Fondamenti del Diritto Europeo PDF

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This document explores the foundations of European law, tracing its historical development from Roman law to modern codifications. It emphasizes the crucial role of legal history and the common heritage of European legal systems. The text explores the evolution of legal thought and practice across different eras, offering insights into the unifying principles that underpin the European legal tradition.

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FONDAMENTI DEL DIRITTO EUROPEO CAPITOLO I Introduzione 1. Il diritto è storia Il diritto è legato a precise coordinate spaziali e temporali, non esiste un diritto ideale sempre uguale a sé stesso. > Conoscere la sua storia è fondamentale per le materie giu...

FONDAMENTI DEL DIRITTO EUROPEO CAPITOLO I Introduzione 1. Il diritto è storia Il diritto è legato a precise coordinate spaziali e temporali, non esiste un diritto ideale sempre uguale a sé stesso. > Conoscere la sua storia è fondamentale per le materie giuridiche. Norme giuridiche > comprese solo con la cultura che le ha generate, solo conoscendo lo svolgimento dei fenomeni sociali possiamo intenderli, apprezzarli e valutarli così da trovare nuove soluzioni. Obiettivo dei fond. del diritto eu → trovare soluzioni per soddisfare le esigenze della società. Il diritto deve servire alle persone, è una materia teorica che deve avere uno scopo pratico. “per controllare il futuro bisogna conoscere il passato” > Orwell 2. Diritto romano - il diritto è regola (il concetto di regola ha un’etimologia comune a quella di righello; ciò che traccia, definisce, queste regole corrispondono a un comportamento). Le regole permettono il vivere comune. Il diritto è un fenomeno coessenziale a qualunque fenomeno sociale; se non ci fosse succederebbe che quando si crea un conflitto, anziché esserci la regola per trovare la soluzione, si passa alla violenza, a farsi fuori l’uno con l’altro → la società non ha grandi presupposti per funzionare. Il diritto è una prerogativa dell’individuo, ancora prima che nasca, già da embrione possiede dei diritti. - L'insieme di regole compongono il diritto oggettivo. Il parlamento se ne occupa per quanto riguarda gli stati democratici che distinguono i poteri (parlamento nelle sue due camere, deputati e senato, fa le leggi ma anche il governo può farlo nei limiti che la costituzione gli concede). - Il diritto soggettivo è invece l'aspettativa che un individuo ha rispetto a una situazione giuridica come il diritto al nome, il diritto alla vita, il diritto alla salute… → riconosciute e tutelate dall'ordinamento giuridico, permettendo all'individuo di rivendicarli e proteggerli. Il diritto è ciò che è buono e ciò che è giusto > boni et aequi; ius est ars Serve per risolvere il conflitto in modo garantista ed equilibrato per il bene comune. - romano → Roma viene fondata intorno alla metà dell’VIII secolo a.C. e la fase monarchica, caratterizzata dai sette re, risulta piuttosto tranquilla. Nel 509 a.C. si avvia la Repubblica, con la cacciata dell'ultimo re, Tarquinio il Superbo. Durante la Repubblica, Roma espande il suo dominio e affronta varie guerre (Guerre Puniche). La figura di Giulio Cesare emerge nel I secolo a.C., portando a riforme significative e a una crescente centralizzazione del potere. La sua morte nel 44 a.C. segna l'inizio di una crisi politica che porterà alla fine della Repubblica. Infine, nel 27 a.C., Ottaviano Augusto fonda l'Impero Romano, instaurando un nuovo ordine politico e segnando l'inizio di un'epoca di stabilità e prosperità conosciuta come Pax Romana. 1 Le basi del diritto privato, e non solo, odierno si trovano in quello dell’antica Roma. I Romani hanno messo a punto l’alfabeto giuridico, il quale, dopo secoli non è ancora cambiato ed è ancora comune all’Europa continentale e all’America Latina. → hanno creato una dogmatica giuridica e una terminologia tecnica ancora viva. Il diritto romano ha dominato due epoche della storia giuridica occidentale: - età antica > per più di 1300 anni > nonostante trasformazioni sociali e giuridiche si può individuare una sua continuità - a partire dall’anno Mille > dalla sua rinascita si è sviluppata la tradizione romanistica 476 → invasione degli Ostrogoti, cade l’impero romano d’Occ. e si sviluppano i diritti barbarici; l’impero d’Or. sopravvive fino al 1453 ma il diritto romano vero e proprio si fa finire con la morte dell’imperatore Giustiniano nel 565. Giustiniano → voleva riportare la grandezza dell’imp attraverso gli elementi in cui i Romani avevano eccelso: 1. arma per difendersi e far funzionare l'impero dall’esterno 2. iuri, il diritto per far funzionare l'impero dall’interno perché tutto fili liscio. → vuole radunare il meglio di quello che Roma ha prodotto a livello giuridico > ordina ai funzionari di comprendere le prescrizioni più valide, le opere che hanno durato di più nel tempo, tutto il materiale normativo delle epoche precedenti e ordinarle in una raccolta > Corpus Iuris Civilis > costituito da leggi (Codex) e da opinioni dei giuristi (Digestum). Giustiniano nel 554 riconquista l’Italia e l’opera divenne il diritto vigente. 3. La tradizione romanistica ⇒ fenomeno di rilevanza per l’identità culturale dei popoli eu. Dal VI secolo a.c. passeranno millenni, nel Medioevo il C.I.C. verrà ritrovato studiato. In Francia e in Italia → prime Università (Pd nel 1222) > centri di studio dedicati alla lettura di testi giustinianei (Digesto). → esigenza di studiare il diritto romano per applicarlo. Stemma dell’università di padova > 800 anni: - a dx Gesù > si studiava da sempre diritto canonico - a sx Santa Caterina d’Alessandria > ha con sé lo strumento del martirio, la ruota, ma anche una palma che si usava dare al vincitore di una competizione letteraria per es. > lei è vincitrice di una disputa filosofica. → laurea in diritto (s. caterina) laurea in materia religiosa (cristo) Si diffonde l’idea che il diritto romano fosse applicabile come diritto generale ⇒ ius commune > per tutti i casi in cui il diritto proprio del luogo non prevedesse regole specifiche. Basato sull'idea che i libri di Giustiniano e i testi normativi del diritto canonico > applicabili come diritto generale. 2 Studenti da tutta Europa iniziarono a studiare nelle Università e riportavano nel loro paese ciò che avevano imparato ⇒ si formò una cultura giuridica omogenea. > stessa terminologia, stessa dogmatica, stesso metodo. Inghilterra e colonie trassero dal diritto romano solamente un’influenza culturale → si parla di paesi di common law (modello di orientamento giuridico di origine britannica) contrapposti a quelli di civil law (tradizione romanistica). 4. Le codificazioni 1700 → si sviluppa nell’Eu continentale il movimento per la codificazione > soddisfare l’esigenza di semplificazione e sintesi di un materiale che era ormai diventato vastissimo. → mancava unitarietà e coerenza nell’insieme delle regole vigenti (si differenziavano a seconda delle località, dei gruppi di persone, dei tipi di beni o di rapporti). Il processo fu stimolato dalle idee illuministiche > legge come unica fonte del diritto e i giudici potevano solo applicarla. Inghilterra → dopo la sconfitta della monarchia assoluta, l’equilibrio costituzionale concesse grande peso agli organi giudiziari. > cominciarono a basare le loro decisioni sui precedenti cioè su sentenze di casi simili già successi in passato = common law. Si susseguirono numerosi tentativi di codificazione: - Codice civile austriaco ABGB emanato nel 1811 > lavoro iniziato un secolo prima. - Codice Napoleone nato nel 1791 ma entrato in vigore nel 1804 fu il più imitato sia grazie alle campagne militari di Napoleone, sia alla lingua utilizzata, allo stile semplice e chiaro. → Influenzò anche i codici italiani preunitari e il primo codice civile italiano unitario (1865). (codificazioni di seconda generazione non più basata su principi giusnaturalistici e illuministici) Germania → emanazione del BGB che ha una base di diritto romano rielaborato e opportunamente sistematizzato. > compattezza e precisione concettuale. > difficile lettura per chi non sia un pratico del diritto. Attuale codice civile italiano del 1942 → fusione tra il sistema francese e quello tedesco. La regola iuris comincio ad essere dettata dalla volontà politica del legislatore e il giudice divenne “bocca della legge”. Attuato un processo di tecnicizzazione e depoliticizzazione delle attività giuridiche professionali → di deresponsabilizzazione del ceto degli uomini di legge che dovevano seguire un oggetto precostituito ed esterno → il codice. 5. Cosa resta del diritto romano Gli ordinamenti eu hanno in comune dei concetti di fondo della tradizione romanistica che trova la sua origine nel diritto romano ⇒ soprattutto nel diritto privato i concetti sono quelli proposti dai giuristi romani e rielaborati in età medievale e moderna. Il diritto romano arriva a superare i confini di quello che era stato l’impero > grazie al colonialismo è stata esportata anche la cultura giuridica europea. Es > il codice civile giapponese prende spunto da quello francese. 3 Es > la Cina in quanto potenza economica aveva bisogno di un diritto più moderno e adeguato a gestire i traffici commerciali → contatto con centri di studio romanistici europei → realizzata una traduzione in cinese del Corpus iuris civilis. 6. I tentativi di unificazione del diritto europeo Da anni si parla di un possibile diritto comune dell'Unione Europea, con particolare attenzione al diritto privato. → un’unificazione giuridica. Vari gruppi di giuristi stanno lavorando per costruire ex novo un diritto europeo comune. Es > il Code Européen des Contrats e i Principi di diritto europeo dei contratti e delle obbligazioni (PECL), elaborati dalla Commissione Lando (Commission of European Contract Law). Anche l'UNIDROIT (Institut international pour l’unification du droit privé) lavora per unificare i principi dei contratti commerciali a livello internazionale. Nel 2001, la Com. Eu. ha avviato un progetto per sviluppare clausole standard e un quadro di riferimento nel quale tutti i giuristi europei possano trovare le definizioni di alcuni concetti fondamentali. ⇒ Draft Common Frame of Reference (DCFR) del 2007 > raccoglie regole su contratti, responsabilità civile e proprietà. → fornisce le basi per un diritto privato europeo. → semplificare e rendere più coerenti le normative nazionali, facilitando le relazioni giuridiche all'interno dell'Unione. 7. Una nuova scienza giuridica comune Qualora si riuscisse a creare un codice comune, l'applicazione di tali norme ai vari territori europei, potrebbe portare a interpretazioni divergenti, rendendo il codice inefficace. → fondamentale costruire una base culturale e scientifica comune, promuovendo una scienza giuridica transnazionale. L'antico diritto comune andava oltre i confini nazionali. Era conosciuto solo dai giuristi e non era un prodotto del potere politico. Le sue regole, tratte dal Digesto, si basavano sulla ragione, piuttosto che sull'autorità di un sovrano. Il sistema del diritto comune (non garantiva un’unità del diritto positivo ma) assicurava che i giuristi avessero un approccio comune alla legge, basandosi sul Digesto. → Il diritto positivo = insieme delle leggi e norme scritte che sono vigenti in un determinato sistema giuridico, è il diritto "in atto", quello che viene applicato nei tribunali e che regola il comportamento delle persone nella società (può variare da un paese all’altro). ≠ diritto naturale = si basa su principi morali universali. Abrogando le fonti romane, si eliminò la base comune e la nuova scienza giuridica cominciò a basarsi sui singoli codici nazionali. Nonostante le differenze tra i vari sistemi giuridici contemporanei, esistono similitudini e sarebbe utile formare giuristi aperti e consapevoli del diritto europeo. I codici rappresentano l'unico sistema giuridico → ostacola il confronto tra i vari ordinamenti. 8. Fondamenti del diritto europeo → sono le basi della tradizione giuridica comune ai principali ordinamenti del mondo occ. La conoscenza dei legami col passato, lo studio storico sono indispensabili per una buona comprensione del presente. 4 Si tratta di uno studio che allarga le prospettive e fa capire che anche il diritto può evolversi attraverso la fantasia e la creatività degli interpreti, sempre con una consapevolezza delle sue origini. CAPITOLO II La migliore forma costituzionale? 1. Polibio e il segreto dei Romani Secondo lo storico il segreto del successo di Roma sarebbe stato il sistema costituzionale della repubblica. Polibio visse tra il 200 e 210 a.C., era un uomo di notevole cultura che si legò alle famiglie più importanti di Roma, arrivando a conoscere dall’interno il suo ordinamento. La forma costituzionale della Repubblica (> res publica > cosa di tutti, appartiene ai suoi cittadini e come tale va difesa e coltivata) comprendeva un contemperamento delle forme principali di governo: monarchia (potere dei consoli), aristocrazia (senato) e democrazia (popolo). → migliore esempio di costituzione mista. 2. Il ciclo delle forme di governo e la costituzione mista Secondo Polibio (≅Aristotele) ogni forma di governo retta tende a corrompersi nella sua espressione degenerata creando un ciclo. - monarchia (monos = uno) → tirannia (tyrannos = dominatore) - aristocrazia (aristoi = i migliori) > governo dei migliori, persone scelte in base a criteri meritocratici → oligarchia (oligoi = pochi) - democrazia (demos = popolo) → oclocrazia (oclos = massa, feccia) > l’opinione pubblica veniva orientata in una certa direzione attraverso informazioni fasulle. Soluzione → una costituzione che concentri in sé gli elementi positivi > più duratura. 3. L’elemento monarchico e la libertas repubblicana CONSOLI → elemento monarchico > avevano il supremo potere di comando, l’imperium. Erano diversi rispetto a un re. - prima fase → monarchia antica > unicità della carica monarchica, il suo essere vitalizia, non veniva eletto, con poteri concentrati; - seconda fase → monarchia antica > rafforzamento del potere del rex >> terminata con la cacciata di Tarquinio il Superbo, considerato un tiranno. I Romani, spaventati dalla concentrazione di potere in una sola persona, abbracciarono il concetto della libertas = fondamento della res publica ⇒ essere libero è essere titolare di diritti e fare parte della civitas → il monarca lo impediva; - terza fase → nasce la repubblica => volontà di non essere governati da uno solo e l’attenzione a non concentrare il potere a un unico individuo. Il popolo giurò di impedire il ripristino della monarchia. Nasce il ruolo di consoli → magistrati annuali con potere supremo in guerra e potere politico, si occupavano di ogni provvedimento che riguardasse l'interesse dello Stato. Questi consoli erano subordinati ad altre cariche e avevano un mandato temporaneo, riflettendo una visione di governo più condivisa e meno concentrata. 5 Caratteristiche dei consoli rispetto al re: 1. pluralità e collegialità → sono sempre due e costituiscono un collegio. Uno poteva prendere da solo tutte le decisioni che voleva finché il collega non gli ponesse il veto; 2. temporaneità e responsabilità → la carica dura un anno, al termine del quale possono essere chiamate a rispondere delle attività svolte. Non possono essere sottoposti a un procedimento giudiziario contro la loro volontà durante la loro attività; 3. elettività → eletti dalle assemblee popolari. → essere console è un onore > la carica è gratuita > non riceve alcuno stipendio per la sua attività, anzi doveva sostenere le spese finanziare per ottenere il consenso popolare. Pretori nel 367 a.C. → Il pretore urbano ha competenza specifica di esercitare la iurisdictio (= dettare norma di diritto applicabile al caso concreto) si occupava dei cittadini romani, mentre il pretore peregrino trattava i casi che coinvolgevano cittadini romani e stranieri o tra due stranieri. Edili curuli (magistratura riservata ai patrizi) → controllo sull'approvvigionamento e la sorveglianza del pubblico commercio e dei mercati e sulle liti che ne possano derivare. Censori → eletti a intervalli periodici, poi ogni 5 anni, potevano rimanere in carica al massimo 18 mesi; dovranno redigere il censo > schedare i cittadini in base al patrimonio. A seconda di quante ricchezze dichiaravano cambiava l’impegno che a loro si chiedeva sul campo militare ma cambiava anche la loro importanza sul piano politico. > revisione della condotta morale dei cittadini. Potere di nominare (lectio senatus) i senatori che venivano scelti tra gli ex-magistrati ed escluderli. il sistema repubblicano prevedeva anche una magistratura straordinaria, la dittatura, che poteva essere attivata in situazioni di emergenza. Il dittatore, nominato da un console e con potere supremo per massimo sei mesi. Aveva un imperium maius rispetto ai consoli (potere contenuto militare, religioso e politico) Alla fine della Repubblica, il potere della dittatura venne abusato da Silla e Cesare. Tutte le magistrature sono temporali , non si può nominare magistrato a vita e non sono ereditarie (regola che inizia a modellare il concetto di carica pubblica). Candidato → candido, si riconosceva perché indossava una tunica più bianca delle altre, gli consentiva di spiccare in mezzo alla folla. 4. L’elemento aristocratico SENATO → (assemblea dei senes, anziani) → composto da 300 (poi 600 con Silla) patres familias delle gentes piu importanti → composto inizialmente solo da patrizi e successivamente anche da plebei > la nobilitas → ampie competenze in ambito finanziario, militare e di politica estera. → le sue decisioni, espresse attraverso i senatoconsulti, hanno un potere vincolante sui magistrati, che tendono a seguire i suoi consigli per garantirsi una futura carriera nel senato stesso. 6 Nel caso di minacce alla res publica, il senato può emanare il senatusconsultum ultimatum, che sospende le garanzie costituzionali e consente azioni drastiche contro i nemici pubblici (ucciderlo senza processo). Il senato è l'unico organo in grado di garantire coerenza e continuità nella politica romana. Sebbene formalmente il potere derivi dal popolo, in pratica il sistema è dominato dall'aristocrazia, che limita l'effettiva partecipazione popolare e crea un regime aristocratico. 5. L’elemento democratico ASSEMBLEE POPOLARI → comprendono tutti i cittadini politicamente capaci → funzioni elettorali, giudiziarie e legislative Comizi centuriati (più imp. assemblea) > eleggere i consoli (supremi magistrati); > giudicare i crimini puntii con la pena di morte;> approvare le leggi proposte da un magistrato. → ne facevano parte solo i maschi attivi alla vita militare (17-60 anni) → organizzati in 193 centurie > ciascuna era composta da un numero di votanti variabile e ognuna esprimeva un voto. In una centuria numerosa il voto dell'individuo pesava poco mentre in una poco numerosa pesava tanto. Il popolo era diviso in 5 classe in base alla ricchezza posseduta, in base al censo. La fanteria era distribuita in 170 centurie: - Prima classe → 80 centurie → più di 100.000 assi - Seconda classe → 20 centurie → 75.000 assi - Terza classe → 20 centurie → 50.000 - Quarta classe → 20 centurie → 25.000 - Quinta classe → 30 centurie → 11.000 - Disarmati ausiliari → ultima centuria in cui venivano raggruppati tutti coloro che avevano un censo inferiore anche a quello richiesto per fare parte della quinta classe → 5 centurie → proletarii > coloro che avevano come beni solo la prole, i figli. (capite censi > censiti solo per la loro testa) Gli equites → mantenevano la cavalleria, dovevano fornire all'esercito i cavalli e le attrezzature con cui andare in guerra. Distribuiti in 18 centurie, avevano un censo al di sopra della prima classe. Secondo il sistema di votazioni i ricchi avrebbero sempre avuto la maggioranza dei voti → avevano a disposizione 80 centurie della prima classe e 18 centurie di cavalieri → 98 su 193. INoltre l’ordine di votazioni seguiva l'ordine delle classi sociali. > le ultime non votavano nemmeno una volta raggiunta la maggioranza. → il popolo non poteva prendere l'iniziativa (> doveva provenire da una rogatio (proposta) del magistrato), aveva solo la possibilità di accogliere o respingere la proposta presentata dal magistrato senza proporre modifiche. 6. La plebe e i suoi organi 494 a.C. → la plebe stanca di essere esclusa dalla vita politica si ritira sul Monte Aventino e fonda i propri organi di governo → il concilium plebis, un’assemblea che avrebbe potuto approvare le norme vincolanti solo per i plebei (plebisciti) e che avrebbero eletto i propri 7 magistrati, i tribuni della plebe e gli edili della plebe. → vennero assorbiti dalla tradizione repubblicana. Assemblea della plebe → le deliberazioni che approvava venivano equiparate a leggi > numerosa produzione normativa > le sue modalità di convocazione erano più semplici. Tribuni della plebe → due (poi 10) venivano eletti ogni anno dall’assemblea plebea → convocavano l’assemblea plebea e presentavano proposte di plebiscito → difendevano i plebei tramite l’auxilii latio (plebei minacciati da abusi di un magistrato patrizio) da cui deriva il potere di intercessio, cioè il potere di bloccare qualunque atto degli altri organi repubblicani compresi gli altri tribuni. → la sacrosanctitas > tribuni sarebbero stati protetti contro ogni aggressione perché la plebe giurò di difenderli fino alla morte > chiunque li ostacolasse era uccidibile da qualunque cittadino. → aiutati da una coppia di edili plebei > custodivano l'edificio sacro per i plebei > Tempio di Cesare, Libero e Libera (conservati il loro tesoro e l’archivio) 7. La fine della repubblica e la nascita del principato (23 a.C. - 235 d.C) Questo sistema costituzionale governò a Roma per 5 secoli > entrò in crisi nel I sec a.C. > non era più idoneo a soddisfare le esigenze di vita pubblica dell’ormai impero mondiale. → crisi → alterazione → crollo del regime repubblicano. Silla nell’83 a.C. si fece nominare dittatore > riorganizzare la repubblica senza limite temporale (quello che sarà il potere assoluto imperiale). Dura 3 anni > incrementa l'autorità del senato. Introduce una vasta legislazione riformatrice di ispirazione aristocratica > viene vanificata quando nel 79 a.C. si ritira a vita privata. Cesare suo successore > assunse tutti i poteri e realizzò un regime monarchico. 49 si fa nominare dittatore e nel 44 viene nominato dictator perpetuus ma viene assassinato per attentato alla libertas repubblicana. Ottaviano (nipote e figlio adottivo di Cesare) > riporta la pace e nel 27 dichiara dinanzi al senato di voler restituire il governo dello Stato al popolo e al senato stesso. Il senato gli conferì un imperium decennale su tutte le province ancora non pacificate e gli attribuì il titolo di Augustus in base al quale viene considerato superiore a tutti per auctoritas, autorevolezza. Nel 23 il senato lo attribuì a vita i due poteri fondamentali: 1. L’imperium proconsulare maius et infinitum - il potere che avevano i magistrati inviati in provincia dopo essere stati consuli (proconsules) - L'imperium a egli concesso era superiore (maius) rispetto a quello di tutti gli altri proconsoli (non potevano porgli il veto perché non ricopriva alcuna magistratura) - il suo potere non aveva limiti territoriali (infinitum) 2. La tribunicia potestas → lo stesso potere di un tribuno della plebe senza però esserlo così da non poter essere sottoposto a veto. Creazione di un nuovo organo → princeps ⇒ primo cittadino che sovrasta tutti gli organi. (deriva da princeps senatus = prende parola per primo nell'assemblea senatoria) 8 Titolo di imperator > indica la titolarità dell’imperium conferito al princeps. Augusto riuscì a creare una nuova forma di governo conservando gli organi della vecchia costituzione repubblicana e inserendo uno stabile organo individuale che aveva la funzione di coordinare sia i rapporti interni all'ordinamento cittadino sia i rapporti tra poteri centrali e locali. Punto debole → la successione > alla sua morte in teoria tutti i poteri tornavano al senato ma in pratica la decisione sulla successione rimaneva nelle mani di chi aveva il potere. Il princeps traeva la propria auctoritas da virtù personali e universalmente riconosciute. Vennero a crearsi dinastie tramite l'adozione da parte del principe in carica del futuro successore > si creò una parentela artificiale. ⇒ il fenomeno non era regolamentato. 8. Il dominato (235-565 d.C.) Inizio del III sec. > lo Stato romano era una monarchia assoluta. > resta poco o nulla dell'ordinamento repubblicano. → declino economico finanziario (e culturale a causa delle affluenza straniere). Dopo la morte dell'ultimo imperatore dei Severi, Alessandro, nel 235 d.C. mancano forti personalità di imperatori ⇒ porta a guerre civili. ⇒ mezzo secolo di anarchia militare finché nel 284 le truppe acclamano imperatore il generale Diocle che assume poi il nome di Diocleziano. Inizia una nuova forma di governo detta dominato → ora l'imperatore non è solo il princeps ma anche il dominus et deus che regna su tutti i sudditi. L'idea di libertas repubblicana è scomparsa ⇒ si tratta di una monarchia assoluta, militare, teocratica e dinastica. CAPITOLO III Le fonti del diritto 1. Fonti di produzione e fonti di cognizione Nella cultura giuridica fonti sono gli atti, in generale gli eventi da cui scaturisce il diritto. fonti di produzione del diritto ⇒ tutti i mezzi attraverso i quali è possibile creare il diritto > portano alla nascita delle norme giuridiche - in senso materiale ⇒ gli roani da cui vengono prodotte le norme (oggi il Parlamento; popolo, pretore, imperatore) - in senso formale ⇒ indica il risultato dell’attività dei predetti organi (la legge, l’editto…) La fonte di produzione originaria delle norme giuridiche è la costituzione intesa come la convenzione dei consociati che sta alla base dell'organizzazione statale. fonti di cognizione del diritto ⇒ ogni mezzo che consenta di conoscere forme e contenuti del diritto (Gazzetta Ufficiale) La principale fonte di cognizione del diritto romano è il Corpus Iuris Civilis. Per il periodo più antico le nostre conoscenze sono basate sul racconto degli avvenimenti da parte deli storia > non è attendibile, spesso sono presenti falsificazioni. 9 2. Ordinamenti chiusi e aperti In ogni ordinamento esistono varie fonti. In base al tipo di fonti più rilevanti si distinguono: ordinamenti chiusi o legislativi → le norme nascono da disposizioni scritte, emanate dall'autorità a ciò competente. Nascono astratte (dirette a regolare un numero indefinito di casi), generali (indirizzate a un numero illimitato di persone) e precostituite (riguardanti solo casi futuri). è assicurata la certezza del diritto ma l'ordinamento è più rigido, lento a rinnovarsi. (es: diritto romano postclassico; ordinamento italiano attuale) ordinamenti aperti, o casistici → le norme nascono come risposta al singolo caso che si presenta e per il quale non è ancora prevista una regola di condotta. Le norme sono specifiche (dettate per un numero determinato di casi), particolari (valgono per alcune persone) e successive (nascono dopo che il caso pratico si è posto all’attenzione dell'interprete). Si possono trasformare con il tempo in norme generali. Si ha la possibilità di creare rapidamente la norma per esigenze nuove. Si ha maggior duttilità e adattabilità del diritto e una giustizia adeguata per il caso singolo. Ma il diritto è incerto > non si sa prima che norma verrà applicata. Possono essere: - consuetudinari → comportamento uniforme e radicato che i consociati adottano nella convinzione di obbedire a un imperativo giuridico (es: diritto romano arcaico> le norme si desumono dalle usanze degli anziani) - giudiziari → la norma scaturisce dalle sentenze dei giudici emanate per casi analoghi (es: common law) - giurisprudenziali → il diritto viene dettato caso per caso, in forma casistica dal giudice che lo deve applicare, ha l'autorità di interpretare e modificare il diritto vigente (es: diritto romano classico) 3. Elenchi di fonti di produzione Nel nostro codice civile l’art.1 indica in ordine gerarchico le fonti del diritto italiano: 1) leggi 2) regolamenti 3) norme corporative (abrogate nel 1943) 4) usi Questo elenco è stato emanato nel 1942 sotto l'ordinamento fascista. Nel 1948 si è aggiunta in posizione suprema la Costituzione, alla quale sono seguite le leggi costituzionali. Sia le Regioni a statuto speciale che le Regioni ordinarie possono emanare leggi regionali efficaci e importanti giuridicamente quanto le leggi statali. Ci sono poi le molteplici norme di origine europea più importanti delle leggi statali. Le sentenze di Cassazione inoltre vengono sempre più considerate un mezzo per far conoscere ed evolvere il diritto vigente. 10 Due elenchi di fonti di produzione del diritto romano: - Istituzioni di Gaio Nel 1816 lo studioso tedesco Barthold Georg Niebuhr, in viaggio in Italia, notò che in un codice pergamenaceo contenente le Lettere di San Girolamo affiorava una scrittura precedente, la quale era stata abrasa alcuni secoli più tardi per potervi sovrascrivere il testo religioso; con l’ausilio di reagenti chimici si riuscì a leggere la scrittura sottostante e riportare così alla luce il testo delle Istituzioni di Gaio. Si tratta di un manuale elementare di diritto privato, scritto verso la metà del II secolo d.C. da un giurista del quale sappiamo molto poco ciò nonostante ebbe successo nei secoli successivi, perché era un’opera di sintesi semplice e piana, che venne molto apprezzata in un’epoca di impoverimento culturale e giuridico come fu quella postclassica. Il manoscritto palinsesto rinvenuto nella biblioteca capitolare di Verona è l’unica testimonianza di un’opera di un giurista classico che ci sia pervenuta integralmente e che ci permetta perciò di conoscere lo stato del diritto della sua epoca senza successive manipolazioni (presenti invece nei testi del Digesto). Il manuale è diviso in 4 libri e 3 parti, nei quali è esposto in sintesi tutto il sistema del diritto privato romano, secondo uno schema tripartito in personae, res, actiones: - nel primo libro si parla dei rapporti personali, dalla divisione tra schiavi e liberi alle varie condizioni in cui possono trovarsi i liberi; - nel secondo libro si tratta delle res, intese come cose corporali (la proprietà) e nel terzo libro di cose incorporali, cioè tutti gli altri rapporti patrimoniali, sia reali, sia obbligatori, sia di successione ereditaria; - nel quarto libro vengono illustrate le actiones, cioè la materia del processo civile, i mezzi di tutela. Preambolo sulle fonti di produzione del diritto → Istituzioni di Gaio 1.2 > gli ordinamenti del popolo romano sono costituiti da leggi, plebisciti, senatoconsulti, costituzioni dei principi, editti dei magistrati competenti, responsi dei giuristi. → ampio elenco di fonti di vario tipo. - Istituzioni di Giustiniano → scritte nel 533 d.C. > l'elenco delle fonti è molto simile a quello delle Istituzioni di Gaio 1.2. La principale differenza è costituita dalla preliminare distinzione tra diritto scritto (coincidono con quelle di Gaio) e diritto non scritto, che consiste nella consuetudine. 4. Periodizzazione di diritto privato 754-242 a.C. → diritto arcaico (monarchia fino al 509, poi repubblica) 509-23 a.C.→ diritto pre classico (repubblica) 23-235 d.C.→ diritto classico (principato) 235-565 d.C.→ diritto postclassico (dominato) 11 5. Diritto arcaico: i mores maiorum e i pontefici Nella prima fase della storia romana esisteva solo lo ius civile, il diritto dei cives Romani, valido solo per i cittadini; al suo interno sono conosciute poche regole caratterizzate pero da formalità e rigidità. Lo ius civile trae fonte da: - mores maiorum (costumi degli antichi) → ordinamento non scritto fatto di regole di comportamento risalenti a precedenti abitudini + interpretatio dei Pontefici → l'ordine giuridico era collegato agli elementi religiosi, gli antichi costumi potevano essere padroneggiati solo dai sacerdoti, esperti del collegio pontificale. I primi studiosi pratici del diritto sono i pontefici; la loro attività: - agere > consigliavano quale era il mezzo più adatto per affrontare un determinato problema giuridico; - cavére > consiglio su come organizzare una certa attività giuridica, come sistemare gli affari; - respondére > dicono la loro su una certa lite, danno una soluzione giuridica al caso che gli viene prospettato. I plebei non hanno alcuna garanzia che l’interpretatio dei Pontefici sia oggettiva. Più tardi cominceranno a tenere risposte in pubblico, prima era tutto organizzato in maniera segreta ed oscura. Il diritto era orale, lo gestivano come volevano. - Legge delle XII Tavole > contengono norme su come si fanno le leggi, garanzie per il cittadino (divieto di metterlo a morte senza conferma popolare) - Leges (publicae o rgatae) + plebisciti (equiparati alle leggi nel 286 a.C.) 6. Diritto arcaico: la legge delle XII Tavole Il conflitto tra patriziato e plebe sfociò in questa codificazione del diritto vigente, vista come la migliore forma di garanzia per le libertà dei cittadini. Mettendo per iscritto queste norme, si sarebbe limitato l’arbitrio dei pontefici che erano quasi tutti patrizi. 451 a.C. > con un mutamento costituzionale, si trasmette il potere ai decemviri legibus scribundis. Questo collegio composto da 10 membri (tutti patrizi) aveva il compito di comporre il testo delle leggi da presentare poi all’assemblea popolare per l’approvazione. (si sospesero tutte le altre magistrature) Provvide alla redazione di 10 tavole di leggi > ne pubblicò il testo nel luogo delle assemblee, in modo che i cittadini ne potessero prendere conoscenza, discuterne e manifestare pubblicamente le loro obiezioni. > il testo venne approvato dal comizio centuriato ed entrò in vigore. Sembra necessaria la redazione di altre due tavole per portare a compimento la redazione del diritto romano componendo un corpus omnis Romanis iuris. 450 a. C. venne eletto un secondo decemvirato composto anche da plebei, il quale però mostra una possibile propensione a governare in modo tirannico. Le due tavole scritte da questo secondo decemvirato vennero approvate dal popolo in fretta senza una discussione pubblica perché contenevano anche norme contrarie ai plebei. ⇒ vennero chiamate tavole inique. 12 Le XII tavole furono definite da Cicerone fonte di diritto privato e diritto pubblico. Dall’anno successivo i mores maiorum avevano valenza giuridica solo se rientranti nelle XII tavole. Solo la legge potrà produrre nuovo diritto e il potere dei pontefici diminuire. Dopo l’approvazione delle XII Tavole la giurisprudenza non è più fonte diretta del diritto, ma continua a svolgere un ruolo fondamentale nella sua elaborazione ed evoluzione. 7. Diritto arcaico: leggi e plebisciti Durante la monarchia si incontrano delle leges regiae, interventi normativi del re, con contenuto riferito al diritto sacro; dall'epoca repubblicana comincia ad acquistare valore la lex publica o rogata, provvedimento approvato dalle assemblee popolari su proposta (rogatio) di magistrato. Dal 287 a.C. i plebisciti, norme votate dall’assemblea della plebe su proposta di un magistrato plebeo, che in origine vincolavano solo i plebei, vengono equiparati alle vere e proprie leges e acquistano efficienza per tutto il popol roamano. La legge si occupa dell’organizzazione politica della civitas e della soluzione dei problemi sociali di vita collettiva. Leggi e plebisciti hanno un’influenza limitata sull’evoluzione dello ius civile. 8. Diritto preclassico: i pretori, la buona fede e il ius gentium Metà del III sec. a.C. > espansione economica di Roma > creazione di una società mercantile e di uno stato imperiale. ⇒ necessità di strumenti giuridici rivoluzionari. In quest’epoca il mondo romano si libera dell’antico formalismo grazie all’attività di una magistratura, la pretura. Il pretore urbano era già stato creato nel 367 a. C. come collega minore dei consoli. Aveva lo stesso imperium dei consoli ma una potestas minore così che fosse soggetto al loro diritto di veto > ha il compito di esercitare la iurisdictio inter cives, cioè di determinare la norma da applicare al rapporto concreto sottoposto alla sua cognizione. Nell’ambito del processo della legis actiones tale attività era limitata dall’esistenza di precisi rituali ritenuti immutabili. > si limitava a verificare la regolarità del suo compimento, la capacità delle parti e l'inesistenza di un altro processo o sentenza sulla stessa controversia. I romani iniziarono ad avere rapporti con cittadini di altre comunità > esigenza di individuare un organo giurisdizionale che potesse risolvere le eventuali controversie. → istituito nel 242 a.C. il pretore peregrino > aveva la iurisdictio inter cives et peregrinos oppure anche inter peregrinos. Organizzò una tutela giurisdizionale sulla base del proprio imperium. Dopo aver ascoltato attore e convenuto, dava istruzioni al giudice privato e garantiva lo svolgimento del processo e l’esecuzione della sentenza con i propri mezzi coercitivi. Queste istruzioni prendono il nome di formulae = indicava gli elementi della controversia e attribuiva al giudice il potere di giudicare. ⇒ si crea il processo formulare > faceva parte dell’ordinamento giuridico romano, perché il pretore era un magistrato romano, non apparteneva al ius civile perché non era un prodotto diretto delle sue fonti. Si agisce ora con parole formulate combinate in vista di una data azione, flessibili e malleabili. 13 Il fondamentale criterio normativo che serviva all’individuazione delle regole da applicarsi ai rapporti deferiti al pretore peregrino era la fides bona, cioè la fides del bonus vir, dell’uomo medio. I cittadini romani iniziarono a chiedere di utilizzare i nuovi strumenti nati nella pretura peregrina anche per i rapporti tra loro. Per circa un secolo il processo formulare convive con quello delle legis actiones, le quali vengono però applicate sempre meno, perché scaturenti da un diritto ormai vecchio. I rapporti tutelati con azioni di buona fede furono riconosciuti efficaci > costituiscono lo ius gentium = un complesso di norme e istituti di diritto privato valevoli anche nei rapporti tra Romani e stranieri. 9. Diritto preclassico: l'editto del pretore e il diritto onorario Il pretore ritenne opportuno prevedere in via generale i rimedi che intendeva concedere normalmente a chi gliene facesse richiesta e cominciò a emanare un edictum perpetuum, aveva valore per tutto l’anno della sua carica. (prima lo faceva con decretum, una formula in concreto concessa per il caso particolare) All’inizio dell’anno di carica il pretore rendeva pubblico l’editto, nel quale erano indicati i criteri secondo i quali avrebbe esercitato la propria attività. > autolimitazione Il pretore poteva sempre concedere ex decreto per un singolo caso rimedi non previsti nell’editto annuale e poteva anche nel corso dell’anno aggiungere nuove formule, con un editto repentino (edictum repentinum). ⇒ il programma giurisdizionale si trasmetteva da pretore a pretore ⇒ si formò un nucleo fondamentale > editto tralatizio (edictum tralaticium). La presenza dell’editto assicurava la continuità e la coerenza nell’esercizio della giurisdizione, permetteva la flessibilità e l’apertura alle innovazioni. Dal 130 d.C. il termine edictum perpetuum venne a indicare l'editto codificato una volta per tutte. L’editto conteneva: - azioni civili (dovevano esserci per tutelare situazioni già difese con le legis actiones); - azioni pretorie (per situazioni nuove i cui estremi erano indicati in una clausola edittale (promessa) che precedeva la formula); - eccezioni (difese del convenuto, tutte pretorie); - mezzi più di imperio che di giurisdizione (strumenti complementari basati sul potere di comando del pretore). Dalla formula degli strumenti pretori si ricavava il diritto sostanziale, ciò consisteva l’attività creativa del diritto da parte del pretore. Al pretore non competeva costituzionalmente alcun potere normativo. Nacque lo ius praetorium o più in generale lo ius honorarium, per comprendere anche le norme create dagli altri magistrati giusdicenti: edili curuli e governatori delle province > questa fonte di normazione divenne prevalente su tutte le altre > più efficace per lo sviluppo e la trasformazione del diritto romano. Il pretore era sempre guidato dalla giurisprudenza (laica) la quale è la vera mente creatrice del nuovo processo. 14 La pretura fu sempre e solo la voce, non la mente. Il magistrato realizzava i progetti pensati ed elaborati dai giuristi. 10. Diritto preclassico: rapporti tra ius civile e ius honorarium Lo ius honorarium, un complesso di norme che regola la comunità dei cittadini; non è ius civile perché deriva da fonti diverse rispetto a quelle tradizionali. ⇒ distinzione basata sulle fonti di produzione. La nozione di base è quella dello ius civile, diritto proprio della civitas, lo ius honorarium sta per definizione fuori dal ius civile, lo integra o addirittura lo corregge. Il magistrato non può introdurre norme di ius civile, né può abrogarle. I pretori sono strumento dei giuristi (come i Consoli sono strumento del Senato) Il ius honorarium viva vox est iuris civilis, nei confronti del quale ha funzione: a) adiutoria: dà una tutela più efficace b) integrativa: colma una lacuna c) correttiva: elimina risultati iniqui La preminenza teorica spetta comunque allo ius civile: lo ius honorarium non può mai sostituire il diritto civile > può essere abrogato o modificato solo da una delle sue fonti. Senza il pretore, lo ius civile è pura teoria. Questa prevalenza ideale dello ius civile si riduce al principio per cui le sue regole si applicano automaticamente, mentre se una parte vuole avvalersi di un beneficio proveniente dal ius honorarium deve farne espressa richiesta in via di eccezione; una volta osservati questi limiti formali, sarà lo ius honorarium a prevalere nella pratica. 11. Diritto preclassico: la giurisprudenza Il legame dei giuristi con il ceto politico dirigente è divenuto problematico. Da una tradizione giurisprudenziale prevalentemente orale si passa un sapere giuridico riservato in tipici generi letterari: i giuristi scrivono opere sistematiche di ius civile; commenti all’editto del pretore; scritti problematici, costituiti da raccolte organiche di casi; letteratura teorico-pratica. La tecnica interpretativa utilizzata per la ricostruzione del significato e del valore di atti normativi, negoziali e processuali si basa ora su due principi cardine: la volontà e l’equità. 12. Diritto classico: il principe e la giurisprudenza All'inizio dell'epoca classica, il diritto privato era un monopolio dei giuristi, i quali elaboravano e divulgavano le norme senza un controllo diretto da parte dello Stato. Tuttavia, la loro autorità derivava dal riconoscimento sociale della loro competenza. Cesare pensava a una codificazione del diritto civile, ma fu Augusto a gestire la questione con maggiore diplomazia, rispettando la giurisprudenza esistente e introducendo una forma di controllo indiretto: il "ius publice respondendi ex auctoritate principis", un'onorificenza concessa ai giuristi più autorevoli. Questo permise ad Augusto di influenzare i responsi giuridici, collegando progressivamente l'attività giuridica all'autorità imperiale. 15 Durante l'epoca classica, la giurisprudenza rimase autorevole, ma sempre più legata all'imperatore, con i giuristi più importanti faranno parte prima del consilium principis e poi delle più importanti cancellerie imperiali. 13. Diritto classico: il principe, i senatoconsulti e le costituzioni imperiali Augusto si serve molto dello strumento della lex publica per intervenire sul diritto privato. Inizia a riconoscere valore normativo ai senatoconsulti. ⇒ questa potestà normativa dura poco, si trasforma nel discorso del principe tenuto in senato. In teoria al principe non spettano competenze legislative o giudiziarie ma in pratica si viene affermando l'efficacia normativa di una serie di atti realizzati dal principe → vengono chiamati constitutio principis. Le costituzioni imperiali potevano avere carattere: Generale - edicta > atti normativi rivolti ai cives o a tutti gli abitanti dell’impero - mandata > istruzioni a carattere amministrativo indirizzate ai funzionari > si possono ricavare norme vincolanti per tutti Ebbero scarsa influenza sul diritto privato durante l’epoca classica Particolare (quesiti dati per iscritto dall’imperatore o dalla sua cancelleria) - rescripta > risposta a quesiti posti da privati (rescritto) - epistulae > quesiti posti da da magistrati e funzionari imperiali (lettera) - decreta > sentenze emanate dall’imperatore nell’ambito del nuovo processo, la cognitio extra ordinem, sentenze che possono contenere dei principi di diritto nuovi. > attengono al singolo caso o casi di dubbia soluzione o per i quali c’era bisogno di una nuova regolamentazione. Questo genere di costituzioni imperiali prenderà il posto del responso del giurista. I giuristi cominceranno a essere a capo della cancelleria imperiale. 14. Diritto classico: accentramento delle fonti nelle mani del principe Nel corso del principato si verifica un processo di accentramento di tutti i poteri nelle mani dell’imperatore. Si comincia a considerare l'imperatore come l’interprete più autorevole. La lex publica sparisce nel corso del I sec. d.C. All’inizio del II sec. anche i senatoconsulti si riducono ad acclamazione di eventuali proposte presentate in senato dallo stesso imperatore. Nel 130 d.C. Adriano ordina al giurista Salvio Giuliano una “codificazionedell’editto” > sarà sempre uguale di anno in anno, salvo modifiche introdotte dallo stesso imperatore. Nel 212 l’editto di Caracalla estende la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero: è la fine del ius gentium. Giurisprudenza del principato > maestria tecnica > elevato senso di giustizia. La giurisprudenza di quest’epoca e il diritto da essa prodotto, vengono chiamati classici, per la purezza di forme e per la perfezione tecnica raggiunta. Metodo di questi giuristi > modello universale 16 15. Diritto postclassico: leges imperiali e consuetudine. Le fonti vive di questo periodo (Dominato) sono sempre meno: - costituzioni imperiali > l'imperatore decide senza consultare più i giuristi. Ora si chiamano leges (fatte e interpretate solo dall’imperatore), raccolte in codices. - consuetudine > vengono osservate spontaneamente dalla collettività. Si tratta di un’osservanza generale costante per lungo tempo di un comportamento con la convinzione di obbedire a una norma giuridica, l’opinio iuris atque necessitatis. L’unica consuetudine produttiva di diritto poteva essere secundum leges. Quest’epoca ha il merito di aver semplificato il diritto romano > assolutismo monarchico. 16: Diritto postclassico: iura → epoca caratterizzata dallo scadimento del livello tecnico e scientifico La nuova produzione legislativa si limita a introdurre norme sparse, senza alcuna completezza e organicità e non riesce a colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa della giurisprudenza. Si continua a utilizzare il materiale giuridico del passato, perché senza di esso molte controversie non si sarebbero potute risolvere: ius o iura → gli scritti della precedente giurisprudenza. L’ordinamento giuridico è ora costituito da quanto è stabilito negli iura, salvo che non sia stato modificato da successive leges. Esso è ridotto alle antiche costituzioni imperiali (LEGES) e alle opere dei giuristi (IURA), considerate sintesi e veicolo del materiale giuridico del passato, visto nel suo insieme. Si cominciano a creare delle compilazioni (compendi) che rispondono all’esigenza di rendere facilmente conoscibile, ridurre e semplificare radicalmente tutto il materiale che poteva essere utilizzato nella pratica dei processi. → fondamentali perché all’epoca erano le parti che dovevano portare al giudice il diritto di cui chiedevano l’applicazione (il tribunale non conosceva il diritto da applicare). 17. Diritto postclassico: codices Problema della conoscenza delle leges → non avevano copie affidabili → si cominciò a comporre delle raccolte private di costituzioni imperiali, chiamate codici. Il codex all’epoca significava libro composto di fogli spianati in pergamena, in contrapposto al volumen (rotolo). Il testo scritto nel codex è l’espressione simbolica di una cultura basata su di un discorso scritto e di una comprensione autoritativa del testo. I primi testi > raccolte di costituzioni imperiali: - Codice Gregoriano - Codice Ermogeniano - Codice Teodosiano → prima compilazione ufficiale di costituzioni imperiali. Pubblicato a Costantinopoli nel 438 da Teodosio II. Si toglie ogni efficacia alle costituzioni che non vi siano comprese. Contiene costituzioni generali emanate da Costantino in poi, è diviso in 16 libri, articolati in titoli, ognuno introdotto da una rubrica. All'interno sono disposte in ordine cronologico le costituzioni, recanti un'inscriptio, che contiene il nome dell'imperatore legiferante e 17 del collega nonché il destinatario, e una subscriptio indicante la data e il luogo di emissione. Tratta soprattutto la materia del diritto pubblico. 18. La compilazione giustinianea: il Digesto Giustiniano colse l'occasione di elaborare una nuova sintesi della cultura giuridica romana > ha una preparazione e un'intelligenza superiore, è uno stratega. Per l'esercito si affida ai suoi generali e capisce che le armi da sole non sono sufficienti per il progetto che ha in mente → ha bisogno delle leggi > nel 529 fu pubblicato un Codice che raccogliesse tutte le costituzioni imperiali ancora in vigore e venne vietato di utilizzare i codici vecchi, sotto pena di falso. > Digesto o Pandette 530-533 contenente le iura, le opere dei giuristi. Per garantire una prosperità economica ha bisogno di ridisciplinare tutta la parte di diritto civile. Chiede a Triboniano di redigere il Digesto, una versione aggiornata del codice Teodosiano assieme a 16 collaboratori. (è stato distrutto.) Hanno lo scopo di: 1) abbreviare 2) eliminare le controversie 3) cancellare istituti estinti 4) estendere l’applicazione dei casi Questa commissione selezionò 2000 testi, il scompose e il riaggiornò per argomento, componendo un’antologia sistematica di brani tratti da opere di 39 giuristi. > Segue l’ordine sistematico dell’editto perpetuo, una successione tradizionale di argomenti. I temi trattati riguardano soprattutto il diritto privato. ⇒ ne esce un’opera di 50 libri, divisi in titoli. Dalla pubblicazione del Digesto nessuno era più autorizzato a citare altre opere giurisprudenziali. Giustiniano proibì ogni commento consentendo solo la traduzione letterale. Ordinò inoltre la distruzione di tutto il materiale giuridico preesistente. Ma i compilatori del Digesto composero opere di commento e diventa il libro più commentato nella storia della letteratura giuridica. 19. La compilazione giustinianea: Istituzioni, Codice e Novelle > Istituzioni → manuale ufficiale per le scuole di diritto con la stessa sistematica delle Istituzioni di Gaio da cui viene preso anche del materiale; altri passi sono tratti da altre Istituzioni; alcuni sono opera dei compilatori che espongono le riforme di Giustiniano e riassumono le sue costituzioni. ⇒ è attribuita forza di legge. > Codice → necessario sia per ricomprendervi l’abbondante legislazione degli anni successivi al primo codice, sia per coordinare il Codice col Digesto e le Istituzioni. Composto di 12 libri (in ricordo delle 12 tavole), divisi in titoli. 7 libri trattano di diritto privato. La costituzione più antica è un rescritto di Adriano. > Novelle → Giustiniano aveva programmato una raccolta ufficiale delle costituzioni emanate dopo il secondo codice, ma il proposito non fu mai attuato. > Vennero fatte delle raccolte private. 18 I testi sono più ampi e stilisticamente ridondanti, perché non hanno subito il processo di massimizzazione, essendo mancata una raccolta ufficiale. Ponevano in primo piano il problema dello Stato e delle sue strutture. Dopo la riconquista dell’Italia nel 554, papa Virgilio chiese a Giustiniano dei provvedimenti per restaurare la legge e l'amministrazione > fu così che tutte le parti della compilazione entrarono in vigore anche in Italia. ⇒ il complesso della compilazione prende il nome di Corpus Iuris Civilis CAPITOLO IV L’importanza del processo 1. Nozioni generali Una norma non è giuridica se non è prevista una sanzione per il caso di violazione della stessa ed è necessario che sia un terzo imparziale ad accertare la violazione della norma per procedere poi all’inflizione della sanzione. Esistono due tipi di processo: criminale > organi dello Stato perseguono la punizione di fatti illeciti lesivi di interessi pubblici PRIVATO > i privati chiedono che siano tutelati i loro diritti. L'iniziativa e la prosecuzione di esso sono lasciate al soggetto interessato al processo (= attore > soggetto che avvia il processo, colui che ha interesse a far valere un proprio diritto), il quale deve procurarsi la collaborazione dall’altra parte (= convenuto > soggetto contro cui viene avviato il processo, cioè colui che deve rispondere delle pretese avanzate dall'attore). Il processo si conclude con una decisione che vale solo tra quelle parti. Vengono distinte: - azioni dichiarative o di cognizione > accettano la situazione giuridica controversa e determinano le conseguenze per la sua violazione; a) in rem b) in personam - azioni esecutive > infliggono la sanzione prevista dall'ordinamento. ➔ Legis actio per manus iniectionem Tre forme di processo privato: - legis actiones per l’età arcaica; - legis actiones e processo per formulas per quella preclassica; - processo per formulas e cognitio extra ordinem in quella classica; - cognitio extra ordinem in epoca postclassica 2. Il processo delle legis actiones La prima forma di processo venne introdotta dai pontefici interpreti dei mores maiorum e fu poi confermata dalla legge delle XII Tavole, da cui deriva il nome di legis actiones. 19 Si trattava di 5 riti processuali, tre legis actiones dichiarative e due esecutive. Ciascun rito aveva diversa origine, natura e struttura anche se presentano principi e caratteri comuni. In tutti dominava un certo formalismo orale e gestuale, occorreva pronunciare parole e gesti prestabiliti. Tutte le legis actiones iniziavano con la in ius vocatio → atto privato con cui una parte ingiungeva all’altra con parole solenni di seguirla in iure, nel tribunale. Le XII Tavole consentivano all’attore di usare anche a forza. 1) Fase in iure → gli atti in cui le legis actiones si concretavano andavano compiuti alla presenza di entrambe le parti litiganti e davanti a un organo della civitas (re>consoli>praetor urbanus) per controllare la legittimità dei rituali: questa attività venne detta iurisdictio. Il magistrato poteva ritenere incompleto il rito se mancavano i presupposti di validità dell’actio e impedire la prosecuzione del processo. > non si può ripetere un processo per la medesima controversia (ne bis in idem); viene impedito quando ne è già uno in coros sulla stessa causa. Definisce la situazione processuale, serviva a stabilire quale fosse l’oggetto del giudizio e quali le parti, le loro rispettive posizioni (attore e convenuto), nonché la loro capacità e legittimazione all’azione. ➔ Litis contestatio → al termine della fase, se il magistrato concede di procedere, le parti avrebbero invitato i testimoni a a riconoscere e ricordare i dettagli della controversia. Si stabilisce cosa è in discussione e quali sono le argomentazioni delle parti. La lite diventa immutabile > tutto ciò che succederà dopo non potrà essere preso in considerazione dal giudice. Le parti non possono più modificare gli elementi fondamentali della lite, e il giudice deve decidere sulla base di quanto è stato già stabilito. 2) Fase apud iudicem → si svolge due giorni dopo davanti a un iudex privato. Era possibile l’assenza di una delle due parti ma questa avrebbe perso la casa se non si fosse presentata entro mezzogiorno. Il giudice era uno solo e veniva nominato dal magistrato per la decisione di una sola controversia; per determinate materie il magistrato nominava un collegio di 3 o 5 recuperatores. > decemviri: giudice con attività permanente per liti di libertà > centumviri: giudice con attività permanente in materia di eredità Le parti esponevano sinteticamente al giudice le ragioni e gli argomenti a favore dei loro assunti, nonché presentavano gli elementi di prova (che per lungo tempo rimasero soprannaturali e comunque irrazionali, diretti più a valutare l’affidabilità delle parti che i fatti concreti) Il dibattimento non poteva protrarsi oltre il calar del sole e si concludeva con la pronuncia della sentenza, non occorreva fosse motivata. 20 3. Legis actio per sacramentum (mediante un giuramento) (azioni dichiarative) > procedura disciplinata nelle XII Tavole > un’azione dichiarativa generale, serviva alla tutela di ogni diritto; aveva due applicazioni. La legis actio per sacramentum in rem → serviva a rivendicare la proprietà di una cosa, di alcuni diritti reali limitati o di un’eredità, nonché a tutelare la patria potestas, la manus e il mancipium, ed era utilizzata anche nei processi di libertà, quando un terzo affermava lo stato di libero di una persona ridotta in schiavitù. - Chi prendeva l’iniziativa, l’attore, doveva portare in iure davanti al magistrato il bene conteso (o un suo simbolo > zolla di terra) e procurarsi la presenza dell’attuale possessore del bene, il convenuto. - L’attore effettuava la vindicatio > afferrava la cosa e affermava che essa gli apparteneva, ponendo sopra di essa un piccolo bastone, a dimostrazione di essere pronto a lottare per essa. - Se il convenuto avesse taciuto, il magistrato avrebbe assegnato la cosa all’attore mediante addictio → in iure cessio - Il convenuto per non perdere la cosa, doveva effettuare una contravindicatio > compiere gli stessi gesti e pronunciare le stesse parole dell’avversario. - sceneggiata di duello > era necessario un magistrato che impedisse il ricorso alla violenza e ordinasse di lasciare la cosa - Le parti giuravano di avere ragione (sacramentum → divenne una scommessa giurata) e promettevano di pagare all’erario 50 o 500 assi a seconda che il bene valesse meno o più simile di 1000 assi. Nell’epoca più antica il compito di stabilire quale dei due giuramenti fosse iustum era affidato ai pontefici > si basavano us elementi soprannaturali ≠ la decisione del giudice si basava su evidenze e giuramenti piuttosto che su rituali complessi. Se il soccombente (la parte che perdeva la causa) era colui che aveva ottenuto il possesso interinale (cioè il possesso temporaneo della cosa in questione), il giudice lo obbligava a restituire non solo la cosa stessa, ma anche i frutti prodotti da essa durante il periodo di possesso. La legis actio per sacramentum in personam → tutelava le primitive forme di obbligazione, scaturenti da delitto o da atti leciti. (tutela del diritto di credito) La persona che dava i beni acquistava un diritto sulla persona che li riceveva > sorgeva un vincolo corporale sulla persona che era tenuta alla restituzione. ⇒ tutela per l’ipotesi in cui il debitore non adempisse il suo obbligo. ⇒ processo 4. Legis actio per manus iniectionem (mediante apposizione della mano) (azione esecutiva) Presuppone un debito accertato avente a oggetto una somma determinata di denaro; nel caso in cui il credito originario non riguardasse una somma di denaro, prima della manus iniectio si doveva convertire la pretesa. Se 30 giorni dopo una sentenza di condanna, o dopo l’espressa ammissione del debito, il convenuto non aveva ancora adempiuto, l’attore poteva chiedere che si desse esecuzione alla sentenza tramite la legis actio per manus iniectionem che prevedeva solo la fase in iure. 21 Dinnanzi al magistrato il creditore recitava il formulario col quale indicava la fonte e l’importo del suo credito e contemporaneamente afferrava il debitore. → mettere le mani sul convenuto creava uno stato di soggezione dal quale non poteva liberarsi da solo. Se non interveniva nessuno a liberarlo, il magistrato pronunciava l’addictio del debitore a favore del creditore, che poteva portarlo a casa propria. Poteva tenere il debitore per 60 giorni, legato o avvinto in catene, dandogli da mangiare un certo quantitativo di farro; doveva inoltre portare il debitore a tre mercati consecutivi nel foro, esponendolo con l’indicazione del debito che costui doveva pagare, in modo che chiunque potesse pagare per lui e così liberarlo. Se nessun terzo lo riscattava, il creditore poteva venderlo come schiavo al di là del Tevere, territorio straniero, perché nessun cittadino ormano poteva essere fatto schiavo in patria. Il creditore avrebbe anche potuto uccidere il debitore e in caso di pluralità di creditori essi avrebbero potuto spartirsi il corpo del debitore, non necessariamente in proporzione all’ammontare dei rispettivi crediti. In epoca meno primitiva il creditore si limitava a tenere il condannato presso di sé finché non ripagava il debito con il proprio lavoro. Qualora all’atto della manus iniectio intervenisse un terzo garante, un vindex,il suo ruolo era quello di garantire il debitore. In questo caso, il vindex si opponeva all'esecuzione, interrompendo quindi la procedura. Si instaurava contro il vindex un processo di cognizione per verificare se la richiesta del creditore fosse giustificata, si doveva accertare se esistesse realmente il debito che giustificava l'azione esecutiva. Il debitore originario veniva liberato, mentre il vindex, se fosse stato condannato, avrebbe dovuto pagare il doppio del debito originario (serviva come incentivo per il vindex a garantire solo debitori validi), e, se insolvente, sarebbe stato sottoposto a sua volta a manus iniectio. 5. Nascita del processo formulare Gaio dice che le legis actiones erano dominate da un formalismo esasperato (certa verba) ed erano troppo rigide; si agiva di modo che utilizzando una parola sbagliata si perdeva la causa. Limite oggettivo: tutelavano solo alcuni diritti, quelli riconosciuti dal ius civile: la rivendica della proprietà, la divisione della comproprietà e soltanto alcuni tipi di diritti di credito. Limite soggettivo: potevano essere utilizzate solo dai cives, e in particolare soltanto dai patres familias. CAP.III par.8 Augusto abolì (lex iulia iudiciorum privatorum) le legis actiones e dichiarò che il sistema formulare era il processo privato ordinario. (rimane per tutta l’epoca classica) Lex aebutia > dichiara improponibile una legis actio per una questione già decisa per formulas. 22 6. Caratteri generali del processo formulare Ha carattere UNITARIO → vi è un unico procedimento utilizzabile per tutte le azioni. Le azioni erano solo di cognizione: 1) di condanna → l'oggetto della condanna era sempre il pagamento di una somma di denaro 2) costitutive → es: quelle divisorie in cui la sentenza aveva anche l'effetto di attribuire una proprietà separata su alcuni beni 3) di mero accertamento → es: quelle per appurare lo stato di libero o di schiavo di un soggetto per ammetterlo al processo L’unica azione esecutiva di ius civile fu la manus iniectio applicata in una forma attenuata. La nuova fase esecutiva era una procedura amministrativa → esecuzione concursolare sul patrimonio del debitore insolvente (bonorum venditio). È un processo NON FORMALISTICO → si agisce per concepta verba. Unico requisito è dato dalla scrittura della formula > il magistrato poteva concepire un testo apposito in funzione del singolo caso concreto. FORTE TECNICISMO SOSTANZIALE → era importante individuare precisamente le pretese facendole valere con la corretta qualificazione giuridica. La formula non ammetteva approssimazioni, perciò era necessaria l’assistenza dei giuristi a tutte le parti del processo. PRIVATISTICO → la procedura è impiegata solo se le parti sono d'accordo di adottarla ed è necessaria non solo la presenza dei litiganti in iure, ma anche l’accettazione della litis contestatio. MAGISTRATUALE → il magistrato accorda il processo e può anche rifiutarlo in casi singoli (denegatio actionis). Se manca la collaborazione del convenuto, il magistrato concede strumenti diversi dal processo coi quali l’attore ottiene immediata soddisfazione. 7. La formula e le exceptiones In origine le parti e il magistrato redigevano ogni volta la formula che appariva più conveniente per il singolo caso, con il passare del tempo le formule si vennero tipizzando. Nelle formule i nomi delle parti erano indicati con dei termini convenzionali che facessero capire la posizione nel processo: Numerio Negidio, colui che nega di dover pagare e Aulo Agerio, colui che agisce. La formula aveva la struttura di un discorso ipotetico, nel quale si diceva al giudice di condannare solo qualora avesse ritenuto fondata la pretesa dell’attore, altrimenti doveva limitarsi ad assolvere. Non era possibile condannare l’attore; qualora il convenuto avesse delle pretese contro l’attore doveva chiamare il giudizio. L'exceptio → uno strumento di difesa per il convenuto che il pretore poteva inserire nella formula, permettendo una maggiore flessibilità e giustizia nel processo, mentre il pretore poteva utilizzarla per adattare e migliorare il diritto in base alle esigenze del caso concreto. La formula poneva la questione se il diritto dell’attore esistesse o meno. L’attore aveva l’onere di provare la propria pretesa; se l’attore non riusciva in questo intento, il convenuto veniva assolto. Il convenuto poteva presentare delle difese (contenuto nella formula) ma non 23 era obbligato a dimostrarle con prove concrete come avrebbe dovuto fare l'attore in quanto il giudice dice poteva autonomamente tenere conto di una prova a favore del convenuto che emergesse dal giudizio. ⇒ si parla di effetti ipso iure > eventi o prove che fanno cadere la richiesta del creditore, senza bisogno di ulteriori dimostrazioni, di cui il giudice può tenere conto anche se nella formula non è detto espressamente. L'exceptio era necessaria quando il convenuto voleva opporsi a una richiesta legittima, ma non appropriata nella situazione specifica. Non contestava l’esistenza del diritto dell’attore ma aggiungeva dei fatti che avrebbero impedito al giudice di condannarlo. L’exceptio funzionava come un’ulteriore condizione negativa della condanna. Come la prova della pretesa spettava all’attore, la prova dei fatti indicati nell’exceptio incombeva sul convenuto. REPLICATIO: risposta dell’attore all’exceptio DUPLICATIO: risposta del convenuto alla replicatio TRIPLICATIO: risposta dell’attore alla duplicatio I fatti che possono essere fatti valere solo opponendo un’eccezione si parla di effetti ope exceptionis. > fatti che devono essere presentati dal convenuto. 8. Tipi di azioni L’editto conteneva l’elenco di azioni disponibili. Classificazione in base al tipo di pretesa di cui si chiedeva la tutela: ➔ azioni in rem → l’attore afferma un potere assoluto di un bene; una pretesa. La persona che può essere convenuta non è determinata in anticipo. Solo nel momento in cui si agisce in giudizio, il convenuto viene identificato. Legittimazione passiva assoluta > contro chiunque abbia il possesso del bene. Se il convenuto non vuole accettare il giudizio, il pretore concede una missio in rem, autorizza l’attore a prendere possesso del bene ➔ azioni in personam → l’attore afferma un dovere giuridico del convenuto nei suoi confronti > la persona del convenuto è certa. Legittimazione passiva relativa > contro il debitore. Se il convenuto non vuole accettare il giudizio, il pretore concede una missio in bona, autorizza l’attore a prendere possesso di tutto il patrimonio del convenuto. Distinzione in base al fondamento dell’azione, al tipo di ordinamento che la concedeva: ➔ azioni civili → fondate sul ius civile. Sono azioni che il pretore non poteva non inserire nell’editto (spettavano di diritto ai cittadini), ma che nel caso concreto avrebbe sempre potuto denegare. ➔ azioni onorarie → azioni concesse dai magistrati giusdicenti dirette a colmare le lacune del ius civile; esse tutelano rapporti che altrimenti non sarebbero stati tutelati e rispondono alla funzione integrativa del diritto civile. Il magistrato indicava prima della formula le condizioni che dovevano esistere per la concessione di tali azioni. 24 Classificazione in base alla funzione: ➔ azioni reipersecutorie → perseguivano una res > erano finalizzate a ottenere il controvalore della cosa litigiosa o il risarcimento del danno arrecato all’attore con l’inadempimento di un’obbligazione. (azioni in rem; azioni in personam nascenti da atti illeciti) ➔ azioni penali → avevano la funzione di punire il responsabile di un illecito penale provato. Soltanto il soggetto offeso poteva esperire l’azione penale chiedendo l’applicazione di una sanzione (pagamento di una somma di denaro) al convenuto. - trasmissibili passivamente → l’azione doveva essere esercitata solo contro l'autore del delitto. Contro i suoi eredi si sarebbe potuta esercitare un’azione per recuperare ciò di cui si fossero arricchiti grazie al delitto; - cumulatività → si potevano esperire separatamente nei confronti di più rei (così che l’offeso non potesse riscuotere più volte il pagamento); concorrevano con un'eventuale azione reipersecutoria scaturente dallo stesso fatto (l’attore poteva percepire le somme dovute dal convenuto condannato in entrambe le azioni). Quando un delitto fosse stato compiuto da un soggetto a potestà dal momento che l’autore del delitto che era privo di capacità giuridica, l’azione penale veniva esperita contro il suo avente potestà, col regime della nossalità → era lasciata al convenuto la scelta tra pagare la pena oppure dare a nossa il colpevole, cioè consegnare il soggetto a potestà all’offeso. La condanna riportata in alcune azioni, dette famosae o infamanti, comportava come effetto accessorio la sanzione dell’infamia, una disistima sociale che portava con sé pesanti conseguenze giuridiche → incapacità di esprimere azioni popolari e di prestare testimonianza. (=azioni penali e azioni reipersecutorie in cui fosse stata violata la fides della controparte) Divisione in base ai poteri che la formula attribuiva al giudice: ➔ azioni di stretto diritto → azioni in personam, in cui l’obbligo del convenuto era descritto precisamente, di modo che il giudice avesse poteri molto limitati > doveva seguire le precise indicazioni fornite dalla formula. Non poteva tenere conto di eventuali scorrettezze dell’attore se il convenuto non avesse fatto in inserire l’apposita expetio doli malii, ne poteva condannare il convenuto al pagamento di interessi; ➔ azioni arbitrarie → il giudice era un iudex-arbiter > poteva invitare il convenuto a restituere, restituendo l’oggetto controverso, più eventuali frutti prodotti. Non aveva efficacia esecutiva, offriva al convenuto un’alternativa alla condanna. (tutte le azioni in rem e poche azioni in personam, in particolare quelle di dolo e di metus) ➔ azioni di buona fede → davanti al giudice poteri molto ampi > doveva stabilire quali fossero gli obblighi del convenuto seguendo i criteri della correttezza, con un’ampia discrezionalità di giudizio. 25 9. Il procedimento di cognizione: la fase in iure Il processo formulare si apriva con una in ius vocatio > intimazione orale fatta dall’attore al convenuto di seguirlo in ius. Doveva essere compiuta in pubblico e davanti a testimoni. L’attore doveva effettuare l’editio actionis > indicare il mezzo processuale che avrebbe poi chiesto al magistrato > la documentazione di cui intendeva servirsi. Il convenuto poteva accordarsi con l’attore per presentarsi davanti al magistrato in un altro giorno, promettendo con stipulatio di pagare una penale se non fosse comparso. Non era più possibile ricorrere alla forza; si potevano solo usare due rimedi coercitivi promessi dal pretore nel suo editto. Nel giorno stabilito, attore e convenuto comparivano davanti al magistrato ed esprimevano liberamente le proprie ragioni. L’attore chiedeva al pretore l’azione e spiegava la propria pretesa. Il convenuto poteva tenere tre diversi atteggiamenti: 1) confessio → i fatti ammessi si consideravano accertati tra le parti; un giudizio di accertamento era superfluo e si procedeva all’esecuzione (salvo un eventuale preliminare giudizio diretto a valutare l’ammontare della lite) 2) indefensio → se il convenuto non accettava il giudizio, si procedeva con i mezzi esecutivi in rem (per azione in rem) o in bona (azione in personam) 3) difesa → il convenuto accettava il giudizio ma contestava le pretese dell’attore. Poteva contestarle in fatto, affermando di aver già pagato per es; oppure in diritto, sostenendo che non era stata posta in essere la forma necessaria per rendere obbligatoria la promessa (es: non era stato scritto) Tutte queste azioni avrebbero poi dovuto essere provate davanti al giudice. A volte il convenuto non contestava l’attore, ma presentava nuove circostanze che avrebbero impedito la realizzazione della pretesa attorea → chiedeva l’inserimento di un’exceptio. Il magistrato doveva verificare se il fatto esposto dall'attore rientrasse fra uno di quelli per cui esisteva tutela giuridica; nel caso in cui non esistesse, poteva introdurre una nuova formula apposta per quel caso (azione decretale). Poteva poi ritenere che le pretese delle parti fossero infondate e negare la tutela richiesta. La pretesa dell’attore rimaneva impregiudicata, non si poteva andare avanti ma l’azione poteva essere richiesta nuovamente in futuro, davanti a un nuovo pretore. Il magistrato concedeva l’azione richiesta e procedeva alla nomina del giudice. Ottenuta la concessione della formula, l’attore doveva procurarsi l’adesione del convenuto alla prosecuzione del giudizio, doveva dictare iudicium (leggere lentamente il testo della formula) e il convenuto doveva accipere iudicium (accettare quella formula). Il processo formulare non poteva svolgersi senza la collaborazione del convenuto. Se egli non accettava la formula era indefensus e il magistrato procedeva direttamente all’esecuzione. 26 10. La litis contestatio Era l’atto con cui le parti manifestavano il loro accordo sulla formula autorizzata dal magistrato e costituiva il momento finale della fase in iure. Non era più necessaria l’invocazione solenne dei testimoni > ora il testo della formula è scritto. La litis contestatio produceva una serie di importanti conseguenze: l’effetto generale era quello di rem in iudicium deducere > sottoporre la controversia a un giudice; la lite diventava oggetto di giudizio, si instaurava un rapporto processuale tra quelle parti. Da questo effetto generale discendevano varie importanti conseguenze: effetto conservativo → i termini della controversia erano fissati in maniera non più modificabile da nessuno. Si aveva la fissazione del rapporto giuridico al momento della litis contestatio, ogni evento successivo sarebbe stato irrilevante. effetto preclusivo → conclusa la litis contestatio l’azione è consumata, non si può riutilizzare la stessa formula una seconda volta. Non può esserci un processo per la medesima questione. Tale effetto è automatico per i iudicia legittima; per tutti gli altri, iudicia imperio continentia, l’effetto preclusivo opera in via di exceptio. effetto estintivo → il debito preesistente si considerava cancellato e sostituito dall’obbligo del convenuto di sottostare alla futura sentenza del giudice. Comporta la cancellazione di un debito esistente, sostituendolo con un nuovo obbligo che il debitore deve adempiere in base a una sentenza giudiziaria. 11. La fase apud iudicem e la sentenza La seconda fase del processo formulare si svolgeva davanti al giudice (era un privato cittadino che svolgeva una funzione pubblica). Per lo più si trattava di un iudex unus; in alcuni processi di maggiore rilievo sociale si nominava un collegio di 3 o 5 recuperatores. Se attore e convenuto riuscivano a mettersi d’accordo sul nome di una persona che riscuotesse la fiducia di entrambe le parti, questa veniva nominata giudice nella loro causa. Altrimenti sceglievano tra una lista la persona meno sgradita. In questa fase si sceglie il merito della lite e si accertano i fatti controversi. Era perciò riservata agli oratori. Le parti esponevano oralmente i fatti della causa e producevano le prove a fondamento delle loro ragioni. (si poteva proseguire anche senza di una delle due parti) L’onere (responsabilità) della prova incombeva su chi affermava l’esistenza di un fatto: la prova dei fatti che costituiscono condizione della condanna compete a chi li adduce come esistenti. L’attore deve provare i fatti positivi che sono a fondamento dell’actio (es: la fonte del suo credito), il convenuto deve provare solo i fatti impeditivi o estintivi (provare che ha già pagato) del diritto vantato dall’attore, non deve provare che non esistono. Il giudice aveva ampia libertà di assumere e valutare tutti gli elementi di prova che ritenesse rilevanti; egli poteva dare ascolto a qualsiasi tipo di prova e riconoscere a ciascuna il grado di credibilità che a lui sembrava più corretto. L’unico vincolo del giudice era quello di rispettare la formula. Se il giudice non avesse rispettato la formula, avrebbe risposto con l’actio versus iudicem qui litem suam facerit. 27 Qualora il giudice ritenesse di non poter emanare una corretta decisione, poteva rifiutare l’incarico giurando che “la questione non gli era chiara” > sostituzione del giudice. Il giudizio si concludeva con l’emanazione della sentenza, che il giudice pronunciava al termine del dibattimento. Non era richiesta alcuna formulazione particolare, né che fosse scritta e nemmeno una motivazione. Il giudice poteva solo condannare o assolvere il convenuto. Dalla sentenza nasceva l’obbligo di rispettare il giudicato. Anche il processo formulare non conosceva la possibilità di appellare, la sentenza acquistava subito l’autorità di cosa giudicata, la situazione non si poteva cambiare. 12. La cognitio extra ordinem Sorge in età classica, convive con le formule e con Costanzo nel IV secolo diviene il tipo di processo ufficiale e unico dell’impero. L’imperatore Adriano dispone che l’editto del pretore venga codificato e non fosse più modificabile dai pretori stessi ma solo dall’imperatore. Per dare tutela alle nuove esigenze si preferiva procedere con le nuove forme processuali extra ordinem. Questa procedura si affianca a quella ordinaria e viene chiamata cognitio in quanto l’organo competente ha il potere di cognoscere > accertare i fatti e riscontrarne la loro rilevanza giuridica e quindi risolvere il merito della causa. Al cognitor era attribuito sia il potere di impostare in termini giuridici la controversia sia il potere di risolverla > viene meno la tipica bipartizione in due fasi. A Roma il processo formulare è quello principalmente utilizzato per tutta l’epoca classica e le cognitiones extra ordinem lo affiancano per determinate materie. Organi competenti sono dei magistrati dell’ordine costituzionale repubblicano. Viene meno l’impronta privatistica del processo formulare, si porta nella sfera pubblica. Ora si svolge tutto tramite atti scritti poi conservati. Ora si può giudicare anche senza il consenso della controparte > diventa quasi impossibile procedere in contumacia. Non si usano più le formule e le parti ora espongono in modo informale le loro pretese. Cominciano a imporsi criteri legali che attribuiscono maggior peso a determinati tipi di prove. Al termine del procedimento, il giudice emanava la sentenza definitiva, ora composta del provvedimento autoritativo e della motivazione in quanto è prevista la possibilità di presentare appello. (> giudice di secondo grado) Una volta ottenuta una sentenza con forza di giudicato, si poteva dare avvio alla procedura esecutiva. Era ancora possibile un’esecuzione sulla persona qualora non ci fossero beni sui 28 quali procedere. (esecuzione patrimoniale che si esercitava sui singoli beni, sottoposti a pignoramento e poi venduti all’asta) Nel caso in cui la sentenza avesse per contenuto l’ordine di restituire dei beni o di eseguire una data prestazione si poteva chiedere un’esecuzione in forma specifica, perché l’autorità che emana la sentenza ha ora il potere di imporre l’esecuzione forzata, manu militari. La sentenza ora è comando autoritativo di un’autorità pubblica. Alle numerose azioni tipiche, si sostituisce l’idea di un’unica actio quale strumento generale di protezione dei diritti soggettivi. Perde significato la distinzione tra azioni civili e pretorie ⇒ fusione di vari ordinamenti. CAPITOLO V Fides e bona fides 1. Fides Nella società romana era un concetto fondamentale → valore che garantisce il rapporto tra due parti. → una promessa fondata su un patto religioso la cui vincolatività è espressa con la stretta di mano e garantita da una dea omonima. È un concetto difficilmente definibile, nel quale convergono le prospettive dell’assicurare e del rassicurare, della fedeltà e della fiducia, dell’affidamento e della confidenza. È la qualità di un soggetto che appare affidabile grazie ai suoi comportamenti e alle sue parole. ≠ fraus; dolus malus ⇒ chi si comporta scorrettamente Per Cicerone è il fondamento stesso della giustizia; Quintiliano afferma che è il supremo vincolo delle cose umane. È necessario mantenere la fides della parola data, perfino nei confronti del nemico ⇒ una delle basi dell’honestum. Il principio della fides è sia ispiratore di rapporti internazionali pubblici ma anche interni al popolo romano. È la base di tutte le relazioni di reciprocità, nel momento in cui si dà la propria parola, si stabilisce un patto sacro, infrangibile. È ciò che rende obbligatoria la promessa prestata con una stipulatio (contratto più antico) 2. Un’antica applicazione della fides: la fiducia Sulla fides è costruito un importante istituto giuridico, la fiducia, che nasce in un’epoca in cui i privati avevano a disposizione pochi strumenti negoziali per realizzare le proprie esigenze. Sorge nel V e IV sec. a.C. I giuristi suggerirono di adottare in particolare gli atti traslativi della proprietà mancipatio e in iure cessio. → modo per garantire certezza e stabilità nei rapporti giuridici, adattandosi alle esigenze economiche e sociali del tempo. 3. Un'applicazione più recente della fides: il fideicommissum La successione mortis causa → trasmissione di posizioni giuridiche soggettive attive (diritti) e/o passive (obbligazioni) dipendente dalla morte del loro titolare, può avvenire a titolo universale (ricevono un insieme di beni) quando si subentra in un complesso unitario. 29 → si parla di hereditas > può essere trasmessa agli eredi per legge o in base al testamento del de cuius Si ha successione mortis causa a titolo particolare → quando si subentra soltanto in singole determinate posizioni giuridiche trasmissibili. Si parla di legati > disposizioni negoziali tipiche per disporre di lasciti a titolo particolare (si rischiava fossero inefficaci se si usavano parole sbagliate). Era consuetudine però che il testatore raccomandasse informalmente (rogatio) all’erede o al legatario di compiere una prestazione in favore di un’altra persona (fedecommissario), spesso per aggirare ostacoli o divieti legali. Ci si fidava di una persona, ci si rimetteva alla sua fides affinché eseguisse l'incarico raccomandato → nasceva un obbligo morale non giuridico, non c’era possibilità di costringere. Il fedecommesso era quella disposizione di ultima volontà con la quale il testatore in forma di preghiera si rivolgeva affinché compisse, dopo la sua morte, una data attività in favore di un’altra persona (fedecommissario). L’imperatore Claudio concesse la possibilità di agire per ogni tipo di fedecommesso e istituì il Praetor fideicommissarius. Il fedecommesso si diffuse e si poté disporre la restituzione dell’intera eredità di una sua quota, la liberazione di schiavi o degli acquisiti a titolo particolare. 4. La fides bona Dalla fides deriva la fides bona ⇒ criterio normativo nato all'apertura del mondo dei mercati e dei traffici internazionali. ⇒ è la fedeltà che ci si può attendere da una persona di media correttezza. Tra persone che non appartenevano alla medesima comunità non si condivideva al stessa fides → era necessario trovare delle regole condivise da applicare ai rapporti tra un cittadino romano e uno straniero ⇒ nasce la fides del bonus vir, dell’uomo medio = correttezza standard che le persone di ordinaria diligenza usano nei loro rapporti. Il pretore quando inseriva nell’editto i giudizi di buona fede, si rideria a un'esperienza che già intesa come giuridica. È poi la giurisprudenza che precisa cosa si dovesse intendere con fides del bonus vir e ne faceva discendere gli obblighi che nel caso concreto si potevano pretendere dalle parti. La buona fede permette di ampliare il diritto, lo rende ars boni et aequi. 5. La buona fede nell’interpretazione del diritto medievale e moderno Le istituzioni romane erano state formate in gran parte grazie alla buona fede e come tali vennero trasmesse in eredità all’età medievale e moderna. → influenzata dal diritto canonico > tutto ciò che non deriva dalla fides è peccato Ha avuto importanza nel settore del diritto dei mercatores, l’antico diritto commerciale che si applica con criterio personale e coloro che esercitano il commercio. 30 Tra i requisiti fondamentali dei boni mercatores viene posta proprio la lealtà (bona fides). 6. La buona fede oggi Ancora oggi la buona fede oggettiva è un criterio normativo dal quale si ricavano delle regole non scritte, corrispondenti a ciò che un contraente di media correttezza e lealtà si sente in dovere di fare o non fare. La clausola di buona fede è necessariamente generica, è una regola a contenuto indeterminato e deve essere di volta in volta concretizzata dall'interprete. Si trova in tutti i principali codici europei come quello francese e quello spagnolo. In quello italiano, nel libro dedicato alle obbligazioni torna a più riprese la buona fede in senso oggettivo (un concetto che spesso viene ricollegato al dovere di solidarietà imposto dall’art.2 Cost.). Ma dopo l'emanazione di questi codici la sua portata innovatrice nella pratica era ridotta quasi a zero. Si faceva molta fatica ad ammettere che il giudice potesse integrare la volontà delle parti o addirittura correggerne gli effetti iniqui. La buona fede è stata considerata a lungo soltanto come un criterio di valutazione del comportamento dei contraenti che dava diritto a una tutela solo in caso di violazione di diritti già esistenti e riconosciuti. Solo la giurisprudenza tedesca ha da subito sfruttato le opportunità offerte dalla clausola generale in buona fede. Per tutto l’Ottocento si è continuato a utilizzare il diritto romanoe gli strumenti che gli erano propri, in modo che i giudici tedeschi erano abituati a fare un uso costante della buona fede. La common law non conosce espressamente il principio di buona fede anche se spesso vengono adottate soluzioni operative analoghe a quelle raggiunte dai giudici grazie al principio di buona fede > clausola implicita nel contratto; ragionevolezza. 7. La rinascita della buona fede Negli ultimi decenni il principio della buona fede oggettiva è sempre più ricorrente in tutti i paesi di tradizione romanistica e perfino nella giurisprudenza inglrse. Dalla buona fede deriva l’imposizione, a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, del dovere reciproco di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra; ogni parte ha il dovere di realizzare l’interesse contrattuale dell’altra e di evitare di recarle danno. Impone che in ogni fase del rapporto contrattuale si debba tenere al reciproco soddisfacimento di interessi. Serve anche ad adattare i sistemi codicistici alle rinnovate esigenze economico-sociali; permette ai codici di non fossilizzarsi e all’ordinamento di respirare. Fa riferimento a una misura media di condotta sociale; è un principio destinato a mutare a seconda della coscienza sociale, mentalità e fondamenti ideologici dell’epoca in cui vive l'interprete. 31 CAPITOLO VI Fiducia e trust 1. La fiducia La fiducia consiste in un atto solenne di alienazione di un bene dal fiduciante al fiduciario, egli si impegna a tenere il bene per uno scopo determinato e a restituirlo quando tale scopo sia stato soddisfatto. Il fiduciario è limitato da una serie di obbligazioni. Riceve una proprietà temporanea (non temporanea) e funzionale (l'obiettivo è stato raggiunto). 2. Le funzioni svolte dalla fiducia Nelle institutiones di Gaio ci sono due diversi tipi di fiducia entrambi basati sulla fides: - fiducia cum amico → carattere ampio e duttile, è la base su cui si sono costituiti il contratto di deposito e il contratto del comodato. → funzioni di custodia del bene e di prestito d’uso a fa ore dell’amico fiduciario. - fiducia cum creditore → più complessa, è la più antica forma di garanzia reale di credito Il fiduciante (debitore) trasferisce al fiduciario (creditore) un bene affinché il creditore lo restituisca qualora l'adempimento del debito sia stato soddisfatto. In caso di mancato pagamento del debito il creditore può trattenere il bene dato in garanzia a titolo di soddisfacimento del proprio credito. In seguito, il fiduciario avrebbe avuto una garanzia in più, si attribuiva il ius vendendi > avrebbe potuto vendere il bene per soddisfarsi solo sul ricavato. Qualora il residuo fosse superiore, avrebbe dovuto restituire il di più al fiduciante per evitare un arricchimento sproporzionato e ingiustificato> superfluum → alla base c’è sempre la buona fede. II sec. a.C. > introdotta un’actio fiduciae ⇒ serviva al fiduciante per ottenere la restituzione del bene → venne presto estesa a sanzionare ogni uso illecito della cosa data in fiducia. Al fiduciario era concessa un’actio fiduciae contraria ⇒ per far valere eventuali contropertese aventi per oggetto rimborso di spese e risarcimento danni. 3. Scomparsa della fiducia La fiducia era utilizzata in epoca classica. In epoca postclassica, mancipatio e in iure cessio scompaiono e con esse anche l’istituto della fiducia nel 324 con Costantino perché introduce il divieto di patto commissorio > non si trovano riferimenti nel Corpus Iuris Civilis > conseguenze nel diritto medievale e moderno = l’istituto non poteva essere rielaborato dai giuristi. La scomparsa è stata graduale. 4. Trust Il trust nasce dall'elaborazione dei giuristi inglesi → serve per dare tutela alle situazioni non protette dai tribunali di common law sulla base dell’equity. Un soggetto (settlor) trasferisce la proprietà di tutti o di parte dei propri beni a una persona di fiducia (trustee) che è tenuta ad amministrarli nell’interesse di un terzo (beneficiary > può coincidere con il settlor). 32 Il bene oggetto del trust rimane distinto dal patrimonio del trustee e il beneficiary gode dei vantaggi e delle utilità derivanti dalla loro gestione e disposizione di rimedi per tutelare la propria posizione per il caso in cui il trustee venga meno agli impegni assunti. Si ha una dualità di situazioni proprietarie sullo stesso bene > una dissociazione tra la legal ownership riconosciuta al trustee e la equitable ownership del beneficiario → rispecchia la dualità common law-equity. 5. Fiducia di tradizione romanistica ⇒ costituita dal trasferimento in proprietà di un bene, finalizzato al conseguimento di uno scopo al quale si dà efficacia solo sul piano obbligatorio. Ciò significa che il ricevente del bene ha l'obbligo di utilizzarlo secondo le indicazioni o gli scopi definiti nel contratto. 6. Attualità dei negozi fiduciari Il trust è penetrato anche nei paesi occidentali. 1 luglio 1985 → approvata la Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento ⇒ è una legge di diritto internazionale privato che serve a far riconoscere gli effetti dei trusts. Lo scopo è quello di rendere un istituto fondamentale non solo per i sistemi di common law ma anche per i paesi di diversa tradizione giuridica. In Italia si tende a riconoscere piena legittimità non solo ai trusts internazionali ma anche ai trusts interni, quelli che hanno tutti gli elementi costitutivi radicati nel territorio italiano. (è una continuazione della fiducia) 7. Nuove normative Dopo l'introduzione della Convenzione sul trust, vari paesi hanno adottato disposizioni normative per semplificare e adattare la struttura del trust alle loro tradizioni giuridiche. In Italia, la le

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