Elementi di psichiatria infanzia 5.6 PDF

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Meriam Hassine

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child psychiatry developmental psychology learning disabilities child development

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This document discusses elements of childhood psychiatry, focusing on learning disabilities (DSA) and associated conditions like dyslexia, difficulties with written expression, and dyscalculia. It also touches upon related issues including disruptive behavior disorders, depression, anxiety, and eating disorders.

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Elementi di psichiatria infanzia 5.6 I disturbi specifici dell'apprendimento (DSA), noti anche come disturbi dell'apprendimento, riguardano capacità di lettura, scrittura e calcolo inferiori rispetto alle aspettative per età, livello di istruzione e intelligenza, senza la presenza di deficit neurolo...

Elementi di psichiatria infanzia 5.6 I disturbi specifici dell'apprendimento (DSA), noti anche come disturbi dell'apprendimento, riguardano capacità di lettura, scrittura e calcolo inferiori rispetto alle aspettative per età, livello di istruzione e intelligenza, senza la presenza di deficit neurologici o sensoriali. Questi disturbi possono compromettere il rendimento scolastico e le attività sociali e possono diventare evidenti durante la scolarizzazione, presentandosi spesso in modo inatteso e non giustificato dalla storia pregressa del bambino. È importante distinguere i DSA da altre difficoltà di apprendimento causate da fattori linguistici, intellettivi o socio-culturali. I fattori patogenetici dei DSA possono includere deficit nelle operazioni metalinguistiche, problemi di processamento delle informazioni e difficoltà nell'elaborazione visiva e grafo- motoria. I disturbi specifici dell'apprendimento possono interessare non solo gli aspetti linguistici, ma anche altri processi cognitivi. Il DSM-IV distingue tre principali DSA: il disturbo della lettura (o dislessia), il disturbo dell'espressione scritta e la discalculia. La dislessia comporta errori di lettura come sostituzioni, omissioni o inversioni di lettere e difficoltà nella comprensione del testo. I bambini con dislessia possono leggere lentamente e faticosamente e possono avere difficoltà nell'identificare il significato delle parole. Il disturbo dell'espressione scritta si manifesta con difficoltà nella trascrizione fonema- grafema, nella composizione delle parole e delle frasi, con errori che possono variare a seconda del compito e possono essere presenti solo in alcune attività. La discalculia riguarda le difficoltà nel sistema di elaborazione numerica e nel calcolo matematico. Questi bambini possono avere problemi nella lettura e scrittura dei numeri, nel processo di calcolo e nella comprensione dei concetti matematici, rallentando i processi di apprendimento legati alla quantità e alla sequenzialità numerica. È importante notare che per i bambini con disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) esiste il rischio che il disturbo possa influenzare anche altre funzioni cognitive e emotive, portando a un generale impoverimento del pensiero e della logica. Le comorbidità sono comuni, soprattutto con disturbi del comportamento, depressione e ansia. Nei disturbi del comportamento dirompente, come i disturbi oppositivo-provocatori e i disturbi della condotta, i bambini possono manifestare comportamenti ostili, sfidanti e aggressivi. Nei disturbi oppositivo-provocatori, i bambini hanno difficoltà a relazionarsi, mostrano una bassa tolleranza alla frustrazione e spesso esprimono sentimenti depressivi come inadeguatezza e colpa. Nei disturbi della condotta, invece, si osservano comportamenti aggressivi e violazioni dei diritti altrui. I disturbi depressivi possono manifestarsi con variazioni dell'umore e della qualità dell'umore nel corso dello sviluppo. Nei bambini più piccoli, possono mostrare comportamenti inibiti e rallentati, mentre nei più grandi, possono manifestare irritabilità, instabilità emotiva e difficoltà di concentrazione. Le comorbidità possono includere anche disturbi ansiosi, come il disturbo d'ansia da separazione e la fobia della scuola. Il disturbo d'ansia da separazione si manifesta con una forte difficoltà nel separarsi dalle figure di riferimento affettivo, spesso associata a disturbi depressivi. La fobia della scuola, invece, si manifesta con una forte ansia legata alla frequenza scolastica e può portare a reazioni intense di paura e ansia. Il disturbo del comportamento alimentare (DCA) è una condizione complessa che può manifestarsi in modi diversi a seconda dell'età del bambino e delle caratteristiche specifiche del disturbo. Nella prima infanzia, è importante distinguere tra disturbi transitori e gravi disturbi dell'alimentazione. I disturbi transitori possono includere il rifiuto temporaneo del cibo, conflitti durante i pasti e selettività nella scelta degli alimenti. Questi possono verificarsi durante lo svezzamento, intorno ai 7-9 mesi, e quando il bambino inizia a nutrirsi autonomamente, intorno al 2-3° anno di vita. Questi momenti sono cruciali per la riorganizzazione della relazione tra madre e figlio. I gravi disturbi dell'alimentazione possono invece compromettere la crescita e lo sviluppo fisico del bambino, portando a una perdita di peso o difficoltà nell'assunzione di cibo. Nell'ICD-10 emergono diverse categorie di disturbi alimentari infantili, come i disturbi alimentari di regolazione dello stato, il disturbo alimentare di reciprocità nella relazione caregiver-bambino, l'anoressia infantile e le avversioni sensoriali al cibo. Il disturbo alimentare di regolazione dello stato si verifica quando il bambino ha difficoltà a nutrirsi a causa di una disregolazione dello stato, come sonnolenza eccessiva o eccitabilità. Queste caratteristiche possono essere associate a problemi neurologici o di salute. Nel disturbo alimentare di reciprocità nella relazione caregiver-bambino, si osservano gravi problemi di nutrizione in bambini debilitati e ipotonici, spesso legati a dinamiche disfunzionali nella relazione genitore-bambino. L'anoressia infantile è caratterizzata da rifiuto persistente del cibo e difficoltà di crescita, solitamente insorgente tra i 9 e i 18 mesi di età, quando il bambino inizia a nutrirsi autonomamente. Le avversioni sensoriali al cibo si verificano quando il bambino reagisce in modo negativo a cibi con particolari caratteristiche di aspetto, gusto o odore, provocando disgusto, vomito o rifiuto di alimentarsi. Nella 2-3° infanzia, il DSM-IV-TR descrive principalmente il disturbo del Pica e il disturbo della ruminazione. Il Pica comporta il consumo di sostanze non alimentari e può essere associato ad altri disturbi dello sviluppo, difficoltà di apprendimento e disturbi del sonno. Il disturbo della ruminazione è caratterizzato dalla tendenza del bambino a rigurgitare e a masticare il cibo, oppure a trattenere il cibo in bocca per un lungo periodo senza ingoiarlo. Spesso è associato a disturbi neurologici dello sviluppo o a carenze emotive e sensoriali. Un'altra classificazione dei disturbi alimentari derivante dal DSM-IV-TR è applicabile a tutte le età pediatriche e include il rifiuto del cibo, spesso presente nell'età scolare o prescolare, e può esprimere comportamenti oppositivi o difficoltà emotive e comunicative all'interno della famiglia. L'alimentazione selettiva si verifica quando il bambino si basa su pochi alimenti e mostra una forte resistenza a provare nuovi cibi. Il disturbo emotivo di evitamento del cibo comporta un rifiuto marcato di alimentarsi, con conseguente perdita di peso e difficoltà di crescita, senza però manifestare i disturbi dell'immagine corporea presenti nell'anoressia nervosa. Altri disturbi alimentari includono le fobie alimentari, le disfagie funzionali, l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa, ecc. Per quanto riguarda l'età pediatrica, il DSM-IV classifica i disturbi alimentari in tre categorie principali: l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e i disturbi alimentari non specificati. L'anoressia nervosa viene diagnosticata in base a quattro criteri: il rifiuto di mantenere un peso corporeo adeguato, la paura di aumentare di peso, il disturbo dell'immagine corporea e, nelle donne, la presenza di amenorrea. Esistono due sottotipi: quello restrittivo e quello con episodi di abbuffata e condotte di eliminazione. La bulimia nervosa si manifesta con abbuffate ricorrenti, seguite da comportamenti di compensazione come il vomito autoindotto o l'eccessivo esercizio fisico. La categoria dei disturbi alimentari comprende l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa sotto soglia e altre forme di disturbi alimentari come l'anoressia inversa e la night-eating syndrome. È comune osservare che i pazienti con anoressia restrittiva, nel corso del tempo, possano evolvere verso forme che includono episodi di abbuffata o condotte di eliminazione. I sintomi di questi disturbi sono altamente invarianti e caratteristici, nonostante le storie e le caratteristiche individuali possano variare notevolmente. La comorbidità psicopatologica è praticamente sempre presente, soprattutto con disturbi di personalità, ansia, umore, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi da uso di sostanze. Attraverso la procedura del Self report, sono stati identificati tre gruppi di pazienti: uno con bassa comorbidità e buon funzionamento, uno caratterizzato da aspetti inibitori ed evitati con elevata sintomatologia ossessivo-compulsiva e un altro con predominanza di dimensioni impulsiva e autodistruttiva, spesso associato a sintomi borderline. Attraverso la metodologia clinica di valutazione Q-sort, utilizzando la SWAP 2000, sono stati individuati altri tre diversi gruppi di pazienti: uno ad alto funzionamento perfezionista, uno caratterizzato da coartazione/ipercontrollo e uno con disregolazione emotiva e mancanza di controllo. Il primo gruppo mostra caratteristiche di coscienziosità, empatia e perfezionismo, con una forte autocritica personale e ansia, ma raramente presenta disturbi di personalità, ad eccezione di quelli ossessivo-compulsivi. il secondo gruppo mostra passività significativa o iper-consapevolezza e riflessività sui processi mentali, con tendenza all'evitamento e punteggi elevati sui disturbi di personalità come schizoide, schizotipico ed evitante, spesso accompagnati da disforia, senso di vuoto, depressione e ansia. Il terzo gruppo solitamente sperimenta emozioni intense, con frequenti scoppi di rabbia e comportamenti di auto- consolazione disperata. Presentano sintomi alimentari di tipo bulimico, spesso con comorbidità come depressione e abuso di sostanze. Meriam Hassine Elementi di psichiatria infanzia 5.7 Le problematiche centrali dell'anoressia e della bulimia, soprattutto in età adolescenziale e adulta, sono strettamente legate al tema dell'identità e delle relazioni oggettuali. Questa fragilità si intreccia con le esperienze tipiche dell'adolescenza, come l'integrazione dei cambiamenti somatici, in particolare quelli legati alla sessualità. Il corpo diventa quindi un simbolo primario di cambiamento reale. Nei pazienti nevrotici, il sintomo anoressico o bulimico può essere una strategia relazionale potente per tentare di completare il processo di separazione interrotto o ostacolato. Nei pazienti con organizzazione di personalità borderline, si osservano meccanismi di difesa, vulnerabilità, depersonalizzazione e una vasta gamma di comportamenti impulsivi, come le abbuffate. Nei casi di trauma, come maltrattamenti fisici o abusi sessuali, il corpo diventa un contenitore del trauma stesso, che viene quindi autolesionato attraverso crisi bulimiche o comportamenti autolesivi. È importante esaminare i diversi fattori di rischio che possono contribuire all'emergere di questi disturbi, considerando i fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti. I fattori di rischio sono variabili che possono portare a esiti patologici in futuro, mentre i fattori di vulnerabilità influenzano l'esordio e il mantenimento del disturbo, e sono quindi cruciali per la progettazione del trattamento. Per valutare la vulnerabilità e i fattori di rischio, è utile considerare le fasi di transizione evolutive che l'individuo affronta, in relazione all'interazione tra processi biologici, psicologici e sociali. La ricerca ha identificato meccanismi di trasmissione intergenerazionale, esplorando l'origine ed evoluzione del disturbo su tre livelli: il temperamento del figlio, la psicopatologia materna e la qualità delle interazioni genitore-figlio. Ad esempio, la depressione materna o i disturbi alimentari sono stati correlati all'insorgenza di disturbi alimentari nei bambini. Anche se la predisposizione genetica può giocare un ruolo significativo, fattori ambientali come aspettative, pressioni sociali e modelli alimentari familiari condivisi sono altrettanto rilevanti. Ulteriori studi hanno evidenziato la comorbidità tra disturbi alimentari e forme di psicopatologia come ansia e depressione, suggerendo una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali nella patogenesi di questi disturbi. Gli studi internazionali hanno individuato alcuni fattori di vulnerabilità genetica, come i comportamenti di restrizione nell'anoressia nervosa correlati al cromosoma 1p e 10/p, mentre sembrano coinvolgere i comportamenti di eliminazione nella bulimia nervosa. I cambiamenti ormonali possono moderatamente influenzare la sintomatologia dei disturbi alimentari. Alcune ricerche hanno evidenziato un'eccessiva funzione serotoninergica prima dell'esordio del disturbo, con funzioni serotoninergiche disregolate nei soggetti con anoressia nervosa e bulimia nervosa. Durante la fase acuta, il livello di metaboliti della serotonina nel fluido cerebrospinale diminuisce nei pazienti con anoressia nervosa. La dieta potrebbe avere una funzione regolatoria sull'iperattività della serotonina, rinforzata da una riduzione iniziale dell'ansia e della disforia. La vulnerabilità psicologica, come l'affettività negativa, costituisce un fattore di diatesi non specifico, soprattutto per patologie che implicano disturbi d'ansia, dell'umore e alimentari. Vi è anche una comorbidità significativa tra disturbi alimentari, dell'umore, dell'ansia e abuso di sostanze. Il perfezionismo, soprattutto nell'anoressia nervosa, potrebbe essere un fattore di rischio generico per condizioni psicopatologiche. L'alessitimia, l'incapacità di identificare e differenziare i segnali della fame da altri segnali fisici ed emotivi del corpo, è stata associata a pratiche croniche di restrizione alimentare. Vi è un'associazione diretta tra essere a dieta e l'anoressia nervosa, con tentativi di perdere peso attraverso comportamenti restrittivi che costituiscono il nucleo del disturbo. In alcuni casi, l'essere a dieta e il binge eating possono derivare dalla necessità di aumentare il senso di autostima, ma le difficoltà nel perdere peso possono portare a un abbassamento dell'autostima, incrementando il senso di inefficacia e contribuendo all'insorgenza dei disturbi alimentari. La vulnerabilità ambientale nei disturbi alimentari può essere suddivisa in tre ambiti principali: l'incremento della diffusione di anoressia nervosa e bulimia nervosa, l'aumento dei disturbi alimentari nelle nazioni industrializzate rispetto a quelle non industrializzate e le significative differenze di genere. A livello culturale, i mass media svolgono un ruolo significativo, promuovendo l'ideale di bellezza legato alla magrezza e aumentando così il rischio di sviluppo di questi disturbi. Anche i social media, la scuola, il gruppo dei pari e la famiglia possono influenzare attraverso il modellamento educativo o il diretto incoraggiamento del bambino ad adottare comportamenti legati ai disturbi alimentari. Il criticismo genitoriale riguardo al peso dei figli e l'imposizione di restrizioni alimentari sono associati all'insoddisfazione del corpo da parte dei figli e alla sintomatologia alimentare stessa. Gli eventi di vita che incidono sul ruolo della donna, come il matrimonio, le relazioni di coppia, la gravidanza e la genitorialità, possono anche avere un impatto significativo. 20 anni di studi sui disturbi alimentari hanno individuato una serie di indicatori stabili e processi psicodinamici correlati all'esordio di questi disturbi. Questi includono la propensione genetica all'obesità, la storia familiare di disturbi alimentari, anomalie nei livelli di serotonina, il genere femminile, l'omosessualità maschile, la comorbidità con depressione, disturbi di personalità, bassa autostima, perfezionismo, impulsività e eventi avversi come abusi fisici e sessuali e criticismo genitoriale. Pertanto, il disturbo alimentare può essere considerato il prodotto di fattori sociali, biologici e psicologici precipitanti, con una forte influenza culturale che valorizza la magrezza. L'evoluzione dei disturbi alimentari può essere intesa non solo come la permanenza o la remissione dei sintomi presentati dai bambini o dagli adolescenti, ma anche come una continuità di disturbi patologici. Si parla di continuità omotipica quando le manifestazioni cliniche rimangono stabili durante lo sviluppo e di continuità eterotipica quando si assiste a cambiamenti nelle manifestazioni cliniche, ma con una continuità nei processi psicopatologici sottostanti. Per quanto riguarda I disturbi dell'accrescimento rappresentano una condizione in cui il bambino non riesce a raggiungere gli standard di incremento ponderale e staturale nei primi tre anni di vita, a causa di diversi fattori endogeni, genetici, ormonali ed esogeni, come quelli nutrizionali, socio-economici e relazionali. La definizione di questi disturbi è controversa a causa della loro sintomatologia e eziologia complessa e multifattoriale. Alcune definizioni si riferiscono a uno scarso o inadeguato accrescimento in base a misure antropometriche per sesso ed età del bambino, includendo il peso corporeo al di sotto del quinto percentile o una diminuzione del peso del bambino di almeno due deviazioni standard secondo la curva percentile. Dal punto di vista medico, la sindrome di fallimento di crescita è descritta attraverso criteri come il peso corporeo al di sotto del terzo del quinto percentile rispetto ai valori normali per età e sesso, un rallentamento dell'acquisizione di peso di almeno due percentile al di sotto dei valori normali di crescita e un rapporto peso corporeo/altezza per età al di sotto dell'80%. Nei disturbi alimentari precoci, l'assunzione di cibo liquido o solido è scarsa, il bambino rifiuta o vomita il cibo, e c'è una ridotta richiesta alimentare e una maggiore difficoltà nei ritmi alimentari. Il DSM-IV-TR e l'ICD 0-3R individuano vari disturbi alimentari dell'infanzia, come il disturbo della nutrizione dell'infanzia della prima fanciullezza, il Pica e il disturbo di denominazione. Il DSM-5 ha formulato nuovi criteri che includono il rifiuto del cibo o l'ingestione inadeguata per almeno due settimane, il rifiuto del cibo in qualunque età del bambino, l'inizio dell'alimentazione seguito da stress e rifiuto di mangiare, la presenza di fattori medici concomitanti allo stress nell'alimentarsi e la perdita o il mancato raggiungimento del peso adeguato. Meriam Hassine Elementi di psichiatria infanzia 5.8 I disturbi alimentari e i disturbi di accrescimento possono essere influenzati da una vasta gamma di fattori, sia di natura biologica che psicosociale. La complessità di tali disturbi richiede un'analisi multidimensionale per comprendere appieno le loro cause e le loro implicazioni. Tra i fattori biologici, si possono includere le condizioni mediche preesistenti, come disturbi neurologici, gastroenterici, endocrini, cardiaci, renali ed epatici. Inoltre, le anomalie cromosomiche, l'HIV e altre malattie possono contribuire ai disturbi di accrescimento e ai problemi alimentari. Da un punto di vista psicosociale, i disturbi alimentari e i disturbi di accrescimento possono essere influenzati da esperienze familiari, come la qualità dell'interazione madre-bambino e il processo di separazione-individuazione. I modelli di attaccamento tra il bambino e i caregiver possono avere un impatto significativo sulla crescita e sullo sviluppo del bambino. Le caratteristiche familiari, come lo stress psicosociale, le difficoltà economiche, la violenza domestica e gli abusi, possono anche giocare un ruolo nell'insorgenza di questi disturbi. Inoltre, le caratteristiche individuali del bambino, come l'estrema puntigliosità, i problemi di gioco e le anomalie nello sviluppo comportamentale, possono contribuire alla complessità dei disturbi di accrescimento e dei disturbi alimentari. Insieme, questi fattori possono influenzare lo sviluppo fisiologico, cognitivo, motorio, comportamentale e affettivo del bambino, portando a esiti indesiderati in varie aree della sua vita. Affrontare questi disturbi richiede un approccio olistico che tenga conto di tutti questi fattori e che preveda un intervento integrato e mirato sia sul piano biologico che psicosociale. Quando si tratta di disturbi depressivi nella prima infanzia, i sintomi possono variare in base all'età del bambino. Nei primi tre anni, il bambino potrebbe mostrare comportamenti di ritiro, ritardo nello sviluppo di abilità di autoregolazione, mancanza di interesse per nuove situazioni, difficoltà nel concentrarsi, e reazioni emotive come scoraggiamento e vergogna. Possono manifestarsi anche problemi nel sonno e nella veglia. Durante questa fase, il bambino sta affrontando il compito di trasformare ciò che è dentro di sé in oggetti condivisibili e modificabili nello scambio con gli altri. Il conflitto tra forze interne ed esterne può portare a difficoltà di regolazione emotiva. Nei bambini in età prescolare, possono essere evidenti oscillazioni dell'umore, scarsa curiosità e piacere nel gioco, dipendenza dalla figura di attaccamento, sensibilità ai sentimenti degli altri e preoccupazioni riguardo alla morte. Possono anche verificarsi ritardi nello sviluppo psicomotorio e del linguaggio. Nei bambini in età scolare (6-10 anni), i sintomi della depressione possono manifestarsi in modi diversi a seconda delle caratteristiche individuali. Alcuni bambini possono presentare sintomi somatici come stanchezza, dolori fisici e disturbi del sonno. Altri possono avere difficoltà scolastiche, scarsa partecipazione a giochi e attività, e tendenza a giocare solo con bambini più piccoli. Altri ancora possono mostrare comportamenti aggressivi o oppositivi. Nei bambini con disturbi della condotta, i sintomi della depressione possono manifestarsi attraverso instabilità motoria diffusa, comportamenti aggressivi e crisi di rabbia, labilità emotiva e periodi di inattività, stanchezza e capricciosità. Questi bambini possono anche mostrare una tendenza a comportarsi in modo buffo per evitare situazioni di conflitto o imbarazzo. È importante riconoscere che la depressione nei bambini può presentare una componente ansiosa marcata e confondente. I bambini depressi possono avere difficoltà nel riconoscere e esprimere i propri sentimenti, ma tipicamente manifestano tristezza e sensazioni di inadeguatezza. Possono avere crisi di panico, sensazioni di vergogna e paura di esprimere affetto. Durante la preadolescenza (10-12 anni), i bambini possono concentrarsi su pensieri tristi di separazione e perdita, con difficoltà nel riconoscimento della propria identità. Possono sviluppare meccanismi ossessivi di pensiero e difese sintomatologiche come sintomi somatomorfi o difficoltà di apprendimento. I sintomi somatomorfi vengono utilizzati spesso nelle interazioni sociali e possono includere rabbia incontrollata, lamentele ipocondriache e fantasie sessuali. Le difficoltà di apprendimento possono derivare da problemi di mentalizzazione. Le forze interne che guidano l'adolescenza possono essere complesse, con sentimenti di inadeguatezza, minaccia e confusione che influenzano il modo in cui i ragazzi affrontano la vita. Alcuni possono cercare di fuggire dalla realtà, altri possono idealizzare il passato o immaginare un futuro incerto, mentre altri ancora possono sviluppare personalità caratterizzate da desiderio di appartenenza o borderline. Durante l'adolescenza, i giovani affrontano anche il dolore mentale, e le risposte a questo dolore possono variare ampiamente. Alcuni ragazzi possono canalizzare la loro tristezza in modi costruttivi, mentre altri possono manifestare comportamenti dissociali o autolesionisti, o possono essere a rischio di disturbi psicotici come il disturbo bipolare. I confronti costanti tra ciò che si è, ciò che si appare di essere e ciò che si desidera apparire possono portare ad ansia e confusione, e possono influenzare aspetti come la percezione del proprio corpo e le relazioni sessuali. Gli adolescenti depressi sono particolarmente vulnerabili a situazioni di solitudine, dipendenza emotiva e fragilità psicologica. Possono tentare di mantenere rapporti sociali anche se pochi o disfunzionali, e possono vivere un senso di inadeguatezza profonda se questi rapporti vengono compromessi. Questa vulnerabilità può sfuggire alla percezione dei genitori e degli adulti circostanti, poiché i giovani possono mascherare il loro dolore cercando di conformarsi a modelli sociali idealizzati. L'ideazione suicidaria può sorgere da queste esperienze traumatiche, e i giovani depressi possono inviare segnali cifrati di disperazione e richiesta di aiuto attraverso comportamenti e comunicazioni non esplicite. È essenziale che genitori, coetanei e insegnanti prestino attenzione a questi segnali e offrano il sostegno e l'aiuto necessari per affrontare le sfide emotive dell'adolescenza. Meriam Hassine Elementi di psichiatria infanzia 5.9 Il disturbo di personalità depressiva nei bambini può essere considerato come un modello di funzionamento che evolve nel corso dello sviluppo, creando una disadattamento significativo. Questo disturbo può manifestarsi in varie fasi dello sviluppo del bambino, influenzato sia dai suoi strumenti cognitivi, affettivi e sociali, sia dalle richieste esterne che cambiano nel tempo. I fattori di rischio per lo sviluppo di questo disturbo includono esperienze traumatiche durante l'infanzia, come abusi o traumi. Le caratteristiche del disturbo depressivo infantile che portano allo sviluppo di una personalità depressiva possono includere un esordio precoce, difficoltà nell'integrazione di schemi motori e relazionali, una modalità relazionale caratterizzata da piccoli cortocircuiti che alimentano una difficoltà nel rapporto affettivo e comunicativo, una ridotta capacità di previsione nell'uso di schemi relazionali funzionali che può portare ad ansia e stati emotivi tollerabili, e una serie di altri fattori genetici, neurologici e ambientali. La disforia, uno stato di tensione e insoddisfazione emotiva, è una componente significativa dei disturbi depressivi infantili, manifestandosi attraverso comportamenti agitati o ritirati e drammi emotivi. Questo stato di disregolazione emotiva può essere aggravato dalla mancanza di risposte adeguate e tempestive da parte degli adulti, specialmente dei genitori depressi. La componente genetica e biologica sembra giocare un ruolo importante nell'insorgenza dei disturbi depressivi infantili, con individui che hanno una storia familiare di depressione che hanno maggiori probabilità di svilupparla. Inoltre, il tipo di interazione madre-bambino può influenzare lo sviluppo emotivo del bambino, con una depressione materna che può influenzare negativamente lo stile evolutivo del bambino. È interessante notare come l'interazione madre-bambino possa assumere diverse forme, influenzando il tipo di attaccamento che il bambino sviluppa. Una madre intrusiva, che predilige il contatto fisico ma può essere aggressivo-passiva nell'affetto, potrebbe portare il bambino a ritirarsi. D'altra parte, una madre ritirata, che predilige il contatto fisico ma mostra una mancanza di accessibilità e disponibilità emotiva, potrebbe portare a un ipercoinvolgimento del bambino, con un'inversione dei ruoli. Inoltre, vi sono alcuni fattori di rischio che possono favorire lo sviluppo di un attaccamento evitante nel bambino, come la depressione post-partum entro i primi 5 anni dopo la gravidanza, l'irritabilità, i disturbi del sonno, un basso accrescimento fetale, un basso livello cognitivo e la mancanza di contingenza nelle interazioni. Passando al tema del trauma, è fondamentale considerare gli eventi traumatici come fattori eziologici nei disturbi depressivi infantili. I traumi interpersonali, come abusi, maltrattamenti, abbandoni, aggressioni fisiche o sessuali, e l'essere testimone o vittima di violenza domestica, possono avere un impatto significativo su molteplici aree dello sviluppo del bambino, tra cui l'attaccamento, la regolazione emotiva, il controllo del comportamento e il senso del sé. La diagnosi di disturbo depressivo infantile si basa sull'idea che l'esposizione ripetuta a traumi interpersonali possa avere conseguenze dannose su varie aree del funzionamento del bambino. Questo sottolinea l'importanza di considerare gli eventi traumatici nell'analisi e nel trattamento dei disturbi depressivi infantili, poiché influenzano profondamente la salute mentale e il benessere del bambino. La dissociazione diventa patologica quando diventa una risposta massiccia e rigida a gravi esperienze traumatiche. Secondo la teoria della dissociazione strutturale della personalità, durante esperienze traumatiche la personalità si divide in parti apparentemente normali e parti emotive, con differenti livelli di complessità a seconda della gravità dell'esperienza. Vi sono tre forme di dissociazione strutturale: primaria, secondaria e terziaria. La vulnerabilità biologica può giocare un ruolo chiave in questo processo. Le condizioni traumatiche possono provocare disorganizzazione corticale e subcorticale, con alterazioni neurobiologiche e riduzione volumetrica dell'ippocampo sinistro, specialmente nei soggetti abusati. La vulnerabilità ambientale e interpersonale, invece, si riferisce al trauma come a un improvviso e incontrollabile sconvolgimento dei legami affettivi. Secondo la teoria dell'attaccamento, le esperienze traumatiche possono essere influenzate dalla storia delle relazioni di attaccamento del soggetto. Le relazioni di attaccamento sono cruciali nella formazione dei modelli operativi interni, che sono rappresentazioni mentali del mondo e delle relazioni con gli altri. Questi modelli influenzano la regolazione emotiva e comportamentale del bambino. Tra i diversi stili di attaccamento, quello disorientato e disorganizzato sembra essere particolarmente associato alla risposta dissociativa agli eventi stressanti. Gli attaccamenti traumatici sono un sottoinsieme di traumi interpersonali che instillano nel soggetto la paura della vicinanza emotiva e della dipendenza. Forme di attaccamento traumatico includono abusi e trascuratezza, in cui il bambino deve affrontare da solo esperienze emotivamente dolorose. La mentalizzazione è la capacità di comprendere i propri e gli altrui stati mentali, ed è influenzata dalle relazioni di attaccamento fin dalla nascita. Le esperienze traumatiche di attaccamento possono ostacolare lo sviluppo adeguato della mentalizzazione. Il deficit nella mentalizzazione, la dissociazione e l'attaccamento traumatico sono tre dimensioni interconnesse che aumentano il rischio di sviluppare psicopatologie dissociative. Il trauma psicologico è una reazione psichica causata da eventi traumatici che sovraccaricano emotivamente la persona. È importante notare che quando parliamo di trauma, ci riferiamo a un'esperienza reale vissuta dal soggetto, il che lo distingue da altri disturbi dove la diagnosi è basata su condizioni generali. Il disturbo traumatico da stress, per definizione, emerge a seguito di esperienze specifiche vissute dall'individuo e il primo criterio per la sua definizione è che la persona abbia percepito l'evento come pericoloso per la sua fisicità o psiche. Il concetto di percezione è importante, poiché ciò che può essere traumatico per una persona potrebbe non esserlo per un'altra, influenzato da fattori come età, carattere, cultura e esperienze passate. Nell'infanzia, è particolarmente complesso determinare se un bambino abbia la percezione dell'evento traumatico. Si distinguono anche traumi di primo e secondo tipo: i traumi di primo tipo sono singoli eventi traumatici, mentre i traumi di secondo tipo riguardano esperienze traumatiche ripetute che possono essere meno eclatanti ma altrettanto impattanti a causa della loro frequenza. Meriam Hassine Elementi di psichiatria infanzia 5.10 Gli eventi traumatici possono assumere diverse forme, tra cui situazioni collettive, come catastrofi naturali o incidenti, oppure situazioni collettive procurate, dove qualcuno ha deliberatamente causato danni. Ci sono anche casi più specifici, come gli abusi, che possono essere collettivi o individuali. Parlando di abuso, ci riferiamo a situazioni in cui un individuo è esposto a pericoli fisici, psicologici o entrambi. Il pericolo fisico è cruciale per la sopravvivenza, come la sensazione di morte imminente. Il maltrattamento può coinvolgere bambini, adulti e anziani, e può manifestarsi in varie forme, come l'abuso fisico, psicologico o sessuale. Le persone più vulnerabili socialmente, come le donne, gli anziani e i bambini, sono maggiormente a rischio. Nei bambini, specialmente quelli molto piccoli, la percezione degli eventi può essere alterata dal legame affettivo con l'abusatore. Questo può creare un conflitto interno, poiché l'abusatore è spesso una figura significativa per il bambino. Inoltre, i bambini piccoli potrebbero non essere in grado di esprimere a parole ciò che è accaduto loro e potrebbero non comprendere appieno la gravità degli eventi traumatici. Questo è influenzato anche dal fatto che i bambini non hanno ancora padroneggiato il linguaggio legato al sé e agli stati interni. Alcuni autori parlano di "trauma interpersonale" all'interno di relazioni significative, dove i traumi di secondo tipo, ripetuti nel tempo, possono restare non riconosciuti per lungo tempo a causa del legame emotivo con l'abusatore. La sintomatologia post-traumatica si manifesta principalmente in due modi: l'iperarousal e i sintomi di evitamento. Nel primo caso, si tratta di una continua attivazione fisiologica, con sintomi come insonnia e palpitazioni, che persistono anche dopo che il pericolo è passato. La persona continua a sentirsi in pericolo, anche quando non lo è oggettivamente, perché la percezione di sicurezza non si attiva nemmeno in situazioni estremamente traumatiche. I sintomi di evitamento, invece, implicano che la persona cerchi di evitare situazioni, luoghi o persone legate all'esperienza traumatica. Questo comportamento è un modo per cercare di proteggersi da ricordi dolorosi e sensazioni spiacevoli associate al trauma. In alcuni casi, possono verificarsi sintomi dissociativi, che possono influenzare lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino. Tuttavia, ciò che potrebbe essere un meccanismo di difesa utile in condizioni di maltrattamento ripetute diventa problematico, poiché il bambino si trova in un conflitto cognitivo. Anche se sa che l'adulto dovrebbe proteggerlo, quando l'adulto stesso è la fonte di pericolo, il bambino può sentirsi confuso e colpevolizzare sé stesso. Questo conflitto può portare il bambino a interiorizzare il maltrattamento, attribuendosi la colpa e sviluppando una visione negativa di sé stesso. I sintomi post-traumatici possono essere trattati con interventi brevi ma efficaci, mentre per la risoluzione del trauma è necessario un approccio più profondo che coinvolga la ristrutturazione del sé e la ricollocazione delle cause nella relazione traumatizzante. Questo può avvenire attraverso la terapia, che aiuta il individuo a elaborare il trauma e a sviluppare nuove strategie di adattamento e risoluzione. La gestione dei limiti e della disciplina da parte dei genitori può assumere forme di maltrattamento, influenzata da diversi fattori culturali e interpersonali. Ciò può includere la critica eccessiva che porta l'individuo a sentirsi oggetto di svalutazione e auto- colpevolizzazione. La violenza assistita, in cui il bambino assiste alla violenza tra i genitori, è un esempio di questa dinamica. La trascuratezza, che non viene sempre riconosciuta come forma di maltrattamento, può comunque costituire un fattore di rischio quando il bambino non riceve l'adeguata cura fisica, alimentare o di supporto nell'ambito scolastico. L'abuso sessuale può essere legato all'erotizzazione delle relazioni familiari, dove i bambini vengono esposti a contenuti o conversazioni inadeguati per la loro età. Inoltre, vi è la trasmissione intergenerazionale di abuso e trauma, in cui individui che hanno subito abusi durante la loro crescita tendono a replicare tali comportamenti sugli altri o a perpetuare il ciclo di abusi. È importante riconoscere che gli adulti esposti a traumi possono reagire in modi diversi, diventando essi stessi aggressori, rimanendo vittime o sviluppando una tendenza a riprodurre il comportamento subito. Questo fenomeno può complicare la ricerca clinica e l'attuazione di interventi terapeutici, poiché la presenza di sintomi da iperarousal o evitamento può ostacolare la rielaborazione del trauma. Per affrontare queste complesse dinamiche, è necessario intervenire per ridurre i sintomi attivi del disturbo post-traumatico, consentendo alla persona di raggiungere un livello di attivazione meno intenso prima di intraprendere processi più approfonditi di rielaborazione e guarigione. Meriam Hassine

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