Domande 1 PDF - Botanica - Materiali Didattici
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Questo documento affronta il tema dei frutti in botanica, discutendo diversi tipi di frutti (secchi e carnosi) e le loro caratteristiche strutturali. Descrive la classificazione dei frutti secchi (indeiscenti e deiscenti) con esempi concreti e la composizione dei frutti carnosi (drupe e bacche).
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Lezione 4 Il frutto è un elemento distintivo delle angiosperme, che rappresentano un vasto gruppo di piante da fiore. A differenza delle gimnosperme, che producono solo semi e non frutti, le angiosperme sviluppano il frutto a partire dal fiore, in particolare dal pistillo, che è l’apparato riprodut...
Lezione 4 Il frutto è un elemento distintivo delle angiosperme, che rappresentano un vasto gruppo di piante da fiore. A differenza delle gimnosperme, che producono solo semi e non frutti, le angiosperme sviluppano il frutto a partire dal fiore, in particolare dal pistillo, che è l’apparato riproduttore femminile. Durante il processo di fecondazione, il pistillo subisce notevoli trasformazioni che portano alla formazione del frutto. Origine e Struttura del Frutto La trasformazione del pistillo in frutto avviene dopo la fecondazione, e il pistillo è composto da uno o più carpelli, che sono foglie modificate. Ogni carpello è costituito da un’epidermide superiore, un’epidermide inferiore e un parenchima. Una volta che il fiore è stato fecondato, i sepali e i petali, che sono foglie modificate e non parte degli apparati riproduttori, cadono. Gli stami, che rappresentano l’apparato riproduttore maschile, si degenerano, mentre il pistillo si trasforma nel frutto. Il frutto è costituito dal pericarpo, una struttura derivante dal pistillo e formato da tre parti: 1. Epicarpo: la parte esterna, che corrisponde all’epidermide superiore. 2. Mesocarpo: lo strato intermedio, formato dal parenchima. 3. Endocarpo: la parte interna, che rappresenta l’epidermide inferiore. Queste tre componenti hanno morfologie diverse, a seconda del tipo di frutto, e possono variare considerevolmente tra le diverse specie di angiosperme. Tipi di Frutti(o pericarpi) I frutti possono essere classificati in due categorie principali: frutti secchi e frutti carnosi. Frutti Secchi I frutti secchi sono quelli che, al momento della maturità, diventano duri e legnosi. Si suddividono in: Indeiscenti: Non si aprono a maturità, mantenendo il pericarpo intorno al seme. Questi frutti sono generalmente monospermici,m. La noce è monosperma o polisperma con parete legnosa, così come la nocciola. In cui il guscio non è commestibile, questo guscio è composto da tre strati: l’esterno, l’interno e il mesocarpo, tutti legnosi. Il seme, che è la parte edibile, si trova all’interno di questo guscio. Achenio: Questo è un tipo di frutto che contiene un singolo seme. Il pericarpo si distacca facilmente dal seme, che non è commestibile. Un esempio di achenio è il seme di girasole, in cui il pericarpo serve a proteggere il seme. Alcuni achenii, come quelli del tarassaco, presentano modifiche come il pappo, che consiste in ciuffi di peli che favoriscono la dispersione del seme tramite vento (riproduzione anemocora). Castagna: Nella castagna, che è un altro tipo di noce, il frutto è racchiuso in un involucro spinoso derivante dall’accrescimento della cupula. Anche qui, il seme rappresenta la parte edibile. Samara: Questo è un tipo di achenio dotato di un’appendice alare che favorisce la dispersione mediante vento. Esistono anche disamarai, che presentano due semi con due espansioni alari. Cariosside: frutto tipico delle GRAMINACEE, con un unico seme separabile dal pericarpo. I frutti secchi deiscenti si aprono a maturità e sono tutti polispermi. Tra i frutti secchi deiscenti troviamo: Follicolo: Un frutto che si apre lungo un’unica linea di sutura, derivante da un pistillo monocarpellare. Un esempio è la peonia. Legume(Baccello): frutto tipico delle leguminose, monocarpellare ma si apre su due linee, una che corrisponde alla sutura del carpello e l’altra che corrisponde alla nervatura principale della foglia modificata. Capsula: Originata da un ovario pluricarpellare, si apre in modi diversi a seconda della specie. Un esempio è la pianta da oppio, da cui si estrae la morfina. Nel papavero la capsula si apre mediante una serie regolare di pori apicali( CAPSULA PORICIDA) 8 Frutti Carnosi I frutti carnosi, invece, si distinguono per la loro consistenza tenera e succosa e sono spesso molto appetibili. Sono quelli in cui il pericarpio a maturità è totalmente o parzialmente carnoso. È costituito in gran parte da tessuti parenchimatici che trattengono un’elevata percentuale di acqua. Sono di due tipi: drupa o bacca, entrambe affidano la disseminazione agli animali che se ne cibano grazie ai loro sapori e colori gradevoli. Drupa: Frutti carnosi con un unico seme, come l’albicocca. La struttura comprende l’epicarpo (la buccia) è sottile e membranosa, il mesocarpo (la polpa) è carnoso e l’endocarpo (il rivestimento legnoso del seme) immerso in un mesocarpo carnoso. Un esempio è l’albicocca, la quale è un frutto carnoso, una drupa, ed è indeiscente, in quanto non si apre a maturità per fare uscire il seme. Bacca: contiene più semi, l’epicarpo è sottile e membranoso, mente endocarpo e mesocarpo sono molli. Si origina da un ovario trasformato, in genere pluricarpellare con molti ovuli. Un esempio è il pomodoro. Oppure, una bacca può essere un peponide, in cui epicarpo e mesocarpo sono fusi tra loro, mentre l’endocarpo diventa deliquescente a maturità insieme alle grandi placente, come avviene nella zucca e nel melone. Infruttescenze e Falsi Frutti Le infruttescenze sono formate da un insieme di frutti ognuno derivante da un ovario e un fiore diverso, come nella mora del rovo, un insieme di drupe. I falsi frutti, come la fragola, si formano quando il frutto deriva da una parte diversa del pistillo, quindi sono di derivazione non carpellare. In questo caso, la polpa deriva dal ricettacolo, mentre i veri frutti sono i piccoli acheni presenti sulla superficie. Altri esempi includono le mele e le pere, dove il torsolo è il vero frutto, mentre la polpa deriva dal ricettacolo. In sintesi, il seme è una struttura complessa che svolge un ruolo cruciale nella propagazione delle piante e nella continuità della specie. Attraverso processi di quiescenza e germinazione, i semi sfruttano riserve nutrizionali per avviare la loro crescita, mentre i frutti, sia deiscenti che carnosi, garantiscono la dispersione dei semi e la riproduzione delle piante. L’interazione tra queste strutture è fondamentale per la sopravvivenza e l’adattamento delle piante nel loro ambiente. Conclusioni ⁃ In sintesi, il frutto delle angiosperme è il risultato della complessa trasformazione del pistillo dopo la fecondazione. Questa trasformazione non solo garantisce la protezione e la disseminazione dei semi, ma contribuisce anche alla diversità morfologica e funzionale delle piante da fiore. La varietà di frutti secchi e carnosi riflette le molteplici strategie evolutive adottate dalle angiosperme per garantire il successo riproduttivo e la sopravvivenza. Il seme è una struttura fondamentale per le piante, rappresentando una piantina in miniatura, un embrione protetto da un parenchima ricco di riserve nutritive. La sua formazione avviene attraverso un processo di fecondazione che trasforma l’ovulo in seme. Al di fuori dell’embrione si trova un involucro esterno chiamato tegumento, che è adeso al pericarpo, la parte fruttifera della pianta. Struttura e Funzione del Seme Il seme è composto essenzialmente da tre parti principali: 1. Embrione: La piantina in miniatura che, in condizioni favorevoli, si svilupperà in una nuova pianta. 2. Endosperma: Un tessuto di riserva che fornisce nutrimento all’embrione durante le prime fasi della sua vita. Questo strato è ricco di amido, proteine e, in alcuni casi, lipidi. 3. Tegumento: L’involucro esterno che protegge l’embrione e l’endosperma. Durante le prime fasi della crescita, l’embrione utilizza le riserve nutritive contenute nell’endosperma, poiché non ha ancora sviluppato foglie e non è in grado di fotosintetizzare. Quiescenza e Germinazione Il seme entra in uno stato di quiescenza, caratterizzato da un basso contenuto di acqua e un metabolismo ridotto. In questa fase, il seme è inattivo, e un esempio di seme in quiescenza è il fagiolo. Quando il seme riceve acqua, si attiva il processo di germinazione: il metabolismo riprende e l’embrione inizia a svilupparsi. L’acqua assorbita causa un gonfiore del seme, attivando fenomeni idrolitici che rompono i polimeri di amido e proteine, liberando monomeri utilizzabili come fonte di energia per la crescita. Risorse Nutrienti nel Seme I semi contengono sostanze di riserva come: Amido: Il principale carboidrato di riserva, che durante la germinazione viene convertito in zuccheri semplici. Proteine: Fondamentali per la crescita dell’embrione. Lipidi: Presenti in alcune varietà di semi, come quelli di girasole, i lipidi comprendono trigliceridi e acidi grassi insaturi, essenziali per la produzione di energia durante la fase eterotrofa della crescita. 9 Lezione 5 Durante le prime fasi dello sviluppo embrionale, l’embrione subisce un rapido accrescimento, accumulando le riserve necessarie per il suo sviluppo futuro. Tuttavia, dopo alcune settimane, il processo di crescita si arresta, e l’embrione entra in uno stato di quiescenza. In questa fase, il seme diventa disidratato e le attività metaboliche si riducono drasticamente. L’embrione rimarrà in questo stato fino a quando non verranno ripristinate le condizioni favorevoli per la germinazione, momento in cui riprenderanno le attività metaboliche. Il seme maturo è ricco di riserve organiche, principalmente sotto forma di amido, proteine e lipidi. Queste molecole svolgono un ruolo fondamentale durante la germinazione, fornendo l’energia e i materiali necessari per la crescita iniziale della pianta. L’amido, ad esempio, è una riserva energetica sotto forma di polisaccaride composto da catene di glucosio unite da legami glicosidici. Quando il seme inizia a germinare, gli enzimi specifici come le amilasi degradano l’amido in unità di glucosio, che verranno poi utilizzate dalla pianta per produrre energia attraverso processi metabolici come la glicolisi e la respirazione cellulare. Degradazione dell’amido L’amido è composto principalmente da due polimeri: amilosio e amilopectina. L’amilosio è costituito da lunghe catene lineari di glucosio unito tramite legami glicosidici α-1,4, mentre l’amilopectina è una struttura ramificata che, oltre ai legami α-1,4, presenta anche ramificazioni con legami α-1,6. La degradazione dell’amido durante la germinazione è catalizzata da enzimi come le α-amilasi e le β-amilasi. Le α-amilasi agiscono rompendo i legami glicosidici α-1,4 all’interno della catena, frammentando l’amido in pezzi più piccoli. Le β-amilasi, invece, agiscono sull’estremità non riducente della catena, staccando unità di maltosio (due molecole di glucosio legate tra loro). Nelle zone di ramificazione dell’amilopectina, intervengono enzimi come le isoamilasi, che scindono i legami α-1,6, permettendo una degradazione completa della struttura. Degradazione delle proteine e dei lipidi Oltre all’amido, nel seme sono presenti riserve proteiche e lipidiche. Le proteine sono degradate da enzimi chiamati proteasi, che rompono i legami peptidici tra gli amminoacidi. Questi enzimi sono spesso localizzati nei granuli di aleurone, strutture cellulari che contengono anche fitina, un composto derivato dall’inositolo, i cui gruppi ossidrilici sono fosforilati. La fitina rappresenta una riserva di fosfati e cationi per la pianta in via di sviluppo. Per quanto riguarda i lipidi, nel caso di semi ricchi di trigliceridi, come quelli oleosi, gli enzimi coinvolti nella loro degradazione sono le lipasi, che idrolizzano i trigliceridi in acidi grassi e glicerolo. Gli acidi grassi devono poi essere convertiti in zuccheri per essere utilizzati dalla pianta come fonte di energia. Questo processo avviene attraverso la β-ossidazione, che trasforma gli acidi grassi in acetil-CoA, un intermedio che entra nel ciclo dell’acido citrico (o ciclo di Krebs) all’interno dei mitocondri. Da qui, attraverso una serie di reazioni enzimatiche, gli intermedi del ciclo possono essere convertiti in zuccheri mediante la via gluconeogenica, che utilizza alcuni degli stessi enzimi della glicolisi, ma operando in senso inverso. Ruolo delle emicellulose In alcuni semi, oltre alle riserve di amido, proteine e lipidi, sono presenti abbondanti quantità di emicellulose, che svolgono un ruolo strutturale nelle pareti cellulari. Le emicellulose sono polimeri complessi formati da zuccheri diversi dal glucosio, e conferiscono rigidità alle pareti cellulari, specialmente nelle cellule parenchimatiche di riserva. Questo conferisce particolare durezza a semi come quelli dei noccioli, dove le pareti cellulari sono molto spesse e resistenti, rendendo questi semi particolarmente duri e difficili da degradare. Riassunto delle riserve e delle attività enzimatiche Durante la germinazione, le riserve immagazzinate nel seme vengono rapidamente mobilitate per sostenere la crescita dell’embrione. L’amido viene scisso dalle amilasi (α e β), le proteine dalle proteasi e i trigliceridi dalle lipasi. Gli acidi grassi derivati dai lipidi vengono trasformati in zuccheri attraverso una complessa serie di reazioni metaboliche che coinvolgono il ciclo di Krebs e la gluconeogenesi. Grazie a questi processi, il seme può ottenere l’energia necessaria per supportare la crescita fino a quando la giovane pianta non sarà in grado di fotosintetizzare autonomamente. Le droghe vegetali possono essere suddivise in diverse categorie in base all’origine e alla struttura delle loro parti costituenti. Alcune di queste categorie includono: 1. Erbe: sono le parti aeree delle piante, come foglie, fiori e steli, raccolte per scopi medicinali o terapeutici. Queste parti sono spesso utilizzate fresche o essiccate. 2. Talli: si riferiscono ai corpi vegetali inferiori, come quelli delle alghe e dei funghi, che non presentano una chiara differenziazione tra radici, fusto e foglie. I talli non hanno una struttura complessa come le piante superiori (cormofite), ma sono comunque utilizzati a scopi terapeutici. 3. Galle tanningene: sono escrescenze anomale che si sviluppano su alcune piante a seguito di infestazioni di insetti o altre condizioni fisiologiche avverse. Queste galle spesso contengono alti livelli di tannini, composti organici con proprietà astringenti utilizzati in medicina e nell’industria per trattare pelli e tessuti. Droghe organizzate e non organizzate Le droghe vegetali possono essere classificate ulteriormente in due gruppi principali: droghe organizzate e droghe non organizzate. 10 Droghe organizzate: si riferiscono a parti di piante che conservano una struttura cellulare riconoscibile, come foglie, radici, fiori e frutti. Questi tessuti vegetali sono costituiti da cellule e tessuti specializzati e vengono utilizzati direttamente o previa essiccazione o altri trattamenti. Droghe non organizzate: sono elaborati vegetali, fisiologici o patologici che non presentano una struttura cellulare prevalente. Si tratta di sostanze che vengono estratte dalle piante, come succhi, linfe, latici e oli, e che vengono usate tal quali o dopo specifici processi di lavorazione. Droghe non organizzate (1 ARGOMENTO PIT) Le droghe non organizzate comprendono una vasta gamma di sostanze estratte dalle piante. 1.Succhi acquosi: "Liquidi acquosi presenti nelle cellule, nei parenchimi acquiferi e nelle lacune intercellulari. Si ricavano per spremitura delle parti fresche della pianta come i frutti o torchiatura, preceduta da tagli o incisioni. Si presentano come liquidi torbidi, variamente colorati; contengono sali e diverse sostanze organiche,inclusi metaboliti secondari e vitamine. Poco stabili, vengono commercializzati dopo essere stati essiccati e stabilizzati.Un esempio tipico è il succo degli agrumi, ricco di acido citrico e flavonoidi, responsabili del colore. " 2.Linfe: sono liquidi fisiologici che circolano nei vasi della pianta. La linfa grezza è composta principalmente da acqua e sali minerali e si trova nei vasi xilematici. La linfa elaborata, invece, è più densa e ricca di fotosintetati, come saccarosio, prodotti durante la fotosintesi, e viaggia attraverso i tubi cribrosi del floema. La linfa elaborata è più viscosa rispetto a quella grezza, poiché contiene zuccheri e altri composti organici derivati dalla fotosintesi. 3.Latici: sono liquidi acquosi lattescenti, biancastri, che si trovano nei tessuti secretori della pianta, in particolare nei tubi latticiferi, che possono essere di origine parenchimatica, dai quali fuoriescono spontaneamente per rottura o per incisione. I latici sono composti da cellule singole multinucleate (apociziali) o da gruppi di cellule fuse insieme (sinciziali) che accumulano una varietà di metaboliti secondari. Questi tubi latticiferi si trovano, ad esempio, nelle piante di Papaver somniferum (papavero da oppio), da cui si estrae il lattice ricco di alcaloidi (come la morfina). All’aria si rapprendono imbrunendo. Il lattice è una fonte di metaboliti secondari che spesso possiedono importanti proprietà farmacologiche, contiene sali minerali, alcaloidi, tannini, gomme, grassi, resine ecc. 4.Oli fissi:Liquidi oleosi incolori o colorati, untuosi al tatto, insolubili in acqua, non volatilizzabili, che lasciano sulla carta una macchia permanente untuosa, solubili in solventi organici (etere etilico o di petrolio, cloroformio ecc.). Sono costituiti da acidi grassi monocarbossilici prevalentemente insaturi, esterificati con glicerolo. Col tempo irrancidiscono. Si ottengono per spremitura o torchiatura oppure per estrazione con adatti solventi. 7.Oli eterei (essenziali o essenze). Liquidi untuosi al tatto, di odore gradevole, che non lasciano una macchia persistente su carta, volatili, solubili in solventi organici (etanolo, etere etilico o di petrolio, cloroformio ecc.). Si ritrovano in cellule, lacune, peli, ghiandole e poi nei diversi tessuti della pianta (legno, frutto, seme, radici ecc.). Si ottengono per spremitura e soprattutto per distillazione. Contengono mescolanze di idrocarburi, alcoli, aldeidi e chetoni. BURRI E CERE Tra le droghe non organizzate, troviamo i burri e le cere, sostanze di origine vegetale che si distinguono per la loro consistenza solida e per il contenuto predominante di acidi grassi saturi. Questi composti sono utilizzati sia in campo alimentare che farmaceutico, grazie alle loro proprietà fisiche e chimiche particolari. 5.Burri vegetali I burri vegetali sono grassi di origine vegetale che si presentano in forma solida o molle a temperatura ambiente. Sono elaborati fisiologici. A differenza degli oli vegetali, che sono ricchi di acidi grassi insaturi, i burri hanno una consistenza solida proprio per la prevalenza di acidi grassi saturi, che hanno un punto di fusione più elevato. Non assumono stato fluido a temperatura ambiente ma a temperatura superiori. Si ottengono per spremitura o mediante estrazione con solventi. 6.Cere vegetali Le cere sono un’altra categoria di droghe non organizzate, caratterizzate da una consistenza solida e da una composizione chimica molto apolare. Le cere sono miscele di esteri di alcoli a lunga catena (alcoli grassi) con acidi grassi monocarbossilici di altissimo peso molecolare, prevalentemente saturi, che le rendono altamente idrofobiche. A temperatura ambiente sono sostanze solide o molli, di colore bianco-giallastro, secrete fisiologicamente e riversate all’esterno. Somigliano ai grassi liquidi e solidi. Si trovano stratificate sulle foglie e sui frutti a volte depositate nei semi. Nelle cere, la componente satura è predominante rispetto a quella insatura, conferendo alle cere una struttura solida e resistente, che le rende utili in vari contesti: Funzione protettiva nelle piante: le cere formano un sottile strato protettivo sulla superficie delle foglie e dei frutti, riducendo la perdita di acqua per evaporazione e proteggendo i tessuti vegetali dalla disidratazione. Un esempio comune è la cera che ricopre la superficie delle foglie delle piante xerofite, adattate a vivere in ambienti aridi, o la pruina che riveste la buccia di alcuni frutti, come le drupe (ad esempio, le prugne), fornendo loro una protezione naturale contro la disidratazione e gli agenti esterni. Barriera contro l’acqua: la natura idrofobica delle cere vegetali le rende un’ottima barriera per trattenere l’umidità. Questa proprietà è utilizzata anche in ambito industriale e cosmetico, dove le cere vegetali vengono incorporate in prodotti protettivi per la pelle, conferendo resistenza all’acqua e protezione dalle condizioni esterne. 11 Utilizzi delle cere e dei burri In ambito cosmetico: sia i burri che le cere vegetali sono largamente impiegati nella formulazione di prodotti per la cura della pelle, come creme, balsami per labbra e lozioni. La loro capacità di formare una barriera protettiva, trattenere l’umidità e apportare nutrimento alla pelle li rende ingredienti preziosi. Il burro di cacao, in particolare, è ampiamente utilizzato in prodotti idratanti per il corpo grazie alla sua capacità di mantenere la pelle morbida e liscia. In ambito farmaceutico: oltre all’utilizzo come eccipienti per ovuli e supposte, i burri vegetali vengono inclusi in pomate e unguenti, dove agiscono da emollienti e vettori per i principi attivi. Le cere, d’altra parte, grazie alla loro stabilità chimica e resistenza all’acqua, sono utilizzate per formare rivestimenti protettivi su compresse o per realizzare prodotti come cerotti medicati. In conclusione, i burri e le cere vegetali rappresentano esempi di droghe non organizzate ampiamente utilizzate in diversi settori, grazie alle loro proprietà fisiche uniche e alla loro composizione chimica. I burri, con la loro prevalenza di acidi grassi saturi, forniscono una base stabile e facilmente fusibile per preparazioni farmaceutiche e cosmetiche, mentre le cere, con la loro natura idrofobica, offrono una protezione naturale contro la disidratazione e sono utilizzate sia dalle piante che dall’uomo per creare barriere protettive efficaci. 7.Gli oli essenziali: segreti fisiologici liquidi, raramente solidi, dall’odore gradevole, untuosi al tatto ma non lascianti macchia persistente. Sono insolubili in acqua e sono miscibile con oli grassi.sono solubili in etere etilico e di petrolio in cloroformio, in etanolo 90%, in acido acetico.sono responsabili di caratteristici odori dei vegetali. Si ottengono per spremitura, per adsorbimento, ma prevalentemente per distillazione.si ritrovano in cellule, peli, ghiandole e lacune. Sono complesse miscele di idrocarburi e a seconda della predominanza di uno dei loro costituenti chimici, si possono suddividere in: idrocarburi terpenici, alcoli terpenici, chetoni terpenici. Le caratteristiche principali degli oli essenziali includono: Volatilità: evaporano facilmente a temperatura ambiente, il che li rende rilevabili per via olfattiva anche in piccole quantità. Solubilità: non sono solubili in acqua ma si dissolvono bene in solventi organici come alcoli, etere etilico e oli vegetali. Untuosità: al tatto risultano unti, ma a differenza degli oli fissi, non lasciano macchie persistenti sui tessuti. Odore: presentano spesso un odore gradevole, caratteristico della pianta da cui derivano, e per questo sono utilizzati in profumeria, aromaterapia e come attrattivi per insetti impollinatori. Funzione biologica e secrezione Gli oli essenziali sono secreti da tessuti specializzati delle piante, come le ghiandole secretorie, i tricomi ghiandolari e i canali resiniferi. La loro produzione avviene in condizioni fisiologiche normali, e non è il risultato di stress o condizioni patologiche. La loro funzione primaria nelle piante è molteplice: Attrazione degli insetti impollinatori: l’odore emanato dagli oli essenziali svolge un ruolo fondamentale nell’attrarre gli impollinatori, facilitando la riproduzione della pianta. Difesa: alcuni oli essenziali possono anche agire come repellenti naturali contro erbivori o parassiti, proteggendo la pianta da potenziali minacce. Estrazione degli oli essenziali Il metodo più comune per ottenere oli essenziali è la distillazione in corrente di vapore, un processo che sfrutta il vapore acqueo per estrarre i composti volatili dalle piante. Durante la distillazione, il vapore passa attraverso il materiale vegetale, solubilizzando gli oli essenziali. Il vapore carico di oli viene quindi condensato, separando la fase acquosa dagli oli, che galleggiano sulla superficie. Questo metodo è utilizzato per la maggior parte degli oli essenziali, come quelli estratti dalla lavanda, dal rosmarino e dal limone. In alcuni casi, soprattutto per piante particolarmente delicate o per ottenere oli essenziali di qualità superiore, si può utilizzare la spremitura a freddo (come nel caso degli agrumi) o metodi di estrazione con solventi volatili. Composizione chimica Gli oli essenziali sono costituiti da una miscela complessa di terpeni, aldeidi, alcoli, chetoni, fenoli, eteri e ossidi. La specifica composizione dipende dalla pianta di origine e dal metodo di estrazione utilizzato. Ad esempio, gli oli essenziali di agrumi sono ricchi di limonene, un monoterpene dal profumo fresco e agrumato, mentre l’olio di eucalipto contiene eucaliptolo (1,8-cineolo), un ossido con proprietà balsamiche. Questi composti chimici conferiscono agli oli essenziali non solo il loro aroma caratteristico, ma anche le loro proprietà terapeutiche. Gli oli essenziali sono infatti utilizzati in diversi ambiti: Aromaterapia: vengono impiegati per il benessere psicofisico, grazie ai loro effetti rilassanti o stimolanti. Cosmetici e profumeria: grazie ai loro profumi, trovano largo impiego nella formulazione di profumi, creme e altri prodotti cosmetici. Antisettici naturali: alcune componenti degli oli essenziali, come il timolo o il carvacrolo, possiedono proprietà antibatteriche e antifungine. 12 Gli oli essenziali sono miscele chimicamente molto complesse, e per analizzarli dal punto di vista sperimentale si utilizza una tecnica combinata chiamata gas-cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa. Questo metodo permette di separare i vari componenti della miscela e identificarli in base alla loro massa molecolare e struttura chimica, rendendo possibile una caratterizzazione precisa e dettagliata dei composti presenti. 8.Estrazione dei principi attivi I soluti semplici presenti negli estratti vegetali non si trovano tali e quali nella pianta, ma vengono ottenuti trattando le droghe vegetali con appropriati solventi, allo scopo di estrarre i principi attivi (p.a.). L’uso di solventi adatti permette di ottenere frazioni specifiche della pianta in base alla loro affinità chimica per il solvente scelto. Tipi di solventi e metodi di estrazione 1. Acqua, IDROLATI L’estrazione con acqua può comportare problemi di contaminazione microbica, soprattutto in preparazioni come infusi e decotti, dove la perdita di acqua e i fenomeni idrolitici (decomposizione chimica mediante acqua) possono compromettere la stabilità e la qualità del prodotto. 2. Solventi alcolici, Alcolati L’etanolo è uno dei solventi più utilizzati per l’estrazione di principi attivi. Le concentrazioni di etanolo utilizzate variano, ma le più comuni oscillano tra i 60 e 70 gradi alcolici. L’uso di alcol come solvente permette di estrarre molecole specifiche, come alcaloidi, terpeni e flavonoidi, che non sarebbero estraibili con acqua. Enoliti: Un caso particolare di estratto alcolico è quello ottenuto usando vino come solvente di estrazione, in cui il contenuto alcolico e gli altri componenti del vino facilitano il processo. 3. Gliceroliti Estratti ottenuti utilizzando glicerolo come solvente. I gliceroliti sono particolarmente adatti per preparazioni in cui si richiede un solvente a bassa tossicità e con capacità di stabilizzazione delle molecole estratte. Il glicerolo, essendo un umettante, aiuta a mantenere una buona consistenza e a preservare i composti attivi. 4. Tinture Le tinture sono estratti alcolici molto stabili, che si prestano bene alla conservazione a lungo termine. Sono ottenute mediante estrazione con etanolo e sono uno dei preparati più utilizzati in erboristeria e fitoterapia. Estratti vegetali e loro preparazione L’estratto è il preparato vegetale più comunemente usato, poiché permette di ottenere soluzioni ricche di principi attivi. La selezione del solvente è cruciale, poiché consente di mirare a specifici gruppi di molecole in base alla loro affinità chimica. A differenza della spremitura, che porta con sé tutti i componenti solubili del materiale vegetale, l’estrazione con solventi consente di isolare e concentrare determinati costituenti. 9, ESTRATTI, sono elaborati non presenti come tali nella pianta, ma ottenuti mediante due successivi processi: l’estrazione con solvente a freddo o a caldo; evaporazione fino ad ottenere la consistenza desiderata: estratto fluido, estratto molle ed estratto secco. Esistono diversi tipi di estratti, tra cui: 1. Estratti fluidi: Si ottengono eliminando solo parzialmente il solvente dalla soluzione estrattiva, lasciando un prodotto ancora liquido ma concentrato. 2. Estratti molli: Hanno una consistenza viscosa, simile a un gel, e contengono una quantità minima di solvente. 3. Estratti secchi: Il solvente viene completamente eliminato, lasciando solo il principio attivo in forma solida e concentrata. Processo di estrazione L’estrazione può avvenire sia a freddo che a caldo, ma è fondamentale evitare temperature superiori ai 40°C, poiché temperature elevate possono provocare fenomeni di decomposizione termica e la perdita di molecole sensibili al calore, come alcuni terpeni e polifenoli. Dopo l’estrazione, la soluzione estrattiva ottenuta viene spesso sottoposta a un processo di distillazione per eliminare parzialmente o totalmente il solvente. Uno strumento comunemente utilizzato in questo contesto è il rotavapor, che sfrutta il vuoto e una bassa pressione per rimuovere delicatamente il solvente senza danneggiare i principi attivi sensibili al calore. Il risultato finale dipende dall’obiettivo del processo: estratto fluido, molle o secco. Questo approccio permette di concentrare e stabilizzare i principi attivi, rendendo gli estratti particolarmente adatti per uso terapeutico e per la produzione di integratori o cosmetici naturali. 10.MUCILLAGINI:Si tratta di polisaccaridi complessi, elaborati fisiologicamente per trasformazione dell’amido endocellulare e della cellulosa delle membrane cellulari. Si sciolgono in acqua dando luogo a soluzioni colloidali viscose. Si estraggono con acqua calda o bollente. In genere si commercializzano le droghe che le contengono e non gli estratti che si ricavano da esse in quanto poco stabili. si dividono in acide, se contengono acidi galatturonici, neutre se formate da mannani, galattomannani. 13 Le mucillagini sono polisaccaridi complessi ad elevato peso molecolare che svolgono un ruolo essenziale nelle piante, specialmente in quelle che vivono in ambienti aridi. Questi composti, spesso presenti nelle pareti cellulari delle piante, hanno la capacità di assorbire e trattenere grandi quantità di acqua, contribuendo alla sopravvivenza delle piante in condizioni di siccità. Aloe e mucillagini Un esempio significativo di pianta ricca di mucillagini è l’Aloe. Le specie del genere Aloe, che crescono in climi aridi e secchi, hanno sviluppato tessuti specializzati, i parenchimi acquiferi, che sono ricchi di mucillagini. Questi polisaccaridi permettono alle piante di immagazzinare acqua, garantendo loro una riserva idrica per affrontare i periodi di scarsità. Grazie alla loro capacità di legare l’acqua, le mucillagini formano un gel vischioso e idratante, il quale viene sfruttato per diverse applicazioni, soprattutto in campo cosmetico. Proprietà del gel di Aloe Il gel di Aloe è noto per le sue proprietà rinfrescanti, lenitive e idratanti. Viene ottenuto per spremitura delle foglie carnose della pianta, che appaiono rigonfie proprio grazie alla presenza dei parenchimi acquiferi. Questo gel è molto utilizzato nella formulazione di prodotti cosmetici, come creme solari e lozioni doposole, poiché forma uno strato idratante sulla pelle, alleviando rossori e irritazioni e favorendo la rigenerazione cutanea. Le mucillagini dell’Aloe, così come quelle di altre piante, sono spesso chiamate polisaccaridi acidi, in quanto contengono unità di acidi uronici. Questi ultimi sono derivati acidi di monosaccaridi, che conferiscono alle mucillagini proprietà uniche in termini di capacità di legare l’acqua e di formare gel viscosi. Ad esempio, molti polisaccaridi algali, utilizzati in campo alimentare e farmaceutico, contengono acido mannuronico, mentre altri, come i galattomannani, sono costituiti da zuccheri semplici come mannosio e galattosio. Funzioni biologiche La funzione primaria delle mucillagini è quella di aiutare le piante a trattenere l’acqua, soprattutto in condizioni climatiche difficili. Grazie alla loro capacità di formare gel idratanti, proteggono le cellule vegetali dalla disidratazione e migliorano la capacità delle piante di sopravvivere in ambienti secchi. Inoltre, alcune mucillagini possono svolgere un ruolo di protezione nei confronti di patogeni e fattori di stress ambientale. In sintesi, le mucillagini, grazie alla loro struttura e alle loro proprietà chimiche, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione dell’acqua nelle piante e hanno trovato numerosi impieghi nell’industria cosmetica e farmaceutica grazie alla loro capacità di formare gel idratanti e protettivi. Le mucillagini sono polisaccaridi ad alto peso molecolare che presentano diverse proprietà chimiche e fisiche che le rendono preziose in vari contesti, sia botanici che applicativi. Ecco un approfondimento su alcune delle loro caratteristiche e usi: Proprietà delle mucillagini 1. Filmogene: Le mucillagini hanno la capacità di formare film sottili quando vengono applicate su superfici. Questa proprietà è utile in diversi ambiti, inclusi i prodotti cosmetici e farmaceutici, dove possono creare una barriera protettiva sulla pelle o sulle mucose. 2. Stabilizzanti: Grazie alla loro struttura e alla capacità di idratarsi, le mucillagini possono stabilizzare emulsioni e sospensioni. Questa caratteristica è particolarmente vantaggiosa in prodotti alimentari, cosmetici e farmaceutici, dove la stabilità della formulazione è cruciale. 3. Interazione con particelle: Le mucillagini possono interagire con particelle cariche e non cariche, impedendo la loro aggregazione o sedimentazione. Questa proprietà le rende utili in vari processi industriali e nelle formulazioni di prodotti liquidi, dove è necessario mantenere una dispersione uniforme delle particelle. Usi delle mucillagini 1. Droghe lassative: Le mucillagini sono spesso utilizzate come principi attivi (p.a.) in preparazioni lassative. Grazie alla loro capacità di assorbire acqua e formare gel viscidi, esse aumentano il volume e la viscosità del contenuto intestinale, facilitando il transito intestinale e migliorando l’evacuazione. Esempi di piante che contengono mucillagini e sono usate in questo contesto includono la malva e il psyllium. 2. Applicazioni cosmetiche e farmaceutiche: Nella cosmetica, le mucillagini sono utilizzate per le loro proprietà idratanti e lenitive, essendo ingredienti comuni in gel, creme e lozioni. In campo farmaceutico, la loro capacità di stabilizzare emulsioni e formulazioni liquide è sfruttata per migliorare l’efficacia e la conservazione dei medicinali. 3. Industria alimentare: Le mucillagini sono impiegate come agenti addensanti e stabilizzanti in vari prodotti alimentari, contribuendo alla texture e alla stabilità delle emulsioni, come nei condimenti e nei dessert. 14 11.GOMME: Si tratta di polisaccaridi complessi non presenti normalmente nella pianta, ma elaborati patologicamente in seguito a lesioni, punture di insetti ed ingiurie varie, per trasformazione della cellulosa delle pareti cellulari. Riversandosi all'esterno le gomme si rapprendono all’aria ostruendo eventuali lesioni ed impedendo la fuoriuscita di linfa e l’ingresso di parassiti. Essudano spontaneamente oppure se ne provoca la formazione per mezzo di incisioni, decorticazioni o altri tipi di insulti. In commercio si trovano sotto forma di sostanze solide, traslucide, dure, friabili, solubili in acqua fredda. A seconda dell’acido ironico presente si dividono i GLUCURONICHE, METILGLICURONICHE E GALATTURONICHE. Gomme e mucillagini: differenze chimiche e funzionali Dal punto di vista chimico, le gomme e le mucillagini sono entrambe composti polisaccaridici, ma presentano differenze significative sia nella loro struttura che nel loro ruolo funzionale all’interno delle piante. Composizione chimica 1. Gomme: Le gomme sono polisaccaridi eterogenei, spesso composte da unità di polisaccaridi uronici e altre strutture zuccherine. Questi composti vengono generalmente considerati elaborati patologici perché vengono prodotti dalle piante in risposta a danni o stress, come le punture di insetti o ferite. La produzione di gomma può rappresentare un meccanismo di difesa, contribuendo a cicatrizzare le lesioni e a prevenire l’ingresso di patogeni. 2. Mucillagini: Le mucillagini, d’altra parte, sono costituenti fisiologici delle piante, generalmente ricche di polisaccaridi che permettono alle piante di immagazzinare e trattenere acqua. Questi polisaccaridi svolgono un ruolo importante nel mantenimento dell’idratazione cellulare e nella protezione da condizioni ambientali avverse. Funzioni e utilizzi delle gomme Le gomme hanno un significato funzionale particolare, fungendo da cicatrizzanti e contribuendo alla chiusura delle lesioni nei tessuti vegetali. Un esempio noto è la gomma arabica, che si estrae dall’Acacia senegal. Questa gomma è caratterizzata da proprietà addensanti e viscosizzanti, il che la rende utile nell’industria alimentare, ad esempio come additivo in prodotti dolciari e bevande. Esempi di polisaccaridi in ambito alimentare 1. 12.Pectina: È un polisaccaride costituito principalmente da unità di acido galatturonico ed è un importante costituente delle pareti cellulari delle piante. Sono elaborati fisiologici, che non si riversano spontaneamente all’esterno.Quando disperse in acqua, le pectine formano soluzioni colloidali che possono gelificare, rendendole ideali per la produzione di marmellate e gelatine. Trattengono acqua nei frutti, ritardandone l’essiccamento. 2. 13.Alginati: Questi polisaccaridi, ricchi di acido mannuronico, sono estratti da alghe brune e sono noti per le loro proprietà addensanti e gelificanti. Gli alginati sono utilizzati in ambito alimentare per la gastroprotezione, nonché in formulazioni farmaceutiche e cosmetiche. Sono elaborati fisiologici che non si riversano spontaneamente all’esterno. Si estraggono con acqua alcalinizzata. 3. 14.Agar: Ottenuto da diverse specie di alghe rosse, l’agar è un polisaccaride usato prevalentemente per arrestare terreni di coltura in microbiologia. La sua capacità di gelificare è utilizzata anche per la preparazione di gel alimentari e dessert. Sono elaborati fisiologici che non si rivestono spontaneamente all’esterno, si estraggono con acqua bollente dai tali. La loro solubilizzazione in acqua avviene ad una temperatura molto più elevata di quella necessaria per la giustificazione. 15.RESINE: Si tratta di elaborati fisiologici di complessa struttura chimica, secreti all’esterno oppure presenti in cavità interne. Sono sostanze solide o semi solide.rammolliscono il calore, fino a fondere, divenendo fortemente adesive, bruciano con fiamma fuligginosa. Sono insolubili in acqua, ma solubili metanolo, acetone, cloroformio, si dividono in acide, esteree e miste. le resine raccolte solido o semi solide possono essere estratte con il calore, quelle fluidi o molli sono sottoposte a distillazione per liberarle dall’olio essenziale. 16.Le gommoresine sono invece miscele omogenee di resine e gomme, combinando le proprietà di entrambe. Sono parzialmente solubili in acqua, per il contenuto gommoso e parzialmente solubili in alcol, per il contenuto resinoso. Oltre alle resine, esistono altri composti come le oleoresine o balsami, che contengono oli volatili e resine, e le glicoresine, caratterizzate dalla presenza di zuccheri. 17. Balsami. Miscele omogenee di resine ed oli essenziali, con caratteri di entrambi e quindi parzialmente volatili e distillabili per il contenuto di essenze. 18. Glicoresine: sono resina che per idrolisi liberano zuccheri e idrossidiacidi grassi.sono insolubili in acqua, ma discretamente solubili in etanolo, specialmente se caldo. 19.Essudati. Prodotti patologici riversati all’esterno in seguito a lesioni, ferite o punture di insetti. Quelli che essudano spontaneamente si rapprendono all’aria mentre quelli che fuoriescono per incisioni o altro si raccolgono ancora fluidi e si essiccano. Alcuni contengono alcoli polivalenti come ad es. la mannite. 20. Peci: prodotti catramosi, densi e vischiosi, bruno nerastri e di odore pungente. Sono solubili in metanolo, etanolo, etere e cloroformio. Rappresentano il residuo che rimane dopo distillazione frazionata dei catrami vegetali (peci liquide). 21. Polpe: sono costituite dalla parte carnosa di alcuni organi vegetali ed in particolare dei frutti.si ricordano le polpe del tamarindo e di prugne. 15