze vicine. Anche la zarina di Russia, Caterina II, detta la Grande viene considerata una sovrana illuminata, attenta osservatrice dei modelli di Stato occidentali. Di origine tedesca, aveva sposato l’erede al trono russo Pietro III, successivamente da lei deposto, il quale verrà ucciso con un colpo di stato organizzato dal suo favorito. Il principale intervento attuato dalla sovrana riguarda la limitazione del potere e delle ricchezze della Chiesa ortodossa, attraverso la confisca delle proprietà ecclesiastiche, la soppressione di centinaia di conventi e la trasformazione dei sacerdoti in stipendiati statali. Altro importante intervento è l’introduzione dell’istruzione elementare statale gratuita, ma solo in città, escludendo così la maggioranza della popolazione che vive nelle campagne. Tuttavia, dimostra di essere lontana dalle teorie illuministiche rafforzando il potere della nobiltà sulle popolazioni rurali che scoppieranno rivolte nelle campagne russe. Anche Caterina cerca di espandere i propri confini verso oriente conquistando la penisola della Crimea e delle regioni che si affacciano sul Mar Nero. LA SOPPRESSIONE DELLA COMPAGNIA DI GESU’ Il cambiamento dell’atteggiamento degli Stati, anche cattolici, nei confronti della Chiesa si palesa chiaramente quando il simbolo dell’azione della Controriforma cattolica, l’ordine religioso della Compagnia di Gesù, viene soppresso nella seconda metà del 700. Con il passare del tempo, i Gesuiti erano diventati un importante strumento di intromissione del papato negli affari di Stato, la cd “manomorta”, poiché erano politicamente potentissimi, anche grazie alla benevolenza dei sovrani di cui spesso erano i consiglieri spirituali. Gradualmente si assiste alla loro espulsione e riusciranno a sopravvivere solo nei territori del sovrano illuminato e luterano Federico II di Prussia, di cui godono della protezione. LE RIFORME IN ITALIA Anche in Italia la diffusione delle idee illuministe produce una tendenza riformatrice. La Lombardia austriaca è in questo senso una sorta di laboratorio sperimentale delle nuove politiche adottate nei territori asburgici. Il principale provvedimento è l’adozione del catasto, presupposto fondamentale per una pressione fiscale più equa, ma anche utile strumento per conoscere il territorio e impostare eventuali interventi di riqualificazione agraria. Altro provvedimento importante è lo smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa. In Toscana il successore di Giuseppe II, il fratello minore Pietro Leopoldo, abbandona la politica protezionistica e, sulla scia delle dottrine fisiocratiche, favorisce il libero mercato abolendo le dogane interne, concede ai contadini poveri le terre confiscate al clero. In materia penale, ispirato dalle idee di Cesare Beccaria, per la prima volta in Europa, viene abolita la pena di morte e la tortura. Progettò anche una costituzione che non troverà mai attuazione. Nel Regno di Napoli ci sono riforme con Carlo III che cerca di limitare i privilegi dell’aristocrazia e di sottoporre a tassazione le terre del clero; all’università viene istituita la prima cattedra di economia politica e si favorisce la diffusione della scolarizzazione. CAPITOLO 25 NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA Il riconoscimento dell’indipendenza delle 13 colonie americane da parte della loro madrepatria, la Gran Bretagna, è stato l’esito di un lungo e articolato conflitto che si è svolto tra il 1775 e il 1783, alla fine del quale le colonie prenderanno il nome di Stati Uniti d’America. E’ il secondo caso in Occidente di una popolazione soggetta che esce vincente da una guerra per l’autodeterminazione dopo la nascita delle Province Unite nella seconda metà del 500 in seguito alla rivolta dei Paesi Bassi contro la corona spagnola. A partire dai primi anni del 600 gli inglesi avevano costituito delle basi commerciali lungo la costa atlantica del nord America in cui si erano insediati soprattutto mercanti, artigiani e, in generale, persone in cerca di migliori condizioni di vita rispetto a quelle nel continente europeo; a questi si aggiunsero deportati, delinquenti comuni o indesiderati che il governo britannico aveva allontanato dalla madrepatria. Nel complesso si trattava di una popolazione giovane, in costante crescita, attratta dalla possibilità di acquisire terre nel Nuovo Mondo che appariva agli occhi dei primi emigrati inglesi la “terra promessa”. Si formarono via via 13 colonie, piccoli stati indipendenti da Londra, che gli autori del libro dividono in 3 blocchi: il cd New England situato a settentrione attorno all’importante città di Boston; le colonie che comprendono New York e Philadelphia, grandi centri commerciali e portuali; le colonie a sud dello Stato del New Jersey come la Virginia, la Carolina, la Georgia. Mentre nei primi due gruppi di colonie prevaleva l’attività commerciale, con la presenza di piccoli commercianti e imprenditori, nelle colonie del sud c’erano latifondisti e grandi proprietari terrieri e nelle grandi piantagioni di cotone e tabacco lavoravano gli schiavi neri deportati dall’Africa. Questi gruppi di colonie presentavano realtà politiche e sociali diverse, ma erano accomunate da un’insofferenza nei confronti della madrepatria, dalla ricerca della libertà individuale e di maggiori opportunità. Paradossalmente, a questa componente individualistica, si affiancava una componente comunitaria molto forte, legata alla fede calvinista abbracciata da gruppi di mercanti, la quale leggeva nel successo personale dell’individuo un segno di predestinazione, di benevolenza divina e, al contempo, attribuiva grandi responsabilità ai credenti regolandone così i comportamenti sociali. Queste colonie godevano di ampia autonomia con la presenza di assemblee rappresentative elettive locali; il controllo del governo inglese era indiretto, focalizzato essenzialmente su aspetti di natura economica. I traffici con le colonie erano regolati da “atti di navigazione” che sostanzialmente obbligavano le colonie a commerciare esclusivamente con la madrepatria: il Parlamento di Londra assoggettava le merci in arrivo e in partenza a tassazioni da esso stabilite. Nel complesso la situazione rimase stabile fino al 700. In realtà, si era posto già il problema dell’imposizione di nuove imposte da parte del Parlamento di Londra non contrattate con le assemblee coloniali, ma il punto di rottura di tale equilibrio è rappresentato soprattutto dall’esito positivo della Guerra dei 7 anni e concerne fondamentalmente la questione della tassazione. Per ridurre il deficit pubblico che si era creato dopo l’oneroso conflitto, ma anche per mantenere l’esercito di stanziamento nelle colonie, Londra aumentò il prelievo fiscale sulle colonie. A tal fine, impose una tassa di bollo sugli atti pubblici e sui giornali chiamata Stamp Act, naturalmente senza il consenso delle assemblee coloniali che la dichiararono illegale perché si andava diffondendo il principio secondo il quale non era legittimo imporre tasse che non fossero state contrattate. Nei dibattiti pubblici che si andavano ampliando, si diffuse lo slogan “no taxation without representation”, niente tassa senza rappresentanza dal momento che le colonie non avevano rappresentanti in Parlamento. La Stamp Act venne abrogata nel 1766, tuttavia, vennero imposte nuove tasse negli anni successivi che furono parzialmente abrogate nel 1770 per cercare di ridurre la conflittualità con le colonie. Un altro importante atto di protesta dei coloni americani contro il governo inglese, passato alla storia come “Boston Tea Party”, fu la reazione. all’imposizione di una tassa di consumo sul tè, bevanda nazionale inglese diffusa anche nelle colonie, per le quali la corona inglese aveva affidato il monopolio alla Compagnia delle Indie orientali che rischiava bancarotta. In reazione a questa ennesima tassazione imposta senza contrattazione, un gruppo di coloni, travestiti da indiani, gettò in mare il carico di tè di una nave della Compagnia ancorata al porto di Boston. LA GUERRA D’INDIPENDENZA E LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA Si giunse alla guerra d’indipendenza quando in seguito ad una legge del 1774 il Parlamento approvò il Quebec Act, la quale che assicurava libertà di culto per i sudditi francesi cattolici del Canada, annesso alla Gran Bretagna dopo la Guerra dei 7 anni. Questo provvedimento venne visto come un ulteriore violazione del patto implicito tra le colonie e la madrepatria. In risposta i rappresentanti delle 13 colonie si riunirono in un congresso a Philadelphia e, ancora lontani dall’idea dell’indipendenza, cercarono una linea moderata di conciliazione con la Gran Bretagna che prevedeva, da una parte azioni di boicottaggio delle norme commerciali e fiscali, dall’altra, la petizione inviata al sovrano Giorgio III di abrogare le leggi vessatorie. Tuttavia, il sovrano rispose con la forza e iniziò la guerra d’indipendenza. Il mese successivo sempre a Philadelphia si riunì un secondo congresso con i rappresentanti delle 13 colonie che organizzarono un esercito comune sotto la guida di George Washington. Sulle prime vinsero gli inglesi, ma l’arrivo di volontari europei della Francia cambiò le sorti del conflitto a favore dei rivoltosi che riportarono la prima vittoria a Saratoga e quella definitiva a Yorktown con l’aiuto degli eserciti francesi e spagnoli. Il 4 luglio 1776 il Congresso approvò la Dichiarazione d’indipendenza stilata da Thomas Jefferson in cui si proclamava il diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà, alla ricerca della felicità, diritti inalienabili che se un governo cercava di ostacolare andava abbattuto. Con il Trattato di Versailles del 1783 la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza delle ex 13 colonie nord-americane che assunsero il nome di Stati Uniti d’America e a George Washington fu dedicata la capitale. 6 anni dopo, nel 1789 entrò in vigore la Costituzione che in soli 7 articoli sanciva la nascita di una Repubblica federale con la divisione dei poteri: - legislativo affidato ad un Congresso formato da due Camere, di cui la Camera veniva eletta direttamente dai cittadini in numero proporzionale alla popolazione dello Stato, e il Senato in cui sedevano 2 rappresentanti per ciascuno Stato. - esecutivo affidato al Presidente degli USA eletto ogni 4 anni che aveva diritto di veto sulle leggi approvate dalle due Camere del Congresso - giudiziario affidato alla Corte Suprema. Seppur integrata e modificata, è ancora quella in vigore oggi negli USA. Nel 1791 entrò in vigore la Dichiarazione dei diritti (Bill of rights) a completamento della Costituzione che ribadiva il riconoscimento dei diritti naturali e inalienabili dell’individuo. Tuttavia, tali diritti non venivano riconosciuti a donne, indigeni e schiavi africani. SCHEMA NASCITA STATI UNITI 1775-1783 Inizi 600 si fondano le basi commerciali inglesi Nord america I 3 blocchi di colonie Componente individualistica e comunitaria Atti di navigazione per regolamentare il commercio Nel 700 imposizione di tasse senza contrattazione Stampt Act del 1765 abrogata nel 1766 (slogan) Altre imposte semi abrogate nel 1770 Boston Tea Partydel 1773 1744 Quebec Act 4 luglio 1776 Dichiarazione d’Indipendenza 1783 Trattato di Versailles: nascita USA CAPITOLO 26 LA RIVOLUZIONE FRANCESE Il 1789 è considerata nella storiografia una data periodizzante poiché fa da spartiacque tra età moderna ed età contemporanea, segnando la fine dell’Antico Regime, una società basata sul privilegio, creando le premesse per una società democratica ed egualitaria e per una cultura politica che è tuttora alla base della società contemporanea. Nel decennio che va dal 1789 e il 1799 la Francia vive un periodo di grandi sconvolgimenti che porteranno a una straordinaria trasformazione politica, sociale e culturale senza precedenti nella storia dell’Europa occidentale che avrà come conseguenza immediata all’abolizione della monarchia e la proclamazione della repubblica. I LIMITI DEL SISTEMA POLITICO ASSOLUTISTICO Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due grossi limiti. In primo luogo, la mancanza di un canale di collegamento adeguato tra il governo e la realtà sociale della Francia, dal momento che gli Stati generali non furono convocati per ben 175 anni e che il Parlamento francese, che era la suprema corte di giustizia, attraverso lo strumento delle rimostranze ( il rifiuto di registrare gli atti del sovrano considerati contrari alle leggi fondamentali del regno) partecipava solo in modo indiretto al dibattito politico. L’altro grande limite è rappresentato dalla difficoltà di riformare il sistema fiscale che vedeva ancora l’esenzione dalle tasse per i ceti privilegiati della nobiltà e del clero. Anche l’ulteriore tentativo di riformare il sistema fiscale con l’introduzione di un’imposta secca del 5%, la cd vingtieme, cioè ventesimo su tutti i redditi, trovò l’opposizione della nobiltà e della Chiesa. Dopo la morte del Re Sole il reggente del re Luigi XV che era minorenne, Filippo d’Orleans, fratello del defunto re, aveva tentato di allargare la partecipazione politica all’elite aristocratiche nella speranza di condividere anche il prelievo fiscale, ma questo tentativo fallì, così come fallì il tentativo di un finanziere di origine scozzese che pensò di risanare le casse statali e quindi promuovere la crescita economica della Francia immettendo più cartamoneta, manovra che invece portò alla bancarotta. Questo doppio fallimento segnò l’inizio del regno di Luigi XV, pronipote del Re Sole, che accettò la proposta del ministro delle finanze di istituire un catasto fondiario al fine di frenare il fenomeno dell’elusione delle imposte e colpire le proprietà fondiarie. Naturalmente anche questa proposta trovò l’opposizione del Parlamenti (di Parigi e quelli provinciali) perché avrebbe significato l’abolizione dei privilegi fiscali per la nobiltà e il clero. Il ministro proponente venne licenziato. Seguì poi il tentativo del ministro della giustizia Maupeou, il quale, attraverso una riforma giudiziaria, cercò di ridurre il ruolo dei Parlamenti, con la promessa di convocare gli Stati Generali. Il suo tentativo venne interrotto dall’ascesa al trono di Luigi XVI che ripristinò i tradizionali poteri dei Parlamenti. LA CRISI POLITICA All’indomani della crisi del 1774/75 quando la carestia portò ad una serie di rivolte popolari, con lo scopo di trovare appoggio nell’opinione pubblica circa la necessità di istanze riformatrici, il ministro delle finanze rese pubblici i disastrosi bilanci statali, un gesto clamoroso che gli costò le dimissioni. Negli anni successivi la crisi politico-finanziaria si aggravò. Nel maggio del1789 il sovrano Luigi XVI con i suoi ministri presero la decisione di convocare dopo ben 175 anni gli Stati Generali. Iniziò un dibattito molto acceso che ruotava attorno a due punti su cui c’era grande incertezza: sul numero dei rappresentanti da attribuire al Terzo stato e sulle modalità di voto degli Stati Generali, cioè se votare per ordine o per testa: optando per la votazione per ordine clero e nobiltà sarebbero stati in vantaggio e quindi avrebbe prevalso l’orientamento filoassolutistico. Il sovrano Luigi XVI concesse il raddoppio del numero dei deputati del Terzo stato, ma non concesse il voto per testa. Il 17 giugno, rifiutando il voto per ordine, i rappresentanti del Terzo Stato, a cui si erano uniti esponenti del basso clero, si proclamarono Assemblea nazionale, cioè rappresentanti dell’intera nazione. Il 20 giugno il Terzo Stato, con l’impegno di dare una costituzione alla Francia, si proclamò assemblea nazionale costituente. Il 14 luglio 1789, data simbolo della Rivoluzione francese, temendo un possibile colpo di Stato da parte del sovrano, il popolo di Parigi prese la Bastiglia, carcere parigino, simbolo odiato del dispotismo e della tirannia. Per la prima volta il popolo diventa protagonista: a Parigi i cd sanscoulotte diventano soggetti attivi sempre più autonomi. Nelle campagne scoppiarono rivolte contadine, vennero assaltati i castelli e bruciati gli archivi dove erano contenuti i documenti contenenti i diritti feudali, nonché doveri e debiti dei contadini. Il 4 agosto 1789, sulla scia di questi avvenimenti, l’Assemblea nazionale proclamò l’abolizione del regime feudale. Il 26 agosto 1789 venne proclamata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadini in cui si riconoscevano principi già promossi negli Stati Uniti, quali i diritti naturali e inalienabili dell’individuo e sancita l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. A inizi ottobre il popolo in rivolta costrinse il re a trasferirsi a Parigi, temendo che da Versailles potesse organizzare una repressione della rivolta in alleanza con gli austriaci. Intanto andava avanti l’attività legislativa: - vennero cancellati i parlamenti provinciali, vennero separati i 3 poteri: giudiziario, legislativo ed esecutivo; - - - per risolvere la crisi finanziaria vennero confiscati i beni del clero e degli aristocratici scappati all’estero; - - si stabilì la costituzione civile del clero: il clero diventava stipendiato dallo Stato e la loro carica divenne elettiva; sacerdoti e vescovi che non giuravano fedeltà alla rivoluzione, definiti “refrattari”, emigrarono. Sul piano amministrativo: - la Francia venne ripartita in dipartimenti divisi in distretti, cantoni e comuni - - vennero abolite le corporazioni e favorita l’iniziativa economica, vietando al contempo scioperi e associazioni di lavoratori finalizzate a rivendicazioni salariali. Questa fase della rivoluzione è ancora dominata dalla borghesia. Nel giugno 1791 il tentativo di Luigi XVI di abbandonare la Francia e fuggire da Parigi in incognito con la famiglia reale con l’intenzione di tornare in armi con l’appoggio delle altre potenze europee. La carrozza su cui viaggiavano venne però intercettata a Varennes, prima di varcare il confine e il sovrano fu riportato a Parigi. L’Assemblea in questa fase decise di mantenere la forma di governo della monarchia costituzionale. Il 3 settembre 1791 venne proclamata la Costituzione con separazione dei poteri; al re venne lasciata solo la nomina dei ministri, mentre il potere legislativo toccava ad una Camera eletta con un sistema elettorale a doppio livello: gli aventi diritto al voto eleggevano un certo numero di rappresentanti, i quali, a loro volta, sceglievano i rappresentanti della nuova Assemblea legislativa. A ottobre 1791 all’Assemblea costituente subentrò l’Assemblea legislativa Lo scontro divenne sempre più radicale. Per evitare che la rivoluzione sconfinasse e si estendesse agli altri Stati, si organizzò una coalizione militare che mirava a ripristinare l’Antico Regime. All’interno dell’Assemblea legislativa si creò una divisione: nel gruppo politico dei giacobini formato dalla crema della nobiltà nobiliare, divisi tra quelli più moderati fedeli alla costituzione e quelli più radicali che volevano proclamare la repubblica (tra essi si distingue il gruppo dei girondini). Pian piano la posizione repubblicana divenne maggioritaria. Nella primavera del 1792 l’Assemblea costituente dichiarò guerra all’Austria, anticipando l’intervento della coalizione europea; Il 10 agosto 1792, ricordata come la più famosa e terribile giornata rivoluzionaria, la folla di Parigi torna ad essere protagonista: invase il palazzo reale e obbligò l’assemblea a ordinare l’arresto del re Luigi XVI accusato di tradimento della patria. Il 20 Settembre 1792, sotto la guida di Danton, politico rivoluzionario, venne eletto con suffragio universale (maschile) una nuova Assemblea, la Convenzione divisa in Destra (girondini) e Sinistra (Montagnardi) e Centro (Palude senza orientamento). Due giorni dopo, il 22 settembre 1792, la Convenzione proclamò la Prima Repubblica francese Il 21 gennaio 1793 il re Luigi XVI venne processato e condannato a morte: venne ghigliottinato insieme alla moglie Maria Antonietta. LA GUERRA CIVILE E IL TERRORE (1793/94) Prende il nome di Terrore una fase storica della Rivoluzione francese che ebbe inizio del settembre del 1793 e che durò poco meno di un anno. In questa fase si distinse un avvocato che divenne il nuovo leader dei giacobini, Robespierre che fu capace di galvanizzare il paese, facendo appello alla necessità di tutelare gli interessi delle classi più deboli; intanto la folla invase le carceri, uccise i presunti nemici della patria e vennero istituiti tribunali speciali e imposta la leva obbligatoria di massa. Dopo la condanna a morte del re Luigi XVI che venne ghigliottinato il 21 gennaio 1793, le potenze europee si organizzarono per una vasta coalizione antifrancese, mentre la situazione interna del Paese che era nelle mani dei sanculotti si faceva drammatica: le masse popolari insorsero contro la Convenzione che obbligava alla leva di massa; oppositori della Convenzione anche il clero “refrattario” e la nobiltà locale. La situazione stava sfuggendo di mano ai girondini che costituivano la maggioranza della Convenzione, la parte più moderata rispetto ai Montagnardi che invece rappresentavano la parte più radicale. Nel giugno del 1793 la folla armata assediò la Convenzione che ordinò l’arresto di 29 deputati girondini accusati di fomentare una controrivoluzione. Nello stesso mese la convenzione approvò la Costituzione cd dell’anno I, assai avanzata in senso democratico; essa prevedeva la divisione dei poteri, il suffragio universale maschile, il riconoscimento del diritto al lavoro e all’assistenza. Tuttavia non entrò mai in vigore poiché la situazione precipitò: mentre la coalizione antifrancese invase il Paese il potere venne assunto dal Comitato di salute pubblica costituito da 12 membri tra cui Robespierre e altri esponenti della Montagna. In nome della difesa della repubblica, per evitare un possibile colpo di stato, questo organo straordinario instaura il regime del Terrore annientando fisicamente e sistematicamente tutti gli avversari politici, ghigliottinati a migliaia dai Tribunali rivoluzionari con processi sommari senza possibilità di difesa per i sospettati. In questa fase delirante si adottò un nuovo calendario, si lanciarono campagne di scristianizzazione con la chiusura delle chiese e si diffuse il culto della Dea Ragione. Per arginare la disastrosa situazione economica si stabilì un calmiere dei prezzi e si adottarono misure di controllo della produzione, misure malviste dai giacobini accusati così d’indifferenza nei confronti delle drammatiche condizioni della popolazione francese. L’azione repressiva e arbitraria del Comitato di salute pubblica fece crescere il numero dei suoi avversari che ormai erano la maggioranza e scandalizzare l’opinione pubblica terrorizzata dalla totale mancanza di garanzie giuridiche individuali. Venne così organizzato un colpo di Stato con la complicità di alcuni esponenti del Comitato. Nella notte tra il 26 e 27 luglio 1794 (il 9 termidoro secondo il nuovo calendario) la Convenzione ordinò l’arresto di Robespierre che fu subito ghigliottinato. Il Comitato fu gradualmente sciolto, vennero abrogati leggi e tribunali speciali, riammessi nell’Assemblea i deputati giacobini espulsi e allontanati i sostenitori di Robespierre. L’allontanamento della classe politica più radicale diede il via ad una serie di vendette personali contro esponenti giacobini e sanculotti aprendo una fase storica della Rivoluzione francese nota come Terrore bianco. Il 22 agosto 1975 la Convenzione emanò una nuova costituzione detta dell’anno III, più moderata, con norme che limitavano la libertà di stampa e di associazione e che introduceva il voto per censo (bisogna pagare una certa quota d’imposta) a doppio livello e un sistema parlamentare bicamerale (Consiglio dei 500 che formulava le leggi e le discuteva e Consiglio degli Anziani che le approvava o rigettava). La continuità repubblicana tra i rappresentanti era garantita dalla clausola secondo la quale i nuovi eletti dovevano per almeno 2/3 essere stati membri della Convenzione. Il potere esecutivo venne assegnato al Direttorio composto da 5 membri. LA FASE DEL TERRORE (1793/1799) Prende il nome di Terrore una fase storica della Rivoluzione francese successiva alla condanna a morte di Luigi XVI, che va dal 1793, anno in cui all’interno della Convenzione i Montagnardi (la parte più radicale dei deputati giacobini che sedeva a sinistra), trionfarono sui Girondini (la parte più moderata che sedeva a destra), portando all’arresto di 29 girondini accusati di essere controrivoluzionari. E terminò nel 1794 quando con un colpo di Stato il capo dei giacobini rivoluzionari, Robespierre venne arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura personale. Dopo che la Convenzione presa d’assalto dalla folla fu costretta a ordinare l’arresto dei 29 giacobini, venne approvata nel 1793 la seconda costituzione della Francia rivoluzionaria, la cd Costituzione dell’anno I, molto avanzata in senso democratico, la quale prevedeva il suffragio universale maschile e la divisione dei poteri. Tuttavia, essa non entrò mai in vigore perché la situazione precipitò ulteriormente e ci fu la presa di potere da parte del Comitato di salute pubblica, un organo dai poteri eccezionali che si sostituì alla Convenzione, formato da 9 membri, tutti membri della Montagna, capeggiati da Robespierre. La fase del terrore iniziò nel 1793 e fu caratterizzata dall’annientamento fisico e sistematico di tutti gli avversari politici, ghigliottinati a migliaia dai Tribunali rivoluzionari appositamente istituiti dal Comitato che, secondo la “Legge dei sospetti”, emettevano condanne a morte a seguito di processi sommari, senza possibilità di difesa per i sospettati che spesso erano gli stessi giacobini accusati di essere troppo moderati, come accadde a Danton e Murat, entrambi ghigliottinati. In questa fase delirante si adottò un nuovo calendario (il calendario termidoro), si lanciarono campagne di scristianizzazione con la chiusura delle chiese e la diffusione del culto della Dea Ragione. Per arginare la disastrosa situazione economica, si stabilì un calmiere dei prezzi e si adottarono misure di controllo sulla produzione. La fase del Terrore terminò nel 1794 (il 9 termidoro secondo il nuovo calendario adottato) quando nella notte tra il 26/27 luglio, con un colpo di stato organizzato con la complicità di alcuni membri del Comitato, Robespierre venne arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura personale che aveva scandalizzato e terrorizzato l’opinione pubblica. Il comitato fu gradualmente smantellato, soppressi i Tribunali e leggi speciali, allontanati i giacobini sostenitori di Robespierre e riammessi i deputati giacobini che erano stati espulsi. Dopo la caduta di Robespierre inizia la fase del Terrore bianco che va dal 1795 al 1799, caratterizzata da una serie di vendette personali contro gli esponenti giacobini rivoluzionari. Intanto, nel 1795 la Convenzione emanò la terza Costituzione della Francia rivoluzionaria, la cd Costituzione dell’anno III, meno democratica rispetto a quella precedente mai entrata in vigore, con norme che limitavano la libertà di stampa e di associazione e introducevano il diritto di voto censitario. Essa prevedeva la divisione dei poteri: - potere legislativo affidato al Parlamento secondo un sistema parlamentale bicamerale formato dal Consiglio dei 500 che formulava le leggi e Consiglio degli Anziani che le approvava o rigettava; - potere esecutivo affidato al Direttorio composto da 5 membri - potere giudiziario alla Magistratura La continuità repubblicana era garantita da una clausola secondo la quale i nuovi eletti dovevano essere stati per almeno 2/3 membri della Convenzione. RIVOLUZIONE FRANCESE ANNO 1789: data periodizzante per la storiografia Cause scatenanti: i 2 limiti del sistema politico (disintermediazione- fallimento riforme fiscali) Da crisi politica-finanziaria a crisi istituzionale maggio 1789: il sovrano convoca gli Stati generali dopo 175 anni! Inizia un acceso dibattito su 2 temi: n° rappresentanti Terzo Stato e modalità di voto; il re opta per il voto per ordine pur raddoppiando i deputati del Terzo Stato 17 giugno 1789: il Terzo Stato si riunisce autonomamente e si proclama Assemblea nazionale 20 giugno 1789: il Terzo Stato si proclama Assemblea nazionale costituente con l’impegno di emanare una Costituzione 14 luglio 1789: presa della Bastiglia del popolo parigino (data considerata vero inizio della Rivoluzione) 4 agosto 1789: in seguito a rivolte contadine (assalti a castelli e archivi e fuga dei nobili dalle campagne) l’Assemblea nazionale abroga definitivamente il sistema feudale 29 agosto 1789: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini Inizi ottobre: trasferimento di Luigi XVI a Parigi; si teme una repressione delle rivolte con l’alleanza degli austriaci Continua l’attività legislativa e cambiamenti in campo amministrativo Giugno 1791: tentativo di fuga della famiglia reale sventato a Varennes. Permane la forma di monarchia costituzionale 3 Settembre 1791: proclamazione della Costituzione con istituzione dell’Assemblea legislativa formata da rappresentanti eletti secondo un sistema elettorale a doppio livello. La Francia diventa una monarchia costituzionale in cui il re conserva il potere di nominare i ministri Ottobre 1791: l’Assemblea costituente diventa Assemblea legislativa Lo scontro si radicalizza. Nell’Assemblea legislativa si crea una spaccatura tra i giacobini: tra moderati fedeli alla costituzione e radicali che premono per la repubblica. Crescono i sostenitori della repubblica. Si organizza una coalizione antifrancese che vuole ripristinare l’Antico Regime. Aprile 1792: prima che la coalizione europea intervenga, l’Assemblea legislativa dichiara guerra all’Austria e alla Prussia. 10 agosto 1792: La più famosa e terribile delle giornate rivoluzionarie: il popolo parigino assale il palazzo reale e obbliga l’Assemblea legislativa a ordinare l’arresto e la condanna del re accusato di tradimento della patria. DANTON E ROBESPIERRE: AMBIVANO A UNA COSTITUZIONE REPUBBLICANA 20 settembre 1792: sotto la guida di Danton, politico rivoluzionario, con suffragio universale maschile, viene rimpiazzata l’Assemblea legislativa con una nuova Assemblea chiamata “Convenzione” con l’impegno di dare una costituzione repubblicana 22 settembre 1792: la Convenzione proclama la caduta della monarchia e proclama la prima Repubblica francese. 21 gennaio 1793: Luigi XVI viene ghigliottinato per alto tradimento. Stessa sorte per la moglie Maria Antonietta IL PERIODO DEL TERRORE (1793/94) Dopo l’esecuzione della condanna del sovrano, le potenze europee si coalizzano mentre diventa drammatica la situazione interna: masse popolari insorgono contro la Convenzione per l’obbligo della leva di massa; avversi anche il clero refrattario e la nobiltà Giugno 1793: la folla armata assedia la Convenzione che ordina l’arresto di 29 deputati girondini accusati di fomentare una controrivoluzione. I giacobini assumono il controllo della Convenzione istituendo misure radicali 1793 Costituzione dell’anno I mai entrata in vigore perché la situazione precipita La coalizione antifrancese invade la Francia e il potere è assunto da un organo straordinario, il Comitato di salute pubblica (formato da12 membri tra cui Robespierre) che instaura il Regime del Terrore per evitare un colpo di Stato annientando gli avversari politici che verranno ghigliottinati a migliaia. La sua azione repressiva e arbitraria fa crescere gli avversari e scandalizzare l’opinione pubblica. Viene organizzato un colpo di stato con la complicità di alcuni membri del Comitato. Tra il 26 e 27 luglio 1794 Robespierre viene arrestato e ghigliottinato, allontanati i suoi sostenitori, riammessi nell’Assemblea i deputati giacobini allontanati, abrogati leggi e tribunali speciali Segue la fase del Terrore Bianco caratterizzata da vendette personali contro giacobini e sanculotti da parte della classe politica più radicale 22 agosto 1795 la Convenzione emana la Costituzione dell’anno III più moderata Il potere esecutivo è assegnato al Direttorio composto da 5 membri CAPITOLO 27 NAPOLEONE BONAPARTE Napoleone Bonaparte, grande condottiero, abile stratega e politico, inaugurò un periodo di egemonia francese in Europa che durò fino al 1815, fatta eccezione per la Gran Bretagna che continuò a detenere la supremazia economica e navale. Questo straordinario personaggio, per il quale l’ascesa al potere fu rapida ed ed eccezionale, viene definito dall’autore del libro una figura ambigua, bifronte dal momento che riuscì nella straordinaria impresa di imporsi come uomo forte di governo sulle due posizioni estreme che erano presenti in Francia: quella filomonarchica che auspicava il ritorno al trono dei Borbone e che vedeva in Napoleone l’incarnazione della forza del principio monarchico, e quella dei giacobini che premevano per l’istituzione di una repubblica basata sui principi rivoluzionari di cui Napoleone si presentava come un degno erede. In sostanza, per i francesi Napoleone rappresentava colui che era in grado di porre fine ai contrasti politici interni, promettendo una normalizzazione che tuttavia avrebbe garantito il mantenimento di una parte delle conquiste realizzate con la rivoluzione francese. Napoleone si distinse nella Campagna d’Italia del 1796. Il Direttorio, dopo aver represso la “congiura degli uguali”, una congiura di stampo comunista, lanciò un’offensiva contro l’Austria colpendola su due fronti: in Europa centrale e nei territori italiani. Mentre l’Armata del Reno, cioè le truppe francesi rimasero bloccate in Germania, l’Armata d’Italia, guidata dal giovane generale Bonaparte, ottenne una serie di straordinari successi, sconfiggendo ripetutamente gli austriaci e i piemontesi. Con il Trattato di Campoformio si sancì la sconfitta dell’Austria e della I coalizione antifrancese; esso stabiliva che all’Austria fossero cedute la Repubblica di Venezia, Istria e la Dalmazia ( per cui Venezia perse la sua millenaria indipendenza, finendo sotto il controllo austriaco con grande delusione dei veneziani che avevano visto in Napoleone il liberatore) e in cambio la Francia ottenne la Lombardia e i Paesi Bassi, mentre dal Regno di Sardegna aveva già ottenuto Nizza e Savoia. pag. 1 Nei territori conquistati il Direttorio istituì delle repubbliche. In Italia nacque la Repubblica Cispadana che adottò per prima la bandiera tricolore e che venne poi inglobata nella più vasta Repubblica Cisalpina con capitale Milano (composta da Lombardia, Emilia Romagna e parte del Veneto); venne cancellata la Repubblica di Genova e istituita la Repubblica Ligure; lo stesso avvenne a Roma dove il potere del papa fu dichiarato decaduto e venne istituita la Repubblica romana. Anche il Regno di Napoli venne occupato dai francesi, il re si rifugiò a Palermo e a Napoli si istituì la Repubblica partenopea. L’unico nemico rimasto era la Gran Bretagna che deteneva il predominio economico e navale. Nel 1798 il Direttorio pensò di indebolirla indirettamente, conquistando l’Egitto un possedimento turco, che tuttavia costituiva un crocevia importante per i traffici britannici con l’oriente. L’esercito francese guidato da Napoleone sconfisse gli egiziani nella battaglia delle Piramidi, vicino Al Cairo, ma la flotta francese fu sconfitta da quella inglese guidata da Nelson. Nel 1797, durante la sua assenza dalla Francia, il Direttorio aveva organizzato un colpo di Stato militare. Nel 1799, quando Napoleone riuscì a tornare dall’Egitto, venne accolto trionfalmente sebbene l’impresa fosse fallita; forte del sostegno dell’esercito e del popolo, dichiarò la Francia in pericolo e organizzò lui stesso un secondo colpo di Stato militare, sciogliendo il Direttorio e istituendo il consolato, una nuova forma di governo affidata a 3 consoli, di cui Napoleone era il primo console che deteneva tutti i poteri, mentre gli altri due avevano sostanzialmente una funzione consultiva. Forte del sostegno dell’esercito e del popolo che vedeva in lui il garante dei principi rivoluzionari, subito dopo promulgò la Costituzione dell’anno VIII pag. 2 DAL CONSOLATO ALL’IMPERO Dopo la proclamazione della Costituzione dell’an

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